Edoardo Caracciolo Urbanistica, architettura, storia

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1 :57 Pagina 1 Le ragioni che fanno di Edoardo Caracciolo un riferimento per molti docenti e molte discipline della Facoltà di Architettura di Palermo possono essere ricondotte ad alcune particolari condizioni. È tra i giovani che partecipano alla fondazione della Facoltà di Architettura di Palermo; infatti nel 1944 ha soli 38 anni e ha avuto modo di frequentare i corsi di Ernesto Basile, di Giuseppe Capitò, di Salvatore Caronia Roberti. È tra i docenti della Facoltà che fino al 1962 con più cura accompagnano le nuove generazioni nella ricostruzione del dopoguerra. Le vicende accademiche, le sue capacità di insegnante, la diffusa passione per la storia, fanno di lui una figura capace di rappresentare un periodo in cui la differenza tra discipline, pur se abbastanza marcata, non determina una netta distanza tra le culture e le scale del progetto. Per queste ragioni Caracciolo può essere considerato il riferimento per le articolate componenti della Facoltà di Architettura di Palermo in sintonia con quanto accadeva anche in altre realtà del Paese. Il testo, concentrandosi sullo studio di una figura tanto rilevante, intende ricostruirne una memoria, consapevole degli accadimenti, delle attenzioni teoriche, dell architettura, dell urbanistica, e si propone di scoprire nelle radici comuni che Caracciolo rappresenta le ragioni che fanno da spalla e fanno da premesse alla complessa realtà contemporanea. Nicola Giuliano Leone è professore ordinario di Progettazione urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Palermo. È stato preside della stessa facoltà ( ) e direttore del Dipartimento di Storia e progetto nell architettura ( ), segretario nazionale della SIU Società Italiana degli Urbanisti ( ), presidente della stessa dal 2011 al 2013, promotore, responsabile scientifico e docente di percorsi formativi post laurea nazionali e internazionali connessi al turismo, autore di piani e progetti in varie regioni italiane e in Paesi in via di sviluppo N.G. Leone (a cura di) - Edoardo Caracciolo FRANCOANGELI/Urbanistica Edoardo Caracciolo Urbanistica, architettura, storia a cura di Nicola Giuliano Leone FrancoAngeli La passione per le conoscenze 00,00 (U)

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6 Grafica della copertina: Elena Pellegrini Ristampa Copyright 2014 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. Anno L opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d autore. Sono vietate e sanzionate (se non espressamente autorizzate) la riproduzione in ogni modo e forma (comprese le fotocopie, la scansione, la memorizzazione elettronica) e la comunicazione (ivi inclusi a titolo esemplificativo ma non esaustivo: la distribuzione, l adattamento, la traduzione e la rielaborazione, anche a mezzo di canali digitali interattivi e con qualsiasi modalità attualmente nota od in futuro sviluppata). Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali ( autorizzazioni@clearedi.org). Stampa: Tipomonza, via Merano 18, Milano.

7 Indice Presentazione, di Angelo Milone pag La complessità del moderno o delle origini, di Marcella Aprile» 9 2. Edoardo Caracciolo, proprietà, professioni, politica, di Nicola Giuliano Leone» Le impostazioni teoriche in risposta alle sei domande di Casabella, 251, 1961, di Marcello Panzarella» L Hotel Palace a Mondello, di Ettore Sessa» Alla ricerca di un maestro, di Paola Barbera» Eduardo Caracciolo e Antonio Bonafede. Polifonia culturale e impegno sociale ( ), di Giulia Bonafede» Il contributo di Edoardo Caracciolo alla formazione del Piano regolatore di Palermo ( ), di Teresa Cannarozzo» Dalla formazione all insegnamento nelle Facoltà di Ingegneria e Agraria, di Antonio Cottone, Tiziana Basiricò» Da uno studio professionale che non c è, di Giovanna Sagona» Caracciolo e il superamento del piano funzionalista, di Giuseppe Trombino» Edoardo Caracciolo, di Leonardo Urbani» L urbanistica rurale, di Nino Vicari» 99 5

8 13. I primi anni della Facoltà, di Carla Quartarone pag Gli anni Sessanta e Settanta e l unità architettura-urbanistica, di Cesare Ajroldi» La didattica, di Giuseppe Gangemi» L intervento nei centri storici: l ANCSA e il caso Erice, di Giuseppe Abbate» Gli scritti di storia dell architettura dagli studi sul Medioevo al dibattito contemporaneo, di Emanuela Garofalo» Critica, teoria, progetto, architetture e concorsi, di Matteo Iannello» Un disegno per Palermo. Il concorso per il Palazzo della Regione, di Francesco Maggio» Il disegno sociale del piano, di Ferdinando Trapani» Il VII Congresso nazionale di Storia dell architettura, di Fulvia Scaduto» La ricostruzione di un archivio: tracce, frammenti, percorsi, di Glenda Scolaro» L urbanistica si identifica con la sua storia : Edoardo Caracciolo e la disciplina storico-urbanistica, di Maurizio Vesco» Architettura, Urbanistica, Storia e poi?, di Nicola Giuliano Leone» 194 Regesto cronologico delle attività e degli scritti, di Giovanna Sagona, Carla Quartarone, Ettore Sessa» 199 Gli autori» 217 6

9 Presentazione di Angelo Milone Fra i protagonisti della rinascita della cultura architettonica siciliana del periodo della Ricostruzione Edoardo Caracciolo (Palermo, ) è l unico esponente del mondo accademico palermitano ad avere traghettato senza traumi la sua esperienza maturata nel secondo decennio del regime fascista. Laureatosi presso la Regia scuola di applicazione per ingegneri di Palermo nel 1930, e in quanto assistente di Salvatore Caronia Roberti al corso di Architettura tecnica fin dal 1931, è l erede di quella scuola palermitana della ricerca di una Nuova architettura che, provenendo dal periodo neoclassico (con Giuseppe Venanzio Marvuglia), ha garantito alla Sicilia una continuità nella didattica di architettura votata al progetto moderno attraverso tutti i periodi dell età contemporanea. Con Caracciolo questo percorso, a partire dal 1946, trasla alla disciplina urbanistica nell appena fondata Facoltà di Architettura dell Università degli Studi di Palermo. Ma già prima della guerra il suo campo di azione professionale e scientifico aveva maturato un profilo interdisciplinare tale da renderne immune il portato culturale dall esigenza di modulare strumentalmente la poetica al mutare dei tempi. Progettista di architetture improntate ai bisogni dell individuo (sia nella fase della ricerca di un identità mediterranea esente da retoriche populiste sia nella sua stagione di ponderata revisione internazionalista della locale cultura del progetto) e in questo spudoratamente organico, studioso dell architettura storica, scevro da sovrastrutture estetico-ideologiche (e per certi versi iniziatore, tra l altro, delle indagini su una specificità della tradizione siciliana di architettura contemporanea), urbanista impegnato nella formulazione di proposte idonee a un miglioramento sostenibile (e non astratto) della società siciliana e abili a lenirne gli antichi mali, Caracciolo ha formato 7

10 generazioni di architetti e ingegneri iniziandole a un problematico approccio con la professione e con la didattica nel segno della ricerca di un oggettiva qualità umana. La sua cultura era autenticamente organica. Di un organicismo che sapeva guardare oltre, tinteggiato qua e là di movenze neoclassiche e in questo aveva saputo declinare quello spirito siciliano che sa guardare dentro le cose per comprendere che ogni cosa ha un termine. Caracciolo ha fatto scuola e attraverso questa scuola ha lasciato un segno profondo che dura ancora nei suoi tanti allievi che se lo contendono tutti. La sua eredità di intellettuale ha contribuito in maniera determinante, negli anni successivi alla sua precoce scomparsa, a scongiurare l incombente processo di omologazione della Facoltà di Architettura di Palermo nella dilagante deriva etica del contesto sociale di appartenenza. 8

11 1. La complessità del moderno o delle origini di Marcella Aprile È buona abitudine delle comunità scientifiche ripercorrere, periodicamente, la propria storia. Il convegno su Edoardo Caracciolo ha fornito tale occasione agli studiosi che hanno insegnato e insegnano nella Facoltà di Architettura e che, oggi, stanno tutti nel Dipartimento che ne ha raccolto l eredità. Edoardo Caracciolo non è stato solo il promotore della Facoltà di Architettura di Palermo ma anche l amico, il compagno o il maestro di molti di quei docenti che hanno contribuito alla trasformazione della città e di altri luoghi della Sicilia, con una carica ideologica forte volta a riscattare una regione emarginata e marginale e, tuttavia, priva di concessioni al provincialismo o a confortanti forme di autoreferenzialità. L insegnamento di Caracciolo è così rimbalzato da una generazione all altra di studenti, permeando in vari modi il loro addestramento. L attuale compagine di studiosi non è certamente riconducibile a un unico ceppo disciplinare: se c è, però, un elemento caratteristico della scuola palermitana è la sua attenzione al progetto urbano. D altra parte, Caracciolo approda all urbanistica mantenendo, nel suo insegnamento e nella sua attività professionale, l idea di un sapere architettonico unico, ancorché declinato in una molteplicità di ambiti, e non frammentario e specializzato. Immagino, infatti, che quella scelta sia stata determinata dalla convinzione di poter intervenire, con maggiore incisività, sul corpo vivo della città e del territorio attraverso processi più immediatamente limitrofi ai processi politicoeconomici e, soprattutto, più adatti a coinvolgere i destinatari dell azione progettuale, perseguendo nello stesso tempo l obiettivo di intersecare temi esogeni rispetto a una preparazione strettamente disciplinare e di ibridare la pratica professionale con forme di partecipazione popolare. Competenza scientifica, partecipazione democratica e interazione tra istanze sociali e storia dei luoghi sono state, infatti, per Caracciolo gli strumenti per 9

12 archiviare l insegnamento e la professione di tipo accademico e per fondare su presupposti nuovi il manifesto degli studi dei futuri architetti: da qui, suppongo, origina anche l istituzione della Facoltà di Architettura di Palermo a coronamento di un appassionata esigenza di sperimentazione didattica. Caracciolo muore nel 1962; non riesce quindi a vedere se e come gli studi di Architettura, una volta conclusa la ricostruzione post-bellica e consolidato il sistema produttivo italiano, si trasformeranno ancora per rispondere alle mutate condizioni sociali, così come egli stesso, Bonafede, Calandra e altri avevano a loro volta fatto. In effetti, sulla spinta del rinnovamento reclamato anche con violenza dagli studenti universitari, viene preannunciata una grande riforma il cui primo atto, nel 1969, è la liberalizzazione dell accesso agli studi universitari. Ma la riforma vera arriverà solo nel 1980, preceduta da una cristallizzazione decennale della docenza e da continue lacerazioni, per quel che ci riguarda, del corpus disciplinare dell Architettura in nome del supposto primato della politica e della sociologia su qualunque altra disciplina o attività scientifica. Negli stessi anni Settanta si costruiva, per gli operai delle acciaierie di Terni, il quartiere Matteotti, su progetto di Giancarlo De Carlo, nel quale l autore sperimentava compiutamente l ipotesi dell architettura partecipata già definita, in via teorica, nel saggio L architettura della partecipazione. Il quartiere riceve subito entusiastici elogi e aspre critiche. Gli è anche dedicato un numero monografico di Casabella, nel quale sono descritte con precisione notarile le interazioni tra progettista utenti e direzione della fabbrica, sottostanti l intero processo della partecipazione, ed è ampiamente documentato da un straordinario servizio fotografico di Gabriele Basilico. Sennonché proprio da Basilico proviene un sottile quanto ironico giudizio sull intera operazione: accanto alle immagini dell elegante e moderna architettura di De Carlo quelle degli interni domestici, con mobili in stile, di una classe operaia, di sinistra, con evidenti aspirazioni piccolo borghesi. Tutto questo sembra molto distante se guardato dal primo ventennio del nuovo secolo. Ma, in effetti, la ricerca di Caracciolo di nuove forme e modalità culturali nell insegnamento e nella professione potrebbe essere mutuata oggi. Dentro l università, la sperimentazione architettonica ha pochissimo spazio a causa della programmatica separazione, tutta moralistica, tra insegnamento e pratica professionale: l architettura si può sperimentare solo fuori dalla scuola; se questo è impedito, l insegnamento non può che essere di nuovo accademico. Inoltre, le nuove frontiere della ricerca e le trasformazioni urbane e territoriali le smart cities sono incentrate sullo sviluppo delle reti e sulla governance che non sembrano annoverare tra gli strumenti utili né l architettura né il progetto urbano. La sfida è aperta! 10

13 2. Edoardo Caracciolo, proprietà, professioni, politica di Nicola Giuliano Leone Costruire un testo che permetta di approfondire la figura di Edoardo Caracciolo, personalità importante della storia della Facoltà di Architettura di Palermo significa confrontarsi con circa 65 anni della principale istituzione dell Isola preposta alla qualità del territorio quindi con gli accadimenti nazionali che negli stessi anni si sono verificati. Caracciolo fu urbanista e docente della Facoltà dal 1944 sino al Per questa ragione il suo contributo fu essenziale per la fondazione della Facoltà in un periodo particolare come quello dell immediato dopoguerra. Fu infatti in quel periodo che si formarono i principali docenti della facoltà che negli anni successivi ebbero un ruolo determinate e che non a caso, pur tra le infinite differenze, vantano il diritto di essere stati suoi allievi. Per queste ragioni Caracciolo è anche un personaggio che ha contribuito al prosieguo della vita della Facoltà di Architettura sino al totale annullamento di queste strutture attraverso una legge voluta dalla riforma Gelmini (L. 240/2010). Questi sessantacinque anni hanno informato la vita di una comunità che ha avuto il ruolo di formare alcune migliaia di giovani necessari alla costruzione di una cultura del progetto e di determinare le principali politiche del territorio in una regione chiave dell area mediterranea. Un tentativo da fare per sapere com è andata è stato avviare un ascolto del pensiero dei principali testimoni di questa vicenda. Per attivare questa misura è stato necessario definire una Commissione composta da rappresentanti delle principali componenti degli insegnamenti della Facoltà. Questa Commissione ha sviluppato i suoi lavori assieme ai redattori dei vari contributi sino a determinare un convegno. Non essendo trascorso moltissimo tempo dall anno di fondazione della Facoltà, il 1944, è stato possibile raccogliere contributi di testimoni che hanno anche vissuto percorsi comuni con Caracciolo. Non essendo palermitano e avendo partecipato alla vita della Facoltà dal 1974, non ho avuto modo di conoscere Edoardo Caracciolo, mentre ho conosciuto tutti i sui allievi diretti e indiretti. 11

14 La memoria che ne ho ricavato è stata sempre vivissima per la natura del personaggio. Per questa ragione mi è stato connaturale stare ad ascoltare le varie ipotesi di lavoro e gli aggiustaggi dei contenuti dei vari contributi. Inoltre, essendo stato allievo di Leonardo Urbani e di Carlo Doglio che erano molto vicini a Caracciolo e avendo raccolto nella mia vita palermitana molti ragionamenti e ricordi, non sono stato esente da una certa partigianeria che credo di avere volto a forme di attesa. L ipotesi è stata quella di dare spazio ai vari contributi con l intento appunto di permettere che ogni elemento venisse alla ribalta senza condizionamenti. Mi avrebbe fatto piacere parlare di urbanistica, visto che ho insegnato questa materia in Facoltà di Architettura dal 1979 al 2013 e vi ho fondato il corso di laurea in Urbanistica nell a. a , ma vi erano discendenti diretti di Caracciolo e a loro toccava dire una prima parola. Di fatto me lo chiedevano, ne ho parlato non solo in commissione innanzi tutto con Marcello Panzarella ed Ettore Sessa e quindi con Giuseppe Trombino, Leonardo Urbani, Nino Vicari, Giuseppe Gangemi, Teresa Cannarozzo, Giuseppe Abbate, Giulia Bonafede e ho rilevato che molte cose diranno loro nel merito. Quindi mi è sembrato opportuno affrontare alcuni argomenti del nostro tempo incerto che comunque possono avere connessione con l attività di Edoardo Caracciolo. Così sono arrivato alla conclusione che poteva essere interessante partire dalla lezione magistrale che fu tenuta a Torino nell occasione della XIV conferenza della Società italiana degli urbanisti da Alessandro Pizzorno (Pizzorno, 2013) con ulteriori riflessioni condotte da Pier Luigi Crosta e Bernardo Secchi che ha come titolo Competenza e rappresentanza. La lezione di Pizzorno inizia con un chiaro riferimento alla democrazia e all evolversi dei suoi modi di esprimere potere e rappresentanza. La frase iniziale della lezione recita: In un regime di democrazia rappresentativa si possono distinguere tre vie che conducono i cittadini al potere politico, o in genere al potere civile. Una è fondata sul principio di proprietà, una sul principio di competenza e una sul principio di maggioranza. Il testo poi si sviluppa verso gli scopi che Pizzorno vuole raggiungere ovvero verso la dialettica tra maggioranza e competenza, dove si racconta delle difficoltà di esprimere competenze in una realtà che tende a conservare una sola maggioranza. Sia Cristina Bianchetti sia Alessandro Balducci fanno convergere i contenuti della lezione sul rapporto tra le politiche e il piano perché, come dice Balducci: bisogna forse ricordare innanzi tutto che per un lungo periodo, in Italia, nel dopoguerra l urbanistica è stata strettamente connessa all azione dei partiti. Ritornando ad argomentare di Caracciolo pare utile interrogarsi su come si fosse evoluto il rapporto fra i tre livelli annunciati dal dopoguerra a oggi. 12

15 Per questo scopo mi è sembrato più giusto trasformare i tre termini proprietà, competenza, maggioranza in proprietà, professioni, politica cercando quindi di trovare una condizione che desse conto di questi tre parametri nell intreccio tra disciplina urbanistica e condizione sociale. La lettura della lezione e dei suoi commentatori permette infatti di capire l evolversi di alcune questioni. Il periodo in cui Caracciolo si forma è fatto di decisori potenti, la politica della decisione è concentrata in poche mani e sicuramente Caracciolo questo lo avverte sia nella gestione della cosa pubblica che nel mestiere di urbanista e di docente universitario. Infatti nell immediato dopoguerra e per lo meno sino agli anni Sessanta anche nell università vale la dimensione, ovvero il numero. Gli ordinari della disciplina urbanistica sono pochi e il Consiglio di Facoltà è composto da poche persone. Gli studenti sono pochi e quasi tutti provenienti da famiglie benestanti, quindi pronti a succedere ai padri. A Palermo la Facoltà di Architettura, sul nascere, è retta da tre ordinari. Dunque tra il periodo che precede la guerra e il periodo successivo non vi sono grandi differenze nelle forme di concentrazione del potere, quello che è cambiato o sta cambiando è il modo di sentire la cosa pubblica e la possibilità di raccontare cose prima non raccontabili. Il primo testo di Caracciolo che tratta argomenti riguardanti tematiche relative alla rendita fondiaria è del 1944 ( Piano regolatore e limiti derivanti dalla proprietà privata, Scienze e umanità, 1). Emerge la forte intuizione che per l urbanistica transiterà verso la perequazione solo negli anni Novanta. Il secondo testo sull argomento è del 1952 ( Crisi dell urbanistica e rendita fondiaria, Le opere, 1). In questo testo emerge la questione degli espropri e dei servizi. Sembra che questo articolo sia un anticipo di questioni che verranno sollevate solo successivamente al In molti passaggi sembra anche anticipare un articolo di Stefano Rodotà apparso su Urbanistica, negli anni Novanta, dove veniva posto il tema della città diversa prima e dopo il diritto napoleonico. È Caracciolo che afferma che molti monarchi europei vollero creare allora alcuni ambienti che raggiungessero speciali effetti di decoro (vedi le varie piazze reali francesi e tedesche) e stabilirono rigidi allineamenti stradali e determinate norme sulla estetica delle costruzioni. In altri testi (Tre lezioni di urbanistica, Palermo, 1954) emerge anche una visione progettuale che tenta soluzioni utili alla riscossione del plusvalore generato dai Piani a vantaggio delle politiche sociali: crolleranno allora quelle immani resistenze economiche che, per ora impediscono il passaggio dalla urbanistica speculativa alla urbanistica sociale. Il tema delle proprietà e della rendita, messo nel novero delle tematiche principali che coinvolgono Caracciolo, rappresenta con evidenza come la pro- 13

16 fessione di urbanista si è da sempre cimentata, in Italia, con la questione della proprietà. Questo tema vive in ogni epoca e si tinge di differenti stati di avanzamento a partire dall Unità d Italia. Il periodo che segue il boom economico che inizia proprio nel 1962, anno della scomparsa di Caracciolo, darà luogo a una stagione che continuerà a pieno regime sino agli anni Ottanta. È stranamente il periodo delle competenze, ovvero delle professioni e della tecnocrazia. Come nel caso precedente non succede che questo periodo sparisca o si inaridisca, dura nel tempo e sembra che tutto possa essere affidato come soluzione, al progetto e alla tecnica. Ci si convince che la tecnica, le professioni possano risolvere problemi che in precedenza non era stato possibile risolvere. In verità questa forza diviene una realtà in molte occasioni sino a esaurire la sua spinta nel periodo successivo che invece è animato dall idea della democrazia come forza ideologica e non come materia sociale. Ne scaturirà un periodo fortemente connesso alla partecipazione intesa in vari modi, ovvero sia come coinvolgimento nelle decisioni che come condivisione di rischi e benefici. Di fatto i tre livelli della proprietà, delle professioni e della politica rappresentano abbastanza bene l evolversi dell urbanistica da una disciplina che si propone un progetto sociale e cerca di affrancare i territori dalla rendita spiegando che conviene a tutti ovvero ai proprietari e ai nulla tenenti, a una dimensione in cui la pianificazione si trasforma in preoccupazione di perdere le proprie prerogative decisionali. Ciò determina una sorta d inimicizia tra politica e urbanistica. Si raggiunge quindi il nostro periodo in cui le professioni si trasformano in tecniche con una ridottissima volontà e quindi capacità di esercitare il diritto della responsabilità attraverso le scelte. Di fatto l epoca in cui Caracciolo ha esercitato la sua professione aveva avviato un percorso verso un doppio livello di questioni, da un lato verso la democratizzazione dei problemi in cui la complessità per essere risolta aveva già bisogno di forti semplificazioni e dall altro verso la consapevolezza che i problemi sono complessi e quindi hanno bisogno di un nuovo rafforzamento della scienza per essere affrontati e forse risolti. Questa dialettica tra riduzione delle sintesi e complessità delle analisi tenderà a condurre il futuro verso equilibri informati dalle tecniche più che dalla cultura e ciò modificherà sempre di più i rapporti tra proprietà, professioni e politiche sino a renderli conflittuali. La politica, infatti, ha alimentato il bisogno di semplificazioni e non di complessità, mentre le professioni si sono arroccate in forme di preoccupate tecnologie e diffuse analiticità. Così prevale la retorica nella partecipazione con poche consapevolezze, dove tutti pensano di avere già risolto il problema nell atto del partecipare. È chiaro che non si sono volute attivare quelle necessarie procedure che potrebbero rendere semplici le cose complesse fornendo responsabilità alla democrazia. 14

17 Se si trasferiscono nella vicenda del secondo dopoguerra i tre argomenti ovvero la proprietà, le professionalità e la politica si scorge che essi generano anche tre periodi in cui diviene dominante uno di essi. Ciò accentua uno o l altro dei percorsi possibili per accreditare una possibile evoluzione sociale che determina anche qualcosa di veramente grave. Mentre la politica e le professioni erano una forza per reggere un sistema sociale, oggi si tende a ridurre il peso delle professioni e quindi anche della politica. Questo ha ridotto la speranza di crescita sociale e inaridito le forme d intelligenza. L unica attesa fiduciosa è che si ripristini l idea che le professioni possano essere l occasione per produrre nuove sintesi e nuove riflessioni verso la comprensione di ragioni di cui il mondo contemporaneo ha sicuramente bisogno. Forse Pizzorno ha ragioni importanti per sperare che possa emergere un rapporto nuovo tra politica e professione. Nascono due linee di pensiero una più fiduciosa nella soluzione progettuale e una più scettica. Bernardo Secchi (2013) sintetizza la posizione positiva dove viene evidenziata che esiste un rapporto tra una domanda e un offerta di progettualità con cui i professionisti, anche nell epoca contemporanea, sono chiamati a cimentarsi. Questi tre livelli, proprietà, professioni e politica, si incontrarono al tempo di Caracciolo per interrogarsi sul nostro futuro. L idea che eliminare uno fa vincere l altro si è manifestata sbagliata come anche l idea che l irresponsabilità personale possa essere un valore della democrazia e della politica. Riferimenti bibliografici Caracciolo E. (1944), Piano regolatore e limitazioni derivanti delle proprietà private, Scienza e umanità, 1, pp Caracciolo E. (1952), Crisi dell urbanistica e rendita fondiaria, Le opere, 1, pp Caracciolo E. (1954), Tre lezioni di urbanistica, Tip. Fratelli De Magistris, Palermo. Pizzorno A. (2013), Competenza e maggioranza nel processo di decisione, in C. Bianchetti, A. Balducci (a cura di), Competenza e rappresentanza, Donzelli, Pomezia. Secchi B. (2013), Note al testo di Alessandro Pizzorno, in C. Bianchetti, A. Balducci (a cura di), Competenza e rappresentanza, Donzelli, Pomezia. 15

18 3. Le impostazioni teoriche in risposta alle sei domande di Casabella, 251, 1961 di Marcello Panzarella Credo necessario tentare di inquadrare la figura e il pensiero di Edoardo Caracciolo all interno di una cornice più ampia, riguardante il dibattito sull architettura e sull urbanistica nell arco di tempo a cavallo del secondo conflitto mondiale, con un seguito di attenzioni, maggiori e indispensabili, fin sulle soglie degli anni Sessanta; devo però aggiungere che per cogliere al meglio la natura e il rilievo delle sue posizioni concentrerò l attenzione su un momento quasi terminale di tali coordinate, quello che per lui sarebbe risultato prossimo alla morte e che però corrisponde alla maturità piena dell uomo e alla consapevolezza maggiore dello studioso. Naturalmente, atteso l argomento specifico scelto per la trattazione, farò ciò con un attenzione particolare alle questioni che in quegli anni erano prodotte o filtrate giusto dalla rivista Casabella. Altri contributi, illumineranno certamente il pensiero e l opera di Edoardo Caracciolo in questo convegno, consentendoci di scoprirne i nessi e di situarne gli atti nell ambito per lui più operativo, vale a dire questa regione, questa città e quest Università degli studi. Ciò considerato, il compito che mi sono ritagliato è quello di una premessa, o meglio di una ricognizione rapida sul modo in cui Edoardo Caracciolo si dispone, si confronta e reagisce di fronte ad alcune tematiche, generali e capitali, del dibattito disciplinare del tempo; ne emergeranno la collocazione e il rilievo delle sue posizioni, anche in rapporto ad alcuni altri protagonisti importanti dell architettura italiana del XX secolo, dei quali alcuni interpellati da Casabella nella stessa occasione. Il quadro di questioni che ci interessa riguarda anzitutto la vicenda dell architettura moderna in Italia, una storia certamente difficile e tormentata, che attraversa il suo momento peggiore in corrispondenza del collasso del regime fascista, e si emblematizza nella sorte toccata a Giuseppe Pagano, già direttore fascista di Casabella e di Domus, perito tragicamente nel campo nazista di Mauthausen, deportato in quel luogo dopo la cattura per mano repubblichina, a seguito del suo passaggio all antifascismo clandestino. 16

19 Già propagandista della modernità in architettura, che aveva sostenuto in modo strenuo, appassionato, ma infine perdente, Pagano aveva introdotto nel dibattito italiano alcuni semi particolari di attenzione che, a distanza di decenni, avrebbero contribuito a una serie di conseguenze e di eventi. Tra questi, oltre alle ricerche sulla standardizzazione e sulla costruzione della casa in acciaio 1, sottolineerei soprattutto quelle riguardanti l architettura residenziale rurale, da lui svolte alla metà degli anni Trenta, poi confluite nella mostra L architettura rurale nel bacino del Mediterraneo, esposta alla VI Triennale di Milano (1936), e nel libro Architettura rurale in Italia, pubblicato in concomitanza. Queste attenzioni, basate sul riconoscimento della razionalità e onestà costruttiva delle case contadine, sono riversate da Pagano in una serie di articoli apparsi con costanza su Costruzioni Casabella fino al 1943, tesi a dimostrare che l architettura rurale mediterranea e il suo funzionalismo possono essere considerati tra i fondamenti dell architettura razionale moderna. Se questa è la convinzione di Pagano, attorno alla chiarezza delle sue intenzioni si addenserà però tutta una serie di torsioni, se non anche fraintendimenti: da una parte, le prove di ruralizzazione del Paese, perseguite dal regime fascista in chiave anti-urbana 2 ; dall altra, soprattutto negli anni Cinquanta, un riferirsi da più parti alla tradizione esemplata nell architettura spontanea, stavolta però in funzione di contrapposizione col verbo dell architettura moderna. Quest ultima, infatti, cristallizzandosi a mano a mano nelle forme dell International style, aveva incominciato a suscitare dubbi e insoddisfazioni, e a provocare una serie variegata di irrequietezze, specialmente in Italia. Nel contesto di tali inquietudini va collocata una vicenda covata probabilmente assai più a lungo di quanto non appaia a prima vista, certamente già avviata con l entrata nella redazione di Casabella dei cosiddetti giovani delle colonne 3, ma divampata come aspra polemica a seguito della pub- 1 Alla V Triennale di Milano (1933), Giuseppe Pagano presenta alcuni progetti di case in struttura di acciaio. Nei numeri e 71 di Casabella (1933), Pagano propone ampi servizi sulle strutture in acciaio per l architettura e presenta alcuni esempi di architetture e abitazioni costruite in acciaio. 2 Intervenendo sul quotidiano Il Popolo d Italia Mussolini aveva già dichiarato la necessità di facilitare con ogni mezzo e anche, se necessario, con mezzi coercitivi, l esodo dai centri urbani (cfr. B. Mussolini, Sfollare le città, Il Popolo d Italia, 278, 22 novembre 1928). Negli anni seguenti, con una sequenza di leggi ad hoc, il regime fascista aveva cominciato a dar seguito al proposito, senza molto successo. 3 Così sono definiti da Giancarlo De Carlo, che all epoca era ancora redattore di Casabella-Continuità, alcuni studenti del Politecnico di Milano, che protestano contro il razionalismo di maniera insegnato dai loro docenti, e ne auspicano il superamento in nome di un alleanza tra le arti per la realizzazione dell uomo totale. De Carlo interviene in proposito due volte, 17

20 blicazione sulla stessa rivista dell edificio neoliberty Bottega d Erasmo, di Gabetti e Isola 4. Con un certo ritardo rispetto ad alcune avvisaglie italiane di dissenso 5, Reyner Banham, intervenendo su The Architectural Review, stigmatizza la cosiddetta ritirata italiana dall architettura moderna 6, individuando nelle opere pubblicate da Rogers i tratti di un tradimento che gli architetti milanesi e piemontesi stavano compiendo, a suo avviso, contro l ortodossia del Movimento Moderno. Ma fino a che punto, di fatto, i temi della tradizione e la linea della continuità potevano essere compatibili tra loro? Il sottotitolo apposto inizialmente da Rogers alla sua rivista intendeva manifestare un legame ideale con la Casabella di Persico e Pagano. E però, nel tempo, non si era esso assoggettato a una sorta di mutazione di significato? Anzi, non si era addirittura accompagnato, fin dal suo primo apparire come titolo del primo editoriale, alla pubblicazione, in quello stesso numero, delle case d abitazione di viale Etiopia a Roma, di Mario Ridolfi, e del condominio per impiegati ad Alessandria, di Ignazio Gardella? Opere tra loro assai differenti, ma accomunate da una distanza evidentissima dall architettura dei razionalisti: opere, inoltre, presentate col titolo di architetture italiane, dove non è tanto l italianità che interessa, quanto il fatto che in Italia esse testimoniano la presenza viva di un fermento che si sta impegnando a contrastare il meccanicismo dogmatico astratto, altrove dominante. Qual è dunque la tradizione, e quale la continuità? In effetti, sul versante della tradizione bassa, cioè quella su Casabella-Continuità, 204, febbraio-marzo 1955, p. 83, e su Casabella-Continuità, 206, luglio-agosto 1955 (cfr. qui nota 9). In effetti anche De Carlo è convinto della necessità di superare il Movimento Moderno, ma ciò significa per lui estenderne le conquiste sulla scala più ampia dell urbanistica, per dare agli uomini case, quartieri, città, in cui la vita sia migliore ; il superamento del Movimento Moderno è dunque per De Carlo necessità assolutamente differente dall alternativa formalistica al formalismo modernistico che quei giovani vanno cercando nella storia, segnatamente nel momento di passaggio dal classicismo al romanticismo. Tra gli studenti oggetto della dura critica di De Carlo sono Aldo Rossi e Guido Canella. Tuttavia il direttore Rogers lascia che proprio Rossi e Canella inizino a collaborare con la redazione di Casabella-Continuità, per poi entrarvi a pieno titolo. Cfr. le annate di Casabella- Continuità dal 1955 al 1957 e, nel merito specifico, C. Baglione, Casabella , Electa, Milano, 2008, pp Cfr. Casabella-Continuità, 215, aprile-maggio 1957, pp Scrive Chiara Baglione: Le reazioni alla pubblicazione non tardano: in una lettera al direttore apparsa nel fascicolo successivo Eugenio Gentili Tedeschi confessa che il n. 215 lo aveva turbato: Mi è parso che con questo numero la rivista andasse perdendo la sostanza di ciò che la può far chiamare una rivista di architettura moderna. Cfr. C. Baglione, op. cit., p Cfr. R. Banham, Neoliberty. The Italian Retreat from Modern Architecture, The Architectural Review, 747, April 1959, pp

21 sub specie rurali, un primo richiamo autorevole viene da Giuseppe Samonà, lo stesso Samonà che con De Carlo, nel 1951, aveva curato la mostra sull architettura spontanea alla IX Triennale di Milano. Nel 1954, intervenendo sulla rivista Urbanistica a proposito delle architetture rurali tradizionali, egli esprime dei dubbi alquanto seri sul loro valore di anonimità, ma va anche oltre, e implicitamente solleva il sospetto che le attenzioni per l architettura rurale, quali già sviluppate da Pagano, e le intenzioni che lo stesso Pagano aveva espresso nel loro merito, possano offrire il destro a letture e progettazioni puramente formalistiche 7. Neppure secondaria, in questo ambito, è la vicenda del cosiddetto neorealismo architettonico, che produce opere quali il quartiere Tiburtino a Roma, o il Borgo la Martella a Matera entrambe pubblicate su Casabella, con un seguito però di autocritiche da parte degli stessi autori, tra loro diversamente argomentate e tutt e due ancora pubblicate su Casabella 8. Ma al superamento del Movimento moderno che in quegli anni, per più aspetti e ragioni, appare come un esigenza sempre più sentita si frappongono non solo gli allarmi contro le deviazioni possibili del tradizionali- 7 Intervenendo sul valore dell architettura spontanea, rurale, popolare, Giuseppe Samonà su Urbanistica, 14 scrive: Oggi solo alcuni aspetti esteriori di essa ci colpiscono e fra tutti la straordinaria espressione d ambiente che la struttura del nucleo imprime nella natura in cui sorge [...] tuttavia l osservazione critica in senso urbanistico di questi documenti di una storia fuori dalla storia conosciuta, può essere profittevole solo se tralascia le rievocazioni formali, per rivolgere l analisi all approfondimento dei nessi che legano nelle situazioni di fatto, l ambiente naturale e la comunità alle strutture create, per soddisfarne i bisogni d insediamento e farsi strumento mediatore fra l uomo e la terra in cui vive. E a proposito del valore di anonimità di tali architetture Samonà aggiunge che esso impropriamente si poteva applicare a un edilizia, per definire quella certa semplicità con cui sono risolte in essa talune forme di vita sociale elementare, con l impiego di mezzi modesti in organismi semplici, i quali per questo appaiono spontanei senza esserlo affatto [...] in quanto tali strutture non sono sempre così elementari come le esigenze a cui corrispondono. Cfr. Giuseppe Samonà, Architettura spontanea: documento di edilizia fuori della storia, Urbanistica, 14, 1954, pp. 6-10, poi in Pasquale Lovero, a cura di Giuseppe Samonà, L unità architettura urbanistica. Scritti e progetti , FrancoAngeli, Milano, Il borgo, o villaggio, La Martella, realizzato presso Matera tra il 1951 e il 1954, fu pubblicato sul n. 200 di Casabella-Continuità, febbraio-marzo 1954, pp , con un testo di cosiddetta autocritica di Federico Gorio, autore dell opera insieme con Ludovico Quaroni, Luigi Agati, Piero Maria Lugli, Michele Valori. Il quartiere INA-Casa al Tiburtino, Roma, fu realizzato tra il 1949 e il 1954, su progetto di Mario Ridolfi e Ludovico Quaroni. Lo stesso Quaroni ne scrisse problematicamente in un articolo dal titolo Il paese dei barocchi, apparso su Casabella-Continuità, 208, Dopo una visita notturna, quando il quartiere era già finito e abitato, Quaroni annota: L impressione che se ne ricava era che il quartiere, bello o brutto che fosse, viveva alla meglio, e che l esperienza era valida, nonostante le riserve e i disconoscimenti. 19

22 smo basso, concentrato sullo spontaneismo o sulle forme rurali o popolari dell architettura, ma anche e se possibile più forti quelli contro i formalismi di un tradizionalismo alto, cioè contro l uso della storia quale repertorio di linguaggi. Ne è esempio la polemica molto dura che Giancarlo De Carlo solleva di lì a poco contro i giovani delle colonne 9, segnatamente Rossi e Canella, cui Rogers, pur dichiarandosi in disaccordo, lascia comunque l agio di sostenere sulla sua rivista posizioni a favore di una ripresa di linguaggi dalla storia, segnatamente quelli del neoclassicismo, che nello specifico si sostanziano, per cogliere gli esempi più importanti, nella pubblicazione di alcuni studi sull influenza del Romanticismo sul Classicismo dell Antonelli o sul Classicismo razionalista di Perret, saggi ai quali contribuisce in modo determinante anche Vittorio Gregotti. Un altro momento fondamentale di interessi e questioni che ha dominato in Italia gli anni successivi al secondo conflitto mondiale è quello che vede emergere l urbanistica come articolazione sempre più distinta di una disciplina a sua volta sempre meno concentrata sul progetto e sulla costruzione dell architettura. Spinge a ciò, naturalmente, la necessità della ricostruzione, in conseguenza dei danni immani che il secondo conflitto mondiale ha arre- 9 In un breve articolo dal titolo Problemi concreti per i giovani delle colonne, pubblicato su Casabella-Continuità, 204, febbraio-marzo 1955, p. 83, Giancarlo De Carlo definisce giovani delle colonne alcuni studenti del Politecnico di Milano, che, insoddisfatti del razionalismo di maniera dei loro docenti, orientato in senso troppo professionale e tecnologico, producono per protesta qualche progetto intenzionalmente provocatorio. Il gruppo di studenti è composto da Michele Achilli, Daniele Brigidini, Maurizio Calzavara, Guido Canella, Fredi Drugman, Laura Lazzari, Giusa Marcialis, Aldo Rossi, Giacomo Scarpini, Silvano Tintori e Virgilio Vergelloni. La provocazione, messa in atto in particolare da Tintori e Vergelloni, consiste nell inserimento di alcuni elementi stilistici negli esercizi di composizione, alla maniera dell architettura eclettica dell Ottocento. Riprendendo le questioni sollevate su Casabella- Continuità, Giancarlo De Carlo, da presidente del MSA (Movimento per gli studi di Architettura), indice una serie di dibattiti e in particolare, intervenendo sul tema della tradizione in architettura, aggiunge: Non accetto la soluzione dei giovani (i giovani delle colonne li ho definiti in un breve articolo su Casabella, e ne sono rimasti irritati, ma non mi sono ravveduto dopo aver sentito la loro relazione questa sera). La loro ricerca di qualità celebrative e descrittive non ha senso perché è una ricerca astratta e aprioristica, nata soltanto per un moto intellettuale. Non può interessarci, perché abbiamo davanti problemi molto più affascinanti e reali. Siamo stretti dalla necessità di operare il passaggio dalla qualità alla quantità; di estendere le conquiste dell architettura sulla scala più ampia dell urbanistica, e questo significa dare agli uomini case, quartieri, città, in cui la vita sia migliore. Cfr. il resoconto della riunione dal titolo Un dibattito sulla tradizione in architettura svoltosi a Milano nella sede del Movimento per gli studi di architettura (MSA) la sera del 14 giugno 1955, pubblicato su Casabella-Continuità, 206, luglio-agosto 1955, pp , poi ripreso integralmente nel volume di Matilde Baffa, Corinna Morandi, Sara Protasoni, Augusto Rossari, Il movimento di studi per l Architettura , Laterza, Roma-Bari, 1995, pp

23 cato alle città italiane. Ma trattando, anche per sommi capi, dell affermarsi del ruolo dell urbanistica in Italia in quegli anni non si può non fare cenno alle iniziative di Adriano Olivetti, e al loro ruolo propulsivo già a partire dalla realizzazione attorno a Ivrea di tutta una serie di piani innovativi che tentano di dare attuazione concreta all idea di comunità, introdotta dallo stesso Olivetti, e proiettata su tutta l area del canavese. Nel 1948 Adriano Olivetti diventa membro del direttivo dell Istituto nazionale di urbanistica, e nel 1950 ne è eletto presidente, con l appoggio di alcuni giovani architetti, fra cui Ludovico Quaroni. Nel 1949 è Olivetti a sostenere la rinascita postbellica della rivista Urbanistica, che egli finanzia personalmente. Nei dieci anni successivi la rivista, prima diretta dallo stesso Olivetti, poi da Astengo, si afferma come un polo di elaborazione e confronto di altissimo rilievo e reputazione, fino a essere considerata come un interlocutore insostituibile nel dibattito nazionale e internazionale, documentato e interpretato in maniera ampia e critica. Casabella di Rogers, al contrario, affronta le questioni urbane in modo a lungo episodico, anche se è proprio Quaroni, nel 1959, a presentare nelle sue pagine 10 il libro fondamentale di Giuseppe Samonà, L urbanistica e l avvenire delle città (europee) 11, che riconosce come il primo libro italiano di urbanistica. Il libro in effetti segna una rottura, perché introduce concetti e lessico che in seguito troveremo alla base del cosiddetto progetto urbano 12. È dunque sulla soglia degli anni Sessanta che Casabella prende a trattare le questioni della città in modo più continuativo e strutturato 13, per esempio rilevando con Rogers gli intervenuti contrasti tra architettura e urbanistica 14. Il 1961, l anno delle sei domande è però per Casabel- 10 L. Quaroni, L avvenire della città, Casabella-Continuità, 236, febbraio 1960, pp Quaroni, nella sua recensione sottolinea la critica di Samonà al funzionalismo e alla cultura architettonica moderna per il loro disinteresse alla forma della città. 11 G. Samonà, L urbanistica e l avvenire della città (negli stati europei), Laterza, Bari, La genesi e il ruolo del libro sono oggetto di ampia trattazione nel saggio F. Infussi, Un programma di ricerca. Samonà, l urbanistica e l avvenire della città negli stati europei, 1959, pubblicato in P. Di Biagi, I classici dell urbanistica moderna, Donzelli, Roma, 2002, 2009, pp In particolare è Mario Ferrari a osservare che, parlando della città, Giuseppe Samonà fa in questo libro uso di un lessico legato alla definizione dei termini costruttivi e aggiunge che egli parla di spazi, di assi, di disegno, di dimensione urbana, inaugurando il lessico del progetto urbano. Cfr. M. Ferrari, Il progetto urbano in Italia , Alinea, Firenze, 2005, p In proposito si veda C. Baglione, op. cit., pp Da un lato, vi sono i tecnici dell urbanistica, i quali affermano che la determinazione tridimensionale di un Piano è sufficiente garanzia del suo successo [...] dall altro vi sono coloro che irrazionalmente si accontentano di fare delle belle costruzioni [...] ma con poco o nessun riguardo alla loro distribuzione in un contesto più ampio. Cfr. Ernesto Nathan Rogers, Contrasti tra architettura e urbanistica, Casabella-Continuità, 224, febbraio 1959, pp

24 la quello di un accelerazione, con l introduzione delle periferie e della scala extra-urbana come ambito di un espansione ulteriore, ampia e riconosciuta, degli interessi degli architetti, oramai divenuti urbanisti. Molto sinteticamente, e assai semplificato, è questo il quadro che precede e in cui si devono comprendere le sei domande che Casabella pone, nel 1961, a diciannove esponenti della cultura architettonica contemporanea, quindici italiani e quattro stranieri. Quali sono gli oggetti delle sei domande? Anzitutto occorre dire che, a circa due anni di distanza dalla polemica con Banham, sembra che la questione sia ancora accesa e, nonostante tutto, ancora capace di bruciare. Infatti, dopo una prima domanda quasi ovvia, riguardante un opinione da rendere sulle opere di architettura più notevoli costruite in Italia nel dopoguerra, le domande n. 2 e n. 3 riguardano proprio le supposte deviazioni dell architettura italiana e i fenomeni revivalistici di cui essa è accusata: fenomeni che agli intervistati viene chiesto di commentare, inevitabilmente schierandosi. La quarta domanda tocca un altro punto capitale, riguardante lo stato della disciplina, che ha già subito forti lacerazioni a seguito della tendenza a specializzare i diversi ambiti del progetto, quello alla scala dell edificio e quello alla scala della città e del territorio; e viene chiesto se tale divisione possa nascondere dei risvolti ideologici, e se le articolazioni delle discipline progettuali, ormai così differenziate, possano ancora dialogare tra loro. La quinta domanda chiede di individuare i migliori contributi della critica nel quindicennio trascorso, e di valutare il ruolo avuto dalle riviste nello stesso periodo. La sesta riguarda l industrializzazione dell edilizia, vale a dire le prospettive dell introduzione delle tecniche di prefabbricazione e dei semilavorati: gli sviluppi di un tema già introdotto e dissodato da Giuseppe Pagano sulla sua Casabella, a partire dagli anni Trenta. Le sei domande, secondo la testimonianza resami da Vittorio Gregotti, sono materialmente stilate da Francesco Tentori, da poco entrato nella redazione di Casabella, anche se è chiaro che nell insieme sono frutto di una discussione con lo stesso Rogers, e rispecchiano il clima della redazione della rivista in quel momento. È abbastanza chiara, comunque, la paternità dello stesso Tentori almeno riguardo alla quarta domanda, essendo stato egli stesso l autore di un articolo assai critico, apparso tre mesi prima sulla stessa Casabella, sulla necessità di un dibattito sulla gestione urbanistica INA-Casa, nei cui confronti come ha osservato Mario Ferrari 15 emerge una crisi 15 Cfr. M. Ferrari, op. cit., p

25 dei rapporti tra l INA-Casa e il fronte più avanzato di sperimentazione sulla città, che non trova più adeguata l idea di quartiere per affrontare le emergenze legate alla crescita delle città in concomitanza con l espansione economica del Paese e con il calo intervenuto delle realizzazioni di edilizia sociale. In effetti il vero cuore delle sei domande di Casabella riposa proprio su questa serie di disagi, quello delle difficoltà incipienti nel rapporto tra architettura e urbanistica, che si sarebbero confermate nei decenni seguenti, e quello, più interno all urbanistica, che dibatte in seno all INU su nuovi approcci e nuovi strumenti per la costruzione della città. Ma chi sono i destinatari delle sei domande? A chi chiede lumi Casabella, in un momento in cui la linea e la direzione che la stessa rivista ha tenuto fino al momento sembrano confondersi di fronte a un orizzonte di incertezze? La maggioranza degli intervistati in effetti ha finito per occupare, anche se in modi differenti, un posto di rilievo nella storia dell architettura contemporanea. In realtà parecchi tra loro ruotano o sono ruotati a vario titolo attorno alla stessa rivista, oppure sono impegnati direttamente al suo interno: sono interni Guido Canella, Vittorio Gregotti, Aldo Rossi, Luciano Semerani, Silvano Tintori, mentre Roberto Guiducci, Ludovico Quaroni, Giuseppe Samonà e Marco Zanuso fanno parte del cosiddetto Comitato di Redazione, una sorta di collegio di garanti, coinvolto piuttosto blandamente nell orientamento della rivista. Restano Giancarlo De Carlo, uscito da poco da Casabella, quattro intervistati stranieri lo zurighese Max Bill; J.M. Richards, da Londra, direttore di The Architectural Review; Douglas Haskell, direttore del newyorkese Architectural Forum; Robin Boyd da Melbourne e gli italiani Carlo Aymonino, Leonardo Benevolo, Edoardo Caracciolo, Ignazio Gardella, Paolo Portoghesi. Edoardo Caracciolo, a differenza degli altri intervistati, ma al pari di Max Bill, non dà una risposta puntuale alle domande rivoltegli. Se Max Bill, con questa noncuranza, sembra quasi snobbare l occasione, Edoardo Caracciolo, al contrario, evita di frammentare il discorso, e cerca di tessere un ragionamento molto intrecciato, discorrendo più volte, in andata e ritorno, di quasi tutte le questioni poste. Il suo linguaggio, al confronto con quello assai più secco degli altri intervistati italiani, e fatta salva l originalità assieme analitica e immaginifica di Giuseppe Samonà, appare però attardato, soprattutto in esordio, e quasi paludato, per la preoccupazione evidente di rendere compostezza e compiutezza al pensiero. Che dice Caracciolo? O meglio, che fa? Si preoccupa di fornire un quadro, cioè di ricondurre alla storia l attualità dei fatti. In effetti quasi dipinge un vasto affresco, che dispone in ordine, secondo il suo preciso punto di vista, gli eventi di oggi quali conseguenze di quelli di ieri. E l ieri si spinge fino al razionalismo della Francia a cavallo tra Cinque e Seicento, e fino alle 23

26 origini cartesiane di una visione spaziale che sembra aver governato per secoli tanto il disegno delle città europee quanto i tracciati regolatori di Le Corbusier. Ma Caracciolo si preoccupa anche di precisare che, scorrendo l una a fianco dell altra, correnti differenti spesso si confondono, sicché razionalismo dirigistico di stampo francese e storicismo empirico e comunitario di stampo anseatico e anglosassone, pur distinti, possono operare contemporaneamente all interno della stessa storia. Un affresco o forse anche la concertazione di un ampio discorso musicale, nel quale le frasi si rincorrono, ricorrono, si allacciano: questa è la trattazione di Caracciolo. Qual è il suo fine? Anzitutto quello di smorzare le posizioni estreme al contrario, De Carlo imposterà la sua risposta per modi taglienti e posizioni estremizzanti. Ma il discorso mira soprattutto a sciogliere l idea di una monolitica, quadrata, compagine del Movimento Moderno, o di una sua radice unica, indivisibile, dunque ortodossa. Mies e Gropius gli appaiono collocabili in una continuità di evoluzioni graduali, che consentirebbe di risalire, attraverso van de Velde, fino a Viollet-le-Duc. Per altro verso, il Le Corbusier de la Ville Radieuse e il razionalismo monarchico del Grand Siécle gli appaiono collegati non solo nelle forme, ma anche nel tono e nel contenuto degli scritti. E pure egli ne ha per tutti. La posizione media su cui si attesta sembra dover elidere dovunque, tanto le attitudini eroiche di chi si prefigge di lavorare per piani, quanto l obiettività presunta di Mies, che cela accuratamente un universo fantastico, come pure il misticismo wrightiano così ascetico, attestatosi in alto su un altare. Dove intendono condurre quest opera costante di smorzamento e tale martellante medietà? A che scopo riconoscere a ciascuno i pregi, imputandogli subito dopo i difetti? Non sfugge neppure Gropius, il più umano dei maestri, il meno eroico, che però avrebbe omesso l insegnamento della storia dalla trasmissione del sapere specifico. Lo scopo di Caracciolo, che si assume tutto il rischio di apparire un bacchettatore compiaciuto, è in verità quello di dichiarare la necessità di un nuovo dovere ineludibile. Egli sente intimamente, in un modo e con un intensità che noi oggi non possiamo sicuramente più intendere, di essere ancora un architetto borghese, formato e indirizzato al servizio di una rappresentazione borghese del mondo. Adesso, ciò è per lui un cruccio, perché è ovvio che la storia personale preme, e ha premuto la scuola di Ernesto Basile, la cui coerenza egli comunque esalta e rivendica. Ma è un mondo morto, concluso, finito. Ed è qui che il discorso cambia tono e le parole si sciolgono. Sì, per quanto si è prodotto negli ultimi quindici anni, riconosce ad Albini, De Carlo, Gardella, Michelucci, Ridolfi, e ai BBPR, tutti rigorosamente in ordine alfabetico, a ciascuno la dignità e la capacità di una visione dell ambiente in cui vivono, ma sembra dire limitata all ambiente in cui vivono, quale loro appare. Cos è che manca? 24

27 C è una carenza di spirito afferma esattamente quello che manca tanto ai nuovi quartieri pariolini, frutto di un inerte e quietistico piano imprenditoriale, quanto ed è ancora più grave agli interventi INA-casa, progettati da architetti formati con spirito borghese, che nulla sanno e nulla immaginano di dover sapere di coloro che andranno ad abitare i nuovi quartieri. Se poco prima ha rivendicato, con sottolineature anche accorate, il valore di un architettura come quella di Ernesto Basile, lo ha fatto perché a quella non era mancato lo spirito, benché tale spirito appartenesse a una classe oggi disfatta. Come recuperare uno spirito? Come individuare lo spirito oggi necessario alla costruzione dell architettura e della città? Qui Caracciolo, che non dimentichiamolo aveva partecipato, con i propri Rilievi di architettura rurale siciliana, alla VI Triennale di Milano del 1936, allora ordinata secondo gli indirizzi di Pagano, qui, dicevo, ha uno scarto, controllato ma pienamente avvertibile, che produce una sorta di invettiva misurata: lamenta l abbandono da parte di Casabella, e de L architettura di Zevi, della pubblicazione di esempi di edilizia minore, già felicemente avviata nell immediato dopoguerra, con i commenti di Astengo, Samonà e Piccinato. Lamenta che ciò sia avvenuto perché inteso come incitamento al folclore. E qui Caracciolo dà il via a una sorta di evocazione quasi elegiaca dei valori comunitari dei centri minori d Italia, mettendo in campo un ragionamento che sembra ripercorrere, in breve, quello dell autocritica di Federico Gorio, che invero tanto autocritica non era stata, quando su Casabella alcuni anni prima 16 aveva dato conto delle ragioni e degli eventuali errori commessi nella concezione neorealista del villaggio La Martella a Matera. Di più, Caracciolo, in esordio tanto compuntamente ottocentesco nel lessico e nella complessa architettura sintattica della trattazione, si spinge a dare la voce al popolo, introduce citazioni assai espressive in dialetto siciliano, e addirittura spezza le proprie frasi in lingua, passando dalla subordinazione alla coordinazione. Il tutto per rivendicare la necessità di questo nuovo dovere di attenzione, di ascolto, di lezione da trarre dal basso, di correzione degli errori commessi per carenza di spirito, di osservazione e comprensione. Infine dichiara una speranza, quella di potere produrre un tale radicale ripensamento appoggiandosi all esempio, al modo, al metodo maieutico adoperato da Danilo Dolci in alcune contrade della Sicilia. Aggiunge di sperare che in ciò possano aiutarlo taluni amici di buona volontà. E credo, non solo per il richiamo al concetto di comunità, ma anche per l oggettiva vicinanza di Carlo Doglio in quei giorni, da lui chiamato a insegnare a Palermo dopo la missione londinese cui l aveva destinato Olivetti, credo che di questi amici Carlo Doglio dovesse essere gran parte, 16 Si veda qui alla nota 8. 25

28 insieme con i giovani che Carlo Doglio magneticamente aveva attirato nella propria orbita. Ne è testimonianza una lettera dello studente Pasquale Culotta alla fidanzata, sua futura moglie, che pone ai primi mesi del 1961 la prima lezione di Doglio sull urbanistica inglese, ospitato nel corso di Urbanistica di Caracciolo nella facoltà di Architettura di Palermo. Una lettera preziosa, che cita i progetti avviati da Doglio con Dolci e in chiusura riporta tra virgolette la conclusione di una lezione di Urbanistica tenuta da Caracciolo il 17 aprile 1961, pochi giorni prima dell uscita della risposta alle sei domande. Dice Caracciolo levandosi come un oracolo (è grande di statura e ha i capelli bianchi): Fate quello che volete, ma non gli urbanisti, se non siete sensibili ai più veri bisogni dell umanità. Retorica? Non credo affatto. Ed è un vero peccato che il testo di Caracciolo, la sua risposta alle sei domande di Casabella, non abbia avuto fin adesso l occasione di altre disamine e apprezzamenti. Mario Ferrari, che pure ha trattato ampiamente 17 l iniziativa di Casabella, la sua origine e le risposte di più intervistati, non ne fa alcun cenno. La risposta di Samonà, al contrario, che è un compito svolto con correttezza, ma di fretta, e con una certa sensibile intenzione di tenersi sulle generali, è tanto più accreditata per aver rilevato che la distinzione fra urbanisti e architetti, fatto in quel momento poco diffuso in Italia, è propria dei paesi ad alto livello di civiltà, pur se in Italia la confusione in quel momento esistente fra i due ruoli non poteva essere considerata come una manifestazione di decadenza. Certo, Quaroni afferma con chiarezza che l urbanistica rappresenta un aspetto ideologico nuovo, ma non una nuova condizione professionale, differente e distinta. In realtà le cose stavano già andando in direzione differente da quella certezza, o alla luce del poi da quell auspicio. Aymonino e Benevolo rilevano invece lo iato già prodottosi, giudicandolo negativamente. Caracciolo si limita a rilevare che è un vero peccato che le carenze dell operare urbanistico si verificano anche quando la progettazione urbanistica e quella architettonica si riassumono nella stessa persona, ma come già riportato rileva anche che all origine del problema non sono tanto fattori contingenti, quanto una carenza spirituale. E conclude dicendo che per rimediare è necessario immergersi nella storia in atto e nella sua umana continuità : in verità nessun altra risposta alle sei domande ha contemplato un pensiero così immediatamente comprensibile, semplice e profondo. È vero anche che all ultima domanda, quella sull innovazione tecnologica, Caracciolo non risponde affatto, mentre altri, per esempio Gregotti, si profonde in una disamina accuratissima e in una valutazione a volte prolissa delle prospettive. Il silenzio di Caracciolo in proposito potrebbe sembrare 17 Cfr. M. Ferrari, op. cit., pp

