Rassegna Stampa. Martedì 05 giugno 2012

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1 Rassegna Stampa Martedì 05 giugno 2012 Rassegna Stampa realizzata da SIFA Srl Servizi Integrati Finalizzati alle Aziende Milano Via Mameli, 11 Tel Fax

2 Rassegna del 05 giugno 2012 SANITÀ LOMBARDIA Il Giornale Di Brescia 50 RISPETTIAMO GLI ANZIANI E I LORO SPAZI DI VITA Marco Trabucchi 3 Bresciaoggi 24 INFORTUNI STRADALI, UNO STAGE INTENSIVO PER LE POLIZIE LOCALI L.r. 4 RICERCA SANITARIA Laboratorio , 5 ALZHEIMER: NUOVE SCOPERTE Paola Ponzo 5 La Repubblica 43 SMETTERE DI FUMARE PIÙ IMPORTANTE CHE INGRASSARE Eugenio Del Toma 10 Il Giornale Di Brescia 49 FARMACI SPECIALIZZATI PER TENER "SOTTO SCACCO" LA MALATTIA 11

3 Rispettiamo gli anziani e i loro spazi di vita di Marco Trabucchi Recentemente ho ascoltato la sofferenza di una persona anziana alla quale è stato telefonicamente venduto un contratto per un certo servizio. Sono rimasto molto colpito dalla reazione disperata della signora; per questo ho deciso di scriverne nella nostra rubrica. Da un lato per rassicurare chi si è sentito quasi violentato da queste telefonate, dall'altra perché spero che i responsabili delle aziende che organizzano le campagne telefoniche pensino ai danni che possono arrecare alle persone anziane fragili. Spesso infatti si sfrutta una naturale disponibilità all'ascolto e, in certi casi, anche una riduzione delle capacità cognitive. La signora che si è rivolta a me per narrare la sua angoscia ha 85 anni e vive sola; ha ricevuto una telefonata da parte di "una persona molto gentile e paziente" che l'haconvintaa sottoscrivere un contratto con un'azienda di servizi. Dopo qualche giorno è arrivata a casa una lettera con l'invito ad accettare con la formula del silenzio assenso (cioè se non veniva mandata una raccomandata per cancellare l'accordo, questo entrava in vigore). La signora a quel punto è stata colpita da grande angoscia, nel timore di avere compiuto un atto che l'avrebbe danneggiata. Mi ha riferito che di notte non riusciva a prendere sonno e che anche nella giornata il problemaoccupava completamente la sua testa, suscitando uno stato di ansia che non riusciva a calmare. Al telefono con me ha pianto, incolpandosi di aver fatto un "atto stupido e superficiale" e temendo gravi conseguenze economiche e per l'organizzazione dellasua vite; aveva paura di tutto, per cui anche lo squillo del telefono provocava una grande angoscia. La regola generale è rispondere sempre negativamente alle telefonate che propongono la vendita di qualche cosa o l'impegno a sottoscrivere qualsiasi accordo; non è scortesia, ma solo difesa da un mondo che non ci rispetta, perché forza la nostra volontà con tecniche di comunicazione particolarmente insidiose. Inoltre, se per caso non fossimo in grado di resistere, si deve raccontare subito il fatto ad un parente,sgravandoci del peso. Se non disponiamo di una persona di fiducia, rivolgersi a polizia, carabinieri o vigili urbani, chiedendo loro di essere aiutati. SANITÀ LOMBARDIA Pag. 3

4 OUP0D1P0NTE» Nella «CittàdGllaCultura» ^#A wtliai jjllil. CJwmjLCJliM^ In aula una cniarantina di affanti 1 * 1 Y T * * 1 * 11" fìl flll^ I Tìl ATÌl fiql BATTÌI 1TÌ1 \7^ì ili CTI Sì Ti O cu une unioni nei comuni vdjugiane [corso si tiene neisacittàdessacuitura Sono una quarantina gli agenti in servizio nelle polizie locale della Valcamonica che domani concluderanno, a Capodiponte, il corso di formazione teorico-pratico sull'infortunistica stradale curato dell'associazione polizia locale della provincia in collaborazione con l'unione dei comuni della media Valcamonica «Civiltà delle pietre». Tre gli incontri previsti Nella «CittàdellaCultura» e guidati da Carlalberto Presicci, affiancato da Marco Stefani, comandante della polizia locale dell'unione dei comuni, e da Silvestro Boncinelli, pari grado nell'unione «Antichi borghi di Valcamonica». Lo stage, dicevamo, si chiuderà domani, e il relatore sarà Marco Agnelli, agente della pòlizialocaledidesenzanoedocente per l'istituto regionale di formazione Eupolis. Una annotazione sul tema: i dati 2010 dell'istat che riguardano il Bresciano parlano di incidenti stradali con 82 morti e feriti, e sottolineano che il 70% dei rilievi sono stati effettuati dalla polizia locale. E secondo la Prefettura toccherà ora a questi corpi gestire i sinistri che avvengono sulle reti viabilistiche comunali. #LRAN. RIPRODUZIONE RISERVATA SANITÀ LOMBARDIA Pag. 4

