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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia - sede di Terni - Anno Accademico 2006/2007 Tesi di laurea: Fisiopatologia della malattia di Parkinson: studio con risonanza magnetica funzionale

2 Relatore: Prof. Giuseppe Capocchi Laureando: Stefano Caproni 2

3 Indice degli argomenti Introduzione p.1 CAPITOLO 1 Organizzazione del movimento: teorie classiche p Il movimento volontario p La corteccia parietale p La corteccia prefrontale p La corteccia motoria primaria p il movimento automatico e riflesso p Il tono posturale p Regolazione centrale p Regolazione periferica p Basi anatomo-funzionali dell ipertonia muscolare p I movimenti automatici p Il sistema extrapiramidale p Il Talamo p Il nucleo Rosso p I Nuclei della base p Afferenze p Efferenze p Nuclei della base e Cervelletto p Neurottrasmetitori p.26 3

4 1.2.4 Il circuito motorio p I circuiti non-motori dei nuclei della base p.31 CAPITOLO 2 Organizzazione del movimento: indagini funzionali p Lateralizzazione dei nuclei della base p Somatotopia dei nuclei della base p Movimenti liberi e guidati p Linguaggio e nuclei della base p Funzioni cognitive e nuclei della base p.39 CAPITOLO 3 La malattia di Parkinson: cenni storici p.41 CAPITOLO 4 La malattia di Parkinson: teorie classiche p Sindromi parkinsoniane: definizione e classificazione p Malattia di Parkinson p Eziologia p Patogenesi p Quadro clinico p Tremore p Acinesia p Riflessi posturali p Disturbi dell andatura p Disanutonomie p Disturbi cognitivi p Alterazioni del tono dell umore p.57 4

5 4.2.4 Anatomia patologica p Diagnosi p Diagnostica strumentale p Terapia p Terapia farmacologia p Trattamento dei disturbi motori p Trattamento dei disturbi cognitivi p Trattamento dei disturbi autonomici p Complicanze della terapia farmacologia p Terapia chirurgica: Deep Brain Stimulation p.68 CAPITOLO 5 La malattia di Parkinson: indagini funzionali p Esecuzione del movimento p Apprendimento e funzioni cognitive p.72 CAPITOLO 6 Basi fisiche del segnale in RM funzionale p Il segnale BOLD p Risoluzione temporale del segnale BOLD p Risoluzione spaziale del segnale BOLD p Esempio di protocollo fmri p.79 CAPITOLO 7 Obiettivi dello studio p.81 CAPITOLO 8 Materiali e metodi p Soggetti p Acquisizione delle immagini p.87 5

6 8.3 Disegno sperimentale p Task motorio p Task visuospaziale p Processazione delle immagini e analisi statistica p.93 CAPITOLO 9 Risultati p Esecuzione task p Task motorio:indice p Task motorio: SCALA SEMPLICE p Task motorio: SCALA COMPLESSA p Confronto fra task: SCALA SEMPLICE VS INDICE p Confronto fra task: SCALA COMPLESSA VS INDICE p Confronto fra task: S. COMPLESSA VS S. SEMPLICE p Task visuospaziale p.105 CAPITOLO 10 Discussioni p Considerazioni generali p Task motorio p INDICE p SCALA SEMPLICE p SCALA COMPLESSA p Analisi dei confronti fra task: S. SEMPLICE VS INDICE p Analisi dei confronti fra task: S.COMPL. VS S.SEMPL. p Task visuospaziale p.114 6

7 CAPITOLO 11 Conclusioni p.115 BIBLIOGRAFIA p.17 7

8 Introduzione I disturbi del movimento sono da sempre oggetto di studio da parte delle neuroscienze. Le osservazioni cliniche di tali patologie, nel corso della storia della medicina, hanno permesso di organizzarle in quadri nosografici ben precisi. Solo grazie alle più recenti innovazioni in genetica, farmacologia e radiodiagnostica, però, è stato possibile comprenderne le basi anatomiche e funzionali. In particolare gli esami di neuroradiologia oggi permettono di osservare l'attivazione cerebrale che sottostà allo svolgimento di una qualsiasi operazione; è così possibile individuare le alterazioni fisiopatologiche proprie della patologia osservata in un preciso stadio, correlando tali risultati alla fenomenologia clinica e agli effetti terapeutici. L'obiettivo di questo lavoro è applicare la risonanza magnetica funzionale alla malattia di Parkinson, per studiarne gli aspetti motori e cognitivi. Attraverso idonei task abbiamo valutato le attivazioni corticali responsabili della sintomatologia clinica presentata dai pazienti, evidenziando le aree deputate alla coordinazione e programmazione motoria e all analisi visuospaziale delle afferenze sensoriali. 8

9 CAPITOLO 1 Organizzazione del movimento: teorie classiche 1 Il movimento del sistema muscolo scheletrico viene solitamente distinto in volontario, automatico e riflesso. Il primo è controllato dalle vie del sistema piramidale, il secondo dall azione del sistema extrapiramidale. 1.1 Il movimento volontario Il movimento volontario è diretto a uno scopo. Esistono strategie differenti per raggiungere lo stesso obiettivo. Hebb ha denominato equivalenza motoria questa flessibilità nella strategia impiegata per l'esecuzione del movimento volontario. L'efficacia dei movimenti volontari aumenta con l'esperienza e l'apprendimento. Le contrazioni muscolari di una successione di risposte diventano più efficaci mano a mano che diminuiscono la cocontrazione e il tempo di esecuzione del movimento. Non è necessario che essi siano preceduti da uno stimolo sensoriale. I livelli superiori dei sistemi motori possono quindi dissociare le informazioni contenute in uno stimolo che ci dicono come e dove eseguire il movimento dalla capacità di dare avvio al 9

10 movimento, che ci dice quando eseguire il movimento. In molti casi pensieri o emozioni possono dare inizio a movimenti volontari. Gli eventi nervosi che conducono all'esecuzione di un movimento semplice comprendono tre processi complessi: l'identificazione e la localizzazione dell'oggetto da afferrare; un piano di azione; l'effettuazione del movimento. Queste tre fasi sono guidate da altre regioni diverse della corteccia cerebrale: la corteccia parietale posteriore, le aree premotorie della corteccia frontale, la corteccia motoria primaria. Ciascuna è organizzata in maniera somatotopica La corteccia parietale Il lobo parietale posteriore ha un ruolo fondamentale nell'elaborazione delle informazioni visive necessarie per l'esecuzione dei movimenti diretti verso un bersaglio. In particolare le aree visive infero-parietali contribuiscono al riconoscimento di oggetti e ad afferrarli (mentre quelle del lobo temporale alla localizzazione e quindi al raggiungimento). Nell'uomo la corteccia parietale posteriore è costituita dalle aree 5, 7, 39 (giro sopra marginale) e 40 (il giro angolare) di Brodmann. I pazienti con lesione di queste aree presentano la sindrome di neglect. 10

11 I segnali afferenti all'area 5 provengono dall area somestesica primaria (S1), dal sistema vestibolare (informazioni sull'orientamento del capo nello spazio) dalla corteccia premotoria (PMC) e dal giro del cingolo (corteccia limbica, motivazione). A sua volta l'area 5 proietta alla 7, posteriormente, e alla PMC anteriormente. L'area 7 è implicata principalmente nella elaborazione delle informazioni visive concernenti la localizzazione spaziale degli oggetti La corteccia prefrontale L'area 6 di Brodmann contiene le aree premotorie che, oltre a strutture sottocorticali e al midollo spinale, proiettano anche alla corteccia motoria primaria. Le dimensioni delle aree premotorie sono aumentate di ben sei volte passando dal primate all'uomo. Si distinguono due principali aree premotorie: l'area motrice supplementare (SMA o MII) in corrispondenza della parte superiore e mediale dell'emisfero, e la corteccia premotoria (PMC) disposta sulla superficie laterale dell'emisfero. I movimenti prodotti dalla loro stimolazione sono più complessi di quelli evocati dalla stimolazione dell area motoria primaria (M1) e richiedono stimoli elettrici più intensi, dando luogo a contrazioni coordinate di muscoli che agiscono su articolazioni diverse e nel caso della SMA, di muscoli di entrambi i lati del corpo. 11

12 Sono state identificate nuove aree premotorie: tra queste va segnalato il giro del cingolo (ACC), area 24 di Brodmann, importante per l'influenza che la motivazione esercita sulla pianificazione motoria. Le aree corticali premotorie preparano i sistemi motori all esecuzione del movimento. Il tempo necessario per la preparazione del movimento è più lungo del tempo che occorre per rispondere agli stimoli. In condizioni di attenzione ottimale la risposta ad uno stimolo sensoriale è compresa tra 120 e 150 ms (minori per gli stimoli tattili e uditivi, maggiore per gli stimoli visivi). Invece, il tempo necessario per la preparazione di movimento spontaneo può essere dell'ordine di varie centinaia di millisecondi (anche di 1 s), in misura direttamente proporzionale con la complessità della risposta e il grado di precisione del compito da svolgere (tempo di reazione semplice vs tempo di reazione di scelta ) e con il numero di risposte alternative possibili. Le lesioni della PMC e della SMA e delle aree parietali inferiori interferiscono con la capacità di eseguire movimenti finalizzati. Questi sintomi sono simili alle aprassie, in cui mancano paresi o deficit sensitivi, ma il paziente non è in grado di compiere atti motori complessi, che richiedono la contrazione in successione opportuna di vari muscoli o la pianificazione di una strategia. La SMA è importante per la programmazione delle sequenze motorie e per la coordinazione dei movimenti bilaterali. I movimenti 12

13 dei muscoli prossimali possono essere mediati da connessioni dirette dell'area motrice supplementare al midollo spinale. Quelli dei muscoli distali sono mediati da connessioni indirette, per il tramite della corteccia motoria perché vengono aboliti per lesioni di quest'area. Per esempio nel caso di una adduzione pollice e indice si rileva, alle neuroimmagini, l'attivazione della M1 e della S1. Se invece la sequenza interessava tutte le dita in modo complesso in rileva attivazione di M1, S1 e della SMA. Nel ripasso mentale della sequenza complessa si attiva solo la SMA. Inoltre la scarica M1 è accompagnata dalla PMC se il movimento è guidato dalle sensazioni; è invece associata a scarica della SMA se il movimento è volontario ed autonomo. Nella SMA esistono popolazioni neuronali che sono compito-specifici e sequenza-specifici (per esempio scaricano solo dopo il movimento A e prima del movimento B, e non dopo il solo A e non prima del solo B). La PMC controlla i movimenti dei muscoli prossimali che indirizzano il braccio verso oggetti circostanti, determinando il movimento guidato dalle sensazioni. In particolare la distanza e la posizione rispettivamente dalla mano e dell'oggetto sono codificate dalla frazione dorsale che ne permette il raggiungimento; la valutazione della dimensione dell'oggetto che permette di predisporre gli arti ad afferrare un oggetto è codificata dalla porzione ventrale. Questi neuroni 13

14 sono denominati set-reated, e la loro attività è in rapporto con l'atteggiamento da assumere per compiere movimento La corteccia motoria primaria La corteccia motoria primaria (M1) è rappresentata dall'area 4 di Brodmann ed è organizzata in una mappa motoria in cui ogni colonna rappresenta non un singolo muscolo ma un singolo movimento semplice, breve, fatto da pochi muscoli in sinergia. Il quarto strato è assente nelle aree motrici (corteccia agranulare). Il quinto strato contiene una popolazione formata da neuroni piramidali giganti (cellule di Betz) che contribuiscono per circa la metà delle milione di assoni del tratto corticospinale. La maggior parte dei rimanenti origina dall'area 6, in larga misura dalla SMA; una minor parte proviene dalla PMC laterale e dalla S1 (aree 1, 2 e 3). Le aree motrici ricevono afferenze da tre fonti: 1) dalla periferia, attraverso il talamo (VPLo) e la corteccia somestesica direttamente alla M1, o attraverso le aree associative sensoriali indirettamente alle premotorie; 2) cervelletto, attraverso il talamo (nucleo VPLo, VLc) alla M1 e alla PMC; 3) globus pallidus, attraverso il talamo (nucleo VA e VLo). 14

15 Le fibre corticospinale agiscono direttamente sui motoneuroni alfa e gamma e indirettamente tramite interneuroni inibitori, controllando soprattutto i muscoli distali. In particolar modo le lesioni di M1 impediscono anche il controllo da parte di SMA e PMC. I neuroni di M1 codificano per la forza del movimento (frequenza del potenziale d'azione direttamente proporzionale alla forza peso), per la velocità di variazione della forza (df/dt), e per entrambe, evolvendo il compito del nucleo rosso. I singoli neuroni corticospinali controllano i piccoli gruppi muscoli, mentre la direzione del movimento viene codificata da popolazioni di neuroni (piuttosto che da singole cellule) la cui sincronia determina aumento della frequenza di scarica circa ms prima della contrazione muscolare. Per esempio si può educare una scimmia a compiere un movimento orizzontale della mano verso sinistra facendolo seguire ad uno stimolo visivo. Sebbene lo stimolo è posto avanti alla scimmia questa deve apprendere mentalmente che il movimento deve comunque essere svolto a sinistra: questo si traduce in una rotazione mentale del vettore popolazione (caratteristica non migliorabile con l'allenamento). Per guidare il movimento esiste un feedback dalla periferia, che nel caso del movimento della mano è evocato dalla flessione del dito, 15

16 non a partenza dalla falange ma dal polpastrello, che è esterno al movimento. Una controllo più fine passa per le piramidi bulbari: se sono lese il movimento diventa molto grossolano; il danno è ancora più grave se la lesione è a livello della corteccia. 1.2 Il movimento automatico e riflesso Questi tipi di movimento, estremamente differenti da quello volontario, possono essere fondamentalmente distinti in: Tono posturale Automatismi associati al movimento Il tono posturale 2 Si definisce come tono posturale la contrazione tonica muscolare riflessa che tende a conservare la posizione assunta da un settore muscolare scheletrico. Quando un arto assume una determinata posizione esiste un tono, cioè uno stato di contrazione tonica dei muscoli, che fissa l'arto in quel particolare atteggiamento; quando l'individuo assume la stazione eretta subentra una contrazione tonica persistente dei muscoli antigravitari, che consente il mantenimento della posizione assunta (tono di attitudine). 16