29 singolare per chi aveva già insegnato Architettura tecnica. Di fatto il silenzio va registrato, insieme col fatto che esso è sostanzialmente perdurato, in una scuola in cui gli steccati disciplinari hanno avviato e portato a compimento una perfetta pratica di segregazione disciplinare. Credo però che, anche per circostanze contingenti, la stagione delle separazioni stia cominciando a mostrare qualche segno di cedimento. Sarebbe bello che, preso atto di ciò, quanto oggi è frutto di circostanze o costrizioni esterne divenisse occasione per ripensamenti attivi e responsabili. Riferimenti bibliografici AA.VV. (2002), Fanfani e la casa. Gli anni Cinquanta e il modello italiano di welfare state. Il piano INA-Casa, Rubbettino, Soveria Mannelli. Baffa M., Morandi C., Protasoni S., Rossari A. (1995), Il Movimento di Studi per l Architettura , Laterza, Roma-Bari. Baglione C. (2008), Casabella , Electa, Milano. Cagneschi C. (2009), La costruzione razionale della casa. Scritti e progetti di Giuseppe Pagano, tesi finale del Dottorato di ricerca in Composizione architettonica, Scuola di Dottorato in Ingegneria civile e Architettura, Bologna, XXI Ciclo. Cancellieri A. (2013), Ludovico Quaroni. L architetto è colui che cerca di mettere insieme cose distanti fra loro, (H)Ortus. Rivista di architetture, 2, vg-hortus.it/index2.php. Casabella (1933), 68-69, 71. Casabella (1935), 95. Casabella-Continuità ( ), 199. Casabella-Continuità (1954), 200. Casabella-Continuità (1955), 204, 206, 208. Casabella-Continuità (1957), 215. Casabella-Continuità (1960), 236. Casabella-Continuità (1961), 251. Castellano A. (2008), Cultura architettonica milanese e rinnovamento della Facoltà di Architettura tra anni Cinquanta e Sessanta, Annali di storia delle università italiane, 12, pp , ora anche in: Castellano_frameset.htm. Di Biagi P. (2009), I classici dell urbanistica moderna, Donzelli, Roma. Ferrari M. (2005), Il progetto urbano in Italia , Alinea, Firenze. Giannetti A., Molinari L. (a cura di) (2010), Continuità e crisi: Ernesto Nathan Rogers e la cultura architettonica italiana del secondo dopoguerra, Alinea, Firenze. The Architectural Review (1959), 747. Urbanistica (1954),

30 4. L Hotel Palace a Mondello di Ettore Sessa La rubrica Costruzioni nel primo numero della prima annata del periodico L architettura. Cronache e storia, fondato da Bruno Zevi nel 1955, riporta una sintetica quanto problematica presentazione di Giuseppe Samonà relativa alla realizzazione, nella città balneare di Mondello (Palermo), di una prestigiosa fabbrica a destinazione alberghiera davvero emblematica degli anni della Ricostruzione. Il complesso alberghiero descritto e commentato con asciutta prosa oggettiva, eppure tutt altro che laconica, da un Samonà già arbitro del rinnovamento della didattica di architettura (anche in relazione alla sua, quasi carismatica e assai autonoma, direzione dell Istituto universitario di Architettura di Venezia e alla conseguente nascita della Scuola di Venezia ) e fra i principali attori della svolta nella cultura del progetto dell Italia post-bellica, è l Hôtel Palace, progettato da Edoardo Caracciolo in collaborazione con Salvatore Armao, per i calcoli delle strutture in conglomerato cementizio armato, e con un piccolo gruppo di giovani assistenti 1. Sono passati ben quattro anni dall inaugurazione dell edificio, costruito fra il 1949 e il 1951 dall impresa Ghilardi (Palermo) per la locale Società industria alberghiera turistica (SIAT) che si avvale di Giuseppe Castellucci per la direzione dei lavori e di Luigi Orestano per l arredamento e per alcune sistemazioni di interni ed esterni (oggi in parte modificati). Il complesso è 1 G. Samonà (1955), Albergo a Mondello dell architetto Eduardo Caracciolo, L Architettura. Cronache e storia, I, 1, maggio-giugno, pp Sull Hôtel Palace in viale Prin cipe di Scalea a Mondello si vedano anche: Prima triennale itinerante d architettura italiana contemporanea, Firenze, 1965; G. Pirrone (1971), Architettura del XX secolo in Italia. Palermo, Vitali & Ghianda, Genova, pp ; M. Oddo (2007), Architettura contemporanea in Sicilia, Corraro, Trapani, p. 24; M. Iannello, G. Scolaro (2009), Palermo. Guida all architettura del 900, Edizioni Salvare Palermo, Palermo, pp

31 costruito su un terreno pianeggiante, ma dal sedime non ottimale 2 e fronteggia, sia pure a distanza, lo stabilimento balneare, progettato nel 1911 dall architetto belga Rudolph Stualker 3. Di forma quadrangolare regolare allungata, parallela all arenile dal quale è separata dal viale Regina Elena, quest area presenta il bordo occidentale ritagliato ad arco dalla curva del viale Principe di Scalea. Il lotto era rimasto inedificato, pur essendo il fulcro dell impianto urbano realizzato in seguito alla bonifica della palude di Mondello (iniziata nel 1910) nell ambito del piano di lottizzazione della società italo-belga Les Tramways de Palerme per l edificazione di una città-giardino balneare destinata a una villeggiatura d èlite 4, ma non esclusiva (con il 1941 nella 2 Nella scheda relativa ai dati tecnici dell edificio alberghiero, a corredo della presentazione di Samonà, si legge Fondazioni in terreno di riporto, parzialmente melmoso, su pali di cemento pozzolanico ad alta resistenza, profondità media m. 9. Struttura in cemento armato, tramezzature e sottostrati antiacustici per interposizione di vermiculite. Pavimenti dei saloni in marmo pregiato o in legno. Scale in marmo e ceramica. Pavimentazione camere in ceramica. Pavimento del grande terrazzo in ceramica su disegno. Infissi saloni in ferro. Infissi camere in legno (G. Samonà, Albergo a Mondello, cit., p. 20). 3 Per notizie e per un inquadramento storico critico, con esaustivi riferimenti bibliografici e d archivio, sullo Stabilimento balneare di Mondello si vedano, fra gli studi più recenti: L. Inzerillo (a cura di) (2009), Tra cielo e mare. Lo stabilimento balneare di Mondello, Caracol, Palermo; G. Rubbino (2009), L architettura dello Stabilimento Bagni, in M. Marafon Pecoraro, G. Rubbino, L antico stabilimento balneare di Mondello, Krea, Palermo, pp Per le vicende della fondazione e dei primi tre decenni di edificazioni della città-giardino di Mondello si vedano: (s.a.) (s.d.), Spiaggia di Mondello, Les Tramwais de Palerme, Palermo; A. Lo Faso (1925), Mondello e Valdese nell evoluzione dei tempi. Le antiche paludi e il loro risanamento, Industrie Riunite Editoriali Siciliane, Palermo; AA.VV. (1932), Guida pratica ai luoghi di soggiorno e di cura d Italia, parte I: Le stazioni al mare, vol. I: Le stazioni del mare Ligure e del mare Tirreno, Touring Club Italiano, Milano, pp ; G. Pirrone, Palermo. Architettura del XX secolo in Italia, cit., pp. 95, ; S. Amoroso (1985), Il trasporto pubblico a Palermo, Edizioni Gidue, Palermo, pp ; G. Pirrone, E. Mauro, F. Renda, A. Salvato, E. Sessa (1981), Palermo 1900, catalogo della mostra, Civica galleria d arte moderna di Palermo, 15 ottobre gennaio 1982, Storia della Sicilia editrice, Palermo, pp. XVI, 23-26, 94, 257; E. Mauro (1989), Mondello, città balneare, in G. Pirrone, Palermo, una capitale. Dal Settecento al Liberty, con testi di E. Mauro ed E. Sessa, Electa, Milano, pp ; M.C. Ruggieri Tricoli (1987), Salvatore Caronia Roberti. Architetto, Grifo, Palermo, pp , ; L. Crimi, R. Zappulla (1992), Mondello. Sviluppo storico, urbanistico e analisi delle architetture del primo Novecento, Grifo, Palermo; O. Cancila (1995), Il capitale belga in Sicilia, in J. Gousseau (a cura di), Sicilia e Belgio. Specularità e interculturalità, numero monografico degli Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell Università di Palermo, Studi e ricerche, 21, Palermo, pp ; E. Sessa (1995), Permanenze e declinazioni Art Nouveau nel modernismo siciliano, ivi, pp ; A.M. Fundarò (1996), Mondello e cento anni di storia, Guida, Palermo; L. Collura (1996), Saluti da Mondello. Cartoline d epoca della collezione Navarra, Casa Editrice Panorama, Palermo; M.T. Verda Scajola (2001), Liberty sui litorali italiani, in F. Benzi (a cura di), Il Liberty in Italia, Motta, Milano, p. 349; R. Agnello (2001), Album Mondello, Flaccovio, Palermo; M.T. Marsala 29

32 Società italo-belga, anche a causa delle misure di nazionalizzazione varate dal regime, entrano come soci maggioritari l impresario Rocco Carcione e il padre dell ingegnere Giuseppe Castellucci, l avvocato Giovanni Castellucci, che di lì a poco sarebbe divenuto Direttore della Società Grandi Alberghi Siciliani) 5. Sistemato provvisoriamente a verde urbano per quasi mezzo secolo (formando uno square dal bel disegno simmetrico ad aiuole dai bordi curvilinei, ma sempre soggetto ad allagamenti per risalita delle acque), il lotto in realtà era stato destinato originariamente a ospitare un Kursaal, con casinò, e un grand hotel, progettati anch essi da Stualker, sempre nel suo sovrabbondante modernismo di gusto vitalistico, e previsti in composizione bilanciata relativamente alla mediana in asse con il viale Galatea (perno di uno dei due comparti dell urbanizzazione di Mondello e arteria principale tra la Piana dei Colli e il lungo arenile sabbioso ad arco che da Monte Pellegrino arriva fino a Capo Gallo), cui avrebbe fatto da fondale, a mare, l esedra di accesso alla jetée promenade dello stabilimento edificato oltre la linea di costa su terrazza a palafitta in calcestruzzo. Caracciolo si sovrappone con garbo indifferente a questa seducente ipotesi di configurazione urbana, aulica quanto fieristica (ma soprattutto innegabilmente incompiuta e ormai inopportunamente perpetuabile): costituisce un fronte continuo, per quanto stereometricamente articolato, fra lo stabilimento e il viale Galatea, ubicando inoltre il suo complesso architettonico in posizione eccentrica rispetto al lotto, appena arretrato rispetto al limite occidentale ad arco della perimetrazione (quanto basta per un viale carrabile passante, separato dalla recinzione da una coppia di aiuole continue con siepi e arbusti di schermatura), assicurando così la maggiore continuità all area destinata a verde. Va anche detto che la tipologia di struttura alberghiera richiesta a Caracciolo era ben diversa da quella prevista nel 1911, essendo subentrati sia un diverso tipo di flusso turistico sia l esigenza di maggiore versatilità per attività collettive non necessariamente stagionali; oltre alle 59 stanze da letto (47 delle quali, con bagno, prospicienti sul versante marino tramite logge schermate da ariose transennature, parzialmente metalliche, per la protezione dal sole e che fanno sistema continuo, cadenzato dalla pilastratura corrispondente al passo dei setti separatori delle camere), il complesso al pianterreno è infatti dotato di ampi saloni verso il grande giar- (2002), Le città balneari dell Ottocento, L Epos, Palermo; E. Mauro, E. Sessa (2008), Itinerario V. Vocazione ludica e arte della villeggiatura. Palermo, Santa Flavia, Casteldaccia, Termini Imerese, fascicolo allegato a C. Quartarone, E. Sessa, E. Mauro (a cura di), Arte e Architettura liberty in Sicilia, Grafill, Palermo. 5 V. Lo Jacono, Mondello, tram e Italo Belga dai primi del 900 a oggi, in M. Marafon Pecoraro, G. Rubbino, op. cit., p

33 dino per la ristorazione, per la caffetteria, ma anche per conferenze, cerimonie e mostre. Dalla volontà di Caracciolo di connotare funzionalmente le parti costitutive del complesso, senza derogare a quell idea di continuità della visione d insieme che potesse garantirne anche il ruolo di segno architettonico a scala di paesaggio (e con questo in simbiosi morfologica), deriva la strutturazione in volumetrie lineari ordinate a innesto. Il segno dominante del complesso è la lunga aggregazione, sue tre livelli, di camere aperte verso il mare, compresa fra una teoria di logge (corrispondenti alle camere) e una galleria panoramica continua, verso monte, con finestre a nastro e balconi a trampolino. Per metà del suo svolgimento, quello cioè che non asseconda l inclinazione del perimetro occidentale, questa aggregazione coincide con il fronte a mare del corpo di fabbrica disposto parallelamente al viale Regina Elena, anche se da questo è separato dal giardino. Destinato ai servizi, agli uffici, agli ambienti tecnici, agli alloggi per il personale (distribuiti fra il piano ammezzato e il piano attico), alle camere singole (verso monte) e, al piano terreno, agli ambienti d uso collettivo (oltre che al comparto meridionale dell aggregazione di camere con loggia verso il mare), questo corpo di fabbrica, definito rettilineo, al pianterreno si prolunga verso l esterno con pensiline, in parte chiuse a veranda (con pilastri e travi a cavalletto) e in parte in libero aggetto, che proiettano all esterno le logiche distributive e sottolineano il comporsi delle stereometrie, oltre a suggerire la suddivisione primaria in comparti del giardino. La pregevole documentazione iconografica della presentazione di Samonà, probabilmente coeva per quanto riguarda le immagini fotografiche, mostra il complesso già in assetto d esercizio, con la sistemazione del giardino ben definita e in pieno rigoglio (sia pure con le specie arboree d alto fusto ancora non pienamente sviluppate), caratterizzata da comparti formati da raggruppamenti di aiuole, dalle superfici piane di forme irregolari (ma con bordi geometrici, nonostante le perimetrazioni mistilinee) e ritagliate da una trama di viali secondo un disegno difforme dalle indicazioni di progetto, forse anche per l apporto di Orestano 6. Tuttavia, proprio dall impianto 6 Orestano, nonostante ancor giovane all epoca dell incarico di Mondello (essendo nato nel 1916), si era già affermato, anche se prevalentemente presso gli ambienti romani, come apprezzato architetto, urbanista e scultore (è del 1938 il progetto in collaborazione con Augusto Baccin e Luigi Vagnetti per il Palazzo delle Esposizioni dei Lavori Pubblici all EUR) e specializzato anche in piani per la valorizzazione turistica, fra cui quelli di Positano e di Ravello ( ), in architetture alberghiere (all inizio degli anni Cinquanta aveva già realizzato la ristrutturazione di alcuni ambienti del Grand Hôtel Villa Igiea a Palermo, 1947, e gli alberghi Savoia e La Sirenuse a Positano, 1950 e successivi, per poi continuare i suoi impe- 31

34 ideato originariamente da Caracciolo deriva la sistemazione effettivamente realizzata (e solo parzialmente oggi sopravvissuta alle trasformazioni successive) semplicemente dissimulandone l originaria suddivisione in grandi comparti, genericamente previsti a verde (in vero vincolati manualisticamente, sul piano compositivo, dalle specifiche destinazioni, quali l arboreto e il solarium, o dalla particolare esigenza di accogliere il campo da tennis, la piscina, l area per i giochi dei bambini e il dancing all aperto). Nonostante la considerevole cubatura, rispetto al domestico quanto lezioso patrimonio edilizio circostante, Caracciolo in questo suo primo assolo progettuale post bellico consegue una configurazione agile, dunque, anche se innegabilmente composita, come allude lo stesso Samonà, quando, pur attribuendo vigore dinamico all insieme riconosce qualche disorganicità che rende eterogenei taluni accostamenti 7. Ma subito dopo aggiunge: la stessa aderenza allo scopo che vigila le altre parti dell edificio è qui nota evidentissima; e forse è proprio questo voler portare senza infingimenti all esterno gli spazi interni nella loro genuina orizzontalità che impedisce una più compiuta immagine unitaria. Nuovo fondale del signorile viale Galatea, che anzi ne costituisce elemento primario di riferimento per le soluzioni di discontinuità della composizione e quindi ne suggerisce la riuscita segmentazione, l Hôtel Palace si inserisce con pacata autorevolezza nelle vicende della cultura architettonica siciliana post bellica. Allievo della Facoltà di Ingegneria del Regio Ateneo di Palermo, Caracciolo si laurea nel 1930 quando la scuola di Ernesto gni in Sicilia in questo settore nel 1953 con le ristrutturazioni dell Albergo Castello Utveggio a Palermo, in collaborazione con Giuseppe Spatrisano, e dell Hôtel Excelsior a Taormina e nel 1957 con il piano di sviluppo turistico di Monte Gallo a Palermo), oltre che in arredamenti navali, prevalentemente per le società di navigazione Tirrenia (strettamente legata all epopea della marina mercantile siciliana e solita affidare al mobilificio palermitano Ducrot l esecuzione degli arredi delle sue navi) e Italia. Nel 1985 sarà incaricato dei lavori di ristrutturazione dello stesso Mondello Palace (si veda M. Guccione, D. Pesce, E. Reale, a cura di, 2007, Guida agli archivi di Architettura a Roma e nel Lazio. Da Roma capitale al secondo dopoguerra, Gangemi, Roma, p. 154). Caracciolo condivideva con Orestano, più giovane di dieci anni, l impegno intellettuale e professionale in ambito urbanistico. Non è certa l origine della loro conoscenza, ma è un dato di fatto che entrambi partecipano, sia pure con ruoli diversi, al Concorso per il Piano regolatore di Palermo del Fanno parte, in tale occasione, di due diversi gruppi che si aggiudicano il primo premio ex aequo: Caracciolo come capogruppo, con A. Della Rocca, L. Epifanio, G. Marletta, L. Piccinato, G. Spatrisano e V. Ziino; Orestano nel gruppo di Alfio Susini, con L. Foderà D. Tassotti, A. Tomassini Barbarossa e L. Vagnetti (si veda S.M. Inzerillo, 1981, Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo. Piani e prassi amministrativa dall addizione del Regalmici al Concorso del 1939, Quaderno dell Istituto di Urbanistica e Pianificazione Territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo, 9, Palermo, p. 72). 7 G. Samonà, Albergo a Mondello, cit., p

35 Basile ha ormai fatto il suo tempo. Tuttavia con Samonà (anche lui allievo dubbioso della scuola di Basile ma laureatosi otto anni prima) condivide quella polivalente formazione metodologica neoumanistica innegabilmente di ascendenza basiliana, pur nel totale superamento delle valenze soggettiviste (allora ancora professate con grande vigore presso la scuola palermitana, anche se in una datata variante tardo novecentista, dal più anziano Salvatore Caronia Roberti), che li conduce a estendere i propri interessi scientifici e professionali a un ventaglio di discipline architettoniche affini; progettazione architettonica, urbanistica e storia dell architettura per loro, lungi dal costituire ambiti paralleli e distinti, si integrano quali componenti di azioni professionali sempre improntate a moventi socio-culturali. Pur nella diversità del manifestarsi, questo comune orientamento fa di Samonà e di Caracciolo, l uno a Venezia (proiettato in una dimensione internazionale senza precedenti nell ambito dell architettura italiana d età contemporanea) l altro a Palermo (con una decentrata militanza da intellettuale condotto ), due esponenti problematici della coeva cultura italiana del progetto. Una particolarità, questa, che non a caso non sfugge a Zevi: l inserimento nel numero inaugurale della presentazione di Samonà sul complesso alberghiero di Caracciolo e la pubblicazione nel fascicolo successivo dell articolo di Maria Calandra sulla villa Scimemi, realizzata fra il 1950 e il 1954 su progetto dello stesso Samonà e sempre a Mondello, non sono certamente casuali. Del resto è proprio Zevi che nell editoriale del fascicolo inaugurale del suo periodico (documento esplicativo della linea culturale programmata) offre indizi inequivocabili su queste due specifiche scelte e su quelle dei compagni di cordata pubblicati, nella rubrica Costruzioni, sempre nei primi due numeri de L Architettura. Cronache e storia. Nel ricordare l alto profilo culturale del periodico Architettura e arti decorative, Zevi ne rimpiange la soppressione nel 1931 dopo solo dieci anni di vita e, paradossalmente, per i mutati orientamenti dei suoi stessi fondatori Marcello Piacentini e Gustavo Giovannoni. Se il merito di questa rivista, a onta dei repertori e dei principi sovente conservatori, per quanto sempre qualificati, in essa ricorrenti (ma che non precludevano sortite davvero avanzate come, fra i tanti, il saggio del 1921 di Piacentini sull architettura europea dei primi due decenni del secolo, quello del 1927 di Piero Bottoni sui cromatismi architettonici o quelli sui vari concorsi internazionali di architettura o di urbanistica), a suo dire era quello di essere stata l unica in Italia in cui si discutessero in eclettica giustapposizione, problemi di attualità e di storia 8, altrettanto non si poteva dire 8 B. Zevi, Colloquio aperto, L Architettura. Cronache e storia, I, 1, maggio-giugno 1955, p

36 delle due successive testate varate separatamente dai suoi due ideatori ( Piacentini diresse Architettura in modo acritico, e Giovannoni fondò Palladio secondo criteri positivistici ); per Zevi negli anni successivi, nonostante l azione di Giuseppe Pagano di convogliare nella sua Casabella-Costruzioni le forze più vigili [ ], la lotta politica e morale divenne così assorbente che la doppia esigenza di una storicizzazione dell architettura moderna e di un attualizzazione della cultura storica in architettura rimase solo parzialmente appagata 9. Da qui l esigenza fin dal primo numero di questo organo ufficioso della rinascita architettonica italiana (alquanto affetto da alcune delle problematiche già all origine della fondazione della rivista Metron e proprie dell Associazione per l architettura organica, della quale lo stesso Caracciolo era profondamente partecipe) di inserire articoli come quelli di Vittoria Calzolari sul paesaggio urbano, di Mario Coppa sull idea di unità di abitazione orizzontale, di Luigi Piccinato sull attualità delle problematiche del rinnovamento urbanistico e architettonico (tutti nella rubrica Articoli ), o come quelli di Eglo Benincasa sulla cultura (spontanea) dell abitare nel sud dell Italia e di Giuseppe Mazzariol sul rapporto architettura-scultura nella poetica di Alberto Viani (riuniti con i saggi sul concorso di venti anni prima per il Palazzo Littorio a Roma, su Pietro Nobile e su Santa Maria della Salute a Venezia nella rubrica Storia e Critica ). Non meno caratterizzanti la singolare (per quel primo momento di flessione etica della società italiana post-bellica) linea editoriale perseguita da Zevi sono alcune presenze nelle rubriche: Progetti, che esordisce con un difficile evento nazionale quale il concorso per la Stazione di Napoli (appuntamento emblematico quanto sfortunato, pur non privo di alti livelli di proposte); Bibliografia di architettura, che propone un indice ragionato della rivista Urbanistica; Strutture, che con l articolo monografico sulle sperimentazioni di Paolo Chelazzi (messe in pratica in Italia, in Cina e in America) offre una significativa testimonianza operativa di quella sintesi fra forma e tecnica tanto ricercata nell avanzata età del funzionalismo. Dunque, per Zevi, nella logica di una riconquistata sinergia disciplinare, fra la cultura del progetto (dall urbanistica alla tecnologia, dalla progettazione architettonica al disegno industriale) e le attività del giudizio (in un accezione certo più ampia degli anni Venti e, quindi, comprensiva anche degli interessi per la storiografia, per la storia della città, per la cultura materiale e per le espressioni artistiche ed edilizie spontanee oltre che per la storia dell arte e per la storia dell architettura e delle arti applicate), era strategicamente programmatico esordire con un numero inaugurale nella cui rubrica 9 Ibid. 34

37 Costruzioni (sostanzialmente la più importante) figurassero opere quali il Palazzo Olivetti a Milano di Marcello Nizzoli con Gian Antonio Bernasconi e Annibale Fiocchi, il Padiglione della Cassa del Mezzogiorno del 1953 di Adalberto Libera nel complesso della Fiera di Cagliari, la Villa a Ponte di Piave di D Avanzo e Rossetto e l Hôtel Palace a Mondello di Edoardo Caracciolo, presentati rispettivamente da Giulio Carlo Argan, Ludovico Quaroni, Carlo Cocchia e Giuseppe Samonà. Sono tutte architetture che, sia pure da angolazioni alquanto diverse e con risultati dislocabili in un ampio ventaglio di tendenze, fanno capo a quella via italiana del neo funzionalismo maturata allora, in piena età della Ricostruzione, nel segno di una rinnovata vocazione all umanizzazione; un orientamento etico, prima ancora che culturale, professato a tutte le scale progettuali e assurto quale comune denominatore di una vasta gamma di tipologie e soluzioni progettuali, come testimonia lo stesso Zevi accomunando le valenze intrinseche di questa prima selezione di documenti (o di manufatti, secondo un più generico modo di dire) della nuova architettura italiana post-ventennio: dalla perfezione industriale del Palazzo Olivetti a Milano all Albergo di Mondello, figurativamente impuro ma umanamente valido, dalla ricerca di nuove vie espressive del Padiglione di Cagliari al manierismo educato della Villa presso Treviso, al comprensivo panorama linguistico costituito dalle varie proposte per la Stazione di Napoli 10. È proprio sul riconoscimento zeviano di un profilo figurativamente impuro ma umanamente valido dell architettura alberghiera di Caracciolo che forse vale la pena di soffermarsi. Caracciolo ha quarantatré anni quando si cimenta con questo tema progettuale, il più impegnativo in ambito architettonico della sua diradata carriera professionale, iniziata nel primo lustro degli anni Trenta e terminata nel 1960, poco meno di dieci anni dopo l inaugurazione dell Hôtel Palace, con il complesso della Facoltà di Agraria in viale delle Scienze a Palermo (progettato nel 1957 in collaborazione con G. Guercio e V. Ziino), un edificio sicuramente meno impuro dell albergo di Mondello che però, con la sua dosata impronta organica ricondotta a una più sostenibile facies funzionalista (mercé l oggettiva aura mediterranea di fronti e volumetrie e in virtù di un certo regolismo distributivo, di chiara derivazione urbanistica), accusa un impronta progettuale sensibilmente più datata. Dal 1946 Caracciolo insegna Urbanistica nell appena costituita Facoltà di Architettura di Palermo, dopo avervi tenuto fin dal 1944 l insegnamento di Storia dell architettura; un percorso accademico iniziato fin dal 1931 nella Facoltà di Ingegneria come assistente e poi professore incaricato di Architettura tecnica (quindi nel solco della scuola palermitana della ri- 10 Ibid. 35

38 cerca della nuova architettura che dai Marvuglia aveva portato ai Basile). Nonostante una brillante attività progettuale in ambito urbanistico Caracciolo, sullo scorcio degli anni Quaranta, annovera un ristretto quanto significativo nucleo di progetti architettonici e di realizzazioni; in tale attività, sia durante il ventennio che dopo, riversa le sue attenzioni per la cultura cosiddetta minore ma in una direzione tutt altro che retoricamente populista (come sovente durante il regime) o elitariamente intellettualistica (come non di rado sarebbe avvenuto durante la ricostruzione). Con l Hôtel Palace, però, Caracciolo tenta di ridurre, con un inevitabile accelerazione formalistica impura, le distanze che negli anni Trenta la cultura accademica novecentista a Palermo (e non necessariamente in tutta la Sicilia, visti taluni esiti aggiornati in ambito catanese e messinese) aveva maturato, pur senza infamia, nei confronti delle più avanzate tendenze internazionali. Solo cinque anni separano la realizzazione, nel 1944, dell elegante complesso residenziale tardo novecentista in viale Regina Margherita (Palazzo ICS) di Caronia Roberti dalla progettazione dell albergo di Mondello; ma tra le due fabbriche sembra che si interpongano ben più generazioni di culture architettoniche di quanto l anagrafe edilizia non attesti. Invero in questa sua architettura manifesto Caracciolo opera con disinvolta ars combinatoria, ma è sicuramente esente da compiacimenti eclettici: sembra richiamare le calibrate modellazioni stereometriche delle più razionali opere di Hans Scharoun, anche alla luce del funzionalismo psicologico del primo Alvar Aalto; condivide con Edwin Maxwell Fry e con Erik Gunnar Asplund, ma senza dichiarata emulazione, la propensione per gli agili sistemi di orditura per i fronti (verosimilmente senza dimenticare le varianti mediterranee del tema offerte da Mario Ridolfi, da J.G. Despotopulos, da Patrocle Karantinos e da Joseph Neufeld o quelle olandesi, ben più oggettive, di W. van Tijen e J.A. Brinkman e L.C. van der Vlugt); elabora un tipo di finestratura a campata continua (praticamente a nastro) con balcone decentrato che richiama tanto il Bauhaus di Dessau quanto un ampia gamma di soluzioni affini, ricorrenti in vari quartieri sperimentali del Werkbund; adotta tipi di aggetti che ricordano soluzioni tanto di Alberto Sartoris quanto di Johannes Duiker ma anche degli architetti scandinavi; fa suo un rigore compositivo per le camere da letto e per la loro aggregazione memore della più ortodossa esperienza razionalista (da Ludwig Mies van der Rohe a Walter Gropius, da André Lurçat a Mart Stam). Vi affiorano, persino, suggestioni espressioniste nelle soluzioni di discontinuità volumetriche e nella dinamica frammentazione della testata meridionale, animata plasticamente dall inserto della transennatura d ordine gigante alla Le Corbusier e dal contrasto con la terminazione a esedra convessa della pilastratura di coronamento (successivamente 36

39 tompagnata per la sua mediocre riconversione in cubatura aggiuntiva) che, al di là della sua configurazione di sapore mediterraneo, si direbbe evocare l intelaiatura strutturale del piano attico del moscovita Narcomfin di Moissej J. Ginsburg del Il tutto, però, risulta omogeneizzato (o proprio trasfigurato) da una patina umanizzante e quotidiana al tempo stesso; un inesplicabile valore aggiunto cui tanto Samonà quanto Zevi alludono, sia pure con qualche imbarazzo, e che assegna alle tante possibili influenze il ruolo di mere proteine difficilmente isolabili, con certezza, in un così complesso processo ideativo. Nella breve stagione compresa tra la fine degli anni Quaranta e l inizio degli anni Cinquanta l architettura palermitana conosce una felice stagione di risveglio che, in taluni casi, la pubblicistica nazionale specializzata non manca di segnalare 11 : Giuseppe Samonà con la Villa Scimemi a Mondello ( ) e con l edificio SGES in via Marchese di Villabianca (progettato una prima volta nel 1953, ma realizzato solo a partire dal 1961), il gruppo Bonafede, Gagliardo, Spatrisano e Ziino con l Istituto nautico (1949 e successivi), il gruppo Caronia, Guercio, Tortorici e Ziino con il quartiere Malaspina ( ), Pietro Ajroldi con il cotonificio di Piana del Gallo (1950), Luigi Epifanio con il suo quartiere IACP di via Pitrè e quello INA-Casa dell Arenella ( ), Gianni Pirrone con la Scuola F. Orestano (1952), Salvatore Caronia Roberti con il Cinema Astoria ( ). È tuttavia l Hôtel Palace di Edoardo Caracciolo ad assumere il vero ruolo di architettura capostipite dell ipotesi di un peculiare nuovo corso della cultura del progetto nella Sicilia della matura età della Ricostruzione ; a onta del suo porsi come palinsesto di una contemporaneità, in realtà prevalentemente in differita, fino ad allora più agognata che coerentemente perseguita dai più giovani progettisti siciliani, quella di Caracciolo è innegabilmente un opera a cui il suo autore ha coscientemente affidato il fardello di architettura di transizione, con tutti i limiti e al tempo stesso le impalpabili seduzioni che un simile ruolo ha sempre comportato. 11 Sull architettura a Palermo negli anni successivi alla seconda guerra mondiale e per i relativi approfondimenti bibliografici si vedano: A. Sciascia (1998), Architettura contemporanea a Palermo, L Epos, Palermo; N.G. Leone, E. Sessa (2000), Architettura e urbanistica tra Ottocento e Novecento, Storia della Sicilia. Arti figurative e architettura in Sicilia, X, Editalia Edizioni d Italia Domenico Sanfilippo Editore, Roma, pp

40 Fonte: L Architettura. Cronache e storia, 1, 1, 1955 Fig. 1 E. Caracciolo, Hôtel Palace a Mondello (Palermo), , planimetria generale del complesso Fonte: L Architettura. Cronache e storia, 1, 1, 1955 Fig. 2 E. Caracciolo, Hôtel Palace a Mondello (Palermo), , pianta del piano terra 38

41 Fonte: L Architettura. Cronache e storia, 1, 1, 1955 Fig. 3 E. Caracciolo, Hôtel Palace a Mondello (Palermo), , veduta generale a volo d uccello dell albergo con il giardino; in asse, sullo sfondo, lo stabilimento balneare di Mondello costruito tra il 1911 e il 1913 su progetto di R. Stualker Foto: E. Sessa, 2013 Fig. 4 E. Caracciolo, Hôtel Palace a Mondello (Palermo), , veduta da sud della pensilina sull ingresso 39

42 5. Alla ricerca di un maestro di Paola Barbera Queste pagine provano a disegnare un ritratto di Edoardo Caracciolo negli anni della formazione quando, da studente prima e da giovane neolaureato dopo, muove i primi passi nel mondo professionale e dentro le aule universitarie sperimentando diverse discipline la storia, il progetto, l urbanistica e cercando, come sempre accade, punti di riferimento, modelli, esempi. Come vedremo la ricerca di un maestro troverà un punto d approdo nel rapporto con Enrico Calandra, architetto e professore siciliano, laureato a Palermo nel 1901, ma poi docente a Messina dal 1911 e dal 1930 a Roma 1. Ricostruiremo questa fase della vita di Caracciolo lunga poco più di un decennio dalla laurea avvenuta nel 1930 fino ai primi anni Quaranta attraverso un percorso che ci mostra il volto privato dei personaggi e il registro più intimo e diretto delle loro conversazioni restituito dal fitto scambio di corrispondenza. Le lettere tra Edoardo Caracciolo ed Enrico Calandra, ma anche quelle con altri personaggi di primo piano nella vicenda dell architettura siciliana e italiana di questi anni, ci permetteranno di tratteggiare una storia che altre fonti, i registri, i verbali dei consigli di facoltà o altri documenti ufficiali, non possono restituire 2. Edoardo Caracciolo, nato nel 1906, fa parte della generazione di architetti italiani che si formano nella seconda metà degli anni Venti, in un clima che registra da parte di piccole avanguardie di studenti rivolte contro la maniera tradizionale di intendere l architettura. Basti pensare alla formazione 1 Sulla figura di Enrico Calandra si veda: P. Barbera, M. Iannello (a cura di) (2010), Enrico Calandra. Scritti di architettura, Salvare Palermo, Palermo; a questo testo rimandiamo anche per la nota biografica e la bibliografia in esso riportate. 2 Desidero ringraziare il prof. Roberto Calandra e l architetto Matteo Iannello (che della corrispondenza di Calandra ha curato la trascrizione) per avermi segnalato le lettere dell Archivio Calandra; il prof. Lorenzo Caracciolo e l architetto Giovanna Sagona per le lettere conservate nell Archivio Caracciolo. 40

43 nel 1926 del Gruppo 7 a Milano o all istituzione del MIAR, il Movimento italiano per l architettura razionale, che a Roma promuove due mostre ( ) in aperta opposizione rispetto all insegnamento della architettura impartito nelle facoltà. Esattamente negli stessi anni anche a Palermo, dove Caracciolo studia presso la Scuola di Ingegneria, si registrano fermenti e tensioni tra i docenti della scuola e alcuni tra i più giovani assistenti e studenti, che organizzano una mostra per dare spazio alle nuove generazioni e a un modo diverso di intendere l architettura. Per tenere fede al nostro percorso, quello del registro privato della corrispondenza, il nostro ragionamento prende le mosse proprio dall esame di una lettera, indirizzata a Enrico Calandra, che racconta, da un punto di vista certamente personale (vedremo dopo chi ne è l autore), il clima palermitano nel 1927, mentre si sta preparando la mostra: Palermo 2 maggio 1927 Non si poteva di più, professore, in una città come questa, dove i giovani che sentono e soffrono, che anelano a rinnovarsi, sono dai maestri disprezzati e spesso anche calunniati, in una città ove l arte ufficiale si insedia come accademia ed ha così profonde radici da non permettere intransigenze e deviamenti dai suoi canoni stabiliti. Noi manchiamo di un maestro, di un vero maestro, a Palermo, di un artista grande che comprenda e che guidi, che intraveda e sappia ordinare nelle anime giovani le tendenze più disparate, preparando alla Sicilia le personalità di domani; noi siamo degli isolati, tutti, dei solitari [ ] dispersi per mancanza di guida. E la mostra è sorta per questo ardente desiderio; per riunirci, per rivederci, per sentire che tutto qui, non è inutile sterile sforzo, che un contenuto vero, una scintilla d arte esiste. Questo per lo meno lo avremmo ottenuto, lei verrà, vedrà le nostre cose, le giudicherà, ci indicherà quel che in esse è vero e quel che è falso. Ecco il vero, il solo risultato che avrà questa Mostra, la guida verso il rinnovamento. Credo che così la mostra significherà qualche cosa. Perdoni, professore, questa mia lunga conversazione, che è più che altro uno sfogo d anima, e mi creda sempre suo dev.mo Giuseppe Samonà 3 Dunque il clima a Palermo, negli anni in cui Caracciolo studia, deve essere di grande diffidenza; nelle aule universitarie e nel mondo professionale si respira un aria che molti ritengono più che sorpassata. Ernesto Basile ha ormai da tempo esaurito la propria fase creativa e gli allievi di cui si è circondato non appaiono certo in grado di applicare la lezione del maestro a nuove forme e linguaggi. Anche l insegnamento di Antonio Zanca, che in anni precedenti aveva proposto una via alternativa a quella di Ernesto Basile per l approccio 3 Lettera di Giuseppe Samonà a Enrico Calandra, Palermo 2 maggio 1927, Archivio Calandra. 41

44 alla progettazione architettonica, appare distante da una disciplina che cambia velocemente. Lo scontro tra Antonio Zanca e il suo allievo Salvatore Cardella, in occasione del concorso per l imbocco della via Roma nel 1922, aveva turbato certamente, oltre che gli stessi protagonisti, anche gli altri giovani architetti. Nessun nuovo maestro sembra poter apparire all orizzonte in una città che a lungo resterà imprigionata nel mito della belle époque e nel rimpianto per l aura di capitale mondana irrimediabilmente perduta. I nuovi maestri vanno cercati altrove. Proprio per questo motivo Samonà lascerà Palermo alla fine del 1927 e seguirà Enrico Calandra, in quegli anni docente a Messina 4. Se la strada percorsa da Giuseppe Samonà è nota anche perché egli stesso riconoscerà sempre esplicitamente Enrico Calandra come proprio unico maestro 5, meno nota è la strada seguita da Caracciolo. Nelle aule universitarie infatti il percorso di Caracciolo non incontra mai quello di Calandra, quindi la fama del maestro deve giungergli dai racconti dei più grandi colleghi: lo stesso Samonà innanzi tutto, e poi Luigi Epifanio, Giuseppe Spatrisano, Salvatore Cardella, tutti d una decina d anni più grandi. Già all indomani della laurea Caracciolo si accoda a quel gruppo di giovani (e meno giovani) che tra Palermo e Messina lavora su temi di storia dell architettura siciliana sotto la regia di Ernico Calandra. Una cerchia di studiosi, del tutto eterogenea per generazione e interessi, che annovera maestri e allievi, architetti e storici dell arte da Antonio Zanca a Giuseppe Samonà, da Stefano Bottari a Francesco Basile, da Giuseppe Pensabene a Vittorio Lanza, da Salvatore Cardella a Giuseppe Spatrisano risulta impegnata nel rilievo e nello studio di monumenti siciliani tra Medioevo e Rinascimento, sotto la regia aperta e colta di Calandra. Inutile cercare tracce ufficiali di questa scuola; solo dalla corrispondenza fitta e intrecciata apprendiamo che si tratta di un lavoro corale, orga- 4 Su questi temi si veda P. Barbera (2002), Architettura in Sicilia tra le due guerre, Sellerio, Palermo; Id. (2011), Geografia e Storia dell architettura siciliana tra le due guerre, in P. Barbera, M. Giuffrè (a cura di), Archivi di architetti e ingegneri in Sicilia , Caracol, Palermo, pp Sulla formazione di Samonà e sul suo rapporto con Enrico Calandra si veda: M. Tafuri (1975), Gli anni dell attesa : , in AA.VV., Giuseppe Samonà. Cinquant anni di architettura,?????, Roma, pp. 9-56; I. Kim (2003), Giuseppe Samonà : la formazione professionale tra architetto militante e accademico universitario, in Giuseppe e Alberto Samonà Inventario analitico dei fondi documentari conservati presso l archivio progetti, Il Poligrafo, Padova, pp ; G. Rotolo (2005), Modernità e tradizione da Enrico Calandra a Giuseppe Samonà, in C. Ajroldi, Monumento e progetto, Officina, Roma, pp ; I. Kim (2006), Alcuni episodi della biografia intellettuale di Samonà. Dai rapporti con la scuola romana alla scuola estiva dei CIAM, in G. Marras, M. Pogačnik (a cura di), Giuseppe Samonà e la scuola di architettura di Venezia, Il POligrafo, Padova, pp ; C. Ajroldi (2006), Un architetto siciliano tra modernità e tradizione, ivi, pp

45 nizzato per temi, strutturato attraverso la prassi delle gite e dei sopralluoghi comuni spesso in luoghi poco accessibili o dimenticati: Gibilmanna, Cefalù, Nicosia, Mistretta, Bronte, Randazzo per citare solo alcune tappe dei frequenti viaggi siciliani. D altro canto sarà lo stesso Edoardo Caracciolo, a ricordare così il maestro: Nel terzo decennio del nostro secolo, la tradizione storiografica dell architettura siciliana stagnava nel dilettantismo e nello empirismo (a parte l operare archeologico luminoso, ma collaterale, e qualche sporadico intervento del Giovannoni) quando il Calandra la richiamò ad alta dignità scientifica sia attraverso l opera personale sia attraverso una scuola di studiosi che egli creò e che è rimasta, in parte, viva e operante sulla traccia da lui lasciata (Bottari, Samonà, Autore, Francesco Basile, Spatrisano, Cardella, Lanza) e intorno alla quale altri studiosi, pur autonomi, si sono necessariamente raggruppati. In questo senso, di capo esplicitamente riconosciuto di una scuola concretamente operante, abbiamo adoperato la parola Maestro e non nel vago senso oratorio 6. I rapporti tra Edoardo Caracciolo ed Enrico Calandra risalgono al 1930, data della laurea di Caracciolo: Ricordo che, appena laureato, abbi a scriverle una lettera la cui risposta mi chiarì molte cose, su me stesso e fuori di me e servì a dare una direzione alle mie attività, se così si possono chiamare 7. Proprio in quell anno Calandra è chiamato a Roma a ricoprire la cattedra di Caratteri degli Edifici, ma nonostante il trasferimento mantiene saldi i rapporti con vecchi e nuovi allievi siciliani. Spesso torna in Sicilia per ragioni familiari e anche di studio, ha abbandonato la professione e si dedica esclusivamente allo studio della storia dell architettura, del passato e del presente. Caracciolo deve avere così modo di incontrarlo più volte e di intessere un dialogo in parte diretto e in parte a distanza. Nell estate del 1932 i due infatti hanno occasione di incontrarsi e discutere del lavoro di ricerca sul convento di Baida che Caracciolo ha da poco intrapreso; pochi giorni dopo Caracciolo riprende attraverso una lettera il ragionamento col maestro: Non contento di averla tediata personalmente col racconto delle mie peripezie diciamo intellettuali a proposito del Convento di Baida, mi permetto di inviarle quelle fotografie che Ella aveva chiesto se avessi meco. Riassumo la questione [ ] Lei che è un po il confessore di tante ambasce morali e materiali, vorrà scusarmi per il fastidio che le do 8. 6 E. Caracciolo (1954), Enrico Calandra, Archivio Storico Siciliano, serie terza, 5 ( ), Società Siciliana di Storia Patria, II, pp Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 22 aprile 1938, Archivio Calandra. 8 Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 4 agosto 1932, Archivio Calandra. 43

46 Alle ipotesi di Caracciolo sulla fondazione benedettina del convento intorno al 1382 e sulle trasformazioni cinquecentesche e settecentesche Calandra risponde con una serie puntuale di indicazioni bibliografiche e con il suggerimento di seguire delle lezioni sulla scultura dal Medioevo all età barocca presso la Biblioteca filosofica. Caracciolo, nel ringraziarlo, torna alla carica con la richiesta di suggerimenti su uno studio sulla storia urbanistica di Palermo: Aspettando il suo (mi consenta la parola) aiuto, ho anche ripreso un mio vecchio studio di storia urbanistica della nostra città, che sono sempre sul punto di pubblicare e che non pubblico mai per il timore (= certezza) d avere scritto qualche strafalcione. Purtroppo, nel campo degli studi, l essere affidato completamente a se stesso è una cosa che da un grande senso di incertezza, per cui Ella permetterà che, nelle crisi di coscienza io ricorra ai suoi consigli paterni 9. Intorno alla metà degli anni Trenta la corrispondenza sembra interrompersi per alcuni anni. Non sappiamo se delle lettere furono scritte e non ne è rimasta traccia, tuttavia si tratta di un periodo in cui Caracciolo va più di una volta a Roma e decide di frequentare nella capitale la Scuola di perfezionamento in urbanistica. Possiamo ipotizzare che l indicazione di seguire il corso di specializzazione in urbanistica, appena istituito presso la Scuola superiore di Architettura di Roma, provenga da Enrico Calandra che in quella scuola insegna, e che alle lettere si sostituiscano incontri diretti con il maestro. È questa una fase di intensa attività legata proprio all urbanistica, ai suoi aspetti progettuali e operativi, con la partecipazione a numerosi concorsi per piani regolatori, ai suoi aspetti storici, con studi sulla città e sul territorio in epoche passate, ai suoi aspetti teorici con proposte e modelli per lo sviluppo futuro. E infatti, una volta tornato a Palermo, dopo aver conseguito la specializzazione nel 1937, Caracciolo invia a Calandra una lettera nella quale esprime con sicurezza la scelta di un ambito disciplinare d elezione. Chiarissimo professore, [ ] Come Ella sa io sono assistente da otto anni del prof. Caronia (architettura generale, poi elementi delle fabbriche, ora architettura tecnica 1 anno) e sono stato per cinque anni assistente alla cattedra di urbanistica. Da due anni sono stato nominato assistente incaricato di architettura tecnica ed ho abbandonato la cattedra di urbanistica. Il minimo che percepisco come incaricato mi ha permesso di lasciare il lavoro che prima facevo da picciotto di studio e mi ha dato modo di dedicarmi ai miei studi preferiti che sono quelli di urbanistica. Spero di potere continuare a farlo. 9 Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 15 settembre 1932, Archivio Calandra. 44

47 Per dare una direzione a questa mia attività dovrei pormi come obbiettivo la libera docenza in urbanistica. Ricorro al Suo consiglio per sottometterle il mio programma di lavoro. Lei sa che qui non ho a chi rivolgermi 10. Alla lettera Caracciolo allega le proprie pubblicazioni, delle quali in alcuni casi segnala a Calandra i limiti, ma soprattutto traccia un programma di ricerca futuro. Non è inutile segnalare la data della lettera, 22 aprile 1938, quando è appena stata pubblicata da Laterza la Breve storia dell architettura in Sicilia di Enrico Calandra, a questo testo, seppur non esplicitamente, sembra ricollegarsi il ragionamento di Caracciolo che vorrebbe affrontare un tema analogo ma da un altro punto di vista: [ ] Da moltissimo tempo perseguo l idea di scrivere la storia dell urbanistica in Sicilia. [ ] Potrebbe essere questo uno studio di grande respiro, di una certa portata scientifica, in contrasto con quelli fatti sempre d occasione. Prima di accingermi però a questo sforzo non solo intellettuale ma anche finanziario, mi permetto di domandarle se Ella ritiene che tale studio sia il più conveniente per i miei scopi immediati, ossia per la libera docenza. Ossia, crede Lei che i [ ] esaminatori, possano fare un ragionamento come questo: C è un Cristo che vorrebbe starsene bello tranquillo a fare lo storico urbanista; dà affidamento di poterlo fare (e questo dovrei farlo vedere con lo studio in questione), facilitiamogli lo studio dandogli la libera docenza?. Naturalmente vedrei di presentare qualche cosa negli altri campi dell urbanistica in maniera da presentarmi come un tecnico urbanista di buona cultura generale con speciali tendenze per la parte storica. Quest ultima tendenza nasce sia da una mia speciale preferenza, sia dall impossibilità locale di occuparmi dell urbanistica attiva. I concorsi di urbanistica, a distanza, sono impossibili. [ ] Le domando scusa per la lettera veramente immane e per il fastidio, certo non lieve, che le do. Mi sia di scusa l importanza vitale che tutto ciò ha per me. Con infiniti ringraziamenti, devotamente, Edoardo Caracciolo 11. Come si vede dalle lettere Caracciolo ha grande fiducia nelle indicazioni di Calandra, sia dal punto di vista scientifico che da quello pragmatico, legato all opportunità di alcune scelte. Calandra con generosità risponde a ogni sollecitazione e la corrispondenza tra il 1938 e il 1939 è fitta e riguarda una molteplicità di temi. Caracciolo richiede il consiglio del maestro sulle mostre di architettura retrospettiva e sindacale che si stanno organizzando a Palermo, segnala a Calandra una serie di aggiornamenti su ritrovamenti archivistici e bibliografici di studiosi locali, i due discutono anche sulle recensioni 10 Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 22 aprile 1938, Archivio Calandra. 11 Ibid. 45

48 della Breve storia dell architettura in Sicilia e, infine, Calandra propone a Caracciolo di costituire un gruppo di ricerca insieme a Giuseppe Spatrisano, Luigi Epifanio e Salvatore Cardella, per presentare all Accademia d Italia una richiesta di finanziamento per studi sul rinascimento in Sicilia. Lunghe lettere, definite ironicamente da Caracciolo succinte come è succinto un discorso di Hitler 12 riguardano ancora l esame di libera docenza in urbanistica che, alla fine, viene superato, con l aiuto del giovanissimo Roberto Calandra, figlio di Enrico, appena rientrato a Roma dopo un anno passato alla Columbia University di New York, grazie a una borsa di scambio tra la facoltà di Valle Giulia e la Columbia. In America Roberto Calandra ha seguito un corso di Raimond Unwin, ha avuto modo di osservare direttamente le recenti sperimentazioni urbanistiche, ha studiato le architetture e le teorie di Frank Lloyd Wright. Anche con questo bagaglio di aggiornate competenze Caracciolo prepara la dissertazione con la quale supera l esame. Le lettere scambiate tra il 1941 e il 1943 riguardano sempre temi di ricerca storica ma testimoniano anche le ristrettezze e le difficoltà quotidiane di anni sempre più difficili; lo studio serve anche a trovare riparo dal dolore della guerra e delle distruzioni: ho redatto un piccolo saggio su taluni ambienti urbanistici palermitani, sia allo scopo di indagare un metodo di studio critico-storico dei complessi urbani, sia onde fugare un po il dolore di vedere la povera Palermo ridotta in uno stato pietoso! 13. Ma a questo punto e qui si chiude il pezzetto di storia che abbiamo ricostruito, Caracciolo non è più un giovane alla ricerca della propria strada; gli anni e gli eventi richiedono nuove responsabilità. La corrispondenza così muta di tono e assume un fare decisamente più operativo che riguarda la ricostruzione materiale e morale, degli edifici ma anche delle istituzioni: i monumenti crollati da studiare, i restauri da compiere, la fondazione di una nuova Facoltà di architettura sono i temi che vedono Calandra e Caracciolo confrontarsi ormai da pari. Mio carissimo Caracciolo, non creda che il ritardo a risponderle sia dovuto a un timore superstizioso, quasi ché mi sembrasse di parlare con un redivivo. No! Quella notizia cui alludeva scherzosamente la sua prima lettera dopo il lungo distacco venne, sì, sino a Roma, ma, non essendo stata confermata da nessuno e da nessuna prova, non le abbiamo dato credito, perché troppo ci avrebbe costernato, se vera. Non abbiamo creduto perché non abbiamo voluto credere. E ora le sue lettere dense, la sua azione multiforme ci provano che Ella è più vivo e dinamico che mai. E battagliero anche! Per l istituenda 12 Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 30 agosto 1939, Archivio Calandra. 13 Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 26 aprile 1943, Archivio Calandra. 46

49 Facoltà, per la ricostruzione, per i nostri monumenti e gli studi che li riguardano, per sostenere Guiotto contro la doppietta Valenti-Di Pietro. Bravo! Così devono essere i giovani e anche gli uomini maturi oggi, così specialmente vogliamo i migliori: attivi e generosi 14. Ma all entusiasmo di Calandra che ragiona sulla nuova Facoltà di Architettura, che contatta Giuseppe Samonà per sondare la possibilità di un suo ritorno nell isola, che propone a Caracciolo di scrivere, insieme a Mario Guiotto, una monografia sulla chiesa di San Francesco per una collana sui monumenti distrutti dalla guerra per la casa editrice Sandron si contrappone il panorama della situazione siciliana che, agli occhi di Caracciolo, è ancora chiuso e isolato come appariva nel 1927 a Giuseppe Samonà: Qui le cose vanno a fondo. I formidabili periodi da noi passati qui a Palermo, dei quali solo potrò dirle a voce, fra tanti crolli materiali, morali e spirituali, furono da me, bene o male, superati isolandomi, con cieca volontà, nello studio. Lo studio si riassume in un lungo, ininterrotto, quotidiano colloquio con Lei e con Benedetto Croce. Con Lei per ciò che riguardava la storia dell architettura, specialmente isolana (vedevo crollare i monumenti e pensavo al nostro dolore [ ]) col Croce per ciò che riguarda gli studi di estetica e per chiarire un po a me stesso le cose che in me avvenivano fra tanto doloroso clamore e tanta miseria. Quando giunsero le prime camionette americane avevo in mano la Breve Storia..., ora, istintivamente, queste mie lettere sono la continuazione di quei muti colloqui 15. La lettera si chiude con una pressante richiesta che riguarda la nuova Facoltà e la necessità di avere a Palermo nuovi maestri: Qui è immenso il bisogno di avere Giuseppe Samonà con noi, onde ottenere un po di aria fresca Lettera di E. Calandra a E. Caracciolo, s.d. fine 1944, Archivio Caracciolo. 15 Lettera di E. Caracciolo a E. Calandra, 9 febbraio 1945, Archivio Calandra. 16 Ibid. 47

50 6. Eduardo Caracciolo e Antonio Bonafede. Polifonia culturale e impegno sociale ( ) di Giulia Bonafede Edoardo Caracciolo è il primo urbanista siciliano che riesce a infrangere in campo urbanistico l immobilismo della cultura isolana dopo il ventennio fascista e a rigenerarla (Natoli, 1964; Calandra, 1987). Con generosa carica umana estende esperienza, competenza, etica e passione per la ricerca ad allievi e collaboratori che presto sposano e supportano le sue battaglie culturali. Antonio Bonafede è uno di questi: anch esso siciliano si è laureato in Architettura a Roma nel Caracciolo ha già ottenuto la libera docenza in Urbanistica a Roma e già opera in Sicilia da architetto-urbanista quando nel 1946 è incaricato a Palermo di insegnare Urbanistica nella giovanissima Facoltà di Architettura 1. Le due figure hanno avuto a Roma un comune e solido riferimento umano e culturale, il prof. Enrico Calandra ed entrambi sono legati anche al figlio Roberto da una salda amicizia fondata sull interesse per l urbanistica. Gli urbanisti dall avamposto romano non hanno solo assorbito la lezione di Wright, nella declinazione sostanziale d integrazione tra natura e insediamento umano, ma anche la cultura della città di Munford, l esperienza della Tennessee Valley Autority, l impegno sociale di Gropius e Mies, le contaminazioni culturali tra formazione europea e americana (Barbera, 2012; Bonafede, 1997) e la rivalutazione dell architettura rurale di Pagano, cui si aggiungono, fra l altro, le teorie del Bernoulli sull uso del suolo e quelle di Geddes, almeno per quegli aspetti allora più diffusi riguardanti il fenomeno della conurbazione. Se Enrico e Roberto Calandra sono il ponte di collegamento, Caracciolo e Bonafede hanno sicuramente occasione di incontrarsi nel 1947 all A- PAO Sicula, la sezione siciliana dell associazione per l architettura organica, ispirata alla matrice wrightiana dell architettura moderna e fondata da Zevi. 1 Cfr. C. Quartarone, in questo volume; Inzerillo (2007). 48

