La crisi della fisica classica

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1 Il problema del corpo nero e l ipotesi di Planck La crisi della fisica classica All inizio del XX secolo ancora due problemi non trovavano spiegazione all interno delle teorie dell elettromagnetismo e della termodinamica: il corpo nero e l effetto fotoelettrico La risoluzione di queste anomalie arrivò con la fisica quantistica, branca della fisica che ha come oggetto di ricerca i più piccoli costituenti della materia: le molecole, gli atomi, gli elettroni e le particelle nucleari. Per questi enti non valgono le leggi classiche della meccanica, della termodinamica e dell elettromagnetismo.

2 Moltissime sono ormai oggi le applicazioni delle nuove conoscenze del mondo atomico e subatomico laser, cellule fotoelettriche, centrali nucleari, apparecchiature medicali per la diagnostica o per la cura e la prevenzione di malattie, memorie e microprocessori dei calcolatori elettronici Ogni corpo emette una radiazione elettromagnetica che dipende dalla sua temperatura. Per esempio il corpo umano emette prevalentemente raggi infrarossi. All aumentare della temperatura del corpo aumenta la frequenza di questa radiazione

3 Il problema del corpo nero e l ipotesi di Planck Il corpo nero Un corpo nero è un sistema fisico teorico formato da una cavità con un piccolissimo foro, tale che la radiazione che vi entra ha una bassissima probabilità di uscire quando la cavità viene riscaldata, il corpo nero si comporta come un perfetto radiatore emette la cosiddetta radiazione di corpo nero La radiazione di corpo nero dipende esclusivamente dalla temperatura delle pareti, ossia dalla temperatura assoluta del corpo. Riassumiamo i risultati che prevedeva la fisica classica per il corpo nero legge di Stefan-Boltzmann legge di Wien legge di Rayleigh-Jeans

4 Nel 1860 Gustav Kirchhoff dimostrò che una cavità si comporta come un corpo nero perfetto se: le pareti della cavità si trovano a temperatura T costante (temperatura del corpo nero) nella cavità è praticato un foro le cui dimensioni sono trascurabili rispetto a quelle del corpo stesso Questa cavità si comporta altrettanto bene come corpo nero se le pareti vengono riscaldate: esse rispondono emettendo radiazione, comportandosi da perfetto radiatore

5 Il problema del corpo nero e l ipotesi di Planck a) Una cavità con un piccolissimo foro può essere considerata un corpo nero assorbitore ideale. b) Riscaldando le pareti, la cavità emette radiazioni che difficilmente possono disperdersi, quindi è anche un buon radiatore.

6 Il problema del corpo nero e l ipotesi di Planck Legge di Stefan-Boltzmann La potenza termica emessa o assorbita da un corpo per irraggiamento è uguale a I = εσst 4 Dove: s = 5, W m 2 K 4 è la costante di Stefan e è il coefficiente di emissione (0 < e 1) nel caso del corpo nero e = 1 perché è un perfetto radiatore e assorbitore S è la superficie del corpo interessata alla radiazione T è la sua temperatura

7 Legge di Wien Studiando lo spettro della radiazione elettromagnetica emessa da un corpo nero o radiazione di corpo nero, si vede che l andamento dipende solo dalla temperatura assoluta del corpo, con un picco di emissione a una specifica lunghezza d onda data dalla legge di Wien Legge di Wien La lunghezza d onda che corrisponde al valore massimo dell intensità della radiazione emessa dal corpo nero è inversamente proporzionale alla sua temperatura λ max T = K dove T è la temperatura assoluta (in kelvin) del corpo e K una costante pari a 2, (m K)

8 ANDAMENTO DELLA POTENZA IRRADIATA PER UNITA DI SUPEFICIE DAL CORPO NERO Riscaldando sempre di più un corpo nero, il massimo della potenza si sposta in corrispondenza di lunghezze d onda della radiazione sempre minori, vale a dire ad alte frequenze Curve sperimentali della radiazione di corpo nero: si possono ottenere scaldando un forno da laboratorio, portandolo a differenti temperature, e misurando l intensità della luce emessa tramite uno spettroscopio. In corrispondenza di ogni temperatura esiste un massimo della lunghezza d onda. La lunghezza d onda corrispondente al massimo valore dell intensità della radiazione è inversamente proporzionale alla temperatura secondo la legge di Wien.