17 Alla regolazione del tono posturale partecipano strutture centrali e periferiche Regolazione centrale Per quanto riguarda la regolazione centrale del tono posturale, ricordiamo l'esperimento cruciale di Sherrington (1898) il quale seguì, per primo, una sezione del tronco cerebrale fra tubercolo quadrigemino anteriore e posteriore a livello del mesencefalo (sezione transcollicolare), operando così una interruzione delle vie reticolare discendenti, caudalmente al nucleo rosso. Questo intervento determinò una esagerazione del tono muscolare dei muscoli antigravitari, fissando l'animale in uno stato di rigidità estensoria, che venne appunto chiamata rigidità da decerebrazione. Queste modificazioni del tono muscolare, operate dalla sezione intercollicolare, dimostravano che, nell'ambito dei centri e delle vie extrapiramidali impegnate nella regolazione del tono muscolare, esistevano dei settori più craniali, situati a monte del nucleo rosso, la cui influenza era inibitoria sulla muscolatura estensoria antigravitaria, mentre caudalmente al nucleo rosso parevalevano le strutture a funzione eccitatoria sul tono della muscolatura estensoria. Esperimenti successivi fecero rilevare che, se si spostava più caudalmente la sezione del tronco cerebrale, la rigidità decerebrata 17

18 permaneva fino a che i nuclei vestibolari si trovavano a valle della sezione, ma scompariva non appena il livello di sezione lasciava a monte i nuclei vestibolari. Veniva così dimostrata la particolare importanza delle vie vestibolo-spinali nel mantenimento del tono posturale estensorio, perché, una volta eliminate le influenze vestibolari discendenti, la rigidità decerebrata scompariva. Questi dati sperimentali furono successivamente integrati dalle ricerche di Rhines e Magoun (1946) con le quali venivano individuati, a livello della sostanza reticolare, due altri centri, l'uno inibitorio (bulbare) l'altro eccitatorio (bulbo-pontino) del tono muscolare. La scomparsa dell'azione facilitatoria tronco-encefalica sul tono muscolare veniva, d'altra parte, dimostrata dalla sezione caudo-bulbare che provocava flaccidità. Gli influssi tonici discendenti sia inibitori sia facilitatori, che percorrono la sostanza reticolare del tronco cerebrale, derivano, a loro volta, sia da un'azione autonoma specifica dei centri tonoregolatori locali sia da impulsi eccitatori provenienti da altri settori centrali del nevrasse, che sono largamente condizionati dalle influenze propiocettive periferiche. Ricordiamo, ad esempio, che uno stimolo portato sul lobo anteriore del cervelletto provoca una diminuzione del tono posturale (ipotonia), mentre la sua ablazione determina il fenomeno inverso (ipertonia). 18

19 Si deve quindi concludere che la regolazione centrale del tono muscolare nasce da un flusso di impulsi facilitatori ed inibitori del tono che raggiungono il midollo spinale lungo le vie discendenti del sistema extrapiramidale. Schematicamente potremo annoverare fra i circuiti inibitori del tono muscolare le vie cortico-reticolari, nigro-striatali, e cerebelloreticolari, che esercitano indirettamente la loro azione inibitrice mediante relais nel centro reticolare bulbare di Rhines e Magoun. Fra i circuiti facilitatori del tono muscolare le vie strio-pallidali, le vie reticolo-spinali, che fanno capo al centro bulbo-pontino e le vie vestibolo-spinali Regolazione periferica Asseriva Sherrington (1898) che il tono muscolare è un riflesso posturale; cioè a dire che il mantenimento dell'attività tonica muscolare dipende dagli impulsi eccitatori provenienti dalla periferia somatica (propriocettori muscolari). La tesi di Sherrington è ineccepibile perché il taglio delle radici posteriori determina una diminuzione del tono muscolare e riduce la rigidità da decerebrazione nell'animale da esperimento. Inoltre è noto che i movimenti di flesso-estensione della testa del animale decerebrato (riflessi cervicali di Magnus e di Kleyn) determinano profonde 19

20 modificazioni del tono muscolare nei muscoli pressori ed estensori omo- e controlaterali a seconda della posizione assunta dal capo, mentre variazione del tono muscolare di origine labirintica vengono provocate da modificazione della testa rispetto allo spazio. Il problema, dal punto di vista fisiologico, è stato messo a fuoco dalle esperienze di Granit (1975). Questi ha dimostrato che la regolazione propriocettiva somatica del tono è mediata dal cosiddetto circuito gamma. Il fuso neuromuscolare ha infatti la possibilità di scaricare sui motoneuroni spinali alfa, attraverso le fibre afferenti dalle strutture intrafusali, impulsi eccitatori condizionati dallo suo stato di tensione, dipendente a sua volta dallo stato di contrazione di tutta la massa muscolare, e di provocare in via riflessa un adattamento posturale proporzionale. Lo stato di tensione del fuso dipende anche dalla innervazione gamma efferente. Infatti le fibre provenienti dai motoneuroni gamma-efferenti del corno anteriore del midollo spinale sono in grado di variare il calibro del fuso neuromuscolare, regolando lo stato di contrazione delle fibre muscolari fusali, e pertanto di modificare la "volée" di impulsi afferenti, che provengono dalla fuso stesso e che influenzano direttamente il motoneurone spinale. Il substrato anatomo-funzionale suddetto sta alla base del cosiddetto riflesso tonico di stiramento (riflesso tonico miotatico). 20

21 Infatti il muscolo si oppone al suo stiramento passivo con una contrazione tonica che conferisce al muscolo un certo tono muscolare dipendente dall'entrata in azione del circuito di regolazione gamma. Quando quest'ultimo viene interrotto mediante un selettivo blocco chimico delle sue fibre afferenti (blocco procainico), nelle radici posteriori, o efferenti (blocco fenolico), nelle radici anteriori, si ottiene una ipotonia muscolare Basi anatomo-funzionali dell ipertonia muscolare 2 Gli impulsi eccitatori discendenti provenienti dalle strutture centrali inibitrici o facilitatrici del tono muscolare raggiungono i motoneuroni gamma ed alfa del midollo spinale ed influenzano il tono muscolare condizionando la tensione del fuso neuromuscolare, mediante la frequenza di impulsi che percorrono le fibre gammaefferenti e il livello di eccitabilità dei motoneuroni alfa-tonici. Nell'esperimento di Sherrington (transezione mesencefalica) si eliminano influenze inibitrici e si esaltano invece influenze eccitatrici, che si scaricano sul sistema gamma-efferente; quest'ultimo a sua volta, determina una modificazione attiva dello stato di tensione del fuso neuromuscolare dal quale si generano eccitamenti tonici in misura superiore alla norma, che si scaricano sul motoneurone spinale provocando l'ipertonia muscolare. 21

22 Si parla in questo caso di ipertonia gamma ed è questo il modello fisiopatologico più aderente alla ipertonia decerebrata, nell'animale esperimento, e alla spasticità della patologia umana. Infatti nell ipertonia decerebrata che, anche nell'uomo, compare per lesione di varia natura nella parte alta del tronco encefalico, ci sono significativi punti di contatto con l'ipertonia piramidale, che registriamo nelle lesioni nella via piramidale. In particolare si osservano: aumento dei riflessi miotatici, tonico e fasico, per prevalenza delle influenze facilitanti sopra spinali sui motoneuroni gamma; presenza della reazione di allungamento (clasp-knife phenomenon); effetto ipotonizzante realizzabile con l'interruzione del circuito gamma (taglio delle radici posteriori); presenza di reazioni posturali estensorie e flessorie riflesse degli arti per flesso-estensione del collo e rotazione della testa. I punti di convergenza, sul piano fisiopatologico, fra ipertonia da decerebrazione e ipertonia piramidale hanno fatto accreditare il concetto che nella sindrome piramidale l'aumento del tono muscolare e dei riflessi propriocettivi sia di natura extrapiramidale. Ciò corrisponde a verità nella misura in cui inseriamo nel sistema extrapiramidale i contingenti cortico-reticolari, che abbandonano la via piramidale lungo 22

23 il suo tragitto nel tronco cerebrale e che si collegano ai contingenti reticolo-tronco-spinali. Nelle lesioni dei gangli della base e delle strutture associate si osserva un aumento del tono muscolare, che prende il nome di ipertonia extrapiramidale o ipertonia plastica, per differenziarla dalla ipertonia piramidale detta elastica. In questo caso l'ipertonia nasce da una rottura del normale rapporto bilanciato esistente fra sistemi dopaminergici e gabaergici a livello delle strutture extrapiramidale centrali. Sembra infatti assodato che il sistema dopaminergico nigro-striatale eserciti un'azione inibitrice sul riflesso tonico miotatico a livello del motoneurone alfa-tonico, sia mediante una fascio di fibre ascendenti nigro-striatali inibitorie sul sistema strio-pallidale gabaergico, che normalmente facilita il riflesso tonico miotatico, sia mediante fibre discendenti, che agiscono in senso inibitorio, a livello degli interneuroni midollari, sul riflesso miotatico. Nelle malattie del sistema extrapiramidale l'insorgenza dell'ipertonia è legata alla lesione delle strutture dopaminergiche, che liberano le strutture gabaergiche ad azione facilitante sul riflesso miotatico (dominanza gabaergica). La controprova è costituita dalla possibilità di realizzare una ipertonia di questo tipo mediante l'impiego di farmaci, che determinano una deplezione dei sistemi dopaminergici 23

24 come la reserpina o di ridurla mediante l'impiego di farmaci anticolinergici, come ad esempio i composti della atropa belladonna I movimenti automatici La motilità automatica comprende una serie di attività: movimenti mimico-emotivi (pianto, riso), automatismi istintivi (difesa, fuga), automatismi acquisiti (cammino, nuoto, guidare la macchina, eccetera), automatismi associati (moto delle braccia durante il cammino). Una alterazione in difetto di questa motilità automatica porta ad un rallentamento dell'attività motoria ed ad una diminuzione dei movimenti associati; una alterazione in eccesso porta alla liberazione di movimenti istintivi. Così come per il tono posturale, fondamentale per il loro controllo è l azione del sistema extrapiramidale Il sistema extrapiramidale Anatomicamente 3 i nuclei che originano la via extrapiramidale sono i gangli della base ed il nucleo rosso. Le principali afferenze provengono dalla corteccia, mentre le efferenze, attraverso il talamo, arrivano alla corteccia prefrontale, premotoria, motrice. È la corteccia frontale, quindi, a mediare le funzioni motorie dei nuclei della base. 24

25 Il Talamo La principale efferenza dei nuclei della base è rappresentata dal talamo, costituito da una struttura bilaterale che si trova nel diencefalo, formando le pareti del terzo ventricolo. I due talami sono uniti da una aderenza inter-talamica. Il talamo non può essere considerato come un'unica massa omogenea: in realtà è composto da diversi nuclei con diversa funzione. È una importantissima stazione di relay dove passano tutte le vie sensitive, con l'unica eccezione della via olfattiva. La maggioranza dei nuclei talamici utilizza come trasmettitore il gluatammato (sono quindi proiezioni eccitatorie). La massa talamica è divisa da una struttura a "Y" di sostanza bianca (lamina midollare interna) che divide ciascun talamo in quattro gruppi: Anteriore: è un solo nucleo che riceve principalmente dai corpi mammillari dell'ipotalamo e dall'ippocampo. Il suo ruolo è incerto, ma è probabile che partecipi alla memoria e alle emozioni. Mediale: è formato dal nucleo mediodorsale. Riceve inputs dai gangli basali, amigdala e bulbo. È implicato nella memoria. Ventrale: è formato da tre nuclei. I nuclei ventrali anteriori e laterali sono importanti per il controllo motorio (ricevono dai 25

26 gangli basali e dal cervelletto); il ventrale postero-laterale è importante per la via somato-sensoriale Posteriore: è formato da diversi nuclei, fra cui i nuclei genicolati laterale e mediale ed il pulvinar. I primi sono un importante stazione di relay della via acustica (nucleo mediale) e della via visiva (nucleo laterale). Il pulvinar è importante per alcune aree associative. Il talamo proietta alla corteccia encefalica attraverso quattro peduncoli talamici: anteriore, posteriore, superiore, ed inferiore. Tutte queste proiezioni passano attraverso la capsula interna: peduncolo anteriore braccio anteriore della capsula interna corteccia prefrontale; peduncolo superiore braccio posteriore della capsula interna M1, PMC, S1; peduncolo posteriore lobo occipitale, temporale posteriore, parietale posteriore; peduncolo inferiore corteccia temporale anteriore e orbitaria. Dal punto di vista funzionale i nuclei talamici si possono riunire in tre gruppi: 1)NUCLEI SPECIFICI O DI RELAY Sono nuclei connessi a specifiche aree e corticali dedicate ad una certa funzione motoria o sensitiva: 26

27 NUCLEO VENTRALE-ANTERIORE: riceve dal globus pallidus e proietta alla corteccia prefrontale. NUCLEO VENTRALE-LATERALE: riceve dal globus pallidus e proietta all'area motoria supplementare; riceve dal cervelletto e proietta alla corteccia motoria primaria. NUCLEO VENTRALE-POSTERIORE: riceve i tre lemnischi (mediale, spinale, trigeminale) e proietta alla corteccia sensoriale. NUCLEO GENICOLATO MEDIALE: è connesso con le vie uditive e proietta alla corteccia uditiva primaria. NUCLEO GENICOLATO LATERALE: è connesso con la via visiva e proietta alla corteccia visiva primaria. 2) NUCLEI DI ASSOCIAZIONE Sono nuclei connessi ad aree corticale associative NUCLEO ANTERIORE: fa parte del circuito del sistema limbico; è connesso con i corpi mammillari e proietta alla circonvallazione del cingolo. Funzionalmente è collegato ai processi della memoria. NUCLEO MEDIODORSALE: è connesso al sistema limbico e olfattivo e proietta alla corteccia prefrontale. Funzionalmente è collegato ad alcune funzioni superiori (pensiero, stato d'animo...). 27

