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1 INSEGNAMENTO DI ECONOMIA AZIENDALE LEZIONE VII L EQUILIBRIO FINANZIARIO, L AUTOFINANZIAMENTO E I FLUSSI DI CASSA PROF. DOMENICO DEL SORBO

2 Indice 1 Il Fabbisogno Finanziario L autofinanziamento Il Calcolo Dell autofinanziamento La Variazione Di Capitale Circolante Netto In Relazione All autofinanziamento Flussi Di Cassa Fabbisogno Finanziario E Flussi Di Cassa Per Determinare Un Piano Di Gestione: Il Piano Dei Costi Generali Bibliografia di 23

3 1 Il fabbisogno finanziario Oltre che un analisi economica dell azienda, si rende necessario esaminare l attività d impresa dal punto di vista finanziario, al fini di effettuare una valutazione completa e attendibile delle potenzialità aziendali. Per individuare il fabbisogno finanziario di un impresa è opportuno riclassificare gli investimenti, che costituiscono l attivo del capitale, in relazione alla loro destinazione e le fonti di finanziamento in rapporto al vincolo che le lega all economia dell impresa. In tal senso gli investimenti si possono distinguere in due gruppi: Immobilizzazioni Disponibilità in senso proprio. Le immobilizzazioni riguardano tutte quelle risorse monetarie, investite in fattori a fecondità ripetuta, che non possono essere distolte dall attuale destinazione, pena l interruzione dell attività aziendale o, comunque, il verificarsi di riflessi negativi sulla capacità dell impresa di mantenersi in condizioni di equilibrio economico finanziario nel tempo. Le disponibilità sono rappresentate, invece da tutti quegli investimenti che possono essere distolti dall attività aziendale senza pregiudicarne lo svolgimento. In altri termini sono immobilizzati tutti gli investimenti che contribuiscono alla determinazione di un fabbisogno finanziario durevole; rappresentano disponibilità, invece tutti gli elementi che generano un fabbisogno temporaneo 1. Sono immobilizzazioni: 1. le scorte di fattori a fecondità semplice (merci materie prime) e di prodotti, in quanto necessarie ad evitare una forzata interruzione dei processi produttivi e/o delle vendite aziendali; 2. i crediti verso clienti, fisiologicamente necessari per mantenere un adeguato livello di sbocco ai procedimenti; 3. le scorte monetarie liquide, necessarie per le spese di minimo importo; 1 Per approfondimento delle relazioni che legano gli investimenti e la determinazione del fabbisogno finanziario, nonché dei caratteri di temporaneità durevolezza di quest ultimo, si veda: L. AZZINI 1954; L. AZZINI 1962, pp ; P. CAPALDO 1967, pp ; F. SUPERTI FURGA 1974, pp di 23

4 4. le partecipazioni in imprese controllate e/o collegate, che si ritiene di dover mantenere nel tempo; 5. i fattori a fecondità ripetuta materiali ed immateriali, recuperabili solo entro il breve periodo; 6. i crediti di finanziamento; 7. gli investimenti accessori, di tipo patrimoniale e/o finanziario. Sono disponibilità, invece: 1. le scorte monetarie liquide eccedenti quelle minime necessarie per le transazioni di minimo importo; 2. gli investimenti in attività accessorie agevolmente recuperabili; 3. le scorte di fattori a fecondità semplice e di prodotti, eccedenti quelle funzionali, acquisite per motivi speculari o di convenienza operativa; 4. i fattori a fecondità ripetuta e i crediti di finanziamento, per la parte recuperabile entro l anno. Le risorse finanziarie investite in attività disponibili, possono essere agevolmente smobilizzate nel breve periodo attraverso il realizzo diretto o indiretto tramite i ricavi, generando così un fabbisogno temporaneo di finanziamento. Di conseguenza, in relazione al vincolo di tempo che lega le risorse finanziarie all azienda, possiamo operare una suddivisione tra le fonti di finanziamento. Avremo: passivo corrente o debiti a breve scadenza: la sua estinzione richiede risorse finanziarie entro un breve periodo di tempo (convenzionalmente considerato un anno) ; passivo consolidato o debiti a media e lunga scadenza: per l estinzione è concesso un lasso di tempo più ampio (oltre un anno); capitale permanente: si lega all economia dell impresa, ed è rappresentato dal capitale di proprietà che è presente fino a che non viene disperso a causa delle perdite. Nel passivo corrente si inseriscono: - i debiti formalmente a breve (verso banche per c/c passivi); - parti in scadenza di debiti a medio e lungo termine; - parte di utile di esercizio prelevata o assegnata sotto forma di dividendo; 4 di 23

