ORDINANZA n del , Sezione III, Civile Oggetto:CASSAZIONE CIVILE - SPESE GIUDIZIALI CIVILI Ente giudicante:corte DI CASSAZIONE

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1 ORDINANZA n del , Sezione III, Civile Oggetto:CASSAZIONE CIVILE - SPESE GIUDIZIALI CIVILI Ente giudicante:corte DI CASSAZIONE Integrale Svolgimento del processo 1. - E' stata depositata in cancelleria il la relazione prevista dall'art bis c. p.c., di seguito riprodotta: 1. - La corte d'appello di Torino ha pronunciato la sentenza non definitiva n nella causa iscritta al n. 984/06 R. G., promossa in grado di appello dalla società Grandi Marche s.r.l. contro la società Pai Industriale s.p.a La Pai Industriale ha chiesto la cassazione di tale sentenza con ricorso indirizzato alla Grandi Marche, alla stessa notificato il La Grandi Marche vi ha resistito con controricorso notificato il Il ricorso ha assunto il n /2007 R.G.. Con dichiarazione datata , notificata alla Grandi Marche l' , la Pai Industriale vi ha poi rinunciato La Pai Industriale è in seguito tornata a richiedere la cassazione della sentenza n della corte d'appello di Torino. Ciò ha fatto con il ricorso indirizzato alla Grande Marche alla stessa notificato il Anche questo secondo ricorso è stato depositato ed ha assunto il n. 8094/2008 R.G I due ricorsi non sono stati riuniti. Sul primo è stata pronunciata l'estinzione per rinunzia con decreto , notificato il alla Pai Industriale ed il alla Grandi Marche. Questa, con istanza depositata il , ha chiesto la fissazione dell'udienza, richiamando al riguardo il disposto dell'art. 391 c. p.c., comma Ciò premesso, sembra si possa osservare che, presentata nel termine stabilito dall'art. 391 c. p.c., comma 3, da una delle parti istanza di fissazione dell'udienza, il decreto pronunciato dal presidente sulla dichiarazione di rinunzia perde efficacia, con la conseguenza che la corte deve tornare a provvedere sul ricorso, nella sua ordinaria composizione collegiale, in base allo stato del processo. Il complesso delle disposizioni dettate dall'art. 375 c. p.c., n. 3 e dell'art. 390 c. p.c., dai primi tre commi è formulato nel senso che, se si tratta di provvedere a seguito di rinuncia, la corte non possa farlo che con sentenza in pubblica udienza o con decreto e non anche con ordinanza, secondo quanto invece previsto per gli altri casi di estinzione del processo dall'art. 375 c. p.c., n. 3). E' meglio però interpretare l'insieme delle disposizioni sin qui richiamate, nel senso che, essendosi prevista la possibilità che sulla rinuncia possa prevedere il presidente con decreto, quando ciò si possa fare non si debba percorrere la meno economica via processuale dell'ordinanza in camera di consiglio, ma che tale via torni ad essere percorribile, quando sia da

2 riconoscere effetti alla rinuncia e tuttavia le parti non si acquietino alla decisione con decreto. Si ritiene che - siccome nel caso ricorre questa ipotesi - si possa utilizzare il procedimento preparatorio a relazione previsto dall'art bis c. p.c., in funzione di una eventuale decisione in camera di consiglio, a seguito di fissazione della relativa adunanza Orbene, i procedimenti relativi ai due ricorsi andranno riuniti, in applicazione dell'art. 335 c. p.c., perchè sono relativi ad impugnazioni proposte contro la stessa sentenza Rispetto al ricorso proposto per secondo - quello notificato il si prospetta la evenienza che debba essere dichiarato inammissibile. Ciò per la ragione d'essere stato notificato oltre sessanta giorni dopo la notifica del primo, avvenuta il L'art. 387 c. p.c., consente bensì di proporre un secondo ricorso, dopo che ne è stato proposto un primo, anche se questo è inammissibile od improcedibile e ciò sino a quando l'una e l'altra non siano state dichiarate, ma ciò a condizione che sia rispettato il termine per l'impugnazione. Questo termine, però, quando è stato proposto un primo ricorso, non è più quello stabilito dall' art. 327 c. p.c., di un anno dalla pubblicazione della sentenza, ma quello, stabilito dagli artt. 325 e 326 c. p.c., di sessanta giorni, decorrente dalla notifica del primo ricorso, perchè chi propone ricorso dimostra di avere piena conoscenza della sentenza impugnata e ciò tiene luogo della notifica (Cass. 30 giugno 2006 n ; 18 gennaio 2006 n. 835, pur rese in riferimento all'appello) La rinuncia al primo ricorso - come si è detto - ha d'altro canto determinato l'estinzione del procedimento, che si deve ora dichiarare, avendo il decreto perso effetto. Non osta a tale dichiarazione la eventuale sua originaria inammissibilità, che avesse potuto derivare, in applicazione degli artt. 375 c. p.c., n. 5) e art bis c. p.c., dal non essere stati formulati quesiti a corredo dei diversi motivi di ricorso - come pure si è sostenuto nella istanza di fissazione della pubblica udienza - perchè, una volta che la parte istante ha rinunciato al ricorso e dunque certamente non v' è da rendere una pronuncia sul fondo dei motivi, la corte è esonerata dal dovere di esaminarli al fine di valutare se fossero o no ammissibili (S.U. 16 luglio 2008 n ; 17 febbraio 2005 n. 3129; 22 dicembre 2004 n ) Le spese del giudizio di cassazione andranno poste a carico della società ricorrente e potranno comprendere quelle del procedimento di sospensione della efficacia della sentenza che si è svolto davanti alla corte di appello La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti. Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte, mentre la Pai Industriale ha depositato una memoria. Motivi della decisione 1. - I ricorsi hanno dato luogo a procedimenti distinti che debbono essere riuniti, perchè sono relativi alla impugnazione della medesima sentenza (art. 335 c. p.c.) La ricorrente - nella memoria e poi nella discussione orale -ha chiesto che la Corte riprenda in esame la giurisprudenza che in tema di termini per l'impugnazione (art. 325 c. p.c.) ne estende la decorrenza, dalla notificazione della sentenza, che è il fatto preso in considerazione dall'art. 326