28 NUCLEO LATERALE POSTERIORE E PULVINAR: ricevono dal collicolo superiore e proietta alla corteccia visiva associativa. Sembrano avere un ruolo nell'attirare l'attenzione visiva su oggetti presenti nel campo visivo periferico. 3) NUCLEI NON SPECIFICI Sono nuclei che proiettano in maniera diffusa ed aspecifica alla corteccia encefalica. NUCLEI INTRALAMINARI: sono presenti nella lamina midollare interna. Probabilmente fanno parte della formazione reticolare del mesencefalo. Proiettano diffusamente alla corteccia cerebrale. NUCLEO RETICOLARE: è un particolare nucleo che si trova nella parte più esterna del talamo. È una stazione di relay fra gli altri nuclei talamici e le loro proiezioni alla corteccia che passano tutte attraverso questo nucleo dando delle collaterali. Assolto questo nucleo manda proiezioni inibitorie gabaergiche a tutti questi nuclei talamici Il nucleo Rosso Il nucleo rosso è una struttura pari e simmetrica, che si trova dislocata nel tegmento reticolare del mesencefalo, estendendosi dai confini caudali del subtalamo fino ad un piano trasverso che passa per 28

29 la parte caudale del corpo quadrigemino superiore. È costituito da una parte magnocellulare e da una parte parvicellulare; quest'ultima è filogeneticamente più sviluppata negli encefali dei primati. Molto controverso è il suo legame con i nuclei della base I Nuclei della base Dal punto di vista anatomico i nuclei della base sono costituiti da: nucleo caudato; putamen e globus pallidus (nucleo lenticolare); nucleo subtalamico; sostanza nera. Il caudato e il putamen sono fusi anteriormente e sono identici dal punto di vista cellulare, quindi prendono il nome di corpo striato. Essi sono costituiti da due componenti citologiche fondamentali: una prima, che rappresenta la maggioranza, è composta da neuroni gabaergici contenenti sostanza P., di varie dimensioni e provvisti di una arborizzazione dendritica fornita di numerose spine (cellule spinose), con lungo assone (cellule del primo tipo di Golgi) e destinate ai collegamenti efferenti. Il globus pallidus deriva dal diencefalo, ed è diviso in una parte interna ed una esterna. Esso è costituito da grosse cellule multipolari, che utilizzano in gran parte come trasmettitore il GABA e in minor parte la sostanza P., e da interneuroni. 29

30 Il nucleo subtalamico di Luys, a forma di lente biconvessa, confina lateralmente con il globus pallidus, medialmente con la sostanza nera di Soemmering, dorsalmente con i campi H1 e H2 di Forel. È composto da cellule di forma varia (fusata, triangolare, piramidale, ovale) e riccamente ramificate che utilizzano come trasmettitore il gluatammato (eccitatorio). La sostanza nera si trova nel mesencefalo ed è divisa in due zone: una ventrale pallida (parte reticolata), che dal punto di vista citologico è simile al globus pallidus, ed una dorsale pigmentata e scura (parte compatta) caratterizzata da neuroni dopaminergici i cui corpi cellulari contengono neuromelanina Afferenze Quasi tutte le afferenze ai nuclei della base terminano a livello dello striato. Le fonti principali sono la corteccia cerebrale, i nuclei intralaminari del talamo e la sostanza nera. Le aree corticali da cui partono le afferenze sono principalmente: aree motrici, sensoriali, associative e limbiche. Queste proiezioni sono organizzate in modo topografico: aree specifiche della corteccia proiettano a parti diverse dello striato, che quindi svolgono funzioni comportamentali specifiche. Per esempio, il putamen è implicato principalmente nel controllo motorio, il caudato nel controllo dei movimenti oculari e in certe 30

31 funzioni cognitive e la parte ventrale dello striato in funzioni limbiche. Le afferenze dal talamo provengono soprattutto dal nucleo centromediano intralaminare, che a sua volta è sotto l'influenza della corteccia Efferenze Lo striato proietta al globus pallidus (via striopallidale), alla sostanza nera (via strionigrale), e al nucleo subtalamico, in modo tale che aree specifiche proiettino ad altre aree specifiche. Quindi dato che la via cortico striatale, striopallidale e strionigrale sono organizzate topograficamente, regioni specifiche della corteccia agiscono, per il tramite dello striato, su zone specifiche del globus pallidus e della sostanza nera. Il nucleo subtalamico riceve le proiezioni del segmento esterno del globus pallidus e proietta, in modo topografico, ad entrambi segmenti pallidali e alla parte reticolata della sostanza nera. Esso riceve anche afferenze dirette e topografiche dalla corteccia motrice e da quella premotoria; in tal modo, anche per il tramite di questo circuito, possono modulare il segnale d'uscita dai nuclei della base. 31

32 Nuclei della base e Cervelletto I nuclei della base ed il cervelletto sono le principali componenti di due importanti circuiti sottocorticali del sistema motorio, paralleli e non intersecanti tra di loro. Esistono tre importanti differenze tra le connessioni stabilite dei nuclei della base e quelle del cervelletto: i nuclei della base ricevono afferenze da tutta la corteccia cerebrale, mentre il cervelletto riceve afferenze solo da quelle regione della corteccia cerebrale che svolgono funzioni sensitivomotorie; le efferenze corticipete del cervelletto sono destinate alla corteccia premotoria e alla corteccia motrice, mentre quelle dei nuclei della base sono dirette non solo a queste due regioni corticali, ma anche alla corteccia associativa prefrontale; il cervelletto riceve informazioni somato-sensitive direttamente dal midollo spinale e stabilisce cospicue connessioni afferenti ed efferenti con molti nuclei delle tronco dell'encefalo che sono connessi direttamente con il midollo spinale, mentre i nuclei della base stabiliscono connessioni relativamente modeste con il tronco dell'encefalo e non hanno affatto connessioni con il midollo spinale. Queste differenze suggeriscono che il cervelletto regola direttamente l'esecuzione del movimento, mentre i nuclei della base 32

33 sono implicati in aspetti d'ordine superiore del controllo motorio, di natura cognitiva: la pianificazione e l'esecuzione di complesse strategie motorie Neurottrasmetitori Le terminazioni delle afferenze allo striato provenienti dalla corteccia cerebrale e dal talamo sono disposte a chiazze o a moduli analoghi alle colonne della corteccia cerebrale. A questo si accompagna una distribuzione a chiazze dei traccianti di vari neurotrasmettitori e neuropeptidi, come la dopamina, l'encefalina e la sostanza P. I più piccoli di questi compartimenti neurochimici sono stati denominati striosomi. Questi a loro volta fanno parte di un compartimento di maggiori dimensioni detto "matrice". La maggior parte delle proiezioni corticali allo striato che trasmettono informazioni concernenti la sensazione e i movimenti terminano a livello del compartimento della matrice. Questo compartimento proietta al globus pallidus e alla parte reticolata da sostanza nera e si ritiene che elabori informazioni di notevole importanza per il comportamento motorio o per quello cognitivo. Le proiezioni provenienti dalle strutture limbiche terminano in striosomi che proiettano ai neuroni dopaminergici della sostanza nera. Quindi il compartimento degli striosomi modula la via dopaminergica. 33

34 Le cellule di certi compartimenti diventano attive durante i movimenti passivi di articolazione, mentre quelle di altri compartimenti scaricano durante i movimenti attivi della stessa articolazione; quindi compartimenti del neostriato rappresentano moduli funzionalmente distinti simili alle colonne funzionali della corteccia cerebrale Il circuito motorio 1 Le aree della corteccia cerebrale che per il loro ruolo funzionale sono in rapporto con il controllo del movimento (SMA, PMC, M1, S1, corteccia parietale posteriore) inviano proiezioni topograficamente organizzate nella parte motoria del putamen. L'uscita di questo circuito, denominato "circuito motorio" dei nuclei della base è diretta principalmente all'aria motoria supplementare e alla corteccia premotoria. Queste aree sono reciprocamente interconnesse e proiettano entrambe alla corteccia motrice. Tutte e tre queste aree a loro volta danno origine a proiezioni discendenti ai centri motori del tronco dell'encefalo e del midollo spinale. L'attività dei nuclei della base è correlata con l'esecuzione di movimenti passivi e attivi in una specifica direzione, in genere circoscritti ad una sola articolazione. Tuttavia, per altri aspetti, l'attività del putamen differisce da quella che neuroni della corteccia motoria e della SMA. 34

35 Innanzitutto, quando viene seguito movimento di inseguimento di un bersaglio guidato dalla vista, le cellule dei nuclei della base rispondono selettivamente ai movimenti scaricando ai neuroni delle aree motrici corticali. In secondo luogo, la scarica di attivazione del putamen è in genere correlata con la direzione del movimento degli arti piuttosto che con l'attivazione di particolari muscoli. Queste osservazioni indicano che i nuclei della base non svolgono un ruolo significativo nel processo d'avvio dei movimenti in seguito alla presentazione di uno stimolo e non specificano direttamente la forza muscolare necessaria per la loro esecuzione. E possibile che i nuclei della base facilitino selettivamente alcuni movimenti e ne sopprimono altri, in modo analogo a quanto avviene nel caso della caratteristica inibizione della parte periferica dei campi ricettivi dei neuroni di sistemi sensoriali. Come ipotesi alternativa è stato suggerito che i nuclei della base svolgano la funzione di confrontare i comandi motori provenienti dalla corteccia motrice con delle informazioni propriocettive di feedback dal movimento. Questo meccanismo potrebbe essere utilizzato per la regolazione del movimento o per il controllo degli effetti che conseguono alla sua esecuzione. 35

36 Infine, i nuclei della base potrebbero essere implicati nel processo d'avvio dei movimenti generati da istruzioni interne (in accordo con le notevoli difficoltà ad iniziare spontaneamente movimento e l acinesia esibite dei pazienti con Parkinson). Le afferenze eccitatorie corticali allo striato sono portate da neuroni glutammatergici. Si può distinguere una via diretta da una via indiretta. La via diretta attraverso il GABA e la sostanza P inibisce il pallido interno e la parte reticolata della sostanza nera che a loro volta inibirebbero il talamo; questo diventa più libero di scaricare in maniera eccitatoria alla corteccia. La via indiretta prevede l'interposizione tra striato e pallido interno/sostanza nera reticolata del segmento esterno del pallido e del nucleo subtalamico, che tendono invece a facilitare l'inibizione del talamo. L'equilibrio tra queste due vie è controllato dalla parte compatta della sostanza nera, che con le sue efferenze dopaminergiche facilita la via diretta (tramite i recettori D1 eccitatori) e inibisce la via indiretta (tramite recettori D2 inibitori). Le variazioni dell'attività di queste due vie a seguito di malattie del metabolismo di certi neurotrasmettitori, come avviene il morbo di Parkinson, o a seguito di lesioni, come si verifica nell emiballismo, ne alterano l'equilibrio. A seconda della sede 36

37 del processo patologico possono quindi insorgere movimenti involontari o possono comparire alterazioni movimenti, quale riduzione del repertorio motorio (acinesia), lentezza nell'esecuzione dei movimenti (bradicinesia) e andatura strisciante, tipiche dei pazienti affetti da Parkinson. Il sistema extrapiramidale, inoltre, esercita la sua influenza sulle cellule radicolari motorie del midollo spinale (cellule alfa) e sul sistema gamma-efferente attraverso una via finale discendente, la quale prende origine dal nucleo rosso (fascio rubro-spinale), dal nucleo interstiziale (fascio interstizio-spinale), dal corpo quadrigemino superiore, dalla sostanza reticolare pontina e bulbare. Una parte di questi vie discendenti facilitanti il tono (vestibolo-spinali, tetto-spinali, reticolospinali) decorre lungo la porzione mediale del tegmento e raggiunge la zona ventro-mediale del corno anteriore del midollo spinale e l'area adiacente del grigio intermedio (lamina VIII), mentre un altro contingente inibitore del tono, che proviene essenzialmente dal nucleo rosso e dalla formazione reticolare bulbare, percorre la porzione laterale del tegmento e perviene all'area intermedia dorso-laterale della sostanza grigia spinale (lamine VI e VII). I movimenti involontari caratteristici delle malattie dei nuclei della base sono: tremori, atetosi, corea, ballismo, distonia. 37

38 1.2.5 I circuiti non-motori dei nuclei della base Oltre che attraverso il circuito motorio i nuclei della base sono interconnessi con il talamo e con la corteccia da altri circuiti 1 : (1) il circuito oculomotore: i campi oculari frontali e diverse altre aree corticali proiettano al corpo del nucleo caudato. Questo proietta al collicolo superiore e, attraverso il talamo, riproietta ai campi frontali. Questo circuito è implicato nel controllo dei movimenti oculari saccadici. (2) circuito cognitivo esecutivo: la DLPFC ed altre aree associative proiettano alla parte dorsolaterale della testa del nucleo caudato, che, a sua volta, proietta attraverso il talamo, alla DLPFC. Questo circuito è probabilmente implicato in quegli aspetti della memoria e concernono l'orientamento nello spazio. (3) circuito cognitivo comportamentale: la corteccia orbitofrontale laterale è connessa con la regione ventro-mediale del caudato. È implicato nei meccanismi che modificano l'atteggiamento comportamentale, regolando le risposte emotive appropriate al contesto sociale. (4) circuito limbico: dalla corteccia cingolata anteriore, giro cingolato ed amigdala partono proiezioni per lo striato ed il nucleo accumbens, che attraverso il pallido ed il talamo scaricano alla corteccia premotoria 38

39 e motoria supplementare. È implicato nel controllo della emotività dell'azione, alla motivazione dell'esecuzione. 39

40 CAPITOLO 2 Organizzazione del movimento: indagini funzionali Le conoscenze riguardo l'organizzazione e i meccanismi di controllo del movimento hanno subito una vera e propria rivoluzione negli ultimi anni grazie all'uso di esami di radiodiagnostica funzionale, in grado cioè di evidenziare l'attivazione delle aree corticali il cui funzionamento permette lo svolgimento di un dato compito. Da queste osservazioni è possibile evincere nuove e più complete informazioni riguardo il ruolo dei nuclei della base ai fini del movimento, soprattutto in virtù delle connessioni con le varie aree corticali. Le conoscenze riguardo la loro attività sono iniziate grazie l'osservazione della loro alterazione in sede autoptica in pazienti affetti da morbo di Parkinson, corea di Huntington, emiballismo. Questi processi patologici provocano l'insorgenza di tre caratteristici tipi di disturbi motori: tremore ed altri movimenti involontari; alterazioni della postura e del tono muscolare; repertorio motorio ridotto e lentezza dei movimenti pur in assenza di paralisi. Per questo i nuclei della base sono stati denominati parte delle sistema motorio extrapiramidale, che si riteneva agire in parallelo alle sistema piramidale. 40

