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1 Il CD contiene le slide elaborate dai gruppi di lavoro APPRO.DO suddivise per argomenti MENU CLINICA 1. Il Dolore di Base 2. Il BTcP come paradigma di dolore complesso 3. Problemi clinici emergenti a. Il dolore «difficile» b. Dal delirium alla sedazione palliativa 4. La criticità nella relazione e nella comunicazione ORGANIZZAZIONE 5. Le buone pratiche in Cure Palliative a domicilio 6. L integrazione tra i servizi

2 Il Dolore di Base Indice 1. Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 2. Applicate le linee guida? Quali? Sempre? 3. Opioid rotation. Quando? Come? 4. Come viene gestita la prescrizione dei farmaci?

3 Il Dolore di Base Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema?

4 Il Dolore di Base BARI Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 1. Eterogeneità delle modalità prescrittive/di erogazione anche nell ambito della stessa ASL 2. Ruolo del MMG nella prescrizione

5 Il Dolore di Base CATANIA Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 1. I palliativisti domiciliari non hanno il ricettario del SSN 2. Poca formazione per la gestione degli oppiacei da parte dei MMG/PLS e/o medici dei reparti ospedalieri 3. È stato dato seguito alla Legge 38/2010 sulla formazione rivolta ai MMG/PLS e medici ospedalieri istruendo i medici formatori 4. Nei fine settimana difficoltà a reperire gli oppiacei (alcune farmacie sono sprovviste, altre si rifiutano di accettare la ricetta in triplice copia e pretendono la ricetta del MMG) Soluzione? 1. La UOCP del territorio dovrebbe avere un armadio farmaceutico per la migliore gestione del caso 2. Disposizione ai medici di continuità assistenziale nel rispetto della Legge 38/2010

6 Il Dolore di Base CATANIA Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? COMMENTO Viene stressato il concetto della mancanza di ricettario I corsi di formazione hanno fatto emergere 100 formatori La mancanza del MMG fa sì che sia difficile reperire il farmaco oppioide durante il fine settimana Se la ricetta bianca non è corretta, il farmacista non eroga il farmaco La soluzione: avere un armadio con i farmaci da portare a domicilio del paziente. Ci sono anche altri farmaci come il midazolam con le stesse problematiche Contraddizioni «Ci viene richiesto di fare una cosa, ma nella realtà non la possiamo fare. I medici di continuità assistenziale non possono prescrivere»

7 Il Dolore di Base FIRENZE Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 1. Quando iniziare Lo scalino intermedio? 2. Cosa per iniziare Orale o altro? 3. E il cerotto? (tanto amato dal MMG) 4. Terrore della morfina

8 Il Dolore di Base MILANO Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 1. Problema culturale: oppiofobia a. Paziente b. Familiare c. MMG d. Medico ospedaliero (chirurgo ) 2. Disponibilità in prontuario terapeutico ospedaliero di più formulazioni 3. Disponibilità nelle farmacie sul territorio

9 Il Dolore di Base PADOVA Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 1. Difficoltà nel reperire la morfina in alcune farmacie e difficoltà formali (triplice copia...) 2. Resistenza da parte dei familiari (e alcuni rari medici) nell uso degli oppiacei 3. Medici che praticano terapia alternativa 4. Pazienti autonomi con desiderio di guidare l autovettura 5. Trasporto della morfina a domicilio 6. Familiari con problemi di tossicodipendenza

10 Il Dolore di Base PADOVA Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? COMMENTO Punto 4 Su questo punto si inseriscono una serie di considerazioni da parte dei partecipanti che riguardano la gestione generale del paziente che assume oppioidi. 1. Guida con oppioidi: l articolo 187 del Codice della Strada sanziona solo se insieme all assunzione c è anche alterazione dello stato psicofisico... Si discute molto su questo punto: come definire uno stato psicofisico «normale»? Si tratta comunque di pazienti che NON stanno bene, le forze dell ordine sono in grado di giudicare serenamente? Infine: è opportuno che questi pazienti guidino? 2. È importante avvertire i malati Quando si prescrive l oppioide, è indispensabile trovare il tempo per dire al paziente cosa deve fare e che diritti ha, sarebbe opportuno avere una sorta di consenso in cui gli viene scritto tutto.

11 Il Dolore di Base PADOVA Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? COMMENTO Si propone una checklist informativa da dare al malato al momento della prescrizione degli oppiacei: Cosa diciamo? Sono poche cose, ma quali? Cosa dovrebbe comprendere? Innanzitutto diremo che è un buon farmaco: 1. È efficace insistere sull efficacia 2. Può avere alcuni effetti collaterali come sonnolenza, confusione, nausea, vomito, che si possono prevenire e gestire spiegare come. Per prima cosa raccomandare al paziente di idratarsi 3. Dichiarare la natura del farmaco: è un oppioide 4. Illustrare bene le modalità di assunzione (tempi e modi) soffermarsi se viene assunto con altri farmaci 5. Dare la propria disponibilità: «mi chiami entro 24 ore, ci sentiamo; se ha un problema mi richiami a questo numero» Riflessione sul metadone: il palliativista deve saperlo usare! Per quanto riguarda la tossicodipendenza del familiare: non si rinuncia a trattare il dolore solo per il timore che l oppioide glielo rubi il figlio!

12 Il Dolore di Base ROMA Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? Creare un buon rapporto con MMG per prescrizioni terapie del dolore con oppioidi. Difficoltà nella prescrizione dei farmaci per mancanza di ricettari e riconoscimento della figura professionale del «palliativista».

13 Il Dolore di Base SALERNO Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? 1. Paura da parte di alcuni MMG di prescrivere gli oppiacei per la famigerata depressione respiratoria oppioide-indotta 2. Talvolta contrarietà dei familiari del paziente: la morfina è considerata l «ultima spiaggia» 3. Talvolta gestione difficoltosa a domicilio degli oppiacei se manca un caregiver affidabile 4. Difficoltà di gestione della terapia con oppiacei in pazienti con storia di dipendenza (attenta anamnesi e valutazione del contesto familiare)

14 - Fine del sottocapitolo - HOME Il Dolore di Base TORINO Prescrivere gli oppiacei. Dov è il problema? Chi è il prescrittore Pregiudizi/ignoranza (paziente/medico non competente su fine vita) Conoscenza/adeguamento nuove normative prescrittive (farmacisti, medici) Burocrazia prescrittiva (autoprescrizione???)/sprechi. Non esiste un univoca interpretazione sulle norme di trasporto del farmaco da parte del medico. A legislazione facilitatoria non corrispondono recepimenti facilitatori di trasporto e non esiste nell Ordine dei Farmacisti e dei Medici un controllo volto ad accertare l applicazione corretta delle norme. Tempi per reperire il farmaco oppioide in farmacia Paure del paziente/familiari (dipendenza, «allora sono alla fine») o fattori culturali/religiosi