5 diagnosi e terapia Alzheimer: nuove scoperte Paola Ponzo* 'Dottore <n Biologia, Specialista <n Biologia Molecolare È una patologia che colpisce la memoria e altre funzioni cognitive, altera le normali attività della persona in seguito aunostatodiconfusio determina cambiament di umore e disorientamento spaziale e temporale. L'insieme di studi di genetica e di farmacogenetica sta contribuendo a identificare non solo le cause, ma anche ricercare terapie che potrebbero arrestare o migliorare le condizioni sintomatologiche dei pazienti Non e^wieiwnente una malattia ereditaria. Avere newcrpria famiglia alcuni malati di Alzheimer rfli significa essere destinati ad ammalarsi, perché nella maggioranza dei casi non vi è un'origine genetica, Il fatto è che si tratta di una malattia comune tra gli anziani e non è quindi infrequente che colpisca due 0 più persone nella stessa famiglia. Anche se dobbiamo dire che dati scientifici hanno dimostrato che in un numero estremamente limitato di famiglie (alcune decine in tutto il mondo) la malattia di Alzheimer si presenta col carattere di malattia genetica dominante. 1 membri di tali famiglie possono ereditare da uno dei genitori la parte di DNA che causa la malattia. Mediamente, la metà dei figli di un genitore malato erediterà la malattia, che in questo caso avrà un esordio relativamente precoce: tra i 35 e i 60 anni. Si può fare una prima importante distinzione f-a le forme di Alzheimer sporadiche e quelle familiari. Le forme sporadiche sono la maggioranza (circa il 75%): sporadico significa che la malattia colpisce un solo membro di una famiglia. Nelle forme familiari (il restante 25% dei casi) più persone sono invece colpite nella stessa famiglia. Le forme familiari si possono a loro volta suddividere in: - Formo tardiva familiare (AD2): si diagnostica questa forma nelle famiglie con più casi di malattia che si manifestano dopo I 65 anni. - rormeprecoa familiari (ADI, AD3, AD4): si diagnosticano queste forme nelle famiglie con più casi della malattia che si manifestano prima dei 65 anni. I sottotipi (AD, AD2, AD3) si possono distinguere solo con un test genetico. Informazioni importanti sono arrivati dallo studio delle forme familiari di Alzheimer, per le quali sono state identificati alcuni geni che se mutati possono causare la malattia: - Il gene della proteina amiloide (APP), localizzato nel cromosoma 21 risulta alterato nella forma ADI. Le mutazioni dellapp sono rare (solo crea 20 famiglie finora identificate nel mondo) e causano una malattia a esordio precoce (35-50 anni). - Ilgene dellapresenilina I (PSEN1 ) localizzato nel cromosoma 14, risulta alterato nella forma AD3. In particolare oltre 50 diverse mutazioni di questo gene sono state finora identificate in pazienti con forme familiari a esordio precoce. Queste mutazioni rappresentano la causa più comune di origine genetica della malattia di Alzheimer familiare a esordio precoce (28-60 anni). Le preseniline sono proteine che hanno la funzione di tagliare la proteina amiloide, per questo un'ipotesi è che il loro alterato funzionamento potrebbe portare all'accumulo di proteina amiloide. - Ilgenedel!apresenilina2 (PSEN2) localizzato Fig. 1 - Localizzazione del gene ApoE sul cromosoma 19. Il gene dell'apoe è localizzato In posizione 19q nel cromosoma 1, risulta alterato nella torma AD4. Fino a oggi solo 3 mutazioni sono state identificate in pazienti appartenenti a famiglie americane originarie dell'europa del est e in una famiglia italiana del nord-est. In queste famiglie l'età di esordio può essere precoce (30 anni) ma anche molto tardiva (oltre 80). Di recente, sia per le forme familiari che per quelle sporadiche, accanto all'esame clinico, che resta fondamentale, è stato introdotto anche un esame genetico per un par ticolare allele, l'allele 4, del gene della ApolipoproteinaE iapot). LApoE è nota perché é una proteina che può influenzare questo rischio. Il gene deliapoe è localizzato sul cromosoma 19 ed è responsabile della produzione della proteina ApoE (fig. 1 2). LApoE è una proteina plasmato coinvolta nel trasporto del colesterolo, che si lega alla proteina amiloide e della quale esistono tre forme, le tre isoterme dell'apoe sono: Apo F2, Ano F3, Apo E4, che sono il risultato di una singola mutazione negli amminoacidi 112 e 158 della proteina. Questo polimorfismo porta alla presenza di vari genotipi diversamente coinvolti nell'insorgenza della malattia. È ormai certo che esistono due forme principali della malattia Pi Alzheimer: una forma sporadica che colpisce un solo membro della famiglia, unaformafamiliare ci le colpisce più sogyetli. RICERCA SANITARIA Pag. 5

