MUZIO SCEVOLA. Georg Friedrich Händel. (atto terzo) PERSONAGGI. Re Porsenna Muzio Scevola Clelia Orazio Irene Fidalma Tarquinio

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1 Georg Friedrich Händel SCEVOLA (atto terzo) Libretto di Paolo Rolli PERSONAGGI Re Porsenna Muzio Scevola Clelia Orazio Irene Fidalma Tarquinio basso contralto soprano soprano contralto soprano soprano Prima rappresentazione Londra, Covent Garden Theatre 15 aprile 1721

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3 ATTO TERZO Händel: Muzio Scevola - atto terzo [Ouverture] Scena I La corte di re Porsenna, sovrano di Toscana Porsenna e Clelia Dopo l arrivo degl illustri ostaggi sicuro sì, ma non contento ho il core, ch assai più periglio la nova guerra mi riman d amore. Sire, al tuo cenno è Clelia. O valorosa amazzone del Tebro, non riconosci ancora il congiunto primier del rè Toscano? Tutto io non fo perché l impresa ei lasci? Del tuo cor generoso grand era già, ma ben minor, la fama. Sì, ti ravviso, e col più vivo spirto ch anima sen, te ne ringrazio e lodo. (tristemente) Devesi all opra il premio? Mà qual premio adeguato a sì grand opre dar si può mai? Assalitor villano non già, mà supplichevole e soggetto vedi un rè che sospira. E del suo amore in pegno alla tua patria libertà promette, ed amante offre a te la destra e il regno. Tu solo, i tuoi gran merti, e non il trono, grato farian si generoso dono. Mà s oppone il destino a tal pensier. Data ho ad altri la fè, dato ho gli affetti. E chi è quel felice così caro agli dèi? Dirlo non lice. È pur ver ch ogni bella d ingannar altri gode? Nò, non è da Roman menzogna o frode. All impensato rifiuto un poco almen pensi? Ho pensato! [Aria da Capo] Lungo pensar è dubitar, cor che lo fà amar non sà, non sà piacer, nò, nò, nò! Un vero amor vuol sempre aver un solo ardor, un sol parlar, un sol pensier. (Clelia parte lasciando Porsenna pensieroso) Scena II Porsenna e poi Muzio. Eccessi di Virtù son quest alme romane! Inaspettato è il gran rifiuto. (entra Muzio) Oh come giunge Muzio opportuno! Generoso monarca, qual porterò liete speranze a Roma? 1

4 Quanto Roma desia, tutto per te farò. (Il re trascina Muzio da una parte) Ma dimmi pria: poss io svelarti un mio pensier? Poss io fede, amicizia, animo grato, aita sperar da te? (impaziente) Chiedi, se vuoi, la vita. Del mio cor generoso sempre viva è verso te la brama. Nemico, egli t apprezza; offensor, ti perdona; amico, t ama. Ma più: la destra in pegno della pace ti do, pria di scoprirti il mio pensier. Libero pur rispondi. Dell amicizia e di tua fè sicuro, dimmi, sarò? Sull onor mio te l giuro. Amo la valorosa e bella Clelia! (Muzio rimane senza fiato, ma il re non se ne accorge) In amoroso dono le offersi l core ed il trono. Mà d altro amor ferita, ella il dono rigetta: amico, aita. (Porsenna parte; Muzio rimane stordito) Un fulmin mi percosse! Mancami e moto e voce. Aita? e come? Mà generoso, magnanimo ed amico, perdona ed ama, ricompensa e priega. Ed ingrato io sarò? E si dirà che Muzio, che un romano, di generosità sia vinto? No! [Recitativo accompagnato] Soavi affetti miei, teneri affetti! Parte più viva ch io risento in seno! vittime generose 2 d amicizia e d onor. Tutti vi sveno. Scena III (Entra Clelia) Pensoso, a passo lento, e dove, e a chi vai si fuor di te stesso? A dirti addio! Tormentosa parola! Ha Clelia in seno un cor Roman? Perché? Rispondi! Al par di te. Al par di me? Sì Ascolta, anima mia: t amo, e in questo sospir l alma disciolta vien sulle labbra, a dir, che sola sei prima ed ultima sua fiamma amorosa! Mà ciò che giova? Onor, virtù, ragione sforzarmi, o cara (ahi che mi manca il core!), a pregar che tu a Porsenna rivolga tutto, tutto l amore. Dunque