5 - debiti verso fornitori, eccedenti quelli fisiologici; - parte del fondo di indennità di fine rapporto (Tfr) che si riferisce ai dipendenti che cessano entro l anno la loro attività. Nel passivo consolidato vanno inseriti: - il capitale di proprietà dell impresa, meno la parte di utile di esercizio assegnata a dividendo; - i debiti fisiologici verso fornitori, i quali, pur nel continuo rinnovarsi, rappresentano un finanziamento che permane all interno dell impresa e quelli verso dipendenti per salario differito (Tfr), meno la componente da corrispondere entro l anno. Una volta distinti gli investimenti in relazione al tipo di fabbisogno, e le fonti di finanziamento in rapporto ai tempi di estinzione, è possibile individuare le correlazioni che dovrebbero sussistere tra tipi di fabbisogno e forme di copertura. Per una struttura finanziaria equilibrata sarebbe auspicabile un adeguata eccedenza del capitale permanente rispetto alle immobilizzazioni a fabbisogno rigido, che contribuirebbe a conferire all impresa una adeguata elasticità finanziaria di tipo strategico. Con ciò si fa riferimento alla possibilità che l azienda, in virtù della struttura finanziaria di cui dispone, riesce a procurasi i finanziamenti necessari per coprire il fabbisogno finanziario generato da investimenti volti a modificare la struttura aziendale per adeguarla alle nuove condizioni di ambiente. In relazione alla funzione che gli investimenti e le fonti sono chiamati ad assolvere all interno del sistema produttivo si separano gli investimenti che concorrono a formare la struttura dell impresa, da quelli necessari per assicurare il funzionamento della struttura stessa. In quest ottica viene fatta un ulteriore distinzione. Si distingue il capitale fisso, che è quel capitale che non si consuma nel corso di ogni singola produzione, ma serve a più produzioni singole, cioè: - fattori a fecondità ripetuta, materiali o immateriali; - crediti di finanziamento; - partecipazioni di controllo. dal capitale circolante, capitale che si consuma ad ogni singola produzione e deve essere reintegrato per intero, nello specifico: 5 di 23

6 - disponibilità liquide immediate; - crediti di funzionamento; - scorte di fattori a fecondità semplice e di prodotti. Così definito, il capitale circolante non può essere confuso con il concetto di disponibilità prima considerato; né può esistere sovrapposizione tra la concezione di capitale fisso (attivo fisso) e quella di immobilizzazioni. La separazione tra gli elementi del capitale fisso e del capitale circolante può essere riferita sia alla gestione corrente dell impresa che alla gestione caratteristica (tipica). Nel secondo caso ne deriverebbero configurazioni parziali, utili per svolgere indagini sull entità dei mezzi monetari assorbiti all interno di tale gestione. 6 di 23