41 Questa suddivisione semplicistica non è più sostenibile per vari motivi: anche alterazioni patologiche dei nuclei motori delle tronco dell'encefalo, del nucleo rosso, del cervelletto provocano disturbi del movimento; i due sistemi, piramidale ed extrapiramidale, non sono indipendenti ma molto interconnessi e cooperativi nel controllo del movimento; i nuclei della base sono impiegati in comportamenti che non sono correlati strettamente con il movimento, come ad esempio funzioni cognitive. Le metodiche più largamente usate per lo studio funzionale del movimento appartengono alla medicina nucleare e alla radiodiagnostica. Le tecniche di medicina nucleare sono in grado di evidenziare la captazione a livello corticale di radio isotopi, la quale è direttamente proporzionale all'attività metabolica dell'area in questione; in questo modo sia una misura qualitativa e semi-quantitativa dell'attivazione di una data area di corteccia cerebrale. Le metodiche più diffuse sono la tomografia ad emissione di positroni (PET) e la tomografia computerizzata ad emissione di singolo fotone (SPECT). Quest'ultima, in particolare, viene applicata alla malattia di Parkinson tramite il DAT-scan, in grado di misurare la captazione di dopamina da parte del trasportatore presinaptico (reuptake). 41

42 Nel campo della radiodiagnostica, per quel che riguarda lo studio del sistema nervoso centrale in generale, spicca la risonanza magnetica nucleare. In particolare, le tecniche di perfusione, diffusione e soprattutto di risonanza funzionale permettono di evidenziare l'attività cerebrale. 2.1 Lateralizzazione dei nuclei della base Da recenti studi di risonanza magnetica funzionale 4 è stato possibile apprendere la presenza di una spiccata dominanza emisferica sinistra dei nuclei della base. Questo aspetto è rilevabile sia durante movimenti controlaterali all'emisfero dominante, che durante movimenti bilaterali. Inoltre, si ottengono gli stessi risultati studiando sia soggetti destrimani che mancini. Questa dominanza emisferica sinistra è molto più spiccata rispetto a quella della corteccia cerebrale 5. Un'altra interessante evidenza è la minor attivazione dei nuclei della base durante lo svolgimento di un movimento monolaterale piuttosto che durante un movimento bilaterale; tutto ciò è in contrasto con quanto si osserva a livello della corteccia motoria primaria. Una possibile spiegazione sta nel ruolo dei nuclei della base nel regolare la competizione tra diverse attivazioni 6, inibendo più segnali secondari affinché risulti più evidente il segnale principale. In un compito monolaterale ciò si manifesta con una inibizione controlaterale; in un 42

43 compito bilaterale viene meno questa necessità, quindi l'attivazione dei nuclei della base è meno evidente. Se così fosse, la maggior parte dell'attivazione del putamen rilevata alla risonanza magnetica funzionale si esplicherebbe attraverso sinapsi inibitorie. 2.2 Somatotopia dei nuclei della base Attraverso esecuzione di compiti motori con le varie parti del corpo, la risonanza magnetica funzionale ha permesso di rilevare che esiste una mappatura motoria dei nuclei della base simile a quella già descritta in letteratura per i primati. L'orientamento cranio-caudale del movimento si manifesta in senso ventro-dorsale a livello del putamen 4. Allo stesso modo i movimenti oculari saccadici comportano una attivazione iniziale del nucleo caudato. Secondo alcuni autori, il nucleo caudato è coinvolto nell inizio dei movimenti saccadici oculari liberando il collicollo superiore da una tonica inibizione 7, Movimenti liberi e guidati Osservando l'attivazione dei nuclei della base durante movimenti guidati da comandi esterni oppure movimenti eseguiti autonomamente è possibile ipotizzare che diverse porzioni dei nuclei della base siano deputate a particolari aspetti del esecuzione motoria 9. 43

44 Durante un movimento eseguito in risposta ad uno stimolo esterno l'attivazione dei nuclei della base è bilaterale ed interessa sia le porzioni ventrali che quelle dorsali del putamen e del caudato. Durante l'esecuzione di un movimento libero l'attivazione è limitata alla porzione posteriore, ed è maggiormente lateralizzata a sinistra. Secondo l'ipotesi di Lidsky 10 una delle funzioni dei nuclei della base è regolare le influenze sensoriali verso la corteccia motoria. Tale ruolo potrebbe essere svolto dalle porzioni anteriori del putamen e del caudato. Questo è anche in accordo con alcune evidenze neuroanatomiche che indicano che lo striato ventrale non è strettamente una struttura motoria e si suddivide in distinti territori associativi e sensorimotori. I territori di associazione ricevono afferenze dai lobi frontale (escluse le aree premotorie), temporale e parietale. Il territorio striatale sensorimotorio riceve proiezioni dalle cortecce M1, S1, PMC. Quindi, il mappaggio auditorio e motorio e l'esecuzione di movimenti motori potrebbero essere processati in regioni predominantemente segregate dello striato e poi riproiettate alle cortecce M1 attraverso il globus pallidus e i nuclei talamici. In accordo con questi risultati, Miyachy e altri 11 hanno trovato che all inattivazione dello striato anteriore nella scimmia è risultato un deficit nell'apprendimento di nuovi stimoli permanente, mentre a quella 44

45 del putamen posteriore è risultato un deficit di esecuzione della risposta motoria. 2.4 Linguaggio e nuclei della base Le disfunzioni bilaterali cortico-bulbari comportano la paralisi dei muscoli vocali e la compromissione del palnning dei gesti associati al linguaggio ( aprassia del linguaggio). In disordini cerebellare viene interessata la fluidità dell espressione vocale, sebbene la velocità di ripetizione delle sillabe non scende sotto una ferquenza di circa 3 Hz. Nelle disfunzioni dei gangli della base 12 sembra comparire una forma di "astenia del linguaggio", caratterizzata da alterazione della modalità di espressione del discorso. Possono comparire, per esempio, accelerazioni involontarie dell emissione delle parole. Mentre nella corteccia cerebrale e cerebellare la risposta emodinamica sembra direttamente proporzionale alla velocità dell espressione verbale, lo stesso segnale nello striato ha mostrato un rapporto inversamente proporzionale. 45

46 2.5 Funzioni cognitive dei nuclei della base È noto dalla letteratura 13 il legame delle cortecce prefrontale, parietale e visiva con il caudato nell'ambito di un sistema cerebrale che permette funzioni cognitive e visuospaziali. La corteccia premotoria (PMC) proietta al putamen e insieme al cervelletto queste regioni costituiscono un sistema di organizzazione e dicontrollo delle funzioni motorie. I neuroni spiny dello striato sono appropriati per questo tipo di apprendimento, essendo in grado di riconoscere un grande insieme di input corticali e di elaborare una serie di risposte particolari e dettagliate. Essi, inoltre, mostrano plasticità nello sviluppo delle risposte ed influiscono sul segnale in uscita dal talamo. Riguardo la memorizzazione delle nozioni apprese in letteratura 14 vengono fatte distinzioni di lateralizzazione: è stato suggerito che il coinvolgimento prefrontale destro è deputato all analisi delle informazioni spaziali mentre la parte sinistra processa l'identificazione dell'oggetto. Un aspetto importante di questi risultati è che a una attivazione destra dello striato corrisponde un'attivazione corticale sinistra. Questo aspetto era già stato visto con le studi PET. Questi risultati possono essere interpretati come segno di una stretta corrispondenza fra neuroni striatali e aree corticali evidenziabile nell acquisizione della memoria 46

47 implicita. Le regioni corticali potrebbero usufruire di questo circuito per poter eseguire altre funzioni, come l analisi di informazioni esplicite. Quando invece esiste una lesione striatale si dovrebbe rilevare una iperattivazione in corrispondenza delle zone di proiezione corticale. 47

48 CAPITOLO 3 La malattia di Parkinson: cenni storici 16 La malattia di Parkinson è un disturbo di eziologia sconosciuta che colpisce l'1% della popolazione sopra i 60 anni e il 2% di quella sopra i 70. Essa è una malattia soprattutto dell'invecchiamento, e l'età avanzata è il più importante fattore di rischio. La patologia fu descritta per la prima volta da James Parkinson 17 nel 1817 alla fine della rivoluzione industriale. Il genio di Parkinson si rilevò nel distinguere i sintomi cardinali della malattia, per esempio il rallentamento del movimento, il disturbo dell andatura, il tremore, da sintomi tipici a volte associati con il normale invecchiamento. Quando pienamente sviluppato, la malattia di Parkinson è prontamente riconoscibile, ma prima che fu descritta dall'omonimo scopritore era sfuggita a tutti gli scienziati precedenti. Secondo alcuni ciò suggerisce che la malattia di Parkinson non esistesse prima della rivoluzione industriale; secondo altri solo poche persone vivevano sufficientemente a lungo per svilupparla. Nei due secoli successivi alla prima descrizione, la nostra comprensione della malattia di Parkinson si è evoluta parallelamente a quella del sistema nervoso. Infatti, l'approfondimento del Parkinson ha costituito una finestra sul cervello; l'anatomia, la chimica, la 48

49 farmacologia e la biologia molecolare del Parkinson sono state alla base dello sviluppo delle neuroscienze. Nel diciannovesimo secolo, a causa della insufficiente conoscenza della patologia e della fisiologia del cervello, e in assenza di una localizzazione atomica per la malattia di Parkinson, molti neurologi credevano che essa fosse una malattia sia dei neuroni che dei muscoli. Nel 1870 Jean-Martin Charcot, il più eminente neurologo del secolo, confermò le osservazioni di Parkinson, diede alla malattia il nome dello scopritore e sviluppò il primo trattamento: gli alcaloidi della Belladonna. Nel 1894 Edouard Brissaud 18 stabilì le basi anatomiche della malattia di Parkinson legando i suoi sintomi alla presenza di un tubercoloma nella sostanza nera. Nel 1919 le osservazioni di Brissaud furono confermate da Trietakoff 19, il quale, comunque, non collegò i sintomi a una lesione granulomatosa ma alla perdita di neuroni pigmentati nella sostanza nera. Ulteriori conferme vengano da altri autori, come Foix, Nicolesco 20 e Hassler 21. Nel 1912, F. Lewy, lavorando nel laboratorio di Alzheimer, descrisse una inclusione concentrica di organuli nel citoplasma dei neuroni in pazienti che erano morti a causa della malattia di Parkinson. 49

50 Tali inclusioni, chiamate corpi di Lewy, sono considerate segni tipici del morbo di Parkinson idiopatico. I corpi di Lewy furono in seguito ritrovati anche in neuroni non pigmentati al di fuori della sostanza nera, come il nucleo accumbens, l amigdala, il nucleo basali di Meynert, l'ippocampo, il giro cingolato e la corteccia. Tutti gli autori nominati, e i loro contemporanei, non erano in grado di comprendere gli aspetti di neurochimica e di biologia molecolare. Non potevano sapere che i corpi di Lewy risultavano dall'accumulo di ubiquitina e di alfa-sinucleina. Potevano solo chiedersi se la perdita di neuromelanina dalle cellule fosse parte della patologia o un tentativo nella cellula di salvare se stessa. Essi non sapevano che la neuromelanina risultava dalla deposizione di derivati relativi delle catecolamine che eventualmente potevano produrre alterazioni proteiche. Non sapevano il significato di dopamina, noradrenalina, serotonina, così come non sapevano che queste sostanze erano neurotrasmettitori. Nel 1912, il concetto di neurotrasmettitore era nuovo. L'acetilcolina, il primo ad essere conosciuto, era stato descritto sei anni prima da Lewy, il quale vinse per questo il premio Nobel solo trent'anni dopo, quando il pieno significato della sua scoperta fu appreso. Nella prima metà del ventesimo secolo, le osservazioni degli autori prima citati, legate alle osservazioni cliniche delle patologie, erano la forza trainante delle neuroscienze. La patologia poteva 50

51 differenziare le malattie come il Parkinson, l Alzheimer e la corea di Huntington da altre come depressione, ansia, disturbi compulsivi e psicosi. La patologia, al contrario, non poteva spiegare perché quest'ultime potevano ricorrere insieme alle prime. Nella seconda metà del ventesimo secolo l'importanza maggiore fu ricoperta dalla biochimica, dalla farmacologia e dalla genetica molecolare, come mezzi per capire cervello. L'applicazione di questi metodi nella comprensione e nel trattamento della malattia di Parkinson ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nelle neuroscienze. L'aspetto che sicuramente ha avuto maggior risalto è stato il principale ruolo della diminuzione di dopamina nello striato, come dimostrato da Hornykiewicz 23 a partire dalle osservazioni di Carlsson 23. Questo spiega molti dei sintomi della malattia di Parkinson e un relativo accesso del neurotrasmettitore determina molti degli eventi avversi associati alla terapia. Nel 1972, Dahlstrom e Fuxe dimostrarono un circuito tra la sostanza nera e lo striato, legando in questo modo le osservazioni anatomiche di Brissaud e Tretiakoff a quelle chimiche e comportamentali di Carlsson e Hornykiewicz. Nel 1960, Birkmayer e Hornykiewicz 24 somministrarono per via venosa levodopa a 20 pazienti affetti da malattie di Parkinson che erano stati pretrattati con un inibitore delle monoamino-ossidasi (MAO). 51

52 Questo comportò un drammatico miglioramento di alcuni pazienti, ma era accompagnato da importanti effetti collaterali, come per esempio nausea, vomito, ipotensione ortostatica. Il rapporto sfavorevole tra benefici ed eventi avversi della levodopa, insieme alla difficoltà di una somministrazione cronica endovenosa, smorzò l'entusiasmo della comunità medica circa l'uso del farmaco come trattamento del Parkinson. Le cose cambiarono quando nel 1967 Cotzias 25 fu in grado di somministrare levodopa per via orale ad alte dosi in pazienti con malattia di Parkinson in stadio avanzato, ottenendo ottimi risultati. La levodopa divenne così il trattamento di scelta del morbo di Parkinson. Lo schema terapeutico fu migliorato con l aggiunta di un inibitore periferico della DOPA-decarbossilasi, in grado di diminuire gli effetti nero vegetativi associati la terapia e di aumentare il trasporto del farmaco nel cervello. Nel 1983, le conoscenze riguardo la malattia di Parkinson migliorarono in seguito a un'epidemica incidenza della malattia in diversi tossicodipendenti, i quali avevano iniettato nel loro corpo un derivato della meperidina. Langston identificò la tossina 1-metil-4- fenil-1,2,5,6-tetraidropirina (MPTP) e mostrò che il suo metabolita, MMP+, distruggeva selettivamente i neuroni dopaminergici. Queste osservazioni portarono alla creazione di un altro modello animale della 52