6 L'alido E4 dell'apoe è il maggior gene di suscettibilità per questa malattia sia per la forma sporadica che per la forma familiare (fig. 2-3). Diversi studi hanno mostrato che I'allele4 (F* 1 ) è più frequente nelle persone affette da Alzheimer rispetto a quelle sane; la presenza del genotipo F4 determinerebbe uri aumento di circa tre volte il rischio di sviluppare la malattia nelle forme a esordio tardivo, familiari e sporadiche. Il genotipo ApoE2 avrebbe invece un effetto protervo nei confronti della malattia. La qenotipizzazionc dell'apoe fornisce un dato solamente indicativo e non basta da solo a elaborare la diagnosi: infatti, quasi la metà delle persone affette non possiede questo allele, che d'altra parte può essere presente anche in una piccola percentuale di persone sane. Come viene diagnosticato? Non esiste un test semplice per diagnosticare questa malattia. È importante che la persona con sintomi di deterioramento yiave della memoria sia sottoposta a un completo accertamento medie o per: ^t.-ibilire una diagnosi accurata e individuare altre possibili cause di demenza eventualmente trattabili. La prima cosa da fare è l'anamnesi e visita medica. Il malato sarà probabilmente sottoposto a una visita neurapsicologica, per salutare eventuali problemi di memoria, linguaggio, attenzione. Spesso viene impiegato un esame chiamato Mini-Mental State Examination (MMSE). È opportuno far eseguire una serie d'indagini di laboratorio per escludere l'esistenza di altre malattie che poliebbero spiegale la demenza, o di malattie che potrebbero aggravare un preesistente malattia di Alzheimer. Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi strumenti per osservare l'encefalo, ( ire permettono di fornire immagini del cervello in vivo, rivelando eventuali differenze tra il cervello delle persone sane e quello dei malati di Alzheimer (fig. 4). Questi strumenti permettono di esaminare in modo indolore e innocuo il cervello di una persona in vita. Per quanto non garantiscano una diagnosi certa di malattia di Alzheimer, queste lec niche permettono di dare maggior peso a una diaqnosi di possibile o probabile malattia. A questo punto i modi possibili di diagnosticare l'alzheimer sono tre: - Malattia possibile: una diaqnosi di possìbile malattia è basata sull'osservazione di sintomi dinlciesul deterioramento di due o più funzioni cognitive (per es, memoria, linguaggio o pensiero) in presenza di una seconda malattia che non è considerata la causa della demenza, ma che rende comunque la diagnosi di questa malattìa meno sicura. -Malattiaprobabile: la diagnosi si qualifica come probabile sulla base degli stessi concetti detti sopra, ma in assenza di una seconda malattia. - Malattia certa: l'identificazione delle caratteristiche placche senili e dei gomitoli neun i-fibrillari nel cervello è l'unico modo sicuro per confermare con certezza la diagnosi. Per questa ragione può essere formulata soltanto mediante biopsia del cervello, o dopo che è stata effettuata un'autopsia. Terapie farmacologiche Allo stato delle conoscenze attuali non esiste una terapia farmacologia dell'alzheimer in grado di rimuoverlo, ma soltanto farmaci "sintomatici" ovvero finalizzati all'attenuazione delle manifestazioni cliniche della malattia o in grado di prevenire o guarire Esistono dei farmaci che possono aiutare ad alleviare certi sintomi classici dei pazienti affetti da questa patologia, come: l'agitazione, l'ansia, la depressione, le allucinazioni, la confusione e insonnia Purtroppo, questi farmaci tendono a essere efficaci solo per un numero limitato di pazienti e per un periodo limitato nel tempo, e possono causare effetti collaterali indesiderati. Normalmente si consiglia di limitare l'uso di tali farmaci ai casi di reale necessità. Molto spesso nei malati di Alzheimer si riscontrano livelli ridotti di acetilcolina, un neurotrasmettitore che gioca un ruolo nei processi di memoria. Recentemente sono stati introdotti dei farmaci inibitori della colinesterasi, ovvero l'enzima che distrugge l'acetilc olina, sostanza carente nei soggetti affetti da Alzheimer. I risultati sono confortanti sebbene consistenti in un rallentamento della progressione della RICERCA SANITARIA Pag. 6