7 2 L autofinanziamento Per il suo fabbisogno finanziario l azienda può servirsi di un ulteriore fonte di finanziamento, capace di produrre un miglioramento del preesistente rapporto tra investimenti e mezzi finanziari attinti da terzi o conferiti dalla proprietà: l autofinanziamento. L autofinanziamento, in senso ampio, corrisponde alla differenza tra le entrate correlate ai ricavi e le uscite connesse ai costi dei fattori produttivi, relativi alla produzione venduta nel periodo. E una sorta di riutilizzo interno della redditività prodotta dall impresa. Occorre considerare, in particolare, che le risorse finanziarie generate dai ricavi devono essere immediatamente reimpiegate nell acquisizione di fattori della stessa specie, al fine di mantenere lo stesso livello di attività operativa. Le risorse finanziarie, liberate dai ricavi che astrattamente possono essere considerate a fronte delle perdite di valore (ammortamento) dei fattori a fecondità ripetuta, rimangono, invece, temporaneamente a disposizione dell azienda che può utilizzarle per coprire il fabbisogno finanziario derivante da altri investimenti o per rimborsare prestiti contratti in precedenza. Quindi, le risorse finanziarie liberate dal conseguimento dei ricavi che nell esercizio realizzano l ammortamento economico, rappresentano la rigenerazione del capitale precedentemente investito in fattori a fecondità ripetuta, che può essere temporaneamente distolto fino al momento del rinnovo dei fattori dalla destinazione originaria e diversamente utilizzato per finanziare altri investimenti. La misura dell autofinanziamento di un periodo non necessariamente corrisponde all incremento di risorse monetarie a disposizione dell impresa. Basti pensare che la differenza tra ricavi e consumi dei fattori a fecondità semplice per realizzare la produzione nel periodo di riferimento non è una differenza tra flussi di entrate e di uscite monetarie in quanto: - l importo dei ricavi non si traduce in corrispondenti entrate di denaro, così come l importo dei costi non da luogo a corrispondenti uscite di denaro - il trasferimento nel tempo delle rimanenze di fattori a fecondità semplice e dei ricavi anticipati concorrono alla determinazione della differenza tra ricavi di competenza 7 di 23

8 e consumi dei fattori a fecondità semplice per realizzare la produzione, ma non determinano movimentazioni monetarie. Perciò la parte monetaria dell autofinanziamento si otterrà facendo la differenza tra ricavi e costi monetizzati nel periodo; la parte non monetaria sarà data dalla somma algebrica delle variazioni intervenute nella consistenza delle scorte e dei crediti e debiti di funzionamento. Ricavi monetizzati (-) Costi monetizzati Flusso monetario di autofinanziamento di periodo Flusso non monetario di autofinanziamento di periodo Flusso complessivo di autofinanziamento di periodo + Δ scorte + Δ crediti - Δ debiti 8 di 23

9 3 Il calcolo dell autofinanziamento Per il calcolo dell autofinanziamento di periodo si può fare riferimento a due diversi metodi: uno diretto, l altro indiretto. Con questi metodi possiamo calcolare sia l autofinanziamento reddituale che quello patrimoniale. Col metodo diretto, a livello reddituale, l autofinanziamento può essere calcolato con la seguente formula: A = (V Cffs) dove: A = Autofinanziamento; V = Ricavi inerenti alla produzione venduta nel periodo; Cffs = Consumo dei fattori a fecondità semplice per realizzare la produzione venduta nel periodo. Con metodo indiretto, a livello patrimoniale, l autofinanziamento può essere calcolato attraverso l applicazione della seguente formula: A = ( Rn + Cffs + Pfp +Cfp) dove: Rn = Reddito netto; Cffr = Consumo dei fattori a fecondità ripetuta; Cfp = Costi futuri presunti; Pfp = Perdite future presunte. Sostanzialmente, per misurare l autofinanziamento in senso ampio si fa ricorso alla somma delle componenti del reddito alle quali nel periodo di riferimento si associano variazioni finanziarie. Per misurare, invece, l autofinanziamento a livello patrimoniale utilizzando il metodo diretto, è necessario calcolare la variazione degli investimenti che si è determinata in un definitivo periodo di tempo e compararla con le variazioni intervenute nello stesso periodo dei debiti (di ogni tipo) e del capitale netto di origine extra gestionale. Questo secondo la logica per la quale ove le variazioni di investimento (in aumento o in diminuzione) di un periodo fossero maggiori o minori delle variazioni dei mezzi di origine esterna, 9 di 23