51 Come membri del comitato promotore della sezione siciliana si occupano sia di riforma universitaria e urbanistica, sia di formulare il regolamento edilizio tipo in Sicilia; elaborano, inoltre, una proposta di emendamento all articolo n. 41 del progetto della Costituzione Repubblicana 2. È tuttavia nell ambito dell attività didattica che il rapporto di collaborazione e di stima reciproca tra Caracciolo e Bonafede s intensifica e cresce. Bonafede comincia a collaborare come assistente volontario di Caracciolo mentre insegna Architettura e prospettiva al liceo artistico di Palermo. Caracciolo ha avuto modo di apprezzare il giovane Bonafede che si è già cimentato, dal 1948 al 1950, in collaborazione con più illustri ed esperti colleghi nei noti concorsi nazionali di sistemazioni architettonico-urbanistiche nell ambito del Piano di ricostruzione 3. Due di questi concorsi sono difatti argomento del famoso articolo di Caracciolo sul Teatro marittimo di Palermo (Caracciolo, 1950a). La collaborazione all attività didattica e di ricerca incomincia probabilmente tra il 1948 e il 1950 poiché Bonafede è già presente al I Congresso nazionale sull insegnamento dell Urbanistica tenutosi a Siena nel 1951 e contribuisce al reperimento, elaborazione e visualizzazioni dei materiali per la mostra delle regioni, tenutasi a Venezia nel 1952 in occasione del IV congresso INU 4. Nel febbraio del 1953 Caracciolo chiama Bonafede ad assumere il ruolo di assistente straordinario per contribuire istituzionalmente alla didattica del corso di Urbanistica e si avvia la ricerca sui quartieri connessa alla prima sperimentazione di pianificazione dal basso, aderendo all iniziativa intrapresa dagli abitanti della zona sud ovest di Palermo che si costituiscono in Comitato popolare delle borgate. I materiali prodotti (non solo dal corso) confluiscono in una mostra cittadina promossa dalla galleria LEA, meta di visita anche per i partecipanti al IV convegno nazionale INU, tenutosi nel novembre del 1953 a Palermo (Inzerillo, 2007) 5. Nell ambito della ricerca sui quartieri organici s inquadra, tra le altre attività didattiche di questo periodo, la partecipazione di Caracciolo e Bonafe- 2 L elenco completo dei membri del comitato promotore e le attività svolte sono riportati in Associazioni APAO regionali, Metron, 16 e 17, Della riforma urbanistica in Sicilia se ne occupa anche la sezione regionale INU che produrrà studi e proposte poi maturate a livello regionale nel cosiddetto disegno di legge Napoli-Costarelli del I progetti sono: la sistemazione del Rione Villarosa (terzo premio ex equo). Cfr. Metron, 28, 1948; L istituto nautico e scuola Marittima (primo premio), cfr. Urbanistica, 3, gennaiomarzo 1950, p. 77; Sistemazione della via del Porto (primo premio), cfr. Urbanistica, 6, ottobre dicembre 1956, p. 42. Cfr. anche Pirrone (1964); Scolaro e Iannello (2009). 4 I materiali sono pubblicati in La pianificazione regionale, INU, 1953 e in seguito in Bonafede A. (1959), La pesca in Sicilia, La Cartografica, Palermo. 5 La galleria LEA (Libri e Arte) è gestita da Alba e Maria Gulì e Pina Cotroneo Catania. 49

52 de con gli studenti del Corso al Congresso UIA (Union International Architectes) per il Concours international d émulation che nel 1955 li conduce a Le Have, in Olanda. La partecipazione al V congresso nazionale INU sui Piani comunali nel quadro della pianificazione regionale tenutosi a Genova nel 1954, invece, aveva offerto l occasione a Bonafede di intervenire con una relazione dal titolo I piani regolatori di risanamento e di ampliamento di Palermo dal 1860 al 1885, poi pubblicato nella rivista Urbanistica 6. L indagine storica degli insediamenti riveste un ruolo rilevante nell articolazione del metodo della scuola Caracciolo da applicare per la sperimentazione dei primi strumenti urbanistici al fine di tracciare lo sviluppo futuro delle città siciliane. I fenomeni socio-economici che interagiscono con la struttura urbana e territoriale dei centri siciliani si rilevano non solo attraverso lo studio dei dati statistici, delle dinamiche demografiche e della realtà fisica dei luoghi, ma anche attraverso l attento studio della morfologia urbana e degli strumenti urbanistici del passato. Questi sono espressione dell evoluzione tecnica della disciplina urbanistica ed esito di processi culturali e politici che non sempre, come rileva Caracciolo (1955), sono portatori di valori condivisibili. Se Caracciolo (1950b) afferma che l urbanistica s identifica con la sua storia, evidenziando la relazione imprescindibile tra la ricerca storica e la pianificazione, Bonafede tratteggia dunque le vicende urbanistiche attraverso i piani ottocenteschi della città di Palermo al fine di comprenderne la persistente depressione socio-economica e le relazioni con il degrado edilizio (Bonafede, 1955). Tali argomentazioni saranno rilanciate in seguito anche per tentare di distogliere la cultura urbanistica e la classe politica locale dall ineluttabile ruolo parassitario cui hanno destinato il capoluogo della Regione siciliana (Bonafede, 1956; 1961). La didattica non è l unica attività culturale a legare le due figure, seppure in essa si coagulino i molti interessi scientifici di ricerca e l impegno sociale di Caracciolo che interagiscono con quelli di Bonafede che è proiettato nella militanza attiva sul territorio attraverso l azione politico-culturale. Caracciolo con la sua carica umana coinvolgente intesse relazioni tra intellettuali e campi del sapere differenti e l attività professionale costituisce verifica della ricerca teorica e dell attività didattica. Una delle prime occasioni di collaborazione alla ricerca progettuale è il concorso bandito dal Fondo incremento edilizio per la progettazione di un quartiere. Il progetto che è premiato nel 1953 è il frutto del lavoro di Caracciolo, Bonafede e Pirrone e sviluppa il tema del concorso nella zona orientale 6 Cfr. Urbanistica, 17, 1955, pp

53 di Palermo, in area di espansione prevista dal piano di ricostruzione 7. Nel 1955 il concorso per il palazzo della Regione Siciliana li vede ancora lavorare insieme con un folto gruppo coordinato da Pietro Airoldi. Il progetto ottiene il secondo premio ex equo 8. L esperienza più nota di progettazione in cui Caracciolo e Bonafede hanno occasione di lavorare insieme è quella nel 1957 per la realizzazione del Nucleo residenziale pilota di Borgo Ulivia a Palermo con Roberto Calandra e Giuseppe Samonà capogruppo 9. È fondamentale costruire luoghi relazionali dove la misura umana degli insediamenti è supportata dallo studio di adeguate dotazioni di attrezzature articolate attraverso il sistema del verde (Caracciolo, 1954), sebbene cresca l esplicita consapevolezza dei rischi che comporta la costruzione di nuclei satellite, privi di solide ragioni economiche e fuori dal disegno di un piano in grado di incamerare il plusvalore delle aree urbanizzate a beneficio della collettività, piuttosto che a vantaggio della rendita fondiaria dei privati (Bonafede, 1959). Se le dinamiche speculative e la rendita fondiaria rientrano nel campo economico, amministrativo e politico (Caracciolo, 1953), questi aspetti, che col tempo si vanno ineludibilmente implicando con l urbanistica, sono le ragioni di una crisi della disciplina che la scuola siciliana affronterà con consapevolezza, attraverso il dibattito sulle vicende del PRG di Palermo che coinvolge in prima persona Caracciolo 10. Sebbene Caracciolo col tempo raramente partecipi ai concorsi, tuttavia sprona gli allievi e organizza i gruppi di lavoro, infondendo il bisogno di verificare continuamente, a livello etico, la validità del proprio operare (Natoli, 1964, p. 10). Se il concorso è anche un opportunità per indirizzare le singole abilità e potenziarle, Caracciolo con arte maieutica si riserva il ruolo di critico problematico (Calandra, 1987) della sua scuola. In questa luce, il traguardo raggiunto da un gruppo di lavoro può essere inteso come un successo ottenuto dalla scuola nel suo complesso. Nel 1956 si avvia una feconda stagione di concorsi nazionali di progetta- 7 Cfr. Urbanistica, 14, 1954; F.C. Morand (1956), Urbanisme. Projects, Plans et Realisations. L Architecture Vivante, Edition Albert Morancé, Paris, 1956; G. Tombola (1958), Urbanistica. Storia e tecnica, Cedam, Padova; Bonafede (1997). 8 Gli altri componenti del gruppo sono: I. Arcara, P.F. Borghese, M. Calandra, R. Calandra, G. Pirrone ed E. Mazzullo. Cfr. L Architettura, 4, novembre-dicembre 1955; B. Zevi (1971), Cronache di architettura, vol. I, Laterza, Bari. 9 Cfr. Domus, 388, marzo 1962, pp. 7-16; Casabella, 265, luglio 1962, pp ; Pirrone (1971, pp ); Bonafede (1997); Maggio (1997); Sciascia (1998); Iannello, Scolaro (2009). Il nome di Bonafede sarà legato al quartiere anche negli anni successivi, quando si realizzeranno altri edifici residenziali e la scuola elementare (1972) con G. Pirrone e S. Incorpora. 10 Cfr. T. Cannarozzo sulle vicende del PRG di Palermo in questo volume. 51

54 zione urbanistica che costituiscono l occasione per gli allievi di cominciare a sperimentare i primi PRG in Sicilia, applicando il metodo della scuola Caracciolo che si andava codificando. Nel 1957 Bonafede partecipa con gruppi di progettazione a tre concorsi per la redazione dei PRG di centri siciliani caratterizzati da condizioni sociali ed economiche differenti: Augusta proiettata verso una dimensione industriale; S. Agata di Militello in area di sviluppo terziario e Patti fondata su un economia di tipo artigianale e a vocazione turistica 11. Questi ultimi concorsi segnano una fase importante per la scuola Caracciolo poiché seguirà l effettiva redazione dei PRG; nel 1960 quello di S. Agata di Militello e nel 1961 quello di Patti, poi pubblicato come caso applicativo di una metodologia esemplare 12. Diretti a stimolare la rinascita economica e culturale dei centri siciliani, sono piani felicemente corali, espressione di competenze e sensibilità diverse. Per Bonafede sono occasione per definire il proprio contributo. Attraverso il disegno del piano che si adagia alla morfologia locale, l urbanista siciliano manifesta attenzione sia al paesaggio, sia alla tessitura urbana dei centri storici (Calandra, 1980; Gulì, 1992) individuando le direttrici di espansione in conseguenza di una maturata adesione alla matrice organica dell urbanistica. La sua formazione e la sua personale ricerca storica sulla morfologia dei nuclei urbani siciliani (Calandra, 1980) in coerenza con l insegnamento di Caracciolo si declinano nell integrazione tra ambiente naturale e insediamento umano. Portato a considerare la città come espressione democratica (Gulì, 1992, p. 1), per Bonafede la nuova espansione ha il ruolo di equilibrare la concentrazione di attrezzature del cuore urbano, frutto di antichi rapporti di potere, attraverso la gemmazione delle stesse regole compositive inscritte nel territorio, ma con una funzione sociale espansa 13. In quegli anni intorno alla scuola di Caracciolo oltre a Bonafede e all amico Calandra gravitano: G. Pirrone, S. Inzerillo, N. Vicari, S. Prescia, A. Gulì, L. Natoli, S. Leone, P. Di Stefano e L. Urbani. Nel 11 Il gruppo del PRG di Augusta (primo premio ex equo) è costituito da A. Bonafede, capogruppo, S. Prescia e N. Vicari. Il gruppo del PRG di S. Agata di Militello (primo premio) è costituito da R. Calandra, capogruppo, A. Bonafede, S. Prescia, S. Teresi. Il gruppo del PRG di Patti (primo premio) è costituito da A. Bonafede, capogruppo, S. Prescia, S. Teresi, N. Vicari. 12 Cfr. Architetti di Sicilia, 4, luglio-agosto, 1965, Edizione G. Gennaro. Nel 1976 il gruppo, a meno di Teresi, aggiornerà il piano. 13 Contestualmente altri gruppi della scuola Caracciolo si cimentano nella partecipazione ai concorsi, tra i quali il gruppo costituito da G. Pirrone e S. M. Inzerillo con T. Lucentini e G. Mirrione, per il piano di Castelvetrano, ottenendo il primo premio. 52

55 1958, quando Caracciolo è già titolare della Cattedra, Bonafede vince il primo concorso bandito dalla Facoltà di Architettura per assistente ordinario in Urbanistica contribuendo a consolidare la scuola 14. In questo periodo Bonafede si dedica soprattutto alla ricerca storica e morfologica dei centri medievali siciliani che costituiscono argomento di lezioni per il corso di Caracciolo 15. È il periodo durante il quale Caracciolo e Bonafede sono anche impegnati a organizzare e promuovere il convegno di Gubbio sulla salvaguardia dei centri storici e quello di Palma di Montechiaro sulle aree depresse 16. Nel 1960 i due urbanisti siciliani, inoltre, redigono con l ing. Casciuolo il PRG di Mazara del Vallo che rappresenta l occasione per collaudare la metodologia scientifica rapportandosi con l Amministrazione in modo da rendere più trasparente il processo di formazione del piano. S introducono le direttive di piano, anticipandone l istituzione ufficiale degli anni Novanta e si utilizzano i questionari rivolti alle commissioni istituite in seno all Amministrazione per lo studio delle premesse allo schema di piano che è approvato dopo la discussione pubblica 17. In conformità a tali studi e deliberazioni segue la redazione del PRG, adottato in data 5 settembre del La relazione generale che è pubblicata l anno successivo anche a fini didattici (Caracciolo, Bonafede, Casciolo, 1961) illustra l approccio metodologico attraverso l articolazione degli argomenti trattati 18. Gli allievi e collaboratori della scuola Caracciolo nel 1961 costituiscono il GAUS (Gruppo per l architettura e l urbanistica siciliana) 19 con lo scopo di animare il dibattito culturale sulle vicende del PRG di Palermo, a seguito 14 Al concorso ottengono l idoneità G. Pirrone e S. Inzerillo. Pirrone diventa Assistente ordinario nel 1960 in Architettura degli interni con G. Levi Montalcini; Inzerillo diviene Assistente ordinario nel 1962 in Caratteri distributivi degli edifici con G. Caronia. Urbani è chiamato da Caracciolo come Assistente straordinario nel 1958 e diviene Assistente ordinario nel 1966 (cfr. Ventura e Doglio, 1979). 15 Nel 1959 Bonafede inoltre guida il gruppo costituito da P. Di Stefano e L. Urbani al concorso per il Centro direzionale di Trapani ottenendo il primo premio, sebbene il progetto rimanga irrealizzato. 16 Relazione per il passaggio di coefficiente del dott. A. Bonafede, redatta da E. Caracciolo, il 16/11/1960, Archivio Bonafede. 17 Le commissioni si occupano di: abitazioni; attrezzature e verde; traffico; attività primarie, secondarie e terziarie; storia e ambiente. 18 Gli argomenti trattati sono: formazione della città fino all Ottocento; problemi demografici ed economici nel comprensorio economico e nel territorio comunale nel quadro della pianificazione regionale; il nuovo organismo urbano e l azzonamento funzionale ed edilizio; il problema delle attrezzature e del verde; la sistemazione del centro storico; la sistemazione del traffico. 19 Il GAUS era costituito da A. Bonafede, B. Colajanni, U. Di Cristina, L. Natoli Di Cristina, G. Pirrone, S. Prescia, N. Vicari, cui si aggiungono nel 1962 A. Mignosi e A. Gulì e nel 1963 C. Doglio. Cfr. AA.VV. (1965), Impegno urbanistico, La Cartografica, Palermo. 53

56 delle dimissioni di Caracciolo dal Comitato per la redazione, e di incidere sul potere politico degli enti locali. Caracciolo e Bonafede sono impegnati in varie iniziative dell INU che evidenziano, fra l altro, il ruolo dell amministrazione pubblica nelle scelte di politica urbanistica. Nell ambito dell VIII convegno nazionale dell INU Bonafede partecipa alla tavola rotonda La politica urbanistica degli Enti locali, la forma dialogante attraverso la quale il giovane urbanista siciliano meglio esprime competenza e temperamento politico, apprezzati da Zevi con una lettera di ringraziamento 20. Caracciolo continua a promuovere la partecipazione ai concorsi nazionali dei suoi allievi e diretti collaboratori, caratterizzando la sua scuola come crocevia di interazioni culturali (Bonafede, 1997). Bonafede in particolare partecipa ai noti concorsi nazionali per la redazione dei piani regolatori di Milazzo (1961) e di Messina (1960) con gruppi di progettazione coordinati da G. Samonà. Entrambi i progetti si aggiudicano il primo premio e quello per il PRG di Messina ampiamente documentato darà luogo a uno studio del complesso piano di sviluppo metropolitano 21. Nello stesso anno nella rivista L Architettura. Cronaca e storia, Caracciolo (1961a) propone Tre opere di Antonio Bonafede in Sicilia, che l amico e collaboratore percepisce come esortazione a perseguire nella ricerca sui materiali della progettazione e del contesto urbanistico, culturale e socioeconomico in cui l architettura si colloca 22. Sono i temi che caratterizzano, dopo il periodo della ricostruzione, il dibattito architettonico e urbanistico anche nel resto d Italia. Soprattutto la sperimentazione dei primi PRG in Italia conduce al dibattito sulla riforma della legge urbanistica, sul collegamento con la programmazione economica, sulla pianificazione regionale e sul recupero dei centri storici 23. In Sicilia questi temi assumono tuttavia connotati particolari. Se da un lato l autonomia anticipa alcune questioni attraverso le possibilità offerte dalla Carta costituzionale regio- 20 Lettera del 28 ottobre 1961, Archivio Bonafede. 21 Cfr. G. Samonà, A. Bonafede, R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, D. Ryolo, A. Samonà, N. Vicari (1961), Concorso nazionale per il nuovo PRG del comune di Milazzo (Motto Capoverde), La Cartografica, Palermo. Cfr. G. Samonà, A. Bonafede, R. Calandra, N. Cutrufelli, G. De Cola, A. Samonà (1961), Concorso nazionale del nuovo PRG del comune di Messina (Motto Biporto), La Cartografica, Palermo. Cfr. anche: Casabella-Continuità, 265, 1962, pp ; Gruppo urbanisti siciliani (1962), Proposta per un piano territoriale della provincia di Messina, Casabella-Continuità, 265, pp Profilo autobiografico nel curriculum di Antonio Bonafede, 1979, Archivio Bonafede. 23 Cfr. il contributo di Abbate in questo volume a proposito degli studi di Caracciolo su Erice, un amore duraturo di tutto la vita, che lo conduce con l aiuto dei suoi collaboratori al convegno di Gubbio. 54

57 nale, compresa la potestà legislativa in materia urbanistica, dall altra parte le particolari condizioni socioeconomiche e politiche della regione ne osteggiano lo sviluppo, condizionato soprattutto dall attività della mafia. In questo quadro anche l urbanistica dal basso assume un carattere originale rispetto al resto d Italia. Non solo perché si anticipano pratiche che saranno adottate in altre aree geografiche dell Italia, alla fine degli anni Sessanta, ma anche perché la scuola Caracciolo si collega alle azioni non violente di Danilo Dolci, alimentando la necessità di attivare processi democratici nella formazione del piano con il coinvolgimento degli abitanti, considerati capaci di esprimere i loro bisogni. Numerosi allievi e collaboratori riferiscono delle pratiche di urbanistica dal basso che maturano in seno alla scuola di Caracciolo e delle connessioni con Danilo Dolci (Natoli, 1964; Calandra, 1987; Bonafede, 1997; Inzerillo, 2007; Barbera, 2012). Alcuni di questi studi rilevano implicitamente ed esplicitamente la correlazione tra l organizzazione della scuola Caracciolo e la struttura maieutica di Danilo Dolci (Natoli, 1964; Calandra, 1987; Bonafede, 1997). Rompendo schemi accademici desueti, difatti, Caracciolo riesce a organizzare la scuola in modo che sia un organismo aperto e ascoltante in grado di confrontarsi sia all esterno con il mondo culturale e con quello delle Amministrazioni, sia all interno coltivando le competenze e le sensibilità degli urbanisti in erba, attraverso confronti autentici. Il colloquio con gli abitanti, costantemente coinvolti durante i sopralluoghi, motiva e condiziona i limiti dell intervento urbanistico (Natoli, 1964). Se nella scuola si costruiscono relazioni improntate all apprendimento reciproco che si riversano con impegno civile sulla concreta realtà locale, non è forse casuale che Dolci, Caracciolo e Bonafede collaborino. Come struttura maieutica dell evolversi, similmente a quanto teorizza Dolci, la scuola è in grado di costruire un identità riconoscibile che perdura nel tempo se anche De Carlo, il più noto e accreditato fra gli architetti italiani che si occupa di urbanistica partecipata, a distanza di parecchi anni e sotto le spoglie letterarie di Ismè Grimdalcha (1994), non può fare a meno di ricordarla quando ancora la Facoltà di Architettura era un piccolo nucleo di silenidi (siciliani) e gli allievi si concentravano intorno alla figura di Caracciolo: Seyed Kavachum, un omone con gli occhi azzurri e la testa sempre eretta contro il cielo. Una volta era venuto da noi a Lagunia [ ] Era un uomo generoso, curioso, gentile, e molto affezionato ai suoi novizi; che lo adoravano perché aveva molte attenzioni per loro. Ha fatto qualche lavoro di ideografia, di buona qualità, che è già stato dimenticato dai khalesiani (Grimdalcha, 1995, p. 157). Evidenziando più di uno iato che spesso segnalano rimossi rivelatori, Grimdalcha sospinge ad approfondire lo sviluppo della scuola Caracciolo dopo il convegno di Venezia (1952). I rapporti che Caracciolo e 55

58 Bonafede intessono con Danilo Dolci sono riconducibili proprio agli anni Cinquanta nell ambito delle attività didattiche del corso già menzionate, prima ancora della nascita dell Università popolare a Trappeto ( ) e del Centro Studi e Iniziative di Partinico (1958). Di fronte alla negazione della mafia da parte del potere politico ed ecclesiastico del tempo e alla profonda arretratezza e miseria che attanaglia i piccoli centri della Sicilia o i quartieri delle grandi città, le denunce e le ostinate battaglie di Dolci sollecitano la coscienza sociale dell urbanista siciliano che con usuale autoironia s interroga: Che cosa valgono i nostri disegnini e i nostri piani con tanti bei colori di fronte a una tanto disperata realtà umana? (Caracciolo, 1956a, p. 66). Rivolgendosi all amico Calandra, Caracciolo mostra tuttavia perplessità per il metodo educante adoperato da Dolci considerandolo inefficace nel cogliere la frattura che ancora separa il pescatore di Trappeto e il bracciante di Partinico dall operaio della Fiat o dei cantieri Piaggio (Caracciolo, 1956b, p. 158). Bonafede mosso da principi di equità e giustizia sociale, che sostanziano la sua militanza nel pci di allora, individua un nodo critico nel processo di formazione del piano. A proposito del redigendo prg di Palermo, Bonafede rileva, infatti, che i tecnici e i giuristi non hanno sufficienti basi sulle quali poggiare la forza e la verità dei loro piani se questi ultimi non sono ancorati a una volontà politica scaturita democraticamente, se la comunità con le sue componenti economiche e sociali è stata lasciata tutta o in parte estranea alla conoscenza dei problemi vitali della città. [ ] Un piano va dunque discusso e reso popolare nelle sue fondamentali linee, sin dalla sua prima impostazione ed è veramente assurdo decidere in pochi mesi dell avvenire di una grande città (Bonafede, 1956, p. 21). La partecipazione di Caracciolo e Bonafede al convegno Palma di Montechiaro nell aprile del 1960 sulle Condizioni di vita e di salute in zone arretrate della Sicilia occidentale, promosso da Dolci, segna un nuovo e deciso impegno sociale nella direzione della pianificazione dal basso 24. Caracciolo coordina a Palma di Montechiaro la tavola rotonda sull urbanistica, alla quale partecipano Astengo, Bonafede, Cosenza e Marescotti che costituiscono il gruppo degli esperti e numerosi abitanti che espongono il loro punto di vista, stabilendo la priorità dei problemi da risolvere, così come sarà pubblicizzato dall articolo di Leonardo Sciascia (1960) nella rivista Mondo nuovo. 24 Dopo la scomparsa di Caracciolo, tale impegno sarà portato vanti da Bonafede attraverso il Piano intercomunale di Palma e Licata (1966) con R. Calandra, capogruppo, A. Cangemi Leto, V. Girgenti, M. Zanca, esteso nel 1967 nell ambito del Comitato del Piano di sviluppo economico all ing. I. Melisenda, R. Cominetti e G. Cusimano. 56

59 I due urbanisti siciliani si sono già interessati alla questione della piena occupazione e, fra gli altri, agli studi economici di Sylos Labini come base concreta per lo sviluppo delle aree depresse. Caracciolo nel 1957 è intervenuto al dibattito presieduto da Zevi nell ambito del convegno organizzato da Dolci a Palermo sulla Politica per la piena occupazione (Dolci, 1958; Ragona, 2011). Bonafede nel 1959 in occasione della Conferenza cittadina dei lavoratori sull industrializzazione di Palermo, ha individuato la questione della disoccupazione e sottoccupazione come uno dei problemi la cui risoluzione si collega allo sviluppo urbanistico di un organismo urbano sano (Bonafede, 1959). In particolare, nel famoso convegno di Palermo sulla Politica della piena occupazione con l ausilio d inchieste e casi studio non solo locali, numerosi studiosi, politici e specialisti si sono immersi in un processo di apprendimento reciproco dibattendo su forme di pianificazione dal basso o dall alto e sulla necessità di integrarle (Molinari, 1958). Dalla lettera che Dolci indirizza a Bonafede nel maggio 1960 per la preparazione di un seminario a Partinico, traspare l entusiasmo del sociologo triestino: Non ti dico la mia gioia nel pensare che l urbanistica potrà avere qui uno specialista, esperto a valorizzare il contributo dei migliori specialisti. Nel commiatarsi Dolci aggiunge: Salutami e ringrazia tanto Caracciolo che imparo ad apprezzare ogni mese di più 25. Nel 1961 i tempi sono già maturi perché, a proposito del rapporto tra architettura e urbanistica, Caracciolo scrive in Casabella-Continuità che l opera di Dolci può portare a un profondo ripensamento: Spero che taluni amici, di buona volontà, mi aiutino ad aprire, nel prossimo futuro, un più diretto colloquio con le popolazioni, appunto, dei piccoli centri siciliani in maniera da giungere a una più persuasiva comprensione di quella cultura e di quella civiltà, nella quale, secondo me, si conserva la grande tradizione comunitaria (Caracciolo, 1961b, p. 14). Si sono già poste le basi in Sicilia per una riflessione sul disegno tecnocratico della pianificazione dall alto rispetto alla costruzione e sviluppo del consenso dal basso, basato sul dialogo e la comunicazione democratica intersoggettiva 26. Bonafede che affianca con stima e amicizia il maestro fino alla sua desolante scomparsa, non ha difficoltà a raccoglierne l appello pubblico lanciato dalle pagine di Casabella-Continuità, né a mieterne l eredità di sensibili- 25 Lettera del 18 maggio 1960, Archivio Bonafede. 26 Concetti che saranno ripresi alla fine degli anni Ottanta dallo stesso Dolci e che saranno sviluppati, seppure con differente impronta, nella teoria dell etica del discorso e dell agire comunicativo di Habermas con riferimento a esperienze del 1968 in altri Paesi. 57

60 tà sociale ed economica che un urbanista è tenuto a coltivare (Caracciolo, 1954). Bonafede continuerà a occuparsi della rigenerazione dei centri urbani siciliani anche in una prospettiva comprensoriale e regionale, sperimentando pratiche dal basso e approcci multidisciplinari alla pianificazione, in collaborazione con Dolci e con chi aveva preso parte all esperienza della scuola, in risonanza con la polifonia culturale che aveva caratterizzato la collaborazione con Edoardo Caracciolo. Seppure tali connotazioni siano talvolta interpretate come limiti utopici, inscrivibili nell anelito a stagioni politiche più trasparenti (Inzerillo, 2007; Gulì, 1992), la rivendicazione dei diritti alla città degli abitanti svantaggiati che Bonafede sostiene costantemente attraverso il personale impegno politico si sposa coerentemente con una visione democratica della vita urbana, della teoria e della pratica urbanistica volte all equa redistribuzione dei diritti di accesso allo spazio pubblico, sia in termini di dotazioni territoriali, sia con riguardo al processo di formazione del piano. Nell attuale panorama di progressiva contrazione della città pubblica e dei diritti di accesso alla cittadinanza in favore d impostazioni neoliberiste che talvolta utilizzano pratiche partecipative con strumentali funzioni demagogiche, queste poche note su alcune radici dell urbanistica moderna in Sicilia gettano una nuova luce su una prospettiva storica usualmente trascurata da rivalutare nel dibattito culturale non solo locale 27. Riferimenti bibliografici AA.VV. (1965), Impegno urbanistico, Raccolta dei testi, degli interventi e degli articoli del GAUS (Gruppo per l architettura e l urbanistica siciliana), Palermo, , La Cartografica, Palermo. Barbera P. (2012), Il fascino del distinto, l attrazione per qualcosa che si vorrebbe essere e non si è. Echi della lezione wrightiana in Sicilia, Lexicon, Storie e architetture in Sicilia e nel Mediterraneo, 14-15, pp Bonafede A. (1954), La pesca in Sicilia, La Cartografica, Palermo. Bonafede A. (1955), I piani regolatori di Palermo dal 1860 al 1855, Urbanistica, 17, pp Scrivere questo contributo non è stato facile, essendo come ricercatrice implicata emotivamente con uno dei protagonisti, Antonio Bonafede, mio padre. È il problema della visione da insider che influenza l obiettività della ricerca e che eticamente mi ha sempre spinto a rifuggire da ricostruzioni storiche personali. Mi potrei appellare alla teoria secondo la quale il ricercatore non è mai fuori dal processo di ricerca, o al fatto che io sia una testimone indiretta perché all epoca dei fatti non esistevo, pur nascendo proprio in quel clima culturale, nel Non ho in ogni caso l intento di descrivere quel clima in poche righe. 58

61 Bonafede A. (1956), La città di Palermo nei prossimi cinquant anni sarà ancora un centro parassitario, in A. Bonafede (1979), Contributi e impegni politicoculturali sulle vicende urbanistiche di Palermo, Ila Palma, Palermo, pp Bonafede A. (1959), Problemi di sviluppo urbanistico connessi all industrializzazione di Palermo, in A. Bonafede (1979), Contributi e impegni politico-culturali sulle vicende urbanistiche di Palermo, Ila Palma, Palermo, pp Bonafede A., Prescia S., Vicari N. (1965), Piano regolatore del Comune di Patti, Architetti di Sicilia, 4, pp Bonafede A. (1979), Contributi e impegni politico-culturali sulle vicende urbanistiche di Palermo, Ila Palma, Palermo. Bonafede G. (1997), La pianificazione in Sicilia , la Zisa, Palermo. Calandra R., Bonafede A., Prescia S., Vicari N. (1961), Piano regolatore generale del Comune di S. Agata di Militello, La Cartografica, Palermo. Calandra R. (1980), Un architettura per la vita e non per la speculazione, L Ora, Speciale La scomparsa dell urbanista siciliano Antonio Bonafede, 11/3, p. 12. Calandra R. (1987), La scuola di Edoardo Caracciolo fino al PRG di Palermo, in C. Ajroldi (a cura di), Palermo tra storia e progetto, Officina, Roma, pp Caracciolo E. (1950a), Sicilia. Il teatro marittimo di Palermo, Urbanistica, 3, gennaio-marzo, pp Caracciolo E. (1950b), L urbanistica si identifica con la sua storia, Le opere, 5, pp Caracciolo E. (1952), Crisi dell urbanistica e rendita fondiaria, Le opere, 1, pp Caracciolo E. (1954), Tre lezioni di urbanistica, Fratelli De Magistris, Palermo. Caracciolo E. (1956a), Fare presto (e bene) perché si muore (1954) e Banditi a Partinico (1955), recensione ai libri di Dolci, Casabella-Continuità, 209, gennaio febbraio, p. 66. Caracciolo E. (1956b), Da Partinico, rubrica Lettera dai comuni, L architettura in Sicilia, supplemento sulla Regione Siciliana, diretto da Roberto Calandra, L Architettura. Cronache e storia, 8, giugno, p Caracciolo E., Bonafede A., Casciuolo G. (1961), Piano regolatore generale di Mazara del Vallo, La Cartografica, Palermo. Caracciolo E. (1961a), Tre opere di Antonio Bonafede in Sicilia, L Architettura. Cronache e storia, 68, pp Caracciolo E. (1961b), Risposta a sei domande su quindici anni di architettura italiana, Casabella-Continuità, 251, pp Doglio C., Venturi P. (a cura di) (1979), La pianificazione organica come piano della vita?, Cedam, Padova. Dolci D. (a cura di) (1958), Una politica per la piena occupazione, Einaudi, Torino. Dolci D. (1956), Inchiesta a Palermo, Giulio Einaudi, Torino. Dolci D. (a cura di) (1991), Comunicare, bozza di manifesto e contributi, Jaca Book, Soveria Mannelli (CZ), 3 a ed. Dolci D (1993), Nessi tra esperienza etica e politica, Piero La Licata Editore, Manduria, Bari-Roma. 59

62 Gulì A. (a cura di) (1992), La città nell urbanistica di Antonio Bonafede, Quaderno n. 3 del Dipartimento Città e territorio dell Università di Palermo. Grimdalcha I. (1995), Il progetto Kalhesa, Marsilio, Venezia. Iannello M. (2010), Edoardo Caracciolo architetto. Appunti per una biografia, Salvare Palermo, 27, pp Iannello M., Scolaro G. (2009), Palermo. Guida all architettura del 900, Salvare Palermo, Palermo. Inzerillo S.M. (1992), Ricordo di Edoardo Caracciolo, Dipartimento Città e territorio, Palermo. Inzerillo S.M. (2007), L insegnamento dell urbanistica nella facoltà di Architettura, in C. Ajroldi (a cura di), Per una storia della Facoltà di Architettura di Palermo, Officina, Roma, pp Leone N.G. (2007). L impegno sociale dell urbanistica a Palermo, in C. Ajroldi (a cura di), Per una storia della Facoltà di architettura di Palermo, Officina, Roma, pp Maggio F. (1997), Il rilievo del Moderno. Palermo. Architettura e città , Pezzino, Palermo. Molinari A. (1958), Integrazione della pianificazione con iniziative dal basso, in D. Dolci (a cura di), Una politica per la piena occupazione, Einaudi, Torino, pp Natoli Di Cristina L. (1964), Edoardo Caracciolo, primo urbanista siciliano, in G. Pirrone (a cura di), Edoardo Caracciolo, La ricostruzione della Val di Noto, Quaderno n. 6 della Facoltà di Architettura dell Università di Palermo, novembre, pp Pirrone G. (1971), Architetture del XX secolo in Italia. Palermo, Edizioni Vitali e Ghianda, Genova. Ragona M. (2011), Le parole di Danilo Dolci, Edizioni del Rosone, Foggia. Sciascia A. (2012), Periferie e città contemporanea, Caracol, Palermo. Sciascia L. (1960), Un cieco chiede la luce elettrica. Palma di Montechiaro. Il paese della miseria, Mondo nuovo, II, 19, 8 maggio. Scolaro G. (2010), Antonio Bonafede architetto, appunti per una biografia, Salvare Palermo, 28, pp Trombino G. (2001), L urbanistica in Sicilia negli anni della ricostruzione, Officina, Roma. 60

63 7. Il contributo di Edoardo Caracciolo alla formazione del Piano regolatore di Palermo ( ) di Teresa Cannarozzo Edoardo Caracciolo, nell arco della sua intensa attività di studioso e di urbanista ha manifestato un interesse sistematico e continuativo nei confronti dei problemi di Palermo, interesse palesato con tenacia, lungimiranza, passione civile 1. Fatalmente, il suo primo (1932) e il suo ultimo scritto (1962), consegnato alle stampe nello stesso anno della sua morte, riguardano Palermo 2. In questo contributo mettiamo a fuoco il ruolo di Caracciolo nella redazione del nuovo PRG di Palermo, a partire dagli anni Cinquanta. Una legge regionale del 1954 concede il finanziamento per redigere entro un anno il PRG e i piani di risanamento del centro storico; una successiva legge del 1956 dispose anche la redazione di un piano territoriale di coordinamento esteso a 16 comuni 3. Durante la breve gestione di un commissario prefettizio, nel 1956, viene formalizzato il gruppo di lavoro che avrebbe dovuto redigere il piano regolatore generale 4. Esso risulterà composto da due organismi: un Comitato di 1 E. Caracciolo ( ). Ingegnere, architetto, urbanista, cultore di storia e convinto assertore dell integrazione multidisciplinare per una pianificazione a servizio delle comunità. Intellettuale di grande spessore umano, decisamente anti-accademico, si confronta nell ambito nazionale con gli architetti e con gli urbanisti più importanti della sua epoca, attraverso la comune appartenenza all Istituto nazionale di urbanistica. 2 E. Caracciolo (1932), Vicende urbanistiche della vecchia Palermo, conferenza tenuta nella R. Scuola di Ingegneria nel maggio 1932, Industria Tipografica La Commerciale Editrice, Palermo. A distanza di trenta anni: E. Caracciolo (1962), Presentazione del volume di Rosario La Duca, Cartografia della città di Palermo dalle origini al 1860, Banco di Sicilia, Palermo,. 3 I comuni sono: Casteldaccia, Santa Flavia, Bagheria, Ficarazzi, Misilmeri, Villabate, Monreale, Torretta, Isola delle Femmine, Belmomte Mezzagno, Piana degli Albanesi, Altofonte, Capaci, Carini, Cinisi e Terrasini. 4 Il commissario è Giuseppe Salerno (dicembre 1955-aprile 1956). Il segretario generale è Lorenzo Filippone. Da aprile 1956 a maggio 1958 è sindaco Luciano Maugeri. 61

64 redazione e un Ufficio redazionale. Il primo era formato da sei docenti universitari esperti di urbanistica delle Facoltà di Architettura e di Ingegneria (Edoardo Caracciolo, Giuseppe Caronia, Luigi Epifanio, Giuseppe Spatrisano, Pietro Villa, Vittorio Ziino) e presieduto dal direttore dell ufficio tecnico comunale, Vincenzo Nicoletti. Il secondo era composto da tecnici funzionari del Comune (Mario Lojacono, Vincenzo Capitano, Giovanni Pirrone) e da liberi professionisti (Benedetto Colajanni, Salvatore Mario Inzerillo, Giuseppe Mannino, Domenico Saladino). Fu nominato anche un gruppo di esperti per determinate materie: i professori Filippo Basile, Enrico Castiglia, Guido Di Stefano, Giuseppe Vittorio Ugo, ing. Giovanni Calì 5. L iter di formazione e approvazione del PRG si svolge dal 1956 al 1962 e per trattare adeguatamente l argomento, lungo e complesso, appesantito di condizionamenti politici, lungaggini amministrative e da ombre affaristicomalavitose servirebbe uno spazio molto più ampio 6. Il piano fu redatto in un tempo molto breve tanto da essere adottato nell agosto del Salvo Lima è sindaco dal maggio 1958 al gennaio Vito Ciancimino è assessore ai Lavori pubblici. Insieme gestiranno in prima persona l iter di formazione del Piano regolatore generale, ma non solo 7. Nonostante la furbizia di scegliere il mese di agosto per la pubblicazione, contro il piano vennero presentati ricorsi da parte di enti e da privati, tutti tendenti a chiedere maggiore edificabilità e la rimozione di vincoli 8. L accettazione di molti ricorsi renderà necessaria una seconda adozione nel 5 Da segnalare l appassionata collaborazione di G. Di Stefano ( ) alla vicenda del PRG e in particolare il censimento degli edifici e degli ambienti da tutelare. Cfr. Di Stefano (1960). 6 Cfr. V. Inzerillo, S. Mario (1984), Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo. Crescita della città e politica amministrativa dalla ricostruzione al piano del 1962, Quaderno dell Istituto di Urbanistica e pianificazione territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo, Palermo. Cfr. anche T. Cannarozzo (2000), Palermo: le trasformazioni di mezzo secolo, Archivio di studi urbani e regionali, 67, pp Dopo due brevi sindacature di Francesco Saverio Di Liberto e di Paolo Bevilacqua, Lima torna a fare il sindaco dal gennaio 1965 all ottobre Lima e Ciancimino, ma specialmente Ciancimino, anche quando non avranno più cariche amministrative dirette, sono i capi politici della Democrazia Cristiana e i veri padroni del Comune di Palermo. Per circa trent anni. Salvo Lima, che alla fine degli anni Sessanta, confluirà nella corrente di Andreotti, sarà il punto di riferimento politico di mafiosi illustri come gli esattori Salvo di Salemi, della famiglia Bontade (allora a capo della mafia palermitana) e in generale degli esponenti delle cosche cittadine, fino a quando non sarà ucciso nella primavera del Ciancimino terrà invece i collegamenti con la mafia della provincia, specie con i corleonesi. Il terzo vertice del potere democristiano era costituito da Giovanni Gioia, più volte ministro e sottosegretario, a volte alleato, a volte in conflitto con i primi due. 8 Cfr. Cannarozzo (2000). 62

65 1959. Nonostante la scelta delle festività natalizie per la pubblicazione furono presentati altri ricorsi, che furono in gran parte approvati, senza ricorrere alle norme di salvaguardia. Nella nuova edizione del piano le aree edificabili erano aumentate di 400 ha e gli abitanti insediabili arrivavano a unità. Sostanzialmente diminuiscono le superfici di verde pubblico, verde privato e verde agricolo, a cui si attribuisce un indice di edificabilità di 0,30 mc/mq. Le altezze dei nuovi edifici possono variare tra i 12 e i 45 metri; le densità fondiarie per le zone da riordinare e da completare vanno da 10 a 21 mc/mq. Questi numeri hanno generato il monolite di cemento che è Palermo. È il caso però di dire che la città mostruosa che abbiamo oggi sotto gli occhi, non è figlia del piano disegnato nel 1956, ma deriva dallo stravolgimento sistematico del piano attuato dalla stessa Amministrazione comunale e da una serie di iniziative scellerate che si sono protratte per decenni. Questa consapevolezza deriva dalla visione delle carte originali del piano del 1956, custodite dagli eredi di Caracciolo (il figlio Lorenzo e la nuora Giovanna Sagona) che hanno avuto la gentilezza di mostrarmele e ai quali sono molto grata. Le mappe, disegnate a colori, in forma artigianale evidenziano un perimetro abbastanza contenuto dell espansione e ampie estensioni di verde agricolo e verde pubblico. Sono firmate dal commissario Salerno, da tutti i progettisti e sono datate 9 giugno È stata un esperienza emozionante che mi ha consentito la conoscenza di prima mano di alcune qualità del piano, che i disegni di sintesi pubblicati non riescono a restituire e che si perderanno durante l iter di formazione e di attuazione del piano. In quest avventura il rigore intellettuale di Caracciolo si scontra con le aspirazioni personali di alcuni componenti il gruppo di progettazione, con le fortissime pressioni della proprietà immobiliare e con l orientamento dell Amministrazione comunale, incline ad assecondare l interesse dei privati. Egli si troverà stretto tra lo strapotere e l influenza di Caronia Roberti, il ruolo ambiguo di Vincenzo Nicoletti e la violenza delle posizioni di Pippo Caronia, tendente ad affermare i suoi interessi professionali nei progetti redatti nello stesso periodo per i quartieri Monte di Pietà e Olivella 9. Possiamo quindi ipotizzare contrasti più o meno palesi, all interno al Comitato di redazione e conflitti con l apparato tecnico e politico del Comune. Probabilmente nell iter di formazione del PRG Caracciolo gestisce molte mediazioni (come capita nella formazione di ogni piano), ritenute necessarie per raggiungere il traguardo del nuovo strumento urbanistico, fortemente condizionato però 9 Cfr. G. Caronia (1957), Urbanistica come civiltà, Flaccovio, Palermo. 63

66 dalle previsioni dei piani precedenti che costituiscono il consolidato delle richieste dell Amministrazione e delle attese latenti della grande proprietà immobiliare. A differenza che in passato, Caracciolo, non scrive molto sull argomento. Gli studi, le analisi, gli auspici che fanno parte di aspettative coltivate per decenni, si scontrano con il nuovo contesto politico amministrativo e con pretese della società e della politica palermitana, mettendo a dura prova il suo ottimismo e il suo entusiasmo. Dice al riguardo Roberto Calandra, grande amico ed estimatore di Caracciolo 10 : Ma quando con il passare dei mesi fu chiaro che le soluzioni progettuali non prendevano forma in base alle idee guida elaborate o in base a considerazioni di tecnica urbanistica, ma venivano condizionate da interessi di singoli o di gruppi, egli si disamorò al lavoro. Ufficialmente non prese mai le distanze dall operazione, come gli suggerivano i giovani seguaci più intransigenti, se non nella fase delle dimissioni definitive, che nel 1960 coinvolsero tutto il Comitato, a causa di un ennesimo comportamento scandaloso da parte del Comune. A testimoniare il personale punto di vista di Caracciolo su alcuni aspetti del PRG, a parte il suo contributo alla stesura della relazione generale, alle norme di attuazione e ad alcune scelte di piano, a lui certamente ascrivibili, perché in continuità con le sue teorizzazioni precedenti, ci rimangono la lettera pubblicata sulla rivista Il ciclope, nell ambito della polemica tra Zevi e Caronia sul tracciato della terza via 11 e la sua opinione sullo stesso argomento trascritta nel voto della Commissione regionale urbanistica che esaminò tutta la nuova strumentazione urbanistica (1 agosto 1961) 12. Nel PRG il centro storico è attraversato da nuovi assi viari sia in direzione nord-sud sia in direzione est-ovest, così come previsto nei piani precedenti. In particolare nella relazione generale si può leggere che lo stato di degrado del centro storico è molto elevato tanto che non è apparso possibile procedere con i metodi della bonifica edilizia. Dopo prolungata e matura riflessione il comitato redazionale ha ritenuto che non è possibile consigliare metodi costanti di intervento, che non è possibile enunciare una metodologia unitaria, ma che bisogna viceversa procedere caso per caso, determinando nel corpo dei vecchi quartieri, ambienti di carattere omogeneo e per ciascuno di essi studiare e proporre l intervento specifico. Questi studi verranno concretati in sede di piani particolari [...] Nelle zone gravitanti su piazza Verdi sono stati previsti (nel mandamento Monte di Pietà) e lo saranno (nel rione Olivella) 10 Cfr. Calandra (1987, p. 39). 11 Cfr. Caracciolo, Caronia, Zevi (1958. pp. 5-7). 12 Cfr. Camera dei deputati VIII legislatura, doc

67 interventi a carattere più integrale in quanto esse verranno a fare parte di quel centrum centrorum che si preveda si estenda sino alla piazza delle Croci. Nella relazione allegata al piano di risanamento, che per i contenuti e per la forma, si può attribuire senza incertezze a Caracciolo, il centro storico è diviso in sette comunità, per le quali si prevedono nuclei di servizi per lo più scolastici, il mantenimento di alcuni dei mercati all aperto e qualche sistemazione a verde. Tra le più suggestive, la sistemazione a verde pubblico del bastione dello Spasimo 13. In conclusione comunque si riscontra un elevato grado di trasformazione del disegno urbano e di sostituzione dell edilizia, nonostante gli studi accurati di G. Di Stefano sugli ambienti e sui monumenti da tutelare. Vengono individuate infatti solo alcune facciate monumentali e alcuni elementi architettonici da conservare e da introdurre come partiti decorativi nella nuova edilizia, come è avvenuto nel palazzo progettato dal gruppo BBPR in adiacenza al palazzo dell Intendenza di Finanza, su piazzetta Santo Spirito (1974). La sorte del centro storico viene posta all attenzione nazionale con un articolo molto duro di Bruno Zevi, pubblicato sul n. 4 della rivista Il ciclope, nel gennaio del Nell articolo, scritto ufficialmente per presentare la nuova rubrica sull architettura (che sarà curata dall amico Caracciolo), Zevi, dopo avere stigmatizzato negativamente la costruzione del Palazzo delle Poste e del Palazzo di Giustizia, sostiene che in Sicilia è necessario prendere partito con coraggio, senza ipocrisie e mezze misure e propone una sorta di questionario per riconoscere gli intellettuali coraggiosi dai pavidi. Una delle domande riguarda un parere sulla terza via. La risposta di Caronia non si fa attendere. Infatti sul numero successivo della rivista, appare una lettera altrettanto polemica di Giuseppe Caronia dove liquida con sufficienza la questione della terza via che giudica irrinunciabile anche perché contenuta nei piani precedenti, unanimemente auspicata dal l Amministrazione, e condivisa da decenni 15. Zevi interviene di nuovo accusando Caronia di difendere i suoi interessi professionali connessi al progetto per il Monte di Pietà redatto per l Immobiliare e giudicando non sostenibile la proposta della terza via solo perché prevista nei piani precedenti. Il tono di Zevi è durissimo e gli apprezzamenti nei confronti di Pippo Caronia sono molto pesanti. Caracciolo risponde cercando di mediare tra le posizioni e sul punto della terza via tiene a precisare a Zevi che Se errore c è stato è errore di tecnica urbanistica o, se vuole, di cultura, ma che 13 Cfr. Inzerillo (1984, pp ). 14 Cfr. Zevi (1958, pp. 7-8). 15 Cfr. Caracciolo, Caronia, Zevi (1958, pp. 5-7). 65

68 nessuna influenza privatistica ha gravato sulle decisioni della Commissione. Il vecchio progetto Immobiliare, che sembra definitivamente accantonato, non ha mai avuto nulla a che fare con l esistenza della cosiddetta terza via, che come ho detto, risale a ben più vecchie proposte. In effetti è vero che nel progetto dell immobiliare il tracciato dello sventramento nord-sud ha un altro andamento, ma nel progetto del PRG, il Mandamento Monte di Pietà è totalmente stravolto. Concluso il percorso all interno del comune, il 13 luglio del 1960 il PRG viene trasmesso in Regione per l approvazione definitiva 16. Il 1 agosto 1961 si riunisce il Comitato esecutivo della Commissione regionale urbanistica, presieduto dal Presidente della Regione, il socialista Salvatore Corallo. Oltre vari assessori regionali ne fanno parte Salvatore Caronia Roberti (INU Sicilia), Bruno Zevi (INU), i deputati Bino Napoli e Francesco Costarelli (INU), il provveditore alle OOPP Vincenzo Marzagalli, il soprintendente Giaccone, Caracciolo, Ziino, il segretario generale della Presidenza della Regione, Giovanni Jamiceli, allo scopo di esaminare tutta la strumentazione urbanistica predisposta dal Comune di Palermo. Ci limitiamo a riportare quanto avviene nell esame delle previsioni del PRG relative ai quattro Mandamenti, perché troviamo una testimonianza molto significativa del ruolo svolto da E. Caracciolo 17. Assunto che tali previsioni venivano accettate non come piani particolareggiati (per la mancanza di alcuni elaborati) ma come Particolari del PRG, Bruno Zevi muove una contestazione radicale al tracciato della terza via, allo sventramento est-ovest come prosecuzione della via Napoli e alla sistemazione del quartiere Olivella proponendo il rigetto del piano. Nicoletti e Caronia Roberti difendono le scelte operate sempre con le stesse motivazioni, mentre il Provveditore alle OOPP considera le critiche di Bruno Zevi meritevoli di attenzione. A questo punto si materializza Edoardo Caracciolo. Il verbale della seduta dice testualmente: A, questo punto arriva l altro componente della CRU, prof. Edoardo Caracciolo, e anche il prof. arch. Giuseppe Caronia, invitato dal presidente della Regione in qualità di esperto. Il prof. Caracciolo illustra il metodo adottato dal Comitato di redazione per la compilazione del piano di risanamento e i motivi che lo hanno indotto ad adottare quelle soluzioni che non sono condivise dall arch. Zevi; ritiene però che il suggerimento di tentare un ultimo sforzo per rendere le soluzioni adottate ancora più aderenti al carattere e alle esigenze della zona nella quale il risanamento deve 16 La delibera consiliare n. 239 del 9 luglio 1960 approva all unanimità le varianti al Piano di risanamento. La delibera consiliare n. 242 del 12 luglio 1960 approva a maggioranza le varianti al PRG. 17 Camera dei deputati VIII legislatura, doc

69 operare, non possa respingersi, tanto più quanto tale suggerimento proviene da una fonte così qualificata come è quella dell arch. Zevi. Propone quindi l approvazione del piano con gli stralci di quelle zone su cui ricadono le soluzioni per le quali l arch. Zevi ha manifestato il suo dissenso limitandole al minimo in modo da non compromettere l attuazione di quelle soluzioni che dovranno sollecitamente decidersi, dato che lo stralcio comporta il diritto dei privati di operare nelle zone stralciate senza alcun limite oltre quello del regolamento edilizio vigente. Il Presidente della Regione accoglie la proposta di mediazione e il verbale di approvazione riporta i perimetri delle zone stralciate. Questo è l ultimo fondamentale contributo di Caracciolo alla tormentata vicenda delle previsioni urbanistiche per il centro storico, maturato forse, oltre che per riguardo a Zevi, anche per i nuovi fermenti culturali all interno dell ANCSA (Associazione nazionale centri storici-artistici) che nel 1960 Caracciolo aveva contribuito a fondare, sottoscrivendo la cosiddetta Carta di Gubbio 18. Il 15 aprile 1962 Caracciolo muore improvvisamente a soli 56 anni, lasciando nello sconforto allievi, colleghi e amici 19. Il decreto di approvazione del PRG apparirà dopo la sua morte il 28 giugno Nel decreto regionale vengono respinti molti dei ricorsi accolti dal Comune, che avevano dato luogo a una fervida attività edilizia. Il Comune impugnò il decreto regionale di fronte al Consiglio di giustizia amministrativa, ma nel 1963 il giudizio si concluse a favore della Regione. Fu una ben magra consolazione perché molti abusi erano ormai irreversibili. Riferimenti bibliografici AA.VV. (1965), Impegno urbanistico. Raccolta dei testi, degli interventi e degli articoli del GAUS (Gruppo per l architettura e l urbanistica siciliana) Palermo , La Cartografica, Palermo. Calandra R. (1987), La scuola di Edoardo Caracciolo fino al PRG di Palermo, in C. Ajroldi (a cura di), Palermo tra storia e progetto, Officina, Roma. Cannarozzo T. (1999), Dal recupero del patrimonio edilizio alla riqualificazione dei centri storici, Publisicula, Palermo. 18 La Carta di Gubbio è pubblicata su Urbanistica, 32, 1960, pp Cfr. anche Cannarozzo (1999). 19 Negli anni Sessanta alcuni allievi e collaboratori di Caracciolo (A. Bonafede, B. Colajanni, C. Doglio, U. Di Cristina, A. Gulì, L. Natoli, A. Mignosi, G. Pirrone, S. Prescia, N. Vicari) mantengono viva l attenzione sulle vicende urbanistiche palermitane con impegnativi interventi sulle pagine dei quotidiani locali. Cfr. AA.VV. (1965). 67

70 Cannarozzo T. (2000), Palermo: le trasformazioni di mezzo secolo, Archivio di Studi urbani e regionali, 67, pp Caracciolo E. (1932), Vicende urbanistiche della vecchia Palermo, Industria tipografica La Commerciale, Palermo. Caracciolo E. (1949), Il piano regolatore della città di Palermo, Sala d Ercole, 13-14, luglio-agosto, pp Caracciolo E. (1950), Il terzo congresso di urbanistica, Le opere, 2, p. 23. Caracciolo E. (1952), Crisi dell urbanistica e rendita fondiaria, Le opere, 1, pp Caracciolo E. (1954a), Tre lezioni di urbanistica, Tipografia F.lli De Magistris, Palermo; ristampa a cura di S. Prescia, S.M. Inzerillo, Dipartimento Città e territorio, Università di Palermo, Luxograph, Caracciolo E. (1954b), Continuità urbanistica della grande Palermo, Casa nostra, 7-9, pp Caracciolo E. (1958a), Lettera all assessore, Il ciclope, 4, pp Caracciolo E. (1958b), La funzione capitale, Il ciclope, 6, pp Caracciolo E. (1962), Presentazione del volume di Rosario La Duca, Cartografia della città di Palermo dalle origini al 1860, Banco di Sicilia, Palermo. Caracciolo E., Caronia G., Zevi B. (lettere di) (1958), La polemica per la terza strada, Il ciclope, 5, pp Caracciolo E., Nicoletti V (1955), Studi per il Piano regolatore di Palermo, Urbanistica, 15-16, pp Caronia G. (1957), Urbanistica come civiltà, Flaccovio, Palermo. Caronia Roberti S. (1962), Immatura scomparsa del prof. Edoardo Caracciolo, Giornale di Sicilia, 16/4. Di Stefano G. (1960), Pagine di azione urbanistica, Italia Nostra Sezione di Palermo. Inzerillo S.M. (1981), Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo. Piani e prassi amministrativa dall addizione del Regalmici al concorso del 1939, Quaderno dell Istituto di Urbanistica e pianificazione territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo, Palermo. Inzerillo S.M. (1984), Urbanistica e società negli ultimi duecento anni a Palermo. Crescita della città e politica amministrativa dalla ricostruzione al piano del 1962, Quaderno dell Istituto di Urbanistica e pianificazione territoriale della Facoltà di Architettura di Palermo, Palermo. Quaroni L. (1962), In memoria di Edoardo Caracciolo, Urbanistica, 36-37, pp Zevi B. (1958), Necessità di una polemica, Il ciclope, 4, pp Zevi B. (1962), Edoardo Caracciolo, L architettura. Cronache e storia, 3, p

71 Documenti Camera dei Deputati VIII legislatura, doc. 1, Documentazione allegata alla Relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia (Doc. XXIII n. 2 VI Legislatura) Volume Quarto Tomo settimo, Tipografia del Senato. Camera dei Deputati VIII legislatura, doc. 2, Documentazione allegata alla Relazione conclusiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia (Doc. XXIII n. 1/II VI Legislatura) Volume Quarto Tomo ottavo, Tipografia del Senato. 69