53 malattia di Parkinson, che ne migliorò la comprensione. MPTP ha mostrato agli scienziati come una tossina può danneggiare il cervello, ha evidenziato il ruolo della MAO-B nel metabolismo della dopamina e nei neuroni dopaminergici danneggiati. L'attività delle MAO-B aumenta con l'età, e l'invecchiamento resta il più grande fattore di rischio per lo sviluppo del Parkinson. È ancora oggetto di studio se da questa iperattività derivi la produzione di metaboliti tossici piuttosto che il danneggiamento di componenti chiave del sistema di trasporto elettronico mitocondriale. Negli anni 80, l'avvento della biologia molecolare permise di evidenziare che la malattia di Parkinson, a differenza della corea di Huntington, non è un paradigma di malattia genetica. Nel 1996, è stata individuata una mutazione autosomica dominante del cromosoma 4 che codifica per una iperproduzione di alfa-sinucleina. Nel 2006, a quasi 200 anni dalla prima osservazione della malattia, sappiamo che il Parkinson coinvolge il movimento, l'emozione, il comportamento, il sistema cognitivo. Gli aspetti non motori, spesso, costituiscono per i pazienti un problema maggiore di quelli motori. Il futuro della ricerca in questo campo è quello di comprendere appieno il processo di sviluppo della patologia, e di codificare strategie terapeutiche utili per tutti i suoi aspetti disabilitanti. 53

54 CAPITOLO 4 La malattia di Parkinson: teorie classiche 4.1 Sindromi parkinsoniane: definizione e classificazione 2 Le sindromi parkinsoniane comprendono forme degenerative primitive, a ricorrenza sia sporadica che familiare, e forme secondarie o sintomatiche. L'identificazione semeiologica di una sindrome parkinsoniana non pone particolare difficoltà, ma la diagnosi delle forme specifiche è tutt'altro che agevole, poiché, fatta eccezione per le forme secondarie o sintomatiche, non esistono marcatori biologici da utilizzare per la diagnosi. Di norma, nella maggior parte dei casi si può porre diagnosi di certezza soltanto su base anatomopatologica. Circa il 75% dei pazienti con sindrome parkinsoniane presenta il quadro clinico tipico della malattia di Parkinson. Tali pazienti, solitamente, rispondono positivamente alle terapie dopaminergiche e ricevono spesso una diagnosi di malattia di Parkinson. In una percentuale non superiore al 75% di tali pazienti la diagnosi clinica è confermata da reperto autoptico. Nel restante 25% la diagnosi autoptica indica una diversa sindrome parkinsoniana; si tratta frequentemente di atrofia 54

55 multisistemica, di paralisi sopranucleare progressiva o di una malattia da corpi di Lewy, più raramente di altra sindrome parkinsoniana. M. P. Idiopatica Parkinson-Plus Atrofia Multi-Sistemica sindrome di Shy-Drager Forme primitive degenerazione striato-nigrica atrofia olivopontocerebellare Paralisi Sopranucleare Progressiva Sindromi parkinsoniane Degenerazione Corticobasale Demenza a corpi di Lewy Parkinsonismo monogenico vascolare Forme secondarie da farmaci da tossici da idrocefalo legato a tumori cerebrali post-traumatico 55

56 4.2 Malattia di Parkinson L'età di esordio della malattia di Parkinson è più frequente nel corso del sesto decennio di vita, ma può essere molto più precoce. Si ritiene che le forme tipiche compaiano comunque dopo i 21 anni. Il 5% dei casi esordisce prima dei quarant'anni. A causa dell'invecchiamento della popolazione la prevalenza è destinata ad aumentare, così come in altre malattie neurologiche degenerative Eziologia L eziologia della malattia di Parkinson è sconosciuta. La maggior parte dei casi ha incidenza sporadica, senza associazione con fattori di rischio specifici. È possibile che esista una predisposizione genetica individuale, che si combina con l'azione di fattori ambientali Fattori genetici 27 Il ruolo dei fattori genetici è stato molto studiato. Gli studi epidemiologici indicano che l'età e la familiarità rappresentano i due principali fattori di rischio per lo sviluppo della malattia. Il rischio di malattia di Parkinson è incrementato da due a tre volte nei consanguinei di primo grado dei pazienti. I primi studi sulla concordanza clinica dei gemelli avevano escluso la presenza di una determinante genetica nello sviluppo della malattia; gli studi più recenti basati sull'uso della PET e 56

57 sulla valutazione nelle forme giovanili, hanno permesso di evidenziare che il livello di concordanza dei gemelli monozigoti è più elevato di quanto ritenuto in precedenza. Il contributo più recente della genetica della malattia di Parkinson proviene dallo studio delle famiglie, che ha finora permesso di identificare cinque geni di malattie di Parkinson a trasmissione autosomica. Il genere Park-1, localizzati in posizione 4q21-23, è stato identificato in una famiglia italo americana originaria di Contursi (SA), contraddistinta da un parkinsonismo simile la malattia di Parkinson, ma con esordio precoce (in media 46 anni), decorso rapido ed elevata incidenza di demenza. Il gene codifica una proteina presinaptica denominata alfa-sinucleina, la cui distribuzione nel sistema nervoso centrale corrisponde a quella dei corpi di Lewy. Sono state identificate due mutazioni a carico di questo gene e si ritiene che i casi fino a ora riportati derivino tutti da una singola mutazione avvenuta nel Mediterraneo. Un'altra mutazione, descritta in una famiglia di origine tedesca, colpisce lo stesso gene. Le mutazione del gene Park-1 sono rare in loro costituiscono la causa principale dei parkinsonismi osservati in clinica. È stato anche identificato un secondo gene (Park-2) sul cromosoma 2p13, associato ad un parkinsonismo familiare autosomico 57

58 dominante con penetranza incompleta (40%), il cui fino a tipo è molto simile a quello della malattia di Parkinson sporadica. Un terzo gene è stato identificato in famiglie giapponesi affette da un parkinsonismo autosomico recessivo con esordio giovanile. Il gene è localizzato in posizione 6q25 e codifica una proteina denominata parkina. Altri due geni sono stati localizzati cromosoma 4p Patogenesi 2 Le cause della degenerazione neuronale selettiva nella malattia di Parkinson non sono ancora conosciute, ma alcuni dati sperimentali suggeriscono che la morte neuronale della sostanza nera, parte compatta, sia di natura apoptotica. La degenerazione dei sistemi dopaminergici è associata a una disfunzione mitocondriale e all'incremento di radicali liberi a livello endocellulare. Lo stress ossidativo che ne consegue rappresenta il meccanismo che porta alla degenerazione. La coesistenza di stress ossidativo e di disfunzione mitocondriale innesca un circolo vizioso: il deficit di glutatione e la produzione di radicali liberi compromettono la funzione respiratoria mitocondriale attraverso l'inattivazione enzimatica, la perossidazione dei lipidi di membrana e il danno a carico del DNA mitocondriale (particolarmente suscettibile in quanto povero di meccanismi riparativi). I mitocondri 58

59 sono la sede elettiva di formazione di reattivi dell'ossigeno, che aumentano in tutte le situazioni in cui il funzionamento della catena di trasporto degli elettroni non sia adeguato. Il risultato di questi eventi causa un deficit energetico nelle cellule attraverso la diminuzione di ATP. In carenza di ATP, la pompa sodio potassio non è in grado di garantire il gradiente ionico di membrana mediante l'espulsione del sodio nello spazio extracellulare. Il conseguente eccesso intracellulare di sodio viene smaltito grazie ad un meccanismo di scambio con il calcio, e l'eccesso di calcio intracellulare promuove una cascata di azioni che possono culminare con la morte cellulare per apoptosi. I neuroni dopaminergici sono particolarmente suscettibili allo stress ossidativo, poiché producono dopamina con il meccanismo ossidativo e contengono neuromelanina. Quest'ultima è ricca di ferro, e può reagire con sostanze ossidanti e generare radicali liberi. Su questa base è stato ipotizzato che la somministrazione cronica di levodopa possa contribuire al processo degenerativo, ipotesi che non ha però avuto conferme. 59

60 4.2.3 Quadro clinico 29 Le manifestazioni iniziali della malattia sono insidiose e raramente orientano verso la diagnosi corretta: si tratta di crampi, mialgie, astenia, faticabilità, depressione, sensazione di tremore interno. La progressione del quadro clinico permette, poi, di individuare i segni cardinali della sindrome parkinsoniana. La presentazione asimmetrica dei segni clinici e una buona risposta alla levodopa sono segni tipici, ma non patognomonici, della malattia di Parkinson e possono essere presenti anche in altre sindrome parkinsoniane Tremore Il tremore a riposo è tra i segni cardinali della malattia, ma manca nel 25% dei casi. Come tutti i sintomi parkinsoniani, il tremore è nettamente influenzato dallo stato emotivo e dalla fatica. Interessa più spesso le mani e genera una oscillazione caratteristica (di 3-6 Hz) di adduzione-abduzione del pollice e di flesso-estensione delle altre dita, descritto come "contar monete". Sono frequentemente interessati anche il polso, con movimenti di flesso-estensione o di prono-supinazione, ed il piede. Il tremore parkinsoniana può interessare anche il mento, la lingua, e la muscolatura peribuccale; al contrario del tremore essenziale, di norma non interessa il capo. Nella malattia di Parkinson è 60

61 generalmente presente anche un tremore posturale a carico degli arti superiori. Il tremore si associa al segno della "ruota dentata ", espressione dell'interruzione ritmica del tono muscolare di un arto durante una estensione o flessione passive. La ruota dentata è presente anche nel tremore essenziale e non costituisce un segno clinico patognomonico della malattia di Parkinson Acinesia L acinesia è il sintomo più invalidante delle sindromi parkinsoniane. È caratterizzata da un impoverimento generale della motricità, con riduzione della motilità automatica, semplificazione del movimento volontario e difficoltà ad iniziare ed eseguire i movimenti, soprattutto in assenza di precisi riferimenti di pianificazione visuospaziale. Anche la perdita dei movimenti automatici associati, quali il pendolamento delle braccia nel corso della deambulazione, la diminuzione dell'espressività facciale e l impoverimento delle sequenze motorie più complesse fanno parte degli aspetti semeiologici. All'acinesia si associa la bradicinesia, un termine che indica il rallentamento motorio caratteristico delle sindromi parkinsoniane. È possibile osservare delle rapide risoluzioni dell'acinesia, quando, ad esempio, il paziente si muova rapidamente in occasione di un forte 61

62 stress emotivo, e per un breve periodo di tempo possa camminare, correre, eseguire movimenti con scioltezza (cinesia paradossale). La acinesia si manifesta anche con ipofonia, ridotta mimica facciale fino alla completa fissità (amimia), rallentamento delle saccadi, eccesso di salivazione e disfagia (acinesia della deglutizione). Sono segni tipici della malattia anche la riduzione nella frequenza di ammiccamento, e l inesauribilità del riflesso gabellare (segno di Myerson) Riflessi posturali Nella malattia di Parkinson l'alterazione dei riflessi posturali, con instabilità e tendenza alle cadute, è di norma osservata nelle fasi avanzate. Le forme con instabilità posturale precoce o predominante, sono da considerare atipiche e più spesso indicative di una paralisi sopranucleare progressiva. La postura dei pazienti parkinsoniani è caratterizzata da una flessione del tronco (camptocormia) Disturbi dell andatura La deambulazione diviene lenta, con passi piccoli e striscianti, vi è una perdita di movimenti automatici associati. Tali fenomeni risultano dalla combinazione variabile di rigidità, acinesia e instabilità posturale. La deambulazione è caratterizzata da un accorciamento dei passi e da 62

63 festinazione. Questa consiste nell'accelerazione progressiva dei passi, come se il paziente inseguisse il proprio centro di gravità. Lo stesso fenomeno di accelerazione e accorciamento delle parole si manifesta nel parlare. Nella deambulazione è possibile osservare "freezing", cioè il blocco improvviso dei piedi che restano incollati sul terreno (per esempio quando si chieda la paziente di cambiare direzione improvvisamente) Disanutonomie Alcuni pazienti con malattia di Parkinson presentano un certo grado di disautonomia; si tratta spesso di una ipotensione ortostatica, talora associata a disturbi gastroenterici, caratterizzati da stipsi. Questi derivano sia dalla degenerazione del plesso mienterico, che dall'effetto dei farmaci Disturbi cognitivi 29 Dal punto di vista cognitivo, il Parkinson si associa nel 40% dei casi allo sviluppo nel corso degli anni del complesso Parkinson- Demenza (PPD). Questa varietà nosografia, secondo alcuni autori, può essere considerata l estremo di un ventaglio di condizioni cliniche che ha come estremo opposto la Demenza a corpi di Lewy (DLB). Clinicamente il PPD si caratterizza per la presenza, oltre che dei segni e 63

64 sintomi motori, di disturbi della memoria, di coinvolgimento delle funzioni associative superiori (per esempio prassia e gnosia), e in alcuni casi per la comparsa di allucinazioni visive, di solito ben strutturate, raffiguranti animali o persone. Tale sintomatologia può essere peggiorata dalla terapia dopaminergica Alterazioni del tono dell umore La malattia di Parkinson è caratterizzata anche dalla comparsa di disturbi della sfera affettiva. In particolare, nel 50% dei pazienti è possibile osservare lo sviluppo di depressione. La particolare forma di depressione instaurata varia da soggetto a soggetto. È inoltre non infrequente l associazione con sintomi di tipo ansioso Anatomia patologica La malattia di Parkinson è caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici della parte compatta da sostanza nera, a cui si associa la degenerazione di taluni nuclei aminergici del tronco encefalo (sia catecolaminergici che serotoninergici), del nucleo basale di Meynert (colinergico), dei neuroni ipotalamici e di taluni piccoli neuroni localizzati nella corteccia entorinale e nel giro cigolare. È stata inoltre osservata degenerazione neuronale nel bulbo olfattivo, nei gangli simpatici e nei neuroni parasimpatici. 64