10 la differenza non potrebbe essere finanziata da mezzi di origine interna (autofinanziamento), e si avrebbe così un miglioramento del preesistente rapporto tra investimenti e fonti esterne. La misurazione con metodo patrimoniale diretto è descritta dalla seguente formula: A = [ Δ I ( Δ D + Δ Ne)] Dove, in relazione ad un periodo: Δ I = Variazione degli investimenti; Δ D = Variazione dei debiti; Δ Ne = Variazione di capitale netto di origine extra- gestionale: (riassume:aumenti di capitale di conferimento; rimborsi di capitale e dividendi assegnati ai soci). Esempio 1 A = ΔI - (ΔD + Δne) 1500 = ( ) Dalla semplice lettura delle relazioni espresse in forma di equazione si evidenzia che, con riferimento al periodo considerato, i mezzi finanziari assorbiti dall incremento degli investimenti ( ) sono stati forniti da fonti esterne così ripartite: - incremento di debiti (2.500) - incremento di capitale di proprietà (conferito) (2.000). La parte dell incremento degli investimenti non coperta dall incremento delle fonti esterne (1.500) ha assorbito risorse finanziarie di origine interna (autofinanziamento pari a 1.500). Dalle grandezze considerate nell esempio possiamo dedurre che si tratti di un classico caso di crescita degli investimenti con equilibrato ricorso ad una pluralità di fonti esterne ed interne. 10 di 23

11 Esempio 2 A = ΔI - (ΔD + Δne) 500 = ( ) L esempio 2 rappresenta una situazione completamente differente rispetto alla precedente. La diminuzione degli investimenti nel periodo considerato non ha assorbito risorse, bensì ha liberato risorse finanziarie per Queste, unitamente a quelle fornite dai proprietari come incremento del capitale di conferimento (per 500) e a quelle di origine interna (autofinanziamento per 500) hanno consentito di ridurre l indebitamento per un totale di La situazione descritta potrebbe essere interpretata in più maniere. Si potrebbe ipotizzare che l azienda stia operando un attenta ristrutturazione organizzativa che le ha consentito di ridurre gli investimenti superflui (crediti di funzionamento in eccesso, scorte in eccesso), liberando disponibilità utilizzate per il rimborso dei debiti. Oppure potremmo ipotizzare che le variazioni degli investimenti espresse dall equazione stiano a sintetizzare una situazione di smobilizzo di una parte dell apparato produttivo allo scopo di concentrare le risorse sul proprio core business. Esempio 3 A = Δi - (Δd + ΔNe) 100 = ( ) Le grandezze considerate rappresentano una situazione aziendale preoccupante. Si evidenzia infatti un eccessivo ricorso all indebitamento. L apporto del capitale di conferimento non è adeguato, e l autofinanziamento risulta assai contenuto. Gli stessi valori espressi nell equazione potrebbero indicare una pesante situazione di difficoltà dell impresa a collocare le sue produzioni, con conseguente lievitazione del livello delle scorte invendute. 11 di 23