5 Ah, nol negar, se mai scintilla serbi per me d amore. Così Così alla patria, così servi all onore. L affetto (Ah dolce nome!) Mi potria pervertir: tacilo, cara. Oh abbandonato amor, tradita fè! E vuoi Che un cor roman L ho al par di te! Mi vedrai nel ritorno, degli Etruschi regina, dar io stessa alla patria, pace e libertà. Per te, crudele, un regno rinunciai, per te l accetto. Mà si fiera perché più acerba rendi mia cruda sorte? Ho un cor romano in petto. Pupille sdegnose, sareste pietose, se un grand affetto, aprendo il petto, potesse, oh care, mostrarvi il cor! M è forza sdegnarvi, né posso placarvi. Mà se mi amate, del fallo mio non incolpate se non l onor. (parte) [Recitativo accompagnato] Io d altro regno, che del cor di Muzio sarò Regina? Io di quel solo bene per cui m è il viver dolce, io sarò priva? Onor, virtù, ragione? Deboli freni ai trasporti d amor: se falsi siete, si dileguino i nostri orridi spettri! e se veri, sparite a me davante! Non vi conosco più, son troppo amante. Dimmi, crudele Amore, qual è il mio contento, che a così fier tormento egual tu dai? Misera umana sorte vien troppo di martir, Mà troppo di gioir, nò, non vien mai! (parte. Rientra Muzio) Chi mai più giusto sdegno e più ingiusta d amante aspra sventura, chi vide mai? Numi, superni numi, perché all umane forze, perché non deste uguali la sofferenza e i mali? Misero! e come, oh dei (Entra il re Porsenna inatteso e incurante dell umore di Muzio) Fedele amico, che rispose il mio ben? Cedette alfine. Oggi l Etrusco rè sarà contento. A te l anima mia dee tutto il suo contento. A te dovrà Roma sua libertà. Tu sei il maggiore esempio d amicizia e di valore. (Entra un paggio con lettera) 3

6 Mà qual foglio mi giunge? Oh lieta sorte! Clelia lo scrisse. (Clelia!) (legge la lettera) Sulla riva del Tebro in men d un ora, di tua figlia regal presso alla tenda te aspetto, o sire, e Muzio teco. Ei venga, testimonio fedel del nostro amore, l atto a mirar di chi romano ha il core. Clelia. Oh quanto già sento impaziente l alma mia! (si rivolge a Muzio) Tu dunque lascia che Orazio a Roma torni, e porti la lieta nuova della nostra pace. Sì, resta, e d amistà l alterna gioia renda più cara d Imeneo la face. Volate più de venti, momenti che scorrete innanzi al mio piacer. Mà siate lenti, lenti momenti che verrete seguendo il mio goder. (Porsenna esce) Scena IV Mio cor, pria ti ricorda d esser romano; adempi alle leggi d onor: pria colla patria usa il dover di cittadino e poi torna ai sospiri tuoi, torna a languir. Morte il tuo ben sarà. Ah Onore! Ah Patria! Ah pace! Ah libertà! Il confine della vita Quel sarà del mio penar. Tu, chi langue senz aita, Vieni, oh morte, a consolar! Scena V Il padiglione della Principessa Irene sulle rive del Tevere Fidalma e Irene FIDALMA Patria della bellezza e del valore è la città latina. Deh mirar quelle vergini guerriere con sì altera modestia ferocemente scintillar fra l armi! Ma che ti parve pur Orazio invitto? Con quanto dolci e nobili maniere gl illustri ostaggi ei presentò! Tal forza! Marte dal quinto ciel scendea splendente, dell alma diva agli amorosi amplessi. FIDALMA Quanto è bel quel che piace! Oh quanto grato al cor mi giunge il grido della vicina pace! Gli ostaggi Orazio seguirà qual degno di sua patria orator. FIDALMA Ma che promette la speme adulatrice al nuovo ardore? No l sò, Mà dolcemente mi lusinga occasion, tempo, desire, amore. 4

7 FIDALMA Non ti fidar, perché il destre lusinga, è ver, ma poi sovente Amor è falso, e il tempo inganna! Chi vuol goder, ho inteso a dire, fissa il pensier nel ben presente: chè l avvenire ha in man la sorte cieca o tiranna. (Fidalma si ritira, mentre entra Orazio) Scena VI Irene e Orazio L alto dovere alla mia patria solo può per brev ora allontanarmi, oh cara, dal tuo bel volto. Ah, potess io Seguirti! Viver, oh dèi, non sò lungi da tue dolci maniere e dal parlar gentile. Nella gita veloce e al rapido ritorno, amor con ali impennerà de miei destrieri il corso. Il mio desir di rivederti, oh caro, ti siegua e ti riprenda d ogni breve tardanza. Il mio fisso pensiero a tue bellezze teco resti, soave anima mia! E lo spron della brama impaziente faccia a corsieri divorar la via. Come, se ti vedrò, cara, partir potrò? Ahi, che tormento fier, mà parto, addio! Addio, mio ben! Mà chè? Torna dov era il piè, ah, che partir non sò dall idol mio. Oh, come passi al core, dolce del caro ben voce soave! Amorosa partenza, quanto sei tormentosa! Mà di presto ritorno con la certa speranza, il tuo tormento più raccende gli affetti e raddoppia il contento. Con lui volate, dolci pensieri dell alma amante, e ad uno ad uno in ogn istante tornate a me! Ogni momento saper vorrei dov è, che fà, se pensa a me, se tornerà tutto costanza e fé. Scena VII Riva del Tevere. Clelia con sue compagne prigioniere. La barca con la quale intendono fuggire è ormeggiata lungo la sponda) Già m udiste, o compagne: io sarò prima a far periglio e aprirvi strada. In breve, o a nostro scampo estremo ardir s adopre. o un onorato fin coroni l opre. (Entrano di corsa Porsenna e Muzio, ignari del suo piano) Pronti al tuo cenno, eccone, o bella. Io vengo l atto a mirar d un cor romano. 5

