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Monica Bellini
6 anni fa
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1 a scuola con Ale

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e sono nato a Milano poco prima che iniziasse la primavera: il 7 marzo 1785. Mio papà Pietro era di Lecco, era ricco e conduceva una vita ritirata.

Appena nato venni affidato a una tata, poi a una zia paterna fino a quando la mamma mi portò al collegio dei padri Somaschi di Merate.

Io ritrovai una mamma e lei ritrovò un figlio, da allora non ci lasciammo più. Mi sposai due volte e lei mi aiutò a scegliere la donna giusta. Diventò nonna di dieci nipoti.

3 e sono nato a Milano poco prima che iniziasse la primavera: il 7 marzo Mio papà Pietro era di Lecco, era ricco e conduceva una vita ritirata. Mia mamma Giulia Beccaria proveniva invece da una famiglia protagonista della vivace vita culturale e sociale di Milano. Avevano ventisei anni di differenza e il loro non fu un matrimonio d amore. Appena nato venni affidato a una tata, poi a una zia paterna fino a quando la mamma mi portò al collegio dei padri Somaschi di Merate. Fu l ultima volta che la vidi perché l anno suc- mi chiamo alessandro arrivo. Giulia era inconsolabile e si aggrappò a me. Io ritrovai una mamma e lei ritrovò un figlio, da allora non ci lasciammo più. Mi sposai due volte e lei mi aiutò a scegliere la donna giusta. Diventò nonna di dieci nipoti. Enrichetta Blondel, la mia prima moglie, era figlia di un banchiere svizzero di fede calvinista, mentre io e la mamma non avevamo interesse per la religione. Con lei fui molto felice, ci accostammo al cattolicesimo e diventammo praticanti. Dopo due anni a Parigi rientrammo a Milano per abitare in via Morone. Poco fuori dalla città, a Brusuglio, c era la villa che la mamma aveva ereditato da Carlo Imbonati. Quella di Lecco fu venduta dopo la morte di papà a causa di alcuni problemi economici, con mio enorme dispiacere. Cominciai a scrivere: poesie, tragedie, saggi linguistici, storici e filosofici. Nell aprile del 1821 iniziai il cessivo ottenne la separazione da papà e andò a vivere a Parigi con l uomo del quale era innamorata, il conte Carlo Imbonati, bello, colto e molto ricco. Da Merate io passai al collegio di Lugano e poi a quello di Milano, dove anche papà aveva preso casa. Leggevo la mitologia e le opere latine e facevo esercizi stilistici. Mi piaceva la letteratura ed ero attratto dagli stimoli culturali più all avanguardia. Completati gli studi, per un breve periodo mi diedi al puro divertimento, che terminò quando la mamma e il conte mi chiesero di raggiungerli a Parigi. Non conobbi Carlo che morì pochi mesi prima del mio romanzo per il quale sono passato alla storia: I promessi sposi, inizialmente intitolato Fermo e Lucia. Lo corressi e modificai più volte, pubblicandolo nel 1827 e nel In tutto 19 anni di lavoro. Enrichetta si ammalò e morì il giorno di Natale del Quattro anni più tardi mi risposai. Sebbene la mia seconda moglie Teresa Borri non andasse molto d accordo con la mamma, la nostra unione fu molto serena. Lei mi adorava e mi ricopriva di attenzioni. Con il mio temperamento schivo e appartato vissi ottantotto anni in ottima salute, a parte le mie fastidiose nevrosi.

4 settembre settembre 4 5 Di questa mia opera ne esistono 2 edizioni. La prima, pubblicata nel 1827, viene chiamata Ventisettana. Di conseguenza la seconda, del 1840, è definita Quarantana. Se ne avessi pubblicata una terza nel 1888 sicuramente si sarebbe chiamata Ottantottana. Meglio non averlo fatto!

ottobre ottobre 12 13 Abbandonato il progetto del cotone ho preso in considerazione la possibilità di coltivare il caffè. Volevo farlo in segreto, per evitare gli scherni in caso di nuovo fallimento.

5 ottobre ottobre Abbandonato il progetto del cotone ho preso in considerazione la possibilità di coltivare il caffè. Volevo farlo in segreto, per evitare gli scherni in caso di nuovo fallimento. L ho confidato a un amico, che l ha riferito a un altro, che ha fatto lo stesso con un terzo e così via... Visto che lo sapevano tutti, ho scommesso che presto li avrei invitati a bere il caffè cresciuto a Brusuglio!

note dicembre 2017 Ale e le lingue Io conoscevo bene il milanese e il francese. Col tedesco me la cavavo. Ai miei tempi la maggior parte degli italiani parlava il dialetto locale.

6 note dicembre 2017 Ale e le lingue Io conoscevo bene il milanese e il francese. Col tedesco me la cavavo. Ai miei tempi la maggior parte degli italiani parlava il dialetto locale. In Lombardia si usava anche il francese che rappresentava la lingua di comunicazione europea, vista la supremazia della Francia sugli altri stati. Senz altro mi ha favorito il fatto che nel 1805 ho finalmente potuto riabbracciare mia mamma, raggiungendola a Parigi. Non la vedevo da quando mi aveva lasciato in collegio. Si era separata da mio papà, il nobile Pietro Manzoni, a causa dei continui litigi. Era andata a vivere nella capitale sulla Senna con Carlo Imbonati, del quale si era perdutamente innamorata. In quel momento io avevo vent anni e lei quarantatré. Mentre ero in viaggio Carlo morì a causa di una colica biliare. Fu così che mi ritrovai a doverla sostenere e consolare e questo ci avvicinò tantissimo, facendomi ritrovare tutto l affetto che non avevo potuto ricevere da piccolo.

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