3 c. p.c., comma 1, alla notificazione ad opera della stessa parte della medesima o di altra impugnazione. Si tratta, tuttavia, di un orientamento costante, che trova il suo fondamento sul piano logico, nella previsione contenuta dell'art. 326 c. p.c., comma 2, a norma del quale, se la sentenza è pronunciata su una domanda decisa nel contraddittorio necessario di più parti o in un giudizio tra parti di cause diverse ma tra loro inscindibili, l'impugnazione proposta da una parte fa decorrere il termine per proporla in confronto delle altre. E ciò mostra che la decorrenza del termine di impugnazione contro una parte è ricollegato anche alla iniziativa, che essa assuma, di notificare l'impugnazione e non si spiegherebbe perchè questo effetto si possa produrre in rapporto alla medesima impugnazione da notificare ad altre parti e non alla medesima impugnazione da notificare alla stessa parte, quando l'esame della prima sia per essere paralizzata da inammissibilità o improcedibilità. Ed è stato appunto in base a questo argomento che, nell'ambito di un'interpretazione sistematica, a partire da Sez. Un. 20 maggio 1982 n. 3111, si è consolidato l'orientamento di cui si è sollecitato il riesame, ma dal quale, per la sua intrinseca razionalità, non si ravvisano ragioni per discostarsi La ricorrente, con la memoria ha posto una seconda questione. Ha sostenuto che non spetta alla corte di cassazione adita in sede di ricorso contro la sentenza del giudice di merito, ma a quest'ultimo, pronunciarsi sul diritto al rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte vittoriosa, per resistere all'istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza, proposta in applicazione dell'art. 373 c. p.c.. Ciò, tanto più quando si tratta di sentenza non definitiva. A sostegno della posizione così illustrata ha richiamato la sentenza di questa Corte 29 settembre 2005 n , andata in contrario avviso rispetto alla precedente sentenza 31 agosto 2005 n Conviene intanto osservare che la sentenza della corte d'appello di Torino ha parzialmente definito il merito, senza di che non avrebbe potuto essere immediatamente impugnata (art. 360 c. p.c., comma 3); che è in relazione alla condanna contenuta in tale sentenza che solo ha potuto essere chiesta da un lato la sospensione dell'efficacia esecutiva, dall'altro la immediata cassazione; che la corte d'appello non ha essa liquidato le spese dell'incidente, sicchè mentre non si pone qui il tema del se la parte soccombente abbia un rimedio e quale per lamentare di essere stata condannata alle spese dell'incidente, si pone in questo caso il diverso problema, del se la Corte abbia il potere di pronunciarsi sulle spese del giudizio che si è svolto davanti a sè, quando con la propria sentenza definisce capi della domanda, determinando per gli stessi il passaggio in giudicato della sentenza di merito ed in caso affermativo se abbia anche il potere di pronunciarsi sul diritto al rimborso dell'incidente previsto dall'art. 373 c. p.c.. La risposta alla prima parte del quesito sta nel primo comma dell'art. 385 c. p.c.. Nei limiti in cui la sentenza che non definisce il giudizio può essere impugnata da sola con ricorso per cassazione e lo è, ai fini della liquidazione delle spese del grado che si è conclude con una sentenza di rigetto, importa che la sentenza della corte sia di rigetto, non importa invece che la sentenza impugnata non fosse definitiva.