15 Il Dolore di Base Applicate le linee guida? Quali? Sempre?

16 Il Dolore di Base BARI Applicate le linee guida? Quali? Sempre? 1. Linee guida EAPC 2. Prima via di somministrazione degli oppioidi: sempre la via orale 3. Tendenza a bypassare il II gradino OMS 4. Profilassi della stipsi 5. Titolazione della necessità di oppioidi con morfina solfato: non sempre 6. Indispensabile nei primi giorni seguire con costanza e disponibilità il paziente

17 Il Dolore di Base CATANIA Applicate le linee guida? Quali? Sempre? A. I tre scalini della OMS non sono vincolanti 1. Si può saltare il secondo gradino (AIOM) 2. Si deve essere ben preparati alla gestione dei farmaci oppiacei e adiuvanti 3. Preferire per prima la via di somministrazione orale Il cerotto, come trattamento, è più camuffabile; per questo a volte viene usato come primo trattamento

18 Il Dolore di Base FIRENZE Applicate le linee guida? Quali? Sempre? SICP/ESMO/Internet, ma considerare: 1. Singolo caso (paziente/comorbidità/compliance) 2. Tipo di dolore (componenti e intensità) 3. Preferenze (caregiver/paziente) 4. Trattamenti concomitanti (interazioni farmacologiche) 5. Titolazione 6. Utilizzo di adiuvanti

19 Il Dolore di Base MILANO Applicate le linee guida? Quali? Sempre? In riferimento allo schema OMS 1986 EAPC Oppioide maggiore a basso dosaggio anziché oppioide minore 2. Individualizzazione sul singolo paziente 3. Setting: ambulatorio, domicilio, hospice

20 Il Dolore di Base PADOVA Applicate le linee guida? Quali? Sempre? 1. Scala OMS, linee guida EAPC: spesso si salta il secondo scalino 2. Se dolore di partenza è moderato-severo, utilizzare subito oppiacei forti 3. Che tipo di dolore ho (neuropatico, nocicettivo, misto ): farmaco diverso 4. Titolazione con morfina solfato? Non con ossicodone 5. Avere presente le linee guida ma adattarle al paziente (paziente che conosco...) 6. Terapia di base e rescue dose con 1/6 dose totale (morfina solfato, ossicodone a rapido rilascio, fentanyl) 7. Controllo degli effetti collaterali e spiegare, componenti psichiche (dolore totale) 8. Adiuvanti 9. Uso limitato del metadone 10. Pochi utilizzano doppio oppioide forte in terapia di fondo

21 Il Dolore di Base ROMA Applicate le linee guida? Quali? Sempre? Quasi sempre, in relazione al paziente.

22 Il Dolore di Base SALERNO Applicate le linee guida? Quali? Sempre? 1. Linee guide EAPC Superamento della scala OMS sul dolore. Le nuove linee guide consentono la somministrazione di oppioidi forti anche nel paziente naïve (ESMO) 3. La titolazione nel paziente naïve consente di utilizzare sia un oppioide SR (ossicodone e idromorfone) sia IR (esperienza dell algologo)

23 - Fine del sottocapitolo - HOME Il Dolore di Base TORINO Applicate le linee guida? Quali? Sempre? 1. OMS 2. EAPC Titolazione/via orale/rescue dose/terapia di fondo

24 Il Dolore di Base Opioid rotation. Quando? Come?

25 Il Dolore di Base BARI Opioid rotation. Quando? Come? 1. Quando gli effetti collaterali suggeriscono l uso di un altro oppioide 2. Quando i farmaci che hanno effetto-tetto arrivano alla dose massima prevista 3. Quando diventa necessario utilizzare un altra via di somministrazione 4. Quando la compliance del paziente richiede un altra modalità di somministrazione 5. Switch dopo wash-out 6. Semi switch

26 Il Dolore di Base CATANIA Opioid rotation. Quando? Come? Quando 1. Iperalgesia 2. Impossibilità di utilizzo della via di somministrazione 3. Effetti collaterali invalidanti in assenza di risultato antalgico Come 1. Sostituzione dell oppioide e via di somministrazione 2. Calcolo del rapporto di equianalgesia Domanda collettiva Quindi cosa fate se non funziona? 1. Mantenete lo stesso farmaco, ma lo aumentate? 2. Se no, a quale dosaggio cambiate? Risposte Se ho una storia di un paziente che ha cambiato dosaggio spesso, cambio oppioide e via di somministrazione e abbasso il dosaggio. Si cambia dopo un po, non si cambia subito

27 Il Dolore di Base FIRENZE Opioid rotation. Quando? Come? 1. Non controllo del dolore 2. Dosaggi elevati 3. Tossicità/Effetti collaterali 4. Scarsa compliance

28 Il Dolore di Base MILANO Opioid rotation. Quando? Come? Quando 1. Inefficacia terapeutica (incremento rapido del dosaggio senza beneficio) 2. Effetti collaterali 3. Compliance e clinica del paziente (> convenienza e < invasività a parità di controllo del dolore) Come 1. Rispetto dell equianalgesia 2. Rispetto della farmacocinetica

29 Il Dolore di Base PADOVA Opioid rotation. Quando? Come? 1. Mancanza di efficacia o effetti collaterali importanti 2. Necessità di cambiare via di somministrazione (disfagia, occlusione...) 3. Mancata compliance, necessità di incrementi veloci (cerotto) 4. Passaggio in equianalgesia e riduzione 20-25% se non dolore importante 5. Dosaggio morfina sottocute-endovena stessa biodisponibilità?? 6. Modifica terapia in ambiente protetto o a domicilio. Controllo infermieristico/medico dopo modifica

30 Il Dolore di Base ROMA Opioid rotation. Quando? Come? 1. Quando il sintomo dolore non è controllato; quando ci sono effetti collaterali 2. Quando non è possibile effettuare terapia del dolore per os e si inizia con transdermica o sottocutanea

31 Il Dolore di Base SALERNO Opioid rotation. Quando? Come? 1. La rotazione degli oppiodi: effetti collaterali intollerabili, risposta analgesica inadeguata 2. Rotazione di oppioide: diversa via di somministrazione e/o oppioide diverso 3. Conversione equianalgesica dell oppiode oppure morfina IR per os a dosi fisse (5-10 mg) e orari fissi (ogni 4 ore - Around The Clock)