7 Q diagnosi e terapia terapia. Si tratta in questo caso di farmaci che migliorano la memoria e la concentrazione in alcuni pazienti. Inoltre, studi in letteratura dimostrano che in alcuni pazienti si è osservato che questi hanno la capacità di rallentare temporaneamente la progressione dei sintomi. Al contrario non esiste nessuna dimostrazione che questifermacifermino o facciano regredire il processo di deterioramento cellulare. Inibitori del l'aceti ko linesterasi Fra i farmaci inibitori dell'acetilcolìnesterasi (donepezil.qalantamlna, rivastigmina) sono indicati nella malattia di Alzheimer in fase lieve e moderata. Il presupposto teorico del loro impiego risiede nel riscontro nella malattia di una carenza cerebrale della sostanza chimica acetilcolina, importante per la memoria e il pensiero. L'acetilcolma invia messaggi da una cellula nervosa a un altra e, dopo aver terminato il suo compito, viene distrutta dall'enzima acetilcolinesterasi in modo che non si accumuli tra le cellule. Gli inibitoli riell'acetilcolinesterasi, sostanze che bloccano l'attività dell'acetilcolìnesterasi, mantengono la disponibilità cerebrale di acetilcolina e possono compensare, ma non arrestare, la distruzione dellecellule provocata dalla malattia.tra i principali effetti collaterali vi sono la nausea e il rallentamento della frequenza cardiaca, motivo per cui si rendono necessari periodici controlli elettrocardiografici. Purtroppo, va ricordato che non tutti i pazienti rispondono a questa terapia e non si sa in anticipo quali siano. La pubblicazione sulla rivista scientifica"lancet''nel giugno 2004 dello studio AD 2000, finanziato dal Servizio sanitario britannico, ha innescato un dibattito sull'utilità clinica di questi farmaci per la terapia della malattia che è proseguito in varie realtà europee soprattutto per quanto riguarda il rapporto costo/beneficio. La maggioranza della letteratura pubblicata concorda sui benefici della terapia che, anche se modesti, rappresentano la prima concreta speranza per i malati. tsjtransfected cells Transfecteri cells Monoclonal ariti apoe N-terminall KlSupernatant lìlsupernalan Pelle! I Pellet o Pellet - Polycional Anti-apoE ( ) anti-apoe (C terminal) -30 M l ^ ^ w *&#*W *<p**w Polycional Anti apoe ( ) Anli-p tao anti-apoe (C-terminal) (AT8) Fig. 3 - Forme ApoE che si accumulano nel cervello di soggetti affetti da Malattia di Alzheimer, (a e b) Immunostaining: Sezioni di un cervello con malattia di Alzheimer con anti-amino-terminal apoe (a) o terminazioni carbossil-terminali dell'apoe (b). (e e d) Immunofluorescenza: doppia colorazione delle sezioni di cervello con malattia di Alzheimer con anti-p-tau (rosso) e anti amino terminale apoe (verde) (e) o anti-ptau (rosso) e anti carbossil terminale apoe (verde) (d). ( ed f ) Cellule neuro-2a che esprimono apoe3 o apoe4 sono state incubate con o senza Ab l -42 sintetici ( 10 mm) per 24 ore a 37 C. Dopo l'incubazione, i lisati cellulari sono stati immunoprecipitati con soluzioni monocolturali policlonali anti-apoe e le reazioni sono state evidenziate con anticorpi policlonali anti apoe (e) e monoclonali anti-apoe (6 C 5) (f ) chericonosconoi primi 15 amminoacidi di amminoterminale della apoe. (g-k) sono stati omogenizzati tessuti cerebrali di due individui normali non affetti da malattia di Alzheimer (NI e N2) e di tre pazienti affetti da malattia di Alzheimer (ADI AD2 e AD3). I surnatanti (g e h) e i pellet (i-k) sono stati sottoposti a SDS PAGE e analizzati con Western-blot trattati con anticorpi policlonali contro apoe (g e io), ovvero contro l'estremità carbossilica (aminoacidi ) dell'apoe (h e j) e del p-tau (AT8) (k). E Std, apoe standard (proteina 200 ng). (Ingrandimenti originali: a e b, 3200; e e d, 3600). Da Yadong Huang et al ; PNAS, July 17,2001, voi ). Memantina La memantina agisce compensando gli effetti tossici