65 La perdita dei neuroni dopaminergici della sostanza nera non è omogenea nella parte compatta,ma predomina a livello dello strato ventro-laterale, seguito dal terzo ventrale mediale e infine dal terzo dorsale. Questo schema di degenerazione nigro-striatale è specifico della malattia di Parkinson e differisce nettamente rispetto a quanto osservato nell'invecchiamento naturale e in altre sindrome parkinsoniane. L'entità della perdita neuronale nella parte compatta della sostanza nera è in correlazione diretta con la gravità della acinesia controlaterale. Una caratteristica neuropatologica della malattia è la presenza di inclusi ialini eosinofili, i corpi di Lewy, localizzati nei neuroni in via di degenerazione. I corpi di Lewy sono presenti sia a livello corticale che sotto corticale e rappresentano accumuli di neurofilamenti. L'origine e del ruolo di questi inclusi nella patogenesi della malattia di Parkinson sono poco conosciuti. La loro presenza è caratteristicamente osservata nella tipica malattia di Parkinson idiopatica. La scoperta delle sindrome parkinsoniane monogeniche ha permesso di osservare che la alfasinucleina è un costituente dei corpi di Lewy. Questi inclusi non sono osservati in sindromi monogeniche (park-2 e park-3). I corpi di Lewy sono presenti anche in altre malattie degenerative e nel 10% dei soggetti normali con età superiore a sessant'anni. Quest'ultimo dato è 65

66 considerato un possibile indice di condizione presintomatica di malattia di Parkinson Diagnosi 30 Si pone diagnosi di sindrome parkinsoniana in presenza dell'associazione di bradicinesia e di almeno uno dei seguenti segni clinici: rigidità, tremore a riposo (con frequenza di 4-6 Hz) e instabilità posturale (non correlata ad una disfunzione vestibolare, oculare, cerebellare o propriocettiva). In vita la diagnosi di malattia di Parkinson può essere formulata solo su base clinica, poiché non esistono marcatori biologici o strumentali specifici. In assenza di una conferma autoptica quindi la diagnosi clinica è di probabilità. Per porre diagnosi clinica è comunque necessario seguire un iter preciso. In primo luogo, occorre la diagnosi di sindrome parkinsoniana; è necessario escludere la presenza di elementi clinici atipici, incompatibili con la diagnosi di malattia di Parkinson o indicativi di possibili alternative diagnostiche. Infine, la presenza di segni clinici tipici suffraga la diagnosi di malattia di Parkinson. Nonostante l'applicazione rigorosa di tali criteri, il grado di accuratezza diagnostica clinica non supera l'80%. La atrofia multisistemica, la paralisi sopranucleare progressiva, la malattia da corpi di Lewy diffusi o, più raramente, altre sindrome parkinsoniane 66

67 costituiscono cause importanti di errore diagnostico. È molto importante seguire nel tempo l'evoluzione clinica dei pazienti parkinsoniani per confermare la diagnosi. Una lunga durata di malattia senza la comparsa di segni atipici rappresenta il miglior criterio di conferma della diagnosi, poiché i segni atipici possono divenire evidenti anche a distanza di anni dall'esordio della sindrome parkinsoniana. Il tasso di errore diagnostico si riduce considerevolmente nel corso di verifiche cliniche successive, e dopo cinque anni dall'esordio, un neurologo esperto generalmente formula una diagnosi clinica corretta. La stadiazione e la progressione della patologia vengono spesso affidate a criteri raccolti nelle seguenti scale: Scala Webster: valuta la limitazione dei movimenti e l autonomia con un punteggio suddiviso in tre gruppi di gravità: 1-10 Parkinson lieve, Parkinson moderatamente grave, Parkinson grave. Scala Hohen e Yahr: valuta parametri quali l espressione facciale, la seborrea, scialorrea e disturbi della parola, tremore, rigidità, postura, disturbi della marcia, bradicinesia a ognuna delle quali è assegnato un punteggio in 5 stadi, in cui 0 rappresenta la normalità e 5 l invalidità completa. 67

68 Mini Mental Examination State: valuta l orientamento spazio temporale, la memoria, l attenzione e la capacità di calcolo, la rievocazione, il linguaggio, la prassia costruttiva. Il punteggio massimo è 30: al di sotto dei 24 punti si presume un deficit cognitivo che è grave se si scende al di sotto dei 17 punti. Prima di somministrare questo test si deve sempre tenere in considerazione l interferenza che possono apportare all esecuzione un deficit dell udito o della vista, il tremore o l impaccio del movimento. Beck s Depression Inventory Scale / Geriatric Depression Scale: valutano l umore tramite la somministrazione da parte dell esaminatore di questionari inerenti lo stato d animo presente e passato del paziente, il suo rapporto con gli altri, il senso di solitudine e di soddisfazione per la vita. In entrambi i casi, più alto è il punteggio e maggiore è la depressione del paziente. Questi test iniziali andranno comunque periodicamente riverificati sia per controllare che non vi siano stati peggioramenti sia perché il loro svolgimento può essere stato alterato dalle fluttuazioni a cui il paziente è sotto posto durante la terapia farmacologia. Unified Parkinson Disease Rating Scale (UPDRS): è il metodo più completo, complesso, in quanto analizza il 68

69 paziente in tutti gli aspetti che possono essere alterati a causa della patologia. Permette quindi di fare un osservazione a tutto tondo, richiedendo però tempo, risorse adibite e molta collaborazione da parte del paziente Diagnostica strumentale La neuroradiologia e la medicina nucleare forniscono un valido aiuto per la diagnosi differenziale tra malattia di Parkinson idiopatica e forme secondarie, ma il loro contributo per la diagnosi in sé è ancora poco rilevante. Secondo alcuni dati presenti in letteratura possono essere utili per individuare soggetti ad alto rischio di sviluppo della patologia, e quindi per la diagnosi precoce, la DAT-SPECT 31, che misura il re-uptake sinaptico della dopamina a livello striatale, la ultrasonografia 32 transuranica, in grado di rilevare segni indiretti di suscettibilità per lesioni dei neuroni nigrali Terapia Terapia farmacologica I concetti fondamentali della terapia medica del Parkinson sono semplici, e continuano a basarsi sul supporto alla trasmissione 69

70 dopaminergica dato dalla levodopa e dai dopamina-agonisti. Alcuni recenti parametri pratici pubblicati dalla Accademia Americana di Neurologia 34 e una review da parte della Società dei Disturbi della Movimento apportano nuovi strumenti nella gestione delle complicanze motorie e dei disturbi cognitivi e psichiatrici associati alla malattia di Parkinson. Le possibili scelte farmacologiche sono in aumento, così come le possibili vie di somministrazione, ad esempio con l'arrivo delle preparazioni iniettabili e transdermiche dei dopamina-agonisti o di un inibitore delle monoamine assorbito attraverso la mucosa orale. Sebbene concettualmente semplice, il trattamento pratico dei pazienti con la malattia di Parkinson è spesso complesso, in quanto richiede di considerare le potenziali future complicazioni, di scegliere i regimi farmacologici individuali per il paziente e minimizzare gli effetti collaterali dei farmaci che variano da spiacevoli a estremamente importanti. La variabilità individuale del singolo paziente per quel che concerne la sintomatologia e la risposta alla terapia impedisce un approccio paradigmatico alla terapia, soprattutto per quel che riguarda i presidi volti a migliorare la qualità della vita dei pazienti. È noto, infatti, che l'uso di dopamina-agonisti in aggiunta alla levodopa riduce la comparsa di alcune complicanze motorie, se confrontato con la monoterapia di levodopa; lo stesso non si può dire 70

71 riguardo il miglior approccio per salvaguardare la qualità di vita dei pazienti Trattamento dei disturbi motori I farmaci usati nel trattamento dei disturbi del movimento sono: Agonisti del recettore per l acetilcolina; Levodopa combinata con carbidopa; Levodopa combinata con carbidopa in una capsula a rilascio prolungato; Levodopa combinata con carbidopa ed entacapone; Agonisti dopaminergici; Inibitori delle monoamino ossidasi (IMAO) Inibitori delle catecol-o-metil tansferasi Amantidina Trattamento dei disturbi cognitivi 35 La terapia dopaminergica spesso determina una sostanziale miglioramento dei sintomi motori del Parkinson ma non necessariamente inficia su molti dei problemi non motori, come ad esempio la disfunzione autonomica, i disturbi del sonno e quelli cognitivi. Questi possono essere disabilitanti e costituire il principale motivo di disagio per il paziente. 71

72 Alcune funzioni cognitive sono influenzate dalla levodopa o da altre terapie dopaminergiche, sebbene il beneficio clinico, se presente, potrebbe non essere significativo per il paziente o per la sua famiglia. Non sono stati individuati farmaci che intervengano specificatamente sul disturbo cognitivo del Parkinson, sebbene nella pratica clinica siano spesso prescritti dei farmaci sviluppati per la malattia di Alzheimer in modalità off-label. Ad eccezione della memantina, tutti questi farmaci sono inibitori della colinesterasi e, secondo la logica per cui la terapia anticolinergica migliori i sintomi motori del Parkinson, si è ritenuto intuitivamente che questi farmaci possano produrre peggioramento motorio. Sono stati esaminati in studi ben organizzati sia la rivastigmina che il donezepil come agenti per trattare la demenza del Parkinson, sebbene i soggetti appartenenti agli studi fossero relativamente pochi. Entrambi farmaci hanno mostrato modesti parziali benefici per la funzione cognitiva. La memantina, in quanto antagonista del gluatammato, potrebbe risultare più utile nello scopo di migliorare sia i sintomi motori che quelli cognitivi, ma non sono stati ancora pubblicati dati sufficienti a supporto di ciò. Inoltre, grazie alla sua attività anti-glutammatergica, potrebbe essere utile nelle ridurre la discinesia, allo stesso modo della amantidina. 72

73 Trattamento dei disturbi autonomici La scialorrea potrebbe essere ridotta da un moderato uso di piccole quantità di atropina sublinguale all'1% di soluzione o, se fallisce, dalla iniezione di tossina botulinica 36 nelle ghiandole parotidi. Nei confronti della ipotensione ortostatica 37 si può tenere un miglioramento grazie all'aumento dell'introito di sale e di bevande che aumentino la volemia; il passo successivo è la terapia con farmaci che promuovano la ritenzione idrica, ad esempio fludocortisone e midodrinc. Un nuovo recente metodo per stabilizzare la caduta posturale della pressione sanguigna è l'uso della piridostigmina, in grado di aumentare il tono adrenergico agendo sui gangli colinergici. La costipazione, uno dei problemi più comuni nel Parkinson (fu descritta nel dettaglio da James Parkinson nella sua monografia del 1817), potrebbe essere aggravata da effetti collaterali della terapia con levodopa. Gli accorgimenti comportamentali usualmente consigliati per questo problema non hanno alcun effetto in questa patologia. Il lattulosio fornisce buoni risultati ma è anche gravato di numerosi effetti collaterali, mentre il glicol-polietilene, sebbene agisce nella stessa maniera, a una migliore compliance da parte del paziente. 73

74 Complicanze della terapia farmacologica Le fluttuazioni motorie consistono nella perdita di capacità di movimento, regolari e prevedibili nell'arco della giornata, con l'alternanza di condizioni di buona motilità (stato ON) e di blocchi (stato OFF). La prima fluttuazione è generalmente lo scadimento di fine dose. Questo è dovuto ad una durata ridotta dell'effetto di una singola dose di farmaco e si manifesta con la ricomparsa di segni parkinsoniani tra un'assunzione e l'altra. In questo stadio della malattia è frequente che le fasi ON si associno a discinesie coreiche o distoniche (discinesie di picco dose). In seguito, possono comparire discinesie di inizio e di fine dose (discinesie difasiche). In condizioni OFF è possibile osservare spasmi distonici (talora dolorosi) degli arti inferiori. In seguito, le fluttuazioni possono divenire imprevedibili e irregolari, indipendenti dall'assunzione dei farmaci. Le discinesie possono comparire sia in condizioni ON, e si presentano allora come corea o distonia osservabili in condizione di buona mobilità, che in condizioni OFF, quando si manifestano comunemente come una distonia associata ai periodi di blocco. Una tipica distonia OFF è il campo mattutino del piede che è spesso molto doloroso. I blocchi (perdita dell'effetto terapeutico) e le discinesie possono combinarsi in modo variabile, ma hanno una diversa fisiopatologia. 74

75 Terapia chirurgica: Deep Brain Stimulation 38 La metodica viene effettuata tramite l applicazione di un casco stereotassico che permette di verificare tutta una serie di coordinate geometriche con precisione millimetrica in modo da poter raggiungere, da un qualsiasi punto della volta cranica, il bersaglio così identificato. Il casco stereotassico è munito di un anello che viene fissato, in anestesia locale, alla testa del paziente, con quattro piccole viti. All anello viene poi applicato un arco che può portare vari strumenti, ad esempio l'elettrodo stimolatore, ed ha la funzione di far avanzare lentamente, tramite una vite micrometrica, tali strumenti all'interno dell'encefalo del paziente, fino al bersaglio stabilito. Le caratteristiche di tale approccio sono: la precisione millimetrica, la possibilità di fare un planning pre-operatorio, la micro-invasività. I target della terapia sono il globus pallidus interno (GPI) e il nucleo subtalamico (STN). Gli effetti consistono nel migliorare le funzioni motorie e ridurre le fasi OFF, la discinesia e il dosaggio terapeutico. L indicazione alla DBS è rappresentata dalla forma idiopatica di Parkinson aggravata da scarsa risposta alla terapia farmacologia, presenza di fluttuazioni motorie e discinesia disabilitanti. Il paziente non deve avere più di 70 anni e non deve presentare sintomi atipici o depressione. 75

76 CAPITOLO 5 La malattia di Parkinson: indagini funzionali 5.1 Esecuzione del movimento La difficoltà di esecuzione del movimento nei suoi vari aspetti è stata ben documentata da quadri e risonanza magnetica funzionale che evidenziano alterate attivazioni delle aree corticali. La diminuzione della validità del movimento, in termini di forza e velocità, è dovuta a una ipoattivazione dell'aria motoria primaria (M1) 39, come è stato osservato in soggetti con recente diagnosi di Parkinson non sottoposte ad alcuna terapia. Il miglioramento tra performance dopo somministrazione di levodopa o apomorfina, dopo stimolazione del nucleo subtalamico ad alta frequenza, dopo pallidotomia e innesto mesencefalico si rispecchia nella sostanziale normalizzazione dell'attività cerebrale di M1, in confronto a soggetti sani di controllo 39,40. L alterazione della pianificazione strategica del movimento osservabile nella malattia di Parkinson è dovuta al coinvolgimento patologico dell'aria motoria supplementare (SMA). Essa è infatti implicata durante movimenti automatici generati internamente, 76