72 8. Dalla formazione all insegnamento nelle Facoltà di Ingegneria e Agraria di Antonio Cottone, Tiziana Basiricò Edoardo Caracciolo nasce il 30 novembre 1906 a Palermo dove muore il 14 aprile Si laurea in Ingegneria civile il 3 luglio 1930 con voti 95/ La Regia scuola di applicazione per gli ingegneri e per gli Architetti di Palermo 2, alla quale si accedeva dopo avere ottenuto la licenza dalla Facoltà di Scienze matematiche e fisiche dell Università, rilasciava le lauree in Ingegneria civile, in Ingegneria Industriale e in Architettura. I corsi obbligatori della Scuola di Applicazione che possono essere considerati fondamentali per la formazione architettonica del Caracciolo sono Architettura generale 3, tenuto da Giuseppe Capitò e Architettura tecnica 4, tenuto da Ernesto Basile 5. Il Caracciolo, dopo la laurea in Ingegneria civile, 1 È la massima votazione dei 25 laureati di quell anno. 2 Annessa alla Regia Università. 3 Il corso trattava dei materiali da costruzione, degli elementi costruttivi e degli elementi decorativi con relativo disegno. 4 Il corso biennale, al secondo e terzo anno, era suddiviso in quattro parti: composizione degli edifici, stili architettonici, elementi delle fabbriche, condotta tecnica e amministrativa dei lavori e durante il biennio lo studente doveva redigere quattro progetti, tra i quaranta temi proposti dal docente. 5 Potevano essere frequentati inoltre i corsi liberi di Urbanistica, e Complementi di architettura tecnica tenuti da Giovan Battista Filippo Basile, e di Complementi di architettura generale e Elementi delle fabbriche, tenuti da Salvatore Caronia Roberti. Nel biennio propedeutico della Facoltà di Scienze matematiche e fisiche si doveva frequentare il corso di Architettura elementare e disegno d ornato tenuto da Antonio Zanca. Questo assetto didattico varierà nel 1932 con il pensionamento di Ernesto Basile e con il trasferimento da Pisa di Salvatore Benfratello. I corsi diventano Elementi delle fabbriche al 1 anno, Architettura tecnica al 2 anno, Architettura generale al 3 anno i cui contenuti riprendono sequenzialmente i tre aspetti vitruviani della firmitas, dell utilitas e della venustas. La loro denominazione varierà negli anni successivi in Architettura tecnica I, Architettura tecnica II e Architettura e Composizione architettonica, denominazione conservata sino agli anni più recenti; il corso di Urbanistica assumerà la denominazione di Tecnica ubanistica che si 70

73 frequentando presso l Accademia di belle arti gli appositi corsi di Decorazione policroma, Composizione architettonica, Storia dell arte, Disegno d ornato e di figura, Rilievo e restauro dei monumenti, Scenografia, Arredamento e decorazione d interni, Tecnologia delle arti decorative, Plastica d ornato, si laurea nel 1933 anche in Architettura con voti 100/100 e lode, con una tesi da lui definita di Urbanistica, e riguardante la progettazione di un albergo sul monte San Giuliano a Erice. Nello stesso anno si abilita alla professione di ingegnere a Napoli e si specializza in Urbanistica a Roma; nella sessione del 1939 ottiene la libera docenza in Urbanistica. Subito dopo la laurea in Ingegneria civile comincia la sua attività didattica e di ricerca con Salvatore Caronia Roberti come assistente volontario di Elementi delle fabbriche dal 1931 al 1937, assistente volontario presso la cattedra di Architettura tecnica della Facoltà di Ingegneria (fino al 1936 o al 1937), assistente incaricato di Architettura tecnica dal 1937 al 1939, assistente ordinario di Architettura tecnica dal 1939 sino al 1956, anno della sua nomina a professore straordinario di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura. Svolge anche le funzioni di assistente volontario di Urbanistica dal 1933 al L attività del Caracciolo in questo primo periodo è rivolta anche alla partecipazione e organizzazione di importanti manifestazioni. Nel 1938, nei locali della Facoltà di Ingegneria, all interno della Mostra di architettura presenta alcuni suoi studi e progetti (Piani regolatori di Erice, di Pomezia e di Rieti, progetto per un centro minerario a Enna ecc.) definiti dall Accascina 6 opere tutte di una tale serietà, di ricerca teoricamente sostenuta da validissima preparazione, che addita in questo giovane e fervido studioso, una delle attuazioni più certe della nostra cultura palermitana Coordina nel 1940, nelle sale del Teatro Massimo, la Mostra di Architettura nel ciclo delle celebrazioni dei grandi siciliani dell anno XVII nella quale presenta un Progetto per la sistemazione di Erice, un Progetto per 100 case popolarissime e, in collaborazione, un Progetto per magazzino di agrumi. Caracciolo partecipa, inoltre, sia alla costituzione della Facoltà di Agraria 7 dove insegnerà Topografia e Costruzioni rurali dal 1944 sino al 1962, anno della sua morte, e sia all istituzione, assieme a Salvatore Benfratello, Salvatore Caronia Roberti e altri, della Facoltà di Architettura, conserverà negli anni quasi a volere differenziare anche nelle denominazioni i corsi impartiti nelle Facoltà di Ingegneria da quelli delle Facoltà di Architettura. 6 M.C. Di Natale (a cura di) (2007), Maria Accascina e il Giornale di Sicilia ( ), Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta. 7 Della progettazione della cui sede a Parco d Orleans è successivamente incaricato assieme a Vittorio Ziino e Giuseppe Guercio. 71

74 dove dal 1946 assume l incarico di Storia dell Architettura e dal 1947 l insegnamento di Urbanistica, diventandone dal 1956 professore straordinario e fondando quella che verrà successivamente denominata Scuola siciliana di Urbanistica. La produzione scientifica del Caracciolo in questo periodo si muove tra l edilizia, la storia dell architettura e l urbanistica. Noi ci soffermeremo, anche se brevemente, sulle pubblicazioni riguardanti l edilizia, più coerenti col tema assegnatoci lasciando ad altri autori l onere di approfondire le tematiche per le quali il Caracciolo è unanimemente considerato un caposcuola. Ricordiamo in particolare i seguenti scritti: Il problema delle case popolari nell Italia meridionale (1934); Il problema delle case popolari in Palermo (1934); Per una speciale edilizia dei quartieri residenziali nella città coloniale (1937); Edilizia minore ericina (1938); Edilizia ericina (1939); Sul problema delle case popolari in Palermo (1939); Il problema delle borgate (1942); Questioni storico-estetiche relative all edilizia palermitana (1943); Edilizia del popolo siciliano (1944); Il costo di una casa minima (1944); Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice (1950); Importanza dell edilizia rurale nell attuale contingenza storica (1953); Aspetti igienici del risanamento (1953); Architettura d arte e architettura popolare (1954); La casa ericina (1957). Gli scritti mettono in rilievo il notevole contributo che Caracciolo diede agli studi sull edilizia popolare e in particolare sull edilizia ericina e sull edilizia rurale. Caracciolo, dopo un analisi rigorosa sulle caratteristiche dell edilizia popolare meridionale, dei catoi palermitani e dei bassi napoletani, sui valori igienici e sui modi di vita del popolo del meridione, formula un ipotesi di casa popolare fondata sulle relazioni tra interno ed esterno, in base alla tendenza a vivere all aria aperta, insita in tutte le classi della popolazione meridionale, da sempre elemento formativo della casa mediterranea (casa egizia, greca, romana, spagnola ecc.) e che è il risultato non di un abitudine ma di uno stato di fatto funzione del clima. L abitazione popolare proposta da Caracciolo risulta costituita da vasti spazi comuni all aperto posti a livello stradale e da terrazze coperte annesse ai singoli appartamenti, che servivano anche a separare le varie celle abitative. Caracciolo in particolare effettua diversi studi sull edilizia ericina come esempio di centro urbano nel quale sono avvenuti nei secoli pochi rimaneggiamenti edilizi grazie alle particolari condizioni topografiche. Egli riscontra nelle case ericine i tipici caratteri mediterranei. La forte corrente tradizionale classica e mediterranea è visibile nella caratteristica maniera di plasmare le forme architettoniche e di compenetrare gli spazi [ ] la necessità dell uomo mediterraneo di proteggersi dal forte soleggiamento, dall ec- 72

75 cessiva luce, dall azione dei venti, [ ] hanno dato il tipico carattere della casa mediterranea 8. La casa ericina, secondo Caracciolo, riprendente lo schema classico della domus romana, è caratterizzata da una compenetrazione verticale degli spazi, non viene illuminata e arieggiata da aperture verticali ma attraverso ampi vani orizzontali (cortili ericini) e soluzioni di continuità nel tetto che fanno entrare la luce verticalmente. Il cortile, derivante dall atrio classico, non ha più la pianta quadrata o rettangolare, si allunga, si storce, si moltiplica, mette in comunicazione due strade 9. Caratteri speciali dell edilizia ericina, strettamente connesse con la presenza del cortile, sono, inoltre, la continuità delle superfici murarie del prospetto su strada scandito da poche aperture. Summa degli studi e delle ricerche del Caracciolo sull edilizia popolare e in particolare sull edilizia ericina è il progetto di Borgo Gattuso. Diversi sono, infatti, i richiami nella sobrietà dell impianto degli edifici, la loro squadrata impostazione volumetrica, la presenza del cortile nella trattoria, nella casa canonica, l arco e la scala esterna dell edificio postale e dei carabinieri e dell abitazione della maestra (non realizzata) che sembrano riprendere suoi schizzi di studio di scorci ericini. Nella distribuzione delle case per gli artigiani Caracciolo, ancora una volta, afferma di avere tenuto conto delle abitudini di vita all aperto del popolo siciliano e della necessità di estraniare la donna dai movimenti della strada 10. Oltre le varie pubblicazioni scientifiche sono importanti per definire meglio la personalità culturale e scientifica di Edoardo Caracciolo le prolusioni e le dispense ai corsi da lui tenuti in questo primo periodo nel quale ancora gli obiettivi didattico-scientifici erano incerti. Il primo incarico ufficiale di insegnamento è quello di Architettura tecnica, presso la Facoltà di Ingegneria, nell anno accademico , dovuto probabilmente all impossibilità del titolare, Salvatore Caronia Roberti a svolgerlo. Palermo era una città militarmente occupata dagli anglo-americani e la cerimonia dell inaugurazione dell anno accademico fu svolta sia in italiano sia in inglese e fu caratterizzata da lauree honoris causa distribuite ai liberatori. Il Caracciolo, che da una dozzina d anni aveva fatto l assistente di Salvatore Caronia Roberti nell insegnamento dell Architettura tecnica dimostra una profonda conoscenza della materia e dei testi allora presenti nelle ricche biblioteche d Istituto e di Facoltà. 8 E. Caracciolo (1939), Edilizia ericina, Scuola tipografica Boccone del povero, Palermo. 9 Ibid. 10 Relazione di progetto di Borgo Gattuso,

76 Per il Caracciolo la nuova umanità cerca di realizzare i propri ricoveri compenetrandosi nella natura circostante non più piante chiuse in sé stesse; ma lineari o liberamente snodantesi fra il verde, grandi terrazze balzanti verso il verde e il cielo o grandi finestre che permettono l ingresso del cielo e del verde sino nei più intimi recessi della casa; giardini, serre e piscine nella casa, sotto la casa, sopra la casa. Il rammarico del Caracciolo è poi rivolto al fatto che il corso di Architettura tecnica fosse rivolto a ingegneri e non ad architetti, ossia a individui che per disposizione personale e per cultura sono meglio disposti allo studio scientifico dei fatti tecnici che alla pura intuizione dei valori artistici. Vengono di seguito chiariti i concetti ai quali deve attenersi il corso che sono di una modernità e contemporaneità evidente. Seguono in 24 dispense gli argomenti del corso che sono raggruppabili in: Materiali 11, Tecniche costruttive 12, Questioni economiche e amministrative, Impianti di cantiere, Turbamenti di equilibrio, Vibrazioni. Concludono il testo di Architettura tecnica le Leggi e regolamenti e Cenni bibliografici. Dall anno accademico il Caracciolo assume l insegnamento di Topografia e costruzioni rurali, presso la Facoltà di Agraria. La prolusione dal titolo Premesse storiche e tecniche al problema residenziale nelle campagne isolane fa affermare al docente: Lo studio che intraprenderemo deve fornirvi talune premesse teoriche e talune nozioni pratiche che vi saranno indispensabili nell esercizio della professione cui vi avviate. Oltre questo scopo, eminentemente pratico, il corso ne ha un altro che oso affermare più alto e solenne, il quale consiste nel delineare tutto un insieme di problemi edilizi, come tali, sociali, che vanno accuratamente studiati, onde soddisfarli, se è possibile; e se è impossibile, almeno a essi accostarsi dentro l ambito delle nostre possibilità. Il Caracciolo svolge quindi una sintetica analisi storica dell agricoltura siciliana, concludendo: Ancora oggi, dopo 28 secoli, ritroviamo quella disorganizzazione agricola che già trovammo alle origini della nostra storia e, quindi, quell antagonismo campagna-città che forma una delle più grandi miserie del nostro ambiente sociale. La prolusione mette in luce la profonda e ampia cultura del Caracciolo che, costretto da questo corso universitario in una facoltà diversa da quella dove aveva operato per 13 anni e in attesa di formare quella scuola di Urbanistica nelle ricreata Facoltà di Architettura, 11 Pietre naturali, Laterizi, Ghiaia e pietrisco, sabbia e pozzolana, Legnami, Metalli, Vetri e cristalli, Materiali vari, Malte, Calcestruzzi semplici e armati. 12 Scavi, Fondazioni, Murature, Architravi, Archi e Piattabande, Volte, Solai, Tetti, Scale, Tramezzi, Soffitti, Intonaci, Rivestimenti parietali, Pavimenti, Infissi, Impianti speciali. 74

77 cerca di ampliare gli orizzonti inserendovi le sue competenze di studioso dell architettura e dell urbanistica nei suoi complessi rapporti nel territorio e del paesaggio e una conoscenza, per il tempo pionieristica, degli interventi in Inghilterra, in Francia e negli Stati Uniti confrontando la città di Le Corbusier e la non città di Wright. Conclude la prolusione esortando i giovani: Lasciando la scuola e disperdendovi per le campagne isolane [...] vi facciate educatori di altri uomini, che siano tutti protesi alla soluzione di quei problemi sociali che la storia oggi ci pone. La prolusione dell anno accademico successivo è più diretta ai problemi umani e infrastrutturali dell agricoltura siciliana. Dopo una descrizione della popolazione agricola siciliana in cappeddi 13 e birritti i quali a loro volta si suddividono in burgisi e viddani 14, il Caracciolo, utilizzando i numerosi studi da lui effettuati sulle abitazioni dei centri minori siciliani, passa a descrivere le loro caratteristiche tipologiche e i principali elementi tecnici, le murature realizzate in pietra arenaria, calcarea, lavica e purtroppo gessosa; i tetti sono in legno e i solai in legno o con lame di ferro. Descrive infine le caratteristiche che debbono avere le abitazioni rurali e i difetti da evitare nel deciderne l ubicazione e l orientamento e nella scelta dei materiali più idonei; si dovranno inoltre dotare le abitazioni rurali di idonei apparati igienici, di forniture idriche e di impianti fognari. Il Caracciolo, osservando che le vecchie case rurali aderivano mirabilmente al loro ambiente tecnologico (mulo, aratro ecc.) e sociale (frammentazione delle famiglie, povertà ecc.), propone quindi che vengano svolti degli studi che, procedano all individuazione di nuovi tipi edilizi che adattati alle varie tipologie agricole e alle zone geografiche possano fare vivere la popolazione rurale in condizioni di dignità comparabile con le popolazioni urbane. Conclude il Caracciolo rivolto agli studenti: Molto di ciò che vi ho detto vi apparirà utopia, e io ben so che un ambiente sociale non si capovolge nel corso di pochi anni o di una generazione, ma a voi che vi dedicate alla vita della campagna, ho voluto segnalare una meta, un problema e un metodo di studio, quali a me chiaramente appaiono. 13 Minoranze come piccoli impiegati, diplomati, laureati che fanno vita tendenzialmente borghese e che hanno un abitazione che è un misto tra la casa urbana e quella rurale. 14 I burgisi sono contadini imprenditori che possiedono la casa e spesso la terra che lavorano e che si fanno aiutare da operai salariati. Le loro abitazioni sono formate generalmente da due vani e da un annesso rustico. I viddani sono lavoratori salariati che abitano nei paesi, non hanno terra e la loro casa è unicellulare e il ricovero animale e umano è promiscuo. 75

78 9. Da uno studio professionale che non c è di Giovanna Sagona Il tema del mio testo lega un dato lo studio professionale che non c è e un asserto l essere stato Caracciolo un maestro. Il dato deve essere spiegato, l asserto deve essere dimostrato, si deve comprendere se tra l uno e l altro c è una relazione e quale. Cercherò di illustrare prima quali siano state le ragioni pratiche della mancata fondazione di uno studio Caracciolo e poi le ragioni umane e teoriche che gli hanno reso più discepoli degli altri insegnanti suoi contemporanei. Queste ultime si possono in sintesi indicare nella capacità che Caracciolo ha di avvicinarsi ai problemi con un ottica plurale, frutto della sua formazione culturale: dalla varietà dei suoi interessi deriva una varietà di rapporti umani e professionali nei quali Caracciolo ha cura che l interlocutore acquisti un ruolo attivo. Parlando per la conoscenza che ho di Caracciolo, avendone sposato il figlio e vivendo in quella che è stata la sua casa, sfogliando i suoi libri, leggendo le sue annotazioni, l assenza di uno studio professionale fatto di mura e tavoli da disegno ha una prima banale e concreta spiegazione. Caracciolo non era ricco: egli apparteneva al ceto della borghesia professionale, agiata ma senza rendite, che vive del proprio lavoro. Era anche una persona poco attenta agli aspetti materiali della vita e non gradiva assolutamente gestire situazioni economiche complesse. Dall anno della sua laurea 1930 Caracciolo studia, progetta e insegna per poco più di trent anni. Quasi tutto il primo decennio fino al 1937 lo vive dividendosi tra Roma e Palermo. A Roma è specializzando della Scuola di Urbanistica dell Università e frequenta Enrico Calandra e altri architetti palermitani. A Palermo è assistente volontario, ossia non retribuito, di corsi universitari presso la Facoltà di Ingegneria. 76

79 In questi primi dieci anni scrive e pubblica circa venti saggi. Nella rivista dell Istituto nazionale di urbanistica scrive sulla storia delle città 1 e per la Società siciliana di storia patria rileva e analizza l architettura del Medioevo siciliano 2 ; elabora riflessioni che diventano conferenze; organizza e prende parte a sei esposizioni, di differente rango e localizzazione (Varsavia, Triennale di Milano, Erice, Palermo); redige progetti di architettura industriale e residenziale 3. Accanto a tutto ciò progetta anche nuovi assetti per città antiche e dà forma a città nuove. Questo è il periodo della storia contemporanea d Italia in cui più si edificano città e più si lavora sulla città esistente. La pratica dominante per la selezione del progetto è il concorso pubblico: indici di annate non complete della rivista Urbanistica dal 1933 al 1940 segnalano il bando di diciassette concorsi per Piani di città medie e per parti di grandi città. Caracciolo nel quinquennio tra il 1934 e il 1939 partecipa ai concorsi per i Piani Regolatori di Monreale, Erice, Rieti e Palermo. Partecipa anche al concorso per l edificazione di Pomezia, l ultima delle cinque città pontine. Al progetto di Rieti lavora forse con l arch. Giuseppe Spatrisano che, a Roma per lavoro, frequenta Caracciolo. Coautore del Piano di Monreale è l arch. Luigi Epifanio. La composizione del gruppo estensore del Piano di Palermo è geograficamente variegata: con Caracciolo ci sono ancora i palermitani Epifanio, Spatrisano e Ziino; sono di scuola e frequentazione romana Aldo della Rocca e Giorgio Calza-Bini e così Luigi Piccinato; c è infine il catanese Giuseppe Marletta. Molte di queste persone gli rimarranno amiche per la vita. In questi anni progettare per Caracciolo è avventura dinamica, che incrocia luoghi, spazio, conoscenza e diversità: si avvicina, da solo o con amici siciliani, all esperienza del progetto sul piano cartesiano della campagna laziale o all interno di città non siciliane; se il luogo centrale in cui si svolge l azione professionale è Palermo, allora la formazione del Piano crea legami temporanei per tesaurizzare esperienza e conoscenza dal lavoro comune. Nel 1939 Caracciolo diventa assistente ordinario presso la cattedra di Architettura tecnica della Facoltà di Ingegneria di Palermo. Ora ha la sicurezza di un reddito, ci sono le condizioni materiali per farsi carico di una famiglia e nel 1940 si sposa. Il primo decennio dell operatività di Caracciolo nel mondo della professione, non esattamente definibile entro precisi confini (è un docente, uno 1 La sistemazione del Cassaro e l apertura della Strada Nuova a Palermo, Urbanistica, 2, 1937; Formazione di Parigi capitale della Francia, Urbanistica, 6, La Chiesa e il Convento di Baida presso Palermo, Sono documentati: un progetto di case a blocchi, 1934; un centro minerario in provincia di Enna, 1938; un progetto di quartiere operaio per 100 famiglie,

80 studioso, un architetto e urbanista, visto che in tutti questi campi ha operato?) e le modalità pratiche che contrassegnano questo periodo della sua vita sono essenziali per comprendere le scelte degli anni che seguono. Quando sarebbe il momento di attrezzare un proprio studio professionale, Caracciolo non lo fa. Sono sicuramente attenuati gli ostacoli del decennio trascorso: nel 1940, nonostante la guerra, completa e realizza per l Ente per la riforma del latifondo siciliano il borgo rurale Gigino Gattuso ora Petilia e nel 1943 redige il PRG di Caltanissetta, ma uno studio mura, tavoli, tecnigrafi, segretaria, disegnatori non c è. È legittimo pensare che non ne avvertisse la necessità o, di più, che, questo studio, egli proprio non lo volesse. Fondare uno studio comporta privilegiare un campo operativo; scegliere e di necessità limitare i soggetti con cui instaurare una continuità di pratica; occorre anche ridurre talune attività a vantaggio di incombenze pratiche spesso ingrate, e ancor di più tali per le attitudini di Caracciolo. I modi del suo fare gli hanno restituito risultati gratificanti: egli ha avuto la possibilità di confrontarsi con il grande sapere della storia dell architettura (Enrico Calandra) e dai suoi insegnamenti ha appreso come questa non possa essere compresa senza lo studio della storia e della geografia; ha profittato degli stimoli di discepoli che, nel tempo, sono spesso diventati compagni nell avventura dell urbanistica, della ricerca e dello studio; ha mutato negli anni le compagini per affrontare la prima linea del progetto e ha così appreso e affinato l arte del dialogo e accertato la proficuità dello scambio. Lo studio di Caracciolo rimane, in parte, ancora per anni, la sua casa, un tavolo da studio, uno da disegno e una ricca e articolata biblioteca, un ambiente che, poco mutato, gli è sopravvissuto a lungo e fino a una decina di anni fa. Questo spazio professionale minimo, in anni semplici, in cui la lezione del razionalismo indirizza verso forme di rappresentazione sobrie e asciutte, dà quanto basta per formare elaborati di progetto puliti ed essenziali 4, con l esclusione del Piano di Palermo del 1939, palesemente redatto con altri mezzi. Nei successivi vent anni Caracciolo estende e consolida gli interessi che gli sono propri e non ne muta le pratiche operative. Continua a lavorare con amici-colleghi su tavoli non suoi: suoi ex assistenti e il figlio riferiscono di progetti elaborati sui tavoli dell Università; progetta negli studi dell AIR, Architetti Ingegneri Riuniti, società di progettazione del dopoguerra e presso lo studio del suo amico e collega Pietro Ajroldi; testimonianze dicono anche di attività di progetto svolta nello studio di Salvatore Inzerillo e Alba Gulì, già suoi allievi in Facoltà di Architettura. 4 Cortile di Erice, Vicolo di Erice, PRG Erice, carta archeologica, Prospettiva Borgo Gattuso. 78

81 I tavoli da disegno sono solo uno dei luoghi della geografia umana di Caracciolo. Altri luoghi, ugualmente fondanti nella storia della sua vita, sono il tavolo da studio, le aule universitarie, i paesi e le città della Sicilia, d Italia, d Europa, i convegni, i viaggi, gli incontri; e in ciascuno dei luoghi che Caracciolo pratica e percorre, ci sono persone con cui parla e ragiona, questioni su cui interrogarsi, cose da conoscere: e tutto senza dover subire le limitazioni pratiche e di comportamento legate all esclusività di uno studio professionale. La virtù di Caracciolo consiste nella perdurante volontà di movimento tra i luoghi della sua geografia. È libero, per indole e formazione è abile nel movimento, si muove tra discipline, interessi, luoghi e modi di lavoro e intreccia a questa trama le differenze e le qualità delle molte persone che pratica. Il pensiero, l esperienza, sono beni che Caracciolo forma assieme a chi gli è vicino e che diventano un corale che include e arricchisce tutti. È la capacità umana e professionale di condividere che rende Caracciolo maestro. L affermazione sulla capacità di Caracciolo di condividere discipline e interessi può essere chiarita più nel dettaglio con l aiuto di una lettura per campi della sua vita professionale, dal 1940 al 1962, fatta attraverso le voci del suo curriculum: per la scuola sappiamo che Caracciolo dal 1942 fino al 1954 insegna nei corsi di Topografia e Costruzioni rurali, di Architettura tecnica, di Storia dell Architettura e delle Arti figurative, talora anche contemporaneamente. Nel 1948 è incaricato dell insegnamento di Urbanistica presso la neonata Facoltà di Architettura; per la storia dell architettura, della città, del territorio dopo i dodici scritti degli anni Trenta troviamo venti testi, tra saggi, articoli, recensioni, che percorrono tutta la storia della Sicilia, dai romani, agli arabi, ai normanni, agli aragonesi, al vicereame spagnolo, e, ultimo, il trascurato Ottocento; per la storia in atto Caracciolo studia e riflette sia sulle sue prossime esperienze di vita l insegnamento di un maestro, i progetti di un allievo 5 sia sugli essenziali iniziatori del secolo, sulla grande lezione del razionalismo europeo e dei suoi militanti italiani, scrivendo su Perret, sulla Bauhaus, su Pagano; per la città e il territorio il repertorio dei lavori dice che Caracciolo dal 1943 al 1960 si spende nel progetto di quattordici tra Piani regolatori, 5 Cfr. E. Caracciolo (1954), Enrico Calandra, in Archivio Storico Siciliano, serie III, vol. V, Società Siciliana di Storia Patria, Palermo; E. Caracciolo (1961), Tre opere di Antonio Bonafede in Sicilia, L Architettura. Cronache e storia, 68, giugno, pp

82 Piani di ricostruzione, piani di scala vasta, progetti territoriali fatiche che spesso non vedranno compiute le previsioni pensate. Questa è raramente opera solitaria e in essa ha spesso per compagni le stesse persone che lo affiancano nelle aule universitarie; per la dimensione quotidiana dell abitare e del vivere, il quartiere, Caracciolo dal 1949 al 1960 dà seguito ai due progetti del 1940 e idea dieci sistemazioni urbane, dai vari gradi di finitezza. Alcuni progetti saranno compiutamente realizzati (Quartiere Zisa-Quattro Camere, Borgo Ulivia), altri sono solo ipotesi per un diverso futuro (sistemazioni urbanistiche di Borgo Nuovo, del CEP, del quartiere Cuginotta). Il Concorso per un quartiere per il Fondo Incremento Edilizio è stato forse vissuto come esperienza di studio e confronto con alcuni dei giovani architetti a lui vicini, Antonio Bonafede e Gianni Pirrone; per la dimensione intima e indispensabile del vivere, la casa, in questi anni è ancora presente l urgenza che aveva spinto Caracciolo dal 1934 al 1940 a interessarsi del problema delle case popolari e dell edilizia popolare nelle città coloniali, nel Sud, a Palermo. Alle mostre e ai testi di quegli anni fanno seguito ora altri sette scritti. Il problema della casa per il popolo viene declinato come valore da recuperare negli aspetti formali, come strumento idoneo a dare vita alle campagne. Egli nella risposta alle 6 domande di Casabella parla di casa e non alloggio, oggetto che merita ogni attenzione costruttiva e di elaborazione; per l Architettura, la parte più scarna della produzione di Caracciolo, sei o sette fabbriche, sappiamo che egli lavora da solo unicamente nel progetto e nell esecuzione dell Hotel Palace. Nel concorso per il Palazzo della Regione si muove ancora con gli amici romani e palermitani e i progetti per il nuovo centro universitario lo riavvicinano a Ziino, coautore nel 1939 e nel 1955 del PRG di Palermo. I pochi edifici per edilizia residenziale di cui con minori dubbi gli si riconosce la paternità sono stati redatti all interno del collettivo dell AIR. Ma l impegno più forte di Caracciolo negli anni dal 1944 al 1962 è il Progetto di urbanistica nel presente. Nel termine urbanistica Caracciolo compendia storia, amministrazione, legislazione, economia, sociologia, diritto, politica. Ai nove scritti, parte teorici e parte applicativi, del quinquennio fanno seguito quarantacinque contributi al dibattito, di dimensione, taglio e diffusione varia, tra interventi a incontri e convegni, recensioni, presentazioni di libri, saggi propriamente detti, lettere e notazioni nella pubblicistica più o meno specializzata. Anche questo campo segnala una coralità di azione, che coinvolge non solo i soggetti professionali vicini e amici ma tecnici e operatori di altre discipline o attivi in altri ambiti istituzionali. 80

83 Questo è lo studioso, il docente, il progettista Caracciolo guardato attraverso i campi, i tavoli della sua vita. E molti dei contributi, pur se sono stati attribuiti a un campo come a quello di interesse prevalente, hanno natura e contenuto tali da coinvolgerne anche altri del repertorio indicato. È la memoria degli atti di Caracciolo, il loro esame qualitativo e quantitativo, lo strumento che consente di motivare l asserto iniziale, essere stato Caracciolo un maestro. Nei suoi ultimi dodici anni di vita Caracciolo continua a coltivare tutti i campi di suo interesse ma su tutti privilegia l urbanistica. E mentre pratica l urbanistica come progetto, più intensamente ragiona sull urbanistica e su ciò di cui la disciplina ha bisogno per giungere a compiutezza di effetti. Scritti e progetti di Caracciolo sono da leggere come corpo unitario e organico e sono una limpida dimostrazione di quanto l urbanistica sia disciplina che, arricchita dall apporto di molteplici altre discipline, è più della somma delle parti. È istruttivo leggere l elenco delle questioni e delle materie che Caracciolo interconnette con l azione urbanistica. Lo è altrettanto la scelta di veicolare il suo pensiero anche attraverso modesti periodici locali, per coinvolgere nelle questioni dibattute la più ampia platea possibile. Dice molto anche la volontà di Caracciolo, manifesta negli scritti, di interloquire con una grande varietà di soggetti, non sempre sensibili. In questo periodo della vita di Caracciolo c è maturità di pensiero, urgenza di fare e necessità di condividere pensiero e azione. Sono gli anni del dopoguerra in Sicilia, nell autonomia si cerca una strada di sviluppo, c è la possibilità di disegnare la città e il territorio di domani. Ci sono incarichi concreti e può veramente accadere che le linee tracciate sulla carta cambino con il tempo la realtà. Sono anni in cui occorre essere uomini non di un solo sapere e non essere uomini soli. Caracciolo mobilita tutte le sue risorse: si muove in questi anni tra persone che pure si muovono e passano da un ruolo all altro, discepoli e poi collaboratori, che dalla scuola passano a vivere, condividere e pensare il progetto della città e del territorio. Coopta (o tenta di cooptare) chi fa o ha fatto altro ma a cui egli riconosce un ruolo essenziale nel processo che lo impegna, politici, economisti, igienisti, legislatori, amministratori. Lo spazio, il campo, il tavolo, la geografia della disciplina che va costruendo lo spingono dal presente verso il futuro, a parlare e ragionare con Danilo Dolci e Adriano Olivetti, lucidi visionari inascoltati a Partinico, Palermo, Ivrea, Roma. Si muove, in questi anni, tra la storia personale degli interessi da sempre perseguiti e una storia che cerca tenacemente di formare, come esperienza collettiva, come esperienza condivisa. Per questo suo generoso tentativo, compiutosi a Palermo, in Sicilia, può essere ricordato come maestro. 81

84 10. Caracciolo e il superamento del piano funzionalista di Giuseppe Trombino Quando, nel 1942, viene approvata la nuova legge urbanistica, attesa da anni e anticipata da numerose esperienze applicative attraverso le quali la cultura urbanistica aveva sperimentato il nuovo approccio funzionalista, Caracciolo, non ancora quarantenne, aveva già maturato alcune significative esperienze di pianificazione urbanistica, ma esclusivamente nell ambito di concorsi di progettazione. Da qualche anno però aveva ricevuto, a Caltanissetta, il suo primo incarico professionale per la redazione di un Piano regolatore 1 ; l incarico riguardava la redazione di un Piano regolatore e di ampliamento, così come prescriveva la legislazione urbanistica allora vigente, ma Caracciolo era riuscito a convincere l Amministrazione, e successivamente anche gli organi ministeriali, a redigere invece un Piano regolatore di massima, ovvero uno strumento privo dei dettagli progettuali tipici dei piani ottocenteschi ma aperto alle innovazioni che già da qualche anno le teorie del funzionalismo razionalista e la tecnica dello zoning avevano introdotto nella costruzione dei piani 2. 1 L incarico per la redazione del Piano venne affidato a Caracciolo dal Podestà Crescimanno con delibera del 27 maggio del Era compresa nell incarico la compilazione di un piano quotato della città. 2 L iniziativa era stata in un primo tempo ostacolata dagli organi prefettizi che avevano obiettato come lo strumento del piano di massima, non previsto dalla legislazione vigente, risultasse contrastante con il principio, sancito da una circolare del Ministero dei Lavori pubblici del 1913, che il piano regolatore dovesse sempre costituire anche un piano particolareggiato di esecuzione. La risposta del Comune, probabilmente ispirata dallo stesso Caracciolo, rivela l ormai acquisita consapevolezza della necessità di affermare una nuova concezione del piano urbanistico, che superando l ormai anacronistica normativa del 1865 consentisse di avere una visione organica della città e dei suoi rapporti con il contesto territoriale. Da qui l opportunità di un piano che fissi le direttive e [...] i criteri generali secondo i quali dovranno poi essere sviluppati i piani particolareggiati di esecuzione, la cui compilazione e approvazione avverrà gradualmente nel tempo, a misura che se ne riscontri l urgente necessità e che si abbia la pos- 82

85 Per varie ragioni 3 il piano verrà redatto da Caracciolo solo dopo il 1942, quando era ormai in vigore il nuovo testo legislativo che, superando le angustie della legge del 1865, aveva fatto venir meno le precedenti resistenze burocratiche. Il piano di Caracciolo per Caltanissetta costituisce così uno dei primi piani progettati in Italia in applicazione della legge urbanistica n del 17 agosto Il progetto di PRG, per l approccio funzionalista ai problemi urbani e per la metodologia seguita nell analisi e nel progetto, si colloca certamente all interno delle linee codificate dalla nuova legge. È tuttavia significativo il fatto che nel piano si faccia esplicito riferimento in due sole occasioni alla nuova e importante disposizione legislativa e per aspetti normativi assolutamente secondari (il riferimento è all art. 13, relativo ai contenuti dei piani particolareggiati, e all art. 23, che dispone la formazione di comparti edificatori). Anche Caracciolo evidentemente, come per altro tutti i maggiori esponenti della cultura urbanistica del periodo, sottovalutava l importanza della legge, non riconoscendo al nuovo testo legislativo la capacità di corrispondere compiutamente alle acquisizioni teoriche e tecniche raggiunte nel dibattito urbanistico 4. sibilità finanziaria per realizzarli nel breve tempo di dieci o quindici anni (Nota del Podestà Crescimanno a SE il Prefetto di Caltanissetta del 23 novembre 1939). Per dare più forza alle proprie argomentazioni il Podestà ricorda che piani di massima di contenuto simile a quello che si voleva attribuire al piano di Caltanissetta risultavano già approvati con leggi speciali per le città di Foggia, Lecce, Brindisi, Novara emanate tra il 1933 e il L incarico del 1939, per ragioni non chiaramente esplicitate, verrà dallo stesso Podestà Crescimanno revocato al Caracciolo con delibera del 6 aprile dell anno successivo e affidato all ing. Secolo Santoro di Ragusa. Soltanto dopo la risentita protesta di Caracciolo che fa rilevare a Crescimanno come non esista in Italia nessun tecnico che abbia titolo specifico superiore al mio, se si esclude il professore ordinario di Urbanistica presso l Università di Roma (lettera del dott. arch e ing. Edoardo Caracciolo al Podestà di Caltanissetta del 20 dicembre 1940), l incarico verrà affidato in forma congiunta ai due tecnici con deliberazione del 11 ottobre 1941 del nuovo podestà Tumminelli. In realtà il progetto di piano sarà però firmato dal solo Caracciolo, essendo stato nel frattempo l ingegnere Santoro richiamato alle armi. Una dettagliata illustrazione dei contenuti del piano si trova in G. Averna (1946), Il Piano regolatore generale di Caltanissetta nel progetto di E. Caracciolo, Scienza e umanità, 5-6, maggio-giugno. 4 Qualche anno dopo l emanazione della nuova legge urbanistica Luigi Piccinato scriveva: Solo attraverso la zonizzazione è possibile dare vita ragionevole a un vasto organismo urbano; solo con i tipi edilizi aperti è possibile una casa sana; solo risanando gli antichi quartieri è possibile la conservazione dei centri monumentali; solo estendendo il piano all intero territorio comunale è possibile creare dei quartieri autosufficienti, distanziati e composti di settori funzionanti socialmente quali comunità, infine solo attraverso i piani regionali è possibile armonizzare e potenziare economicamente la vita del Paese. Senonché a queste conquiste della tecnica urbanistica la legislazione, in Italia, non offre il mezzo adeguato per la realiz- 83

86 I problemi con i quali il progetto urbanistico doveva confrontarsi erano a Caltanissetta quelli di una città in condizione di marcato sottosviluppo. Nella città, che aveva in quegli anni una popolazione di abitanti circa, si registrava una densità di 493 ab/ha che Caracciolo giudicava veramente enorme, non solo quando la si raffronti con la densità media teorica proposta dagli igienisti ( ab/ha) ma anche quando si esegua un paragone con i dati praticamente offerti dalle altre città italiane e dalle europee. L indice di affollamento era stimato in 1,7 abitanti/vano. Malgrado tali valori tuttavia Caracciolo non riteneva che esistessero nel vecchio centro carenze igienico-sanitarie tali da consigliare radicali interventi urbanistici. È noto che i cosi detti sventramenti possono essere solo dolorosamente necessari quando esistono nuclei edilizi specialmente infetti, il che a Caltanissetta non è: cade quindi la giustificazione igienica di tali operazioni. Il problema urbanistico centrale per Caltanissetta era individuato invece nell espansione urbana che deve essere favorita in alcune zone, fortemente disciplinata in altre, assolutamente vietata dove non opportuna. La soluzione, secondo Caracciolo, non era facile sia per l irregolarità morfologica del terreno e per l elevatissimo valore paesistico dei dintorni della città ma anche perché, mentre i vecchi quartieri, pur consistendo in ambienti edilizi essenzialmente diversi, si fondono in una perfetta unità estetica, i nuovi presentano delle gravi discontinuità estetiche e tecniche che non sempre è possibile superare. Tenendo da parte ogni preconcetto schematismo ideologico era fissato in il numero dei vani che realisticamente avrebbero potuto realizzarsi in un quinquennio a Caltanissetta. Le possibili aree di espansione, tenendo conto delle valenze paesaggistiche del contesto e della riconosciuta necessità di non alterare il rapporto tra città costruita e paesaggio naturale, si riducevano essenzialmente alle due già spontaneamente investite dal processo di urbanizzazione, localizzate in località Palmintelli e Santa Petronilla. Attorno al centro urbano erano poi individuate tre zone di protezione panoramica: la prima, di inedificabilità assoluta, sulla vetta del monte S. Giuliano (Redentore), le altre alle falde del monte S. Giuliano e lungo la collina oltre la ferrovia (contrada Medica). Per quanto riguarda il territorio agricolo, afflitto soprattutto dai problemi del latifondo, a integrazione zazione: Tutto ciò è possibile in Francia, in Inghilterra, in Svezia, in Olanda, in Polonia [...]: qui urta nell insufficienza del mezzo giuridico. A conclusione dello scritto Piccinato chiede esplicitamente che si proceda all emanazione di una nuova legge urbanistica (L. Piccinato, 1948, Demani delle aree e rilottizzazione particellare a base della tecnica urbanistica, in INU, Urbanistica ed edilizia in Italia, Roma). 84

87 dell azione svolta dall Ente di Colonizzazione ai sensi delle leggi a quel tempo vigenti, era proposto un sistema di infrastrutturazione basato su nuclei assistenziali comprendente soprattutto scuole. In ultimo per il vecchio centro, all interno del quale Caracciolo distingueva un nucleo di probabile origine medioevale (rione degli Angeli), un secondo di probabile origine post rinascimentale (rioni S. Francesco, Provvidenza, S. Rocco, S. Flavia, S. Venera), un terzo organizzato attorno alle due strade in croce (piazza Duomo) e infine una parte di formazione ottocentesca oltre la chiesa di S. Lucia a nord e lungo il viale Regina Margherita a sud-ovest, venivano formulate proposte differenziate tutte comunque improntate a un criterio di riqualificazione dell esistente, escludendo grossi interventi di sventramento, giudicati nella fattispecie, non necessari sotto il profilo igienico e non convenienti economicamente. In particolare per il rione Angeli erano proposti interventi di diradamento e di sostituzione edilizia rispondenti, oltre che a esigenze di qualificazione abitativa, anche a necessità panoramiche e a necessità di traffico. Per i rioni post-rinascimentali erano proposti interventi di manutenzione edilizia nonché un complessivo intervento di carattere igienico sanitario basato sulla realizzazione di fognature dinamiche e di acquedotti. Solo in sede di piano regolatore particolareggiato, previa una minuta analisi igienica, sarà possibile proporre qualche lieve ritocco urbanistico. Per la piazza Duomo era indicato come essenziale l allontanamento del traffico allo scopo di preservare quel quieto carattere di salotto che la caratterizzava. Il progetto di PRG fu redatto da Caracciolo evidentemente prima del luglio del 1943, dal momento che in esso nessun riferimento veniva fatto alle distruzioni belliche che la città subì in quel mese 5. Del piano, nella stesura definitiva consegnata nel settembre 1943, faceva però parte un elaborato definito Profilo regolatore del vecchio centro nel quale Caracciolo indicava la soluzione da adottare per la sistemazione dei fronti edilizi sul corso Umberto, traendo partito dall avvenuto danneggiamento di alcuni edifici. L elaborato, redatto in maniera affrettata e probabilmente senza la possibilità di un approfondimento critico del tema affrontato, si pone in aperta contraddizione con i principi della tutela dell ambiente storico. Ma la redazione di tale elaborato non era certo sufficiente per adeguare il piano alle nuove esigenze determinate dalle demolizioni belliche; man mano che si prendeva coscienza 5 Con lettera del 14 settembre 1943 Caracciolo informava il sindaco di Caltanissetta di aver definito il progetto di piano regolatore, chiedeva però prima della consegna definitiva se il Comune intendesse portare variazioni al piano in funzione delle demolizioni per cause belliche. 85

88 dei danni subiti dalla città per effetto delle incursioni aeree ci si rendeva sempre più chiaramente conto dell insufficienza dello strumento normativo già predisposto. L Amministrazione decise dunque di procedere all approvazione del piano regolatore, rinviando però la soluzione dei problemi posti dalle demolizioni belliche alla predisposizione di appositi piani particolareggiati. Allo stesso Caracciolo venne affidato l incarico di redigere dei piani esecutivi estesi al rione Provvidenza, alla parte di città compresa tra la statale 122, il carcere e la strada per Santa Petronilla e, in genere, a tutte le aree rimaste sgombre a causa delle incursioni aeree 6. I primi progetti che Caracciolo presentò all Amministrazione in attuazione dell incarico riguardavano la sistemazione del rione Provvidenza e del rione Angeli. Nel primo dei due progetti si faceva esplicito riferimento all esistenza di fabbricati demoliti per cause belliche, mentre le sistemazioni previste nel secondo non erano esplicitamente riferite a situazioni di danneggiamento per cause di guerra. Entrambi i progetti prevedevano interventi di diradamento edilizio, assai contenuti nel rione Provvidenza, dove ci si limitava a prevedere la demolizione e la conseguente sistemazione a verde delle aree occupate da edifici danneggiati, più marcati nel rione Angeli, dove si arrivava a prevedere la demolizione di interi isolati realizzando nelle aree di risulta una scenografica scalinata verde che attraversava il quartiere nell intera sua lunghezza. Altre demolizioni erano poi previste all estremità orientale dello stesso quartiere Angeli, dove era progettata una nuova marginatura a verde. Il problema dell attraversamento carrabile del quartiere era risolto attraverso l allargamento di una strada esistente, determinando un nuovo allineamento edilizio su uno soltanto dei due fronti. Più complessa era la sistemazione viaria prevista per il rione Provvidenza, al margine del quale era prevista una nuova strada che, sacrificando alcuni isolati di modesta consistenza, consentiva di raccordare il viale Regina Margherita con la nuova direttrice verso Palmintelli senza dover attraversare la piazza. In nessuno dei due piani si prevedeva la ricostruzione di nuovi volumi, tranne che per qualche isolato ubicato nelle parti marginali dei due quartieri. Forse per questa ragione le soluzioni proposte non vennero ritenute adeguate e gli elaborati consegnati vennero 6 Cfr. deliberazione del Podestà Tumminelli n. 535 del 20 novembre Il contratto venne perfezionato il 31 gennaio Nell aprile dello stesso anno Caracciolo consegnava gli elaborati costituenti una bozza dei piani esecutivi. Da segnalare che la delibera si concludeva con un irrituale ma significativo voto di lode all architetto professore Edoardo Caracciolo per la diligenza e competenza con cui ha accudito allo studio e compilazione del piano. 86

89 restituiti al progettista con la motivazione ufficiale di dover essere riprodotti e ordinati. In realtà la fine della guerra e l emanazione delle provvidenze finanziarie per la ricostruzione avevano determinato nuove aspettative che mal si confacevano con le calibrate previsioni di incremento edilizio del Piano di Caracciolo. Ancor prima che si concludesse l esperienza di Caltanissetta, Caracciolo, ormai proiettato nel mondo professionale con la convincente forza della sua acclarata competenza, aveva cominciato a occuparsi, pressoché contemporaneamente, del piano di ricostruzione di Marsala e del piano regolatore di Trapani 7. A Trapani in particolare, subito dopo la fine dei combattimenti il Comune aveva affidato a un gruppo di tecnici locali il compito di redigere, con la consulenza di Edoardo Caracciolo, un Piano regolatore generale 8. Il progetto di Piano regolatore traeva partito dalle demolizioni belliche per proporre una complessiva riconfigurazione dei rapporti tra le diverse parti della città, da realizzarsi attraverso un insieme di interventi che saldassero il centrale quartiere Casalicchio, il più antico della città e quello più interessato dalle distruzioni belliche, a ovest con il seicentesco quartiere Palazzo, costretto nella sottile penisola culminante nella torre di Ligny e a est con la periferia ottocentesca disordinatamente dilagante verso le pendici del monte Erice. Il disegno di piano si fondava su un contenimento dell area urbana entro i limiti già allora raggiunti dall espansione e su una netta separazione tra questa e l area agricola ai piedi del Monte Erice. Nell ottica di una difesa del territorio agricolo, di un contenimento dei costi di urbanizzazione e di una riqualificazione della periferia urbana formata da basse costruzioni per lo più incomplete, il piano, piuttosto che indicare nuove grandi zone di espansione, prevedeva la possibilità di procedere a massicci interventi di soprelevazione delle costruzioni esistenti composte dal solo piano terreno, secondo parametri volumetrici definiti. Secondo i principi dell urbanistica 7 Queste e altre esperienze di pianificazione, inquadrabili nel contesto della ricostruzione postbellica, sono ampiamente documentate nel mio precedente lavoro (G. Trombino, 2000, Urbanistica in Sicilia negli anni della ricostruzione, Officina, Roma), dal quale sono parzialmente riprese le considerazioni qui riportate. Sul tema si veda pure G. Bonafede (1997), La pianificazione in Sicilia , La Zisa, Palermo. 8 L incarico per la progettazione del PRG era stato affidato con delibera n. 893 del 25 settembre 1944 agli ingegneri Gaspare Di Maggio, capo dell Ufficio tecnico della Provincia, e Giuseppe Genovese, capo dell Ufficio tecnico comunale, con la consulenza di Edoardo Caracciolo. L iter del piano, dopo l adozione da parte della Giunta comunale nel giugno 1945, la pubblicazione e la delibera sulle osservazioni raccolte, venne interrotto dalla comunicazione dell Alto commissario al Comune di Trapani, nel febbraio del 1946, riguardante l inserimento della città nel quinto elenco dei Comuni obbligati a redigere un Piano di ricostruzione. 87

90 razionalista veniva poi proposta una suddivisione dell area urbana in parti, ciascuna corrispondente a una ben precisa funzione, prevedendo una netta separazione tra i traffici che interessavano l area portuale e quelli di collegamento tra i quartieri. La separazione era ottenuta attraverso la costruzione di nuove strade a margine dell area urbana e lo spostamento della stazione ferroviaria a ridosso del porto. Ma l approvazione della legge sui Piani di ricostruzione, nel 1945, interruppe il procedimento di formazione del Piano regolatore generale; l inclusione nell elenco dei comuni obbligati alla formazione del Piano di ricostruzione, nel 1946, venne considerata, in un primo momento, come un occasione per rendere immediatamente attuabili alcune delle previsioni del piano generale nel frattempo già adottato e pubblicato. Il piano di ricostruzione, secondo le indicazioni ministeriali, doveva riguardare la sola area centrale della città, quella più prossima all impianto portuale, definita nel decreto come rione San Pietro. È in questa parte di città in effetti che erano principalmente concentrati i danni bellici che complessivamente, secondo le prime stime del Genio civile, riguardavano circa la metà dei 60 mila vani costituenti il patrimonio edilizio dell intera città. Erano più di tremila le persone che avevano trovato la morte in questo quartiere durante i ripetuti attacchi aerei e in particolare nell aprile del Le demolizioni erano particolarmente concentrate nella parte sud-orientale del quartiere, che si affacciava sulle banchine del porto, ma anche le parti più interne avevano subito danni considerevoli. L intervento nel rione San Pietro era necessario, secondo il Genio civile, perché non sarebbe ammissibile la sua ricostruzione seguendo le vie anguste e tortuose dell anteguerra [ ] e ciò per effettive esigenze sanitarie, igieniche, di viabilità e anche di decoro edilizio 9. Le esigenze sanitarie erano quelle sulle quali si poneva principalmente l accento, segnalando l avvenuto decesso per tubercolosi di numerosi abitanti del rione San Pietro. L incarico per la redazione del Piano di ricostruzione venne affidato dall amministrazione comunale allo stesso Caracciolo, già impegnato quale consulente nella redazione del PRG 10. In breve tempo Caracciolo elaborò uno studio di massima del Piano di ricostruzione, nel quale erano sostanzialmente riprese, stralciate dal contesto generale, le previsioni del PRG relative al rione San Pietro. 9 Citazione dalla nota del 5 settembre 1945 del Genio civile di Trapani al Provveditorato Opere pubbliche di Palermo. 10 L incarico, affidato con delibera del Consiglio comunale del 15 luglio 1946, venne perfezionato con la stipula della convenzione solo il 2 maggio del Ma già nel maggio del 1946 Caracciolo consegnò all Amministrazione uno studio di massima del Piano di ricostruzione. 88

91 Al fine di realizzare le nuove abitazioni nelle quali trasferire gli abitanti delle parti del rione da non ricostruire. Caracciolo proponeva di far ricorso alla sopraelevazione degli edifici composti da un solo piano fuori terra, come già previsto nel PRG, rendendola però obbligatoria. Nel caso in cui il proprietario non avesse effettuato la prevista sopraelevazione entro un termine stabilito, il Comune avrebbe potuto dichiarare l immobile incompleto ed espropriare l area sovrastante sostituendosi al proprietario inadempiente. Il progetto di Piano nel suo complesso era concepito secondo uno schema metodologico già sperimentato dallo stesso Caracciolo nell esperienza marsalese, conclusa appena qualche mese prima. Sulla base di un accurata valutazione dei danni effettivamente subiti dall abitato Caracciolo perveniva, attraverso l enunciazione di diverse ipotesi alternative e la valutazione dei vantaggi indotti e degli inconvenienti determinati da ciascuna di esse, alla scelta di una soluzione urbanistica ottimale, tenendo sempre comunque presente il criterio della massima economicità degli interventi. A Trapani però la più elevata gravità dei danni portò Caracciolo a proporre soluzioni assai più radicalmente modificative del preesistente assetto urbanistico del quartiere, pervenendo a un progetto del tutto diverso da quello di Marsala e che in realtà assai poco si diversificava da un piano di risanamento ottocentesco. Certo, nel valutare le soluzioni progettuali proposte da Caracciolo, non può non tenersi conto del quadro di angosciante gravità delineato dalle vicende belliche e dello stato d animo di chi, di fronte a tale spaventoso sconvolgimento, è consapevole di dovere assumere la pesante responsabilità di dare risposte, semplici e immediatamente praticabili, alle esigenze di migliaia di famiglie rimaste senza casa, che potrebbero trovare nel finanziamento statale dei lavori di ricostruzione non solo la soluzione dei loro problemi abitativi ma anche la possibilità di una qualche occupazione in un momento di assoluta stagnazione dell economia 11. Ma anche tenendo conto di ciò si stenta a comprendere e giustificare la disinvoltura con la quale nel progetto viene sovrapposta alla maglia stradale storica, costituita da stretti vicoli e cortili chiusi, una viabilità rettilinea di ispirazione ottocentesca, il cui elemento centrale taglia da parte a parte il quartiere sventrando i tessuti edilizi di maggiore compattezza e arrestandosi 11 Pur nella fredda oggettività di un linguaggio tecnico estremamente rigoroso erano inseriti nella relazione del progetto del Piano di ricostruzione di Trapani numerosi riferimenti alla situazione di miseria della popolazione del quartiere, dai quali può comprendersi il peso che Caracciolo assegnava, nell individuazione delle soluzioni progettuali, alle esigenze di riscatto civile della popolazione. 89

92 solamente di fronte al palazzo della Loggia sul corso principale della città, la cui demolizione, pure presa in considerazione, non viene prevista sol perché ritenuta non strettamente necessaria per collegare la nuova via con il lungomare meridionale della città. Alla nuova strada era affidato il compito di collegare il nuovo centro commerciale, che avrebbe dovuto formarsi nel quartiere san Pietro, con le nuove zone di espansione della città, previste dal Piano regolatore nelle saline del Collegio; la sua larghezza di sedici metri, rapportata alla prevedibile intensità di traffico, era dunque assolutamente fuori scala rispetto alla minuta trama dei percorsi che andava a intercettare. Ciononostante, secondo il progettista, la sua configurazione poteva essere resa aderente allo stile viario circostante, con la semplice previsione di piazzette, slarghi e altri episodi edilizi lungo il suo percorso. Questo e gli altri tagli viari venivano tutti puntualmente giustificati da Caracciolo, nella relazione del piano, con la presenza di gravi danni bellici e di demolizioni, delle quali si usufruisce in aderenza al dettato ministeriale. Le foto allegate allo stesso progetto evidenziano però una situazione che, pur avendo i caratteri di una spaventosa devastazione, non aveva comunque determinato una completa cancellazione del tessuto edilizio preesistente. In realtà traspare evidente, da talune espressioni adoperate nella relazione di progetto, il preciso convincimento di Caracciolo che non fosse possibile ottenere un risanamento del quartiere con semplici interventi di diradamento o di ampliamento di talune strade, così come si era fatto a Marsala. E ciò non solo per l entità delle demolizioni ma anche, e soprattutto, per la presenza nel quartiere di una edilizia miserrima formante un edilizia antisociale, della quale si poteva solo proporre la demolizione procedendo al rilottizzamento. Solo rialzando così il valore delle aree sarà possibile ottenere una nuova edilizia di tono migliore di quella attuale, veramente angosciosa, e ottenere quindi un risanamento efficace. Ancora una volta dunque era una preoccupazione di ordine sociale a guidare il progetto urbanistico, era un ansia di riscatto da un esistenza miserevole e angosciosa che si concretizzava in un piano di ristrutturazione urbanistica del quartiere. Certo Caracciolo si rendeva conto di come la rilottizzazione avrebbe inevitabilmente comportato un allontanamento dal quartiere di gran parte della popolazione originaria, ma l allontanamento e l insediamento in un nuovo quartiere razionale veniva considerato l unico modo per superare l angoscia di un esistenza tra i vicoli e i cortili malsani della città antica. È questa visione, certo non serena ma al contrario carica di una forte componente emozionale, che inibisce la possibilità di un approccio rigoro- 90

93 samente scientifico al tema dell intervento sulla città storica e impedisce a Caracciolo di avviare un qualsiasi ragionamento sul valore delle testimonianze edilizie storiche, che pure in altre occasioni aveva dimostrato di saper ben condurre. Il diradamento per sventramento diventa la soluzione estrema, l unica perseguibile nella disperante condizione delle città all indomani della guerra, una soluzione che finisce per assumere il carattere di un doloroso sacrificio che deve consumarsi sull altare dello sviluppo economico e sociale. Né valgono certo a mitigare la brutalità dell intervento le raccomandazioni che Caracciolo inserisce a conclusione della relazione, che suonano come una tardiva e poco comprensibile concessione alle ragioni della conservazione: dato lo speciale carattere del vecchio quartiere si consigliano composizioni a linee sobrie, si richiama l attenzione nell uso di colori e di materiali tradizionali, mentre si raccomanda il reimpiego di elementi superstiti tra le rovine della zona. La raccomandazione, per altro difficilmente applicabile, naturalmente non sortirà alcun effetto. Dopo un iter procedurale assai lungo e complesso, ulteriormente rallentato da numerosi ricorsi di privati, agli inizi degli anni cinquanta il piano comincerà a essere attuato e nel corso del decennio, diversamente da tanti altri piani di ricostruzione, troverà, almeno per le previsioni riguardanti l intervento sul rione san Pietro e per le parti affidate all iniziativa pubblica, quasi completa attuazione. Rimangono, a testimoniare un esperienza urbanistica certamente emblematica, il largo invaso rettilineo dell attuale corso Italia e tante altre più piccole vie e slarghi, che ancora oggi stentano a trovare una propria identità spaziale all interno del quartiere, in un impossibile dialogo tra la nuova edilizia multipiano e i vecchi allineamenti edilizi. Scriverà qualche anno dopo Caracciolo in un testo destinato alla divulgazione didattica: I pretesi diradamenti per sventramento (creazione di strade con edilizia intensiva ai margini) sono da considerare, oggi, errori tecnici e amministrativi 12. La frase, che conclude una lezione dedicata al problema dell abitabilità e del risanamento, assume inevitabilmente il significato di un ripensamento o quanto meno di una presa di distanza rispetto a quello che negli stessi anni avveniva a Trapani in attuazione del suo piano di ricostruzione. La lettura del testo citato offre una chiave interpretativa dell intera esperienza progettuale trapanese e più in generale di tutta l attività progettuale 12 Cfr. E. Caracciolo (1954), Tre lezioni di urbanistica, Palermo; il volume è stato ristampato, con un saggio di Salvatore Mario Inzerillo, nel 1995 a cura del Dipartimento Città e territorio dell Università di Palermo. 91