derivati dall'eccessiva eccitazione delle cellule nervose causata dal glutammato: esso ha un ruolo essenziale dell'apprendimento e nella memoria, ma il suo eccesso produce una quantità abnorme di calcio nelle cellule nervose provocandone la mone. La memantina può proteggere le cellule da questo eccesso. Si ritiene che il farmaco abbia un duplice effetto: sintomatico, migliorando in alcuni casi i sintomi cognitivi, comportamentali, e neuroprotettivo. È il primo di una nuova classe di tarmaci proposti per il trattamento della malattia di Alzheimer. Si tratta di un antagonista non competitivo del recettore per l'n-metil-d-aspartato (NMDA), il recettore che viene attivato dal glutammato, il principale neurotrasmettitore eccitatorio a livello di corteccia cerebrale e ippocampo, le regioni cognitive e della memoria. Nei soggetti affetti da demenza, la perdita di neuroni corticali sembra essere correlata a un'aumentata sensibilità o ad aumentati livelli di glutammato. Questo determina un flusso continuo di calcio all'interno dei neuroni, responsabile alla fine della morte delle cellule (fenomeno definito RICERCA SANITARIA Pag. 7

8 eccitotossicità). In questi pazienti, la memantina eserciterebbe la sua azione bloccando gli effetti di livelli patologicamente elevati di glutammato, comprese le alterazioni della funzionalità neuronale. Questo spiegherebbe l'apparente contraddizione insita nel suo meccanismo d'azione: mentre nei soggetti sani l'antagonismo nei confronti del recettore per NMDA può inibire l'apprendimento e la memoria a lungo terinirle,ilei pazienti affe' l'ir 1.1 det ileii/a Il farmaco contrasta la sovrastimolazione glutaminergica che danneggia i neuroni. Dopo somministrazione di una dose orale, la memantina viene pressoché completamente assorbita, con una biodisponibilità che si avvicina al 100%. Raggiunge il picco di concentrazione plosmatica 3 7 ore dopo l'assunzione. La maggior parte del farmaco viene escreta immodificata con le urine: la rimanente parte viene convertita In metaboliti inattivi. Farmaco antitumorale contro l'alzheimer Ultimima scoperta che ha rivoluzionato e scosso positivamente il mondo scientifico è stato l'articolo pubblicato sulla rivista Science dal un gruppo di ricercatori della Case Western Reserve University School of Medicine (Cleveland, Ohio) che un farmaco antitumorale, il bexarotene, approvato una decina di anni fa dall'agenzia statunitense per la sicurezza alimentare e dei farmaci (FDA), sembra favorire l'eliminazione delle placche amiloidi nei topi, placche che normalmente causano la malattia di Alzheimer. La ricerca comincia nel 2008, a opera di Gary Landreth, il quale scopri che il principale trasportatore del colesterolo nel cervello è l'apoc la quale, sappiamo oggi facilitava l'eliminazione delle proteine beta amiloidi. Da allora il ricercatore ha cercato di individuare un modo per migliorare l'espressione di questa proteina. Ora Landreth e il suo gruppo di ricerca lo hanno trovato, almeno nei topi. Infatti, in questi animali, secondo quanto ripoitdto nello studio, il bexarotene stimola i recettori retionoidi X che controllano quanta ApoE viene prodotta. L'aumento di questa proteina nel cervello, a sua volta, velocizza l'eliminazione delle betarniloidi. In realta è stata la rapidità di risposta al farmaco a sorprendere i ricercatori: a sei ore dalla somministrazione del farmaco, i livelli delle forme solubili di amiloidi (ritenute responsabil del deficit di memoria in umani e animali colpiti dalla malattia) erano diminuiti del 25%, con un effetto dutatotre giorni. I ricercatori hanno osservato inoltre un netto miglioramento di un ampio gruppo di comportamenti in tre diversi modelli animali di Alzheimer presi in esame, per esempio quello che coinvolge l'istinto dei topi a costruirsi una tana. Difatti le osservazioni sono state le seguenti: prima del trattamento, quando un animale malato incontrava materiale utile per fare la tana, in questo caso fazzoletti di carta, non mostrava alcuna reazione, come se avesse perso la capacità di associare i fazzoletti con la possibilità di crearsi un rifugio. Ma ad appena 72 ore dalla somministrazione del farmaco, i topi cominciavano a usare la carta per costruirsi un riparo. Inoltre, anche la loro capacita di sentire e rispondere agli