9 Legge di Rayleigh-Jeans Per una data temperatura T, l intensità della radiazione emessa in funzione della lunghezza d onda è uguale a Legge di Rayleigh-Jeans dove T è la temperatura assoluta (in kelvin) del corpo e k B = 1, J/K è la costante di Boltzmann Per piccolissimi valori della lunghezza d onda, fissando T, si ottiene una potenza molto grande (al limite infinita) questa previsione teorica prende il nome di catastrofe ultravioletta

10 Il problema del corpo nero e l ipotesi di Planck Mettendo in un grafico tutti i possibili modi di vibrazione previsti dal modello di Jeans, otteniamo uno spettro pressoché continuo per lunghezze d onda molto piccole (grandi frequenze). A destra di λ 0 sono presenti poche radiazioni, mentre a sinistra sono praticamente infinite. L energia a disposizione viene confinata nella zona a lunghezze d onda piccolissime.

11 L ipotesi di Planck: il quanto di azione Max Planck ( ) risolse definitivamente il problema del corpo nero mostrando che le onde elettromagnetiche non assorbono l energia in modo continuo, ma discreto. Lo scambio di energia fra radiazione e materia avviene per quanti di radiazione (fotoni) e non in modo continuo. Planck spezzettò la radiazione attribuendo a ogni oscillatore risonante a frequenza f un energia quantizzata pari a un multiplo intero di h ha le dimensioni fisiche di un azione (energia per tempo) e per questo motivo fu chiamata quanto di azione h = 6, J s

12 Il problema del corpo nero e l ipotesi di Planck Distribuzione dell intensità di radiazione emessa dal corpo nero: la trattazione classica della legge di Rayleigh-Jeans prevede una catastrofe ultravioletta per le piccole lunghezze d onda che sperimentalmente non è verificata. Le ipotesi di Planck su un energia quantizzata permettono invece di seguire correttamente il fit dei dati sperimentali.

13 L effetto fotoelettrico Alla fine del XIX secolo alcune scoperte casuali misero in crisi il modello ondulatorio della radiazione tali esperimenti mostrarono un effetto nuovo relativo all interazione della luce con la materia: l effetto fotoelettrico EFFETTO FOTOELETTICO: emissione di elettroni da parte di una lamina metallica su cui incide un fascio di radiazione con frequenza sufficientemente elevata. In particolare di osserva che esiste una soglia di frequenza sotto la quale il metallo non emette elettroni: l intensità della radiazione incidente ( cioè il numero di fotoni incidenti) determina il numero di elettroni emessi ma non la loro energia: l energia degli elettroni emessi dipende solo dalla frequenza della radiazione incidente.

14 L esperimento di Lenard Nel 1900 Philipp Lenard dimostrò sperimentalmente che, quando la luce incide su una superficie metallica, l energia dei fotoelettroni non dipende dall intensità della luce assorbita dalla lastra L intensità della luce (incidente) assorbita determina un aumento o una diminuzione del numero degli elettroni emessi, ma non una variazione della loro energia cinetica L energia degli elettroni emessi dipende solo dalla frequenza della radiazione incidente

15 L effetto fotoelettrico Nell apparecchiatura di Lenard la luce incide sul catodo C che emette elettroni questi migrano verso l anodo A e vengono rilevati dall amperometro tramite un potenziometro si può variare la differenza di potenziale V per un certo valore V 0, il potenziale d arresto, il passaggio degli elettroni è del tutto assente

