Tecniche analitiche più usate per le sostanze organiche

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1 Tecniche analitiche più usate per le sostanze organiche Le tecniche analitiche strumentali sono un utilissimo strumento per identificare sostanze incognite (analisi qualitativa), ad esempio per riconoscere tutti i prodotti ottenuti in un processo di sintesi o per determinare la composizione di un refluo industriale, o per indagini ambientali. Sono inoltre anche utilizzabili per l analisi quantitativa, ossia per dosare le quantità dei vari composti che costituiscono il campione analizzato, ad esempio per determinazioni di purezza di un prodotto. Le principali tecniche analitiche strumentali oggi in uso ricadono per lo più in una delle tre categorie delle analisi cromatografiche, delle analisi spettroscopiche e delle analisi elettrochimiche. Tutte queste tecniche si basano su uno strumento in grado di raccogliere i dati di interesse e su un computer dotato di un software in grado di elaborare il segnale traducendolo in un tracciato (spettro) o altro tipo di output che l operatore possa leggere e interpretare. Metodi spettroscopici La spettroscopia è la misura e l interpretazione delle radiazioni elettromagnetiche assorbite, diffratte o emesse da atomi, molecole o altre sostanze chimiche. L assorbimento o l emissione sono associate a cambiamenti negli stati energetici delle specie chimiche interagenti, ciascuna delle quali ha determinati stati energetici caratteristici, in base ai quali può essere identificata. L eccitazione di elettroni a stati di più alta energia, sia per gli atomi che per le molecole, è associata ad assorbimento di 1

2 radiazioni nel campo del vicino UV e del visibile (spettroscopia UV- Vis). Ad energie di circa un ordine di grandezza inferiori sono invece associati i moti vibrazionali delle molecole, che danno luogo ad assorbimenti nell infrarosso (spettroscopia IR). Vi è poi un tipo di spettroscopia basata sul momento magnetico dei nuclei atomici e sulla loro interazione con campi magnetici esterni (spettroscopia NMR). Infine, solidi cristallini possono essere analizzati mediante diffrazione di raggi X per la determinazione della geometria del cristallo. Spettrofotometria UV La strumentazione si compone di una sorgente di radiazione (lampada al deuterio, lampada a incandescenza ecc.), un monocromatore, ossia un filtro che permetta di sottoporre il campione a irraggiamento con luce monocromatica, così da poter misurare l intensità dell assorbimento per ogni singolo valore di, un sistema di specchi e fenditure tale da suddividere la radiazione in due raggi uguali di cui uno colpisca il campione da analizzare e l altro il riferimento (di solito lo stesso solvente puro) in modo da azzerare le sorgenti d errore sistematico provenienti dal solvente, dalla cella e dallo strumento. 2

3 In ascissa è riportata la lunghezza d onda, che può variare tra il vicino UV ( nm) e il visibile ( nm). In ordinata l assorbanza A, data da: A = CL dove C è la concentrazione dell analita in soluzione, espressa in mol L -1, L è la lunghezza della cella in cm e è il coefficiente di estinzione molare espresso in L mol -1 cm -1. A è adimensionale. 3

4 Spettrofotometria IR La regione spettrale dell infrarosso si estende dall estremità rossa dello spettro visibile fino alle microonde, cioè da 0,7 a 500 m di lunghezza d onda. La zona usata più di frequente si trova però a frequenze comprese fra 4000 e 400 cm -1 ( compresa fra 2,5 e 50 m). La molteplicità di modi vibrazionali che hanno luogo simultaneamente durante l eccitazione produce uno spettro di assorbimento complesso, caratteristico dei diversi gruppi funzionali presenti nella molecola. Esempio di spettro infrarosso relativo al m-dietilbenzene. 4