12 Il deterioramento della situazione finanziaria, indotto dalla diminuzione dei ricavi, è stato temporaneamente risolto con il ricorso all indebitamento. Ciò fa pensare che l andamento reddituale sia in diminuzione e che la situazione generale tenda ad un possibile ulteriore peggioramento. Per determinare correttamente le variazioni effettive degli investimenti intervenute nel periodo considerato, occorre tener conto degli abbattimenti di valore calcolati sui fattori a fecondità ripetuta per effetto del loro logorio economico, e sugli elementi dell attivo per effetto delle perdite future presunte 2. Per determinare, poi, la variazione dei debiti bisogna far riferimento ad ogni tipologia di debiti e considerare le variazioni intervenute nei ricavi anticipati (che rappresentano comunque mezzi finanziari di origine esterna). Se si ricorre al metodo indiretto il calcolo dell autofinanziamento si sintetizza nella seguente formula: A = ΔPP + Upp + Cffr + Pfp + Rn Dove: Δpp = Variazione delle passività presunte; Upp = Utilizzo di passività presunte. Come si può notare gli addendi che compongono la formula sono tutti di origine reddituale perché le perdite future presunte (relative a componenti attivi del capitale) e le perdite di valore dei fattori a fecondità ripetuta sono state portate a diretto abbattimento del valore degli investimenti cui si riferiscono. Ciò rende di fatto il metodo patrimoniale diretto privo di contenuto autonomo, in quanto del tutto analogo: le variazioni intervenute nei consumi dei fattori a fecondità ripetuta e nelle perdite future presunte, non possono essere desunte da poste del passivo e si conoscono solamente facendo riferimento al prospetto di reddito. 2 Così, ad esempio si gli investimenti in fattori a fecondità ripetuta ammontavano all inizio del periodo a 100, se nel periodo sono stati effettuati nuovi investimenti per 200 e a fine periodo il valore da rinviare al futuro è stato definito in 250, considerando una perdita di valore (ammortamento) di 50, la differenza tra il valore iniziale e finale degli investimenti nel prospetto del capitale ammonterebbe a 150 ( ), mentre l entità dei nuovi investimenti effettuati nel periodo, che hanno assorbito risorse finanziarie, è stata pari a di 23

13 4 La variazione di capitale circolante netto in relazione all autofinanziamento L assenza di componenti positivi o negativi di reddito non derivanti dalla gestione corrente sono il presupposto in presenza del quale si verifica corrispondenza tra autofinanziamento e variazioni di capitale circolante netto della gestione corrente. Premesso che il capitale circolante netto indica quanto i crediti a breve termine (es. Crediti verso clienti), insieme alle disponibilità di magazzino facilmente convertibili in moneta, consentono di fronteggiare le scadenze a breve (es. Debiti verso fornitori), vengono sintetizzati i rapporti tra le operazioni che caratterizzano la gestione corrente delle imprese e le variazioni analitiche di capitale circolante netto (CCN) 3 che ad esse si associano. GESTIONE CORRENTE E VARIAZIONI DI CCN Acquisti ffs. (v.f. -) (- CCN) Magazzino Aumento (+ CCN) Materie Diminuiz. (- CCN) Perdita di valore di ffr. Costi presunti futuri 13 di 23

14 Produzione Magazzino V E N (v.f. +) (+CCN) D I T E Prodotti Aumento (+ CCN) Diminuiz. (- CCN) Δ CCN Dall analisi di questo schema si evince agevolmente che: 1. ai ricavi connessi alla produzione venduta si associa un aumento di CCN (+ denaro; + crediti di funzionamento; - debiti di funzionamento); 2. ai fattori produttivi a fecondità semplice acquisiti nel periodo si associa una diminuzione di CCN (- denaro; + debiti di funzionamento; - crediti di funzionamento); 3. tra i fattori a fecondità semplice, le materie, prima di passare in produzione, vanno ad alimentare il proprio magazzino. Può accadere che la quantità di tale fattore produttivo utilizzata per la produzione possa risultare: - uguale a quella acquisita; - inferiore a quella acquisita; - superiore a quella acquisita. 4. La perdita di valore dei fattori a fecondità ripetuta ed i costi presunti futuri durante il periodo amministrativo non generano variazioni di CCN. In relazione alle componenti cui si fa riferimento si differenziano gli effetti dell autofinanziamento in senso ampio sull economia dell impresa. Il capitale che proviene da fonti proprie migliora la struttura e il grado di autonomia finanziaria dell impresa. 3 In pratica, il Capitale Circolante Netto esprime la situazione di liquidità dell'azienda, ossia la sua capacità di far fronte 14 di 23