32 - Fine del sottocapitolo - HOME Il Dolore di Base TORINO Opioid rotation. Quando? Come? Quando 1. Effetti collaterali > effetti terapeutici 2. Intolleranze 3. Variazioni condizioni cliniche del paziente 4. Difficoltà di approvvigionamento Come 1. Morfina ic

33 Il Dolore di Base Come viene gestita la prescrizione dei farmaci?

34 Il Dolore di Base BARI Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. La realtà prescrittiva è diversa da zona a zona, spesso attraverso il MMG 2. I farmaci di fascia C possono essere frequentemente richiesti e ritirati dalle farmacie distrettuali o ospedaliere

35 Il Dolore di Base CATANIA Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. In Sicilia i prescrittori per il domicilio sono i MMG/PLS 2. I palliativisti possono solo utilizzare il ricettario bianco o in triplice copia «Il paziente deve andare dal medico curante e farsi copiare la prescrizione, non abbiamo accesso alla farmacia territoriale. Idem per tutti gli ausili, indichiamo di cosa hanno bisogno i pazienti, ma non possiamo prescrivere direttamente.»

36 Il Dolore di Base FIRENZE Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. MMG/Specialista (ricordarsi che il dolore è cronico) 2. L importanza della copertura continua CONCLUSIONE L importante è prescrivere e non chi fa la prescrizione!

37 Il Dolore di Base MILANO Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. Decisioni condivise 2. Ove previsto, consenso informato (pediatria, paziente psichiatrico) 3. Ove previsto, consenso off-label 4. In STCP: fornitura diretta, non condizionata 5. In ADI-CP: prescrizione formalizzata in base ai criteri indicati dalla Legge 38/2010 e dal DGR Regione Lombardia 6. Prescrizione concordata e delegata a MMG 7. Auspicabile fornitura diretta da farmacia ospedaliera o ASL

38 Il Dolore di Base ROMA Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? Si rilascia prescrizione su ricettario bianco da far prescrivere dal MMG Oppure si utilizzano farmaci forniti dalla farmacia ospedaliera Gli ospedali dovrebbero avere qualsiasi tipo di molecola per evitare di adattare la terapia

39 Il Dolore di Base SALERNO Come viene gestita la prescrizione dei farmaci oppiacei? 1. Attraverso il MMG

40 - Fine del capitolo - HOME Il Dolore di Base TORINO Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. Medico palliativista 2. MMG 3. Ospedale 4. Distribuzione diretta

41 Il BTcP come paradigma di dolore complesso Indice 1. Si riconosce? Si misura? 2. Come? 3. Si tratta? Come? 4. Come viene gestita la prescrizione dei farmaci?

42 Il BTcP come paradigma di dolore complesso Si riconosce? Si misura?

43 Il BTcP come paradigma di dolore complesso BARI Si riconosce? 1. Problema spesso sovrastimato 2. Dipende dal setting: meglio riconoscibile nel setting assistenziale domiciliare/residenziale (hospice) 3. In considerazione delle variabili soggettive, culturali, esperienze pregresse, dolore globale, il suo riconoscimento è spesso funzione del rapporto medicopaziente 4. Alcuni episodi sono più facilmente riconoscibili (dolore procedurale, etc ) 5. Nei pazienti con dolore controllato dalla terapia di base Si misura? 1. Non sempre

44 Il BTcP come paradigma di dolore complesso CATANIA Si riconosce? Si misura? Gli operatori domiciliari si pongono il problema di identificare il BTcP. Ciò richiede un monitoraggio frequente della terapia antalgica con valutazione del controllo del dolore di base da parte di tutti gli operatori. È utile identificare episodi scatenanti il BTcP, valutandone durata, frequenza di comparsa, componente psicologica e intensità. Gli operatori domiciliari sono abituati alla misurazione del BTcP.

45 Il BTcP come paradigma di dolore complesso FIRENZE Esiste?( Domanda provocatoria) Si riconosce? Si misura? 1. È molto difficile applicare nella pratica clinica quotidiana la valutazione sulla base dei rigidi criteri teorici e la misurazione calata nella realtà comunicativa del singolo paziente. 2. Importanza della diagnosi differenziale con dolori di fine dose, da progressione, da eventi acuti o da non idoneo controllo.

46 Il BTcP come paradigma di dolore complesso MILANO Si riconosce? Si misura? SI DEVE RICONOSCERE Valutare caratteristiche del dolore del paziente (sede, modalità di insorgenza, durata, trattamenti in corso, dolore globale? ) SI DEVE MISURARE

47 Il BTcP come paradigma di dolore complesso PADOVA Si riconosce? Si misura? 1. Conoscere la definizione e il malato 2. Dovrebbe essere riconosciuto dai sanitari coinvolti, caregiver e paziente 3. Caratteristiche che vorremmo vedere in una scheda di raccolta dati a. Numero episodi b. Localizzazione c. Temporalità di insorgenza e durata d. Ora del giorno in cui è successo e. Intensità f. Caratteristiche dell episodio (flag su aggettivi) g. Farmaco assunto (cosa, quanto, efficacia)

48 Il BTcP come paradigma di dolore complesso PADOVA COMMENTO Conoscere la definizione e il malato: è importante essere in grado di effettuare una diagnosi differenziale con altre condizioni. Può verificarsi l utilizzo di ROO per altre condizioni o, al contrario, l utilizzo di farmaci non appropriati per il BTcP. È fondamentale conoscere bene il malato! Dovrebbe essere riconosciuto dai sanitari coinvolti, caregiver e paziente: il BTcP non è facile da diagnosticare, la descrizione degli episodi è spesso deficitaria, spesso non viene trattato perché non viene riferito. Da un punto di vista legislativo viene chiesto di misurare il dolore, ma mancano indicazioni specifiche sui tempi di durata e di insorgenza del BTcP. Caratteristiche che vorremmo vedere in una scheda di raccolta dati: è difficile fare un follow-up adeguato, bisogna educare bene i familiari e far capire l importanza di fare ciò per assistere adeguatamente il proprio caro, almeno in fase di approccio al BTcP le indicazioni che seguono sono quelle identificate dal gruppo, sarebbe bene aggiungere degli aggettivi a vari parametri per farsi capire bene dai familiari e fare esempi concreti ( 2-3 episodi? Di più? Di meno? In quanto tempo è diventato un dolore forte: 5 minuti? Di più? Di meno?) 1. Numero episodi 2. Localizzazione 3. Temporalità di insorgenza e durata 4. Ora del giorno in cui è successo 5. Intensità 6. Caratteristiche dell episodio (flag su aggettivi) 7. Farmaco assunto (cosa, quanto, efficacia)