94 condotta da Caracciolo negli anni della ricostruzione. Vi si ritrova, espresso in maniera assai forte, il convincimento che qualsiasi criterio progettuale di intervento urbanistico debba trovare la propria ragione d essere in un obiettivo di miglioramento sociale ed economico: occorre, secondo questa ottica, porre in primo piano la creazione dei nuovi ambienti, capaci di dare un più alto reddito e una più suadente vita alle popolazioni. Il problema del riclassamento e del risanamento rimane fatto successivo e consequenziale. Semplicemente in questo modo il problema del quale ci occupiamo acquista una sua pervasiva coerenza storica. È questo convincimento, radicato nella sua coscienza di uomo prima ancora che di tecnico, che porta Caracciolo ad assegnare al piano il valore di uno strumento che deve garantire, prima che la regolamentazione funzionale del territorio da pianificare, il riscatto sociale della popolazione che lo abita. Ed è partendo da questo convincimento, maturato attraverso la frequentazione di città martoriate dai bombardamenti, dove viveva una popolazione afflitta da una miseria atavica, aggravata dagli orrori della guerra, che Caracciolo va componendo la sua concezione di un urbanistica che, superando l approccio funzionalista, si proietta in un imprescindibile dimensione etica che ne sostanzia il contenuto e ne sostiene l azione Il popolo siciliano mangia e veste peggio e si diverte meno della media nazionale: è più ammalato e più ignorante. Vive in ambienti edilizi e urbanistici spesso orrendi. [ ] Siamo nella piena miseria di una zona depressa. Con queste parole Caracciolo aprirà, nel 1949, una sua magistrale riflessione sulla pianificazione regionale sul primo numero della rinata rivista Urbanistica. La condizione di profonda depressione economica e sociale in cui vive il popolo siciliano che è poi, come dimostra Caracciolo nello stesso scritto, null altro che l esito finale di una lunghissima storia di ingiustizie e sopraffazioni subite dal popolo siciliano a partire dalla conquista romana, costringe a differenziare le metodologie di formazione del Piano regionale rispetto a quelle proposte in quegli anni, e da Astengo nello stesso numero della rivista, per le regioni sviluppate (cfr. E. Caracciolo, Premesse al Piano regionale siciliano, Urbanistica, 1, 1949, p. 16). 92

95 Fig. 1 Piano regolatore generale di Caltanissetta Fig. 2 Piano di ricostruzione di Trapani 93

96 11. Edoardo Caracciolo di Leonardo Urbani I territori siciliani hanno impresse una serie di premesse storiche e naturali, capaci di colpire la sensibilità giovanile facendo nascere l orientamento per l impegno nel campo architettonico-urbanistico. La natura, con un termine caro ai secoli XIX e XX, è superba e l opera dell uomo è pressoché ininterrotta fin dai reperti dell elaborazione preistorica delle Gole di Pantalica del 4-5 millennio a.c. Prima i fenici e i greci, con le città di cui ancora oggi sono leggibili gli antichi impianti; poi i vari nuclei urbani del grande Medioevo e dei monumenti arabo-normanni con lo splendore delle superfici dei mosaici e via via fino all epoca medievale del gotico catalano, la cui struttura di corporazioni regge fino al Quasi in parallelo dal si diffonde il ricchissimo Barocco che, con cappelle e chiese dai marmi mischi, sembra riscoprire una volontà competitiva con le fronti dorate dei mosaici medievali. Tutto questo distribuito in alcuni grandi centri urbani, e in paesi piccoli e medi di eccezionale bellezza dei quali (non è solo, ma) resta esemplare Erice. La sequenza continua con l architettura del Settecento e Otto-novecentesco con un riferimento ai Basile, Giovan Battista e figlio, che concludono nei primi decenni del secolo XX con il Neoclassico del padre e il Liberty del figlio. Una storia raccolta dalla Facoltà universitaria di Architettura di Palermo. Edoardo Caracciolo ha queste radici e poggia su di esse con aperture piene alla Modernità ulteriore, aperto al passato con una forte sensibilità per l avvenire, che era costantemente presente nelle sue lezioni di Urbanistica e nell insegnamento di viaggi, sopralluoghi e gite con cui trasferiva agli allievi una cordiale attenzione per la città e per il territorio. Per la gamma intera architettura-urbanistica, Pianificazione territoriale, Edoardo Caracciolo aveva un eccezionale capacità di far raccogliere le reciproche risonanze, insegnando agli studenti che pur essendo un unità individua 94

97 ogni operazione, in ognuno dei tre punti della terna : Architettura-Urbanistica-Pianificazione territoriale, le risonanze dovevano riportare un nuovo stile come segno dell epoca (periodo tra l inizio e la metà del secolo XX). Terna importantissima per l incapacità della fase moderna e di allora, per viverlo e per diffondere queste risonanze nelle Facoltà di Architettura o Ingegneria che si interessano di urbanistica. Ma le risonanze sui tre versanti erano nelle lezioni di Edoardo Caracciolo e trasferivano negli allievi una crescita, oltre che disciplinare, culturale e umana, assieme a una grande riconoscenza per il maestro. Si è già fatto cenno come, dopo la grande civiltà arabo-normanna, le premesse più antiche dell architettura palermitana vanno ritrovate nel periodo finale del grande Barocco siciliano, e in un rapido scorrere dei decenni del Neoclassico che, con qualche tempo di distanza, vede edificare il maestoso Teatro Massimo (con il più grande palcoscenico d Europa), progettato da Basile senior, anticipato dal Teatro Politeama, inferiore come dimensione ma di grande importanza per gli sudi della Classicità (e per i colori dell Architettura classica) dovuti a Damiani Almeyda. La fase ulteriore, di protagonisti come Ernesto Basile, fu una delle più vivaci del Liberty in Italia, seguita dal cosiddetto Stile fascista che, tra l altro, lascia per i posteri l enorme Ufficio o palazzo delle Poste, del quale si sono registrate alcune annotazioni positive nel recente mondo della cultura architettonica, anche da docenti della Harward University durante una ricerca da loro sviluppata sugli ambienti architettonici e urbanistici della Sicilia. Subito dopo la II guerra mondiale, Edoardo Caracciolo e altri architetti palermitani tra cui Pietro Ajroldi, perfezionati nella Scuola d Architettura di Roma, erano da poco rientrati in Sicilia. Erano gli anni, a partire dal , e del ; avevano iniziato la loro vita professionale progettando, tra l altro, alcuni dei villaggi per la riforma agraria in via di attuazione in Sicilia. Fu nello stesso periodo (ma già ora l immediato dopoguerra) che nacque la Facoltà di Architettura di Palermo, che si giovava dell appoggio della Facoltà di Ingegneria, nella quale aveva insegnato anche Ernesto Basile; nella nuova istituzione, il ruolo direttivo fu affidato a Salvatore Caronia Roberti. Tra i primi professori della nuova Facoltà c era anche Edoardo Caracciolo. Chi lo conobbe, come già si è ricordato, fu affascinato anche per la dimensione umana, apprezzata in maniera indiscussa dagli studenti che, in quegli inizi, erano molto pochi in ogni corso, dell ordine di 5-6 allievi. I primi anni della Facoltà passarono veloci; i primi ordinari (nati dai concorsi nazionali banditi anche per Palermo), furono Guido Di Stefano (Storia dell arte), Gino Levi Montalcini (che venendo da Torino, prese l insegnamento dell Arredamento, con riferimento a tutto l arco della Composizione ar- 95

98 chitettonica), che ebbe brillanti docenti come Paolino Di Stefano. La terna si conclude con Edoardo Caracciolo (Urbanistica), che già insegnava e alla quale molti degli studenti aderivano poiché risultava la materia più affascinante. Via via scoprendo con i suoi insegnamenti la materia urbanistica, si veniva coinvolti dal fascino umanissimo e tutt altro che di moda di Edoardo Caracciolo, che era necessariamente impegnato anche nelle battaglie progettuali per frenare operazioni che avrebbero compromesso, tra l altro, il colossale patrimonio del centro storico di Palermo. E ciò più ancora di quanto sia avvenuto con la stasi e le corrosioni minute dovute all abbandono e all assenza di una popolazione adeguata ad abitare questo eccezionale patrimonio. L operazione ancora più dannosa sarebbe stata l apertura della terza strada, da realizzare, in parallelo, e a monte di via Maqueda e via Roma. Edoardo Caracciolo con Bruno Zevi e qualche altro della Commissione preposta alla decisione, pur essendo rimasta, dopo decenni, la stasi e la corrosione del tessuto edificato, sventarono però ogni possibilità di realizzare un recupero inadeguato e improprio, immaginato in quel periodo. E da allora, purtroppo, non seguì il restauro architettonico-urbanistico a cui si aspirava. Questo resta ancora un problema attuale! È questa una delle guerre da rilanciare, anche in memoria di Edoardo Caracciolo! Altre opere sul territorio sono tuttavia rimaste come segnì dall insegnamento di Edoardo Caracciolo, alcuni borghi rurali della Riforma agraria e anche il Piano regolatore generale che ha salvato Erice e che fu giustamente occasione perché a Edoardo Caracciolo fosse dato un importante premio urbanistico. Lo stile e il distacco con cui condusse la sua opera professionale resta certamente un aspetto centrale del suo insegnamento. Tuttavia una particolare predisposizione carica di sensibilità e di profonda onestà oltre che affiorata senza misura nell impegno del suo tempo e della sua attenzione, era spesa per il rapporto umano. La sua natura era particolarmente dotata in questa direzione, ma a questo si univa un particolare senso del dovere, di chi amava l insegnare, e se ne addossava le spese. Questo si manifestava nei viaggi, anche all estero e nel coinvolgimento alle sue azioni di lavoro nelle quali si trascinava dietro il corso e gli allievi, lieti e felici di essere coinvolti. Così avvenne in un iniziativa mirante a recuperare quell inedito panorama storico-urbanistico della Sicilia, ancora evidente anche se aggredito dal solito tempo e dalla solita incuria. Un viaggio del quale restò, quel che si dice, un ricordo immemorabile, è quello che fece, con gli studenti, a Venezia, in occasione di alcuni eventi culturali, nei quali era innestato anche un premio da dare a Frank Lloyd Wright. 96

99 Tra l altro era previsto un incontro semi-ufficiale tra Wright, Caracciolo e gli studenti siciliani; era stato pensato un dono, una piccola ciotola di terracotta, di quell era Fenicia che, in Sicilia, interessò soprattutto la parte occidentale e alcune isole minori. Pina Maisano nell offrire la terracotta, sottolineò che era di anni fa; Wright ne fu colpito e nel soppesarla fra le mani ne ripeté l età: anni! Nacque un amicizia sul comune sentimento di apprezzamento della Materia, e di quella visione organica delle cose in cui Caracciolo era Maestro. Eravamo ai tempi del confronto tra Razionalismo e Architettura organica di cui l opera di Wright era un polo di riferimento, nel sostenere i valori della visione organica. Una volta che Wright era rientrato in America, i rapporti di reciproca corrispondenza continuarono nel tempo. Si pensava (anche aiutati dall amicizia tra Caracciolo e Bruno Zevi) di fare, con tutta la scuola, un viaggio negli USA, che poi non si fece. Frank Lloyd Wright mandò successivamente in regalo a Edoardo Caracciolo, due bellissime stampe giapponesi colorate e un abbonamento, della durata di qualche anno, a una rivista americana con notizie, fotografie e cronache sui cowboy e sulle immense praterie dell USA, estese fino all orizzonte. Caracciolo curava la crescita delle persone che aveva vicino anche sulla sperimentazione professionale. Ho il ricordo diretto di quando, ebbe l incarico del Piano regolatore di Giarre e Riposto e stabilì che doveva collaborare alla stesura di tale progetto Antonio Bonafede (per Riposto), e dovevo collaborare io (per la parte di Giarre). Queste attenzioni calibrate erano costanti e la sua preveggenza giocò fino al punto che dopo un anno circa dalla morte, la moglie mi chiamò per dirmi che avendo Antonio Bonafede presa la libera docenza, Edoardo Caracciolo gli aveva lasciato il compito di sollecitarmi perché nell ordine delle cose, dovevo presentarmi io allo stesso esame. La sua attenzione per gli altri e la grande capacità di amicizia generava incontri e legami come quello tra lui e Carlo Doglio che si rafforzò aiutato attraverso un incontro a Londra tra Danilo Dolci e Carlo Doglio che era a Londra, perché inviato da Adriano Olivetti, per presentare agli interessati di urbanistica inglesi, il Piano del Canavese, di cui Carlo Doglio era stato il coordinatore. Non so che argomenti usò Danilo Dolci per convincere Carlo Doglio a venire in Sicilia in modo da prestare il suo sostegno ai progetti di urbanistica dal basso sui territori della Valle del Belice (prima del terremoto), cui anche Edoardo Caracciolo era molto interessato dal punto di vista della pianificazione urbanistica. 97

100 Con la venuta di Carlo Doglio a Palermo, Edoardo Caracciolo coglie l occasione per rafforzare la ricerca dell urbanistica e pianificazione territoriale, anche sulle delicate questioni della pianificazione dal basso, inserendo le docenze di Doglio nell attività didattica della cattedra di Urbanistica. Iniziò in quel periodo l impegno universitario di Carlo Doglio che poi proseguì con successo a Napoli, Venezia, Bologna, e approfittando anche per rendere più stretti i rapporti (come già ricordato) con Giuseppe Samonà, palermitano, cui si deve, nel dopoguerra, il lancio internazionale dell Istituto universitario di Architettura di Venezia, con un animazione di profonda cultura aperta a tematiche necessarie messe a punto anche da filosofia, verso la quale Giuseppe Samonà aderiva e partecipava con grande slancio. La Scuola di Edoardo Caracciolo, dopo la sua scomparsa, mantenne contatti con Ludovico Quaroni, amico fraterno di Edoardo, che lo venne a commemorare a un anno della sua scomparsa, tratteggiando con attenti approfondimenti la sua personalità e la profonda eredità che Caracciolo lasciava. Giovandosi della sua eredità, l insegnamento dell Urbanistica a Palermo, si giovò di rapporti internazionali con personalità di spicco come, tra gli altri, Henry Raymond dalla Francia, Manuel Ferrer dalla Spagna e un rapporto di ricerca e di didattica continuativa per oltre 10 anni con la Helwann University del Cairo e altre istituzioni mediterranee. Il rapporto mantenne il clima organico che Edoardo Caracciolo aveva trasferito alla sua Scuola, nella quale poterono, tra gli altri, continuare a sviluppare la ricerca e la docenza i professori Giuliano Nicola Leone, Carla Quartarone, Dino Trapani, Fabio Naselli, Daniele Gulotta aperti alle ultime generazioni, nelle quali si è mantenuto sveglio l interesse anche per studi e ricerche in cui l approccio organico possa rilanciare quello che fu l interesse primario dell impegno e del pensiero di Edoardo Caracciolo: il panorama aveva l orientamento organico e non quello razionalista. L organicità e la sua ricerca armonica probabilmente oggi riaffiora come sentiero attualissimo da riordinare e rilanciare per un futuro che sappia costruire se stesso con nuova armonia. Lo squilibrio di un razionalismo logico-matematico, dotato di un infinito parco-macchine pone, con urgenza, il problema di riscoprire l insegnamento di Caracciolo per una nuova fase di una cultura che possa anche attuare l intuizione di quel grande amico di Caracciolo che fu Giuseppe Samonà con l attualissima idea di quella città in estensione nella quale sia possibile quell anima armonica e organica, della quale l attuale vicenda del pianeta ha urgente e assoluta necessità. 98

101 12. L urbanistica rurale di Nino Vicari Una delle prime grandi passioni di Edoardo Caracciolo fu il mondo rurale, l architettura della casa contadina, l ambiente sociale in cui si svolge la vita dei lavoratori della terra, il contrasto fra città e campagna. Esaurita la sua formazione universitaria, Roberto Calandra, di lui più giovane di una diecina d anni, che lo conobbe e gli fu subito amico alla fine degli anni Trenta, lo descrive come assetato esploratore di fatti e discipline storico-artistiche e sociologiche 1. Appena laureato porta avanti un impegnatissima ricerca storicoarchitettonica sul Convento di Baida, che poi pubblicherà nel 1938 presso la Storia patria, viene attratto dal fascino dell edilizia minore e diviene attento osservatore delle forme spontanee dell architettura. Un anno dopo, consegue la libera docenza in Urbanistica. Da lì a poco, alle soglie del conflitto mondiale, il fascismo, compiuta l opera di bonifica delle paludi pontine, dedicò la sua attenzione alla colonizzazione del latifondo siciliano, istituendo nel 1940 l Ente omonimo con il compito di soprintendere alla trasformazione del latifondo mediante la creazione di unità poderali e la stabilizzazione delle famiglie coloniche nel fondo 2. E in quest occasione viene affidato a Caracciolo il compito di tenere una lezione nel Corso svolto dalla sezione palermitana dell Istituto di Cultura fascista con la collaborazione dell Ente. La sua è una lezione sulla nuova urbanistica, da lui intesa come urbanistica rurale, argomento che era stato al centro del 1 congresso dell INU tenutosi a Roma nel 1937, nella quale egli si avvale, su informazioni dirette del suo giovane amico Roberto Calandra, fresco di studi presso la Columbia University di New York, delle teorie d oltre oceano dell ormai vecchio Unwin (pioniere e assertore della nuova urbanistica ), 1 Nota in copertina de La Chiesa e il convento di Baida presso Palermo, ristampa a cura del Rotary Club Palermo, Edibook Giada, Palermo, Legge 2 gennaio 1940, n.1, a firma del ministro per l Agricoltura e le foreste Tassinari. 99

102 di cui Calandra era stato allievo, che sosteneva l utopia della soppressione delle città e della loro completa dispersione nella campagna. Si avvale inoltre dell utopia urbana di Frank Lloyd Wright, che aveva convogliato il sogno della nuova urbanistica nella sua Broadacre City (città vasto acro), concepita per assegnare a ogni proprietario una casa unifamiliare auto costruita posta su un intero acro di terreno ricco di giardini. In quella lezione la nuova urbanistica viene trattata da Caracciolo a partire da un excursus storico di ampio respiro (com era suo costume) per approdare a una definizione della città ideale, che, pur ammettendo essere frutto di una concezione essenzialmente utopistica, è da assumere come riferimento di un percorso di ricerca. L ideale della nuova urbanistica, egli afferma, consisterebbe quindi di eliminare i due termini del problema, da secoli antitetici, città e campagna, per sostituirvi un organismo nuovo che possiamo considerare o come la polverizzazione del centro urbano sulla superficie agricola o come l organizzazione a carattere urbano di vastissime estensioni rurali 3. L utopia della nuova urbanistica applicata alla bonifica del latifondo siciliano si spinge a immaginare l urbanizzazione dei comprensori di bonifica istituiti dall Ente di colonizzazione, che coprono oltre ettari, ossia quasi la metà dell intera isola. La metodologia proposta da Caracciolo sembra essere destinata a conferire veste scientifica ai programmi dell Ente di colonizzazione, che nella realtà formula un vasto programma e lo mette in attuazione. In tempi record furono costruite oltre 2800 case coloniche in altrettanti poderi nelle varie province dell isola e otto borghi di servizio in altrettante province 4. Caracciolo fu l autore di uno degli otto borghi, quello denominato Gattuso (e poi Petilia) in provincia di Caltanissetta, con un garbato progetto di impronta razionalista. Nello stesso anno in cui viene istituito l Ente colonizzazione del latifondo siciliano, nel clima esaltante e perdurante di epoca fascista della battaglia del grano, viene istituita presso l Università degli studi di Palermo la Facoltà di Agraria 5 e Caracciolo, che aveva dimostrato interesse e competenza nell organizzazione dell azienda agricola, viene incaricato di tenere un corso di topografia e costruzioni rurali. Nella prolusione al corso dell a.a egli premette una breve ma significativa analisi storica dell organizza- 3 E. Caracciolo (1940), La nuova urbanistica nella bonifica del latifondo siciliano, in L assalto al latifondo siciliano, Ministero dell Agricoltura e delle Foreste, Ente di colonizzazione del latifondo siciliano, Palermo, p Gli otto borghi furono inaugurati entro il Relazione del rettore Leotta per l inaugurazione dell a.a (14/11/1940), in L. Paoloni (2005), Storia politica dell Università di Palermo dal 1860 al 1943, Sellerio, Palermo, p

103 zione agricola nella nostra isola, a partire dal V secolo a.c. fino alla recente politica di colonizzazione del feudo. Descrive poi le angosciose condizioni nelle quali si trova l edilizia che ospita i lavoratori dell agricoltura e si sofferma sul divario che caratterizza il rapporto fra città e campagna, alla base delle questioni economiche e sociali che impegnano sociologi e urbanisti alla ricerca di soluzioni del drammatico contrasto. Avverte però che soluzioni isolate rimangono monche e sterili qualora non vengano armonizzate in un quadro complessivo: come l organizzazione di una città non va studiata caso per caso [ ], così l organizzazione della campagna va studiata in quell armonico insieme che egli ancora una volta chiama la città rurale. Fatta questa premessa ideologica, che mira a orientare i futuri dottori agronomi verso una forte tensione umanistica, Caracciolo si preoccupa di fornire ai laureati in agraria talune nozioni pratiche indispensabili all esercizio della professione nel campo dei problemi edilizi in agricoltura, che egli considera anche sociali, un minimo di informazioni di base di impronta tecnicistica, prelevate dal bagaglio culturale di cui egli era dotato per la sua primitiva formazione di ingegnere e per la prima esperienza didattica nell ambito della cattedra di elementi delle fabbriche, presso la quale aveva affiancato subito dopo la laurea, in qualità di assistente, il suo dante causa Salvatore Caronia Roberti. Aveva riversato nell esperienza didattica presso la facoltà di Agraria tutta la passione e l umana solidarietà che lo legavano alla civiltà contadina, in un epoca in cui la prevalente attività produttiva in Sicilia era quella agricola e non era ancora iniziato l esodo di masse di agricoltori verso i centri industrializzati del nord. Non so come Egli visse nel dopoguerra, a partire dal 1945, l altro capitolo esaltante del movimento contadino con l occupazione delle terre incolte, la formazione della piccola proprietà coltivatrice e il frazionamento del latifondo in virtù del decreto Gullo del 1950, ma certamente collegò le sue riflessioni e la sua ricerca con la conseguente trasformazione dell agricoltura. Non militando in una particolare formazione politica, ma esercitando un azione di stimolo e di supporto, tipica degli intellettuali indipendenti e impegnati che mettevano le proprie competenze a favore delle organizzazioni popolari di sinistra. La lottizzazione dei latifondi, attuata con le leggi di riforma agraria del 1950, fu cosa diversa del programma che era alla base dell Ente di colonizzazione del latifondo di epoca fascista e di fatto si rivelò infeconda, in quanto in Italia proprio in quel periodo ebbe inizio la seconda rivoluzione industriale e l agricoltura cessò di essere fonte primaria di reddito. Molti contadini infatti, pur avendo ottenuto la terra sognata, scelsero la via dell emi- 101

104 grazione 6, né valse a trattenerli la costruzione dei borghi rurali autosufficienti (comprensivi di case e di servizi) a opera dell ERAS, il nuovo Ente regionale che sostituì l Ente di colonizzazione del feudo. Fu questa la ragione per cui durante i lunghi successivi anni di insegnamento alla Facoltà di Agraria, il tema dell urbanistica rurale, inteso ai primi anni Quaranta come centrale nella nuova concezione dell Urbanistica, a poco a poco scompare negli interessi di Caracciolo. Non ve n è traccia infatti nei suoi Appunti di Urbanistica, dispense dattiloscritte approntate per il corso di Urbanistica destinati agli allievi della neonata Facoltà di Architettura. Non ve ne è traccia nelle sue Tre lezioni di urbanistica, in cui egli nel 1954 compendia la summa del suo pensiero urbanistico, concentrandolo sull economia, sull abitabilità, sulla legislazione 7, emancipandosi di fatto dalla precedente utopia giovanile sulla città rurale. Nel suo insegnamento alla Facoltà di Agraria fin dalla fine dai primi anni Cinquanta Caracciolo era stato coadiuvato dal giovane e brillante ingegnere Lucio Di Bernardo, assistente volontario, che curò negli anni il corso di Topografia e costruzioni rurali sulla base dell iniziale programma a contenuto tecnico, facilitando l impegno didattico del maestro. Finché, a metà del 1961, Di Bernardo scompare improvvisamente e tragicamente, lasciando Caracciolo a doversi occupare personalmente della chiusura del corso. Fu allora che mi proposi, su suggerimento di Antonio Bonafede, come successore di Lucio Di Bernardo nel ruolo di assistente volontario. Caracciolo, che mi conosceva come appartenete alla sua cerchia, quale componente del gruppo di giovani urbanisti impegnati nei concorsi indetti da alcuni comuni e per l attività del GAUS 8, accolse volentieri la mia offerta di collaborazione, affermando, con una punta di affettuosa ironia, che in mio onore avrebbe introdotto nell insegnamento ad Agraria la pianificazione rurale. Proprio quell anno L IN/ARCH aveva indetto a Bari un 1 convegno nazionale di pianificazione rurale, avente per oggetto Il rapporto fra pianificazione del territorio e sviluppo dell agricoltura e l insegnamento dell urbanistica rurale nelle Facoltà di Agraria 9. Il convegno riflette sul fenomeno in atto della massiccia riduzione degli addetti alle attività primarie e del loro trasferimento ad attività extra-agricole, con conseguente degrado delle atti- 6 Cfr. F. Renda (2007), Autobiografia politica, Sellerio, Palermo, p E. Caracciolo (1954), Tre lezioni di urbanistica, Tipografia Luxograph, Palermo. 8 Gruppo architetti e urbanisti siciliani, di cui fecero parte Antonio Bonafede, Benedetto Colajanni, Umberto Di Cristina, Alba Gulì, Salvatore Inzerillo, Luciana Natoli, Gianni Pirrone, Salvatore Prescia, Nino Vicari. 9 Cfr. N. Vicari (1961), La pianificazione rurale, Bollettino dell Ordine degli ingegneri della Provincia di Palermo, XXX,

105 vità agricole e forte pressione sulle aree industrializzate. E propone, con la terminologia mutuata dalla Cassa per il mezzogiorno, l istituzione di aree di sviluppo rurale da identificare nell ambito della pianificazione rurale. Il cui scopo è quello dell urbanizzazione delle campagne e cioè della diffusione nei territori rurali degli standard di vita e di reddito propri delle città e dell economia industriale, argomento che postula una ricerca indirizzata a individuare il tipo, la dimensione e le caratteristiche di una moderna area agricola urbanizzata (nuova frontiera della città rurale) e dell azienda contadina socialmente e tecnicamente valida. Caracciolo, sollecitato nella sua antica passione per il tema della città rurale, mi indusse quindi a partecipare al convegno di Bari e si propose concretamente di dare una svolta al suo insegnamento ai futuri dottori agronomi, per la cui formazione riteneva più utile arricchire il loro bagaglio culturale con il concetto della pianificazione rurale. La prolusione di Caracciolo nel corso di topografia e costruzioni rurali in quell a.a , di cui restano pochi appunti, fu improntata quindi al nuovo tema, in evidente discontinuità con il programma svolto negli anni precedenti, in cui egli evidenziava il classico divario fra città e campagna e la necessità di introdurre nei territori rurali un livello di vita non dissimile da quello urbano, portando l esempio dei Paesi scandinavi, dove il livello culturale e di vita dei contadini è nettamente superiore a quello degli operai. Il seguito del corso ebbe come fulcro la ricerca della dimensione fondiaria aziendale ottimale per l autosufficienza di una famiglia media contadina e, anticipando un tema che negli anni successivi sarebbe divenuto dominante nella cultura ambientalistica, il risparmio energetico e il recupero dei rifiuti organici. La prematura e improvvisa scomparsa di Caracciolo a metà dell anno scolastico interruppe brutalmente una riflessione e una ricerca, che fra i tanti interessi culturali che lo animavano gli era certamente fra i più congeniali. E che non fu più ripresa né ad Agraria né ad Architettura. Né ebbe più seguito nell Italia del boom economico, in cui la città nucleare, con i suoi problemi di alloggiamento delle masse di contadini esodati dalla tradizionale attività agricola, ebbe il sopravvento sulla città rurale, una città mai nata. Caracciolo non ebbe il tempo di osservare l uscita di scena dell agricoltura dai modelli economici che nella seconda metà del secolo scorso si sostituirono alla società contadina e patriarcale, che tanto lo avevano affascinato nei suoi anni giovanili. 103

106 Fig. 1 Luigi Epifanio, Casa contadina a Reitano 104

107 13. I primi anni della Facoltà di Carla Quartarone Edoardo Caracciolo comincia a insegnare nella Facoltà di Architettura 1, dall anno accademico 1944/45, primo anno di attivazione dei corsi liberi 2 del biennio, la materia Storia dell Architettura e delle arti figurative II anno, in coerenza con l obiettivo della costituenda Facoltà palermitana di formare nuovi architetti e urbanisti attraverso lo studio della storia e dell arte prima ancora che delle tecniche. Nel piccolo gruppo dei fondatori 3 della Facoltà palermitana, il giovane Caracciolo, libero docente di Urbanistica dal 1939, ma già dal 1931 assisten- 1 La principale fonte di questo articolo è costituita dai verbali storici dei consigli dell ex Facoltà di Architettura di Palermo; nelle prime pagine sono trascritti tre documenti ufficiali: 1) il verbale dell adunanza del presso l Alto Commissario dello Stato (F. Musotto) in cui si reitera al Ministero della Pubblica istruzione la richiesta d istituzione da parte dei rappresentanti della Provincia, dell UC Camera di commercio, industria e agricoltura della Sicilia, del Banco di Sicilia, della Cassa di Risparmio e del Comune di Palermo che s impegnano a un sostegno finanziario; 2) il decreto dell Alto commissario per la Sicilia (S. Aldisio) del 23/12/1944 che autorizza il rettore dell Università (G. Baviera) a istituire i corsi provvisori, comprendenti tutti gli insegnamenti del primo biennio di Architettura, e a dare mandato al preside di Ingegneria (A. Sellerio) di provvedere alle proposte per il conferimento degli incarichi necessari all apertura dei corsi entro il 20/1/1945, preventivando la spesa occorrente che sarebbe stata rimborsata dagli enti sostenitori; 3) il DM del 24/1/1947 che istituisce il primo biennio e riconosce gli anni accademici già svolti. 2 Vale a dire come corsi paralleli a quelli della Facoltà di Roma dove comunque gli studenti dovevano essere iscritti, potendo sostenere l esame anche a Palermo. 3 Il gruppo locale di pressione per l istituzione della Facoltà di Architettura a Palermo era costituito da due autorevoli docenti di materie architettoniche a Ingegneria (S. Benfratello e S. Caronia Roberti) e da un gruppo di giovani liberi docenti (G. Guercio, V. Ziino, G. Spatrisano, E. Caracciolo, L. Epifanio, S. Cardella) attivi nella professione e desiderosi di nuovi spazi dove realizzare un rinnovamento dell Architettura. Gli altri docenti incaricati nella prima programmazione sono alcuni titolari di cattedre di liceo (P. Scirè, L. Calascibetta) o dell Accademia di Belle Arti (A. Campini, N. Geraci) e alcuni assistenti di materie tecnico scientifiche delle Facoltà di Scienze e di Ingegneria (W. Rizzoni, F. De Franchis, A. Chiavetta, U. Perricone). 105

108 te (prima volontario e poi ordinario) di Architettura tecnica presso la Facoltà di Ingegneria, docente dal 1944 di Topografia e Costruzioni rurali presso la Facoltà di Agraria, ha un ruolo importante nell elaborazione degli obiettivi e dei contenuti culturali della nuova Facoltà. Nella sua costruzione egli può investire il patrimonio di saperi, esperienze e rapporti culturali che aveva accumulato negli anni successivi alla laurea in ingegneria (1930) e poi in architettura a Palermo. Specializzato in Urbanistica (1937) presso la scuola romana diretta da Giovannoni, aveva partecipato alla VI Triennale di Milano 4 (Pica, 1957), al I Convegno dell INU (Caracciolo, 1937) e al III convegno nazionale di Storia dell architettura (Caracciolo, 1940). Vincitore di concorsi per la redazione di piani regolatori 5, aveva partecipato all assalto al latifondo siciliano con scritti, progetti e una mostra 6. Nel 1944 collaborava con la Soprintendenza ai monumenti della Sicilia occidentale, diretta da Guiotti, nell interpretazione e nei restauri dei monumenti danneggiati dalla guerra. Per queste azioni multiformi Enrico Calandra, docente di Storia dell arte e Storia e stili dell architettura a Roma, lo definiva in una lettera attivo e generoso [ ] e battagliero anche! Per l istituenda Facoltà, per la ricostruzione, per i nostri monumenti e gli studi che li riguardano 7. Sono anni difficili quelli che precedono il decreto istitutivo del biennio e quelli che seguono, fino al completo riconoscimento dell istituzione della Facoltà intera. Non è stata assegnata una sede alla nuova Facoltà che deve organizzare gli orari delle lezioni distribuite in varie sedi. Le somme stanziate dagli enti sono scarse e non arrivano se non per meno di un terzo. Caracciolo suggerisce di chiedere una sede al Comune e di cercare i finanziamenti fuori da Palermo, ma non otterrà nulla. Gli studenti nell incertezza della continuità non s impegnano, chiedono il triennio e per questo protestano. Il commissario e i docenti si adoperano nell esercitare pressioni sul governo centrale, sul Ministero, sulla Commissione consultiva e sullo stesso Enrico Calandra che, facendone parte, può sostenere la causa siciliana. Questi che prima (da preside a Roma) era contrario all istituzione della Facoltà di Architettura a 4 La mostra, per la parte siciliana, sarà riproposta a Palermo nel 1938 ed è l occasione per una pubblicazione che sarà spesso ricordata nei successivi studi sull architettura rurale siciliana (Airoldi et al., 1938; Ajroldi, 2010). 5 Monreale, Rieti, Erice (1 premio), Pomezia, Caltanissetta, Palermo (1 premio). 6 I borghi rurali realizzati in Sicilia (tra cui Borgo Petilia già Gattuso) erano stati pubblicati nella rivista Architettura (maggio 1941), documentati nella Mostra del latifondo e dell istruzione agraria allestita presso il Teatro Massimo di Palermo nel 1940 e studiati come tema dell urbanistica in testi anche didattici (Caracciolo, 1942). 7 Da una lettera di fine anno 1944 a firma di E. Calandra diretta a E. Caracciolo (Archivio Caracciolo, per gentile condivisione di Giovanna Sagona). 106

109 Palermo per la scarsa fiducia nella qualità del corpo docente proposto, forse anche per le lettere ricevute da Caracciolo, si convince che esistono le ragioni transitorie per la sua istituzione. Critica fortemente, tuttavia, l atteggiamento di Sellerio che ha fatto un programma di minimo costo e sollecita un programma di giusta economia che consenta di pagare almeno tre ordinari e un buon numero di giovani assistenti con buone prospettive di carriera 8. Nel 1946 si aprono corsi liberi del terzo anno senza autorizzazione rettorale e si invitano gli studenti a scrivere al rettore lettere singole di richiesta in tal senso. Finalmente, nella seduta del 29/7/1946, Sellerio si decide a formulare un nuovo programma e un nuovo più congruo bilancio economico, non senza avere prima giustificato se stesso e dichiarato il suo disinteresse personale per l istituzione di una Facoltà di Architettura 9. Il programma è inviato al Ministero tramite il rettore. Il 9/10/1946 il ministro Gonella fa visita all Università di Palermo e il 16 ottobre invia una lettera al rettore in cui si dichiara che, affinché si possa prendere in considerazione l istituzione della Facoltà per intero, occorre un programma didattico e un piano finanziario, approvati dalle autorità accademiche. Sicché l 1/11/1946 il programma viene approvato dal Consiglio di Ingegneria 10 e per via gerarchica rinviato al Ministero. Il 21/12/1946 il preside comunica che è arrivata una lettera dal Ministero che autorizza il terzo anno (come corsi bis) a partire dal 1946/47, senza impegno di istituzione del triennio, che, tuttavia, si decide di attivare. Si utilizza un finanziamento straordinario per provvedere all allestimento di locali disponibili in via Archirafi (ex-aereonautica) e le lezioni si svolgeranno solo in parte a Ingegneria, ancora in via Maqueda. Si programma una festa d arte, per metà gennaio del 1947, comprendente una conferenza su argomento artistico, una mostra di 8 Ibid. 9 Il preside ricorda la disponibilità a lasciare ad altri il suo compito per rendere autonoma la Facoltà di Architettura, ove sapesse reggersi sulle sue gambe, e il parere del Consiglio superiore della PI (che riprende la relazione Calandra del settembre 1945). Il biennio non è ancora costituito saldamente (dovrebbe essere alla firma del Re) e si sono attivati corsi del triennio per gli studenti che non possono frequentare nelle sedi nazionali. I tempi (l impoverimento, la ricostruzione) richiedono che ci sia a Palermo una Facoltà di Architettura. Si è dimostrato che si può sostenere i primi tre anni con docenti incaricati ma ci vogliono almeno tre professori ordinari che diano prestigio e nome alla Facoltà. Il Consiglio Superiore della PI suggerisce il prof. Fichera, che non desidera abbandonare Catania, e il prof. G. Samonà. Se ci sono altri, possono dirlo solo gli esperti. I titolari della Facoltà, tuttavia, devono essere nominati per concorso o per trasferimento: solo questo garantisce la serietà dell istituzione (cfr. v.a. F.A. del 29/7/1946). 10 Il Consiglio di Ingegneria è composto da Benfratello, Rubino, Manzella, Stassi, Castiglia, Caronia Roberti, Savagnone, Sellerio presidente e Aprile segretario, sono invitati a partecipare i tre rappresentanti del biennio Cardella, Epifanio, Sciré. 107

110 lavori degli allievi dei tre anni della Facoltà e un concerto. L organizzazione della mostra sarà curata da Caracciolo, Guercio e Spatrisano che dovranno selezionare i migliori elaborati degli studenti del primo biennio, ancora di corsi liberi. Di certo, nelle adunanze dei professori della Facoltà di Architettura, Caracciolo è presente soprattutto quando si discutono questioni importanti che concernono la tenuta della Scuola, quando serve un forte senso dell istituzione e del lavoro di comunità, quando serve una parola colta ed elevata. Ironicamente Calandra chiama 11 pindarico il suo modo di esprimersi, a volte trascina in alto, ma, mancando di tutte le informazioni necessarie, l interlocutore non comprende tutto. Certo doveva essere un oratore capace di convincere ed entusiasmare, pronto però a farsi indietro laddove la comunità si esprimeva di diverso parere. Così, in una discussione sui contenuti e l efficacia della formazione sviluppata nel triennio, emerge la posizione di Caracciolo il quale propone che si dia maggiore importanza alla parte grafica in sede d esami. E quando il preside Sellerio si congeda (lascia la carica di preside della Facoltà di Ingegneria che viene assunta dal prof. Benfratello, e quindi non si occuperà più della Facoltà di Architettura), a pronunciare il discorso di commiato, a nome di tutta l assemblea, è Caracciolo che ringrazia con affetto filiale il prof. Sellerio per quanto ha fatto per l istituzione della Facoltà 12. Prima di questo commiato però, il prof. Sellerio, ottenuto il decreto di istituzione del biennio, si sente autorizzato ad aprire il IV anno. Nel verbale dell adunanza del 14-20/5/1947 la programmazione dei corsi riportava ancora per la materia Urbanistica collocata al V anno la dizione: mutuata da ingegneria. Nel dicembre dello stesso anno (v.a. F.A. del 6/12/1947) i professori Villa, Epifanio e Ziino chiedono che la materia sia inserita al IV anno e biennata al V e il preside Sellerio accetta l ipotesi. Nell adunanza dei docenti di Architettura del 23/3/1948, essendo stata concessa l autorizzazione all apertura del IV anno, si comunica che il prof. Caracciolo ha chiesto alla Facoltà di Ingegneria di svolgere un Corso libero di Urbanistica 13. La proposta è stata accettata e il commissario-preside (Sel- 11 Dalla lettera sopra citata. 12 Rimane pieno di significato il fatto che un professore di fisica tecnica è stato tanto sensibile non solo alle necessità didattiche dell Architettura ma a tutte le sue necessità. In quanto questa Scuola si propone un rinnovamento della nostra Architettura. Caracciolo ringrazia, dunque, il prof. Sellerio per questa prova di grandissima sensibilità sociale che ha avuto in un periodo caotico della nostra storia (v.a. F.A. del 6/11/1948). 13 I liberi docenti per ottenere la conferma del titolo dovevano sviluppare ogni anno un corso libero oppure avere incarichi di materie strettamente vicine a quella nella quale avevano ottenuto la libera docenza. 108

111 lerio) dichiara che tale corso contenendo elementi di Statistica, Trasporti e Traffico costituisce per la Facoltà di Architettura un introduzione al corso di Urbanistica che si svilupperà al V anno. Il 1948 e il 1949 sono anni d intensa attività per Caracciolo. Assieme ad Ajroldi e ad altri architetti e ingegneri siciliani fonda lo studio AIR (Architetti ingegneri riuniti), che costituisce a Palermo il principale riferimento per il movimento di Architettura organica (APAO) promosso a Roma da Bruno Zevi (e apprezzato dalla comunità scientifica internazionale anche attraverso la rivista Metron). Partecipa al II Congresso INU (Zocca, 1948) dove nel ruolo di uno dei relatori generali firma una sintesi dei temi proposti, con la sigla AIR sviluppa temi di pianificazione regionale 14 e nelle votazioni per i 7 membri del direttivo prende 56 voti, non sufficienti per farlo eleggere ma cospicui su 164 votanti (S. Caronia Roberti e P. Villa ne prendono 1 a testa). Nello stesso anno promuove in Sicilia con lo studio AIR il II Congresso di Architettura organica, è membro della giuria del concorso per il PRG di Enna e pubblica articoli autorevoli (Caracciolo, 1949; 1949a). Nel gennaio del 1949 Salvatore Benfratello viene nominato Commissario dell istituenda Facoltà di Architettura succedendo a Sellerio. È una circostanza favorevole per Caracciolo che ricorderà l estrema bontà e la paterna affettuosità di Salvatore Benfratello, del quale fui assistente per molti anni e che amorosamente mi consigliò e mi seguì in un periodo cruciale della mia carriera accademica (Caracciolo, post 1957). Nell a.a. 1948/49 Caracciolo lascia l insegnamento di Storia dell Architettura II, che viene affidato a Guido di Stefano, e assume l incarico del corso biennale di Urbanistica, essendo comparativamente prescelto su altri due richiedenti. Si dice nel verbale del 21/1/1949 che per l insegnamento di Urbanistica al IV anno sono state presentate tre domande: prof. Filippo Basile, libero docente di Architettura tecnica e incaricato di Tecnica urbanistica a Ingegneria, prof. E. Caracciolo, libero docente di Urbanistica (entrambi hanno partecipato al concorso per la Cattedra di Urbanistica della Facoltà di Architettura di Venezia), prof. ing. Pietro Villa, libero docente di Tecnica urbanistica da un triennio, non ancora proposto per la conferma. Benfratel- 14 Più in dettaglio partecipa alla sessione I della parte Urbanistica, il cui tema era: Stato e regioni dopo la nuova carta costituzionale di fronte ai compiti dell organizzazione urbanistica unitaria del Paese, relatore generale Marco Venanzi. Caracciolo (con P. Ajroldi e G. Patti) presenta uno scritto dal titolo Per una migliore organizzazione edilizia e urbanistica nazionale, che affronta, partendo dall esperienza siciliana, il tema della contraddizione che emerge tra l applicazione dell art 117 della Costituzione e la legge urbanistica del 1942, tra la competenza regionale nella pianificazione e il perseguimento di un interesse pubblico nazionale. Una sintesi a cura di G. Vaccaro è riportata negli atti della conferenza (Zocca, 1948). 109

112 lo propone (e il consiglio approva) che l incarico venga dato a Caracciolo l unico con più titoli e senza altro incarico ad Architettura. Villa assume l incarico di Tecnologia dei materiali e Tecnica delle costruzioni e, insieme a Basile, sarà sempre componente delle commissioni degli esami di Urbanistica insieme al titolare Caracciolo. La circostanza favorevole dura poco. Nel 1952 Benfratello si ammala ed è chiamato a supplirlo Salvatore Caronia Roberti che sarà nominato commissario nel dicembre dello stesso anno 15. I rapporti tra Caracciolo e Caronia Roberti sono di reciproco rispetto ma non facili. Caronia è più anziano di dieci anni e Caracciolo è stato anche suo assistente per un breve periodo, ma non lo annovera tra i maestri, bensì nel citarlo, come a sottolinearne la distanza, parla di due vite parallele in cui l uno precede l altro [ ] [e di] [ ] rapporti che superano quelli scolastici e si approfondiscono in una cosciente comprensione umana. Nei verbali dei consigli che, con la nuova conduzione si fanno più numerosi, traspare la stima reciproca, ma anche una costante tensione tra una gestione imperativa del potere universitario impersonato da Caronia e una visione comunitaria e democratica della Scuola di Architettura che traspare dai comportamenti di Caracciolo. Vale la pena citare alcuni episodi illuminanti. Quando occorre mostrare al consiglio di Architettura il progetto della nuova sede a Parco d Orleans 16, Caronia Roberti da incarico a Caracciolo di illustrarlo, sapendo così di ottenere un generale consenso 17. Quando nel primo consiglio tenuto nella sede di via Caltanissetta 18, il 7/2/1953, Caronia propone l intestazione delle aule da disegno dei nuovi locali ai proff. E. Basile, G. Damiani Almeyda ed E. Calandra, Caracciolo avanza delle riserve perché ritiene che dette aule non siano degne dei nomi dei maestri. Ma il commissario fa notare che esse sono le migliori che ci siano nei nuovi locali e il prof. Caracciolo ritira la riserva lasciando che il Consiglio approvi la proposta. Quando si deve 15 Con lettera rett. n del 27/5/1952 il prof. S. Caronia Roberti è incaricato della supplenza per la malattia del prof. ing. Benfratello ed è nominato commissario l 1/12/ L Ateneo acquisisce nel 1950 (tra mille difficoltà, tra cui interessi mafiosi) un area di ha 40 della tenuta d Orleans (dismessa dal Conte di Parigi e in parte acquisita, nel 1954, dalla Regione per la sua sede), per costruire nuovi edifici universitari tra cui anche la Facoltà di Architettura. Il progetto, insieme al piano di sistemazione della città, fu eseguito dagli ingg. S. Caronia, S. Benfratello ed E. Castiglia (Quartarone, Giuffrè, Inzerillo, 2007). 17 Dal verbale dell adunanza della Facoltà di Architettura del 5/11/ Nel verbale del 5/11/1952 si parla di un progetto di trasferimento temporaneo in locali d affitto al secondo piano di Palazzo Tasca di Cutò in via Lincoln. Il progetto non va a buon fine (il palazzo verrà demolito per fare posto a un edificio di civile abitazione) e viene affittato il Palazzo Pintacuda-Perrier in via Caltanissetta dove la Facoltà prenderà posto nel L ambiente raccolto favorirà forme collaborative e associative tra docenti e discenti, in una dimensione ancora molto contenuta di allievi (in tutto 151 nell a.a. 1953/54). 110

113 discutere dei cambiamenti nell ordinamento didattico delle Facoltà di Architettura, per rispondere a una consultazione generale promossa da Calza Bini (preside a Napoli), è Caracciolo che viene invitato a svolgere una relazione sugli orientamenti nazionali scaturiti nei convegni di Firenze, Siena e Roma tra il 1950 e il Egli riporta così nell adunanza il dibattito che si andava svolgendo a livello nazionale sull obsoleta struttura di un insegnamento fondato su rigidi steccati disciplinari inadeguati alla formazione di progettisti e sulla scarsa incidenza delle scuole di Architettura nella società (Mariani, 1989; Baffa e Talia, 1995). Del suo intervento è riportato per esteso nel verbale, con relativa discussione e proposte conclusive, l aspetto pragmatico del peso da attribuire al dialogo inter-disciplinare, alle analisi come necessarie condizioni preliminari al progetto, e, quindi, all insegnamento dell urbanistica per il rinnovamento degli studi di architettura. In sostanza, sintetizza il verbale, tra quanti proponevano l allungamento a sei anni del Corso di Architettura per aggiungere un terzo anno all urbanistica, o il ripristino di corsi di specializzazione triennali, e quanti hanno già sperimentato l integrazione dei corsi quinquennali con seminari, hanno prevalso questi (De Luca, 1947). Accomuna tutte le sedi il dato di una sostanziale ignoranza su cosa sia l urbanistica, negli allievi che arrivano al quarto anno, colmabile attraverso l introduzione aggiuntiva d idee di urbanistica in tutti i corsi, cosa che li renderebbe più vivi e attuali; in particolare nei corsi di Materie giuridiche ed Estimo, che dovrebbero diventare Diritto urbanistico ed Economia 19 mentre dovrebbero migliorare le nozioni di Trasporti. Con atteggiamento pragmatico Caronia Roberti coglie e sottolinea l importanza dell invito al confronto tra i contenuti dei corsi 20, rinvia ogni decisione e, nella seduta successiva, proporrà riunioni periodiche tra docenti e discenti, anche con personalità esterne interessate, sui temi dell architettura 21. È di Caracciolo, infine, l invito a inaugurare l anno accademico 19 I giovani devono avere delle nozioni di economia e sapere come si pongono certi problemi sociali sotto il punto di vista economico, e non possono fare urbanistica se non hanno un idea giuridica di certi elementi come il diritto di proprietà (verbale dell adunanza della Facoltà di Architettura dell 8/3/1954). 20 Quanto ha detto il prof. Caracciolo rientra nell indirizzo di carattere generale di far partecipare gli insegnamenti quanto più è possibile alla vita attuale [ ] da ciò nasce la necessità di condurre a un massimo di agilità i diversi programmi sganciandosi dal passato in quanto solo erudizione e agganciandosi al concetto più moderno di una cultura viva e operante (ibid.). 21 Saranno invitati il prof. Ziino (sulle forme di espressione dell arch. contemporanea), il prof. Corrao (sui contenuti strutturali), il prof. Dillon (sulle sue recenti opere di restauro). Si fanno anche i nomi di Nervi, Zevi, Astengo, ma per questi si pensa di chiedere i locali a Storia Patria, Circolo artistico ecc. Si parlerà ancora di riforma dell ordinamento, in particolare della 111

114 con l illustrazione, da parte del commissario, agli studenti del I anno dei contenuti, del carattere e delle finalità dei corsi intrapresi, perché i giovani possano affrontare con la debita coscienza la carriera di studi di Architettura. Nella funzione di commissario Caronia Roberti imprime un accelerazione all iter d istituzione della Facoltà. In poco tempo riesce a rendere operativo il premio Calandra, ad adeguare l ordinamento didattico della Facoltà al regio decreto n del 30/9/1938 e a definire a Roma presso il Ministero le pratiche per l istituzione del triennio con i relativi stanziamenti. La legge istitutiva arriverà nel ; ma già il 17/2/1955 il commissario riferisce che la legge è pronta e che dal Ministero sono state assegnate quattro cattedre di professori di ruolo e cinque posti di assistente di ruolo (in realtà saranno tre) a partire dall a.a. 1955/56. Una delle cattedre è assegnata ad Architettura degli interni, arredamento e decorazione e sarà coperta dal prof. L. Levi Montalcini (cui sarà dato il benvenuto nella seduta del 13/4/1956). Le altre sono assegnate a Composizione architettonica, Urbanistica e Scienza delle costruzioni. Invitato in precedenza dal prof. G. Vittorio Ugo, Caronia Roberti decide di coprire la cattedra di Composizione per trasferimento di se stesso da Ingegneria e di bandire subito le altre due cattedre. Il 15/4/1956, il commissario informa che il Consiglio superiore della Pubblica istruzione ha approvato la proposta di bandire il concorso nazionale per la cattedra di Urbanistica della Facoltà di Architettura di Palermo e formula per il prof. Caracciolo, che parteciperà al concorso, i migliori auguri di successo ai quali si associano i presenti. La cattedra di Scienza delle costruzioni invece sarà bocciata dal Ministero e ciò permetterà al Consiglio di Architettura di fare una ragionata opposizione per ottenere l emanazione del bando, che tuttavia ebbe esiti incerti e la cattedra non fu più coperta. Fu un caso nazionale che spinse a schierarsi a favore di Palermo le più antiche Facoltà di Architettura italiane 23 e portò alla richiesta di un rappresentante eletto nel Consiglio superiore della Pubblica istruzione, diverso da quello di Ingegneria, non adatto a rappresentare una facoltà tecnico-artistica. Il concorso di Urbanistica si svolse con sorprendente rapidità: la comunicazione dei vincitori (nell ordine: E. Caracciolo, P. Bottoni, G. Rigotti) circolare Foschini, nella seduta dell 8/3/1954. Gli argomenti sono: durata del corso, piani di studio, materie comuni e a scelta, doppio titolo (laurea e diploma). 22 La legge istitutiva della Facoltà di Architettura di Palermo è stata emanata il 12/2/1957 con il n ma già nell aprile 1956 era stata approvata dal Consiglio dei ministri e ne era stata data comunicazione al rettore. 23 Roma, Venezia, Firenze, Torino, Napoli, Milano. Il verbale dell adunanza del 21/6/1956 dedica molte pagine all argomento. 112

115 arrivò il 3/12/1956; Caronia deliberò seduta stante la chiamata del primo vincitore, facendola poi ratificare nell adunanza del 5/12/1956. Il Consiglio della Facoltà di Architettura poteva essere così regolarmente istituito da tre professori ordinari (Caronia Roberti, Caracciolo e Levi Montalcini) e nel giorno dell insediamento (il 21/1/1957) Caronia Roberti è eletto preside 24. Il 25 febbraio dello stesso anno sarà collocato fuori ruolo, ma continuerà a insegnare e ad amministrare la Facoltà fino al L insediamento da straordinario del prof. Caracciolo avviene solennemente, alla presenza del preside, con una lectio magistralis sul significato, i compiti e l importanza dell urbanistica. Il testo sarà pubblicato nel volumetto già citato (Caracciolo, 1956), dove si rende conto anche di un attività di ricerca sulla storia dell urbanistica siciliana, avviata insieme ai suoi assistenti e numerosi collaboratori non universitari 25. Alla cattedra di Urbanistica è assegnato uno dei primi tre posti di assistente di ruolo che sarà dato per concorso ad Antonio Bonafede, nel 1958, mentre Leonardo Urbani passerà sul posto di assistente volontario lasciato da questo. Nella successiva programmazione dei posti di assistente, che gli viene affidata, Caracciolo chiede per sé ulteriori due posti. Allo scadere del triennio solare d insegnamento (15/12/1959), quando su richiesta del Ministero (nota 3780 del 12/12/1959), ai fini del passaggio a ordinario, occorre predisporre la relazione motivata del Consiglio, sull attività svolta da Caracciolo nel suddetto triennio, è lo stesso Caronia ad assumere tale compito. Egli, dopo aver premesso che attraverso i contatti quasi quotidiani col professor Caracciolo ha potuto seguire la sua operosità nelle funzioni direttive dell Istituto di Urbanistica, definisce di alto livello culturale e svolti con fervida passione oltre che con zelante assiduità i corsi biennali di Urbanistica. Prosegue rilevando le frequenti iniziative per tenere vivi l interesse e l emulazione dei suoi allievi, promuovendo partecipazioni collettive a gare e concorsi di urbanistica nei quali il gruppo dei suoi assistenti ha raccolto notevoli successi. Sottolinea che è stato relatore di molte tesi di laurea, giacché 24 Il verbale riporta che il professor Levi ringrazia il commissario Caronia Roberti per l opera svolta in favore dell istituzione della Facoltà e il prof. Caracciolo, ringraziando a sua volta, ne propone l elezione a preside per acclamazione. Caronia richiama al rispetto delle regole e la votazione è fatta per iscritto in buste sigillate. I voti sono due a suo favore e un astenuto. Il verbale è firmato da Caronia come presidente (della riunione convocata presso il rettorato) in quanto più anziano nel ruolo e da Caracciolo come segretario. Da questa data tutti i verbali sono vidimati dal preside e dal segretario. 25 Oltre ai suoi assistenti A. Bonafede e L. Urbani, egli cita i tre sopraintendenti alle antichità di Palermo, Agrigento e Siracusa, la signora Bovio Marconi, archeologa, Griffo e Schmidt, Vincenzo Tusa della soprintendenza di Palermo, il prof. Bernabò Brea, le sue exallieve A. Gulì e L. Natoli Di Cristina. 113

