RUOTE E CANALI PER CONOSCERE L ANTICO SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE DI BOLOGNA DOSSIER PER GLI INSEGNANTI A CURA DI COSETTA BIGALLI

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1 COMUNE DI BOLOGNA CULTURA LABORATORIO PER LA DIDATTICA RUOTE E CANALI PER CONOSCERE L ANTICO SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE DI BOLOGNA DOSSIER PER GLI INSEGNANTI A CURA DI COSETTA BIGALLI

2 IL BACINO IDRAULICO DI BOLOGNA La città di Bologna è posta ai piedi degli Appennini fra gli sbocchi delle valli del Reno e del Savena. Prendendo la via Emilia come linea ideale di separazione del territorio, si può dire che esso risulta approssimativamente diviso in due parti: una montuosa a sud-ovest dell antica strada consolare e l altra pianeggiante a nord-ovest della medesima. La direzione di scorrimento delle acque è appunto dal crinale appenninico (a sud) verso la pianura padana (a nord). Nella zona in cui sorge la città che nelle mappe è raffigurata come un poligono irregolare di cui le mura segnano il perimetro sono presenti corsi d acqua naturali di portata diversa. In particolare si notano il torrente Aposa, che attraversa longitudinalmente la città, il torrente Savena e il fiume Reno che scorrono al di fuori delle mura, rispettivamente nella zona orientale e occidentale. In età romana il rifornimento idrico fornito dall Aposa, che scende dalle colline sovrastanti la città, risultava sufficiente per le necessità di una popolazione di abitanti. Inoltre la portata del torrente veniva aumentata dal contributo delle acque del torrente Setta convogliate nell Aposa tramite l antico acquedotto (diroccato poi nel corso del VI secolo). Quando Bologna, a partire dall XI secolo, conobbe una consistente espansione economica, demografica e territoriale legata soprattutto alla nascita dell Università e alla migrazione di popolazioni dal contado attirate da aumentate possibilità lavorative si accrebbero le necessità di approvvigionamento idrico. Quindi ci si propose di utilizzare le acque del Savena e del Reno. Per convogliarle in città furono costruiti due sbarramenti la chiusa di S. Ruffillo sul Savena e la chiusa di Casalecchio sul Reno e gli omonimi canali che ne derivavano l acqua dai bacini creati artificialmente. L IMPIANTO DEL SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE Nella seconda metà del secolo XII il Comune di Bologna e un gruppo di imprenditori privati i cosiddetti Ramisani avviarono una politica di grandi investimenti infrastrutturali che delinearono i caratteri del successivo sviluppo della città. Obiettivo comune era quello di dotare Bologna di un potente sistema idraulico: una scelta che, nel lungo periodo, costituì l innovazione più forte e capace di segnare l economia e la società urbana.

3 IL SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE Il territorio di Bologna si presenta in pendenza (da sud a nord) e con differenti altitudini: all interno della terza cerchia muraria Porta D Azeglio a ca. 76 m sul livello del mare è il punto più alto, mentre il punto più basso è costituito da una conca a ca. 37 m sul livello del mare dove venne costruito il porto fluviale. Entro lo spazio urbano scorrono i corsi d acqua naturali e artificiali distribuendo l acqua su tutto il territorio: al centro il torrente Aposa, (oggi interrato) attraversa longitudinalmente la città; nella zona orientale (con ingresso a Porta Castiglione e Porta S. Stefano attualmente al di sotto del livello stradale) si snodano i due rami del canale di Savena e il condotto laterale che porta al Savena abbandonato; il canale di Reno rifornisce invece la zona occidentale. Il canale di Reno entra in città all altezza della Chiesa della Grada che nel nome ricorda le grate in ferro, ancora oggi visibili, abbassate ogni sera per impedire l accesso all interno delle mura prosegue poi con un andamento regolare secondo l asse ovest-est (oggi completamente tombato al di sotto di via della Grada, via Riva di Reno, ) per virare poi bruscamente a nord dando origine al canale delle Moline e raggiungere le mura cittadine. Questo tratto di canale, nei periodi di magra, era alimentato anche dalle acque dell Aposa e del canale di Savena che vi venivano immesse tramite un sovrappasso. Un altra derivazione del canale di Reno era costituita dal canale del Cavaticcio, che alimentava il Porto Navile. Tutte le acque poi, dopo avere attraversato la città, confluivano alla Bova, fuori delle mura, dando origine al canale Navile..