5 Di seguito sono riportate le frequenze di assorbimento infrarosso caratteristiche dei principali gruppi funzionali. 5

6 Spettrometria NMR Si tratta di una spettroscopia basata sul fatto che la rotazione dei nuclei atomici su se stessi, a causa della loro carica elettrica, genera un campo magnetico il quale, introdotto in un campo magnetico esterno uniforme, si orienta. I nuclei così orientati, per effetto di una radiofrequenza applicata ad un angolo opportuno, possono assorbire energia a specifiche frequenze invertendo il proprio asse di rotazione. Vi sono tipi di nuclei che non danno luogo a questo effetto, detto di risonanza (NMR = Nuclear Magnetic Resonance), e altri che invece la presentano, ciascuno a particolari e specifici valori di frequenza: fra questi vi sono gli isotopi 1 H (il comune idrogeno, il più usato), 13 C, 19 F e altri. Limitandosi alla spettroscopia 1 H-NMR, questa può dare informazioni sul numero, tipo e posizione degli atomi di idrogeno presenti in una molecola. Spettrometria di massa Il principio su cui si basa la spettrometria di massa è la possibilità di separare una miscela di ioni in funzione del loro rapporto massa/carica generalmente tramite campi magnetici statici o oscillanti. Tale miscela è ottenuta ionizzando le molecole del campione, principalmente facendo loro attraversare un fascio di elettroni ad energia nota. Le molecole così ionizzate sono instabili e si frammentano in ioni più leggeri secondo schemi tipici in funzione della loro struttura chimica. 6

7 Il diagramma che riporta l'abbondanza di ogni ione in funzione del rapporto massa/carica è il cosiddetto spettro di massa, tipico di ogni composto in quanto direttamente correlato alla sua struttura chimica ed alle condizioni di ionizzazione cui è stato sottoposto. Spettrometria di diffrazione di raggi X Questa tecnica, a seconda dell apparato strumentale usato, può essere applicata a cristalli singoli (sostanze organiche o inorganiche di cui è stato fatto crescere un singolo cristallo, abbastanza grande da essere visibile e trasferibile sul portacampione, e di cui si può determinare la struttura del reticolo cristallino lunghezze e angoli che caratterizzano la cella elementare) o a materiali policristallini (oggetti solidi come lastrine di metallo, oppure polveri, in cui numerosissimi microcristalli sono presenti e orientati casualmente in tutte le direzioni). La tecnica a cristallo singolo è applicata più che altro per motivi di ricerca, mentre la diffrazione da polveri ha numerose applicazioni industriali: il diffrattogramma del campione può essere confrontato con quelli presenti in archivio in modo da identificare per confronto le possibili fasi cristalline presenti. E possibile anche, almeno in una certa misura, quantificare il rapporto fra le fasi presenti. 7

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9 Tecniche cromatografiche Si tratta di un gruppo di tecniche utili a separare miscele di sostanze organiche nei loro componenti, per scopi sia analitici (qualitativi e quantitativi) che preparativi (separazione e recupero dei diversi componenti). TLC (Thin Layer Chromatography, o Cromatografia su Strato Sottile) E una comune tecnica di laboratorio che consiste nel deporre, su una lastrina di vetro, metallo o plastica rivestita di uno strato di SiO2, una goccia di soluzione contenente le sostanze organiche da separare. La base della lastrina viene poi immersa in una miscela di solventi (eluente) di opportuna polarità, che salendo lungo la lastra trasportano i componenti della miscela in su, più o meno velocemente in base alla polarità delle diverse molecole: le molecole 9

10 più polari, più fortemente legate alla silice, saliranno meno o resteranno alla base mentre le molecole apolari verranno trasportate più in alto. Quando l eluente è arrivato quasi in cima, si estrae a lastra e la si fa asciugare. Per rivelare la posizione dei diversi componenti, qualora non siano in sé colorati e quindi visibili (da qui il termine cromatografia ) occorre rivelarli o con luce UV, se si tratta di sostanze con doppi legami in grado di interagire con queste radiazioni, oppure per trattamento con un opportuno reagente di sviluppo, in modo da renderle scure. Cromatografia su strato sottile (TLC) Questa tecnica serve a capire, qualitativamente, quanti componenti sono presenti in una data miscela; deponendo, al fianco della macchia relativa alla miscela, una goccia di soluzione per ciascuno dei (presunti) componenti puri è possibile identificare le varie macchie. A questo punto, volendo procedere all effettiva separazione dei componenti della miscela, si può ripetere il procedimento più in grande, e nell altro senso, con una cromatografia su colonna. In un tubo di vetro (colonna) munito di rubinetto e riempito di gel di silice (silice in forma di polvere molto fine) si fa scendere la miscela di solventi che si vuole 10

