4.4 CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTE PRESTAZIONI (HPLC)

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1 4.4 CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTE PRESTAZIONI (HPLC) L HPLC (cromatografia in fase liquida ad alte prestazioni o ad alta pressione) è la moderna evoluzione della cromatografia liquida su colonna (LC). In questo caso si tratta però di una tecnica completamente strumentale che presenta molti vantaggi rispetto alla tecnica convenzionale di base: rapidità di esecuzione alta efficienza che permette la separazione di miscele molto complesse alta risoluzione (cioè picchi di sostanze anche simili chimicamente, ben separati) rivelazione in continuo dei componenti di una miscela, in uscita dalla colonna registrazione automatica in continuo del cromatogramma determinazione quantitativa dei componenti della miscela Anche rispetto alla GC, l HPLC presenta alcuni vantaggi strumentali quali: possibilità di analisi di composti non facilmente vaporizzabili o che non sopportano alte temperature perchè si decompongono (termolabili) assenza di problemi legati all uso di gas in bombole ad alta pressione o pericolosi come l H 2 (problemi di sicurezza, uso di linee di adduzione dei gas, centraline di regolazione fine delle pressioni ecc.) I principi di base di questa tecnica sono praticamente gli stessi della cromatografia liquida classica: la miscela da separare viene caricata su una colonna contenente una fase fissa o stazionaria avente determinate caratteristiche. Attraverso di essa fluisce un liquido puro o una miscela di liquidi (fase mobile). I vari componenti della miscela, essendo chimicamente diversi, interagiscono in maniera diversa con la fase stazionaria e quindi vengono trattenuti in essa più o meno fortemente; la fase mobile riesce perciò a spostarli lungo la colonna, dall entrata all uscita, in tempi diversi, rendendo la tecnica selettiva. Per quanto riguarda la fase mobile, essa può essere costituita sempre da uno stesso eluente (a 1 o a due componenti ma a composizione fissa) per tutta la durata della cromatografia (eluizione isocratica), oppure la sua composizione può variare in modo controllato durante la cromatografia facendo variare le quantità relative di due solventi a polarità diversa (eluizione a gradiente di polarità). A parte gli aspetti strumentali, le principali differenze che si possono rilevare tra la LC classica e l HPLC sono riportate nella seguente tabella: Tecnica Φ medio delle Φ colonne Lunghezza media particelle della F S delle colonne LC classica µm mm cm HPLC a riempimento µm 1-4 mm cm pellicolare HPLC a microparticelle 4-10 µm 2-8 mm cm 1

2 I meccanismi di separazione su cui si basano le tecniche della HPLC sono quelli classici: adsorbimento (cromatografia liquido -solido LSC) ripartizione (cromatografia liquido-liquido LLC) scambio ionico (cromatografia di scambio ionico IEC) esclusione (cromatografia di esclusione EC) Infine si può dire che l HPLC, anche se deriva dalla cromatografia liquida su colonna classica, presenta diverse analogie con la GC, sia sotto il profilo teorico che pratico. Uno schema a blocchi di un cromatografo HPLC è riportato in Fig. 1 Fig contenitore fase mobile (1 o 2 contenitori per l uso di uno o due solventi) 2. pompa (1 o 2 per l uso di uno o due solventi) 3. camera di miscelazione con programmazione del gradiente di eluizione (nel caso di due solventi) 4. rivelatore di tipo differenziale 5. sistema di iniezione dei campioni 6. colonna 7. sistema di controllo della temperatura della colonna 8. scarico delle frazioni eluite dalla colonna 9. registratore 10. integratore elettronico o PC con software per HPLC 2

3 4.4.1 Apparecchiature ed aspetti strumentali a. pompe: sono componenti fondamentali dell apparecchiatura. Qualunque sia il sistema di funzionamento esse devono presentare alcuni requisiti essenziali: pressioni elevate esercitate in testa alla colonna (300 atm ed oltre) possibilità di variazione del flusso di fase mobile attraverso la colonna (1-10 ml/min) costanza e riproducibilità del flusso Le varie apparecchiature reperibili in commercio montano pompe di diverso tipo; tra esse si possono segnalare: pompe a membrana pompe a siringa pompe a doppio pistone Schemi di principio di una pompa del secondo tipo e di una del terzo tipo sono riportati rispettivamente nelle Figg. 2a e 2b. Nel tipo schematizzato in Fig. 2a, un grosso volume di eluente viene aspirato nella camera cilindrica mediante l arretramento di un pistone (1); essa è chiusa da un sistema di valvole. Durante l eluizione, si verifica l avanzamento del pistone nella camera causato dalla rotazione di una vite senza fine solidale con una ruota dentata (2). Lo spostamento del pistone esercita una pressione inviando un flusso costante di eluente in colonna. Nel tipo schematizzato in Fig. 2b ci sono invece due camere cilindriche di piccolo volume con due pistoni sfasati nel movimento nel senso che mentre il primo si trova in fase di aspirazione, l altro si trova in fase di compressione. I due pistoni sono azionati da una camma fatta ruotare da un motorino. Il circuito di alimentazione dei cilindri dal serbatoio dell eluente è unico, così come è unico il tubo di mandata alla colonna. Questo sistema a due pistoni (di cui uno si sta riempendo mentre l atro si va svuotando) evita che si abbiano interruzioni di flusso che, come si è detto, deve rimanere il più possibile costante. Fig. 2a Fig. 2b 3