4 Rappresentazione del sistema idraulico di Bologna dove è evidenziata l area delle chiaviche industriali. Museo del Patrimonio Industriale

5 ENERGIA E TRASPORTO LE FUNZIONI PRINCIPALI DEL SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE Questa rete di canali all interno della città rispondeva a una molteplicità di funzioni: a scopo difensivo poiché i canali alimentavano il fossato che circondava le mura; per l approvvigionamento idrico necessario alle esigenze della vita quotidiana: lavare gli indumenti, gli utensili; cuocere il cibo (unico uso alimentare poiché l acqua del canale, inquinata organicamente, non era potabile); abbeverare gli animali; per l irrigazione degli orti, dei giardini e dei vigneti interni alla città; per alimentare le vasche destinate alla coltura del pesce (alimento fondamentale della dieta in gran parte dell anno); per lo smaltimento dei rifiuti privati e come collettore delle acque meteoriche; per fornire materia prima a specifici processi produttivi (concia delle pelli, fabbricazione della pergamena, dei mattoni, del vetro; lavatura e tintura della lana; increspatura del velo di seta; lavorazione del ferro) ; rifornimento di energia idraulica per gli impianti produttivi (mulini da grano, gualchiere, mulini da seta, ecc.); Nel perimetro urbano i canali scorrevano solo parzialmente scoperti, erano attraversati da ponti e sulle loro sponde erano stati collocati lavatoi, banchine... Non era quindi possibile utilizzarli come vie di traffico. Al di fuori delle mura si svolgeva invece un regolare servizio fluviale per il trasporto di uomini e merci, che inseriva Bologna nel panorama economico nazionale e internazionale dell epoca. TRASPORTO LE FUNZIONI PRINCIPALI DEL SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE Infatti l 80% delle acque veniva convogliato alla Bova e da qui confluiva nel canale Navile che, dirigendosi verso nord, congiungeva Bologna a Malalbergo. In età medievale (le prime notizie certe sul Navile risalgono al 1208) e moderna, raggiunto Malalbergo era possibile proseguire il viaggio attraverso le valli (zone paludose costantemente allagate) e il Po, collegandosi in tal modo al traffico internazionale che aveva il suo centro nel porto di Venezia. Nel tratto iniziale, il canale Navile presentava un accentuata inclinazione. Per ovviare alle difficoltà della navigazione, la pendenza venne ridotta e furono

6 Nella seconda metà del secolo XIII si avviò a Bologna un processo di razionalizzazione degli insediamenti produttivi. Le acque del canale di Savena la cui costruzione a spese del Comune nel XII secolo era stata determinata anzitutto dalla necessità di alimentare il fossato che circondava la cinta dei Torresotti e poi per consentire il funzionamento dei mulini da grano impiantati in questa zona militarmente più sicura dal XV secolo vennero utilizzate prevalentemente come materia prima da concerie, tintorie, incresperie da veli e sempre meno come rifornimento energetico per altre attività produttive. Il canale di Reno costruito anch esso nel XII secolo ma da un consorzio di privati, i Ramisani, che intendevano così sottrarsi al pagamento della tassa imposta dal Comune per l uso dell acqua del Canale nel XIII secolo venne acquistato dal Comune e tutti i mulini privati installati sulle sue sponde furono in seguito espropriati. Contemporaneamente a questa operazione finanziaria, fu sistemato il canale delle Moline, segmento terminale del canale di Reno: tutti gli impianti per la molitura vennero concentrati in questo tratto e lì rimasero sino alla fine del XIX secolo. Nel percorso a monte (la cosiddetta area delle chiaviche ) si collocarono i mulini da seta. Per capire le motivazioni tecniche ed economiche sottostanti alla differenziazione delle due aree produttive attraversate dal canale di Reno, occorre fare riferimento alle caratteristiche strutturali dei due impianti. ENERGIA LE FUNZIONI PRINCIPALI DEL SISTEMA IDRAULICO ARTIFICIALE I quindici mulini da grano, collocati sul canale delle Moline, dovevano assicurare una elevata capacità produttiva per poter corrispondere al fabbisogno cittadino di farina. Infatti nel XVI secolo per una popolazione di oltre abitanti, i fornai bolognesi utilizzavano, per la panificazione, circa 265 corbe di farina al giorno (1 corba = 59 kg ca). Ogni impianto era azionato da una ruota verticale, esterna all edificio, di grandi dimensioni, il cui vantaggioso funzionamento rispetto agli alti costi di costruzione e di manutenzione poteva essere garantito solo da un flusso d acqua