49 Il BTcP come paradigma di dolore complesso ROMA Si riconosce? Si misura? 1. Nell esperienza di tutti i partecipanti il BTcP viene riscontrato spesso nei pazienti in trattamento per il dolore; è importante approfondire la valutazione del dolore di base tenendo conto dello stato sociale, della soggettività del sintomo e della famiglia 2. Al contrario i pazienti alla presa in carico in hospice e/o a domicilio difficilmente hanno avuto una valutazione idonea del dolore di base e spesso non hanno prescrizioni di farmaci in terapia per coprire il BTcP. La terapia di base con oppioidi non è scontata Fanno eccezione in genere i pazienti che vengono da centri oncologici ospedalieri o che sono stati affidati ad ambulatori di terapia del dolore 3. Laddove riconosciuto viene comunemente misurato, di solito dal medico, dall infermiere solo dove esiste una cultura e un protocollo specifico Proposte Formazione di tutti gli operatori sanitari sul tema (dolore procedurale) e sul lavoro di équipe ed elaborazione di idonea modulistica in cartella. Non c è una formazione approfondita degli operatori sanitari. È un po difficile riportare anche sulla cartella la valutazione del BTcP, ma la proposta potrebbe essere quella di andare in questa direzione.

50 Il BTcP come paradigma di dolore complesso SALERNO Si riconosce? Si misura? Il riconoscimento del DEI non è uniformemente rappresentato nelle varie esperienze territoriali Il dolore è ciò che riferisce il paziente. 1. Paziente con dolore di base controllato (NRS < 4) con oppiacei forti (equivalenti a 60 mg/die di morfina) evidenzia un DEI che si esprime max 3-4 volte/die di elevata intensità (NRS minimo 7) e breve durata 2. Utilizzo delle varie scale algologiche (VAS+NRS più utilizzate)

51 - Fine del sottocapitolo - HOME Il BTcP come paradigma di dolore complesso TORINO Si riconosce? Si misura? Definizione: dolore che insorge spontaneamente in modo molto intenso (NRS >7) e improvviso o prevedibile (procedurale), raggiunge la massima intensità in pochi minuti e scompare generalmente entro un ora, anche se non trattato. In pazienti in terapia con oppiacei maggiori con dolore di base controllato. Il BTcP non è sempre facile da riconoscere. Esistono strumenti per misurarlo.

52 Il BTcP come paradigma di dolore complesso Come?

53 Il BTcP come paradigma di dolore complesso BARI Come? Attraverso l ascolto del paziente e l identificazione delle caratteristiche degli episodi: 1. Modalità di insorgenza 2. Intensità 3. Durata 4. Numero di episodi 5. Periodicità

54 Il BTcP come paradigma di dolore complesso CATANIA Come? 1. Quando viene riferito si utilizzano diari domiciliari da parte del paziente/caregiver 2. La misurazione viene effettuata con l utilizzo della scala NRS 3. La scala viene utilizzata anche per la valutazione dell efficacia della terapia

55 Il BTcP come paradigma di dolore complesso FIRENZE Come? Rimane un paradigma di dolore difficile anche se i farmaci attuali aiutano molto nella gestione del dolore.

56 Il BTcP come paradigma di dolore complesso MILANO Come? Caratteristiche - Elevata intensità (NRS> 7) - Rapida insorgenza (pochi minuti) - Durata (<60 min) - Dolore di base controllato - Frequenza di episodi variabile in 24 h

57 Il BTcP come paradigma di dolore complesso PADOVA Come? 1. Consapevolezza della definizione da parte dei sanitari 2. Addestramento di familiari e pazienti perché siano in grado di descrivere il dolore che sperimentano 3. Caratteristiche cliniche del paziente, fisiopatologiche, di intensità, temporalità (insorgenza, durata) 4. Utilizzo di scale adeguate alla condizione e capacità del paziente 5. Aiuto da parte della tecnologia: applicazioni tipo Cancer Pain SIMG

58 Il BTcP come paradigma di dolore complesso PADOVA COMMENTO Punti 1-3: si denuncia sottodiagnosi-sovradiagnosi, incapacità di diagnosi differenziale ed errori di trattamento. Le cause principali: 1. Da parte dei sanitari la non conoscenza della definizione di BTcP e la scarsa conoscenza del malato 2. Da parte della famiglia e del paziente l incapacità di descrivere il dolore Si insiste di più sull addestramento di pazienti e famiglia piuttosto che sul miglioramento della cultura e dell atteggiamento del sanitario. Punto 4: Emerge fortemente la necessità di standardizzazione della misurazione. Punto 5: Secondo il gruppo e i partecipanti la tecnologia aiuterebbe a non perdere episodi di BTcP e a rendere più facile e immediato possibile il rilevamento.

59 Il BTcP come paradigma di dolore complesso ROMA Come? 1. Il BTcP viene valutato comunemente per intensità (scale adattate alla tipologia del paziente), durata e frequenza nella giornata, in un dolore di base ben controllato in terapia con oppioidi.

60 Il BTcP come paradigma di dolore complesso SALERNO Come? 1. Formazione e informazione di: Caregiver - Paziente - Operatori (tutti) 2. Interrogando il paziente nell ambito della sorveglianza della terapia (sarebbe auspicabile un controllo frequente) 3. Utilizzando il diario algologico redatto dal paziente o dal caregiver (per lo più liberamente compilato) 4. Fisiopatologia del DEI Le varie figure professionali (MMG, Oncologo, Terapista del dolore, Palliativista ) hanno diverse modalità e sensibilità.

61 Il BTcP come paradigma di dolore complesso TORINO Come? Si riconosce dall anamnesi clinica del paziente, escludendo il dolore di fine dose. Si può misurare con apposite scale: 1. NRS 2. VAS 3. Verbale 4. Cromatica - Fine del sotto capitolo -

62 Il BTcP come paradigma di dolore complesso Si tratta? Come?

63 Il BTcP come paradigma di dolore complesso BARI Si tratta? Se riconosciuto. Come? Spesso in maniera impropria (FANS, overtreatment con long acting opioid ). Nell ambito delle Cure Palliative vengono maggiormente applicate le linee guida.