16 L effetto fotoelettrico I risultati sperimentali contraddicono la teoria classica dell elettromagnetismo Riassumiamo i risultati sperimentali dell effetto fotoelettrico aumentando l intensità della luce monocromatica su una superficie metallica aumenta proporzionalmente il numero dei fotoelettroni emessi ma non la loro energia cinetica si ha emissione di fotoelettroni solo per frequenze superiori alla frequenza di soglia, che dipende esclusivamente dal materiale utilizzato l emissione è pressoché istantanea al crescere della frequenza della luce, aumenta linearmente l energia cinetica massima dei fotoelettroni Questi risultati contraddicono la teoria classica ondulatoria dell elettromagnetismo

17 2 L effetto fotoelettrico

18 L effetto fotoelettrico b) energia cinetica degli elettroni emessi in funzione della frequenza. Se la radiazione incidente ha una frequenza minore di quella di soglia, l effetto fotoelettrico non avviene. L inclinazione della retta è indipendente dal metallo utilizzato.

19 L effetto fotoelettrico La spiegazione di Einstein Einstein dimostrò che tutti i risultati sperimentali potevano essere spiegati ipotizzando che l energia fosse assorbita dagli atomi del materiale in pacchetti di energia chiamati fotoni Energia dei fotoni L energia della luce è quantizzata e ciascun fotone possiede un energia pari a

20 L effetto fotoelettrico La spiegazione di Einstein Un elettrone può essere emesso solo quando l urto di un singolo fotone riesce a cedere una quantità di energia almeno sufficiente a strappare l elettrone dalla superficie del metallo Questo valore di energia è chiamato lavoro di estrazione L e prende il nome di potenziale di estrazione

21 La teoria di Einstein sull effetto fotoelettrico spiega tutti i risultati sperimentali una maggiore intensità di luce comporta l emissione di un numero maggiore di fotoelettroni se un quanto di luce ha una frequenza inferiore a quella di soglia f0 l effetto fotoelettrico non avviene l emissione è istantanea perché ogni singolo elettrone riceve energia da un singolo fotone come in un urto tra particelle l ultimo risultato sperimentale deriva dall equazione di Einstein dell effetto fotoelettrico E = hf = E c + Le L energia E della radiazione luminosa incidente in parte è usata per estrarre l elettrone dal metallo (L e ), mentre la parte residua si trasforma in energia cinetica (E c ) dei fotoelettroni.

22 Dall equazione di Einstein si ottiene il valore dell energia cinetica residua E c dei fotoelettroni vale: E c = hf hf 0 = hdf L energia cinetica dei fotoelettroni è direttamente proporzionale alla differenza tra la frequenza della luce incidente e la frequenza di soglia e alla costante di Plank L equazione di Einstein può essere vista come un applicazione del principio di conservazione dell energia: Il fotone che arriva ha un energia pari ad hf; una parte di questa energia è utilizzata per estrarre l elettrone dell atomo e la restante parte viene ceduta all elettrone sotto forma di energia cinetica che genera la corrente fotoelettrica. Fu grazie a questa spiegazione dell Effetto Fotoelettrico, e non per la teoria sulla relatività, che Einstein ottenne nel 1921 il Premio Nobel

23 Raggi X e diffusione Compton I raggi X Nel 1895 il fisico tedesco Wilhelm Roentgen scoprì i raggi X radiazione elettromagnetica di lunghezza d onda dell ordine di 0,1 nm detta anche radiazione di Bremsstrahlung radiazione di frenamento Nel 1912 gli scienziati Friedrich e Knipping inviarono un fascio sottile e collimato di raggi X attraverso un cristallo raccolsero su una lastra fotografica una caratteristica figura di diffrazione chiamata spettro di Laue Quali conseguenze si potevano trarre da questi risultati?

24 3 Raggi X e diffusione Compton Un immagine a raggi X di un serpente: la radiazione attraversa le parti molli, mettendo in luce la struttura scheletrica.