odori era notevolmente aumentata. Daniel Wesso, coautore dello studio e assistente alla cattedra di neuroscienze della Case Western Reserve spiega che «uno dei problemi principali dell'alzheimer è la sua capacità di compromettere un grande numero di funzioni, anche se tutti si concentrano solo su memoria e apprendimento. I risultati di questo studio, mostrando la conservazione di un vasto spettro di comportamenti, sono quindi tremendamente eccitanti». Oltre ai livelli delle forme solubili, il farmaco sembra riuscire a intaccare anche i depositi di amiloidi, quelli che vanno a formare le placche tipiche della malattia. I ricercatori hanno scoperto che, sempie dopo 72 ore, più della metà delle placche venivano eliminate e che la riduzione totale raggiungeva il 75%. Questa molecola infatti sembra riprogrammare le cellule immunitarie del cervello a mangiare depositi di amiloidi «Finora il migliore trattamento possibile per l'alzheimer nei topi impiegava mesi a ridurre RICERCA SANITARIA Pag. 8

9 B diagnosi e terapia Fig. 4 - Alterazioni anatofisiologichetra un cervello normale (dx) e un cervello affetto da Malattia di Alzheimer (sx). le placche presenti nel cervello» ricorda Paige Cramer, prima firma dello studio. Emozionato ma con i piedi per terra è, invece, Landreth «il farmaco per quanto ne sappiamo ora lavora abbastanza bene nei modelli murim della malattia. Il nostro prossimo obiettivo è capire se funziona in maniera simile anche in pazienti umani. Siamo solo al primo stadio di trasformazione per poter fare di questa ricerca di base un vero trattamento». A velocizzare questo processo potrebbe contribuire il buon profilo dal punto di vista della sicurezza e degli effetti collaterali del bexarotene. In conclusione, questi studi dimostrano che ancora ci sono molte ricerche da condurre per rivoluzionare il mondo dei malati di Alzheimer ma, come mostrano questi lavori su la mappatura genomica e l'utilizzo di farmaci antitumorali, che indicano che ci stiamo sempre più avvicinando verso la cura della malattia. Ricerche e le novità scientifiche Sebbene non sia disponibile a tutt'oggi alcun trattamento specifico per questa malattia, sono in corso numerose sperimentazioni, allo scopo di individuare nuovi farmaci, possibili cause, fattori protettivi e di rischio. Nel 2003 vi è stato un importante annuncio scientifico, pubblicato sulla rivista "Nature": ricercatori francesi e americani hanno completato la decifrazione del cromosoma umano numero 14, su cui risiedono geni che, se alterati, sono responsabili di circa 60 malattie. Questo studio è continuato con la nascita dell'intemational Genomics of Alzheimer's Project (IGAP) formato da un gruppo di ricercatori provenienti da diversi Paesi, inclusi ricercatori italiani. Le indagini importanti che possono aprire gli orizzonti nella cura dell'alzheimer sono quelli relativi alla mappatura dei geni implicati in questa patologia. I geni principalmente implicat in questa patologia sono quattro. Vi è PS1, coinvolto in una forma precoce della malattia (35-60 anni), che incide per il 3-5% sul totale dei casi. Fattori ambientali, genetici e socio-culturali aumentano il rischio, ma non ne è stato ancora chiarito il "peso" Sono stati identificati 4 geni che, se difettosi, possono aumentare il rischio di ammalarsi.tredi questi sono alterati solo nelle forme familiari, ereditarie della malattia: sono i geni presenilina 1 e 2 (PS1 e PS2) che si trovano rispettivamente nei cromosomi 14 e 1. Le mutazioni della PS1 sono ia causa più frequente dell'alzheimer ereditaria a esordio presenile. Le mutazioni del gene PS2 sono molto rare. Il terzo gene, le cui alterazioni possono determinare l'alzheimer familiare, è quello che codifica la sintesi della proteina APR molto importante poiché un suo frammento, la B-amiloide, forma le placche di amiloide che si depositano nel tessuto cerebrale dei malati. Alterando la trasmissione nervosa e facendo soffrire lentamente le cellule. Anche le mutazioni dell'app sono molto rare. Il quarto gene, quello della proteina ApoE (apolipoproteina E) è implicato in maniera assai diversa dai precedenti nel rischio di contrarre la malattia. Ci sono varie forme di questo gene, delle quali una, chiamata epsilon-4, è più frequente nei malati, anche se può essere presente