64 Il BTcP come paradigma di dolore complesso CATANIA Si tratta? Come? IL BTcP viene sempre trattato nell ambito delle Cure Palliative domiciliari. LA SCELTA DEL FARMACO E DEL DOSAGGIO DIPENDE DALLA VALUTAZIONE DEI SEGUENTI ASPETTI: 1. Via di somministrazione utilizzabile in relazione alle condizioni cliniche, sede della neoplasia, etc 2. Comparsa di altri episodi di BTcP 3. Preferenza del paziente e/o caregiver 4. Caratteristiche farmacocinetiche delle molecole 5. Rapporto costo/beneficio della terapia 6. Titolazione progressiva del farmaco a partire da dosaggi minimi 7. Conflittualità prescrittiva con altri medici (oncologi, MMG, terapisti del dolore, etc)

65 Il BTcP come paradigma di dolore complesso FIRENZE Si tratta? Come? 1. Si tratta sfruttando le risorse farmacologiche e non. 2. In base alle peculiarità di paziente e famiglia nel setting assistenziale.

66 Il BTcP come paradigma di dolore complesso MILANO Si tratta? Come? Si deve trattare con terapia farmacologica appropriata: 1. Compliance paziente/caregiver 2. Titolazione 3. Disponibilità del farmaco 4. Clinica del paziente (localizzazione di malattia, xerostomia e/patologie buccali, livello cognitivo...) ROO Fentanyl transmucosale (sublinguale, nasale, buccale) - Maneggevolezza - Caratteristiche farmacologiche - Facilità di somministrazione

67 Il BTcP come paradigma di dolore complesso PADOVA Si tratta? 1. Si deve trattare in teoria, ma in realtà viene trattato principalmente in setting dedicati. Ci sono diverse criticità. 2. Ospedale: a. Mancanza di formazione b. Tempestività nella rilevazione e trattamento (dolore transitorio...) c. Mancanza di adeguato arsenale terapeutico (non tutte le molecole sono disponibili) d. Vengono utilizzati farmaci non adeguati a caratteristiche del tipo di dolore e. Non vengono forniti i farmaci per l autosomministrazione 3. Territorio: a. Timore di utilizzo dei ROO da parte di pazienti, familiari e sanitari b. Scarsa informazione riguardo i possibili effetti collaterali

68 Il BTcP come paradigma di dolore complesso PADOVA Come? 1. Rapid Onset Opioid (chi li prescrive deve essere formato riguardo le diverse caratteristiche dei farmaci: modalità di somministrazione, di assorbimento, emivita, cinetica del farmaco, etc) 2. Trattando la condizione di base, se possibile (metastasi ossee, etc) 3. Scegliendo il ROO a seconda delle caratteristiche del paziente (malattia di base, integrità fisica, terapia di base), del suo BTcP (modalità di insorgenza, tempistiche) e delle sue preferenze 4. A seconda delle disponibilità (non tutte le molecole sono disponibili in ospedale)

69 Il BTcP come paradigma di dolore complesso ROMA Si tratta? Come? 1. Si tratta con oppioidi orali a pronto rilascio, ROO o per via parenterale, tenendo conto delle caratteristiche del BTcP, della tipologia del paziente, dell eventuale caregiver, del setting assistenziale, della farmacocinetica del prodotto e della terapia antalgica impostata

70 Il BTcP come paradigma di dolore complesso SALERNO Si tratta? Come? 1. In ambito domiciliare il trattamento del DEI non è uniforme per l alternanza delle diverse figure professionali 2. Modalità di trattamento con farmaci oppiacei potenti a rapido onset e facilmente somministrabili (ROO)

71 - Fine del sotto capitolo - HOME Il BTcP come paradigma di dolore complesso TORINO Si tratta? Come? 1. Oppioidi a rapido rilascio (ROO) 2. Nel caso di dolore prevedibile si effettua una premedicazione

72 Il BTcP come paradigma di dolore complesso Come viene gestita la prescrizione dei farmaci?

73 Il BTcP come paradigma di dolore complesso BARI Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. Dalle farmacie territoriali delle ASL non vengono dispensati oppioidi 2. Nelle farmacie ospedaliere la disponibilità di un determinato oppioide dipende dalla gara di appalto 3. Sul territorio il palliativista si affida al MMG per la trascrizione su ricettario SSN

74 Il BTcP come paradigma di dolore complesso CATANIA Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? IN ATTO ESISTONO REALTÀ DIFFERENTI 1. Il medico palliativista domiciliare della Onlus accreditata prescrive su ricettario bianco per la successiva eventuale trascrizione da parte del medico di medicina generale 2. Il medico domiciliare convenzionato o dipendente ASP possiede il ricettario regionale ed effettua direttamente la prescrizione a carico del SSN Sarebbe opportuno che tutti i medici operanti nei servizi domiciliari di cure palliative accreditati venissero dotati di ricettario regionale per poter semplificare l accesso alla terapia del dolore da parte del paziente.

75 Il BTcP come paradigma di dolore complesso FIRENZE Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? Esistono diverse realtà: struttura pubblica e privato. 1. Dallo specialista Educazione sanitaria Criticità sulla prescrizione 2. Dal MMG Recupero farmaci??! Modalità 1. Ricetta bianca 2. Ricettario regionale 3. Ricettario ospedaliero 4. Distribuzione diretta a domicilio

76 Il BTcP come paradigma di dolore complesso MILANO Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? MMG, altro specialista Ricettario SSN Palliativista (terzo settore) astcp Fornitura diretta Prescrizione su ricettario SSN

77 Il BTcP come paradigma di dolore complesso ROMA Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? Le modalità di prescrizione variano a seconda dei centri e del setting assistenziale: 1. Fornitura diretta 2. Ricettazione su ricettario speciale o del SSN da parte del palliativista 3. Ricettazione del medico di famiglia dietro prescrizione bianca dello specialista Proposte: 1. Aggiornamento e disponibilità di tutti gli oppioidi nelle farmacie di riferimento degli hospice 2. Sensibilizzazione e formazione dei MMG 3. Sensibilizzazione e formazione dei farmacisti

78 Il BTcP come paradigma di dolore complesso SALERNO Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? Prescrizioni suggerite Farmacia territoriale Ricetta del MMG Dispensa territoriale Quantità giusta dei farmaci?