116 a parte quelle sui temi specifici di urbanistica, quasi tutte le altre hanno aspetti d interesse urbanistico 26. Non meno cospicua e soddisfacente è stata l attività scientifica dell Istituto, che persegue un ben definito compito con le ricerche e lo studio dei vari impianti urbanistici in Sicilia, con la raccolta dei piani relativi, raccolta che costituisce ormai una preziosa fonte di indagini storiche. Dalla stessa relazione apprendiamo che Caracciolo ha curato l impianto e il continuo aggiornamento della biblioteca di Facoltà nel campo dell urbanistica, ha accompagnato gli studenti in visita ai più caratteristici centri urbani dell Isola e in qualche viaggio di istruzione all estero 27. Per tutto questo la cattedra tenuta dal prof. Caracciolo è diventata un suggestivo centro di attrazione per gli allievi che in questo ambiente, oltre che l indiscussa competenza del Docente dalle larghe vedute, trovano fervore di operosità agganciata ai problemi vivi e professionali dell urbanistica, insieme a incoraggiamenti di ogni genere. Il consiglio condivide appieno quanto ha esposto il preside e delibera di trasmettere all on. ministro il parere richiesto come sopra motivato 28. Nella stessa seduta (tenuto conto dell esito del concorso di Scienza delle costruzioni e considerata l attuale soddisfacente situazione dei due corsi conferiti a liberi docenti qualificati ) si decide di bandire il concorso per la cattedra di Storia dell arte e Storia e stili dell architettura, fondamentale nel biennio propedeutico, sapendo che la Facoltà può contare su un candidato di alto livello. Sarà Guido Di Stefano, vincitore con Bruno Zevi e Renato Bonelli, a essere chiamato 29. Mentre, nel dicembre 1960, la cattedra di Composizione che era stata di Caronia Roberti, rinominata Elementi di composizione, veniva coperta con il terzo ternato del concorso bandito da Venezia, il prof. Roisecco, che nel novembre del 1961 sarà trasferito a Roma. 26 Nella biblioteca dell ex Facoltà di Architettura si trovano 55 tesi che hanno tra i relatori E. Caracciolo. 13 sono tesi presentate per la laurea in Ingegneria (tra il 1950 e il 1956), 1 per la laurea in Agraria (altre se ne trovano presso le biblioteche di pertinenza), 41 sono tesi in Architettura datate tra il 1950 e il 1962 (nello stesso periodo, secondo dati della segreteria studenti, i laureati in architettura sono in totale 125). Di queste, 10 hanno come relatore unico Caracciolo. Le altre sono in co-relazione con docenti di Composizione: S. Cardella (5 tesi negli anni ), L. Epifanio (10 tesi dal 1955 al 1959) e G. V. Ugo (10 tesi tra il 1957 e il 1962). Dal 1959 al 1962 troviamo 6 tesi svolte tutte in correlazione con due docenti, uno di Composizione e uno di Scienza delle costruzioni: prima D. Lo Cascio, poi R. Sapuppo e infine U. Fuxa, (con il quale ha seguito dagli anni Cinquanta tesi per lauree in Ingegneria). 27 Tra i viaggi d istruzione per laureandi e neolaureati guidati da Caracciolo si ricordano nel 1951 la visita alla mostra delle opere di Wright a Firenze dove era presente l autore (Scozzola, 2009), nel 1956 il viaggio di studio in Danimarca e nel 1961 il viaggio in Grecia (Giuffré, 2007). 28 Verbale del CdFA del 22/12/ Verbale del CdFA del 25/1/

117 Dal 1961 il Consiglio di Facoltà è composto da Caronia Roberti, Caracciolo, Levi Montalcini, Di Stefano e Roisecco cui si aggiungerà nel gennaio del 1962 Luigi Vagnetti vincitore della cattedra di Elementi di architettura e rilievo dei monumenti 30. Nella seduta del 7 febbraio si registra la costituzione degli Istituti: Storia dell architettura, Scienze e tecnica, Composizione architettonica, Urbanistica 31. A cinque anni dal decreto istitutivo, la Facoltà di Architettura di Palermo raggiungeva un assetto adeguato: 300 iscritti, una sede unitaria sebbene provvisoria, un ordinamento in linea con le altre Facoltà italiane, un buon numero di ordinari selezionati mediante concorsi nazionali, abbastanza giovani e quasi tutti innamorati della Sicilia, come aveva auspicato Enrico Calandra. Su questo trend in crescita di credibilità e di fiducia nella nuova Facoltà dell Ateneo palermitano, cui molto contribuivano la cultura, il prestigio e le capacità relazionali di Caracciolo, la sua immatura scomparsa (seguita peraltro a breve distanza da quella di Di Stefano) agisce come un forte vento di scirocco che spazza e asciuga ogni cosa. Il 1962 si apre con tre consigli convocati con cadenze mensili: il 29 gennaio, il 9 febbraio, il 20 marzo; in questo il preside comunica che Caracciolo e Di Stefano sono assenti per motivi di salute. Poi, il vuoto di due mesi e il 5 maggio il verbale del consiglio si apre con il ricordo del prof. Caracciolo. Sono presenti Caronia Roberti, Di Stefano e Vagnetti; assente giustificato Levi Montalcini che ha manifestato con ripetuti telegrammi la sua solidarietà. È la prima seduta del consiglio dopo il lutto e il preside pronuncia poche parole che esprimono il peso della perdita non solo per la nostra Facoltà, ma per l urbanistica italiana 32. Poi assume i provvedimenti che ritiene necessari per la continuità dell istituzione. La direzione dell Istituto di Urbanistica venne assunta ad interim dallo stesso preside, mentre l incarico di Urbanistica venne dato a Roberto Calandra 33 che è stato sempre molto vicino al compianto Caracciolo che tanto lo stimava, oltre che per la sua serietà di studioso e per la sua dirittura di carattere, anche per la sua esplicita affinità di idee e di indirizzi nel campo urbanistico. 30 Al concorso aveva partecipato Giuseppe Spatrisano senza successo; l insegnamento è biennale e a L. Vagnetti viene affidato il primo anno confermando sul secondo Spatrisano. 31 Quest ultimo, sotto la direzione di Caracciolo, comprende gli insegnamenti di Urbanistica I e II, Igiene edilizia, Topografia e costruzioni stradali, Materie giuridiche. 32 Ne sono prove le larghe vive espressioni di cordoglio negli ambienti di studiosi della materia e dell architettura in genere, pervenuti a questa presidenza, con riconoscimento dei non comuni meriti del caro scomparso, soprattutto della sua appassionata attività di docente, che aveva creato nel suo istituto un centro vivo di specifici interessi culturali siciliani. Dal Verbale del CdF di Architettura del 5/5/ In una seduta successiva l incarico fu sdoppiato e venne dato anche ad A. Bonafede. 115

118 Riferimenti bibliografici AA.VV. (1936), Guida della VI Triennale (1936), SAME, Milano. Ajroldi P., Caracciolo E., Lanza V. (1938), Rilievi di edilizia minore siciliana (1-15 febbraio 1938), Scuola tip. Boccone del Povero, Palermo. Ajroldi M. (2010), L architettura rurale e la Triennale di Milano del 1936, Scenari ritrovati. Ottobre 2010, Hevelius webzine, www/hevelius.it. Boffa M., Morandi C., Protasoni S. Rossari A. (1995), Il movimento di studi per l Architettura, Laterza, Roma-Bari. Calandra R. (1987), La scuola di Edoardo Caracciolo fino al PRG di Palermo, in C. Ajroldi (a cura di), Palermo tra storia e progetto, Istituto Gramsci Siciliano, Officina, Roma, pp Caracciolo E. (1937), Per una speciale edilizia dei quartieri residenziali nelle città coloniali, in INU, Atti del I congresso nazionale di urbanistica (Roma 5-7/4/1937), vol. I, parte I, Tip. delle Terme, Roma. Caracciolo E. (1940), L organizzazione urbanistica romana nella Sicilia occidentale, in Atti del III convegno nazionale di storia dell architettura (Roma 9-13/10/1938), C. Colombo, Roma, pp Caracciolo E. (1940), La nuova urbanistica nella bonifica del latifondo siciliano, Arti grafiche S. Pezzino & F., Palermo, estratto da L assalto al latifondo siciliano, Ministero dell Agricoltura e delle Foreste, Ente di Colonizzazione del latifondo siciliano, Palermo. Caracciolo E. (1949), L architettura moderna in Sicilia, relazione al II congresso dell APAO, gennaio 1949 Palermo, Metron, 29, pp Caracciolo E. (1949a), Premesse al Piano regionale siciliano, Urbanistica, 1, pp Caracciolo E., Ajroldi P., AIR (1950), Contributo alla pianificazione scolastica della Regione siciliana, testo di Caracciolo e progetti di Airoldi, Tip. F.lli De Magistris e C. Succ. Bellotti V. e F., Palermo. Caracciolo E. (post 1957), Due saggi sulla storia della pianificazione, Tip. F.lli De Magistris, Palermo. De Luca G. (1947), Sulla riforma dell insegnamento nelle facoltà di architettura, Metron, 13. Giuffré M. (2007), La storia dell architettura e della città. Maestri, allievi, maestri, in C. Ajroldi (a cura di), Per una storia della Facoltà di Architettura di Palermo, Officina, Roma, pp Mariani R. (1989), Razionalismo e architettura moderna. Storia di una polemica, Edizioni Comunità, Milano. Pica A. (1957), Storia della Triennale , Edizioni Del Milione, Milano. Quartarone C., Giuffrè M., Inzerillo S.M. (2007), Relazione sintetica della Commissione sulle attività gestionali relative alla sede della Facoltà di Architettura di Palermo, in E. Palazzotto, A. Sciascia, La sede della Facoltà di Architettura di Palermo. Gli spazi della didattica e della ricerca, L Epos Società Editrice, Palermo, pp

119 Scozzola M.L. (2008), I disegni di Gianni Pirrone, tesi di dottorato, Dip. ASTRA, Siracusa. Zocca M. (1948), Atti del II congresso nazionale di urbanistica e edilizia, INU, Roma. Documenti Verbali delle adunanze della Facoltà di Architettura (v.a. F.A.) dal 1944 al Verbali del Consiglio della Facoltà di Architettura (v. CdFA) dal 1957 al 1962, custoditi dal Dipartimento di Architettura dell Università degli studi di Palermo. 117

120 14. Gli anni Sessanta e Settanta e l unità architettura-urbanistica di Cesare Ajroldi Sul numero 201 del 1961 di Casabella-Continuità, Edoardo Caracciolo risponde a 6 domande sull architettura italiana, e così scrive: Ricordo i 150 nuclei edilizi che i contadini siciliani costruirono, durante quattro secoli, sulle desolate terre argillose dell interno e le diverse decine di borghi che i pescatori costruirono sulle rive del Mediterraneo, quando quel mare fu ripulito dalle scorrerie piratesche. Poverissime case e poveri ambienti urbani che ora quelle stesse popolazioni, immigrate al Nord, ricostituiscono nei quartieri abusivi intorno alle grandi città. Eppure un tetto quale lo ha visto De Sica, può coprire una casa, anche se in un ambiente disperato. Ricordate la casa del nespolo nel romanzo del Verga? Un emigrato nel Canada trovava la sua vecchia casa di Sciacca molto più simile alla nuova casa americana (due cucine, due frigoriferi, auto, giardino) che non alle costruzioni INA. Solo le due prime formavano per lui una home. Una donna che dipingeva un muro a Partinico mi disse: Chistu è lu culuri della mè casa. L inquilino di un alloggio popolare, a Trappeto, mi disse: Ni manca lu spaziu. Gli alloggi popolari a Palma di Montechiaro rimangono vuoti. Mentre noi, architetti borghesi, tentiamo di dare forma a un sentimento comunitario che non è in noi, e che, quindi, rimane pura astrazione, nelle diverse migliaia dei piccoli centri italiani esiste una ben diversa civiltà che noi conosciamo solo perché ne sentiamo parlare in casi eccezionali (inondazioni del Polesine o delle Calabrie, frane, inchieste a Matera o a Palma di Montechiaro) o perché la sfioriamo nei quartieri abusivi dei quali dicemmo. Dobbiamo ignorarla? Dobbiamo disintegrarla trasferendola, a forza, nei nuovi quartieri fatti a immagine e somiglianza del mondo borghese? Eppure le case di quei piccoli centri sono tali e non alloggi, le varie famiglie non si chiudono nel proprio egoismo; ma si aprono in un più forte senso comunitario, sicché la strada, la piazza, il cortile, la corte, il vicolo, il campiello sono sì, spesso, ambienti disperati; ma da essi si eleva un coro possente che supera e annulla il particolarismo egoistico degli altri ceti. [ ] A un profondo ripensamento può portare l opera metodica che Danilo Dolci svolge in talune province della Sicilia. Spero che taluni amici di buona volontà mi aiutino ad aprire, nel prossimo futuro, un più diretto colloquio con le popolazioni, appunto, dei piccoli centri siciliani in maniera da giungere a una più 118

121 persuasiva comprensione di quella cultura e di quella civiltà, nella quale, secondo me, si conserva la grande tradizione comunitaria 1. L interesse principale di Caracciolo, che coincide con le caratteristiche auspicate per la scuola di Palermo, è evidentemente rivolto alla pianificazione dal basso, il che lo accomuna a Danilo Dolci, citato nel testo, e a Giancarlo De Carlo, che ha elaborato su questo tema per tutta la vita. Emerge anche il rifiuto della monumentalità, e anche del formalismo e dell utopismo del Movimento moderno, per cui Gropius è giudicato migliore di Le Corbusier e Mies. Caracciolo arriva ad attribuire a Samonà un giudizio sui brutti quartieri di Perret che sono meglio delle opere d arte dei due più grandi architetti del XX secolo, prima citati: cosa che Samonà, a mio avviso, non ha mai scritto. In questo c è una parziale coincidenza con le idee di Samonà, che ha sempre criticato il lato utopistico del razionalismo europeo, e alla fine degli anni Quaranta aveva una posizione simile, preferendo Gropius a Le Corbusier, ma che in quegli anni aveva modificato in modo abbastanza radicale i suoi ragionamenti, avvicinandosi molto al maestro svizzero, sia nella progettazione, sia negli scritti. Per la prima, ricordiamo il ruolo di Alberto Samonà, entrato nello studio nel 1959 ed evidente nel concorso della Biblioteca Nazionale dello stesso anno; per i secondi, basta citare la presentazione della mostra di Le Corbusier del C è però un sostanziale accordo sul tema dell unità tra architettura e urbanistica, che Samonà, com è noto, svilupperà ulteriormente fino a farne il cardine della sua elaborazione. Ludovico Quaroni scrisse infatti nella sua commemorazione di Caracciolo: Con Caracciolo è morto il fondatore, in Italia, di una nuova scuola. Il suo modo di individuare, di affrontare e di risolvere i problemi partendo dal contatto diretto con le strade e le case, con le persone, con la miseria, con il cielo e con il sole splendente, con la pietra dei monumenti e la storia viva delle città la storia operante era un modo al quale un po tutti, dopo la guerra, le sofferenze e le ripetute prove umane alle quali in un modo o in un altro siamo stati sottoposti per molti anni, avevamo pensato, un modo che tutti abbiamo tentato. Lui solo, tuttavia, ne ha fatto una scuola vera, la sua scuola. Era, questa sua scuola, qualcosa di profondamente nuovo che non sarebbe stato concepibile venti anni prima. A parte l amore e le energie che metteva nell organizzazione dei corsi, dei seminari, degli studi, a parte la compiuta perizia con la quale andava scrivendo e scrivendo di tutto: di storia dell architettura e delle città specie 1 E. Caracciolo (1961), Risposta alle 6 domande su quindici anni di architettura italiana, Casabella-Continuità, 251, pp

122 della Sicilia, e non solo di Sicilia, ma di Francia e di Spagna e d Africa e d Asia, per non parlare dell Italia, e di piani regolatori, di legislazione urbanistica, di edilizia popolare e scolastica, di topografia, di costruzioni e di igiene, a parte i saggi che ha portato i suoi devoti assistenti a scrivere e pubblicare, a parte l attività continua delle commissioni e dei congressi alla quale ha dato quanto poteva delle proprie forze e del proprio tempo, Caracciolo aveva iniziato, insieme a Danilo Dolci, l esperimento dell urbanistica dal basso come la chiamava. È questa, forse, l eredità migliore di quest uomo di eccezione: un eredità che può essere raccolta, vogliamo crederlo, oramai anche senza la sua diretta presenza umana, tanto rimane vivo lui, in tutti i discepoli che l hanno avvicinato sui banchi di scuola, per le strade di Palermo, di Erice e di Palma di Montechiaro, nelle bettole dei paesotti, sulle strade polverose della Sicilia 2. Queste idee, e questa ipotesi di scuola, non mi sembra abbiano avuto una continuità a Palermo, nemmeno nell insegnamento di Urbanistica dei suoi allievi, se non in piccola parte; continuità che può leggersi invece con un outsider della Facoltà, Carlo Doglio, che iniziò con l insegnamento di Lingua e letteratura inglese per passare nel 1967 a Pianificazione territoriale, per un breve periodo prima del trasferimento, più o meno forzoso, a Napoli. Doglio, che aveva lavorato con Olivetti e anche con De Carlo, che era amico di Dolci, anche nell insegnamento dell inglese trattava i temi della pianificazione, e in particolare di quella dal basso. Ma ha avuto a Palermo un ruolo alquanto decentrato, fino al suo allontanamento a Napoli con Urbani. Urbani ha lavorato a lungo con Doglio, è stato assistente di Caracciolo, e il suo interesse per i centri storici, esplicitato in molte occasioni fino alla chiamata di Samonà per il Piano programma di Palermo nel 1979, è uno degli elementi di continuità con l insegnamento e la pratica di Caracciolo: basti pensare agli studi e al piano di Erice. Sul tema dell unità architettura-urbanistica possiamo trovare molti riscontri nell attività di Caracciolo, a partire dal progetto di concorso per il piano di Palermo del 1939, che comprende una serie di soluzioni a scala di progetto urbano per varie zone della città. Si tratta di progetti di chiara matrice razionalista, che si estendono per aree piuttosto consistenti, e riguardano anche il centro storico, con un progetto di trasformazione radicale dell area della Cala. Un altro aspetto della sua attività è quello legato al periodo di lavoro all AIR (Architetti ingegneri riuniti), all incirca negli anni Cinquanta, durante il quale un numeroso gruppo diretto da Pietro Ajroldi partecipò al concorso per il Palazzo della Regione a Palermo (1954); e nello stesso periodo fu pubblicato un breve testo (Contributo alla pianificazione scolastica nella regione siciliana), con testo di Caracciolo e progetti di Ajroldi. 2 L. Quaroni (1962), In memoria di Edoardo Caracciolo, Urbanistica, 36-37, pp

123 Fig. 1 Palermo, Romagnolo (Piano esecutivo del PRG del concorso del 1939) Due altri protagonisti già citati sono affini a Caracciolo su questa tematica: Samonà, i cui scritti sono stati raccolti sotto il titolo L unità architetturaurbanistica, e De Carlo, vicino a Samonà nell impostare il metodo di lavoro per il Piano Programma del centro storico, e che ha sempre considerato inscindibili i due termini; tra l altro ha insegnato Urbanistica a Venezia all inizio della carriera. Un altra questione riguarda il rapporto con Samonà: penso che Caracciolo possa considerarsi un allievo di Basile, come mostra il suo scritto sulla mostra di architettura del 1940, che si conclude con un analisi delle architetture dei Basile e dei contemporanei 3 ; certamente Samonà non lo era, anzi la sua tesi di laurea di carattere wagneriano fu la causa probabilmente principale della sua scelta di lasciare Palermo per Messina. Il tema dell unità architettura-urbanistica rimane nello sviluppo della Facoltà, soprattutto a opera di Alberto Samonà, nel sostanziale rivolgimento dell organizzazione degli studi che segue i moti del Il primo documento è il piano operativo del 1970, a firma di Vittorio Gregotti, che segue la liberalizzazione del piano di studi; l organizzazione della didattica prevede un primo anno con materie obbligate, un triennio volto soprattutto al progetto, e un anno di laurea. Il principio fondamentale è: L unità sostanziale della facoltà sotto il principio della progettazione dell ambiente fisico, in funzione della sua utilizzazione sociale più libera e articolata, con la prospettiva della sua massima estensione a tutte le discipline che se ne 3 E. Caracciolo (1940), La mostra di architettura nel ciclo delle celebrazioni dei grandi siciliani dell anno XVII, Problemi mediterranei, 1-2, Palermo, p

124 interessano, comprese quelle attualmente sotto la giurisdizione della Facoltà di ingegneria edile, ma senza prevedere suddivisioni in specializzazioni predeterminate; favorendo invece, dall interno dei piani di studio formulati dagli studenti e delle ricerche in sviluppo, l articolazione della materia per problemi specifici 4. Fig. 2 Palermo, centro storico (concorso per il Piano regolatore del 1939) Le scelte vengono confermate e rese più evidenti nel 1973, nel programma Pollini-Gregotti-Lo Giudice-Samonà, in cui viene esplicitamente affermato: 1) orientare la Facoltà su un unica tematica (di carattere generale-teoretico, e non applicativo-didattico); quale quella dell unità tra architettura e urbani- 4 Cfr. C. Ajroldi (2007), Storia della Facoltà di Architettura di Palermo attraverso gli ordinamenti didattici, in C. Ajroldi (a cura di), Per una storia della Facoltà di Architettura di Palermo, Roma, pp

125 stica ; entro la quale tematica unica sarà possibile costituire un rapporto (più rapporti) con la realtà territoriale palermitana e siciliana 5. Questo programma dà origine nello stesso anno al nuovo statuto della Facoltà, allora probabilmente il più avanzato in Italia, che a partire dagli stessi principi prevedeva un primo anno con le finalità: l) di costituire una base comune alle diverse provenienze degli studenti, che iniziano gli studi di architettura; 2) di dare un idea generale della disciplina dell architettura; 3) di mettere in atto gli strumenti per una conoscenza critica figurativa del reale; 4) di passare dall esperienza generale della scuola media a un modo di essere architettonico dell esperienza stessa 6. Il primo anno era quindi centrato sul progetto, eliminando la tradizione delle materie scientifiche all inizio della formazione dello studente. Così anche nel triennio la progettazione architettonica e urbanistica aveva un ruolo predominante. Si trattava di una profonda trasformazione dell organizzazione degli studi, che ebbe una durata di dieci anni ed ebbe a mio avviso risultati molto positivi. A conclusione del periodo di cui mi interesso in questa relazione, nel 1983, il quadro cambia radicalmente con le modificazioni allo statuto, che si incentravano sostanzialmente sull introduzione di quattro indirizzi del corso di laurea: 1) progettazione architettonica; 2) tutela e recupero del patrimonio storico-architettonico; 3) tecnologico; 4) urbanistico 7. In questo modo, vengono abbandonate tutte le innovazioni prodotte negli anni Settanta, e vengono separati gli insegnamenti di architettura e urbanistica, ponendo le basi per una sempre maggiore autonomia dell urbanistica, che si avvia a essere disciplina a sé stante rispetto all architettura, e per la futura istituzione di corsi di laurea in urbanistica e pianificazione, che tendono a escludere sempre più gli insegnamenti di architettura: una prassi che giudico assolutamente negativa, in quanto spinge l urbanistica a un ruolo legato a procedimenti di tipo quantitativo, economico e sociologico, facendo perdere una reale conoscenza e capacità di intervento sul territorio, e abbandonando la pratica del progetto urbano, comune a molte realtà europee e divenuta di pertinenza della disciplina della composizione architettonica 8. 5 Ibid. 6 Ibid. 7 Ibid. 8 Va notato, tra l altro, che l indirizzo urbanistico è stato il più seguito dagli studenti, in quanto ritenuto più facile perché non prevedeva alcune materie scientifiche presenti negli altri indirizzi. 123

126 È un quadro che si è protratto per molti anni, fino al nuovo statuto della Facoltà del 1994, che riproponeva il ruolo centrale del progetto e prevedeva il solo corso di laurea in Architettura. Successivamente però sono nati altri corsi di laurea, con le conseguenze che abbiamo detto: è però un periodo che esula da questa trattazione, anche se doveva essere inserito in quanto si riferisce a temi centrali nel ragionamento svolto. Si tratta infatti di un abbandono di alcuni caratteri peculiari della scuola di Palermo, che hanno le loro basi nell insegnamento di Edoardo Caracciolo e che avrebbero potuto essere conservati, naturalmente adattandoli alle profonde modifiche strutturali della nostra epoca. 124

127 15. La didattica di Giuseppe Gangemi Nel passato si cercano sempre le origini del presente, soprattutto quando si vuol conoscere il modo con cui si manifestano i pensieri e le espressioni di una disciplina che si è sviluppata e affermata nei tempi successivi. Così ogni documento o personaggio di un determinato ambito disciplinare desta maggior interesse quando vi si trovano le premesse (o le promesse?) del futuro sviluppo di quella medesima disciplina. Basti pensare infatti agli entusiasmi e ai riti generazionali che accompagnano periodicamente qualunque riferimento alla figura e alle opere di Edoardo Caracciolo, nella certezza rassicurante di scoprirvi i germi dell urbanistica siciliana contemporanea, entusiasmi e celebrazioni così sentite da far credere che l urbanistica del periodo di Caracciolo e i modi con cui egli l insegnava nell Università di Palermo (e la praticava nelle città e nei territori siciliani) fossero soltanto un preludio dei tempi odierni. Già allora, passati gli entusiasmi populistici delle città di fondazione in ambito rurale e i bollori piacentiniani del monumentalismo architettonico in città, spenti i fragori roboanti della seconda guerra mondiale e conclusa la fase dei piani di ricostruzione, si intravedevano i sintomi di un nuovo mondo, gli indizi di una perfezione del ruolo disciplinare dell urbanistica che già si era manifestata con i successi olivettiani e dato prova di sé nei nuovi piani regolatori (per es. quello del concorso del PRG di Enna, vinto da Roberto Calandra e Igea Giordano). Nuovi piani regolatori, lo si ripete, in quanto la seconda guerra mondiale aveva di fatto impedito e rallentato l applicazione della legge urbanistica nazionale, la n promulgata nel lontano In quei tempi, quelli di Caracciolo, si vedevano per davvero e si toccavano gli indizi di un futuro brillante per l urbanistica, ma si dimenticava tuttavia, ricercando i modi nuovi e i moderni metodi di dottrina, che nelle fasi storiche sovente la nascita e la morte si accompagnano di pari passo; talché vecchie forme di cultura muoiono nel medesimo tempo e nel medesimo luo- 125

128 go in cui attecchiscono e crescono le nuove. Nella Prolusione di Caracciolo, che qui viene analizzata e presentata, si può cercare di vedere non solo la nascita della scuola di urbanistica nella Facoltà di Architettura di Palermo, ma anche il tramonto di un tradizione accademica e tecnica della disciplina, la quale deve sottostare a una concezione nuova nei metodi e nei contenuti, e quindi la vecchia concezione condannata all aridità e all irrigidimento, a fronte della trasparente brillantezza dell innovazione scientifica e culturale. E tuttavia, leggendo e rileggendo la Prolusione di Caracciolo, essa può apparire meno serena e meno chiara di quel che si crede all inizio. Niente di più facile infatti che, se si rivolge uno sguardo retrospettivo a ciò che decade, l ombra del passato stenda il suo velo talvolta anche sul presente e sul futuro. Caracciolo, nato nel 1906, ha 38 anni quando scrive, nei modi della dispensa didattica, la Prolusione al corso di Costruzioni rurali tenuto nell anno accademico presso la Facoltà di Agraria di Palermo. La sua attività didattica, in precedenza, l avevo visto assistente della cattedra di Urbanistica e poi di quella di Architettura tecnica alla Facoltà di Ingegneria e, successivamente, in Facoltà di Architettura, come professore incaricato dell insegnamento di Storia dell architettura e poi di quello di Urbanistica nel Di quest ultimo divenne titolare nel 1957 a 51 anni, fino alla sua morte avvenuta nel 1962 (voce E. Caracciolo nel Dizionario biografico degli italiani, vol. 19, 1976 di G. Ciucci). Quindi la sua esperienza didattica di apprendista, cioè prima di aver avuto assegnata la responsabilità di un Corso di insegnamento universitario, era durata 11 anni, dal 1933 al Infatti egli si era laureato in Ingegneria civile nel 1930 e l anno successivo si era specializzato in Architettura a Roma, dove proseguì sino al 1933 i suoi studi nella scuola di urbanistica appena avviata nella Capitale (cfr. G. Ciucci, op. cit.). Pochi o molti che si possano considerare oggi tutti questi 11 anni di apprendistato, il fatto certo è che l anno accademico può considerarsi l inizio per così dire della maturità didattica di Caracciolo a fronte di un corso di insegnamento universitario. Non può tuttavia non destare attenzione e curiosità scientifico-disciplinare la circostanza che tale inizio di insegnamento sia avvenuto nella Facoltà di Agraria. La separazione netta tra le due discipline quella urbanistica e quella agraria dovrebbe indurre a una superficiale conclusione di stampo accademico: Caracciolo era stato destinato alla carriera universitaria dai suoi professori e, quindi, momentaneamente collocato nel primo insegnamento disponibile, anche se esterno alla Facoltà di Ingegneria (la Facoltà di Architettura non era stata ancora fondata). 126

129 Cosa che oggi, settant anni dopo, potrebbe essere considerata molto distante (o forse più vicina?) dalla disciplina urbanistica, soprattutto per un insegnamento (pensate, pensate!) come quello di Costruzioni rurali, perché di questo insegnamento si tratta. La considerazione, che pur potrebbe appassionare l accademia, non è tuttavia degna di approfondimento sotto il profilo della ricerca delle radici didattiche dell urbanistica a Palermo, con particolare riferimento alla scuola che Caracciolo effettivamente instaurò nella Facoltà di Architettura. Pertanto, pur ammettendo la sussistenza di un traccheggio di potere accademico che escludeva in quel momento l ingresso di Caracciolo nell empireo dei docenti della facoltà di Ingegnera, non si può tuttavia non riconoscere che comunque ciò ha segnato la nascita dell insegnamento dell urbanistica nella neonata Facoltà di Architettura di Palermo, con tutto quello che ne consegue sotto il profilo scientifico e culturale. L esegesi di questo breve testo, preso a fondamento di queste nostre attenzioni, ci permette dunque di introdurre qualche breve riflessione sulla natura e il valore della didattica di Caracciolo, alla luce soprattutto della considerazione che la differenza tra discipline, pur se abbastanza marcata, non determina una netta distanza tra le culture e le scale del progetto. Se si prova infatti a sostituirsi a ciò che dovette passare per la mente di E. Caracciolo nell organizzare la didattica di quel corso, il primo della sua carriera di professore universitario, non si può non restare colpiti, soprattutto gli urbanisti, ma si potrebbe osare gli architetti, dall intuizione di ricerca e di dottrina di un unico punto in comune tra le due discipline, l urbanistica/architettura da un lato e l agraria dall altro. Questo punto d unione culturale e intellettuale è rappresentato dal territorio. Il territorio, questo oggetto di culto della nostra disciplina, una specialità assoluta nel gioco delle appartenenze didattiche, mostra con Caracciolo i caratteri estensivi in senso culturale con cui occorre misurarsi anche con altre appartenenze disciplinari e introduce così il concetto più meditato di strutturazione formale sia delle zone urbanizzate che dell ambiente fisico in cui esse sono inserite. Eppure è un territorio, quello di Caracciolo, che non viene mai nominato come tale, alla pari d altronde della parola urbanistica. Per Caracciolo, in questa Prolusione, il territorio e l urbanistica non esistono, ma sussistono in tutte le loro declinazioni più pertinenti, da cui trasuda una lettura storica e pragmatica di impronta intellettuale raffinata, ma sempre realistica e, soprattutto, sociale. Così il territorio diviene, di volta in volta a secondo le circostanze della storia, ambiente agricolo, città-campagna, luogo di città, luogo di produzione, ambiente umano e naturale, ambiente sociale urbano e campagnolo, luogo di organizzazione rurale, e così via. Ma mai viene citato 127

130 il termine territorio in questa sua prima Prolusione all insegnamento della Facoltà di Agraria. E tuttavia, se è vero come è vero che la didattica è una parte della teoria e dell attività educativa che concerne i metodi dell insegnamento secondo le definizioni più comuni che se ne danno, è pur vero che è ragionevole che si possa distinguere una didattica generale da una didattica speciale (o specialistica). Nel senso che una didattica generale può considerarsi applicazione a ogni insegnamento di norme comuni, derivate soprattutto dalla conoscenza (anche solo intuitiva) dello sviluppo psicologico e della maturità intellettuale del discente (già raggiunta o da raggiungere), mentre una didattica speciale può considerarsi come adattamento di un particolare metodo a una specifica disciplina. L impostazione didattica di E. Caracciolo in questa sua Prolusione del corso di Costruzioni rurali è un esempio di magistrale applicazione delle definizioni citate. Così, infatti, egli inizia, rivolgendosi agli studenti: Lo studio che intraprendiamo deve fornirvi talune premesse teoriche e talune nozioni pratiche che vi saranno indispensabili nell esercizio della professione alla quale vi avviate. Questo incipit chiarisce, sin dalle prime battute, il metodo didattico dell insegnamento di Caracciolo: talune premesse teoriche, distinte da talune nozioni pratiche, si integreranno in un rapporto di corrispondenza sinallagmatica per il fine indispensabile dell esercizio professionale. Nessuna esaltazione teorica, nessun appiattimento pratico, ma tuttavia dall integrazione tra teoria e pratica potrà svilupparsi il fine ultimo dell insegnamento universitario che è quello di preparare i professionisti di domani. Non è un affermazione banale o sorpassata quella di Caracciolo, soprattutto oggi. Infatti, quasi a interrompere l avvio di una sterile controversia, Caracciolo, così continua: Oltre questo segno eminentemente pratico, il Corso però ne ha un altro, che oso affermare più alto e solenne, il quale consiste nel delineare tutto un insieme di problemi edilizi, e come tali sociali, che vanno accuratamente studiati, onde soddisfarli se è possibile e, se è impossibile, almeno a essi idealmente accostarsi dentro l ambito delle nostre possibilità. Vola alto il nostro Caracciolo quando imposta il livello più generale del suo metodo didattico. La disciplina trasborda subito nel sociale, così determinando un etica finalizzata al soddisfacimento dei problemi edilizi che si identificano tout-court con i problemi sociali e se ciò dovesse essere un obiettivo irraggiungibile almeno idealmente è importante accostarsi a essi, fiancheggiarli e sostenerli fino al limite massimo delle nostre capacità e possibilità. Egli spiega il perché di questo anelito teso al soddisfacimento dei problemi edilizi/sociali (oggi si direbbe, più riduttivamente, dei fabbisogni), il qua- 128

131 le si manifesta in un dimensione morale come sentimento diffuso a migliorare le condizioni di vita e di contesto in cui si vive. Dice infatti Caracciolo: A tale studio ci spinge l ansia che ogni uomo moralmente sano sente in sé, di modificare e migliorare l ambiente umano e naturale nel quale egli vive. E poi rientra immediatamente nel clima didattico specifico dell insegnamento, laddove giustifica l incipit più generale con un ritorno ai problemi edilizio-sociali così come si sono via via determinati tramite gli accadimenti della storia nel nostro territorio isolano. Un ambito territoriale di inquadramento storico piuttosto preciso, quello geografico dell intera Sicilia (oggi, diremmo più banalmente di area vasta). E subito un avvertenza di livello generale sui rischi di un atteggiamento eccessivamente deterministico e razionale. L analisi storica sostiene Caracciolo per quanto estremamente sommaria, è poi indispensabile nella nostra disciplina perché il volere precisare in via strettamente deterministica e razionale, l organizzazione agricola di una data regione, prescindendo dalle condizioni ambientali e storiche, è procedere estremamente pericoloso, come meglio vedremo appresso. Le sue intenzioni didattiche sono chiare. Chiosando si potrebbe dire: intendo sviluppare in questo insegnamento l analisi storica del territorio regionale per spiegare l organizzazione del territorio rurale nel quadro delle sue condizioni ambientali. Immediatamente a seguire, senza altre interlocuzioni o sfumature che potrebbero rendere evanescenti le affermazioni di dottrina anticipate in poco più di una pagina, Caracciolo parte con l analisi storica e comincia la rassegna con la citazione di fonte storica documentale di prim ordine. L isola si affaccia alla storia attraverso le memorie di Tucidide che si rifanno a una fonte isolana del V secolo. Siamo riusciti, così, a sapere che dal 735 al 580 a.c. furono fondate in Sicilia quindici città da gente di provenienza ellenica; contemporaneamente si affermavano, nella zona occidentale quattro città che mantennero sempre stretti legami col mondo fenicio e cartaginese. Il quadro storico del territorio dell Isola è tratteggiato con i suoi capisaldi organizzativi: quindici città del mondo ellenico e, contemporaneamente, quattro città del mondo fenicio e cartaginese. Il contesto esterno definisce la mediterraneità delle origini, dall Asia Minore e dalla Grecia sino a comprendere il Nord Africa. Il riferimento urbanistico del territorio è chiaro: la fondazione di nuove città e l affermazione di talune altre città preesistenti. Il ruolo delle città, pur nella varietà delle loro origini, è determinante per l irradiamento organizzativo nel territorio extra-urbano, nei modi inespressi dalle rispettive civiltà. Questi nuclei urbani e, specialmente, quelli elleni formarono centri propulsori attraverso i quali la civiltà dei coloni si andò diffondendo nelle campagne. 129

132 La storia degli insediamenti urbani, la loro costituzione e affermazione in città, il ruolo che ebbero nel determinare l ambiente agricolo extra-urbano, sono tutti concetti di un approccio al territorio che infine è risultato fondativo per i successivi sviluppi della disciplina urbanistica negli studi della Facoltà di Architettura di Palermo. Alla fine non può non riferirsi della nota dolente di un diffuso pessimismo che caratterizza la Prolusione di Caracciolo, ma caratterizza anche le stesse radici dell urbanistica italiana. Dice Caracciolo: Vediamo nascere così un contrasto drammatico. Da una parte esistono le concrete condizioni edilizie attuali dell Isola [...] All estremo opposto esistono programmi tecnico-sociali ormai completamente individuati e individuabili. L enorme distacco esistente è colmabile solo per mezzo di una forte potenzialità economica che supera di molto le nostre possibilità, specialmente in questi momenti. E ancora: Più che di un operazione industriale si tratta di un esigenza sociale, che profondamente incide nella vita dello spirito. In questo richiamo di Caracciolo ai valori dello spirito, piuttosto che ai sofisticati programmi di natura tecnica, pur noti e diffusi, si rintracciano le radici primarie della disciplina urbanistica/architettonica di oggi e di domani che finiscono con l identificarsi nel quadro delle esigenze della nostra società. Conclusione non del tutto ovvia, né scontata, soprattutto se riferita alle trasformazioni indotte nella città e nel territorio contemporaneo. 130

133 16. L intervento nei centri storici: l ANCSA e il caso Erice di Giuseppe Abbate Nel dicembre del 1960, la rivista Urbanistica pubblicava sul numero 32 gli atti del convegno Salvaguardia e risanamento dei centri storico-artistici, svoltosi a Gubbio dal 17 al 19 settembre di quello stesso anno. Il convegno, promosso da un gruppo di architetti, urbanisti, giuristi, studiosi di restauro, e da un gruppo di comuni (Ascoli Piceno, Bergamo, Erice, Ferrara, Genova, Gubbio, Perugia e Venezia), è noto per avere prodotto la celebre Dichiarazione finale poi denominata Carta di Gubbio, una dichiarazione di principi sulla salvaguardia e il risanamento dei centri storici che sottolinea l essenzialità delle specifiche condizioni dei contesti locali, ritiene di estrema urgenza il procedere a una ricognizione e classificazione dei centri storici e delle zone da salvaguardare e risanare, e giudica assolutamente necessario che essi vengano inseriti nei piani regolatori generali, poiché la loro salvaguardia è da considerarsi premessa allo stesso sviluppo della città moderna. Il termine salvaguardia, esteso al centro storico nella sua interezza, è da intendersi come sottolinea Giovanni Astengo, tra i principali promotori del convegno e impegnato in quegli anni nella redazione del Piano regolatore di Gubbio non soltanto come difesa passiva, ma soprattutto sotto l aspetto operativo degli interventi di risanamento e restauro. Il termine salvaguardia nel titolo del convegno di Gubbio viene abbinato a quello di risanamento che ha lo scopo, come affermano Antonio Cederna e Mario Manieri Elia, intervenuti come relatori al Convegno, da un lato, di restituire a un centro storico condizioni ambientali per quanto possibile vicine a quelle originarie, eliminando tutte quelle sovrastrutture che, nel tempo, ne hanno alterato l aspetto, e dall altro di migliorare le condizioni di vita degli abitanti. Sul piano delle modalità operative, la Carta di Gubbio rifiuta i criteri del ripristino, delle aggiunte stilistiche, del rifacimento mimetico, della demolizione di edifici anche modesti, inoltre non ammette diradamenti del tessuto e l isolamento di monumenti. Il convegno di Gubbio offre l occasione per fare un bilancio sulla situazione dei centri storici, sull insufficienza normativa dei piani regolatori, sulla 131

134 tecnica urbanistica e confrontare contemporaneamente le esperienze concrete di alcuni piani e il relativo approccio al tema dell intervento nei centri storici. Le relazioni, oltre a quella di Antonio Cederna e Mario Manieri Elia, sono svolte da: Giuseppe Samonà, Gaetano Badano, Domenico Rodella, Egle Renata Trincanato, Giovanni Romano, Ludovico Belgiojoso, Edoardo Caracciolo e Piero Bottoni. Il comitato promotore del convegno di Gubbio, si trasformerà l anno successivo in Comitato permanente fondando a Gubbio l Associazione nazionale centri storico-artistici (ANCSA) 1. L associazione si proporrà per statuto di promuovere studi e ricerche pluridisciplinari per la salvaguardia e il risanamento dei centri storici; di coordinare studi e ricerche elaborate in sedi diverse (enti pubblici, università ecc.); di promuovere iniziative di incontro e di confronto, nonché interventi a carattere sperimentale; di prestare agli Enti e ai privati interessati consulenze scientifiche e assistenza tecnica; di attuare direttamente interventi di risanamento su proprio patrimonio; di elaborare sperimentalmente e promuovere a livello generale adeguati provvedimenti legislativi e normativi; di promuovere e svolgere ogni altra attività ritenuta attinente ai fini sociali 2. Appare significativo che tra i soci fondatori dell associazione, e ancor prima tra i relatori al convegno di Gubbio, l unico esponente di un università meridionale, quella di Palermo, sia Edoardo Caracciolo, la cui presenza si spiega attraverso gli ormai consolidati rapporti di stima e di amicizia con gli altri illustri studiosi e accademici coinvolti nell iniziativa 3. Si deve inoltre alla figura di Caracciolo la presenza del Comune di Erice, unico Comune del sud d Italia, tra i Comuni che partecipano al convegno di Gubbio e in seguito tra gli enti fondatori dell ANCSA. Per spiegare i legami tra Caracciolo e la città di Erice è però necessario fare un passo indietro. Nel 1956, a Erice era stato nominato sindaco Antonino De Stefano, docente universitario esperto di storia medioevale presso le Università di Bologna e di Palermo che, come ricorda lo stesso Caracciolo, ebbe immediata e precisa sensazione della sua responsabilità. Tra le prime iniziative promosse dal sindaco De Stefano ci fu quella di organizzare un convegno di 1 Soci fondatori dell associazione sono: G. Astengo, V. Baldelli, M. Belardi, M. Benedetti, E. Caracciolo, L. Contenti, G. Martelli, V. Parlavecchio, C. Ripamonti, M. Roffi, G. Romano, E. R. Trincanato; i Comuni di Ascoli Piceno, Bergamo, Erice, Ferrara, Genova, Gubbio, Perugia e Venezia; l Ente provinciale per il turismo di Perugia; l Azienda autonoma di soggiorno turistico di Gubbio; l Istituto per le case popolari della provincia di Perugia. 2 Per un approfondimento sulla storia e le iniziative promosse dall associazione si consulti il sito: 3 Alla preparazione dei materiali relativi al piano di Erice presentati al convegno di Gubbio collaborano gli architetti Antonio Bonafede e Gianni Pirrone, allievi di Caracciolo. 132

135 esperti i quali, partendo da un indagine storica, economica e sociale avente per oggetto il territorio ericino, si interrogarono sul futuro del piccolo quanto straordinario centro siciliano. Tra gli specialisti spicca la figura di Caracciolo che ormai da più di vent anni frequenta la città di Erice, avendola eletta meta preferita per i suoi studi per le sistematiche ricerche storiche, per i sopralluoghi con gli allievi durante i quali, come ricorda Mario Inzerillo insegnava passeggiando 4. L interesse per Erice da parte di Caracciolo si manifesta già nel 1933, in occasione della sua seconda laurea, quella in Architettura, con la tesi relativa al progetto di un albergo inserito nella Sistemazione urbanistica del monte San Giuliano. Tale interesse che Luciana Natoli Di Cristina definisce un amore duraturo di tutta una vita, continuerà negli anni, come dimostra la partecipazione al concorso per la redazione del Piano regolatore di Erice nel , per cui Caracciolo ottiene il primo premio e i numerosi scritti su Erice relativi alla lunghissima storia urbana e alla lettura dell ambiente costruito, con particolare attenzione ai caratteri tipologici e morfologici del patrimonio edilizio storico. Tra le pubblicazioni più significative sulla città di Erice: Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice, pubblicato nel 1951 su Archivio storico siciliano, e La città sul Monte Erice, pubblicato nel 1954 sul n. 201 della rivista Casabella. Nella relazione presentata al convegno di Gubbio dal titolo Erice: conservazione e valorizzazione di un patrimonio eccezionale, Caracciolo spiega che la città di Erice, mitica città sacrale durante il periodo fenicio per il culto di Astarte, dea della fecondità, e per quello della dea Venere Ericina sotto i Romani, si consolida, fino ad assumere la configurazione che ancora oggi in gran parte conserva, nel XV secolo (fig. 1). Il Quattrocento rappresenta per Erice un periodo di netta ripresa economica coincidente con la ripresa del dominio dell isola da parte della corona aragonese a cui la città era rimasta sempre fedele. L attività quattrocentesca ericina si inserisce in quella vasta esperienza mediterranea che interessò oltre che la Sicilia, anche la Spagna, la Francia meridionale, la Sardegna e il Napoletano. A Erice l architettura tardo-gotica si innesta sull edilizia preesistente, risalente il più delle volte al periodo arabo-normanno, rendendo oggi di difficile decifrazione la lettura del patrimonio edilizio storico. 4 Cfr. S.M. Inzerillo, Appunti sull attività scientifica di Edoardo Caracciolo ed elenco degli scritti, in E. Caracciolo (1995), Tre Lezioni di urbanistica, ristampa, Università di Palermo, Dipartimento Città e territorio, Palermo, pp Negli anni Trenta, oltre al Comune di Erice, anche altri centri urbani siciliani bandiscono concorsi di progettazione: Ragusa (1930); Catania (1932); Monreale (1933); Palermo (1939); ma nessuno dei piani redatti sarà poi approvato. 133

136 Fig. 1 Disegno di Edoardo Caracciolo, 1937 Caracciolo, riferendosi all ambiente urbano ericino, sottolinea in particolare l esistenza di tre elementi compositivi, secondo la tradizione mediterranea, e non di due, secondo quella europea. L organizzazione spaziale delle città, che si potrebbero chiamare genericamente europee, si esplica continua Caracciolo attraverso l esistenza di uno spazio pubblico (strade, piazze ecc.) e dello spazio interno degli edifici; nella composizione urbanistica mediterranea, ancora viva in Erice, si inserisce invece una terza determinante spaziale, il cortile comune dotato di cisterna e lavatoio. Ai cortili si accede dalla strada, disimpegnano e illuminano le varie unità edilizie che si affacciano su di essi e, per certi versi, costituiscono un prolungamento dell alloggio dove si svolgono alcune attività all aperto (fig. 2). Caracciolo rileva l esistenza di documenti notarili in cui si evince che i cortili sono già ampiamente diffusi nell ultimo decennio del secolo XIII, dimostrando quindi che non si tratterebbe di un importazione catalana di origine moresca, ma della permanenza di una vecchia tradizione di matrice nord-africana. Dalla fine del Quattrocento gran parte della popolazione, costituita inizialmente da circa 6000 abitanti, abbandona la città di Erice e scende a valle; restano a Erice solamente abitanti. Nella prima metà dell Ottocento viene realizzata la caratteristica selciatura delle strade ericine che, accostata alla pietra grigia dei paramenti murari spesso continui e con 134

137 poche aperture, forma, come afferma Caracciolo, che ne resta affascinato, un unicum materico con effetti plastici straordinari. Dalla seconda metà dell Ottocento, con la realizzazione di due nuove arterie di collegamento territoriale e in seguito anche della funivia, Erice esce dal suo atavico isolamento. A partire dal secondo dopoguerra Erice diventa una meta turistica internazionale e conseguentemente aumenta la pressione insediativa con il rischio di un edificazione incontrollata soprattutto di seconde case. Nella relazione presentata al Convegno di Gubbio Caracciolo prosegue illustrando il percorso metodologico messo a punto in occasione della redazione del piano regolatore di Erice, commissionatogli insieme all arch. Francesco Puletto, suo allievo, nel 1957 dal sindaco De Stefano. Fig. 2 Tipi edilizi ericini caratterizzati dalla presenza dei cortili. Disegno di E. Caracciolo 1937 Nelle sue linee essenziali il piano prevede: di escludere il traffico veicolare dal centro storico; di realizzare parcheggi limitrofi, ma esterni al perimetro della cinta muraria; il recupero complessivo del patrimonio edilizio storico; la salvaguardia degli inestimabili paesaggi anche attraverso opportuni rimboschimenti dei versanti del monte. È indubbio che Carac- 135

138 ciolo, nel caso del piano di Erice, rispetto a precedenti piani, come per esempio il piano regolatore di Caltanissetta del 1943 o ancora il piano di ricostruzione del quartiere S. Pietro a Trapani del 1950, dimostri un mutato approccio, sicuramente più maturo, nei confronti del tema dell intervento nei centri storici, mettendo in pratica quanto affermato già nel 1954 quando nel saggio Il problema dell abitabilità e del risanamento, in Tre lezioni di urbanistica, scriveva: I pretesi diradamenti per sventramento, creazione di strade con edilizia intensiva ai margini, sono da considerare, oggi, errori tecnici e amministrativi. Rileggendo questo passo sembra proprio che Caracciolo faccia riferimento alle soluzioni proposte anni prima in alcuni piani, dove la scelta di soluzioni progettuali sicuramente meno rispettose dell ambiente urbano storico nel suo complesso risultavano comunque dettate da motivazioni di carattere igienico-sanitario, rispetto alle quali Caracciolo mostrerà sempre particolare attenzione. Non è un caso che nello stesso saggio sopra citato Caracciolo si soffermi ancora sui concetti di abitabilità, ventilazione, areazione, soleggiamento, illuminazione e dimensionamento affermando che: il maggior benessere igienico e la diminuzione della mortalità costituiscono caratteristiche fondamentali dell odierno ambiente sociale e dell urbanistica. In effetti, il Piano regolatore di Erice, dal punto di vista metodologico, sembra trovare un riferimento importante nel piano per Assisi di Giovanni Astengo (1955/1957) che costituisce già in quegli anni un caso esemplare per affrontare il tema della conservazione della città esistente. Come nel piano di Assisi, anche in quello di Erice, il nuovo quartiere di espansione viene previsto a una certa distanza dalla città storica, in modo da non alterare l immagine dell antico centro urbano. Nel caso di Erice, il progetto del quartiere, destinato a ospitare residenze stagionali, propone in una radura alle falde del monte, una grande S che, seguendo l andamento delle curve di livello del terreno e riprendendo le forme organiche del centro storico, si sviluppa attorno al campo sportivo già realizzato (fig. 3). Nel corso degli studi per la pianificazione del territorio ericino, la città offrirà a Caracciolo la cittadinanza onoraria. Il Comune di Erice non riuscirà comunque a portare sino alla definitiva approvazione il piano redatto da Caracciolo e Puletto. Nel 1962 l ANCSA conferirà a Caracciolo la medaglia d oro alla memoria per i meriti eccezionali conseguiti nel campo del risanamento conservativo nei centri storici e istituirà il Premio Caracciolo da assegnare sia a un opera o a uno studio di rilevante valore metodologico, sia a quelle amministrazioni pubbliche che si sono distinte nell aver promosso, patrocinato e guidato studi e interventi di risanamento. 136

139 Fig. 3 PRG di Erice, 1957, situazione attuale e previsioni di progetto Riferimenti bibliografici Astengo G. (1958), Assisi: piano generale e piani particolareggiati di primo intervento, Urbanistica, 24-25, pp Bonafede G. (1997), La pianificazione in Sicilia, La Zisa, Palermo. Caracciolo E. (1939), Edilizia ericina, Scuola Tipografica del Boccone del Povero, Palermo. Caracciolo E. (1950), Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice, Estratto da Archivio storico siciliano, serie III, vol. IV, Scuola Tipografica del Boccone del Povero, Palermo, pp Caracciolo E. (1954), La città sul monte Erice, Casabella, 201, pp Caracciolo E. (1954), Tre lezioni di urbanistica, Tipografia F.lli De Magistris, Palermo. Caracciolo E. (1957), Elementi platereschi nell architettura trapanese del 500, Atti del V convegno nazionale di storia dell architettura Perugia, sett. 1948, Casa Editrice N. Noccioli, Firenze. 137

140 Caracciolo E. (1957), La casa ericina, Atti del V convegno nazionale di storia dell architettura Perugia, sett. 1948, Casa Editrice N. Noccioli, Firenze. Caracciolo E. (1960), Erice: conservazione e valorizzazione di un patrimonio eccezionale, Urbanistica, 32, pp Cederna A., Manieri Elia M. (1960), Orientamenti critici sulla salvaguardia dei centri storici, Urbanistica, 32, pp Di Biase C. (a cura di) (1990), 30 anni ANCSA , Associazione nazionale centri storico-artistici, Milano. Iannello M. (2010), Edoardo Caracciolo architetto, appunti per una biografia, Salvare Palermo, 27, pp Natoli Di Cristina L. (1964), Edoardo Caracciolo, primo urbanista siciliano, in G. Pirrone (a cura di), Edoardo Caracciolo. La ricostruzione della Val di Noto, Quaderno n. 6 della Facoltà di Architettura dell Università di Palermo, Tipografia La Cartografica, Palermo, pp Trombino G. (2000), L Urbanistica in Sicilia negli anni della ricostruzione, Officina, Roma. 138

141 17. Gli scritti di storia dell architettura dagli studi sul Medioevo al dibattito contemporaneo di Emanuela Garofalo Tra gli interessi e le competenze disciplinari che concorrono a delineare il profilo di una personalità complessa come quella di Edoardo Caracciolo, tanto il suo profilo di studioso quanto quello di docente, un posto di certo non secondario spetta alla storia dell architettura. L attenzione di Caracciolo per la disciplina storica trova infatti riscontro in testimonianze diverse, e soprattutto in un numero consistente di scritti, prodotto lungo l intero arco della sua carriera accademica e professionale, che costituisce nell insieme un corpus di studi e riflessioni molto variegato, per cronologia e soggetti affrontati, così come per consistenza e sede editoriale dei testi. Confrontando i regesti relativi a questi ultimi 1, si contano più di venti titoli, tra studi monografici, articoli su riviste, saggi, contributi e recensioni, pubblicati tra 1938 e 1961 oltre a manoscritti e dattiloscritti inediti che spaziano su diversi temi e momenti della storia dell architettura, rivelando un ampio ventaglio di interessi e di conoscenze, ma anche piena consapevolezza del dibattito storiografico contemporaneo. La parte più consistente di tali scritti indaga il contesto regionale, in sintetici quadri d insieme o momenti di approfondimento monografico, sebbene non manchino puntate in ambiti geografici e contesti culturali differenti e distanti. Punto di partenza e principale fuoco delle riflessioni storiche e storiografiche di Caracciolo è l architettura del Medioevo siciliano, fin dallo studio monografico dedicato al trecentesco complesso conventuale di Baida, avviato almeno dal 1932 e pubblicato nel Questa agile monografia dimostra 1 Si veda in particolare: S.M. Inzerillo, S. Prescia (1992), Ricordo di Edoardo Caracciolo, Dipartimento Città e territorio, Palermo, pp ; L. Sarullo ( ), Dizionario degli artisti siciliani, vol. 1: Architettura (a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, 1993), Novecento, Palermo, 3 voll., pp E. Caracciolo, La Chiesa e il Convento di Baida presso Palermo, Archivio storico siciliano, Palermo Interessanti precisazioni sulla gestazione di questo studio sono con- 139

142 già intuito e capacità di sintesi, qualità comuni anche agli scritti successivi di Caracciolo, e uno sguardo che spazia dalla lettura dei caratteri formali e stilistici, a un attenta osservazione degli aspetti costruttivi e tecnologici, alla ricerca di dati utili alla corretta collocazione dell opera nel contesto storicoartistico di appartenenza. Dal punto di vista metodologico, l assimilazione dell esempio offerto da Enrico Calandra appare evidente, oltre che su questioni storiografiche più specifiche, come quella della cosiddetta architettura chiaramontana 3 nell assunzione di un metodo di indagine sul campo, che alla lettura filologica di documenti e altre fonti scritte associa un approfondita analisi diretta della fabbrica, intervenendo perfino con piccole operazioni di liberazione al fine di comprenderne meglio l originale morfologia di alcuni elementi. I saggi autorizzati dall allora Soprintendente Francesco Valenti riguardavano in particolare una trifora e un portale nel chiostro, e una finestra all interno della chiesa 4. Immediato è il parallelismo con le indagini svolte sulla Badiazza presso Messina, con intento conoscitivo e attitudine analoghi, da Enrico Calandra, avviate già nel 1908 e nuovamente oggetto di riflessione proprio negli stessi anni in cui Caracciolo avviava i suoi studi su Baida 5. Il confronto diretto con il maestro nello svolgimento di questi ultimi è per altro testimoniato da alcune lettere 6. Del resto, il ruolo di guida avuto da Calandra per lo sviluppo degli studi sull architettura storica in Sicilia, da parte di un nutrito gruppo di allievi, è in più occasioni ribadito dallo stesso Caracciolo. È il caso per esempio della recensione al libro di Giuseppe Spatrisano Architettura del Cinquecento a Palermo 7, pubblicata nel 1961 su L architettura. Cronache e storia 8 : Questo studio deriva dalle geniali intuizioni di Enrico Calandra che, attraverso la sua Breve storia dell architettura tenute nell introduzione di Roberto Calandra alla riedizione edita dal Rotary Club Palermo (Palermo, 2002, pp. 5-14). 3 In conclusione dell analisi condotta sul complesso di Baida, il quadro storiografico tracciato da Caracciolo per il coevo contesto regionale (rispetto al quale l opera risulterebbe comunque sostanzialmente estranea) coincide infatti con la visione che dell architettura del Trecento in Sicilia forniva parallelamente Calandra. Cfr. E. Calandra (1938), Breve storia dell architettura in Sicilia, Laterza, Bari, qui cit. dall ed. Testo & Immagine, Torino, 1996, pp R. Calandra, Introduzione, in E. Caracciolo, La Chiesa e il Convento, cit., p Nell Archivio Calandra è custodito infatti un dattiloscritto dedicato alla Badiazza datato 1933, recentemente trascritto e pubblicato in P. Barbera, M. Iannello (a cura di) (2010), Enrico Calandra. Scritti di Architettura, Edizioni Salvare Palermo, Palermo, pp In merito si rimanda al contributo di Paola Barbera in questo volume. 7 G. Spatrisano (1961), Architettura del Cinquecento in Palermo, S.F. Flaccovio, Palermo. 8 Architettura del Cinquecento in Palermo di Giuseppe Spatrisano, L architettura. Cronache e storia, 71, 1961, pp