4 Nei sistemi a gradiente di eluizione, i due solventi impiegati (uno a polarità bassa o nulla e l altro a polarità elevata) vengono prelevati dai due serbatoi in modo programmato per mezzo di due pompe e quindi mandati ad alta pressione in una camera di miscelazione; da qui la miscela passa in colonna. L andamento del gradiente di polarità può essere lineare (retta a pendenza programmabile), dal 100% del primo solvente (apolare) al 100% dell altro solvente (polare) oppure può avere altri andamenti, per esempio con avanzamento a gradini, sempre programmabili a priori e controllati da un microprocessore. Nel grafico di Fig. 3, si riportano due esempi di gradienti di eluizione programmati. b. sistemi di iniezione dei campioni Fig. 3 I campioni possono essere iniettati in colonna: con apposite microsiringhe per HPLC perforando un setto e inserendo il campione in una camera di iniezione, con il flusso di eluente bloccato, quindi riattivando il flusso con valvole di iniezione che rendono possibile l introduzione del campione senza interrompere il flusso dell eluente (anche a pressioni elevate). Una valvola di questo tipo è schematizzata in Fig. 4. Il campione iniettato va a finire in un serpentino mentre l eluente continua a fluire nella colonna, spinto dalla pompa. Ruotando la valvola, si attiva un altro percorso dell eluente che, prima di entrare in colonna, passa attraverso il serpentino in cui era stato introdotto il campione trasportandolo all interno della colonna. c. colonne: sono in acciaio inox o in vetro Fig. 4 molto robusto e sono adatte a resistere a pressioni elevate. Sono chiuse ai due estremi con setti porosi di acciaio sinterizzato, resistenti alle pressioni di esercizio; servono a bloccare la fase stazionaria all interno della colonna. I diametri interni e le lunghezze possono essere diversi ma mediamente si utilizzano colonne di cm di lunghezza con Φ interno di 2-4 mm. Per quanto riguarda il controllo di temperatura, esso può essere ottenuto o chiudendo la colonna in una camera termostatica a ventilazione oppure utilizzando colonne provviste esternamente di un mantello entro cui circola un fluido termostatato. 4

5 d. rivelatori: sono dispositivi sensibili al passaggio di un composto, anche a livello di tracce, che li attraversa, disciolto nel flusso di eluente. Si dividono in universali se sono sensibili a diversi tipi di composti (non a tutti) e selettivi se sono sensibili solo a particolari sostanze. In realtà non è possibile in HPLC avere dei rivelatori veramente universali, utilizzabili in ogni caso. Ce ne sono perciò di diverso tipo, basati su principi diversi. Le loro prestazioni si valutano in base ai parametri: sensibilità, intervallo di linearità, limite di rivelabilità i cui significati sono gli stessi della GC. I principali sistemi di rivelazione sono: rivelatori conduttometrici: sono rivelatori selettivi che non consentono eluizioni a gradiente. Si basano sulla misura differenziale della conducibilità della sola fase mobile rispetto a quella della fase mobile contenente ioni disciolti rivelatori rifrattometrici: sono universali ma non consentono eluizioni a gradiente. Si basano sulla misura differenziale dell indice di rifrazione dell eluente puro e dell eluente contenente sostanze diverse in uscita dalla colonna rivelatori spettrofotometrici UV: sono tra i più usati in HPLC perchè molte molecole organiche (cromofori) assorbono nell UV. Altre sostanze possono essere trasformate in cromofori facendole reagire con reagenti particolari. Essi possono operare a lunghezza d onda fissa (254 nm a cui molti composti organici assorbono) o a lunghezza d onda variabile. In questo caso c è bisogno anche di un monocromatore; le misure sono differenziali nel senso che c è un confronto continuo tra l intensità della radiazione che attraversa l eluente puro (che non deve assorbire) e quella che attraversa l eluente contenente un composto disciolto, in uscita dalla colonna rivelatore a fluorescenza: sono rivelatori selettivi che possono operare anche in gradiente. Rivelano solo particolari sostanze capaci di emettere radiazioni di fluorescenza quando vengono irradiate con radiazioni UV di particolare lunghezza d onda rivelatori FT-IR: non consentono eluizioni a gradiente. Permettono la registrazione dello spettro IR di una sostanza in trasformata di Fourier, mentre essa sta attraversando il rivelatore rivelatori polarografici: sono rivelatori selettivi per sostanze elettroattive rivelatori FID: consentono eluizioni a gradiente. Sono utilizzabili con eluenti non acquosi; l eluente viene allontanato per evaporazione e i composti in esso contenuti vengono ionizzati da una microfiamma, generando una corrente cui corrisponde un picco nel cromatogramma rivelatori a ECD: consentono l eluizione a gradiente; sono selettivi nei riguardi di composti aventi elevate affinità elettroniche come gli alogenoderivati aromatici. Si impiegano con eluenti non acquosi dotati di bassa affinità elettronica in modo che questi non riescano a catturare elettroni, mentre le sostanze elettroaffini in essi contenute, vengono meglio evidenziate 5