79 - Fine del capitolo - HOME Il BTcP come paradigma di dolore complesso TORINO Come viene gestita la prescrizione dei farmaci? 1. Dipende dalle ASL e dalle convenzioni con le organizzazioni no profit 2. All interno del gruppo ci sono diverse esperienze in merito

80 Problemi clinici emergenti Indice 1. Il dolore «difficile» 2. Dal delirium alla sedazione

81 Problemi clinici emergenti Il dolore «difficile»

82 Problemi clinici emergenti BARI Il dolore «difficile» 1. Dolore di origine neuropatica 2. Dolore osseo incidente 3. Dolore centrale 4. Iperalgesia da oppiacei 5. Dolore da riduzione di efficacia da oppiacei 6. Dolore iatrogeno 7. Dolore non responsivo ai vari oppiacei 8. Dolore totale

83 Problemi clinici emergenti CATANIA Il dolore «difficile» Intendiamo per dolore «difficile»: 1. Dolore che non risponde a tutti i trattamenti antalgici attualmente a nostra disposizione, compresi quelli invasivi. 2. Dolore di intensità variabile dovuto a una scarsa compliance terapeutica 3. Iperalgesia 4. Dolore con marcata componente psicogena Altrimenti si dovrebbe parlare di dolore non adeguatamente trattato.

84 Problemi clinici emergenti FIRENZE Il dolore «difficile» Si intende un dolore di difficile gestione: 1. Dolore totale che, nonostante la terapia antalgica, necessita di altri interventi (farmacologico e non adiuvante) 2. Dolore di origine misto (non controllato) 3. Dolore neuropatico 4. Dolore come sintomo refrattario 5. Dolore da iperalgesia 6. Non dolore difficile ma paziente difficile 7. Dolore con componente emotiva

85 Problemi clinici emergenti MILANO Il dolore «difficile» Intendiamo per dolore difficile: 1. Sintomo non organico legato al distress psicologico ed esistenziale 2. Sintomo organico complicato, a volte non legato a distress

86 Problemi clinici emergenti PADOVA Iperalgesia e tolleranza: un fenomeno reale? 1. Iperalgesia poco diagnosticata/presente nella pratica clinica (dolore non ben controllato?) 2. Corretta diagnosi differenziale algologica 3. Rotazione oppiacei (molecola o via di somministrazione; necessaria elevata competenza nel caso di via perimidollare-necessità di un percorso condiviso) 4. Tolleranza diverso da dipendenza COMMENTI Punto 1. L iperalgesia non è così frequente. È più facile che in realtà non si riesca a trattare il dolore, soprattutto quando è di tipologie differenti; quindi il problema è quello descritto al punto 2 = corretta diagnosi algologica Punto 3. Si ribadisce la necessità di appropriata competenza

87 Problemi clinici emergenti ROMA Il dolore «difficile» Il dolore mal gestito per incapacità, non compliance del paziente o della famiglia. Componente di stress psicologico, paziente e familiari. Difficoltà di gestione del dolore neuropatico. Proposte 1. Misurazione e valutazione del sintomo doloroso, gestire bene il BTcP 2. Identificare la fisiopatologia (somatico, nocicettivo, viscerale o neuropatico) 3. Utilizzo corretto dei farmaci in termini quantitativi e qualitativi, uso dei farmaci adiuvanti 4. Corretta informazione sia al paziente sia ai familiari 5. Giusta rotazione degli oppiacei 6. Appropriatezza della pompa spinale

88 Problemi clinici emergenti SALERNO Il dolore «difficile» 1. Difficile è termine di plurima applicazione, sia nella casistica clinica sia clinico-assistenziale 2. La non aderenza terapeutica, la compliance, la risposta o meno del paziente complicano il prosieguo terapeutico 3. Le manifestazioni iperalgesiche derivano, per la maggior parte, da queste problematiche 4. L iperalgesia è situazione a complicata gestione per la difficile identificazione nosologico-eziologica dei dolori d origine

89 - Fine del sotto capitolo - HOME Problemi clinici emergenti TORINO Il dolore «difficile» Trattasi di dolore che richiede un trattamento complesso ma che risponde entro un tempo tollerabile per il paziente alla terapia palliativa. A domicilio potrebbero esserci problemi di gestione terapeutica da parte del caregiver derivanti dalla complessità dello schema terapeutico, dalla via di somministrazione, dal tempo di risposta, dall eventuale necessità di impiego di vari specialisti, es. ortopedico, anestesista.

90 Problemi clinici emergenti Dal delirium alla sedazione

91 Problemi clinici emergenti BARI Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? NO: non tutti i casi di delirium agitato hanno bisogno di sedazione. Escludiamo le cause responsabili di delirium reversibili, etc. Valutare l impatto positivo di un setting familiare tranquillo sostenuto dal team assistenziale.

92 Problemi clinici emergenti CATANIA Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? Non necessariamente. Si dovrebbe prima individuare l eziologia e trattare quindi la causa del dolore/sofferenza. Se il sintomo è refrattario al trattamento ci si orienta verso l ipotesi della sedazione, là dove condivisa ed accettata da tutti: équipe, famiglia, paziente. Una sedazione con tempi lunghi ha bisogno di una condivisione diversa rispetto a quando si arriva al letto del paziente che sta soffocando o è morente. Il sintomo refrattario deve essere valutato come veramente refrattario prima di intraprendere la sedazione. Attenzione Il midazolam per addormentamento procedurale è altro da sedazione palliativa.

93 Problemi clinici emergenti FIRENZE Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? Se un sintomo è refrattario, è un percorso obbligato.

94 Problemi clinici emergenti MILANO Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? Delirium: stato confusionale iperattivo/iporeattivo con alterazioni cognitive, del ciclo circadiano e disorientamento ST, che provoca dolore/angoscia del paziente e dei familiari. Diagnosi differenziale tra agitazione psicomotoria pre-mortem e delirium. Tipi di delirium: organico (Parkinson, edema cerebrale, mts brain, disidratazione, MOF, ipossia/ipercapnia), iatrogeno (BDZ, accumulo oppioidi, anticolinergici, dopaminergici), psichiatrico. Conseguenze: aumento del distress dei familiari e soprattutto del caregiver.

95 Problemi clinici emergenti MILANO Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? Previa condivisione terapeutica con l equipe e con i familiari, impostiamo un trattamento causale. Se il delirium è refrattario al trattamento causale, la sedazione rimane la scelta ottimale (come anche nel caso di altri sintomi refrattari): quindi, va attuata anche se la famiglia è oppositiva.