in soggetti assolutamente normali. Si ritiene che le persone con questo tipo di apolipoproteina E siano più suscettibili di ammalarsi, o forse si ammalino più facilmente se in presenza di altri, ancora non conosciuti, fattori che possono causare questa malattia. Lo studio dei geni PS1, PS2 e APP può avere un'importante valore nelle forme ereditarie, trasmesse di generazione in generazione, anche in termini di conferma diagnostica. Non è invece in alcun modo utilizzabile lo studio del gene ApoE nella diagnosi della malattia di Alzheimer sporadica. Per raggiungere l'obiettivo della identificazione dei probabili geni coinvolti nello sviluppo della malattia, e quindi ipoteticamente debellare questa patologia, IGAP lavorerà per identificare tutti i geni che contribuiscono a determinare il rischio di sviluppare questa malattia, I ricercatori di IGAP avranno accesso all'insieme dei dati genetici provenienti da un grandissimo numero di soggetti con malattia di Alzheimer e potranno confrontarli con i dati genetici di un numero ugualmente ampio di anziani che non hanno questa malattia. Nella fase iniziale del lavoro saranno confrontati, oltre persone con l'alzheimer e circa soggetti anziani sani. Con il proseguire dello studio, saranno inserite altre persone con l'alzheimer e anziani sani. bibliografia Laske C, Sopova K, itellos K. Piatele! Activation n Alzheimer's Disease: FrornPathaphysiologytoClinical Value CurrVascPharmacol Feb 15, -Nomura Uakcdii H, KaloN. Irilraneurorally Injected Amyloid Beta Inhibits Long- T erm Potentiation In Rat I lippocampal Slires. I Neuropliysiol 2012 Feb De la Monte SM. Tnangulated Mal Signaling in Alzheimer s Disease: Roles of Neurotoxic Ceramides, ER Stress, and Insulin Resistance Reviewed. J Alzheimer Div 2012 Feb Mold M, Shrive AK, Exley C Serum Amyloid P Companent Accelerates the t-ormation andfcnhances the Stability of Amyloid Fibri's in a Phvsiologically Sgnifionl Under-baturated 5olutionof Amyloid-(J42. J Alzheimer Dis Teb15. - Leon G, Defellpe J, Munoz A. Efferrs of Amyloid p Plaque Proximity on the Axon Inltlal Segment of Pyramidal Cells J Alzneimers Dis Feb Birks J. Cholinesterase inhihitor^ fot Abheimer's disease. the Cochrane Database of Syslemalk. Reviewi 2006, Issue 1. Art. No.. CD0O5593. DOI: / CD , I :l i,.,. RICERCA SANITARIA Pag. 9

10 a svifmwf.a on spetta a me parlare di nicotina e tabagismo ma per coerenza con le nozioni di base, ovvero che lo stato di salute è condizionato dallo stile di vita, vorrei plaudire all'iniziativa della giornata anti-tabacco che mette in guardia sui molti, moltissimi pericoli del fumo di sigaretta, ancora troppo diffuso tra i giovani. È incoerente rivolgersi al nutrizionista per presunti o veri errori dietetici e poi perseverare nell'autodistruttivo vizio del fumo, forse ancora più EUGENIO DELTOMA imputabile dell'obesità nella gerarchia degli errori inutili e forieri di prevedibili danni. La cambiale contratta dai fumatori non è meno pericolosa di quella nutrizionale siglata dagli obesi sedentari. C'è un dettaglio, però, tutt'altro che trascurabile. Molti sanno, e la stessa Organizzazione mondiale della Sanità lo ha confermato, che abbandonare il pacchetto di sigarette giornaliero, restando ferme le abitudini alimentari, si traduce in un aumento di circa 5-7 kg del peso SMETTERE DI FUMARE PIÙ IMPORTANTE CHE INGRASSARE corporeo nell'anno successivo. Questa prospettiva è assai temuta dagli ex fumatori, già infastiditi dall'impegno di astenersi dal fumo e preoccupati di cadere dalla padella nella brace con un ulteriore sovraccarico del peso. Ma è bene parlarne, in modo che, insieme alla risoluzione di buttare le sigarette, si prenda anche quella di ridurre tutte le porzioni abituali, a tavola o fuori pasto, di un modesto 10-20%. Potrebbe essere il momento buono per rinunciare a pranzo a un bicchiere di vino (ne basta uno a cena) o a un cosiddetto digestivo, oppure si potrebbe ridurre l'olio per il condimento delle verdure compensando con dell'aceto balsamico. Insomma, ognuno taglierà qualcosa di meno gradito o sostituirà ogni tanto un buon formaggio stagionato (vera miniera calorica, al pari del cioccolato) con una ricotta, o dei ravioli ripieni con una semplice pasta al pomodoro e basilico. edeltoma@gmail. com 3 RIPRODUZIONE RISERVATA Pag. 10