6 4.4.2 Materiali e tecniche analitiche a. fasi stazionarie: possono essere diverse a seconda della tecnica adottata e quindi del meccanismo di separazione utilizzato. Da un punto di vista generale si può dire che le particelle sono di due tipi: pellicolari: sono formate da un nucleo solido centrale, in genere di vetro, che supporta uno strato a piccolo spessore di materiale poroso microporose: sono microparticelle costituite direttamente da materiale poroso, senza nucleo centrale. Possono essere di forma sferica o irregolare. Presentano, rispetto alle pellicolari, diametri medi nettamente inferiori, maggiori capacità ed efficienza di separazione. A seconda poi delle diverse tecniche impiegate, le fasi stazionarie possono avere le seguenti caratteristiche: cromatografia liquido-solido (LSC): il meccanismo di separazione è l adsorbimento e quindi le particelle di fase stazionaria (pellicolari o microporose) sono costituite da un solido attivo. I materiali sono gli stessi usati nella TLC e nella cromatografia su colonna classica: gel di silice, allumina, poliammide, cellulose modificate. La selettività in questo caso è dovuta ai diversi valori che assumono i coefficienti di adsorbimento relativi alle diverse sostanze che costituiscono le miscele da separare cromatografia liquido-liquido (LLC): in questo caso il meccanismo di separazione è la ripartizione e quindi la fase stazionaria è costituita da un liquido non volatile che è depositato sotto forma di uno strato sottilissimo, su particelle pellicolari o microporose di gel di silice, allumina, kieselguhr. La selettività è data in questo caso dalle diverse solubilità presentate dalle sostanze contenute in una miscela, nei riguardi dei due liquidi che costituiscono la fase stazioneria e quella mobile; in sostanza dipende dai diversi valori dei coefficienti di ripartizione. Il liquido che costituisce la fase stazionaria dovrebbe essere del tutto immiscibile nella fase mobile. Questo non è sempre possibile per cui il principale problema che presenta questa tecnica è quello relativo alla fase stazionaria liquida che tende ad abbandonare la colonna; ciò comporta un esaurimento della colonna che perde rapidamente efficienza. Si è rimediato a questo inconveniente della LLC, creando delle fasi stazionarie legate chimicamente al supporto solido in modo che non vengano trascinate via dalla fase mobile. Si parla allora della cromatografia a fasi legate chimicamente BPC (bonded phase c.) che costituisce una nuova tecnica. In essa le microparticelle (pellicolari o di vetro o di gel di silice), avendo sulla superficie gruppi polari -OH possono reagire con alcoli (R-OH) o con triclorosilani R-Si Cl 3 che si legano chimicamente ai supporti solidi R-OH O-R OH Cl OH idrolisi R-Sill 3 O - Si - R O - Si - R Cl OH 6