25 Raggi X e diffusione Compton Schema dell esperimento di Laue: I raggi X sono deviati dal cristallo e formano una caratteristica figura di diffrazione, raccolta e resa evidente dalla lastra fotografica.

26 Raggi X e diffusione Compton Dai risultati si dedusse che i raggi X sono onde elettromagnetiche ad alta frequenza i cristalli sono costituiti da strutture regolari (reticolo cristallino) che permettono la formazione della figura di diffrazione le onde diffuse sono in fase quando la loro differenza di cammino è un multiplo intero della lunghezza d onda» diffusione alla Bragg

27 La diffrazione dei raggi X a opera di un cristallo: Le due onde sono in fase quando la loro differenza di cammino δ = 2d senϑ è un multiplo intero della lunghezza d onda λ

28 La radiazione X è caratterizzata da uno spettro continuo da cui emergono due righe molto alte e sottili tipiche degli spettri discreti queste righe isolate dipendono dalle caratteristiche del materiale ciascuna di esse corrisponde all emissione di una radiazione con frequenza ben determinata e prevedibile attraverso formule empiriche Analizzando lo spettro dei raggi X notiamo che esiste una lunghezza d onda limite l min legata al potenziale V 0 del tubo che produce i raggi X tramite la relazione

29 Raggi X e diffusione Compton Lo spettro dei raggi X del molibdeno: sullo spettro continuo emergono due picchi a 0,06 nm e a circa 0,07 nm, che dipendono dalle caratteristiche del materiale; λ min ha un valore di circa 0,028 nm e corrisponde a un potenziale di V.

30 La diffusione Compton Agli inizi degli anni Venti, gli esperimenti di Compton dimostrarono che la luce poteva essere considerata una vera e propria particella, il fotone al fotone si potevano attribuire una quantità di moto e un energia, entrambe quantizzate Nella diffusione Compton un fotone ad alta energia urta un elettrone libero, dopodiché l elettrone viene diffuso con un angolo rispetto alla direzione del fotone incidente un secondo fotone viene diffuso con lunghezza d onda superiore a quella del fotone incidente Secondo la teoria quantistica questo avviene poiché parte dell energia del fotone incidente è ceduta all elettrone

31 Un fotone di lunghezza d onda λ 1 incide su un elettrone inizialmente fermo. Dopo l urto, l elettrone si muove con un angolo ϑ rispetto alla direzione del fotone incidente, mentre un secondo fotone è diffuso con lunghezza d onda λ 2 > λ 1, con un angolo α rispetto alla direzione del fotone incidente.

32 Quantità di moto del fotone La quantità di moto di un fotone è legata alla lunghezza d onda dalla relazione Variazione della lunghezza d onda nell effetto Compton Se a è l angolo di scattering di un fotone diffuso da un elettrone inizialmente fermo, allora la variazione della lunghezza d onda fra il fotone incidente e quello diffuso è uguale a Lunghezza d onda Compton

33 Dualismo onda-corpuscolo Il dualismo onda-corpuscolo esprime il concetto secondo il quale una radiazione elettromagnetica si può propagare come un onda, mostrando le tipiche figure d interferenza e di diffrazione, quando le dimensioni degli ostacoli sono confrontabili con la lunghezza dell onda, ma può scambiare con altri corpi dotati di massa la propria energia e la quantità di moto come un effettiva particella, benché priva di massa Dopo un lunghissimo tempo in cui l ipotesi ondulatoria della luce aveva preso il sopravvento, la natura corpuscolare della luce di Newton riprese vigore

34 Le origini del modello atomico L atomo indivisibile La parola atomo deriva dal greco àtomos, che significa indivisibile Quando gli atomi acquistarono evidenza scientifica ci si accorse che non erano affatto le particelle semplici e indivisibili che aveva supposto il filosofo greco Democrito

35 Le origini del modello atomico Gli spettri di emissione degli atomi Nel 1884, Johann Jakob Balmer scoprì che la lunghezza d onda delle prime righe dello spettro dell atomo di idrogeno poteva essere espressa tramite una formula empirica Serie di Balmer