96 Problemi clinici emergenti PADOVA Sedazione e delirium. Come comportarsi 1. Diagnosi e possibili concause (alcune correggibili) 2. Monitoraggio costante 3. Approccio farmacologico differente (il delirium prevede anche un coinvolgimento ambientale) 4. Coinvolgimento/informazione della famiglia-caregiver 5. Cercare coinvolgimento del paziente quando possibile (sedazione) 6. Attenzione a non essere precipitosi nel chiedere una sedazione per sintomi difficili e non necessariamente refrattari 7. Entità del fenomeno sedazione, più elevato in hospice che a domicilio: per motivi diversi, ma anche per maggiore disponibilità farmacologica

97 Problemi clinici emergenti ROMA Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? 1. No, vanno identificate le cause reversibili 2. Migliore gestione dei farmaci come prevenzione: attenzione alle interazioni farmacologiche 3. La disidratazione

98 Problemi clinici emergenti SALERNO Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? 1. La conditio delirante non è costante, ma varia secondo il caso in esame 2. La sedazione, in quanto tale, è per definizione strumento idoneo nei casi di scarsa o nulla coercibilità sintomatica, non compatibile con una soddisfacente QoL 3. Conseguente è il non obbligo di ricorso alla sedazione palliativa se non nei sintomi non trattabili/coercibili Manca la fornitura di midazolam in tutte la aree.

99 - Fine del capitolo - HOME Problemi clinici emergenti TORINO Dal delirium alla sedazione: un percorso obbligato? Sono da considerare eventuali altre cause che portano al delirium, valutando le possibilità terapeutiche; solo in caso di refrattarietà del sintomo si procede a sedazione.

100 La criticità nella relazione e nella comunicazione Indice 1. Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 2. Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 3. Criticità nei rapporti interdisciplinari con i colleghi degli altri Servizi e con i MMG

101 La criticità nella relazione e nella comunicazione Quali elementi di criticità con il paziente e la famiglia

102 La criticità nella relazione e nella comunicazione BARI Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Comunicazione della diagnosi/prognosi 2. Ruolo dell operatore di cure palliative 3. Condivisione degli ambiti di intervento dell operatore di cure palliative 4. Condivisione delle aspettative 5. Interpretazione delle richieste/necessità 6. Medicalizzazione/demedicalizzazione 7. Preparazione della famiglia rispetto alla probabile evoluzione dei sintomi 8. Addestramento del caregiver

103 La criticità nella relazione e nella comunicazione CATANIA Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Aspettative, anche indotte da altre figure del sistema (ASP, rete parentale, media, etc) 2. Mancata consapevolezza della prognosi 3. Gestione del rapporto con gli altri operatori sanitari 4. Difficoltà nella applicazione del modello delle cure palliative a causa del ritardo nella attivazione del servizio 5. Mancata «consegna» del paziente da parte degli oncologi 6. Mancata conoscenza della filosofia delle cure palliative e dei vantaggi per il paziente e la famiglia 7. Sfiducia indotta da altri operatori 8. Carico burocratico

104 La criticità nella relazione e nella comunicazione COMMENTO 1 CATANIA Punto 2. Mancata consapevolezza della prognosi Grossa responsabilità degli oncologi, che sono restii a comunicare la prognosi anche per utilizzare il più a lungo possibile la chemioterapia. Punto 4. Difficoltà nella applicazione del modello delle cure palliative a causa del ritardo nell attivazione del servizio Situazione frequentissima: il paziente viene affidato nella fase ormai finale, dovrebbe essere preso in carico prima dai palliativisti. È un aspetto molto negativo, che mette in difficoltà il medico e inoltre nuoce al paziente che non viene trattato in modo corretto. Punto 5. Mancata «consegna» del paziente da parte degli oncologi Gli oncologi gestiscono finché possono, poi abbandonano il paziente. Il trattamento oncologico sembra non avere termine. A un certo punto, quando non c è più cura oncologica, il paziente viene e si sente abbandonato, non c è un momento di «consegna».

105 La criticità nella relazione e nella comunicazione COMMENTO 2 CATANIA Punto 7. Sfiducia indotta da altri operatori C è la convinzione che nella parte finale della vita il paziente debba essere abbandonato e affidato «ad altri», non sembra più di competenza sanitaria. Punto 8. Carico burocratico Ma la burocrazia a volte è utile, ci sono regole che vanno rispettate Osservazioni Da stamani parliamo di burocrazia. Abbiamo un mucchio di ricettari, non ci dovrebbe essere niente che si frappone tra il paziente e ciò che gli serve. Avere idea di quanto si spende sarebbe giusto, fare un centro di costo, ma la burocrazia è un altra cosa. L iter burocratico per avere un ausilio incrina il rapporto con la famiglia. «Quando un paziente viene mandato via dall oncologo perché ormai non gli interessa più e arriva da noi, quello che ci chiedono è il letto, la sedia o altro. Sono delusi, si aspettano questo e allora va tutto male.» C è chi prescrive il letto matrimoniale, altri il letto ortopedico, quando serve occorre averlo.

106 La criticità nella relazione e nella comunicazione FIRENZE Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Dicotomia fra comunicazione con il paziente e la famiglia 2. Setting di cura 3. Comunicazione della diagnosi e della prognosi: alla presa in carico o in corso d opera? 4. Presenza di minori nel nucleo familiare 5. Presenza di culture diverse ed etnie 6. Assistenza ai sanitari!!! 7. Presenza di pazienti giovani

107 La criticità nella relazione e nella comunicazione MILANO Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Adeguato setting assistenziale (domicilio, hospice sanitario e socio-sanitario UOCP) 2. Mancanza di simultaneous care 3. Consapevolezza di diagnosi/prognosi del paziente 4. Consapevolezza di diagnosi/prognosi della famiglia (omogeneità) 5. Livello socio-culturale del paziente/famiglia 6. Contesto e relazioni intrafamiliari 7. Disponibilità del caregiver 8. Preconcetti relativi all uso della morfina/oppiacei (informazione distorta)

108 La criticità nella relazione e nella comunicazione PADOVA Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia RELAZIONE 1. Riconoscimento del ruolo dell équipe di Cure Palliative con l obiettivo di iniziare la presa in carico in ospedale. 2. Mancato riconoscimento che il tempo di relazione è tempo di cura 3. Resilienza del caregiver 4. Avere strumenti adeguati per relazionarsi 5. Ridimensionamento delle aspettative COMUNICAZIONE 1. Problemi etnici-religiosi 2. Conflitti e fragilità del nucleo familiare 3. Tempo e tempistica necessaria a costruire una relazione e una comunicazione adeguata 4. Avere strumenti per comunicare le cattive notizie (prognosi e fine cure)