7 abbondante e ben regolato. Opportuni interventi sul canale delle Moline ( 9 dislivelli per aumentare la velocità dell acqua, paratoie trasversali e un assito mobile longitudinale che ne faceva una specie di condotta forzata) risposero a questa necessità. La movimentazione dei filatoi era invece fornita da una ruota verticale a cassette di bassa potenza, posta nella cantina dell edificio, per la quale era sufficiente il ridotto flusso d acqua derivato dal canale per mezzo della chiavica. Si comprende quindi perché si sia verificato un incremento differenziato tra le ruote idrauliche installate in città tra XIV e fine XV secolo. Il numero delle ruote azionanti mulini da grano rimase pressoché invariato per l accresciuta capacità produttiva degli impianti; quelle destinate ad altri usi si moltiplicarono sino a un totale di 400. Di queste oltre 350 erano utilizzate dai mulini da seta poiché la diffusione capillare della combinazione chiavica / ruota a cassette si estendeva ad aree anche distanti dal corso del canale. La realizzazione di questa rete energetica diede quindi un formidabile impulso allo sviluppo del setificio urbano permettendo ai prodotti bolognesi (veli e organzini) di imporsi sul grande mercato internazionale. Conclusa questa lunga fase di assetto, il sistema idraulico artificiale non subì ulteriori modificazioni strutturali sino al secolo XX quando in città i canali vennero coperti. I provvedimenti tecnici adottati per il canale delle Moline si prefiggevano lo scopo di consentire la macinazione non solo nei periodi di secca, ma anche contemporaneamente al funzionamento dei mulini da seta. Infatti l apertura delle chiaviche sottraeva un grande volume d acqua al canale di Reno diminuendone la portata al punto da impedire la movimentazione delle macine. La controversia sulla quale l autorità cittadina intervenne ripetutamente con appositi regolamenti, che disciplinavano l utilizzo dell acqua privilegiando per lo più il funzionamento degli impianti per la macinazione si risolse naturalmente, nel corso del secolo XVIII, con il declino del setificio e il processo di deindustrializzazione segnato dalla chiusura di decine e decine di mulini da seta.

8 Rappresentazione schematica di un mulino da grano (a sinistra) e di un mulino da seta (a destra). L immagine evidenzia le differenze strutturali dei due impianti. Museo del Patrimonio Industriale Per tutto il corso del secolo XVIII il numero degli impianti produttivi, installati lungo il canale di Reno andò decrescendo. Nel 1797 in città si contavano ormai solo una ventina di mulini da seta: un fenomeno legato alla costituzione in aree rurali del nord Italia di insediamenti di mulini da seta. Si costituitono quindi nuovi e competitivi distretti che imposero i loro prodotti sul mercato internazionale, sconfiggendo quelli bolognesi sul terreno dei costi e della qualità. Le ruote alimentate dalle acque del canale di Reno mossero sempre meno i complessi meccanismi dei filatoi, ma pile da riso, macine, torchi: macchine legate alla trasformazione di prodotti ricavati nelle campagne circostanti e destinati al ristretto utilizzo in area locale. Le due mappe di inizio (a sinistra) e fine (a destra) del XVIII secolo mettono in evidenza il processo di deindustrializzazione in corso. Museo del Patrimonio Industriale

9 IL MULINO PEDINI NEL SECOLO XVIII: L ABITAZIONE E L OPIFICIO Nel periodo di maggiore espansione (secolo XVII) i cento e più mulini da seta bolognesi occupavano complessivamente uomini adulti (ai filatoi e torcitoi) e circa 1500 bambini (agli incannatoi), per torcere libbre di seta all anno. L attività produttiva si svolgeva in ambienti che facilmente potevano essere convertiti da abitazione ad opificio: le chiaviche scorrevano sotto il livello stradale, le ruote si trovavano nelle cantine, le macchine (filatoi e incannatoi) erano installate secondo un asse verticale nei diversi piani dell edificio eliminando i solai in legno che li dividevano. Informazioni ricavate dall incrocio di fonti diverse su chiaviche, macchine e uomini presenti nel Mulino Pedini. Museo del Patrimonio Industriale

10 BIBLIOGRAFIA Alberto GUENZI L'area protoindustriale del canale di Reno in città nel secolo XVIII in Problemi d'acque a Bologna in età moderna. Atti del II colloquio, Bologna, ottobre 1981, Istituto per la Storia di Bologna, 1983 Roberto MATULLI - Carlo SALOMONI Il canale Navile a Bologna Venezia, Marsilio, 1984 Alberto GUENZI - Carlo PONI Sinergia di due innovazioni. Chiaviche e mulini da seta a Bologna, "Quaderni storici" a.xxii n.64, aprile 1987 Antonio Ivan PINI L'acqua nella città medievale. Canali e mulini a Bologna tra XI e XV secolo, "Scuolaofficina", a.ix n.1, gennaio-giugno 1990 Alberto GUENZI Produrre farina. Il conflitto grano-seta a Bologna in Età Moderna, "Scuolaofficina", a.ix n.1, gennaio-giugno 1990 Simonetta RAIMONDI Gestione delle acque a Bologna nel corso del XIX secolo, "Scuolaofficina", a.ix n.1, gennaio-giugno 1990 Ideazione del percorso didattico: Ricerche e testi Cosetta Bigalli Cosetta Bigalli In copertina: via Riva di Reno attraversata dal Canale, sullo sfondo al centro è visibile la chiesa della Madonna del Ponte delle Lame come appare in una incisione del pittore bolognese Antonio Basoli ( ).

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