143 in Sicilia e più ancora attraverso gli entusiasti contatti personali, è stato maestro a tutti noi. Dall incitamento del Calandra è sorta tutta una serie di studi particolari del Cardella, dell Epifanio, dello Ziino e dello stesso Spatrisano. Dalla stessa recensione e da un altra pubblicata pochi anni prima, nel 1956, facendo il punto su Recenti studi sull architettura Medioevale in Sicilia 9, si ricavano anche altri mentori d eccellenza, da un quasi scontato tributo a Bruno Zevi, a sintetici quanto espliciti rimandi alla visione storiografica di Benedetto Croce nella sua Storia del Regno di Napoli, e per lo specifico ambito isolano alla lettura storica di Antonio De Stefano 10 e a quella relativa alla cultura figurativa di Stefano Bottari 11. Tra gli studi medievali particolarmente interessanti risultano poi gli scritti dedicati a Erice, soggetto privilegiato, sul quale Caracciolo torna in diversi momenti del suo iter di studioso. Erice appare infatti un eccezionale campo d osservazione per la decodifica dei fenomeni che interessano l architettura siciliana tra il Medioevo e il principio dell età moderna. In una lettera a Calandra datata 30 giugno 1941 Caracciolo scrive 12 : I monumenti ericini sono in ottimo stato di conservazione e datati in maniera inoppugnabile. Erice è un po, secondo me, come il blocco di ghiaccio che ci conserva il cadavere intatto d un animale scomparso dalla faccia della terra, perciò, se anche oggi essa ci presenta ombra delle moderne correnti, riveste, nondimeno, secondo me, interesse scientifico non indifferente. E infatti Erice è utilizzata dal nostro come paradigma per formulare una più ampia visione storiografica e una proposta di metodo, che si inserisce all interno di un dibattito nazionale sulla didattica. Mi riferisco in particolare a due scritti: Edilizia ericina (1939) e Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice (1950). Nel primo l esame dell edilizia ericina offre lo spunto per una riflessione a più ampio raggio sulla questione delle persistenze e della continuità nell architettura siciliana, spiegate principalmente attraverso l appartenenza a una cultura architettonica mediterranea, indissolubilmente legata a specifiche condizioni sociali e climatiche. La chiave di lettura individuata per comprendere quindi, non soltanto i caratteri dell edilizia trecentesca ericina, ma anche l architettura di età aragonese e dell intera età moderna in Sicilia, è cioè quella della persistenza di una tradizione mediterranea, che affonda le 9 Recenti studi sull architettura medioevale in Sicilia, L architettura. Cronache e storia, 5, 1956, pp A. De Stefano (1932), La cultura in Sicilia nel periodo normanno, in Il regno normanno, Principato, Messina; A. De Stefano (1950), La cultura alla corte di Federico II Imperatore, Zanichelli, Bologna. 11 S. Bottari (1954), La cultura figurativa in Sicilia, D Anna, Messina. 12 Ringrazio Paola Barbera per la segnalazione. 141

144 radici nell età antica (più precisamente nel mondo romano), sopravvissuta nella caratteristica maniera di plasmare le forme architettoniche e di compenetrare gli spazi in senso verticale; tradizione che si ripropone a più ondate, arginando l influenza di quell opposta tendenza che ha generato invece nelle più caratteristiche costruzioni continentali europee un prevalente senso di compenetrazione degli spazi nel senso orizzontale. Il riferimento è in particolare all architettura gotica, che definisce la più esplicitamente europea e dalla quale proverrebbero levità di forme, composizioni plurimateriali, profondamente anti-mediterraneee e decorativismo, con influenze che a suo giudizio si protraggono fino all età contemporanea e all opera di grandi maestri come Mendelshon, Gropius e Le Corbusier. Quest ultimo passaggio ci consente di anticipare una questione sulla quale torneremo più avanti, e cioè l attitudine di Caracciolo a uno sguardo trasversale sulla storia che nell osservazione di fenomeni del passato anche remoto ricerca costantemente eventuali riflessi sul presente. Nel secondo scritto ericino citato, l approccio già presente nel primo testo diventa una dimostrazione pratica di metodo, come spiega l eloquente sottotitolo Proposta di scheda per la Storia dell Urbanistica. Lo studio prende le mosse dalla storia dell agglomerato edilizio e dell ambiente umano e della tecnica delle costruzioni, per approdare infine all analisi dell architettura. Nella premessa Caracciolo stesso ancora questa proposta a un dibattito sviluppatosi all interno di un convegno fra docenti delle facoltà di architettura, svoltosi a Firenze nel 1949, che appare ancora oggi di straordinaria attualità. Dal convegno era nata infatti la proposta di staccare dal corso di Urbanistica l insegnamento della Storia dell urbanistica inserendolo in quello di Storia dell architettura, generando una conseguente riflessione metodologica, da Caracciolo esplicitata attraverso il prediletto esempio ericino 13. Nel più ristretto numero di scritti dedicati alla prima età moderna, i temi della continuità e della consonanza con ambiti spagnoli stanno alla base delle riflessioni e dei quesiti storiografici affrontati da Caracciolo, interrogandosi in particolare su radici comuni, possibili effetti di vicende storiche analoghe e parallele sull insorgenza di caratteri e soluzioni apparentabili o ancora sulla biunivocità degli scambi e delle influenze tra Sicilia e penisola iberica 14, 13 La Premessa in esame riassume i contenuti di una memoria sul tema presentata da Caracciolo al Sesto congresso nazionale di Storia dell architettura, i cui atti non furono pubblicati. E. Caracciolo (1950), Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice, Scuola Tip. Boccone del Povero, Palermo, pp In merito si vedano in particolare gli scritti: E. Caracciolo (1948), Influenze musulmane nell arte della penisola iberica, Scienza e umanità, III, 3, luglio-sett, pp. 9-18; E. Caracciolo (1953), Rapporto tra l architettura spagnola e quella siciliana, in Mostra delle 142

145 in controtendenza rispetto a letture storiografiche che vedono la Sicilia solo come luogo di ricezione e rielaborazione di influenze esterne, ma mai esportatrice a sua volta di caratteri e soluzioni architettoniche. In più occasioni Caracciolo affianca ai suoi ragionamenti la segnalazione di nodi irrisolti e vuoti storiografici esistenti, ma anche di specifici soggetti da approfondire, aprendo così nuove prospettive di ricerca e dimostrando ancora di aver fatto proprio l esempio di Calandra, da lui stesso in più occasioni elogiato proprio per quella capacità di invogliare e indirizzare allo studio, come scrive in una recensione alla Breve storia dell Architettura in Sicilia di cui apprezza: quel preciso carattere di avviamento allo studio che mi sembra essere uno dei più grandi pregi del volume di cui parliamo 15. Proprio questa volontà programmatica di aprire nuove prospettive di ricerca è dichiarata da Caracciolo in apertura alla relazione presentata al VII congresso nazionale di Storia dell architettura del 1950, intitolata L architettura dell Ottocento in Sicilia 16, forse il più innovativo e importante contributo di Caracciolo alla conoscenza della storia dell architettura in Sicilia. In un quadro di sintesi che spazia dall avvento del Neoclassicismo alla figura di Ernesto Basile, condotto in larga misura seguendo un metodo biografico, Caracciolo individua tre distinti periodi e i rispettivi protagonisti, figure chiave dei successivi momenti di avanguardia. Interrogativi e finalità che stanno alla base di questo studio sono chiaramente enunciati in premessa. Dopo aver constatato come la storia dell architettura dell Ottocento fosse la più trascurata, Caracciolo scrive: Lo studio dell architettura dell Ottocento e moderna tende a creare quella continuità attraverso la quale il concetto operante della storia, nel suo dialettico divenire, supera ed elimina il concetto, ormai deteriore, di tradizione. La riflessione sulla contemporaneità nei suoi scritti, non si limita a questa ricerca delle sue radici nel contesto siciliano, ma trova significativa espressione anche in altri contributi che a questa stessa volontà di guardare a ritroso, all inizio della vicenda, abbinano un opposta tendenza a proiettarsi oltre, tradizioni ispano-sicule, Tip. A. Priulla, Palermo; E. Caracciolo (1955), Elementi platereschi nell architettura trapanese del Cinquecento, Atti del V congresso nazionale di Storia dell architettura, Perugia 23 sett. 1948, Centro di studi per la Storia dell architettura, Roma, qui cit. dall ed. Noccioli, Firenze, 1957, pp E. Caracciolo (1939), Su una Breve storia dell architettura in Sicilia di Enrico Calandra, Problemi mediterranei, XVI, 11-12, nov.-dic., pp Relativamente ai protagonisti dell architettura dell Ottocento in Sicilia, Caracciolo aveva già segnalato in particolare l assenza di uno studio monografico su Giuseppe Damiani Almeyda (E. Caracciolo, 1940, La mostra di architettura nel ciclo delle celebrazioni dei grandi siciliani dell anno XVII, Problemi mediterranei, XVII, 1-2, p. 8). 143

146 a ricondurre i ragionamento su vicende di un passato recente al dibattito contemporaneo, con quell attitudine a una visione trasversale cui abbiamo già accennato. Così un articolo intitolato Bauhaus 17, che ripercorre l intera storia della scuola, a partire dalle sue premesse, si conclude con un incursione nel polemico dibattito, allora di attualità, relativo all esistenza o meno di una netta distinzione tra architettura americana e architettura europea. In merito scrive Caracciolo: Non esiste un architettura americana come non esiste un architettura europea. Esiste l architettura ; e all accusa mossa alla seconda di avere dimenticato l uomo ribatte rammentando la centralità del modulo umano nelle creazioni del Bauhaus e di Gropius. La preferenza accordata a quest ultimo rispetto ad altri grandi maestri europei, in particolare Le Corbusier, risulta evidente. Walter Gropius appare il più umano fra tanti eroi scriverà ancora nel 1961, nella risposta alle 6 domande su Casabella 18, ridimensionando in parte, tuttavia, il giudizio espresso in precedenza sulla didattica del Bauhaus. Certo l uomo è al centro di quell insegnamento e di quella progettistica; ma è ancora un uomo illuministicamente astratto e non esistenzialisticamente concreto. Ancora un oggetto fra tanti oggetti, dal cucchiaio alla città, non il soggetto determinante. Nell articolo Interpretazioni dell opera di Augusto Perret (1955) 19, con un apprezzabile cautela commenta le letture proposte per questo pioniere della modernità da Bruno Zevi ed Ernesto Nathan Rogers. La questione della moralità, riconosciuta all opera dell architetto francese soprattutto da Rogers, diventa ancora una volta lo spunto per una riflessione sul presente e l occasione per un monito contro l atteggiamento di talune altre ben accomodanti personalità che orgiasticamente si adagiano nelle attuali esigenze professionali 20. In conclusione di questa panoramica, appare fondamentale un ulteriore precisazione. Isolare la storia dell architettura negli scritti di Edoardo Caracciolo comporta in molti casi una certa astrazione, dal momento che ciò che forse maggiormente caratterizza l approccio dimostrato dal nostro è la multidisciplinarietà dell indagine conoscitiva, così come dell approccio critico e, in definitiva della narrazione. Così negli scritti dedicati più esplicita- 17 E. Caracciolo (1945), Bauhaus, Accademia. Rivista italiana di lettere arti scienze, I, 9-10, sett.-ott., pp Architettura italiana. 6 domande, Casabella-Continuità, 251, maggio 1961, p. 13. Per una complessiva riflessione critica sulla risposta di Caracciolo ai 6 quesiti si veda il contributo di Marcello Panzarella in questo volume. 19 E. Caracciolo (1955), Interpretazioni dell opera di Augusto Perret, Casa nostra, V, 6-9, giugno-sett., pp Il riferimento è in particolare all ambiente milanese. 144

147 mente all architettura si riscontra comunque un attenzione al contesto urbano e all ambiente umano; viceversa, gli studi più propriamente indirizzati all indagine della storia urbana sono comunque costellati, con improvvisi salti di scala, da puntuali osservazioni sull architettura, riflettendosi in ciò la stessa impostazione concepita da Caracciolo per la didattica con riferimento agli insegnamenti storici, come dimostrano queste eloquenti parole: Non sono più ammissibili, oggi, confusioni fra i fatti artistici e quelli che tali non sono; tuttavia penso che tali precisazioni non autorizzino la suddivisione della Storia dell Architettura in tanti insegnamenti speciali [ ] e ciò per pure considerazioni didattiche in funzione della personalità del futuro architetto. [...] Mi sembra; quindi, di somma importanza far vedere al discente, fin dall inizio, la grande complessità del problema nella sua interezza [ ] Il puro problema dell arte, come tale, unica realtà per il critico, diviene astrazione nel campo della formazione professionale dell architetto, qualora lo svelliamo da quello insieme di fatti diversi che costituiscono la vita nella sua concretezza E. Caracciolo, Ambienti edilizi, cit., pp

148 18. Critica, teoria, progetto, architetture e concorsi di Matteo Iannello La scomparsa di Edoardo Caracciolo, avvenuta a Palermo il 14 aprile 1962, ha privato l urbanistica italiana di una delle figure intellettualmente più rappresentative e umanamente impegnate. Aveva solo 55 anni. Non ha redatto piani regolatori di eccezionale rilievo; gli edifici da lui progettati sono modesti ancorché significativi; i suoi studi storici sono numerosi, ma non varcano i confini della cultura siciliana. Perché dunque Caracciolo occupava una posizione unica nel quadro architettonico italiano e appare, senza retorica insostituibile? Inizia con questo interrogativo il ricordo che Bruno Zevi 1 dedica a Edoardo Caracciolo nelle sue Cronache di architettura, un contributo che fin dal titolo ( Edoardo Caracciolo, archeologo del continente siculo ) denuncia le problematiche e le peculiarità che a un primo e superficiale approccio con la figura dell architetto siciliano emergono quasi in stridente contrasto. Caratteristiche e peculiarità che ne caratterizzano l intero percorso umano, professionale e di ricerca. Fugando ogni dubbio, è bene precisare fin da subito che l attività progettuale, finalizzata al costruire architettura, non rappresenta certamente per Caracciolo una priorità. Se si tiene a mente l anno della laurea (1930) e si guarda a quella del suo primo progetto (data al 1934 il concorso per il piano regolatore di Monreale ma è del 1938 il progetto per un centro minerario in provincia di Enna, del 1939 il Borgo Gattuso e, addirittura del 1940, il quartiere operaio per 100 famiglie e il Magazzino per l industria degli agrumi) si vede come lo scarto sia talmente consistente rispetto a quanto avviene per la quasi totalità dei suoi coetanei, da far supporre come ben altri siano gli interessi che orientano fin da subito il percorso e le scelte del giovane Caracciolo. Un interesse per la storia dell architettura e per l urbanistica, per la dimensione umana e le problematiche sociali dell architettura. 1 B. Zevi (1971), Edoardo Caracciolo, archeologo del continente siculo, in Cronache di architettura, , vol. IV, Universale Laterza, Bari, pp

149 Già Maria Accascina 2, recensendo nel luglio del 1940 su Architettura, la rivista del Sindacato nazionale fascista architetti diretta da Marcello Piacentini, le Mostre retrospettiva e sindacale di architettura di Palermo aveva posto l accento su questa pluralità di interessi che segnano l operato di Caracciolo. Nel gruppo palermitano prende posto, con una simpatica attività di urbanista, di studioso, di architetto, Edoardo Caracciolo, il quale presenta appunto un progetto per la sistemazione edilizia di Erice per trasformarla in un centro di turismo mediterraneo traendo vantaggio dalla sua straordinaria bellezza panoramica, un Progetto per cento case popolarissime e per una Chiesetta francescana, un Progetto per magazzino di agrumi eseguito con l architetto Averna. Fig. 1 Progetto di magazzino per l industria degli agrumi (1940) In realtà data al 1934 il primo progetto d architettura, uno studio per Case a blocchi (un complesso di dieci piani per complessivi 240 posti letto) la cui struttura architettonica una pianta ad H con il corpo scala e il ballatoio aperto che disimpegna gli accessi, in posizione baricentrica è regolata dalla combinazione (ruotata alternativamente di 90 gradi a ciascun piano) dei moduli abitativi tipo uniti tra loro da un sistema filtrante di logge. Se si escludono i numerosi concorsi urbanistici (Monreale, Rieti, Erice, Pomezia, Palermo) che caratterizzano la prima attività professionale, il primo importante incarico è il progetto per il Borgo Gattuso presso la stazione di Xirbi in provincia di Caltanissetta, la cui costruzione all interno del programma voluto da Mussolini, per la colonizzazione del latifondo siciliano e promossa dall Ente di colonizzazione diretto da Mazzocchi Alemanni sarà già completata, insieme ad altri sette borghi, nel dicembre del Il progetto del borgo diviene per Caracciolo il pretesto per immaginare un intervento organico per l intero territorio agricolo siciliano con fabbricati colonici sparsi fra il verde, ai vertici di un ideale maglia di 500 m di lato. 2 M. Accascina (1940), Le mostre di architettura retrospettiva e sindacale di architettura a Palermo, Architettura, luglio, pp Nel 1941 lo stesso Caracciolo elaborerà un progetto per l ampliamento del borgo poi rimasto sulla carta. 147

150 L impianto è impostato secondo un percorso lineare scandito funzionalmente in tre parti: commerciale (la prima), politica (la seconda) e religiosa (l ultima). Fig. 2 Borgo Gattuso, planimetria e vista prospettica (1940) La chiesa, fuori asse rispetto all asse di attraversamento del borgo, è un edificio a pianta circolare, un elemento quasi turrito che domina il paesaggio, posto in cima a un lieve pendio a conclusione di quello che diviene una sorte di percorso ascensionale. Prevalgono, scrive Maria Accascina 4, le pareti piene, le scarse finestre, i recinti chiusi che separano l intimità della famiglia dalla strada: le soluzioni ambientali sono facili e piane; le decorazioni minime formate da un semplice aggetto di tegole e da qualche mattonella maiolicata infissa isolatamente sulle pareti, il cromatismo accentuato con rossi e verdi interrotto a volte con improvvisi candori di calcina. Tutto è in ubbidienza alla tradizione mediterranea insulare: materiale costruttivo, forme, colori. 4 M. Accascina (1941), Borghi di Sicilia, Architettura, maggio, pp

151 Fig. 3 Palace Hotel a Mondello, vista prospettica e veduta del prospetto lato mare ( ) Un istintiva aderenza alle espressioni minime dell edilizia rurale siciliana già in nuce negli studi sul paesaggio e sull edilizia Ericina portati avanti da Caracciolo, in parte presentati grazie al lavoro fatto da un gruppo di studenti (Ajroldi, Indovina, Lanza, Rini e Marino), in occasione della mostra sull Architettura rurale italiana curata da Giuseppe Pagano e Guarnier Daniel nell ambito della VI Triennale di Milano del Quel Giuseppe Pagano mai conosciuto personalmente ma che Caracciolo segue con ammirazione, un riferimento intellettuale e professionale al punto da ricordarlo, in una commemorazione comparsa nell ottobre del 1945 sulle pagine di Accademia come un uomo superbamente libero e un intellettuale puro, vero e proprio maestro 5. p E. Caracciolo (1945), L architetto Giuseppe Pagano, Accademia, settembre-ottobre, 149

152 Fig. 4 Progetto per la Facoltà di Agraria padiglione C a Villa d Orleans, Fig. 5 Edificio per la Cooperativa Iter Nostrum, 1955 Le indagini e gli studi sull architettura minore, sul paesaggio urbano e rurale si intrecciano con quelli sull edilizia economica e popolare, riflessioni sugli aspetti funzionali e tipologici (rapporto tra spazi aperti e chiusi, zone verdi e soleggiamento) per ipotizzare una serie possibile di modificazioni da porre a base delle nuove architetture tenendo insieme istanze tecniche, economiche e sociali. Per avere finalmente prova delle capacità di Caracciolo architetto progettista, bisognerà attendere il 1949 e il progetto dell Hotel Palace sul lungo mare di Mondello. Il progetto pubblicato con commento di Giuseppa Sa- 150

153 monà sul primo numero della rivista L Architettura. Cronache e storia 6 travalica l aspetto prettamente funzionale per definire un processo, o meglio una metodologia operativa, che fa dell architettura l approfondimento di un più ampio e radicato progetto urbano. Un blocco lineare, asciutto, colto e privo di spunti folkloristici, si incurva leggermente per seguire l andamento della linea di costa. Lungo la via Principe di Scalea, un articolata pensilina si ammorsa al corpo di fabbrica rettilineo, marcando l ingresso alla grande hall. L assenza di inutili divagazioni formali, la chiara impostazione planimetrica, con le camere tutte rivolte verso il mare, e la ricerca di una continua compenetrazione tra interno ed esterno nel tentativo di saldare architettura e paesaggio, si traduce nella differenziata articolazione dei prospetti principali. Il progetto per il Palace può considerarsi un unicum nell intera produzione architettonica, ideato e concepito nella sua struttura spaziale unicamente da Caracciolo che ha modo, per la prima volta di far vedere, con un pezzo d impegno, i caratteri della sua poetica. I progetti redatti da questa data in avanti vedono lavorare Caracciolo in gruppo, al fianco di colleghi, come nel caso del gruppo AIR (Architetti e ingegneri riuniti) di cui è anche presidente, o insieme a giovani allievi che lo affiancano nella didattica e nella professione (Gianni Pirrone e Antonio Bonafede su tutti). Del 1950 è il concorso appalto (promosso dall AIR) per il Palazzo del comando aereonautico della Sicilia, in gruppo con Pirrone e, nello stesso anno, il progetto per il quartiere Zisa-Quattro Camere nel quadro degli interventi INA Casa (1 settenio) a Palermo, di cui Edoardo Caracciolo disegna il piano urbanistico affidando il progetto delle residenze a due gruppi coordinati rispettivamente dallo stesso Caracciolo e da Gianni Pirrone. Scrive Caracciolo 7 : Sono stati previsti tipi edilizi prevalentemente lineari, generalmente a tre piani, salvo qualche elemento a cinque piani (con ascensore) e qualche elemento su due piani (case duplex per artigiani). Sono stati abbandonati i rigidi allineamenti e parallellismi, cari alla poetica razionalista, che chiudeva ogni forma nell aberrante e inumana astrattezza geometrica e insisteva nella ripetizione di un ritmo continuo. Sfruttando a volte il soleggiamento equivalente (stanze utili a est e a nord) e a volte quello prevalente (stanze utili a sud) gli elementi compositivi lineari sono stati variamente mossi allo scopo di ottenere i seguenti risultati: 1) distinguere lo spazio, esterno alle abitazioni o spazio urbanistico, in due parti; l una pubblica, nella quale passano le strade; l altra comune a un certo numero 6 G. Samonà (1955), Albergo a Mondello, L architettura. Cronache e storia, 1 maggio-giugno. 7 E. Caracciolo (1951), Il quartiere Zisa-Quattro Camere, Casa nostra,

154 di abitanti, defilata rispetto agli spazi pubblici, tale da permettere una certa vita all aperto, vicino alla casa (passeggiate in carrozzella per i bimbi più piccoli e sedili per le mamme, gioco dei bambini più grandicelli ecc.). Non sarà escluso l orto privato; 2) ottenere che sia attenuata la cosiddetta servitù del vicino. Nei corpi rigidamente paralleli del sistema razionalistico, ogni finestra ne aveva di fronte un altra e gli sguardi del vicino esploravano tutta la tua stanza. Nella nuova e organica impostazione del problema, tale grave inconveniente è attenuato di molto; 3) creare una composizione urbanistica continuamente variabile. Sostanzialmente si tratta di concetti nuovi, sviluppatisi nell ambito della cultura scandinava e anglosassone, che nettamente si contrappone a quella cartesiana, francese. L attività professionale legata alla realizzazione dei nuovi quartieri di edilizia sovvenzionata vede un attiva partecipazione di Caracciolo, spesso in qualità di capogruppo e coordinatore, impegnato, non tanto nella progettazione architettonica delle singole unità, quanto piuttosto nella messa a punto del progetto urbanistico come strumento normativo per gli aspetti funzionali, tipologici, sociali. Fanno parte di questo contesto il quartiere Cucinotta a Catania, il piano urbanistico del quartiere Borgo Nuovo e CEP a Palermo. Diverse invece le istanze che stanno dietro al progetto per il Nucleo residenziale sperimentale del Comitato edilizio produttività a Borgo Ulivia ( ; con Giuseppe Samonà, Roberto Calandra e Antonio Bonafede). Il progetto è parte di un più ampio programma residenziale realizzato in quattro tempi successivi sulla scorta di un piano urbanistico generale. Il quartiere è strutturato secondo lo schema strada-nucleo casa nel verde formando un sistema urbano riconoscibile e autosufficiente: non è l espressione strettamente architettonica scrive Samonà 8 che conta in questi casi, ma soprattutto l impostazione dei concetti di struttura urbana che, se tutti coerenti, si avvantaggiano anzi delle differenze del gusto dell architettura. Il nucleo è composto da edifici a tre e quattro piani con botteghe e negozi a piano terra, allineati lungo le strade, e da un asilo nido. La struttura è stata tipificata in elementi Scala-alloggi-servizi che si ripetono secondo moduli identici permettendo una grande flessibilità delle superfici utili interne. Per la costruzione è stato appositamente progettato e realizzato un mattone semipieno in laterizio forato che avrebbe dovuto caratterizzare l intero impaginato compositivo dei prospetti scandito dal sistema trave-pilastro in cemento 8 Nucleo residenziale Borgo Ulivia , in M. Iannello, G. Scolaro (2009), Palermo. Guida all architettura del 900, Salvare Palermo, Palermo, p

155 armato lasciato a vista e sormontato dal coronamento semipieno del tetto piano con gli stenditoi. Fig. 6 Nucleo residenziale della produttività a Borgo Ulivia, Se il sodalizio con Giuseppe Samonà e Roberto Calandra 9 è ancor prima umano che professionale quello con Antonio Bonafede e Gianni Pirrone legato al rapporto maestro-allievo, è altrettanto profondo. Dentro e fuori e la scuola, nei due giovani allievi Caracciolo individua i possibili eredi di un filone di ricerca storico, urbanistico e architettonico allo stesso tempo. Con loro partecipa al concorso nazionale urbanistico-edilizio, bandito nel 1952 dal Fondo incremento edilizio, con un progetto di un quartiere residenziale a est di Palermo. Il progetto, vincitore del concorso, prevedeva un sistema di case a nastro ottenute con l accostamento di due appartamenti tipo (4 e 5 vani) che congiunti a incastro permettono soluzioni plastiche svariatissime. Degli stessi anni Cinquanta (1954) è un altro importante concorso nazionale, si tratta del progetto per il Palazzo della Regione Sicilia a Palermo redatto da un gruppo assai eterogeneo di architetti (Ajroldi, Arcara, Bonafede, Borghese, Maria e Roberto Calandra, Mazzullo, Pirrone) 10. L articolazione delle masse, dettata dalla volontà di non creare un fronte compatto e chiuso sulla piazza Castelnuovo, permette di aprire dalla piazza e dal teatro Politeama, la vista delle montagne. Un progetto in cui, come ricordano sia Roberto Calandra sia Gianni Pirrone, Caracciolo emerge come protagonista. Il ruolo di Caracciolo come critico problematico delle altrui proposte è centrale, come giustamente sottolinea Calandra, se si vuole mettere meglio a fuoco quello che è stato il suo contributo legato al fare architettura. 9 Si veda in proposito: R. Calandra (1987), La scuola di Edoardo Caracciolo fino al PRG di Palermo, in C. Ajroldi (a cura di), Palermo tra storia e progetto, Roma, pp G. Samonà (1955), Albergo a Mondello, L architettura. Cronache e storia, 1 maggio-giugno, pp

156 Fig. 7 Concorso per il Palazzo della Regione Sicilia a Palermo, 1954 I suoi disegni d architettura, scarni, essenziali, a filo di ferro, servono a tradurre graficamente un idea progettuale che è assai distante per certi versi da quella della bella architettura, disegnata e assai risolta nel dettaglio di un singolo oggetto. Ogni progetto, financo il più piccolo, va sempre inteso come parte di un più ampio progetto urbano, non un oggetto architettonico in sé compiuto ma un elemento in dialogo con il contesto costruito sia esso naturale sia artificiale. Fig. 8 Progetto per la Casa dello studente a Villa d Orleans,

157 In questo contesto appaiono significativi i progetti per la Casa dello studente a Villa d Orleans (1957, con Salvatore Teresi), la Facoltà di Agraria ( ) il cui progetto per il padiglione C (del solo Caracciolo) non viene infine realizzato, e il progetto per il Villaggio dei pescatori a Trapani (1960, con Girlanda, Gulì, Inzerillo, Pirrone e Puletto) oltre ad alcuni, dimensionalmente più contenuti, per alcuni edifici residenziali da costruirsi a Palermo (significativi quelli lungo l asse della via marchese di Villabianca). Si tratta, per i primi, di lavori rimasti sulla carta, ma in cui è possibile cogliere tutta una serie di riferimenti e di rimandi a una cultura architettonica europea. Un rigore compositivo di grande efficacia espressiva, giocato nell articolazione dei volumi e nel sapiente impaginato prospettico delle superfici (Casa dello studente e corpo C Facoltà di Agraria). L influenza del bauhaus, sollecitata da Gianni Pirrone per il fronte posteriore dell Hotel Palace a Mondello, e le diverse suggestioni derivate dallo studio dell architettura scandinava contemporanea, spesso citata da Caracciolo, e ancora la lezione e talune architetture di Giuseppe Pagano quasi a voler chiudere un percorso che unisce tradizione e contemporaneo, storia e progetto. 155

158 19. Un disegno per Palermo. Il concorso per il Palazzo della Regione di Francesco Maggio Nel 1955 Edoardo Caracciolo partecipa, in gruppo con altri colleghi 1, al Concorso nazionale per il palazzo della Regione a Palermo da erigersi in Piazza Castelnuovo, di fronte al Teatro Politeama, uno dei più importanti monumenti del tardo Ottocento progettato da Giuseppe Damiani Almeyda. L Ente regionale riceverà, alla scadenza dei termini, nove proposte progettuali da altrettanti gruppi formati da vari professionisti e docenti italiani 2 ; considerato il tema prestigioso e l appetibilità di un eventuale realizzazione, la partecipazione non è certo da considerare essere stata numerosa. Gli esiti del concorso vedranno la proclamazione di un progetto vincitore e l assegnazione di otto premi ex aequo a tutti gli altri progetti classificatisi secondi. Il tema progettuale, pur se affrontato dai vari progettisti con estremo rigore, ha provocato in un primo momento non poche incertezze e successivamente altrettante polemiche; già Giuseppe Vaccaro, componente della commissione giudicatrice, nel presentare i risultati del concorso nelle pagine de L architettura. Cronache e storia diretta da Bruno Zevi, scrisse: altra considerazione sull impostazione di questo concorso: è ragionevole ubicare un grande organismo, che implica grossi problemi di traffico e di auto-parcheggio, nel cuore di una vecchia città, o non dovrebbe piuttosto costituire esso stesso il fulcro di un espansione urbana, concepito in piena libertà nel 1 Il progetto venne redatto, oltre che da Edoardo Caracciolo, da Pietro Ajroldi (capogruppo), Isidoro Arcara, Antonio Bonafede, Pier Francesco Borghese, Maria Calandra, Roberto Calandra, Enrico Mazzullo e Giovanni Pirrone. 2 I nove gruppi erano così composti: 1) Bettoni, Keller, A. La Padula, E. La Padula, Romano, Baggio, 2) Cascio, Fiocchi, Tarpino, 3) Rebecchini, Benedetti, 4) Del Bufalo, Biuso, Granone, Incorpora, 5) Di Maria, 6) Ajroldi, Arcara, Bonafede, Borghese, M. Calandra, R. Calandra, Caracciolo, Mazzullo, Pirrone, 7) Colajanni, Fatta, Gagliardo, Mannino, Saladino, Valenti, 8) G. Rapisardi, E. Rapisardi, 9) G.V. Ugo, V. Ugo. 156

159 quadro urbanistico generale? A mio parere la risposta è ovvia; ma l argomento non poteva essere oggetto di discussione da parte della Commissione Giudicatrice che era chiamata a vagliare il concorso nei termini in cui era stato bandito 3. I risentimenti sull operazione politica siciliana attuata attraverso il meccanismo del concorso saranno vivi sino al 1965, anno in cui Gianni Pirrone, allora giovane componente del gruppo di progettazione insieme a Caracciolo, scrive, ammonendo in modo non velato 4 il giudizio della commissione, che il nuovo organismo regionale, anziché esercitare una programmata azione stimolatrice e qualificante anche nei riguardi della classe professionale locale, operando in un vasto territorio con problemi depressivi economici e sperequazioni di reddito con il Nord ancora oggi, dopo vent anni, in aumento, si perde nell anonimato dei provvedimenti generici, quasi sempre culturalmente squalificati e generalmente tendenti alla polverizzazione degli investimenti cui spesso contribuiscono determinanti elettorali. L istanza stimolatrice per una pianificazione urbanistica regionale, svolta prima della sezione siciliana dell APAO, e successivamente e intensamente da quella dell INU, sembra in un primo tempo trovare favore presso alcuni ambienti tecnico-politici. Nel 1952 la Sicilia è presente al IV Congresso nazionale di urbanistica di Venezia con tutta una serie di indagini preliminari alla pianificazione regionale e, nello stesso anno, all Assemblea regionale viene presentato un disegno di legge urbanistica prevedente, fra l altro, la formazione di un piano regionale. Ma la legge viene insabbiata e quanto all attività urbanistica la Regione sembra preferire la ricerca di un prestigio esteriore attraverso il bando di concorso del 1955 per un nuovo palazzo della Regione Siciliana a Palermo. Ancora una volta, come già avvenuto nel concorso del 1948 per la sistemazione del rione Villarosa, in un concorso per un edificio sbagliato in un posto sbagliato, le migliori formazioni locali devono cedere il passo a un conformismo architettonico d oltre stretto. E se questa volta il progetto vincitore non viene realizzato l inerzia dell amministrazione regionale ha 3 G. Vaccaro (1955), Concorso nazionale per il palazzo della Regione a Palermo, L architettura. Cronache e storia, 4, p La schiettezza di Gianni Pirrone è stata, per molti anni, sempre celata attraverso altre, inutili, parole. Con la stessa schiettezza però Jeanne Pirrone nel delineare la figura del marito scrive, a ragione, che è stato accusato di intolleranza, di esprimersi con un certo eccesso di franchezza, di ostentare una certa baldanza, e per tutti questi motivi era a priori antipatico. Cfr. J. Pirrone (2009), Solitudine, prezzo del rigore, in Nel paese dell infanzia, Armenio, Brolo (ME), p

160 coinvolto fortunatamente anche le iniziative sbagliate non altrettanto può dirsi purtroppo dei risultati del concorso precedente 5. Pirrone stesso, nel 1994, trentanove anni dopo, afferma che Edoardo Caracciolo, pur se caratterialmente estraneo a volere essere protagonista, è stata la figura preminente all interno del gruppo di progettazione partecipante al concorso 6. Schietto, ma forse inconsapevole, Gianni Pirrone fornisce alla storia la vera chiave di lettura di un modo di operare di Caracciolo e, in maniera netta e precisa, afferma, con estremo candore, che all interno del gruppo di progettazione il ruolo del suo maestro 7 è stato assolutamente determinante. Di fatto è possibile ascrivere il progetto allo stesso Caracciolo superando gli annosi problemi dell attribuzione; in tal senso è utilissimo fare riferimento alla riflessione di Vittorio Magnago Lampugnani che, parlando del disegno di architettura, afferma che in riferimento al contesto anche il problema della firma di autenticazione risulta sdrammatizzato [ ] Ma che un disegno sia stato eseguito proprio personalmente dal maestro oppure, secondo le sue istruzioni, da un collaboratore (usanza comune anche nei piccoli studi) è di interesse meramente filologico. D altronde, anche nelle botteghe del Cinquecento era consuetudine che i discepoli collaborassero a opere che poi, firmate dal maestro, a lui venivano attribuite in tutto e per tutto. è dunque a maggior ragione che per i disegni di architettura, nei quali la componente strumentale supera quella autonoma, l aspetto della firma possa e debba essere considerato con indulgenza 8. Giuseppe Vaccaro, nell illustrare gli esiti del concorso, dichiara che la scelta del progetto vincitore redatto dal gruppo Bettoni; Keller, A. La Padula, E. La Padula, Romano e Baggio è stata facile come raramente accade [ ] [perché essi] [ ] sono riusciti meglio di ogni altro concorrente a rendere semplice il complesso organismo funzionale e a tradurlo in una misurata e limpida composizione plastica 9. Lungi dal volere esprimere un ulteriore giudizio sugli esiti concorsuali dopo circa quarant anni è utile, ai fini di un percorso interpretativo, indicare 5 G. Pirrone (1965), Architettura del dopoguerra a Palermo, in AA.VV., Prima Triennale itinerante di architettura contemporanea, Edizioni Centro Proposte, Firenze, pp Cfr. F. Maggio (1997), A colloquio con Gianni Pirrone, in Il rilievo del moderno. Palermo. Architettura e città , Pezzino, Palermo, pp ; sta anche in M.L. Scozzola (2012), Gianni Pirrone. Disegni inediti di architettura, Aracne, Roma, pp Gli allievi più rappresentativi di Caracciolo sono stati Antonio Bonafede, Gianni Pirrone e Leonardo Urbani. 8 Cfr. Magnago Lampugnani (1982), La realtà dell immagine. Disegni di architettura nel ventesimo secolo, Edizioni di Comunità, Stoccarda, p G. Vaccaro, op. cit., pp

161 che lo stesso Vaccaro, sintetizzando una valutazione del progetto di Caracciolo, sottolinea che in esso è sensibile l influenza delle correnti di architettura moderna successive al razionalismo [ma che non si può] parlare di architettura organica. Si tratta sempre di suggestioni formali che si innestano sempre su una precedente formazione razionalistica, rappresentandone una sovrapposizione piuttosto che una fase evolutiva. Questo fenomeno è molto frequente nell attuale produzione architettonica italiana, che ne resta adombrata di provincialismo 10. Più che di suggestione formale si potrebbe timidamente affermare che il progetto di Caracciolo, oltre a essere l unico che relaziona la composizione con il paesaggio (fig. 1), è quello che cerca di connettere maggiormente l impianto volumetrico dell edificio con le caratteristiche della porzione di città nella quale esso sarebbe stato, forse un domani, costruito; in tal senso, confrontando i progetti partecipanti, si nota con evidenza che il gruppo Caracciolo pone l edificio alto come margine e definizione della via Paolo Paternostro, immediato prolungamento della via Emerico Amari, arteria principale che lega alla città il fronte del porto, approdo centrale di quel Teatro Marittimo che da Fondachello giungeva a Isola delle Femmine e che Caracciolo ha inteso come vero e proprio scenario della città e del suo territorio. Per approfondire gli aspetti del progetto è stato utile orientare il processo conoscitivo attraverso il ridisegno di esso, una sorta di mimesi, a ritroso, del processo compositivo. Il disegno, infatti, è uno degli strumenti della critica architettonica e, quando esso indaga un corpo architettonico in absentia, è un vero e proprio atto ermeneutico; questa considerazione permette di scacciare un antico equivoco di fondo per il quale il disegno di architettura è soltanto uno strumento inteso come semplice mezzo e non come qualcosa, affinata, usata per il raggiungimento di uno scopo. L attività del ridisegno, inoltre, non vuole invadere né il campo della storia dell architettura né il campo della storiografia della composizione architettonica ma indaga e attraversa, trasversalmente, le loro forti strutture per offrire ulteriori iconografie per le proprie parole. Il disegno-ridisegno si manifesta timido nell offrire il proprio contributo alla conoscenza dell architettura lasciando all interpretazione del muto segno grafico e alle necessarie parole, che spiegano la propria evoluzione-costruzione, il compito di rendere anche manifesta, in un certo senso, la propria autonomia disciplinare, trasversale o meno che sia. Il disegno digitale, per la sua estrema versatilità, è uno strumento utilissimo per l analisi grafica di progetti di architettura rimasti nel cassetto 10 Ivi, p

162 che, proprio per il loro essere incontaminati, risultano avere una maggiore espressività rispetto ai progetti realizzati spesso sviliti da compromessi dovuti a fattori esterni quali la committenza o l aspetto economico. Ma il disegno digitale non è l unico strumento, è uno fra i tanti; esso è compagno dello schizzo, dello schema, dell annotazione scritta, dell appunto veloce, tutte grafie necessarie al raggiungimento dello scopo. La costruzione del modello digitale appare la logica conseguenza per la verifica delle intenzioni di progetto non solo perché il modello contiene al proprio interno le espressioni del traduttore ma soprattutto perché, potendo essere navigabile anche nei suoi interstizi, permette di visualizzare tutti quei problemi che sarebbero sorti se quelle rappresentazioni si fossero concretizzate in un vero, reale, corpo architettonico. Il modello digitale è pertanto da intendersi come punto di partenza per l analisi grafica dell architettura e non esito finale; a esso, infatti, si associano altri grafici, talvolta non dedotti dal modello, utili alla comprensione/traduzione dell architettura. La costruzione del modello non è la costruzione di una semplice immagine, operazione che molto spesso viene condotta per la rappresentazione del progetto, ma è l esito ermeneutico e critico del disegno, tendente sostanzialmente all analisi della forma, il vero oggetto dell imitazione. Vittorio Ugo, in alcuni suoi illuminanti scritti, indica la rappresentazione come scrittura tecnica e concettuale che regola e gestisce il complesso rapporto tra gli ambiti eterogenei della teoria, della critica, dell estetica, della storia e delle cose dell architettura. D altra parte, la polisemia del termine rappresentazione è fonte di non poche ambiguità: se ne hanno almeno due diversi significati, che invece il tedesco distingue accuratamente: il primo, Darstellung, limita la rappresentazione al campo graficovisivo, certamente riduttivo rispetto alla tensione progettuale dello stesso termine disegno ; il secondo, Vorstellung, contiene invece una dimensione concettuale e teoretica, denota una rappresentazione in quanto esito dell elaborazione culturale e dell interpretazione del dato percettivo, quindi forma autentica di conoscenza. In sintesi, si può forse dire che la prima riguarda l immagine, mentre la seconda coglie la forma nella sua strutturazione profonda, nel suo essere costruita e nella sua dimensione storica V. Ugo (2004), μίμησιϛ mímēsis. Sulla critica della rappresentazione dell architettura, Libreria Clup, Milano, p. 7. Cfr. anche V. Ugo (2002, ristampa corretta), Fondamenti della rappresentazione architettonica, Società Editrice Esculapio, Bologna, pp

163 Le nuove rappresentazioni 12, prospettive, sezioni e sezioni prospettiche, prodotte a partire dagli elaborati grafici pubblicati su L architettura. Cronache e storia, non solo forniscono nuove immagini inedite del progetto che, pur se esiti di un processo interpretativo soggettivo, sono utili a nuove letture ma ci indicano un azione progettuale costituita dalla coesistenza di teoria e prassi nel processo compositivo di Edoardo Caracciolo, figura che riuniva in un unica visione l architettura, la città e il paesaggio. Ernesto Nathan Rogers, in una magistrale lezione tenuta al Politecnico di Milano, invitava gli studenti a leggere l opera di alcune personalità significative individuando il costante dualismo tra critica e azione. Noi cercheremo di presentare una sintesi attiva di queste conoscenze e di superare quel dualismo assurdo che è stato posto da F.L. Wright quando parlando col professor Giedion, il grande storico dell architettura moderna gli disse: Tutti e due ci occupiamo di storia; ma lei la scrive, io la faccio. Battuta molto spiritosa, ma sbagliata perché dissocia due fatti che se sono spesso distinti nelle persone (uno non può far tutto), non sono affatto distinti nella coscienza del problema di cui si tratta. Critica e azione sono due momenti dello stesso atto finalistico. Noi cercheremo con umiltà e senza la presunzione, che non possiamo avere, di F.L. Wright di capire che questa unità esiste e tenteremo di raggiungerla 13. L architettura e gli scritti di Edoardo Caracciolo sono patente testimonianza della presenza costante di quest unità nel suo pensiero. 12 Le immagini sono state prodotte da Giovanni Sciortino per la stesura della propria tesi di laurea Il concorso per il palazzo della Regione a Palermo, Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Architettura di Agrigento, a.a Relatore: prof. Francesco Maggio, correlatore, arch. Michele Piraneo. 13 E.N. Rogers (1964), Il senso della storia, presentazione del corso di Storia dell architettura moderna, Politecnico di Milano, a.a. 1964/1965; ora in E.N. Rogers (1999), Il senso della storia, Unicopli, Milano, p

164 Fig. 1 Concorso per il Palazzo della Regione a Palermo. Prospettiva a volo d uccello (1954) Fonte: tesi di laurea di G. Sciortino, Relatore F. Maggio Fig. 2 Concorso per il Palazzo della Regione a Palermo. Prospettive sul corpo della Presidenza. Ridisegno (2012). 162

165 Fonte: tesi di laurea di G. Sciortino, Relatore F. Maggio Fig. 3 Concorso per il Palazzo della Regione a Palermo. Prospettiva da Ovest. Ridisegno (2012) Fonte: tesi di laurea di G. Sciortino, Relatore F. Maggio Fig. 4 Concorso per il Palazzo della Regione a Palermo. Prospettiva da Est. Ridisegno (2012) 163

166 20. Il disegno sociale del piano di Ferdinando Trapani Questo contributo costituisce un tentativo di esplorazione dell opera di Caracciolo dal punto di vista della progettazione urbanistica per cogliere un insegnamento, una traccia di indirizzo o anche una sorta di ispirazione che abbiano interesse ancora oggi. L ipotesi di partenza di questa riflessione è che con Caracciolo si può parlare sia di disegno di piano che di disegno sociale del piano. La rappresentazione della realtà futura di un luogo, di una città o di un territorio per Caracciolo è causata dalla sua cultura del progetto radicata nella riflessione storica e nella sua padronanza della rappresentazione del piano. Nelle conclusioni ho cercato di far emergere la dimensione etica della scelta del progetto di piano rispetto alle necessità delle città siciliane di cui Caracciolo sembra farsi carico del loro perenne stato di arretratezza e degrado sociale. In Caracciolo i piani riflettono la tensione culturale degli anni trenta tutta impostata sulla questione della vecchia città e dell edilizia nuova (Giovannoni, 1931) e contemporaneamente sulla ricerca del rapporto tra città e campagna, sulla dimensione della città regione, come diceva Piccinato ricordando gli insegnamenti di Wright. Tali modelli insediativi trovano esempi di visioni organiche in piani-programma di estensione territoriale come per il piano della Greater London (1943) che era stato pensato grazie a modelli concettuali sviluppati in precedenza (Abercrombie, 1933). Nei due decenni tra la fine degli anni Venti e la fine dei Quaranta, l immagine del piano e la costellazione delle rappresentazioni del piano è trasformata completamente. Per Caracciolo il passaggio dal progetto di città al piano urbanistico vero e proprio fu graduale. Il suo approccio storico alla tecnica urbanistica significò l adopero di una chiave mediterranea più rivelatrice delle differenze strutturali rispetto ai modelli di piano continentali che ispiratrice di nuove estetiche urbane in chiave di forma urbana. Le differenze tra gli approcci dei piani sono profonde. Questa caratteristica è dichiarata nelle lezioni di Caracciolo. A proposito del diradamento e 164

167 del declassamento (sventramento): carattere comune delle due teorie [ ] è la sottovalutazione del problema sociale, la prassi originata dallo Hausmann si risolve in aspetti speculativi e aulico-rappresentativi, la teoria del diradamento sposta l attenzione sul problema culturale, ma entrambi i metodi miravano al riclassamento di una parte dell aggregato edilizio, e non affrontavano il problema dell abitato nel suo complesso. Il risanamento alla Haussmann, per mezzo della strada, caratterizza il primo periodo capitalistico, il metodo del diradamento si inserisce, insieme alle teorie dello Howard, nel secondo periodo capitalistico (Caracciolo, 1954, p. 80). La struttura originale dell urbanistica moderna per Caracciolo è legata alla vicenda della città giardino intorno a cui si sviluppano tutte le altre traiettorie di sperimentazione. All idea fondamentale della città giardino si riallaccia un filone di pensiero che ha all origine il biologo Huxley e dal quale discendono Patrick Geddes (biologo, sociologo e urbanista), Lewis Mumford, Catherine Bayer, Clarence Stein, Henry Wright e Gutkind. Sul piano dell operare pratico ricordiamo in Inghilterra Patrick Abercrombie e in America L. Sert (che tuttavia, posa il suo pensiero su basi ancora razionaliste) (ivi, p. 81). È in questo cerchio culturale che il progetto-disegno del piano si allarga alla dimensione del rapporto tra uomo e territorio in una chiave tutta sbilanciata sul primo: Forse lo slogan che meglio chiarisce le idee di questi studiosi si trova nella seguente definizione: Urbanistica è lo studio dell umanizzazione del paesaggio (questa definizione era già implicita nel trattato che l Unwin scriveva nel 1909) (ivi, p. 81). Caracciolo deve arrivare a una conclusione da manuale per i suoi studenti ma si impegna anche per una scuola da fondare ex novo in Sicilia. Caracciolo illustrerà in modo completo le modalità di intervento, che sarà di fondamentale importanza per comprendere gli approcci dei sui piani di ricostruzione in Sicilia (Trombino, 2001). Caracciolo commenta in modo conclusivo i maestri della pianificazione mondiale mettendo in stretto rapporto il disegno delle nuove periferie con il tema del risanamento dei centri storici in modo che il secondo dipenda o discenda dal primo. Atterriti dall inumanità delle grandi città macchiniste e industriali, essi chiesero fuori di esse la soluzione del problema, nel più ampio campo della pianificazione integrale (residenziale e produttiva) regionale e nazionale. Al concetto della città indiscriminata si sostituisce il concetto dei nuclei autonomi e autosufficienti, armonicamente collegati sul territorio. In altri termini essi pongono in primo piano la creazione dei nuovi ambienti, capaci di dare un più alto reddito e una più suadente vita alle popolazioni. Il problema del riclassamento e del risanamento rimane fatto successivo e conseguenziale (ivi, p. 82). Le scelte per il disegno delle nuove periferie, in prossimità o in lontananza dai nuclei 165

168 storici comprendono una visione per il disegno del piano che è (e resta) integrato e unitario. Con Caracciolo la città oggetto dell urbanistica è tutta la città, quella che comprende la nuova e l antica città insieme; le scelte che deve intraprendere l urbanista devono essere consapevoli e responsabili in una misura assolutamente nuova per il Paese e la Sicilia. Le decisioni dell urbanista saranno sagge se la sua visione della città sarà ampia e rivolta agli aspetti sociali di tutte le sue parti, senza che una sia prevalente rispetto alle altre. Questo è sorprendente per il contesto culturale siciliano: di fatto l allargamento dello sguardo dell urbanista a tutte le parti della città, supera il confinamento dell urbanistica come mera tecnica di intervento edilizio e costituisce il primo passo verso l interdisciplinarità spinta dalla rilevanza e urgenza della tematica sociale. Caracciolo era preoccupato delle sorti del popolo siciliano. Lo dimostrano varie occasioni di difesa e di cura delle specificità siciliane rispetto alle pressioni del cambiamento che invece esplodeva nelle aree continentali del primo dopoguerra. Diceva (Caracciolo, 1949, p. 13): Il popolo siciliano mangia e veste peggio e si diverte meno della media nazionale. È più malato e ignorante. Vive in ambienti edilizi e urbanistici spesso orrendi. Edoardo Caracciolo primo urbanista siciliano è stato il titolo scelto per una pubblicazione postuma per la sua imperitura memoria (Natoli, 1964). Non è questa la sede per precisare la differenza tra pianificazione dal basso e pianificazione partecipativa ma qui intendo parlare della prima tipologia, escludendo la seconda. Il motivo principale è che la seconda, la dimensione partecipativa del pianificare, appartiene a Danilo Dolci nel momento in cui egli stesso ne discuteva e superava la concezione trasmissiva di John Dewey. Proprio a quest ultima concezione sembra invece guardare Caracciolo. Una causa probabile: motivi anagrafici; ma anche per la caratura di maestro della disciplina che toccò a Caracciolo. Il contatto con Dolci, insieme alla base storica del suo approccio alla pianificazione, furono per Caracciolo, il punto di svolta o forse costituirono la conferma in termini razionali delle intuizioni o del sentimento profondo di solidarietà sociale o, ancora, di quel senso di umanità che, i molti che lo avevano conosciuto, gli attribuivano come fecero Zevi e Quaroni (Iannello, 2010). Rimane da approfondire il rapporto tra Caracciolo e Dolci. Altre ricerche dovranno inquadrare con altri dati a supporto dell analisi attenta sull influenza che il pensiero di Dewey ebbe su Dolci (Fiscarelli, 2012), e da quest ultimo nei confronti di Caracciolo. Il pensiero di Dewey e il contatto di Caracciolo con Dolci, possono costituire tracce per un interpretazione sul legame tra disegno di piano e disegno sociale del piano che in qualche modo costitu- 166

169 isce la cifra autentica e soprattutto non locale né provinciale dell urbanistica siciliana. Il contributo di Caracciolo nel campo specifico dell urbanistica cresce durante gli anni dell autoritarismo mondiale. Caracciolo morirà prematuramente, mentre Dolci avrà il tempo di sperimentare il modo in cui la conoscenza del dato sociale diventa agire sociale senza il peso della tecnica urbanistica e della formalizzazione del piano cui doveva obbedire Caracciolo. La conoscenza è intesa non più come riproduzione ma come modificazione dell oggetto mediante il pensiero, ne deriva che l unico modo di apprendimento è il compimento di esperienze originali, che non è possibile a nessuno di effettuare per un altro. È questo il fondamento dell educazione attiva. Un idea semplicemente trasmessa dall esterno cessa di essere un atto di conoscenza per diventare un fatto e un oggetto, come ha chiaramente messo in evidenza il Dewey (Borghi, 1954, p. VIII). Ancora Borghi illustrava un aspetto di Dewey che interessa da vicino il ruolo che l educazione ha nei confronti della società. Ogni azione del sociale implica un agire pedagogico che resta immerso nella realtà senza altra simulazione. Ogni sistema di rappresentazione a fini educativi è orientato al cambiamento. Il pragmatismo di Dewey implica un cambiamento non solo del processo sociale ma nel modo stesso di intendere il valore di colui che nel sociale agisce. Il Dewey procede sul [ ] terreno segnato dal James e lega ancor più decisamente questa dottrina del carattere prospettico e ricostruttivo del conoscere alla teoria di un universo dinamico. Egli impiega consapevolmente la parola pragmatismo a indicare la dottrina che afferma che la realtà possiede un carattere pratico e che questo carattere è più efficacemente espresso nella funzione dell intelligenza 1. Egli rovescia la posizione tradizionale, affermando che la conoscenza-rispecchiamento falsifica la realtà, laddove la conoscenza-previsione e ricostruzione ne coglie il vero aspetto. Se il conoscere è un cambiamento in una realtà, allora quanto più il conoscere rivela questo cambiamento, tanto più esso è trasparente e adeguato (ivi, p. IX). L analisi è la storia, il suo punto di inizio verso l accensione della cultura del progetto (Urbani, 2013) che si invera. Il piano, qui, è apparentabile all azione sociale, intrinsecamente (ancora) pedagogica, più che partecipativa. Comunicativa e trasmissiva ma ancora non a due direzioni. L attore sociale è maestro, anche se in un modo nuovo. Il maestro si fa carico di tutto, anche del gioco e delle sue regole. Il gioco porta al cambiamento che dipende, 1 Nel virgolettato interno alla citazione del testo di Borghi è ripreso un tratto di Dewey del The Practical Character of Reality, in Philosophy and Civilization, Minton, Balch & Co., New York, 1939, pp

170 completamente, da lui, il pedagogo, il sociologo, l urbanista, assumendone in modo esclusivo il peso. Il rendersi conto, diceva il Dewey, che l osservazione necessaria alla conoscenza penetra nell oggetto naturale conosciuto, cancella questa separazione fra conoscere e fare. Essa rende possibile e postula una teoria nella quale il conoscere e il fare sono intimamente connessi fra loro 2 (ivi, p. 213). Le idee si atteggiano così a piani per l azione, come anticipazioni del futuro e metodi, atti a determinarne il compimento. Gli atti del conoscere divengono strumenti in vista dell organizzazione di attività operative nell ambito della realtà naturale e sociale. I termini di base dei piani per l azione di Dewey assomigliano molto alle condizioni preliminari che hanno caratterizzato l azione sociale di Dolci che molto probabilmente influenzò Caracciolo non nel senso di un cambiamento interiore ma nel consolidamento di una serie di intuizioni personali cui Caracciolo era arrivato essenzialmente attraverso i suoi studi storici. Nei particolari risiede il segno del capolavoro. In questo caso è nei dettagli dei grafici che si coglie la grana e il peso dell agire il piano per Caracciolo: la cura della comunicazione informativa del piano. In questo risiede il distacco e la differenza profonda con Astengo, solo per fare un esempio. Nei disegni di Caracciolo per i piani di Giarre-Riposto, Palermo ed Erice, risalta l approccio umano (per non dire umanitario) di Caracciolo. La grana rivela l approccio sociale e spinto al cambiamento dei livelli di qualità della vita siciliana, piuttosto che a quello conoscitivo. I disegni dei piani dell ultimo periodo pre-vedono il futuro e sono tesi a superare la tendenza al degrado e all abbandono dei presidi civili. Una lotta contro la barbarie, l ignoranza, il dissesto dei poteri. Non è mai utopia. Questo lo si apprezza nei dettagli per il concorso di Monreale, per gli interventi a Caltanissetta, nell approccio regionalista del piano di Giarre-Riposto e, infine, senza voler parlare della stilistica perfezione del concorso di Pomezia che forse supera per equilibrio della composizione urbana tutti gli altri esempi delle città dell agro pontino. Il disegno di piano di Caracciolo assume un implicito valore di disegno sociale. Il piano è per il maestro dell urbanistica siciliana, strumento di perturbazione virtuosa del processo storico. Piano e disegno sono a servizio del cambiamento sociale e mai dello statu quo. Il disegno sociale che pertiene il piano è mosso dalla percezione dell intellettuale di un emergenza sociale ed economica insorgente e la cui risposta, tecnocratica quanto si vuole, è indifferibile. Senza l assunto del disegno sociale implicito nei piani è difficile o incomprensibile giustificare la profonda differenza tra piani conservativi e 2 Nel virgolettato Borghi riporta un altro testo di Dewey: The Quest for Certainty, Minton, Balch & Co., New York, 1929, p