11 ncoeogaa/1 marmaci personalizzati per tener «sotto scacco» la malattia &S9 SLÌS $ & sl SLSJSÌ $U io? SS «L* SS 9 SÌ&9S1&S%S&9SKK 8US^ &J?K &J?5M K%JS«SS&JS» sls> iol K 9!«S ^SKSS%ÌSBS&0 Tenere il cancro «sotto scacco» con terapie sempre più personalizzate, in grado di agire in modo specifico sul singolo paziente, fermando la progressione delle cellule tumorali e rendendo possibile la convivenza con la malattia per lunghi, o anche lunghissimi, periodi. È questa la pròspettiva aperta dai cosiddetti farmaci biologici o a bersaglio molecolare: terapie sulle quali oggi si punta in modo sempre maggiore a livello mondiale e per il cui uso l'italia sta diventando Paese di riferimento e addirittura di «immigrazione». Proprio su questa categoria di farmaci innovativi sono puntati i riflettori del congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), il maggior appuntamento del settore con la partecipazione di circa 30 mila esperti. Aspiegare laportatadi questi farmaci di frontiera è Carmelo Pozzo, oncologo dell'università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma, il cui dipartimento ha collaborato a diversi studi sulle terapie a bersaglio molecolare presentati ali'asco e sta sperimentando nuove molecole di farmaci biologici per varie neoplasie: «Queste molecole - chiarisce - vanno a colpire ed interrompere particolari meccanismi alla base della diffusione delle celluletumoralimacolpiscono, appunto, solo determinati enzimi coinvolti nella cancerogenesi, senza danneggiare le cellule sane. Non sono prodotti di sintesi chimica ma derivano da anticorpi umanizzati di origine murina: da qui la denominazione di farmaci biologici». L'aspetto fondamentale, sottolinea, è che «grazie all'esame di particolari marcatori, ovvero sostanze biologiche correlate alla presenza di una neoplasia, possiamo oggi sapere se un particolare farmaco biologico sarà o meno efficace per quel particolare paziente. Questi farmaci hanno dunque dato il via alla frontiera delle terapie personalizzate su misura del paziente». Notevoli i vantaggi, in vari casi, rispetto alla chemioterapia: «Si evitano effetti tossici, aumenta la sopravvivenza e si riduce la massa tumorale, con una stabilizzazione della malattia». Queste molecole, precisa l'esperto, «pur non essendo comunque in grado di guarire il paziente, riescono però a tenere il tumore sotto controllo, cronicizzandolo». Ad oggi, sottolinea l'oncologo, farmaci biologici sono già presenti per vari tipi di tumore, dal polmone al seno, e nel caso del cancro al colon hanno ad esempio portato ad una sopravvivenza media di sette anni contro i due anni di solo un decennio fa. C'è però un problema emergente, ovvero l'elevato costo di queste nuove molecole. Nonostante ciò, però, afferma Pozzo, «in Italia il sistema funziona bene e garantisce l'accesso ai nuovi farmaci di frontiera: i pazienti con indicazioni adatte, infatti, vengono iscritti in un apposito registro della Agenzia italiana del farmaco, che autorizza la richiesta del medicinale. Se però esso non ha effetto sul paziente che lo ha richiesto, spiega l'esperto, la pratica viene chiusa e l'azienda farmaceutica produttrice del farmaco in questione ne rimborsa il costo al servizio sanitario nazionale, secondo un sistema di «payment by result». Per l'utilizzo dei farmaci a bersaglio molecolare, dunque, rileva l'oncologo, «l'italia sta diventando sempre più anche un Paese di immigrazione sanitaria: curiamo infatti tantissimi cittadini europei provenienti da Paesi, come ad esempio quelli dell'est - conclude l'esperto - dove i farmaci biologici sono ancora pressoché introvabili». Con il termine «farmaci biologici» si indicano farmaci estremamente selettivi perché puntano a colpire una singola struttura (recettore, proteina, sequenza di DNA) in modo preciso, riducendo così gli effetti collaterali e aumentando l'efficacia della terapia. Sono il risultato dei progressi fatti nel campo delle biotecnologie. Sono disponibili per ora farmaci biologici contro l'artrite reumatoide, la psoriasi, le malattie infiammatorie croniche dell'intestino e alcuni tipi di tumore. Sono in corso molti! studi per aumentare il loro impiego in campo oncologico, dove rappresentano una vera e propria promessa. Pag. 11

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