8 Sire, tu non volesti dar fede a miei detti; Muzio pensò di far forza a gli affetti. Il grand atto or mirate: o a Roma o a morte io vo. Voi v ingannate. (si getta a nuoto nel Tevere, seguita dalle compagne) Qual ardirnento. Qual sorpresa! E dove Lascia ch io segua. In vano raggiunger pensi il rapido lor nuoto. (furioso e umiliato si rivolge a Muzio) Del tuo fiero attentato questo è maggior: son rotti i sacri patti il dritto delle genti è vilipeso, la sicurezza mia Non più, signore! son tutti acuti strali i rimproveri tuoi giusti al mio core. Mà s intanto il mio sangue è del misfatto altrui bastante al fio, spargilo! No! sull onor tuo mi fido. Vanne, e richiedi a Roma i fuggitivi ostaggi. Seguirò l orme tue. Deh vieni, o sire, gli applausi ad ascoltar, che a te qual nume di libertà farà il Senato e Roma. Là tra i giochi festivi l amor, la gioia ammolliran quel petto e sarà pago il tuo regale affetto. Spera, che tra le care gioie di bella pace per te la pura face amore accenderà. Se ben la guerra intendi del amoroso gioco, sai ch un assalto è poco a vincer la beltà. Scena VIII Irene sola Ahi che pur troppo è ver. Tutt i momenti all amorosa aspettatrice brama par chè arrestin l un l altro, e passin lenti. (Entra improvvisamente il re Tarquinio e il suo seguito) TARQUINIO Via si trasporti, Irene! Lasciami, traditor. TARQUINIO Vano è lo sforzo. Invan soccorso speri. Empio e tu siegui di tua stirpe il costume! TARQUINIO Promessa a me, non sarai d altri. E pensi ottenermi così? Barbaro, a morte condur mi puoi, non al tuo letto infame. La vendetta paterna temi. TARQUINIO A mancar di fede egli fu il primo. Vieni, non contrastar. 6

9 Misera Irene, tradita, abbandonata. (L attenzione di Tarquinio viene improvvisamente distolta) TARQUINIO Ma qual veggio romana squadra a noi venir? Miei fidi, ferocemente pur s incontri, e pochi restino al boscho in guardia sol d Irene. (Tarquinio esce con una parte del suo seguito) Deh fate, o giusti nomi, ch asta nemica del tiranno in petto squarci profonda strada, onde bruttata dell infame sangue l alma superba ad Acheronte vada. Ah padre, ah dolce nome! (parte) Ah dolce nome, in van ti chiamo, in van io bramo conforto almen da te. E come quando l alma smarrita, sperando aita, numi, saprà dov è? Scena IX (Le forze di Orazio sconfiggono Tarquinio) [Fanfara] (Orazio e le sue truppe irrompono in scena) Lasciate d inseguir quella vil turba, valorosi campioni! Sia pur la fuga vile scampo ai codardi, e le romane spade sdegnin ferir de lor nemici il dorso. O mio conforto, bella Irene! e come? e dove? O Mio liberator, più caro m è lo scampo, se il devo al tuo valore. L empio Tarquinio Sì, l empio involommi armata mano! O Numi, grazie vi rendo del felice incontro. E Porsenna? Ei con Muzio in Roma or fia a ricovrare i fuggitivi ostaggi. Vieni tu ancora, anima mia, sì, vieni tra gli applausi festivi a ricever, qual dea, e lodi e grazie della nostra pace. Altr oggetto non hanno i miei desiri che render mio piacer quel che a te piace. [Duetto] Vivo senz alma, oh bella, perch ella vive in te: e solo amor e fè mi tiene in vita. Ma quell amore, o caro, e quella salda fè, sì, l alma mia sol è ch ho in te smarrita. Scena XI Campidoglio. Muzio, Porsenna con lasua corte. Piene di 1or contento e di tua lode ferira il ciel le populari grida. Vedrai tosto il Senato 7