4 Si tratta allora di stabilire se in questo potere sia compreso quello di pronunciare condanna alle spese dell'incidente di cui all'art. 373 c. p.c.. La giurisprudenza della Corte, anteriore alla riforma del 1990 (Cass. 16 aprile 1987 n in uno ad altre precedenti) lo ha affermato e così la giurisprudenza successiva (Cass. 4 giugno 2001 n. 7520; 7 gennaio 2004 n. 16; 31 agosto 2005 n ), mentre con altra sentenza (Cass. 29 settembre 2005 n ) la Corte lo ha negato, ma muovendo dal presupposto che l'art. 372 c. p.c., vieta di introdurre nel processo in cassazione documenti non prodotti nei precedenti gradi di giudizio, che non riguardino la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso e del controricorso. Riconsiderando la questione sembra al collegio che nel ricercarne la soluzione l'impostazione vada rovesciata. Appare più congruente sul piano di ciò che deve essere stabilire se, decidendo sul ricorso e rigettandolo, la Corte abbia il potere di pronunciarsi anche sulle spese dell'incidente di sospensione e poi porsi il problema del se alla necessità che la corte eserciti tale potere possa e debba essere piegata l'interpretazione della norma procedimentale. La Corte, in tema di spese del processo, ha poteri che non sono limitati alla valutazione delle attività svolte dalle parti del processo davanti a sè: può infatti liquidare le spese sopportate dalla parte risultata vincitrice sia quando cassa senza rinvio (art. 385 c. p.c., comma 2) sia quando pronuncia nel merito (art. 384 c. p.c., comma 2). Se, nel primo caso, può rimetterne la liquidazione al giudice di rinvio, ciò sta a significare che spetta ad essa valutare ciò che sia più conveniente fare, per le parti del processo e per la amministrazione della giustizia. Ed identico potere di valutazione le va riconosciuto nel caso in esame. Se così è, allora si deve affermare che l'art. 372 c. p.c., non impedisce di depositare davanti alla cassazione gli atti dell'incidente di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata - deposito che del resto sarebbe necessario sol quando, ma non è il caso in esame, tra le parti vi fosse contrasto sul fatto che un incidente di sospensione v'è stato, perchè, se ciò non è, la liquidazione delle spese può essere eseguita di ufficio. E però, va osservato, l'art. 372 c. p.c., impedisce di depositare documenti che si sarebbero potuti depositare davanti al giudice di merito ed è rispetto a questi che pone l'eccezione che nella disposizione segue il divieto. Non impedisce di depositare i documenti che non avrebbero potuto esserlo prima che il ricorso fosse introdotto davanti alla cassazione e quello disciplinato dall'art. 373 c. p.c., è uno di questi casi, perchè l'incidente di sospensione presuppone che il ricorso sia stato già proposto. Se fosse vero il contrario non si saprebbe come giungere a mantenere in stato di sospensione il giudizio di cassazione, quando la sospensione ne sia stata disposta dal giudice della revocazione della sentenza impugnata (art. 398 c. p.c., comma 4). Vero è - come dimostrano le vicende giurisprudenziali della cessazione della materia del contendere e della valorizzazione del giudicato esterno - che l'interpretazione dell'art. 372 c. p.c., va compiuta all'unisono con le norme che disciplinano i poteri di decisione della corte, per rendere possibile che essa eserciti i poteri che l'ordinamento processuale le attribuisce In conclusione, superate le considerazioni critiche svolte dalla società ricorrente a riguardo

5 della soluzione prospettata nella memoria, questa va condivisa Si deve dichiarare estinto il giudizio per rinuncia al ricorso per quanto riguarda quello iscritto al RG /2006 ed inammissibile il ricorso iscritto al RG. 8094/2008. La ricorrente è condannata a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione e quelle dell'incidente di sospensione, liquidate nel dispositivo. P.Q.M. La Corte: Riuniti i ricorsi, dichiara estinto il giudizio di cassazione per rinuncia al ricorso iscritto al RG /2007 ed inammissibile il ricorso iscritto al RG. 8094/2008; condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 4.600,00, di cui Euro 4.400,00, per onorari ed a quelle dell'incidente di sospensione davanti alla corte di appello, che liquida in Euro 1.700,00, - di cui Euro 600,00, per diritti e Euro 1.100,00, per onorari, oltre al rimborso forfetario delle spese generali ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009

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