171 piani rifondativi in Caracciolo. Anche se i piani di Caracciolo non possono appartenere ai piani partecipativi per l assoluta mancanza di multidirezionalità del flusso comunicativo, si tratta di pianificazione dal basso grazie all incardinamento nella riflessione storica (che supera il mero dato analitico a sostegno delle scelte e del disegno di piano) e soprattutto per l approccio sociale degli ultimi piani probabilmente frutto dell incontro con Dolci e dell influsso indiretto del pensiero di Dewey. In Sicilia, nel secondo decennio del novecento sono presenti esempi di visioni utopiche di città animate da tensione sociale, come per esempio quella della città giardino dell arch. Fragapane di Mussolinia nel 1923 (Doufor, 2005). Caracciolo invece, preoccupato della costruzione del piano come dato concreto del patto sociale, non rivolgerà la benché minima attenzione alla costruzione dell utopia in termini né di piano/processo né di visione estetica di una realtà sociale sognata e di parte. Riferimenti bibliografici Abercrombie P. (1933), Town & country planning, Butterworth, London; tra. it. Pianificazione urbana e del territorio, Unicopli, Milano, Belli A. (1996), Immagini e concetti nel piano. Inizi dell urbanistica in Italia, Etaslibri, Milano. Borghi L. (1954), Introduzione. La concezione pedagogica di John Dewey, in Il mio credo pedagogico, antologia di scritti sull educazione, La Nuova Italia, Firenze, pp. VII-LIII. Caracciolo E. (1949), Premesse al Piano regionale siciliano, Urbanistica, 1, pp Caracciolo E. (1954), Tre lezioni di urbanistica, ristampa dell Università di Palermo, Dipartimento Città e territorio, con un introduzione a cura di S. Prescia e S. Inzerillo, Palermo, Dewey J. (1916), Democracy and Education, The Macmillan Company, Norwood Press J.S. Cushing Co. Berwick & Smith Co. Norwood, Mass.; trad. it. Democrazia e educazione, La Nuova Italia, Firenze, Di Biagi P. (a cura di) (2002), I classici dell urbanistica moderna, Donzelli, Roma. Di Biagi P., Gabellini P. (a cura di) (1992), Urbanisti italiani. Piccinato, Marconi, Samonà, Quaroni, De Carlo, Astengo, Campos Venuti, Laterza, Roma-Bari. Dufour L. (2005), Nel segno del Littorio. Città e campagne siciliane nel ventennio, Lussografica, Caltanissetta. Iannello M. (2010), Edoardo Caracciolo architetto. Appunti per una biografia, Salvare Palermo, maggio-agosto, pp Fiscarelli A. (2012), Danilo Dolci. Le conflit entre transmettre et communiquer et sa résolution maïeutique, paper presentato alla Biennale internationale de 169

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173 21. Il VII Congresso nazionale di Storia dell architettura di Fulvia Scaduto Nel settembre 1950 si svolse a Palermo il VII congresso nazionale di Storia dell architettura; si trattò di un evento di rilievo, per la vasta partecipazione di studiosi e come momento di confronto e di scambio, l occasione per intrecciare competenze diverse e per annodare o stringere relazioni e legami a scala nazionale 1. Un ragionamento sul congresso al quale partecipa Caracciolo e altri studiosi siciliani (Di Stefano, Spatrisano, Ziino ecc.) accanto a un parterre di autorevoli esponenti del panorama italiano può essere utile perché consente di precisare i contorni di una vicenda mai attentamente studiata e dà modo di articolare alcune riflessioni intorno alla figura e al ruolo di Caracciolo sullo sfondo di questo particolare contesto. Il nostro discorso può ruotare intorno a due ordini di considerazioni: la prima è legata al tema storiografico con cui Caracciolo si inserisce nel congresso; la seconda chiave di lettura è il sistema di relazioni intrecciate che il convegno restituisce. I congressi di storia dell architettura erano stati inaugurati nel 1936 a Firenze su iniziativa di Gustavo Giovannoni, animatore e coordinatore di questi incontri 2, con lo scopo di promuovere gli studi della storia dell architettura italiana e l affermarsi come sosteneva Giovannoni di una diffusa coscienza di tutela 3. Al primo congresso erano seguiti, con una regolare cadenza annuale, 1 Atti del VII Congresso nazionale di storia dell architettura, Palermo settembre 1950, a cura del Comitato presso la Soprintendenza ai monumenti, Palermo Aderirono circa 100 congressisti e vi presero parte 54 relatori, tra docenti, storici, restauratori, archeologi, architetti, sovrintendenti e liberi studiosi, oltre alle maggiori autorità accademiche e istituzionali. Come rappresentanti di istituzioni culturali, erano presenti, tra gli altri: Stefano Gentiloni Silveri, presidente del Centro di studi di storia dell architettura, Guglielmo De Angeli D Ossat, direttore generale delle Antichità e belle arti, Mario Salmi, presidente del Consiglio superiore per le antichità e belle arti, Ambrogio Annoni preside del Politecnico di Milano, figure di primo piano che avevano una consolidata frequentazione con questi congressi. 2 Lo ricorda anche Salmi nel suo discorso di apertura: ivi, p. IX. 3 Atti del II convegno nazionale di storia dell architettura, Assisi, 1-4 ottobre 1937-XV, C. Colombo, Roma 1939, p. XIII. 171

174 quelli tenutisi ad Assisi (1937), a Roma (1938) e a Milano (1939) che era stato il quarto e ultimo della serie prima della scoppio della guerra. Soltanto nel 1948 il quinto convegno riprese dopo nove anni la tradizione dei convegni del Centro di studi per la Storia dell architettura 4, fondato da Giovannoni nel con il compito, fra le attività promosse, di patrocinare e proseguire i congressi annuali di Storia dell architettura, ospitati di volta in volta in una regione diversa e organizzati con un doppio registro che prevedeva la trattazione di temi generali, relativi a speciali settori della storia architettonica 6, e di temi legati all architettura regionale. Il VII congresso di Palermo era stato il terzo nel dopoguerra, preceduto da quelli che si erano tenuti a Perugia (1948) e a Vicenza (1949), ma si era già discusso di realizzare un convegno in Sicilia. La proposta era stata avanzata dal professore Giuseppe Capitò (su invito di Giovannoni) nell ambito del IV Congresso conclusosi con il voto positivo ma l ipotesi era stata accantonata con l inizio del conflitto 7. Esiste una corrispondenza, a partire dal 1939, fra Spatrisano, Francesco Basile e Calandra a Roma, in cui si parla del convegno e di questa ipotesi, Basile infatti ritiene che non siano ancora maturi i tempi per presentare un immagine storiografica definita per la Sicilia 8. Il VII Congresso, che si inaugura solennemente il 24 settembre nel salone Di Maggio della Società siciliana per la storia patria, si apre in memoria di Enrico Calandra, ricordato (insieme ad altri siciliani) con affettuosa riverenza [ ] studioso e animatore degli studi di Storia dell architettura in Sicilia 9 e quindi riconosciuto come il padre della disciplina storica (tra i presenti, Caracciolo, Di Stefano, Samonà, Saverio Muratori sono suoi allievi); il congresso, accogliendo la proposta di Caracciolo, esprime il voto per la pubblicazione dei suoi scritti. Dalla cronaca del convegno si deduce che presidente del Comitato organizzatore è Salvatore Caronia Roberti, nominato, per acclamazione, presidente 4 Atti del V convegno nazionale di storia dell architettura, Perugia 23 settembre 1948, R. Noccioli, Firenze 1957, p. V. 5 La costituzione di un istituto stabile (Istituto nazionale di storia dell architettura) era stata auspicata e votata sin dal congresso fiorentino e rilanciata proprio in occasione del VII Congresso. Sul Centro di studi di Roma: G. Giovannoni, Dal capitello alla città, a cura di G. Zucconi, Jaca Book, Milano, 1997, pp con bibliografia in nota. 6 Atti del I congresso nazionale di storia dell architettura, Firenze ottobre 1936-XV, G.C. Sansoni, Firenze, 1938, p. XXI. 7 Atti del IV convegno nazionale di storia dell architettura, Milano giugno 1939, a cura del Comitato ordinatore presso la R. Soprintendenza ai monumenti, Milano s.d., p. 5; Atti del VII Congresso, cit., pp. VII, VIII, IX. 8 Archivio Calandra, Lettera di F. Basile (s.d. ma fine 1939) e lettera di G. Spatrisano (3 marzo 1940). Ringrazio P. Barbera per la segnalazione. 9 Atti del VII Congresso, cit., p. XXXVI, anche pp. XII (discorso di Salmi) e XXII. 172

175 del convegno 10. Per inciso, era stato proprio Caronia Roberti a rinnovare l invito a scegliere la sede di Palermo, invito accolto e unanimemente votato nel precedente congresso di Vicenza. Un ruolo come anima e corpo dell organizzazione 11 lo svolge, in qualità di segretario, l attivissimo architetto Armando Dillon, allora soprintendente ai monumenti della Sicilia occidentale e docente incaricato di Restauro dei monumenti presso la Facoltà di Architettura di Palermo 12, definito monumentale siciliano dell est e dell ovest 13 da Caronia Roberti nel discorso della seduta inaugurale. Sempre dalla cronaca si apprende che il congresso si svolge sotto gli auspici 14 del neonato Istituto italiano di storia dell architettura, da poco sorto a Vicenza (1949) dal Centro di studi di Roma, il soggetto che aveva promosso e curato la preparazione dei precedenti congressi. Direttive, criteri e modalità di organizzazione sembrano pertanto ispirati dall Istituto Italiano, presieduto da Mario Salmi con Bruno Zevi come segretario 15. E veniamo alla struttura del convegno e ai suoi principali protagonisti. Il programma è articolato su tre temi introdotti da relazioni generali alle quali, spiega Salmi l Istituto di Storia dell Architettura ha ritenuto di dover dare parte notevole in questo Congresso 16, le relazioni sono seguite da comunicazioni particolari e dalle discussioni. Roberto Pane e Gino Chierici, allora sovrintendente ai Monumenti della Campania, introducono il primo tema sui problemi della Tutela del patrimonio monumentale e paesistico, Bruno Zevi affronta la trattazione del terzo tema sulla Metodologia nella storia dell urbanistica. La seconda sezione tematica, ma è una consuetudine in questi congressi promuovere indagini e ricerche relative alla Storia dell architettura dei centri e delle regioni nelle quali si sono svolti 17, fa invece il punto sull Architettura in Sicilia, dal periodo preistorico all Ottocento, e ne fotografa lo stato degli studi affidando le relazioni generali a illustri maestri 10 Ivi, p. VII. 11 Ivi, p. VIII. 12 Archivio ex-presidenza Facoltà di Architettura, Verbali dei consigli di Facoltà, verbale dell adunanza del 19 giugno Si veda anche: R. Prescia (2012), Restauri a Palermo. Architettura e città come stratificazione, Kalós, Palermo, p. 35, n. 74 e più in generale cap. I. 13 Atti del VII congresso, cit., p. VIII. Dillon era stato soprintendente ai Monumenti della Sicilia orientale ( ) e poi della Sicilia occidentale fino al In occasione del convegno, oltre che come relatore, aveva partecipato anche all organizzazione della Mostra dei disegni di architettura e dei restauri dei monumenti siciliani allestita in collaborazione con Di Stefano, Spatrisano e Ziino (con l aiuto di Pirrone) in una delle sale della sede del convegno. 14 Atti del VII congresso, cit., p. VIII. 15 Si veda anche R. Dulio (2008), Introduzione a Bruno Zevi, Laterza, Roma-Bari, p Atti del VII congresso, cit., p. XI. 17 Ivi, p. XI. 173

176 che hanno per perseverante consuetudine di studi, autorità di specialisti e hanno accettato l invito dell Istituto 18 : i professori Biagio Pace, Giuseppe Lugli, Stefano Bottari, Giuseppe Samonà, Salvatore Caronia Roberti e Edoardo Caracciolo si dividono il compito. Caronia Roberti, nella duplice veste di studioso e presidente del comitato organizzatore, sembra il vero artefice, è lui, a quanto pare, a individuare e designare i relatori. In realtà, non sappiamo come sono andate esattamente le cose ma si può cercare di capire come avviene l assegnazione degli argomenti che si affidano appunto a esperti dei periodi: Pace e Lugli si occupano del periodo preistorico e antico, Bottari ha il compito di illustrare il periodo medievale, Samonà tratteggia e ricostruisce la storia dell architettura dal sec. XII a tutto il Rinascimento, Caronia Roberti si assume il compito di sostituire, con una sua relazione sul Barocco, Francesco Fichera che lui stesso aveva designato ma che intanto è venuto a mancare, affrontando un tema che ha già studiato (Barocco in Palermo, 1935), a Caracciolo spetta invece l Ottocento, un periodo di cui in fondo non si è mai occupato, avendo finora orientato studi e ricerche ad altri ambiti della storia 19 e soprattutto al campo dell urbanistica. Perché allora gli si affida quest arco cronologico? Forse è l argomento che nessuno ha voluto affrontare? O più probabilmente è l ambito che lui stesso si ritaglia? In realtà si tratta di un tema al quale, nel corso del decennio precedente, egli ha avuto modo di accostarsi in diverse occasioni maturando un interesse e una sensibilità che sfociano negli studi presentati al VII Congresso, a cui, per inciso, ha collaborato Gianni Pirrone appena laureatosi con lui 20. Si tenga presente che nel 1950 tracciare un consuntivo sull Ottocento in Sicilia non è un compito facile (Caracciolo ne è consapevole) dal momento che non esistono praticamente studi ma un sostanziale vuoto storiografico determinato dalla pesante ipoteca che ha gravato sull eredità dei Basile 21. Per primo, nel 1938, Calandra delinea un profilo sintetico nella sua Breve storia dell architettura in Sicilia che si chiude con il binomio (GBF) 18 Ivi, p. XI. 19 Tra i suoi precedenti studi storici: La chiesa e il convento di Baida presso Palermo (1938), La cattedrale di Erice (comunicazione alla Società Siciliana di Storia Patria, s.d.), Problemi dell architettura siciliana nel periodo normanno (1946), Elementi platereschi nell architettura trapanese del Cinquecento (relazione al V Convegno di Storia dell Architettura, 1948). Per un elenco degli scritti: Ricordo di Edoardo Caracciolo, Palermo 1992, pp (a cura di S.M. Inzerillo); C. Doglio, P. Venturi, La pianificazione organica come piano della vita?, Cedam, Padova, 1979, pp M.L. Scozzola (2012), Gianni Pirrone. Disegni inediti di architettura, Aracne, Roma, p Nel saggio monografico, Ernesto Basile e cinquant anni di architettura in Sicilia, del 1935, Caronia Roberti prende in parte le distanze dalla scuola del maestro. Sul complesso rapporto degli allievi con la scuola dei Basile: P. Barbera (2002), Architettura in Sicilia tra le due guerre, Sellerio, Palermo, pp

177 Basile-Damiani, riconosciuti come maggiori architetti italiani dell Ottocento. Certamente nel 1939 le grandi mostre di architettura, retrospettive e le personali dei Basile e di Damiani Almeyda, che si svolgono a Palermo nel ciclo delle Celebrazioni siciliane 22, costringono a osservare questa fase con uno sguardo diverso, eppure nella recensione che Caracciolo dedica a esse traspare un velato giudizio negativo sull opera di Ernesto Basile 23. A queste date la pesante eredità del maestro viene ancora considerata come qualcosa da cui prendere le distanze per guardare oltre, per la modernità. Ma nell arco di dieci anni il punto di vista di Caracciolo cambia: nel 1949 il II congresso dell APAO che si tiene a Palermo gli offre l opportunità di tornare a riflette sul tema della splendida eredità di Ernesto Basile denunciandone il tradimento 24. Nella sua relazione, L architettura moderna in Sicilia, egli afferma: Gli ultimi decenni dell Ottocento e i primi del Novecento videro fiorire nell isola una scuola di architettura alla quale non possiamo negare dignità europea [ ] parlo dei due Basile [ ]. L architettura isolana è all avanguardia dell Europa [ ] precorre la più viva architettura dopo il Venti [ ] ma la polemica contro la morente scuola dei Basile si risolse sostanzialmente in un ritorno indietro 25. Sono esattamente questi gli anni in cui si inizia a guardare in un ottica diversa il lascito dell Ottocento e si assiste a una graduale riscoperta del secolo che attraverso un processo di revisione critica comincia a liberarsi dalla pesante ipoteca; in questo processo di ripensamento e di rilettura dell Ottocento che si sta avviando si inserisce il contributo che Caracciolo elabora in occasione del convegno del , in una data precoce che anticipa i tempi della storiografia e lo pone vicino alla restituzione storica che Zevi sta proponendo nella sua Storia dell architettura moderna (dello stesso anno ma redatta prima) dove lo studioso assegna a Ernesto Basile (come scrive Di Stefano) un posto adeguato 27 e assume l esperienza dell architetto come un punto da cui ripartire per la 22 Tra le celebrazioni dei grandi siciliani si veda la commemorazione di P. Marconi, I Basile, in Celebrazioni siciliane, 3 voll., R. Ist. d Arte, Urbino 1940, I (discorso tenuto a Palermo il 3 ott. 1939). 23 E. Caracciolo (1940), La mostra di architettura nel ciclo delle celebrazioni dei grandi siciliani dell anno XVII, Problemi mediterranei, 1-2, estr. pp Si veda anche M. Accascina (1940), Le mostre di architettura retrospettiva e sindacale di architettura a Palermo, Architettura, VIII, pp Atti del Congresso di Palermo (5-7 gennaio 1949), Metron, 29, 1949, pp Ivi, pp Come osserva Sessa: G.B. Filippo Basile conosce, in quell occasione, una completa rivalutazione critica a opera di Caracciolo, cfr. L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani. I. Architettura, Novecento, Palermo, 1993, pp G. Di Stefano, Sguardo su tre secoli di architettura palermitana, in Atti del VII Congresso, cit., pp , p. 407, n

178 modernità. Anche su Metron, la rivista legata all APAO, a partire dal 1950 si intensifica l attenzione per la storia dell architettura con l istituzione, a cura di Zevi, della rubrica Eredità dell Ottocento 28. E con un giudizio positivo sull eredità ottocentesca si chiude anche il consuntivo di Guido Di Stefano che accompagna la mostra dei disegni organizzata nell ambito del VII Congresso: Emergeranno sugli altri [ ] Giuseppe Damiani Almeyda [ ] e G.B. Filippo Basile [ ] precursore dell Architettura moderna in Sicilia [ ]. Tre secoli di storia architettonica palermitana vengono così nobilmente a concludersi, lasciando libero il varco alle nuove esperienze, di cui sarà magna pars Ernesto Basile sopra un piano di validità internazionale 29. Il convegno segna dunque un momento importante perché proprio in quest occasione Caracciolo mette le basi per gli studi sull Ottocento in Sicilia. Nel suo intervento esordisce rilevando che nessuna comunicazione è pervenuta al Congresso sull architettura dell Ottocento e fa voti per l incremento degli studi in questo settore 30. E afferma: Ben sappiamo che la storia dell architettura è umile ancella fra la storia della pittura e della scultura, e la storia dell architettura dell Ottocento, la più trascurata. Questo fatto è gravissimo perché crea una frattura fra la vita architettonica di oggi e le forme del passato [ ]. La mia relazione vuole essere un invito e un incitamento allo studio 31. L altro nodo che si può affrontare, come anticipato, è la trama di intrecci e relazioni che emerge dal congresso dove convergono numerosi. Tra le personalità intervenute ci sono le figure di punta del contesto nazionale, i maestri della storia dell architettura di allora, oltre Zevi e Samonà, Giuseppe Lugli, Saverio Muratori e poi Luigi Dodi, Roberto Pane, Bonelli ecc. I personaggi citati (ma la lista si potrebbe allungare) sono legati a Caracciolo da rapporti personali, stretti contatti o frequentazioni; alcuni legami partono da lontano e sono più saldi, altri sono più recenti. Non entreremo nel merito dei molteplici canali che lo collegano ai principali protagonisti dei diversi contesti nazionali, basti qui ricordare che il VII congresso di storia dell architettura è un momento importante in un quadro nazionale di relazioni che Caracciolo costruisce nel tempo attraverso le tante occasioni che lo vedono impegnato su più fronti e al centro di numerose iniziative e collaborazioni, da quelle minori legate alle riviste e ai comitati di redazione, alle partecipazioni ai precedenti convegni di Storia dell Architettura o dell INU; intorno alle iniziative che ruotano e si moltiplicano in seno all APAO la trama si 28 M. Baffa, C. Morandi, S. Protasoni, A. Rossari (1995), Il movimento di studi per l architettura, Laterza, Roma-Bari, p. 205, n G. Di Stefano, Sguardo, cit., p Atti del VII Congresso, cit., p. XXII. 31 E. Caracciolo, L architettura dell Ottocento in Sicilia, in Atti del VII Congresso, cit., pp

179 infittisce ulteriormente. Certamente prima del VII congresso ci sono almeno altre due note occasioni dove nascono o si consolidano sodalizi e legami importanti, che vale la pena ricordare. L anno precedente a Palermo, il già citato convegno dell APAO convoglia, con la regia di Caracciolo (promotore della sezione siciliana), i rappresentanti delle diramazioni regionali: naturalmente Zevi e Samonà, Roberto Calandra, Astengo, Pane, Quaroni, Ridolfi ecc. L anno successivo nel contesto della grande mostra sulle opere di Wright che si inaugura a Firenze, ma che si prepara e si organizza almeno da un paio di anni, Caracciolo è l unico architetto siciliano coinvolto in un operazione titanica 32 : è chiamato a far parte di un comitato tecnico a scala nazionale che annovera tra i suoi membri, oltre al binomio Zevi-Samonà, alcuni dei maggiori storici e architetti italiani. Nell arco di ventiquattro mesi tre grandi occasioni di incontro a livello nazionale in cui Caracciolo è chiamato a rappresentare la Sicilia. A chiusura dei lavori del VII Congresso, Gino Chierici afferma: Congresso, riuscitissimo, perché attentamente organizzato dal Comitato 33. Non risulta se Caracciolo sia tra i membri del comitato, probabilmente in questo caso la regia non è sua, ma è difficile sottrargli una parte dal momento che certamente è la figura di maggiore apertura nazionale. Com è noto, dopo il 1946, con la scomparsa di Calandra e la decisione di Samonà di restare a Venezia, Caracciolo rimane un punto di riferimento per l architettura siciliana; non c è nessun altra personalità capace di ereditare il ruolo del maestro e Caracciolo riaggregherà un area eterogenea: sarà l unico siciliano a costituire la testa di ponte di una galassia di architetti che si riunirà intorno all APAO R. Martinis, Frank Lloyd Wright, da Taliesin a Venezia, postfazione in R. McCarter (2008), Frank Lloyd Wright, Bollati Boringhieri, Torino, pp , pp Il comitato tecnico, presieduto da Ragghianti, è costituito da: Albini, Argan, Bauer, Caracciolo, Cosenza, Detti, Gardella, Labò, Levi Montalcini, Michelucci, Nervi, Pane, Piccinato, Rogers, Samonà, Scarpa, Zevi. 33 Atti del VII Congresso, cit., p. XXIII. 34 Sul ruolo e la presenza di Caracciolo sulla scena nazionale e l impegno dentro e fuori l Università: C. Ajroldi (a cura di) (2007), Per una storia della Facoltà di Architettura di Palermo, Officina, Roma (saggi di C. Ajroldi, M. Giuffrè, S.M. Inzerillo, N.G. Leone); P. Barbera (2012), Il fascino del distinto, l attrazione per qualcosa che si vorrebbe essere e non si è. Echi della lezione wrigthiana in Sicilia, Lexicon. Storie e architettura in Sicilia e nel Mediterraneo, 14-15, pp

180 22. La ricostruzione di un archivio: tracce, frammenti, percorsi di Glenda Scolaro Il destino degli archivi privati è legato inevitabilmente alle scelte operate da chi ne eredita negli anni l incombente compito della custodia, dipendendo quindi dall interesse, dalla cura e, non ultime, dalle competenze che gli eredi di questo patrimonio possono o meno garantire. L importanza degli archivi di architettura e il ruolo a essi ormai sempre più riconosciuto hanno reso possibile un continuo e crescente interessamento da parte di istituzioni pubbliche e private con l obbiettivo di conoscere, tutelare e valorizzare un patrimonio di particolare interesse artistico e culturale 1. Prova ne è stato il progetto nazionale di censimento e inventariazione degli archivi di architettura del Novecento italiano, avviato dalla Direzione generale degli archivi insieme con le Soprintendenze archivistiche, allo scopo di redigere un piano nazionale per la tutela del patrimonio documentario dell architettura del Novecento 2. In molte regione italiane sono stati infatti avviati numerosi progetti di salvaguardia e grazie all attivazione dei primi censimenti è stato così possibile accedere ad alcuni fondi archivistici, effettuare un riordino, e redigere un inventario ragionato di tutti i documenti rinvenuti, inseriti infine all interno di un portale web denominato SIUSA (Sistema informativo unificato per le sovrintendenze archivistiche). Anche in 1 Fondamentale nel processo di salvaguardia e tutela degli archivi di architettura (e delle arti più in generale) è stata la nascita di centri studio, fondazioni e associazioni quali lo CSACC di Parma, il MART di Rovereto, il MAXXI a Roma, l Archivio Progetti IUAV, per citare i più importanti, che oltre a conservare il patrimonio archivistico ne promuovono la conoscenza e la diffusione attraverso attività di ricerca, pubblicazioni, mostre, giornate di studio. 2 Nel 2001 viene siglato un protocollo d intesa tra Direzione generale per gli archivi e Direzione generale per l architettura e l arte contemporanea per la redazione di un piano nazionale per la tutela del patrimonio documentario per l architettura del Novecento, con l obiettivo di censire gli archivi presenti sul territorio e provare a restituire un quadro più ampio e dettagliato della vicenda architettonica italiana più recente. 178

181 Sicilia la Sovrintendenza archivistica è riuscita ad avviare, a partire dal 2007, una ricerca sul territorio individuando preventivamente un ampio nucleo di archivi privati da tutelare e portando a termine, nel 2010, il riordino e la catalogazione di alcuni di essi, in parte consultabili sul portale web sopracitato 3. Il primo nucleo di archivi inventariati ha coinvolto contemporaneamente, non a caso, tre protagonisti del secondo Novecento siciliano: Edoardo Caracciolo, Roberto Calandra e Antonio Bonafede. Figure le cui vicende umane e professionali si sono ripetutamente intrecciate all interno di un percorso lavorativo comune, ricco di collaborazioni, condivisioni e confronti, amicizia e impegno sociale. È risultato infatti indispensabile avviare fin da subito un contemporaneo scandaglio di alcuni fondi archivistici che, seppure con le loro specificità e diversità, presentavano numerosi punti di tangenza al punto da costituire un micro-sistema documentario, più complesso e al contempo più completo. La possibilità di individuare e studiare, all interno di un panorama eterogeneo, questi tre archivi ha permesso in seguito di ricostruire alcuni significativi tasselli di una più ampia vicenda architettonica. L improvvisa scomparsa di Edoardo Caracciolo, nel 1962, lascia infatti alla famiglia un archivio frammentario e in larga parte lacunoso soprattutto a causa delle numerose collaborazioni che caratterizzano la sua attività professionale, attività che è stata svolta al di fuori di un vero e proprio studio professionale, di una sede fissa dove raccogliere e accogliere lavori, collaboratori, studenti, materiali, e non ultimi gli strumenti del mestiere. Nonostante le numerose lacune emerse e i limiti che queste comportano, l archivio, con le sue peculiarità, è riuscito comunque a tracciare il profilo di Caracciolo sia attraverso quello che rimane sia attraverso quello che non c è. Si tratta di un archivio in cui emerge immediatamente il divario quantitativo tra la ricca e feconda attività di studioso, architetto e urbanista e l esiguità dei documenti progettuali conservati, nonché l assenza di alcune categorie di oggetti tipici degli studi di architettura quali modelli, materiali, strumenti per il disegno, documentazione amministrativa, contabile, o anche documentazione fotografica di cantiere. Tutti quegli elementi che testimoniano solitamente un attività progettuale diretta, personale, fisica e pragmatica. Ho l impressione che Caracciolo sia stato più un lettore dell architettura e dell ambiente piuttosto che un ideatore [ ] la sua posizione era distac- 3 Nello specifico sono stati inventariati dalla Soprintendenza Archivistica per la Sicilia i seguenti fondi archivistici: l archivio Mallandrino a Messina (a cura di Alessandro Brandino) e gli archivi Antonio Bonafede, Edoardo Caracciolo, Roberto Calandra, Enrico Calandra, Giuseppe Carpintieri e Luigi Epifanio (a cura di Matteo Iannello e Glenda Scolaro), tutti a Palermo. 179

182 cata rispetto al mestiere di architetto che progetta sul tavolo da disegno; in fondo la sua stessa passione per l architettura spontanea, il suo disegnarla, non era il creare architettura ma registrare un fenomeno e leggerlo, magari in maniera molto raffinata, e da questa lettura trarre una lezione 4. L intensa e feconda attività di Caracciolo è infatti caratterizzata principalmente dagli aspetti teorici dell architettura e dell urbanistica, come testimonia la sua intensa partecipazione al dibattito culturale attraverso studi, scritti, organizzazione e partecipazione a conferenze, congressi, mostre, concorsi; un ambito quindi forse meno tangibile ma tuttavia preponderante al punto da costituire forse la vera anima del suo archivio, oltre che della sua eredità, superando per valore e consistenza i materiali prettamente grafici o comunque di natura progettuale. I numerosi testi raccolti sotto forma di bozze manoscritte, dattiloscritti, testi a stampa, corrispondenza, insieme alla ricca biblioteca, preziosa sia per i volumi sia per la collezione delle riviste, costituiscono infatti non soltanto una grossa fetta del fondo archivistico, ma custodiscono probabilmente il lascito più importante di una figura complessa e poliedrica 5. Il punto di partenza nel lavoro di catalogazione è stato il curriculum professionale attraverso il quale è stato possibile redigere un primo elenco di progetti (realizzati e non) con l indicazione dei materiali che di volta in volta sono stati analizzati e riconosciuti, individuando ove possibile l appartenenza a un progetto e siglando, con l utilizzo di una segnatura alfanumerica, i diversi elaborati. I progetti, ordinati e numerati cronologicamente, sono stati infine riposti all interno di faldoni (nel caso di piccola documentazione, stampe e negativi fotografici, elaborati grafici in copia eliografica e corrispondenza) o riunificati sotto forma di rotoli (nel caso di tavole di grande formato). È stato così possibile redigere un elenco di 58 progetti, 19 dei quali privi di documentazione e la cui restante parte risulta in larghissima parte lacunosa. Di ciascun progetto è stato redatto infine il catalogo ragionato dei documenti, identificati attraverso le seguenti informazioni: titolo, autore, collaboratori, data, caratteristiche grafiche, dimensioni e tipologia del foglio, segnatura. L inventario racconta quindi le caratteristiche dei documenti presenti per ogni singolo progetto attraverso una vera e propria schedatura che riporta oltre alle informazioni dirette, ovvero quelle riportate sul documento stesso 4 A colloquio con Gianni Pirrone, in F. Maggio (1997), Il rilievo del moderno, Palermo. Architettura e città , Arti Grafiche Pezzino, Palermo, p Il lavoro di riordino e inventariazione promosso dalla Sovrintendenza archivistica ha interessato tuttavia esclusivamente la parte progettuale dell archivio Caracciolo, lasciando fuori dall inventario gli scritti dell architetto e la sua biblioteca. Il lavoro di catalogazione di questa parte dell archivio è comunque stato avviato dall architetto Giovanna Sagona che, insieme al marito Lorenzo Caracciolo, custodiscono l intero archivio. 180

183 (titolo, data, scala metrica, autori) anche informazioni indirette sulle caratteristiche tecniche e tipologiche del documento. Sebbene non si tratti di un ingente quantità, i disegni rinvenuti nell archivio Caracciolo costituiscono un importante strumento di conoscenza del suo essere architetto, del suo approccio al progetto e della sua percezione della città e del paesaggio. Nei disegni di Caracciolo, e in particolare nelle prospettive e nei disegni a mano libera, si legge chiaramente la sua personalissima modalità di lettura e restituzione della realtà, quell enorme capacità di analisi e insieme di sintesi, cioè capacità di studio e di ricerca scientifica 6, come sottolineava Ludovico Quaroni nel suo ricordo di Caracciolo sulle pagine di Urbanistica. Ricordo i suoi disegni dell edilizia spontanea di Erice colorati con fondo di caffè, perché questa era la sua tecnica, dotati di forte personalità; Caracciolo disegnava molto bene, non nel senso della calligrafia in quanto non era un grande disegnatore di architettura, ma in quanto riusciva a cogliere il senso di ciò che disegnava 7. Un tratto rapido ed essenziale, una rappresentazione che è in sé una selezione della realtà, chiara e immediata, sia essa un operazione di rilievo o di progetto. Significativi sono a tal proposito i disegni sull edilizia rurale a supporto degli studi e delle pubblicazioni, rilievi con quote e annotazioni, tanto scarni quanto significativi nel cogliere il senso profondo di una realtà il cui studio riveste per Caracciolo un ruolo centrale non soltanto dal punto di vista storico ma anche, forse soprattutto, come punto di partenza per progettare il futuro. Di diversa natura sono invece i disegni realizzati per i pochi progetti di architettura dai quali emerge un iter progettuale più rigoroso e uniforme; piante, prospetti e sezioni, spesso accompagnati da vedute prospettiche lineari ed essenziali, siano esse schizzi preparatori o elaborati definitivi, disegni a matita o inchiostro di china, sempre definiti da un tratto netto e asciutto, privo di eccessi decorativi. Molti i progetti mancanti per i quali sarebbe stato necessario spostare la ricerca oltre i confini fisici dell archivio, intrecciandone le fila con le maglie aperte di tanti altri archivi d architettura (e non solo). Per nessuno dei progetti presenti in archivio è stato infatti possibile ricostruire una storia completa e una cronologia degli eventi, dall incarico alle prime ipotesi progettuali, fino alle fasi esecutive. E anche prendendo per esempio due tra i progetti maggiormente documentati, ovvero la Facoltà di Agraria nel Parco d Orleans e il Nucleo residenziale produttività a Borgo Ulivia redatti entrambi negli anni Cinquanta e in collaborazione ciò che 6 L. Quaroni (1962), In memoria di Edoardo Caracciolo, Urbanistica, 36-37, novembre, pp A colloquio con Gianni Pirrone, in F. Maggio, Il rilievo del moderno, cit., p

184 emerge dall archivio è la sua frammentarietà, la difficoltà nel ricomporre i tasselli delle singole vicende progettuali. Per quanto riguarda la Facoltà di Agraria nel Parco d Orleans è risultato infatti alquanto difficile riuscire a ricomporre gli eventi che, a partire da un primo progetto di impianto generale a firma di Caracciolo, Giuseppe Guercio e Vittorio Ziino, hanno portato alla realizzazione dell opera. Oltre a due differenti planimetrie d insieme con le diverse ipotesi di posizionamento degli edifici, dove compaiono i nomi di tutti e tre i progettisti, in archivio sono presenti soltanto altri due nuclei di disegni relativi a due singoli edifici appartenenti al piano generale, ovvero il padiglione C e la casa dello studente, entrambi mai realizzati. Non vi è traccia alcuna dei disegni relativi ai due padiglioni della Facoltà di Agraria, che è invece l unico edificio realizzato secondo quanto previsto dal piano distributivo. L esempio di Borgo Ulivia, redatto insieme a Roberto Calandra, Antonio Bonafede e Giuseppe Samonà testimonia invece l importanza di una più ampia metodologia di studio e di approccio allo strumento degli archivi i quali, spesso, solo se messi in relazione tra loro contengono le risposte che permettono di ricostruire le vicende di un intero progetto, di leggerne criticamente e storicamente il significato, l importanza all interno di un percorso professionale. Gli archivi di Antonio Bonafede e in particolar modo di Roberto Calandra, entrambi riordinati e catalogati parallelamente a quello di Caracciolo, raccolgono infatti i disegni mancanti del progetto per Borgo Ulivia. Tanti altri casi studio, proprio a partire dall archivio di Caracciolo, potrebbero essere citati per ribadire l esigenza di un lavoro di tutela e valorizzazione degli archivi di architettura con lo scopo di riuscire a tracciare, secondo livelli d indagine differenti, un quadro più definito delle vicende che hanno caratterizzato la cultura architettonica più recente, che costituisce ormai parte integrante del nostro patrimonio storico. L auspicio è che questa prima e importante esperienza non resti un evento eccezionale e isolato ma che anzi possa mettere in luce il valore indiscusso di questo patrimonio e la necessità di dovere continuare l azione di ricognizione e tutela sui molti altri archivi che restano ancora difficilmente reperibili per la mancanza di un diretto responsabile o spesso per l incuria e la conseguente dispersione dei materiali nel caso in cui questi non abbiano una sede unitaria e un referente che ne salvaguardi la conservazione, come per fortuna è accaduto con la famiglia Caracciolo 8. 8 Un ringraziamento affettuoso a Giovanna Sagona e Lorenzo Caracciolo per avere aperto le porte della loro abitazione rendendo possibile, nonostante le difficoltà, il lavoro di ricerca sull archivio Caracciolo. 182

185 Fig. 1 Concorso per il Piano Regolatore di Pomezia, angolo nord-ovest della Piazza Aulica, 1938 Fig. 2 Quartiere residenziale ad est di Palermo, Concorso nazionale urbanisticoedilizio del Fondo Incremento Edilizio, 1953, con A. Bonafede e G. Pirrone 183

186 Fig. 3 Borgo Petilia (già G. Gattuso) in provincia di Caltanissetta vista degli edifici scuola, caserma, posta, 1940 Fig 4 Borgo Gattuso Studio per le casette artigiane,

187 Fig 5 Facoltà di Agraria nel Parco d Orleans. Schizzo prospettico del Padiglione C Fig. 6 Facoltà di Agraria nel Parco d Orleans. Planimetria generale dei nuovi edifici, , con G. Guercio e V. Ziino 185

188 23. L urbanistica si identifica con la sua storia : Edoardo Caracciolo e la disciplina storico-urbanistica di Maurizio Vesco L urbanistica si identifica con la sua storia: con un affermazione così forte, che poco lascia all interpretazione dei singoli e che anche a distanza di decenni non dà spazio a fraintendimenti del suo pensiero, Edoardo Caracciolo nell ormai lontano 1950 intitolava un articolo destinato alla rivista Le opere 1. A una simile asserzione così perentoria egli era giunto attraverso un lungo percorso di ricerca e di riflessione critica iniziato almeno un ventennio prima quando, appena trentenne, aveva intrapreso studi sulla storia urbanistica di Palermo, presto estesi ad ambiti geografico-culturali più ampi e diversificati, i cui sviluppi si sarebbero protratti negli anni e i cui esiti, quasi in una sorta di work in progress, sarebbero stati divulgati in una serie di articoli e conferenze. Non è un caso che la prima del lungo elenco di pubblicazioni di Caracciolo redatto nel 1992, in occasione del trentesimo anniversario della sua scomparsa 2, siano proprio gli atti di una conferenza da lui tenuta nella Real Scuola di Ingegneria di Palermo nel 1932 ed editi in quello stesso anno, intitolata Vicende urbanistiche della vecchia Palermo 3. È così dunque che si apre, con un scritto di storia dell urbanistica, la carriera e la produzione scientifica, il percorso di ricerca assai complesso, ricco e articolato, di Edoardo Caracciolo. 1 Tutti i testi indicati in nota, salvo quelli per cui è espressamente indicato l autore e/o il curatore, vanno intesi come di Edoardo Caracciolo. L urbanistica si identifica con la sua storia, Le opere. Rassegna mensile delle costruzioni pubbliche e private del Mezzogiorno, 5, ottobre-novembre 1950, pp ; per una differente lettura critica di questo saggio, cfr. T. Cannarozzo, infra. 2 S.M. Inzerillo (1992), Gli scritti, in S. M. Inzerillo, S. Prescia, Ricordo di Edoardo Caracciolo, Dipartimento Città e territorio, Università degli Studi di Palermo, Palermo, pp Vicende urbanistiche della vecchia Palermo. Conferenza tenuta nella Real Scuola d Ingegneria il 10 maggio 1932, a. X., Industria Tip. La Commerciale Editrice, Palermo,

189 Sempre all interno di questo specifico ambito di indagine, tra il 1936 e il 1938, in pieno Ventennio dunque, a solo due anni di distanza dall entrata in guerra del Paese, sulla rivista Problemi mediterranei appariva una serie di suoi contributi, in realtà un unico corposo saggio scientifico, quasi una piccola monografia di storia dell urbanistica di età antica, articolato in più capitoli e distribuito però su quattro uscite editoriali, risultato di un ciclo di conferenze già tenute da Caracciolo presso la Biblioteca filosofica di Palermo. Lo scritto, intitolato La civiltà mediterranea e i suoi centri urbani 4, indaga il fenomeno della nascita della città e dell urbanesimo nel Mediterraneo, dapprima dal paleolitico alla civiltà ellenistica e quindi, comprensibilmente per opportunità con maggiore spazio, quello dell urbanizzazione del mondo romano, argomento cui viene dedicato pure uno specifico approfondimento sulla Tecnica urbanistica dei romani apparso nel primo numero doppio del 1938 della rivista 5. Se è evidente che la trattazione, nella sua stesura colta e ricca di spunti di riflessione originali, non è esente da un certo lieve condizionamento di natura politico-ideologica, questo appare con evidenza già dall obiettivo stesso della ricerca enunciato in premessa, cioè il riconoscimento, attuato attraverso la specifica lente del fenomeno urbano, di una civiltà mediterranea da contrapporre per ragioni di propaganda a una atlantica, Caracciolo non ebbe tuttavia timore, sebbene fossero già di fatto in incubazione le odiose leggi razziali emanate meno di due anni dopo, nel settembre del 1938, di criticare, in anni difficili come quelli, la cosiddetta questione ariana, rigettando la presunta superiorità di quella razza sulle altre, affermando come in maniera molto discutibile [...] si è creata una dottrina scientifica che vuole dimostrare la supremazia e il diritto al dominio di una stretta cerchia della popolazione europea 6. D altro canto, è una simile, per qualche verso coraggiosa, presa di posizione a renderci meno inquietante l affermazione con cui egli stesso aveva concluso, solo qualche mese prima, un altro suo scritto apparso nel catalogo dell esposizione del Gruppo M, di cui faceva parte e che indagava l architettura minore del Mediterraneo, tenutasi a Palermo nel febbraio del Nel suo breve contributo dedicato all architettura minore ericina quello per Erice sarà un amore che lo accompagnerà tutta la vita, in cui non mancano per altro dotti rimandi a Cnosso, Festo, Delo, Priene, alla grande urbanistica romana, ma anche alla cultura islamica, egli 4 La civiltà mediterranea e i suoi centri urbani, Problemi siciliani, 1-2, 1936, p La tecnica urbanistica dei romani, Problemi mediterranei, 1-2, 1938, pp La civiltà mediterranea e i suoi centri urbani, Problemi siciliani, 1-2, 1936, p Segnaliamo, per maggiore chiarezza, come questa rivista avrebbe mutato la sua intitolazione, a partire dal numero 7-8 (luglio-agosto 1936), in Problemi mediterranei. 187

190 sosteneva, costretto a sposare una chiave di lettura di tipo razziale, come la celebre tipologia della casa con cortile del centro trapanese attinge i suoi caratteri alle più riposte origini della razza 7. Tornando a questioni strettamente disciplinari, segnaliamo come già qualche anno prima, nel 1935, fossero apparsi sulla rivista Problemi siciliani due suoi articoli, La via del Littorio a Siracusa e Urbanistica in atto: Palermo 8, di interesse, ai fini della nostra analisi, in quanto la critica, a volte assai aspra, mossa da Caracciolo a molti degli interventi di risanamento (o da lui giudicati pseudo-tali) o delle operazioni di espansione delle due città siciliane, muove a partire da attente premesse riguardanti proprio i processi storici di crescita e strutturazione di questi centri urbani. Egli piange, per esempio, per la città aretusea la demolizione del fronte bastionato verso terraferma e giunge a dileggiare, e ciò nonostante le implicazioni di natura propagandistica sottese al progetto, i piani per l apertura per sventramento, nel tessuto della città antica, di nuove piazze, da lui giudicate sgraziate o sgraziatissime, e di nuovi rettifili, il cui bruttissimo tracciato rettilineo si innesta nella rete viaria come lo sfregio prodotto da una coltellata sopra un bel volto 9. L urbanistica, dunque, si identifica con la sua storia, il progetto urbanistico trae forza dalla conoscenza della storia della città. Anche nell articolo su Palermo, presa a esempio nella sua trattazione riguardante la contrapposizione tra urbanistica e urbanistica in atto, vista quest ultima come enorme male 10, per sostenere la necessità di guidare e orientare i processi di crescita e trasformazione degli organismi urbani attraverso gli strumenti propri della disciplina urbanistica e i piani regolatori in primo luogo, egli dispiega la sua analisi in un continuo rimando, mai banale ma ricco di dati e citazioni, alle diverse fasi di quella storia urbanistica palermitana che egli più che mai padroneggiava e di cui avrebbe dato la sua più aggiornata e sofisticata inter- 7 Edilizia minore ericina, in P. Ajroldi, E. Caracciolo, V. Lanza (1938), Rilievi di edilizia minore siciliana, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo De Seta, 1-15 febbraio 1938), Scuola tipografica Boccone del Povero, Palermo, pp. 7-10, in particolare per la citazione p La via del Littorio in Siracusa, Problemi mediterranei, 5-6, 1935 e Urbanistica in atto: Palermo, Problemi mediterranei, 7-8, 1935; i due pezzi sarebbero apparsi in forma di estratto, l anno successivo, riuniti insieme sotto il titolo Commenti di urbanistica siciliana, Grafiche G. Castiglia, Palermo, Commenti di urbanistica siciliana, cit., p Ivi, p. 18. Nell incipit del saggio Caracciolo chiarisce il significato da attribuire ai due termini: Chiamo urbanistica in atto lo intricatissimo complesso di vicende per cui le città nascono, vivono e muoiono [...], nettamente distinta dall urbanistica propriamente detta, che è, invece, l arte e la scienza di organizzare gli aggregati urbani (ivi, p. 7). 188

191 pretazione nella Presentazione al volume di Rosario La Duca Cartografia della città di Palermo 11. Sarebbe stato lo stesso più tardi, nel 1950, quando in un numero di Urbanistica, nella sezione Cronache urbanistiche della rivista, egli avrebbe presentato un contributo sul Teatro marittimo di Palermo in cui urbanistica e storia dell urbanistica di fatto si mescolano in un unicum inscindibile, pure nell esposizione, laddove i progetti appena risultati vincitori di un concorso, come quello per l Istituto nautico o le previsioni di crescita della città da lui formulate, con un futuro Teatro marittimo che si sarebbe esteso per 35 km da Monte Catalfano al mare di Carini, si saldano a una dettagliata analisi storica dei processi di trasformazione e delle logiche compositive in questi esplicitatesi del fronte a mare della città 12. Nel giro di alcuni di anni, tra il 1934 e il 1941, Caracciolo affronterà nuovi temi di storia dell urbanistica o ne approfondirà altri già trattati: gli interventi dei nuovi rettifili Toledo e Maqueda a Palermo (1937) 13, l urbanistica islamica di Damasco (1938) 14, Parigi (1939) 15, ma anche le esperienze di urbanizzazione nella Sicilia occidentale romana (1940/1941) 16, studi oggi purtroppo di difficile reperibilità. Negli anni del dopoguerra, però, ecco registrarsi un cambiamento: l interesse per la storia dell urbanistica non è più soltanto il motore di una ricerca scientifica individuale che verrà comunque portata avanti in un pregevole studio sulla ricostruzione del Val di Noto 17, contraddistinto da un certo piglio classificatorio e pubblicato postumo nel 1964, e su una mai compiuta monumentale storia dell urbanistica articolata in ben 60 capitoli che vide coinvolti molti suoi colleghi e collaboratori, di cui Caracciolo presentò il piano dell opera e un capitolo di anticipazione nel 11 Presentazione, in R. La Duca (1962), Cartografia della città di Palermo dalle origini al 1860, Banco di Sicilia Fondazione per l incremento economico, culturale e turistico della Sicilia Ignazio Mormino, Palermo, pp Il Teatro marittimo di Palermo, Urbanistica. Rivista dell Istituto nazionale di urbanistica, 3, 1950, pp La sistemazione del Cassaro e l apertura della strada nuova a Palermo, Urbanistica, 2, L organizzazione urbanistica in Siria: Damasco, Problemi mediterranei, 6-7, Formazione di Parigi, capitale della Francia, Urbanistica, 6, Organizzazione urbanistica romana nella Sicilia Occidentale, in C. Galassi Paluzzi (a cura di) (1940), Atti del V congresso di studi romani, Roma, aprile 1938, Istituto di studi romani, Roma; L organizzazione urbanistica romana nella Sicilia occidentale, in Atti del III convegno nazionale di storia dell architettura, Roma, 9-13 ottobre 1938, Carlo Colombo Editore, Roma, 1940, pp G. Pirrone (a cura di) (1964), La ricostruzione della Val di Noto, Tip. La Litografica, Palermo. 189

192 suo Due saggi sulla storia della pianificazione del , ma assume una veste nuova e ciò primariamente in funzione del ruolo accademico ricoperto, della sua attiva partecipazione al dibattito architettonico nazionale e internazionale, anche quello condotto in seno alle istituzione universitarie relativo alla didattica e al percorso formativo dell architetto, ma pure in virtù di una militanza professionale e intellettuale. L interesse profondo per la storia dell urbanistica lo porterà infatti a farsi promotore ne aveva denunciato in verità la necessità sin dagli anni Trenta 19 dell insegnamento di questa disciplina nelle università italiane e in particolare nelle Facoltà di Architettura e lo indurrà a prendere parte a un acceso dibattito nazionale a cui parteciperanno anche personaggi del calibro di Bruno Zevi e Saverio Muratori. Momenti centrali di questo dibattito sulla didattica della storia dell urbanistica saranno prima il V congresso nazionale di storia dell architettura, svoltosi a Vicenza nel settembre del 1949, e quindi, come vera tappa decisiva, potremmo dire risolutiva, il VII congresso tenuto proprio a Palermo l anno successivo. Se a Vicenza, infatti, in un consesso autorevolissimo quale quello che animava i congressi nazionali di Storia dell architettura, che riunivano accademici, sovrintendenti e funzionari, direttori di musei e di altre importanti istituzioni scientifico-culturali e dello Stato, il problema dell insegnamento della storia dell urbanistica era stato posto per la prima volta sul tavolo delle questioni da affrontare, dopo il suo distacco da quello dell Urbanistica sancito nel precedente convegno di Firenze che aveva riunito docenti delle Facoltà di Architettura italiane 20, fu a Palermo e non possiamo non immaginare in questo un ruolo di Caracciolo che l argomento divenne persino tema di una delle sessioni congressuali 21, per essere pure inserito nell ordine del giorno, divenendo quindi oggetto di una significativa risoluzione di voto da parte dell assemblea dei congressisti. Fu proprio a Palermo, quindi, che non solo si propose ufficialmente l insegnamento della Storia dell urbanistica nelle università e, come lineamenti, 18 Due saggi sulla storia della pianificazione, Tip. F.lli De Magistris, Palermo, Al primo saggio, intitolato Valori umani della cultura urbanistica d oggi, se ne affianca un altro, La pianificazione urbanistica nel mondo classico, che sintetizza per sommi capi la ben più ampia trattazione riservata all urbanistica di età antica nell opera ideata da Caracciolo; infine, conclude il testo, in appendice, l Indice parziale dell opera in via di redazione sulla storia della pianificazione urbanistica. 19 Per esempio in Vicende urbanistiche..., cit., pp. 3, L urbanistica si identifica con la sua storia, cit., p La terza sessione (o tema ) si intitolava, infatti, La metodologia nella storia dell urbanistica; sulla questione un documento prezioso oggi è rappresentato dagli Atti del VII Congresso nazionale di storia dell architettura, Palermo, settembre 1950, Comitato presso la Soprintendenza ai monumenti, Palermo 1956, e in particolare pp. XVI-XVII, XXXV,

193 persino nei corsi di storia dell arte dei licei, ma si affrontarono coralmente le questioni-chiave, delicatissime e ancora oggi di grandissima attualità, riguardanti il rapporto, in termini di autonomia o meno, con la storia dell architettura, la metodologia della ricerca storico-urbanistica e in buona sostanza l identità della disciplina. Caracciolo stranamente non prese parte a questa terza sezione, preferendovi la seconda, decidendo in quest occasione di caricare sulle proprie spalle un altra delicata questione, la difesa dell ancora a quella data assai bistrattata architettura dell Ottocento egli denunciò in apertura alla sua relazione come nessun altra proposta fosse pervenuta, altro tema a lui assai caro e per il quale propose pure una risoluzione di voto per l incremento degli studi in questo settore 22. Tuttavia è chiaro che Caracciolo dovette avere un ruolo significativo nella risoluzione relativa all insegnamento della storia dell urbanistica, tenuto conto che in quello stesso anno egli aveva già elaborato una proposta di scheda per la storia dell urbanistica con il suo Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice e nella premessa a questo aveva plaudito all inserimento della questione nell ordine del giorno del congresso palermitano che avrebbe avuto luogo da lì a poco 23. A conclusione dei lavori con il settimo voto 24 il Congresso affermava non solo l urgenza di incrementare in Italia gli studi storici dell urbanistica, ma prima di tutto l identità metodologica nella trattazione storico-critica e dell architettura e dell urbanistica, a questo riguardo chiarificatore fu l intervento di Zevi 25, e quindi in sostanza la non autonomia disciplinare della storia dell urbanistica, intesa nell accezione moderna di storia della città e del territorio, definita da Caracciolo infatti come tutta l attività umana intesa a modificare l ambiente urbano e rurale 26, rispetto alla storia 22 Atti del VII Congresso..., cit., p. XXII. Sull argomento, cfr. F. Scaduto, infra. 23 Ambienti edilizi nella città sul monte Erice. Proposta di scheda per la Storia dell Urbanistica, in Archivio storico siciliano, serie terza, vol. IV, , pp , in particolare per le questioni disciplinari: pp Il VII voto così recitava: Il congresso, esaminato il problema della metodologia nella storia dell urbanistica, rileva l identità di essa con la metodologia nella storia dell architettura; constata la necessità di incrementare gli studi storici dell urbanistica; auspica che lineamenti di storia dell urbanistica siano inseriti nel programma di storia dell arte nelle scuole medie; riafferma l utilità che la storia dell urbanistica sia trattata nei corsi universitari di storia dell architettura, e propone di dedicare un prossimo congresso a problemi specifici di storia urbanistica e, a tale scopo, di prendere accordi con l INU (Atti del VII Congresso..., cit., p. XXXV). 25 Cfr. B. Zevi, La metodologia nella storia dell urbanistica, in Atti del VII Congresso..., cit., pp Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice..., cit., p

194 dell architettura, nell ambito dei cui corsi universitari essa andava insegnata con quell amore, quella passione e quella consapevolezza di cui Caracciolo ci ha reso testimonianza con il suo personale percorso di docente, di architetto, di ricercatore. Rimane però sempre vivo il suo monito a che l inserimento della storia dell urbanistica nella storia dell architettura non si risolva in un appendice nella quale siano descritte talune città ma che implichi invece un rinnovamento completo dell insegnamento e della disciplina 27. D altronde oggi, a differenza di quegli anni, l Italia è ben lontana da quella pochezza di studi storico-urbanistici lamentata allora all unisono pressoché da tutti e la storia dell urbanistica in questi sessant anni si è fatta forte di un ricchissimo, eterogeneo patrimonio di ricerca, di insegnamento, di riflessione e confronto metodologico accumulato da più scuole, scuole diverse, a volte portatrici di punti di vista divergenti se non conflittuali, unite però dal riconoscimento dell indiscutibile centralità di queste tematiche. A conferma di questo assunto vogliamo concludere proprio con le parole con cui Caracciolo apriva quel suo primo scritto del lontano 1932: Se è vero che allo scultore, al pittore, all architetto è necessaria la conoscenza della storia delle proprie arti, è innegabile che all architetto urbanista è necessaria la conoscenza delle vicende passate delle città, in quanto questa conoscenza gli permette di meglio analizzare il presente e di prevenire il futuro L urbanistica si identifica con la sua storia, cit., p. 32. Già l anno prima Caracciolo aveva manifestato il suo convincimento che non fosse accettabile la suddivisione della Storia dell architettura in tanti insegnamenti speciali e che al contrario l inserzione della Storia dell urbanistica nella Storia dell architettura avrebbe portato a utili ripensamenti e riforme ; Ambienti edilizi nella città sul Monte Erice..., cit., p Vicende urbanistiche..., cit., p

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