109 La criticità nella relazione e nella comunicazione ROMA Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Mancanza di colloquio pre-presa in carico strutturato in ambiente idoneo 2. Scarsa capacità comunicativa e relazionale dell operatore e dell équipe (chiarezza e semplicità, linguaggio verbale e non verbale, capacità di ascolto e di empatia) 3. Scarso livello di conoscenza della diagnosi e prognosi del paziente e della famiglia 4. Mancanza di un valido caregiver (difficoltà di comunicazione, mancanza di trasmissione delle informazioni tra 2 o più caregiver) 5. Scarsa conoscenza e difficoltà ad accettare il ruolo delle cure palliative che determinano relazioni ostili e difficili 6. Differenze culturali e religiose

110 La criticità nella relazione e nella comunicazione SALERNO Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Mancanza di un supporto psicologico costante, certo e programmato per i casi complessi 2. Interrelazionalità contesto paziente-famiglia-malattia 3. Rabbia e senso di frustrazione 4. Comunicazione della diagnosi/prognosi 5. Appropriatezza delle cure al momento della presa in carico 6. Dimissione ospedaliera protetta (fornitura farmaci e presidi prima della dimissione a domicilio) 7. Accesso tempestivo alle Cure Palliative

111 - Fine del sotto capitolo - HOME La criticità nella relazione e nella comunicazione TORINO Quali elementi di criticità con il paziente e con la famiglia 1. Consapevolezza del paziente e della famiglia sulla diagnosi e prognosi 2. Aspettative del paziente 3. Non condivisione del programma assistenziale 4. Dinamiche familiari

112 La criticità nella relazione e nella comunicazione Quali elementi di criticità tra i componenti della stessa équipe

113 La criticità nella relazione e nella comunicazione BARI Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. Eventuale disomogeneità dei comportamenti 2. Mancanza di comunicazione tra gli operatori 3. Disponibilità alla condivisione in équipe del carico emotivo dell operatore 4. Influenza delle dinamiche interpersonali all interno dell équipe

114 La criticità nella relazione e nella comunicazione CATANIA Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. BUONA COMUNICAZIONE tra i vari operatori, ma solo dove c è l abitudine a fare riunioni d équipe 2. PROTOCOLLI CONDIVISI: è difficile farli, andrebbe fatto un gruppo di studio 3. PROCEDURE DI GESTIONE DEI VARI CASI: da distretto a distretto cambia la procedura per avere ad esempio l ossigeno, ma all interno dell equipe non ci sono problemi COMMENTO La criticità viene identificata con la cattiva comunicazione 1. Laddove vi è difficoltà nell approccio al lavoro di gruppo, vi è anche forte difficoltà nella comunicazione 2. La comunicazione è buona se si fanno riunioni d équipe ogni settimana con tutti 3. La mancanza di comunicazione viene attribuita alla mancanza di formazione alla condivisione Si evidenzia 1. La mancanza, in alcuni casi, di supervisione psicologica dell équipe

115 La criticità nella relazione e nella comunicazione FIRENZE Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. Assistenza di pazienti giovani e famiglie «difficili» 2. Ruolo della leadership e organizzazione dell équipe 3. Rispetto dei ruoli e dei compiti 4. Condivisione degli obiettivi e delle strategie terapeutiche 5. Formazione non omogenea 6. Motivazione

116 La criticità nella relazione e nella comunicazione MILANO Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. Percorsi formativi diversi (gruppi eterogenei?) 2. Non attitudine a lavorare in équipe 3. Confronti non costruttivi tra i membri dell équipe 4. Non rispetto dell autonomia decisionale e dei ruoli 5. Assenza di un conduttore d équipe

117 La criticità nella relazione e nella comunicazione PADOVA Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. MMG medico palliativista infermiere 2. Riconoscimento del ruolo 3. Possibilità di conflittualità tra le varie figure sanitarie e socio-sanitarie, risolvibili con i momenti di condivisione (briefing) 4. Importanza della composizione dell équipe

118 La criticità nella relazione e nella comunicazione ROMA Quali criticità tra i componenti della stessa équipe In alcune realtà si verifica: 1. Mancanza di condivisione delle informazioni nell équipe 2. Scambio dei ruoli 3. Mancanza di identificazione del case manager (dovrebbero essere gli infermieri, essendo le figure che vedono più spesso il paziente) 4. Mancanza di un modello organizzativo dell équipe (continuità operatore o turnazione) 5. Mancanza di protocolli condivisi 6. Mancanza di riunioni di équipe 7. Mancanza di cartella elettronica (sul territorio ci sono grosse criticità per il funzionamento) 8. Mancanza di supervisione psicologica esterna dell équipe 9. Frequente da parte delle famiglie la necessità di avere un unico interlocutore 10. Si crea una relazione di empatia forte tra medico, infermiere e paziente, ma ogni realtà stabilisce delle procedure di interazione proprie 11. Nelle realtà più piccole è possibile mantenere una figura di riferimento unica (il medico) e a rotazione un équipe di infermieri

119 La criticità nella relazione e nella comunicazione SALERNO Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. Correttezza etica dei professionisti che ruotano intorno al paziente, se non è presente un équipe dedicata 2. Univocità della comunicazione con paziente e famiglia, nonostante che l équipe dedicata svolga riunioni periodiche 3. Eccessivo carico di lavoro a scapito del tempo di comunicazione

120 - Fine del sotto capitolo - HOME La criticità nella relazione e nella comunicazione TORINO Quali criticità tra i componenti della stessa équipe 1. Comunicazione all interno dell équipe 2. Condivisione del piano di cura 3. Definizione dei ruoli 4. Omogeneità di condotta

121 La criticità nella relazione e nella comunicazione Criticità nei rapporti interdisciplinari con i colleghi degli altri servizi e con i MMG

122 La criticità nella relazione e nella comunicazione BARI Criticità nei rapporti interdisciplinari con i colleghi degli altri Servizi e con i MMG? 1. Identificazione e rispetto dei relativi ambiti di intervento 2. Effettiva disponibilità alla costruzione di una Rete 3. Condivisione delle responsabilità cliniche e delle problematiche socioassistenziali della famiglia 4. Difficoltà burocratiche e rimpallo delle responsabilità

123 La criticità nella relazione e nella comunicazione CATANIA Criticità nei rapporti interdisciplinari con i colleghi degli altri Servizi e con i MMG? 1. Mancata comunicazione 2. Mancanza di protocolli condivisi 3. Difficoltà nell approccio al lavoro di gruppo 4. Mancata conoscenza da parte dei MMG delle caratteristiche del servizio di Cure Palliative (diritti/doveri) 5. Scarso coinvolgimento dei MMG all interno dell équipe 6. Pregiudizi ideologici tra servizi diversi, specie per il mancato riconoscimento del ruolo del medico palliatore

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