15 Grazie all autofinanziamento, infatti, si può ottenere: a) un aumento degli investimenti, a parità di fonti finanziarie esterne (debiti e capitale netto di conferimento); b) o una diminuzione del ricorso a fonti finanziarie esterne, a parità di investimenti; c) o, più probabilmente, un aumento (una diminuzione) degli investimenti più (o meno) che proporzionalmente rispetto a quello (quella ) delle fonti esterne di finanziamento. Questi miglioramenti saranno temporanei per la parte relativa all utile da destinare a dividendo e per le risorse finanziarie a fronte dei costi futuri. Saranno durevoli per la parte corrispondente agli utili da destinare a riserva. La parte di capitale fisso rigenerata attraverso i ricavi determina una trasformazione di attivo fisso in capitale circolante netto perché gli investimenti che costituiscono la struttura produttiva (cf) si trasformano in investimenti volti a favorire l utilizzo della struttura e a recuperare l insieme degli investimenti in essere (ccn). L aumento di capitale (ccn) può avvenire sotto varie forme: attraverso un aumento delle scorte dei fattori a fecondità semplice; attraverso un aumento delle scorte dei prodotti; con un aumento dei crediti correnti; con un aumento delle disponibilità immediate; attraverso un riduzione dei costi; con una combinazione delle forme su indicate. Questi apporti conducono ad un aumento dell attività operativa dell impresa e comportano, conseguentemente, una sua minor dipendenza dall esterno. alle obbligazioni a breve termine attraverso flussi finanziari generati dalla gestione tipica dell'impresa. 15 di 23

16 5 Flussi di cassa Per misurare l efficacia e la proficuità degli apporti interni e delle altre variabili che incidono sulla gestione aziendale (analisi dei costi; struttura organizzativa; ecc..) in termini di aumento dell attività operativa, bisogna altresì determinare i flussi di cassa della gestione corrente e i flussi di cassa della gestione complessiva. Per la determinazione dei flussi di cassa della gestione corrente è necessario monitorare le entrate e le uscite monetarie relative alle operazioni della gestione corrente, cioè quella parte di costi e di ricavi che nel periodo considerato ha generato, rispettivamente, uscite ed entrate 4. Per determinare il flusso di cassa complessivo, invece, legato all intera gestione, occorre considerare anche le entrate e le uscite monetarie rivenienti dalle operazioni della gestione extra corrente, relative alle movimentazioni dei debiti e dei crediti di finanziamento e del capitale di proprietà (finanziamenti attinti e concessi), nonché alle acquisizioni e dismissioni di fattori a fecondità ripetuta. 4 A tal fine, i dati del reddito relativi alla gestione corrente debbono essere rettificati in relazione alla variazione dei debiti e dei crediti di funzionamento (correnti) che sono inseriti nello schema del capitale all inizio e alla fine del periodo. In particolare, per trasformare i ricavi in entrate monetarie, è sufficiente aggiungere agli stessi le esistenze iniziali di crediti correnti (verso la clientela e ratei attivi) e sottrarre l importo degli stessi alla fine del periodo. I crediti iniziali, infatti, si trasformano in liquidità immediate a mano a mano che vengono a scadenza e sono incassati. I crediti finali, invece, stanno a rappresentare la parte dei ricavi conseguiti durante l esercizio o la parte dei crediti iniziali che si trasformerà in liquidità solo nel prossimo o nei prossimi periodi amministrativi. 16 di 23

17 6 Fabbisogno finanziario e flussi di cassa per determinare un piano di gestione: il piano dei costi generali Dopo aver definito le principali caratteristiche aziendali, il passo successivo è quello della stesura di un piano di fabbisogno finanziario. Esso riassume la necessità di risorse finanziarie che facciano fronte agli investimenti prospettati (in primis, le immobilizzazioni), ai costi di produzione e di gestione previsti, tenuto conto delle entrate derivanti dalle vendite. A tale fabbisogno finanziario si farà fronte con i mezzi propri conferiti all'azienda, le varie tipologie di contributi, gli affidamenti bancari a breve e i mutui a medio-lungo termine, senza trascurare i contratti di leasing mobiliare o immobiliare. Per questo, diventa fondamentale cercare il massimo equilibrio attraverso un mix ben calibrato, che metta in evidenza le risorse che sono già a disposizione e quelle che invece devono essere ancora trovate. Vediamo nel grafico la strutturazione del fabbisogno finanziario. In quest'altro schema si possono osservare le voci che sono destinate a coprire il fabbisogno finanziario. 17 di 23

