ANCORA ENERGIE RINNOVABILI : BIOMASSA E BIOGAS

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1 ANCORA ENERGIE RINNOVABILI : BIOMASSA E BIOGAS di Avv. Rosa Bertuzzi Quando si affronta l istituto delle energie rinnovabili riguardanti l utilizzazione delle risorse dell'agricoltura spesso di genera confusione tra biomassa o di biogas. Quando si parla di biomasse si intendono i prodotti della terra che sono in grado, mediante combustione o decomposizione, di produrre energia e/o calore. Con tale termine si indicano tutti materiali di origine organica (vegetale o animale) che non hanno subito nessun processo di fossilizzazione e sono impiegati per la produzione di energia. Conseguentemente tutti i combustibili fossili (petrolio, carbone, metano, ecc..) non possono essere considerati come biomassa. Le biomasse sono compresi fra le fonti rinnovabili in quanto l anidride carbonica (CO2) emessa per la produzione di energia non rappresenta un aumento dell anidride carbonica presente nell ambiente, ma è la stessa che le piante hanno prima assimilato per accrescere e che alla morte di esse tornerebbe nell atmosfera attraverso i consueti processi degradativi della sostanza organica. L utilizzo delle biomasse accelera il ritorno della CO2 in atmosfera offrendola nuovamente disponibile alle piante. Queste emissioni rientrano nel normale ciclo del carbonio e sono in equilibrio fra CO2 emessa e assorbita. Le biomasse non sono disponibili in ogni mese, ma in base alle colture stagionali, la cui raccolta avviene in un determinato periodo dell'anno. Per questo motivo impianti di potenza alimentati a biomasse richiedono grandi zone per lo stoccaggio del materiale. La digestione anaerobica è un processo biologico complesso attraverso il quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene tramutata in biogas, o gas biologico, composto principalmente da metano e anidride carbonica. L attività biologica anaerobica avviene entro un intervallo di temperatura compreso tra -5 e +70 C. Il processo di digestione anaerobica consente di ottenere il biogas a partire da liquami zootecnici (suini, bovini, avicoli, equini, ecc.) e da substrati di natura vegetale, provenienti da colture dedicate (insilati di mais, sorgo, ecc.) o da scarti di varia natura (industria agro-alimentare, ecc.). Con il termine di biomassa agricola si indica un ampio gruppo di materiali, tutti direttamente o indirettamente provenienti dall attività dell imprenditore agricolo; paragonati ad altre fonti di energie rinnovabili, questi materiali presentano alcuni vantaggi importanti: per esempio, la possibilità di essere reperiti su tutto il territorio e la possibilità di stoccaggio, fattori che ne consentono un utilizzo programmato. La filiera agroenergetica è una serie di stadi che permettono, a partire dalla materia prima di origine vegetale o animale, cioè la biomassa, di adempiere al fabbisogno energetico di uno o più utilizzatori. La filiera comprende tre passaggi essenziali: il reperimento della biomassa, la sua trasformazione in un vettore energetico (biocombustibile) e il suo utilizzo all interno di un sistema per la conversione di energia.