36 Le righe dello spettro di emissione dell atomo di idrogeno per n = 3, 4, 5,...

37 Le origini del modello atomico Il modello di Thomson Nel modello atomico di Thomson gli elettroni erano sparsi all interno di una massa fluida dotata di carica positiva ciò rendeva l atomo elettricamente neutro Questo modello è chiamato familiarmente plum pudding ( budino di prugne ) Il modello di Thomson: gli elettroni caricati negativamente sono immersi in una massa fluida caricata positivamente, in modo da rendere l atomo elettricamente neutro.

38 L esperimento di Rutherford e il modello planetario Ernest Rutherford, allievo di Thomson, studiò a fondo la natura dell atomo facendo interagire particelle a (alfa) con lamine sottili di diverse sostanze I risultati del suo esperimento si spiegavano ipotizzando l esistenza di un piccolissimo nucleo centrale carico positivamente uno sciame elettronico che rimaneva nei pressi del nucleo ruotando per effetto dell attrazione coulombiana Il modello atomico che propose era dunque assimilabile a un modello planetario in cui gli elettroni ruotano intorno a un nucleo carico positivamente come i pianeti del sistema solare Le particelle α sono nuclei di elio di carica positiva pari al doppio della carica del protone, emessi da atomi di radio radioattivo: questo fenomeno era già noto con il nome di radioattività.

39 L esperimento di Rutherford: le particelle α emesse dalla sostanza radioattiva S α interagiscono con gli atomi della lamina L posta come bersaglio. Una piattaforma rotante permette di raccogliere le particelle diffuse a vari angoli.

40 Particelle α incidenti su un atomo secondo il modello di Rutherford: sono maggiormente deviate quelle che passano più vicine al nucleo positivo, giustificando così i diversi angoli di deflessione che si registrano sperimentalmente

41 In seguito, Geiger e Marsden scoprirono la relazione fra la quantità di carica positiva e la posizione nel Sistema Periodico degli elementi di Mendeleev Il numero di posizione di ciascun elemento fu chiamato numero atomico (Z)

42 Il modello di Bohr: la quantizzazione dell energia dell atomo Niels Bohr ipotizzò l esistenza nell atomo di livelli discreti di energia livelli quantizzati corrispondenti a stati stazionari dell intero atomo in questi stati il moto di rotazione degli elettroni non si modificava al passare del tempo Nel modello di Bohr la successione dei livelli energetici atomici inizia dallo stato fondamentale dell atomo gli altri livelli corrispondono agli stati eccitati dell atomo Passando da uno stato eccitato a quello fondamentale, gli elettroni cedono l energia in eccesso sotto forma di radiazione

43 Una particella classica carica che ruota perde energia sotto forma di radiazione, detta radiazione di sincrotrone: a ogni rotazione diminuisce il suo raggio, descrivendo così una traiettoria a spirale verso il centro.

44 Il modello di Bohr: la quantizzazione dell energia dell atomo I postulati di Bohr Primo postulato di Bohr Gli elettroni possono ruotare stabilmente e senza irradiare solo su determinate orbite chiamate stati stazionari. L irraggiamento dell atomo avviene quando uno o più elettroni passano da uno stato stazionario a un altro Secondo postulato di Bohr La frequenza f della radiazione emessa non coincide con la frequenza di rotazione dell elettrone in un orbita qualsiasi, bensì corrisponde a quella che si ottiene dalla relazione di Planck dove E f ed E i sono rispettivamente le energie relative allo stato finale e allo stato iniziale e h è la costante di Planck

45 Il modello di Bohr: la quantizzazione dell energia dell atomo In base al secondo postulato se un elettrone passa da uno stato energetico superiore a uno inferiore, l energia persa DE = hf è emessa sotto forma di un fotone di frequenza f l assorbimento, da parte dell atomo, di un fotone con energia hf pari alla differenza tra due stati stazionari causa la transizione dell elettrone da un livello energetico più basso a uno più elevato l energia nell atomo è quindi quantizzata

46 a) Transizione di un elettrone fra due stati energetici a energia iniziale E 2 e finale E 1, con E 2 > E 1. Il risultato è l emissione di un fotone a frequenza f; b) se l atomo assorbe un fotone a frequenza f, il quanto di energia hf causa l innalzamento del livello energetico dell elettrone da E 1 a E 2.