18 Il piano dei flussi di cassa, invece rappresenta il prospetto in cui bisogna rendere conto degli incassi e dei pagamenti nel loro susseguirsi nel tempo. Questo prospetto è fortemente indicativo nell'ambito della valutazione dei risultati dell'impresa, in quanto mette in evidenza la capacità dell'impresa di rendersi indipendente da fonti di finanziamento esterne. Ancora più realisticamente, deve essere messa a fuoco l'abilità dell'azienda ad incassare dai propri clienti, e prima, più denaro di quanto essa stessa non paghi ai suoi debitori e fornitori. In particolare, nel caso di avviamento di nuove attività, lì dove non è ancora ben definita la storia dell'azienda, è buona norma, nella stesura dei flussi di cassa, non limitarsi a una sintesi annuale degli stessi, ma estendere l'analisi a un esame mensile nel primo biennio di attività, allo scopo di evitare di non accorgersi di operazioni finanziarie che annualmente si compensano, ma che nel corso dell'anno avvengono in momenti ben distinti e separati l uno dall'altro, richiedendo temporaneamente ulteriore disponibilità finanziaria; spesso, infatti, buona parte dei fallimenti di molte società nei primi loro anni di vita è dovuta ad una errata valutazione dei flussi di cassa o, ancora peggio, alla assoluta mancanza di previsioni. I flussi di cassa sono determinati dai flussi di capitale circolante netto (che rappresenta l'anello di congiunzione tra l'andamento economico della gestione e la dinamica finanziaria dell'azienda ed è il reddito "spendibile" prodotto o distrutto dalla gestione corrente), ai quali 18 di 23

19 vengono sommate algebricamente le variazioni nelle componenti del capitale circolante netto stesso. Il flusso di circolante dalla gestione corrente sarà dato, dunque da: reddito netto (+); ammortamenti (+); perdite da realizzo di immobilizzazioni (+); utili da realizzo di immobilizzazioni (-); accantonamento a fondo TFR (+); accantonamento a fondi rischi (+); accantonamenti a fondi spese future (+); utilizzi fondi (-). La variazione del capitale circolante netto può essere data: 1. dalla differenza totale fonti - totale impieghi; 2. dalla differenza totale attività a breve - totale passività a breve. -1- Totale fonti flusso di capitale circolante netto originato dalla gestione corrente; disinvestimenti; accensione debiti a medio/lungo termine; aumenti di capitale. Totale impieghi investimenti tecnici e finanziari; decremento mutui; dividendi; altri impieghi. 19 di 23

20 Totale fonti - Totale impieghi = Variazione del capitale circolante netto -2- Totale attività a breve variazione cassa e banche; variazione crediti commerciali; variazione scorte. Totale passività a breve variazione banche c/passivi; variazione fornitori; variazione mutui. Totale attività a breve - Totale passività a breve = Variazione del capitale circolante netto Abbiamo così tutti gli elementi per determinare il flusso di cassa, che risulterà dunque dalla somma algebrica dei flussi di capitale circolante netto con le variazioni nelle componenti del capitale circolante netto. 20 di 23