2 La superficie di questi impianti li rende integrabili nelle aziende agricole e negli allevamenti. L utilizzo agronomico del digestato (ove consentito dalle restrizioni dovute alla cosiddetta direttiva nitrati ) raffigura inoltre un modo efficiente di chiudere la catena. La combustione del materiale può produrre un inquinamento locale, soprattutto se il materiale è legnoso (quindi allo stato solido), contribuisce in maniera minimale all'emissione di CO2, emette le poche quantità di ossidi d'azoto e di zolfo che la pianta ha assorbito. Il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia di potenza superiore a 50 MW termici alimentati da fonti convenzionali e rinnovabili è di compentenza della Regione, sotto la soglia dei 50 MW, la competenza è delle Province (Lr 23 Dicembre 2004 n.26 B.U.R. Emilia Romagna - n. 175 del 28/12/2004). Discorso analogo per gli impianti cogenerativi a biogas con capacità di generazione elettrica inferiore o uguale ad 1 MWe ovvero di potenza termica nominale inferiore a 3 MWt, cosiddetti di piccola cogenerazione. Recuperando anche in questo caso le Linee guida nazionali, che si rifanno a loro volta alle semplificazioni introdotte dalla Legge 99/2009, la delibera ribadisce che gli impianti siano assoggetati a Dia/Scia. Una condizione obbligatoria, è che le biomasse utilizzate provengano da sostanze qualificabili come sottoprodotti e siano quindi escluse dalla disciplina dei rifiuti. Per quanto riguarda il problema delle emissioni in atmosfera di un impianto di biomassa, si deve partire dal prodotto finale della fermentazione anaerobica che è un materiale organico stabilizzato, pressoché inodore, ricco di elementi nutritivi, con bassa o nulla carica batterica. Può essere utilizzato come fertilizzante in maniera più sicura e agronomicamente più efficiente ed appropriata rispetto ad un normale liquame o fango tal quale. Quando, invece, parliamo di biogas intendiamo solamente il gas prodotto durante la degradazione di biomateriali di scarto. In generale per indicare dunque l'energia dai prodotti biologici usiamo il termine bioenergie in cui è chiaro il riferimento a tutti i bioprodotti. Con il termine biogas si definisce una miscela di vari tipi di gas (il più importante è il metano, dal 50 al 80%) prodotto dalla fermentazione batterica inanaerobiosi (assenza di ossigeno) dei residui organici originati dai rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse, scarti dell'agro-industria e liquami zootecnici o fanghi di depurazione. Il biogas si forma spontaneamente. Il processo è la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride carbonica, idrogeno molecolare e metano (metanizzazione dei composti organici). Le discariche di rifiuti urbani sono grandi produttori, in quanto il 30-40% del rifiuto è materiale organico. Questo gas può essere recepito e utilizzato per la produzione di energia elettrica. Ad esempio, da una discarica di circa metri cubi si producono circa 5,5 milioni di metri cubi di biogas all'anno, quasi 600 m 3 ogni ora. Sono state potenziate le tecnologie ed impianti che, grazie l'utilizzo di batteri in appositi "fermentatori" chiusi sono capaci di ricavare grandi quantità di biogas dai rifiuti organici urbani e dal letame prodotto dagli allevamenti, dai residui dell'agro-industria e dai fanghi di depurazione. Gli impianti di biogas sono definiti "a secco", cioè non necessitano di liquami per il loro funzionamento. L'acqua indispensabile al processo è connessa all'umidità del materiale adoperato per alimentare l'impianto. Il gas prodotto nel processo può essere utilizzato per la combustione in caldaie da riscaldamento o per generare energia elettrica e/o calore; il biogas è formato primariamente da metano, di conseguenza con un fondamentale processo di depurazione e separazione di ulteriori componenti (es, anidride carbonica e zolfo), può essere utilizzato come biometano per il funzionamento dei veicoli. Questa attuazione ha trovato affermazione in Svizzera, Germania, Svezia, ed in via di sperimentazione anche in Italia. L anidride carbonica prodotta dalla combustione del metano consente di uguagliare il bilancio dell'anidride carbonica emessa in atmosfera: infatti la CO 2 diffusa dalla combustione del biogas è la stessa CO 2 trattenuta dalle piante, al contrario di quanto avviene nella combustione dei carburanti fossili. L'esclusiva norma tecnica esistente è la UNI :1995 Impianti per la produzione del gas biologico (biogas). Classificazione, requisiti, regole per la costruzione, l'offerta, l'ordinazione e

3 il collaudo, attualmente la norma è in fase di rettifica da parte di un gruppo di lavoro del Comitato Termotecnico Italiano. Le norme nazionali che regolano la produzione e l'utilizzo di biogas sono: a) Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate b) Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 Attuazione della direttiva 2001/77 relativa alla promozione dell energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell elettricità. c) Decreto Legislativo 11 maggio 2005, n. 133 Attuazione della direttiva 2000/76 in materia di incenerimento dei rifiuti. d) Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale e) Regolamento CE n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3/10/2002, recante Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano. f) Regolamento CE n. 208/2006 della commissione del 7/2/2006 che modifica gli allegati VI e VIII del regolamento CE n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente le norme di trasformazione relative agli impianti di produzione di biogas e di compostaggio e i requisiti applicabili allo stallatico. Il biogas che è combustibile riferibile al Decreto legislativo n. 152 del 2006 Parte V, allegato X, sezione 6 quando proviene dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche non costituite da rifiuti. In particolare non deve essere conseguenza di discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica. Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti. Il biogas è combustibile rifiuto in tutti gli altri casi. I reflui zootecnici sono rifiuti per i quali è essenziale un trattamento prima di giungere alla utilizzazione agronomica e sono disciplinati da leggi regionali. Stessa valutazione è fatta per i reflui civili il cui fango di depurazione viene elaborato prima di essere indirizzato alle utilizzazioni ammesse. Il biogas, proveniente da rifiuti o combustibili, è in tutti i casi una fonte di energia rinnovabile (FER) come è definito dal Decreto n. 387del 2003, il quale specifica che le fonti energetiche rinnovabili non fossili sono l eolica, il solare, la geotermica, il moto ondoso, la maremotrice, l idraulica, le biomasse, i gas di discarica, i gas residuati dai processi di depurazione ed il biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. L autorizzazione ed i limiti alle emissioni variano a seconda del tipo di almentazione del reattore e dal tipo di processo: a) Conversione energetica di un rifiuto non ammesso a procedure semplificate: l emissione viene autorizzata secondo il decreto 133/2005. b) Conversione energetica di un rifiuto ammesso alle procedure semplificate: l emissione viene autorizzata secondo il DM 5 febbraio c) Trattamento rifiuto: l emissione viene autorizzata secondo il decreto 152/2006 d) Conversione energetica di un combustibile ammesso: l emissione viene autorizzata secondo il decreto 152/2006. L autorizzazione allo scarico delle acque reflue dell impianto sono definite dal Decreto 152/2006. Quando l alimentazione è monotona si possono discernere i seguenti casi: 1) Nel caso di conversione energetica: rifiuto in ingresso, rifiuto in uscita; biomassa ammessa in entrata refluo agronomico in uscita. 2) Nel caso di trattamento: refluo zootecnico in entrata, refluo zootecnico in uscita. La materia è regolata dal DM 7/4/06 che prevede anche la miscelazione tra reflui e biomasse ammesse. Seconda possibilità è il fango di depurazione in entrata, fango di depurazione in uscita. I fanghi vengono avviati al recupero o allo smaltimento in base alla loro normativa.