10 prevenir tue dimande: e a te qual nume tutelar fian poi rese pubbliche grazie. Alla virtù romana e di nostr amicizia al fatal genio rechisi il merto de felici eventi. Ma Clelia a noi già vien. (Virtù, mio core.) (Viene condotta Clelia con gli altri prigionieri) Vuol la ragion, vuole il roman Senato che meco gli altri fuggitivi ostaggi tornino in tuo poter. La fuga loro fù colpa mia. Mà la mia colpa, oh sire,. Fu l amor della patria, che mal soffre il dolor di lontananza. Nò, nò, fu giusto sdegno! (Ah, non scoprir l amor!) Tu sai che Porsenna (Clelia è furiosa nel sentir questo e si rivolge a Muzio) So che Porsenna è degno, ingrato, più di te, dell amor mio. Quai segni di virtù, d amor non diede? (Il re comincia a realizzare la verità) (Numi, che sento mai!) Il men che render puote amabil sua grand alma, il meno è un regno. E pur fuggii! Mà, ingrato, non per te: sol perché non seguì mai roman core l infame esempio di tradita fè. (disperato, nel tentativo di distrarre il re dalla tirata di Clelia) Deh sire (sgomento, ma vedendo finalmente quello che si deve fare) Deh, risparmia il mio rossore. Di generosità son vinto! perdita assai maggior che di battaglie o regni. L ubbidire al Senato, e seguir Rè si generoso, or fia mia gloria. (Essa offre la sua mano a Porsenna; egli la prende gentilmente) Mà non già la gloria mia! (Ancora trattenendo la mano di Clelia, il re si rivolge a Muzio) Per quella gratitudine, per quella dolce amicizia ch hai per me, riprendi, Muzio, il tuo caro inestimabil dono. Deh! bella Clelia, se i sospiri miei han qualche merto appo il tuo cor, deh rendi, rendi a Muzio l amor. (Egli congiunge le mani dei due amanti) Cara, perdono! se stimi di te degno un roman core, quello fia, che antepor seppe a sua vita amistà, libertà, patria ed onore. Se dell armi la gloria cedetti a voi, deh, fate almen che sia di generosità mia la vittoria. 8

11 [Duetto] Mà come amar, e come mai fidar la mia gran fedeltà ha così poca fè? Sento, ch amor vuole allettarmi ancor! Mà l alma ancor non sà come fidarsi a te. Torna ad amar, perché non ti fidar? Fù sola fedeltà il mio mancar di fè Al suo gran cor cedi si bell onor non generosità forza d amor sol è. (Orazio ora entra con Irene;tutti si riuniscono davanti a Porsenna) Dono d alta fortuna è il render salva a si gran genitor si nobil figlia. (Irene, ancora scossa dal suo incontro con Tarquinio, si precipita dal padre) Amato padre! E come, o figlia? L empio l empio Tarquinio, appena lasciasti il campo, con seguaci armati involommi il crudel! Mà il mio drappello gli vinse e gli disperse in fuga vile! E l infame Fuggì dall ira mia. [Recitativo accompagnato] (Il re, alzandosi, si rivolge all intera assemblea) Romani, udite, oda l Etruria, e tutt oda il mondo. Oda il cielo i detti miei: Sù quel ara fumante implacabile sdegno giuro a Tarquinio e alla sua stirpe! E giuro a voi, Romani invitti, pace, difesa e libertà. Per Roma giuro a Tarquinio l odio istesso, e giuro a te, vendicator di nostra offesa: pace, amistà, difesa. (Muzio e Porsenna si abbracciano) Unica erede è del mio regno Irene, ed io vo che succeda al soglio mio la romana virtù. (M assisti, amore.) A lei lascio la scelta. Amato padre, tu prevenisti 1 mio desire e i prieghi del mio diletto amante. La destra che fù già pronta al mio scampo stringer desio. Scelta di te ben degna. Giove in forma di Porsenna cred io dal sommo ciel disceso, Irene, a sparger sopra noi quanto lice a mortali aver di bene. Giunga or dunque le destre pien di diletto corrisposto amore, ed il vostro piacer sia mio contento. (Clelia e Muzio, commossi da questa manifestazione 9

12 di felicità, congiungono le loro mani) E Viva gioia raccenda il nostro core. E Terren non è l almo gioir che sento. [Finale] TUTTI Sì, sarà più dolce amore con la cara libertà. Liber alma e lieto core Son il ben di cui maggiore Ai mortali l ciel non dà. FINE DELL OPERA 10