47 Il modello di Bohr: la quantizzazione dell energia dell atomo Energia totale dell elettrone su orbita di raggio r Per ricavare le regole di quantizzazione delle orbite elettroniche Bohr ipotizzò che il momento angolare dell elettrone L = mvr fosse quantizzato Ottenne quindi a 0 è il raggio della prima orbita di Bohr Raggi delle orbite stazionarie dell atomo di idrogeno

48 I livelli energetici dell atomo di idrogeno secondo Bohr. Solo alcune orbite, e quindi transizioni, sono permesse, e corrispondono a raggi uguali a r n = n 2 a 0. Tutto lo spazio compreso tra le orbite stabili quantizzate è proibito.

49 5 Il modello di Bohr: la quantizzazione dell energia dell atomo Il diagramma dei livelli energetici dell atomo di idrogeno Livelli energetici dell atomo di idrogeno Dove Definiamo energia di legame o di ionizzazione l energia necessaria per l estrazione di un elettrone dall atomo per l atomo di idrogeno nello stato fondamentale questo valore è E 1 = 13,6 ev

50 Le serie di righe spettrali note ai tempi della pubblicazione del modello di Bohr o negli anni immediatamente seguenti sono la serie di Lyman, n i = 2, 3, 4,... e n f = 1 la serie di Balmer n i = 3, 4, 5,... e n f = 2 la serie di Paschen n i = 4, 5, 6,... e n f = 3 la serie di Brackett n i = 5, 6, 7,... e n f = 4 la serie di Pfund n i = 6, 7, 8,... e n f = 5

51 I livelli energetici dell atomo di idrogeno secondo Bohr. I livelli energetici consentiti sono rappresentati da righe poste a distanza decrescente, rispetto alla prima che corrisponde al livello fondamentale (il disegno non è in scala). Sono indicate le transizioni che danno origine alle serie spettrali di Paschen, Balmer e Lyman.

52 L esperimento di Franck e Hertz Nel 1914 James Franck e Gustav L. Hertz eseguirono un esperimento cruciale che dimostrò che l energia degli atomi è quantizzata gli atomi assorbono energia solamente in corrispondenza di precisi valori discreti Il modello di Bohr ebbe così un importante conferma

53 Schema dell apparato sperimentale utilizzato da Franck e Hertz.

54 Schema dell esperimento gli elettroni emessi dal catodo vengono accelerati da una differenza di potenziale DV giunti su un rivelatore danno origine a una corrente nel loro cammino gli elettroni urtano gli atomi di mercurio e ciò ostacola il loro movimento aumentando la differenza di potenziale DV si nota un aumento della corrente ma anche delle cadute in corrispondenza di valori definiti di DV questi valori dipendono dalla natura del gas contenuto

55 L interpretazione dell esperimento Franck e Hertz interpretarono i risultati dell esperimento in termini di urti tra elettroni e atomi di mercurio finché la differenza di potenziale non supera il valore di 4,9 V gli urti sono sostanzialmente elastici gli elettroni non cedono energia agli atomi superato il valore di 4,9 V gli urti diventano anelastici gli elettroni cedono parte della loro energia agli atomi gli atomi emettono l energia assorbita sotto forma di radiazione gli elettroni non hanno più l energia cinetica sufficiente a raggiungere la piastra P e la corrente cade Aumentando la differenza di potenziale il processo continua per valori del potenziale che siano multipli interi di 4,9 V

56 Grafico dell intensità di corrente in funzione della differenza di potenziale.

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