77 preparazione del movimento, sequenziamento del movimento o performance di movimenti complessi 41. In particolare è possibile suddividere l'area in due parti: una rostrale, connessa alla corteccia prefrontale, deputata alla programmazione vera e propria; una caudale, connessa alle aree motorie, volta all'esecuzione del movimento 42. Nei soggetti parkinsoniani la SMA risulta ipoattivata a causa del diminuito feedback con i nuclei della base 43. Questo deficit riguarda soprattutto la porzione rostrale, mentre quella caudale risulta spesso norma attivata o addirittura iperattivata attivata, in modo compensatorio, rispetto ai controlli sani. Ciò è particolarmente evidente quando i compiti da eseguire sono complessi, dato che l'efficienza del movimento è notevolmente compromessa. A questa iperattivazione ne può corrispondere una consensuale nella corteccia cingolata anteriore 44 (area 24 e 32 di Brodmann), specialmente durante l'esecuzione di movimenti volontari. Per che riguarda l'integrazione del programma motorio con gli stimoli esterni gioca un ruolo fondamentale la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC), la quale riceve afferenze dal talamo, dei nuclei della base, e dalle cortecce parietale posteriore. In particolare la DLPFC destra risulta alterata nei deficit che riguardano l'organizzazione spaziale del movimento 45,46. 77

78 L evoluzione della patologia prevede la progressione della bradicinesia e della rigidità. A questo si oppone l instaurarsi di circuiti compensatori cerebrali volti a supplire al deficit del sistema dopaminergico. Ciò si realizza con una iperattivazione di M1 (in seguito a terapia) bilaterale 43. Essa è dovuta alla perdita della capacità dei nuclei della base di disinibire solo aspetti selettivi del movimento. In più, concorre alla realizzazione della rigidità, comportando la contrazione contemporanea di comparti muscolari antagonisti tra loro. A questo si aggiunge una iperattivazione parietale bilaterale 47, il cui scopo è quello di ottimizzare il contributo delle afferenze sensitive in risposta al venir meno delle normali elaborazione ed integrazione frontali. Ciò spiega la particolare difficoltà del parkinsoniano nell'iniziare, scegliere e compiere un movimento volontario generato autonomamente, rispetto ad un movimento stabilito e guidato dall'esterno. Un ulteriore iperattivazione compensatoria è presente nel cervelletto bilateralmente 48, segno dell importanza del parallelo circuito cerebro-cerebellare per il controllo e la coordinazione del movimento. 78

79 5.2 Apprendimento e funzioni cognitive Le alterazioni cognitive riscontrabili nella malattia di Parkinson hanno ottenuto il giusto peso agli occhi della comunità scientifica solo recentemente. Parallelamente alle note alterazioni motorie, il deficit del sistema dopaminergico si ripercuote anche sui circuiti che regolano la capacità di apprendimento, la memoria di lavoro, la pianificazione di una strategia. Queste manifestazioni cliniche sono dovute all'interessamento patologico dello striato. Se il putamen, infatti, è particolarmente coinvolto nell'esecuzione e nel controllo del movimento, il caudato mostra una grande partecipazione nei processi di apprendimento di regole o comandi recenti 49. Questa proprietà lega il caudato alla DLPFC e a cervelletto. Dal punto di vista funzionale le connessioni strio-frontali permettono di integrare tutti gli stimoli sensoriali con l'ottimizzazione strategica dei nuclei della base. Per questo motivo i pazienti affetti da Parkinson mostrano maggiore difficoltà nello svolgere un comando variabile secondo regole implicite rispetto ad un comando automatico 50, che non cambia una volta che viene appreso. La connessione striofrontale è infatti particolarmente importante nel primo caso. Inoltre, nei pazienti è possibile vedere una iperattivazione della DLPFC rispetto a soggetti sani anche durante l'esecuzione di movimenti automatici 51, 79

80 come se la non difficoltà dell'esercizio richiedesse comunque una maggiore attenzione e monitoraggio del suo svolgimento. Perché che riguarda i rapporti con il cervelletto, bisogna ricordare che i circuiti dei nuclei base e quelli del cerebro-cerebello sono paralleli e completamente distinti. Mentre lo striato è impiegato nella costruzione di un repertorio di azioni motorie che possono essere selezionate in risposta a un appropriato stimolo ambientale 52, il cervelletto gioca un importante ruolo nel combinare insieme i movimenti acquisiti per produrre un comportamento motorio ben e seguito con abilità. 80

81 CAPITOLO 6 Basi fisiche del segnale in RM funzionale 55, Il segnale BOLD La risonanza magnetica funzionale (fmri) sfrutta un segnale naturale denominato BOLD (Blood Oxygen Level Dependent), dipendente dal livello ematico di ossigeno. La variazione di ossigeno determina infatti la conversione di Ossi-emoglobina a Deossiemoglobina. La prima è una sostanza diamagnetica, la seconda è invece paramagnetica. La variazione della concentrazione delle sostanze paramagnetiche presenti nel flusso sanguigno agisce come mezzo di contrasto naturale, in quanto modifica il segnale di risonanza magnetica di circa il 2-5%. L'incremento locale del flusso sanguigno nelle regioni del cervello in attività sembra essere una conseguenza dell'aumentato utilizzo di energia a livello delle sinapsi. Un contributo maggiore all'aumento del consumo di energia potrebbe venire dai cambiamenti negli astrociti adiacenti dovuti all up-take di gluatammato. Il rapporto tra aumento di consumo di energia e aumento di flusso sanguigno è particolarmente complesso, soprattutto considerando l'attività inibitoria delle sinapsi. 81

82 Non esiste una attivazione rilevabile nella corteccia motoria durante le fasi di "non attività" di un paradigma "attività/non attività" quando c'è una inibizione della corteccia motoria dimostrabile all EEG. Le sequenze di acquisizione usate in fmri sono le EPI (Echo Planar Imaging). Esse sono pesate nella costante temporale T2*, che a differenza del T2 classico tiene conto delle disomogeneità locali dovute a particelle paramagnetiche. Le sequenze così formate permettono di rilevare gli effetti legati a piccole alterazioni del campo magnetico. In questo modo le EPI sono sensibili all'effetto BOLD e permettono un'acquisizione rapida dell'immagine attraverso una commutazione continua e veloce dei gradienti di lettura. In un unico tempo di ripetizione (TR) viene mappato l'intero K- spazio (viene quindi fatta una scansione di tutto il volume cerebrale). Dagli esperimenti più importanti emergono caratteristiche fondamentali della risposta BOLD: 1. questa è utile nella identificazione dei cambiamenti legati all attivazione nella materia grigia, ma non in quella bianca; 82

83 2. i cambiamenti misurati e riflettono l'attività sinaptica o una combinazione dei cambiamenti sinaptici e dendritici, ma non direttamente l'attività neuronale; 3. qualora i segnali corticali cambino in condizioni dovute all'attività sinaptica eccitatoria, almeno in qualche condizione potrebbe esistere una relazione diretta tra scarica neuronale e intensità della risposta BOLD. Almeno in qualche condizione i segnali inibitori sinaptici potrebbero contribuire in maniera indipendente ad aumentare il segnale BOLD. 6.2 Risoluzione temporale del segnale BOLD La dinamica di risoluzione del segnale BOLD in una regione di attivazione è complesso, e diverse parti del processo possono portare diverse informazioni. Ciò è stato visto chiaramente nella corteccia visiva primaria, dove il timing dello stimolo può essere controllato precisamente. Nella corteccia visiva primaria e esiste una iniziale piccola diminuzione dell'intensità di segnale (il "dip" precoce) che evolve nel primo secondo seguente a uno stimolo. Esiste un progressivo aumento dell'intensità di segnale nei successivi 2-4 s. Per uno stimolo semplice che non causa abituazione fisiologica, il cambiamento di segnale è mantenuto a un livello relativamente costante per il periodo di 83

84 stimolazione. Dopo l'interruzione dello stimolo, il segnale BOLD diminuisce in pochi secondi sotto il livello iniziale ("undershoot"), per poi riequilibrarsi in qualche secondo. Infine, per uno stimolo breve, il tempo necessario dall'inizio alla ritorno alla linea di partenza potrebbe essere s. Le tecniche di imaging ottico permettono una misura più diretta dei cambiamenti del volume sanguigno e nelle proporzioni relative di emoglobina ossigenata e deossigenata, a partire dall'assorbimento dei relativi spettri. Secondo una specifica interpretazione fisiologica del segnale BOLD, il "dip" iniziale potrebbe essere dovuto a una rapida di ossigenazione del sangue capillare seguente il grande uso di ossigeno associato all'aumento dell'attività sinaptica. In seguito c'è un aumento del volume sanguigno nelle vene drenanti. Nei successivi 2-5 s di stimolazione c'è un aumento del flusso sanguigno (tipicamente dell'ordine del 50-70%). Dato che esso è proporzionalmente maggiore rispetto all'aumento di uso di ossigeno locale (solo 5-20%), il rapporto emoglobina ossigenata/deossigenata aumenta, causando un aumento dell'intensità di segnale nelle immagini gradient echo. Dopo che lo stimolo cessa, l'attività sinaptica diminuisce e sia il flusso sanguigno che il rapporto ossiemoglobina/deossiemoglobina diminuiscono al 84

85 livello basale. C'è un breve "undershoot" di segnale e sembra essere dovuto agli effetti di un aumento di lusso cerebrale più lento. 6.3 Risoluzione spaziale del segnale BOLD La risoluzione spaziale del segnale BOLD dipende in primo luogo dalla intrinseca risoluzione della metodica di imaging. L importanza maggiore, tuttavia, appartiene al fatto che la risposta emodinamica non è molto specifica dal punto di vista spaziale per quel che riguarda le aree di attivazione neocorticale (da cui la metafora che il cervello "annaffia tutto il giardino per la sete di un unico fiore"). Le variazioni di segnale dalle vene drenanti "sporcano" la risposta di attivazione. Dato che le vene drenano regioni relativamente grandi di corteccia, i cambiamenti dell'intensità di segnale possono essere spostati dal grande volume di attivazione. Nonostante ciò, è possibile distinguere l'attivazione in due zone corticali molto vicine grazie alla sottrazione delle immagini di attivazione generate con una stimolazione separata delle due singole zone. Se due aree corticali vicine afferiscono alle stesse vene, l'attivazione individuale di queste aree potrebbe dare lo stesso cambiamento di segnale venoso. Comunque, questa attivazione comune può essere discriminata grazie alla sottrazione di segnale di attivazione, attribuendo ad esse segnale positivo e negativo. 85

86 Un approccio alternativo per ottenere una alta risoluzione spaziale consiste nell'applicazione di campi magnetici di gran intensità in maniera tale da distinguere i "dip" precoci e due regioni vicine. 6.4 Esempio di protocollo fmri I disegni sperimentali usati in risonanza magnetica funzionale possono essere divisi in due tipi: Evento-relato ed Epoca-relato. L'evento-relato analizza le variazioni del segnale BOLD istantanee immediatamente successive a uno stimolo rapido prodotto dall'esterno. L'epoca-relato prevede la divisione del periodo di scansione in epoche, cioè in intervalli temporali prestabiliti di durata costante. Esse possono essere di "task", o attività, oppure di rest, o riposo. Durante elaborazione del segnale si potrà quindi confrontare il segnale BOLD ottenuto durante il task con quello del rest, per poter capire quali aree hanno determinato lo svolgimento di quel dato compito. Durante ogni epoca vengono fatte tante scansioni EPI di tutto encefalo quante sono le volte che il TR è contenuto nella sua durata. 86

87 Ecco un esmpio di protocollo con epoche di 20 s e TR di 4 s. 87

88 CAPITOLO 7 Obiettivo dello studio L'obiettivo di questo studio è rilevare, in pazienti affetti da malattia di Parkinson, l'alterata attivazione delle aree corticali deputate allo svolgimento di compiti motori e cognitivi. Per fare ciò sono stati somministrati a un gruppo di pazienti e un gruppo di controllo due task, uno motorio e uno visuospaziale, durante una scansione di risonanza magnetica funzionale. In questo modo è stato possibile evidenziare le alterazioni dei circuiti corticosottocorticali presenti nella malattia di Parkinson, rispetto ai soggetti sani, che sono alla base della fisiopatologia e delle manifestazioni cliniche tipiche della patologia. 88

89 Nome : Cognome :... CAPITOLO 8 Materiali e Metodi 8.1 Soggetti Sono stati analizzati un gruppo di pazienti affetti da morbo di Parkinson idiopatico e un gruppo di soggetti sani di controllo. Del primo gruppo facevano parte 11 pazienti, di cui 8 maschi e 3 femmine. L'età media era di 65 anni, con estremi di 59 e 75 anni. La durata media di malattia era di 3,8 anni, e comunque inferiore a cinque anni. 4 pazienti mostravano compromissione motoria principalmente lateralizzata a destra; 2 pazienti erano maggiormente compromessi a sinistra; 5 pazienti avevano una forma di patologia bilaterale. Tutti sono stati valutati tramite una cartella clinica riassuntiva redatta appositamente per lo studio. Dalla valutazione clinica emerge che lo stadio Hohen e Yahr dei pazienti era 2 ; il valor medio della scala Webster modificata era 8,5/42; il valor medio dell UPDRS era 20. Del gruppo di controllo facevano parte 6 soggetti sani omogenei per età, sesso, scolarità. Tutti, prima di sottoporsi all esame di Risonanza Magnetica, hanno firmato un modulo di consenso informato. 89

90 Data di nascita :.../. /.. Professione : Residenza :. Telefono : Test mancinismo :. destrimane/mancino Terni,./ / Anamnesi Ipertensione Cardiopatie Epatopatie Patologica Arteriosa BPCO Diabete Mellito Nefropatie Altro. Anamnesi Neurologica P.O.S. TIA / Ictus Ateroscelosi epiaortica Emorragia Cerebrale Mielopatie Mal. Demielinizzanti Altro... Anno di Esordio :. Caratteristiche della Sindrome Extrapiramidale Sintomatologia iniziale :... Diagnosi Clinica :.. Evoluzione dei sintomi Stabile Lentamente Progressiva Rapidamente Progressiva Esami strumentali TC Data. Esito. Data. 90 Esito RM Data.. Esito. Data.. Esito. altro Data. Esito. Terapia chirurgica: nessuna Pallidotomia altro Anamnesi farmacologica Farmaco Dose Posologia In uso oggi Sintomatologia attuale : Scala Webster Sintomo