7 I radicali R possono essere diversi (radicali alifatici da C 1 a C 18 o radicali aromatici o amminoalchilici - (CH 2 ) n - NH 2 ) cromatografia di esclusione (EC): il meccanismo di separazione si basa sull esclusione totale o selettiva di molecole aventi pesi molecolari elevati, le cui dimensioni sono tali da non permettere il loro passaggio all interno delle particelle polimeriche a maglia tridimensionale o da consentirne solo alcuni. Le fasi stazionarie sono costituite da polimeri o copolimeri quali stirene, stirene-divinilbenzene, poliacrilammide, PVA, sotto forma di gel semirigidi o rigidi per resistere alle alte pressioni esistenti nelle colonne. b. fasi mobili: sono solventi organici ad elevato grado di purezza (specifici per HPLC) e dotati di diversa polarità. Anche in questo caso, diversi Autori hanno suggerito elenchi di solventi disposti in ordine di polarità crescente (serie eluotropiche). In genere i solventi più usati nelle diverse tecniche, in ordine di polarità crescente, sono: n-esano, isoottano, cicloesano, CCl 4, toluene, benzene, etere dietilico, cloroformio, cloruro di metilene, tetraidrofurano (THF), metiletilchetone (MEK), acetone, diossano, acetato di etile, acetonitrile, piridina, dimetilformammide (DMF), propanalo, etanolo, metanolo, acqua. Questi solventi possono essere usati allo stato puro o in miscela tra loro (uno apolare e uno polare), a composizione costante per tutta la durata della cromatografia o a composizione variabile per graduarne la polarità Parametri cromatografici e prestazioni in HPLC Anche in HPLC, al termine di una separazione analitica, si registra un cromatogramma a picchi che, data l alta efficienza di queste tecniche, hanno un ampiezza molto piccola. Anche in questo caso, in perfetta analogia alla GC, i parametri del cromatogramma sono: tempo di ritenzione t R : è il tempo necessario perchè una certa sostanza attraversi la colonna e sia rivelata dal rivelatore. Dipende dal grado di affinità che la sostanza stessa ha nei riguardi della fase stazionaria (espressa come si è detto dai coefficienti di adsorbimento, ripartizione, di distribuzione in genere) tempo morto t M : è il tempo necessario perchè una sostanza che non dà nessuna interazione con la fase stazionaria e quindi per niente trattenuta da essa, esca dalla colonna volume di ritenzione V R : è il volume di fase mobile necessario per il trasporto di una certa sostanza dall ingresso all uscita della colonna: V R = t R Q E dove Q E è la portata dell eluente in ml/min volume morto V M : è il volume di eluente che attraversa la colonna nel tempo morto 7

8 Si desume che il volume di ritenzione di una qualsiasi sostanza sarà sempre maggiore del volume morto: V R > V M. E stato dimostrato che: V R = V M + K V S dove K = coefficiente di distribuzione V S = volume di fase stazionaria attiva Per quanto riguarda la valutazione delle prestazioni, si può far riferimento agli stessi parametri in uso nella GC e cioè: selettività efficienza risoluzione Pur con i necessari adeguamenti, le definizioni di questi parametri, i principi e le conclusioni sono gli stessi della GC. Anche in questo caso è stata sviluppta una teoria matematica sull efficienza basata sul numero dei piatti teorici e sull altezza equivalente ad un piatto teorico HETP. Le relazioni matematiche sono simili e anche qui si è trovata un equazione analoga alla Van Deemter (non esattamente uguale) che mette in relazione l HETP al flusso della fase mobile in colonna Analisi qualitativa e quantitativa in HPLC a. Analisi qualitativa: l identificazione dei picchi delle sostanze contenute nelle miscele si effettua, con i necessari adeguamenti, con gli stessi metodi impiegati nella GC b. Analisi quantitativa: anche in questa tecnica è necessario un PC dotato di un software specifico per l HPLC, al servizio dell apparecchio. La sua funzione è quella di misurare, mentre li disegna, le aree dei picchi (o le altezze quando le loro ampiezze sono molto piccole). Attraverso queste misure, si risale alle quantità dei diversi componenti delle miscele analizzate, applicando gli stessi metodi di analisi quantitativa della GC Applicazioni all analisi ambientale Molte delle applicazioni dell HPLC sono le stesse della GC. Occorre dire anzi che molti composti che interessano l analisi ambientale e che non possono essere esaminati con la GC perchè termolabili, possono invece essere determinati con la tecnica dell HPLC. Il campo di indagine è comunque quello dell analisi organica quali-quantitativa. Più in particolare si possono determinare con ottimi risultati: idrocarburi policiclici aromatici (IPA) pesticidi, carbammati, diserbanti inquinanti organici di vario tipo presenti nell aria analisi (mediante due rivelatori in serie: UV a 254 nm e rivelatore spettrofluorimetrico) delle benzine per la ricerca del benzene, della frazione aromatica totale e di alcuni IPA in esse contenute. 8

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