11 usare come eluente, finché la silice ne è completamente impregnata e l aria è tutta stata espulsa. Poi si deposita in cima alla colonna di silice uno strato, quanto più possibile sottile, della miscela da separare. Il diametro della colonna dipende dalla quantità totale di sostanza da separare e la composizione dell eluente dev essere tale da assicurare una buona separazione delle macchie in TLC. Poi si aggiunge in alto l eluente e lo si fa scendere, per gravità o applicando una pressione mediante aria compressa o azoto (flash chromatography) raccogliendolo in basso in frazioni di opportuno volume, che si possono poi analizzare per verificare in quale/i delle frazioni sia contenuto il prodotto che interessa. 11

12 Tecniche cromatografiche strumentali La cromatografia su colonna può essere realizzata per via strumentale mediante la tecnica detta HPLC (High Pressure Liquid Chromatography), qui schematizzata: Come si vede, i diversi solventi vengono miscelati e spinti lungo la colonna mediante pompe ad alta pressione, e la miscela da analizzare si inietta e viene spinta dall eluente attraverso la colonna, all interno della quale si trova un opportuna fase stazionaria solida. Il rivelatore può essere una lampada UV, uno spettrometro di massa o altro, comunque i dati in uscita vengono gestiti da un computer che traccia un cromatogramma, in cui l altezza dei picchi è proporzionale alla quantità di sostanza e il tempo di ritenzione dipende dalla polarità del prodotto. Questa tecnica, a seconda delle dimensioni della colonna, può essere usata per scopi sia analitici che preparativi. 12

13 E possibile anche realizzare la cromatografia in fase gassosa (gascromatografia), come si vede nello schema seguente: La miscela da analizzare viene iniettata con una microsiringa nella camera di iniezione, dove viene volatilizzata e miscelata al gas di trasporto (in genere H2 oppure He, a seconda del rivelatore che si usa) che la trasporta all interno della colonna. Le moderne colonne capillari hanno una lunghezza variabile dai 15 ai 50 metri ed uno spessore di 0.5-0,20 mm. La fase stazionaria liquida ricopre le pareti interne della colonna con un film di pochi micron di spessore. Tra i rivelatori, i più usati sono lo spettrometro di massa, il rivelatore a termoconducibilità, entrambi di uso universale, il rivelatore a cattura di elettroni (ECD), per le sostanze alogenate, il rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID). Anche qui si ottiene un cromatogramma simile a quello dell HPLC. Questa è una tecnica analitica, sia qualitativa che quantitativa. 13

14 Tecniche di analisi termica La calorimetria differenziale a scansione, nota anche con l acronimo DSC (dall inglese differential scanning calorimetry) è, insieme alla termogravimetria (TGA), la principale tecnica di analisi termica utilizzabile per caratterizzare molti tipi di materiali. Il principio di base di queste tecnica consiste nel ricavare informazioni sul materiale riscaldandolo o raffreddandolo in maniera controllata. In particolare il DSC si basa sulla misura della differenza di flusso termico tra il campione in esame e uno di riferimento mentre i due sono vincolati ad una temperatura variabile definita da un programma prestabilito. Tracciato di una calorimetria differenziale a scansione 14

15 Le informazioni che si possono ottenere da questa tecnica di analisi vanno dal calore specifico del materiale studiato, alle temperature a cui si verificano transizioni di fase (processi fisici, quindi) esotermiche o endotermiche. Il tracciato qui riportato riporta una temperatura di transizione vetrosa (il calore specifico al di sopra della Tg è maggiore), un fenomeno di cristallizzazione (esotermico) e uno di fusione (endotermico). La termogravimetria è una metodica di analisi nella quale si effettua la registrazione continua delle variazioni di massa di un campione, in atmosfera controllata e in funzione della temperatura o del tempo. Questo tipo di analisi riguarda lo studio dei fenomeni di decomposizione, di ossidazione, di perdita del solvente di cristallizzazione e altri processi chimici irreversibili. I termogravigrammi forniscono informazioni sui meccanismi e sulle cinetiche di decomposizione delle molecole, tanto che possono essere utilizzati per il riconoscimento delle sostanze. 15

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