4 Il Decreto 152/06 stabilisce che gli impianti di biogas, proveniente da combustibile ammesso, con potenza termica nominale inferiore a 3 MW sono considerati a basso inquinamento, quindi non necessitano di autorizzazione, ma è indispensabile una comunicazione di inizio attività da inviarsi alla competente autorità (in genere la Provincia). Mentre il Decreto 387/03 stabilisce (art. 12, comma 8) che questi impianti sono da considerarsi ad inquinamento poco significativo sempre che ubicati all interno dei impianti di smaltimento rifiuti escludendo di fatto tutti gli impianti realizzati in un contesto agricolo. Per quanto riguarda le reali emissioni è possibile individuare tre tipologie di emissioni generate da un impianto di biogas: Emissioni in atmosfera Emissioni rumorose Emissioni degli odori Emissioni in atmosfera La digestione anaerobica è un processo biologico e non termochimico (combustione, pirolisi) e non produce quindi emissione di polveri sottili. La quantità di anidride carbonica emessa dalla combustione del biogas è pari all'anidride carbonica assorbita dalle biomasse agricole, durante il loro accrescimento, attraverso il processo di fotosintesi. Quindi si realizza un processo di produzione di anidride carbonica neutrale. Agli impianti che utilizzano biogas ed equipaggiati con motori a combustione interna, si applicano i valori limite riportati nella seguente tabella: Composto Valore limite di concentrazione (mg/nm3 5% O2) Potenza termica nominale <= 3 MWth Carbonio Organico Totale (C.O.T.) 150 Monossido di carbonio 800 Ossidi di azoto 500 Composti inorganici del cloro 10 Si possono indicare dei sistemi di abbattimento, al fine di limitare l emissione di monossido di carbonio e di composti inquinanti derivanti da eventuali combustioni incomplete, a valle dello scarico di ciascun motore sarà montato un catalizzatore in grado di ossidare i composti ancora parzialmente incombusti. L abbattimento del monossido di carbonio a 500 mg/nm3 avviene mediante un catalizzatore ossidante che è in grado di abbattere il 50% di CO già ad una temperatura di 120 C. Emissioni rumorose Il livello sonoro compatibile con le norme vigenti verrà conseguito attraverso i seguenti provvedimenti: silenziatore dei gas di scarico con coibentazione fonoassorbente in lana minerale; supporti elastici per i gruppi di cogenerazione; container insonorizzato per il gruppo di cogenerazione; setti e dispositivi di aerazione e ventilazione silenziati Emissioni degli odori L emissione degli odori della filiera di produzione del biogas è pressoché nulla, dato che: _ I digestori sono stagni al biogas; _ L immissione dei liquami nei digestori avviene attraverso un sistema chiuso di tubazioni e non causa ulteriore emissione di odori; _ La sostanza digerita al termine della produzione del biogas (cioè il digestato) ha perso gran parte degli elementi chimici che provocano odore nel liquame fresco e quindi le emissioni sono pari a zero. I possibili controlli che può effettuare l autorità competente sono:

5 1) Conformità dell attività svolta all interno dell impresa e le autorizzazioni richieste(rilasciate) 2) Emissioni in atmosfera conformi ai limiti 3) Emissioni rumorose conformi ai limiti 4) Conformità dell attività svolta dall impresa e contributi ricevuti I punti 2 e 3 necessitano dell intervento dell ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell'ambiente, regionalmente competente).

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