21 Bibliografia ARDEMANI E. 1968, Considerazioni economico aziendali sul valore aggiunto, in Ricerche economiche, n. 3/ 4. ARDEMANI E. 1978, L amministrazione delle imprese, Giuffrè, Milano. AZZINI L. 1954, Investimenti e produttività nelle imprese industriali, Giuffrè, Milano. AZZINI L. 1962, Le situazioni d impresa investigate nella dinamica economica delle produzioni, vol. I, Le situazioni patrimoniali, Giuffrè, Milano. AZZINI L. 1975, I gruppi aziendali, Giuffrè, Milano. CAPALDO P. 1968, L autofinanziamento nell economia dell impresa, Giuffrè, Milano. CAPALDO P. 1998, Reddito, capitale e bilancio di esercizio, Giuffrè, Milano. CASSANDRO P.E. 1972, Il bilancio oggettivo dell impresa, in Rivista Dottori Commercialisti, n. 3. CASSANDRO P.E. 1982, I gruppi aziendali, Cacucci, Bari. CASSANDRO P.E. 1982, Trattato di ragioneria: l economia delle aziende ed il suo controllo, Cacucci, Bari. CODA V. 1963, Introduzione alle valutazioni dei capitali economici d impresa, Giuffrè, Milano. CODA V. 1967, Proprietà, lavoro e potere di governo d impresa, Giuffrè, Milano. CODA V. 1968, I costi di produzione, Giuffrè, Milano. CODA V. 1977, Uno schema di analisi della redditività, in AA. VV., Studi di ragioneria, organizzazione e tecnica economica. Studi in memoria del prof. Alberto Riparbelli, vol. I, Cursi, Pisa. 21 di 23

22 CODA V. 1980, Il concetto di reddito operativo, nell analisi economica dell impresa, in Rivista dei Dottori Commercialisti, settembre. CODA V. 1988, L orientamento strategico dell impresa, Utet, Torino. CORSO A. 1969, Oltre standard e direct costing. Nuove frontiere per la contabilità industriale: i criteri di profitto, Quaderni di R.O., n. 7, Airo, Roma. DE MINICO L. 1929, Ordinamento del capitale nelle imprese, Guf., Napoli. DE MINICO L. 1935, Elasticità e relazioni dinamiche dei costi nelle imprese industriali, A. Rondinella, Napoli. DE MINICO L. 1946, Lezioni di ragioneria. I fondamentali economici della rivelazioni del reddito, Pirronti, Napoli. FERRERO G. 1972, L analisi di bilancio, Giuffrè, Milano. FERRERO G. 1980, Impresa e management, Giuffrè, Milano. FERRERO G. 1981, Finanza aziendale, Giuffrè, Milano. GIANNESI E. 1981, Possibilità e limiti della programmazione, Opera Universitaria, Pisa. GIANNESI E. 1982, L equazione del fabbisogno di finanziamento e le possibili vie della sua soluzione, ristampa, Giuffrè, Milano. MATACENA A. 1979, Introduzione allo studio del bilancio di esercizio delle imprese, Clueb, Bologna. ONIDA P. 1951, Le discipline economico-aziendali. Oggetto e metodo, seconda edizione riveduta, Giuffrè, Milano. ONIDA P. 1971,1973, Economia d azienda, Utet, Torino. RUOZI R. 1971, Note sul fabbisogno finanziario delle imprese, in Rivista dei Dottori Commercialisti, maggio-giugno. 22 di 23

23 SORCI C. 1971, Considerazioni sulla relativa validità di una distinzione ancora persistente in tema di autofinanziamento, ne gli Annuali della Facoltà di Economia e Commercio dell Università di Palermo, n. 3. SUPERTI FURGA F. 1974, Il fabbisogno nelle imprese industriali, Giuffrè, Milano. SUPERTI FURGA F. 1975, Proposizione per una teoria positiva del sistema d impresa. Teologia e logica operativa, Giuffrè, Milano. ZAPPA G. 1946, Scritture doppie, conti e bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano. ZAPPA G. 1950, Il reddito d impresa, Giuffrè, Milano. ZAPPA G. 1956, 1957, Le produzioni nell economia delle imprese, tomo primo e secondo, Giuffrè, Milano. 23 di 23

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