91 Bradicinesia delle mani Destra Sinistra Rigidità Non presente Non rilevabile Rilevabile alla pronosupinazione Rilevabile al collo e spalle, focale e modesta Destra Sinistra Postura Normale Testa appena flessa in avanti Pendolarismo arti superiori Normale Diminuito in un braccio Destra Sinistra Andatura Normale Passo accorciato, lento cambio direzione Termore Assente lieve, rilevabile all indicenaso Destra Sinistra Mimica facciale Normale Rilevabile fissità Moderata Moderata Testa e braccia mediamente flessi Assente in un braccio Passi piccoli, talloni battuti a terra Severo ma non costante, controllo Modearata fissità Severa Severa Scimmiesca Assente nelle due braccia Piccoli passi striscianti, lentissimo giro Costante e severo Assente Seborrea Normale quantità e consistenza Aumentata perspiratio, fine Aumentata e grassa Marcata e grassa Parola Chiara, comprensibile Iniziale raucedine e minor risonanza Monotona, disartrica, esitante Difficile da sentire e capire Cura della persona Non deficitaria Piena ma rallentata Qualche aiuto richiesto,rallentata Non autosufficienza Punteggio totale.../42 Valutazione scala Hoehn e Yahr (1987, mod) 91

92 Stadio 1 Sintomi unilaterali, nessuna o lieve limitazione funzionale. Stadio 1,5 Sintomi unilaterali, associati a sintomi assiali (compromissione del tronco). Stadio 2 Sintomi bilaterali, nessun disturbo dell equilibrio. Stadio 2,5 Primi segnali di disturbo dei riflessi posturali: incertezza nel girarsi. Stadio 3 Sintomi bilaterali, disturbi posturali. Il paziente non riesce a mantenersi in equilibrio se, a gambe e occhi chiusi, riceve dei colpi. Limitata funzionalità, parziale capacità di lavorare. Il paziente non è più autonomo nella cura di se stesso e nello svolgimento delle normali attività quotidiane. L handicap è da debole a moderato. Stadio 4 Sintomatologia completamente sviluppata, con grave limitazione funzionale; il paziente non può né camminare né stare in piedi. L handicap è elevato. Stadio 5 Il paziente, senza aiuto, è costretto sulla sedia a rotelle o è allettato. 92

93 Farmaco Dose unitaria Posol Inizio Effetti collaterali (mg) Levodopa/Benserazide ipotensione Levodopa/Carbidopa ortostatica Melevodopa/Carbidopa confusione 0,5 1,0 0,05... Pergolide 0,25 Entacapone Levodopa/Carbidopa/ Lisuride , allucinazioni end of dose fasi off discinesie 1,00 vasospasmo 0,25... digitale 0,50 Ropinirolo 1,00 2,00 eritromilagia 5,00 fibrosi 0,18... Pramipexolo retroperitoneale 0,50 2,5... fibrosi Bromocriptina 5,0 10 polmonare Diidroergocriptina 5... variazioni 20 dell alvo Apomorfina fiala... stylo 1 Cabergolina 2... disendocrinopatie Tolcapone Entacapone Clozapina Olanzapina Quetiapina Biperidene 2... sedazione Triexifenidile 2... confusione Orfenadrina 40 in 2 ml fl... stipsi Bornaprina 4... ritenzione Metixene 5... urinaria difetti accomodazione 93

94 8.2 Acquisizione delle immagini Sono state effettuate scansioni EPI con TR di 3000 ms e con TE 50 ms, con un modello di risonanza a 1,5 Tesla del Servizio di Risonanza Magnetica Dipartimento Diagnostica per Immagini dell Azienda Ospedaliera S.Maria di Terni. Ogni TR costituisce una dinamica di acquisizione dell intero encefalo. Ogni epoca era costituita da 7 dinamiche, per un totale di 21 s. Ogni acquisizione EPI era preceduta da una scansione T1 per centrare le coordinate di Talairach sulla commissura anteriore 55 (in sezione sagittale sulla proiezione della linea bicomessurale), organizzata in matrici di 64x64. 94

95 8.3 Disegno sperimentale Il disegno consisteva in due task, uno motorio ed uno cognitivo. Ogni soggetto era dotato di una pulsantiera collegata con la consolle al di fuori della gabbia di Faraday, in modo che gli esaminatori potessero controllare l esecuzione dei vari compiti. Il comando di svolgimento dell'esercizio veniva comunicato al paziente tramite videoproiezione su telo bianco di scritte o immagini, visibili dal soggetto grazie a uno specchietto posto sui suoi occhi all'interno della macchina di risonanza. Tutti i pazienti ed i soggetti sani volontari sono stati preliminarmente istruiti circa 2 ore prima della performance, in modo da assicurare l esatta esecuzione del compito, evitando al tempo stesso l instaurarsi di un apprendimento che potesse falsare l attivazione delle aree corticali. Controindicazioni assolute alla partecipazione allo studio da parte dei pazienti erano la non capacità di eseguire i compiti e la presenza di tremori o discinesie che non permettessero la realizzazione tecnica delle scansioni. 95

96 8.3.1 Task motorio Il task motorio era costituito da tre compiti costituiti da movimenti delle dita di una mano, caratterizzati da difficoltà progressivamente crescente, da eseguire durante una scansione di risonanza magnetica funzionale. I comandi per esercizi motori erano: INDICE: pressione alternata ripetuta del pulsante sotto il dito indice; SCALA SEMPLICE: pressione in progressione di tutti e cinque tasti, partendo dal pollice e arrivando al mignolo; SCALA COMPLESSA: pressione in progressione dei cinque tasti nell'ordine dito. Il comando per il compito veniva proiettato per 3 s e poi scompariva, lasciando lo schermo bianco. Il soggetto doveva continuare il movimento fin a quando non comparisse un nuovo comando. Dopo ogni epoca di esercizio seguiva un epoca di riposo, segnalata dalla proiezione di RIPOSO. A quel punto il soggetto doveva fermarsi e rimanere immobile. La sequenza della scansione era divisa in quattro epoche di task per ogni esercizio, seguita ognuna da un'epoca di rest, per un totale di 8 epoche di 21 s ciascuna moltiplicate per 3 volte. La durata totale del task era di 21 x 8 x 3 = 504 s = 8 24 s, con l acquisizione di 168 dinamiche. 96

97 Esempio di disegno sperimentale del task motorio: le bande orizzontali grigie rappresentano le epoche di task, le bianche epoche di rest. I tre blocchi in diagonale rappresentano i tre compiti del task (INDICE, SCALA SEMPLICE, SCALA COMPLESSA) 97

98 8.3.2 Task visuospaziale Il task consisteva nel riconoscere alcune caratteristiche di immagini proiettate sul telo. Le immagini raffiguravano forme geometriche semplici o composte tra di loro a formare dei gruppi modulari. La modalità di presentazione delle immagini era duplice. Potevano essere proiettate serie di coppie di immagini tra di loro identiche o differenti per un piccolo particolare, oppure serie di immagini singole. L'esercizio consisteva nel premere un pulsante a piacere se venivano proiettate due immagini differenti o se veniva proiettata una singola immagine precedentemente concordata (nel caso specifico una croce fatta da quattro punte). Il pulsante va premuto solo quando sono proiettati gli esagoni L immagine concordata per la pressione del pulsante 98

99 Ogni immagine, sia singola per doppia, veniva proiettata per 3 s, quindi ogni serie di immagini costituiva un'epoca di 21 s. Venivano presentate 6 serie di immagini doppie alternate a 6 serie di immagini singole, per un totale di 21 x 2 x 6 = 252 s = 4 12 s, con l acquisizione di 84 dinamiche. Disegno sperimentale del task visuospaziale 99

100 8.4 Processazione dell immagine e analisi statistica Le immagini ottenute sono state analizzate usando il software dedicato SPM2 del University College of London 56. Tutte le scansioni sono state riallineate, corrette per limitare gli effetti del movimento, correlate con la T1 del soggetto ( coregistered ), normalizzate spazialmente su una matrice EPI e infine rifinite ( smoothed ) usando un kernel gaussiano isotropico basato su un vettore mm FWHM (Full-Width at Half-Maximum). I dati sono stati analizzati sulla base di un modello di risposta emodinamica, per correlare la variazione del segnale BOLD rilevata alla teorica dinamica del flusso sanguigno locale (hrf). 100

101 La risposta di attivazione così calcolata è stata analizzata con un t-test come variabile uni-variata voxel per voxel. Il risultato finale consisteva nel rapporto tra il segnale calcolato e il rumore di fondo rilevato nel voxel (β/βerr). Questo risultato è stato poi confrontato con quello ottenuto durante un epoca di rest o durante l epoca di un altro task. 101

102 Un esempio di attivazione cerebrale durante l esecuzione di un task motorio. 102

103 CAPITOLO 9 Risultati 9.1 Esecuzione dei task Tutti i pazienti ed i volontari sani hanno effettuato gli esercizi senza compiere errori. Durante l'esecuzione del task motorio la pressione dei pulsanti è avvenuta ad una frequenza liberamente scelta, che comunque è risultata essere molto omogenea: 1,1 ± 0,1 Hz. Occorre evidenziare che i pazienti hanno mostrato maggiore difficoltà nell esecuzione della scala semplice e ancor più della scala complessa, dato che tutti riferivano un certo grado di affaticamento, sebbene ciò non ne avesse influito sulla performance L esecuzione del task visuospaziale è stata caratterizzata da un ottimo rendimento, dato che il numero complessivo degli errori è statisticamente trascurabile rispetto al numero totale delle immagini dell esercizio. 103

104 9.2 Task motorio: INDICE Analisi inter-gruppo È rilevabile una maggiore attivazione della SMA caudale, della M1, dell'insula e dell'area 47 bilaterale, del caudato di sinistra, della corteccia cingolata media e posteriore, nell'area 40 di destra. Regione Coordinate (mm) T-score cluster size P X y Z SMA caudale , <0,001 M1 sinistra , <0,001 M1 destra , ,001 Insula sinistra , <0,001 Insula destra , <0,001 area 47 sinistra , ,004 area 47 destra , ,008 Caudato sinistro , ,01 area 40 destra , ,001 Giro cingolato posteriore , ,05 Giro cingolato medio , ,

105 9.2.2 Analisi intra-gruppo È possibile evidenziare dati simili a quelli sopra riportati. 105

106 9.3 Task motorio: SCALA SEMPLICE Analisi inter-gruppo È visibile una iperattivazione del cervelletto e della DLPFC destra, della SMA rostrale, della M1 e dell insula di sinistra, delle aree 46,7,40 bilaterali, del caudato e delle aere 11 e 37 di destra. Regione Coordinate (mm) T-score cluster size P X y z M1 sinistra , <0,001 SMA rostrale , <0,001 DLPFC destra , <0,001 area 7 sinistra , <0,001 area 7 destra , <0,001 area 40 sinistra , <0,001 area 40 destra , <0,001 area 37 destra , ,001 Cervelletto destro , <0,001 Insula sinistra <0,001 Giro cingolato anteriore , ,

107 9.3.2 Analisi intra-gruppo Oltre a dati simili ai sopra riportati, spicca un iperattivazione dello striato (Caudato e Putamen) bilaterale. 107

108 9.4 Task motorio: SCALA COMPLESSA Analisi inter-gruppo ed intra-gruppo Si osserva l iperattivazione di alcune delle aree del task precedente, con in particolare un coinvolgimento dello striato di destra. Regione Coordinate (mm) T-score cluster size P X y z M1 sinistra , ,001 SMA rostrale , <0,001 DLPFC destra , <0,001 Putamen destro , <0,001 Caudato destro , <0,001 Ippocampo destro , ,028 area 7 sinistra , ,002 area 7 destra , <0,001 area 40 sinistra , <0,001 area 40 destra , <0,001 area 37 destra , ,001 Cervelletto destro , ,

109 9.5 Confronto fra task: SCALA SEMPLICE VS INDICE Analisi inter-gruppo ed intra-gruppo Si rileva una iperattivazione dell'area 6 bilaterale, della SMA rostrale, dell'area 7 di sinistra, dell area 40 bilaterale, del caudato e della DLPFC di destra, mentre è risultata ipoattivata l'area 7 di destra. Regione Coordinate (mm) T-score cluster size p x Y z area 6 sinistra , <0,001 area 6 destra , <0,001 SMA rostrale , <0,001 DLPFC destra , ,006 caudato destro , ,01 area 7 sinistra , <0,001 area 40 sinistra , <0,001 area 40 destra , <0,

110 9.6 Confronto fra task: SCALA COMPLESSA VS INDICE Analisi inter-gruppo: In modo simile al confronto precedente, si osserva dell'area 6 e del caudato bilaterale, del putamen e DLPFC destri. Si evidenzia, inoltre, una attivazione più diffusa delle aree frontali e parietali Analisi intra-gruppo Si veda l analisi successiva 9.7 Confronto fra task: S. COMPLESSA VS S. SEMPLICE Analisi inter-gruppo Mentre nei soggetti sani questo paragone non evidenzia nessuna iperattivazione, nei pazienti è visibile un aumento dell'attività delle aree 20 e 37 di destra, dell'insula di sinistra, del giro cingolato posteriore. 110

111 9.7.2 Analisi intra-gruppo Si osserva, quando l esercizio è svolto con l emisoma sinistro, una spiccata iperattivazione dell'area 6 bilaterale, del caudato, della DLPFC, dell'area 7 e dell area 40 di sinistra, dell'insula bilaterale. Regione Coordinate (mm) T-score cluster size p x Y z area 6 sinistra , ,006 DLPFC destra , <0,001 DLPFC sinistra , <0,001 area 7 sinistra , <0,001 area 40 sinistra , <0,

112 9.8 Task visuospaziale Nei pazienti si può osservare maggiore attivazione delle aree 7, 19 e 37 di sinistra rispetto ai controlli. Allo stesso tempo si rileva una minore attivazione dell area 9 di sinistra e dell area 40 bilaterale. Pazienti > Controlli Controlli > Pazienti Regione Pazienti Controlli Coord. (mm) T-sc. cl-s. p Coord. (mm) T-sc. cl-s. p x y z x y z BA 9 sinistra , ,007 BA 40 destra , ,015 BA 40 sinistra , ,001 BA 7 sinistra , ,

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