La responsabilità medica è extracontrattuale: ritorno al passato e best practices.

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1 La responsabilità medica è extracontrattuale: ritorno al passato e best practices. Dott.ssa Noemi Graceffo noemi.graceffo@ssalex.com I progressi in campo scientifico hanno determinato un miglioramento della qualità della vita. È, infatti, di tutta evidenza che oggigiorno si vive sempre più a lungo grazie alle straordinarie evoluzioni della medicina. Eppure, agli occhi di una società pretenziosa, perfezionista ed in continua evoluzione, i medici hanno perso la loro auctoritas. I pazienti, sempre più esigenti, non sono disposti ad accettare il minimo errore medico; in pratica, il dottore non può sbagliare. Dinanzi al fallimento delle cure, non resta che intraprendere le vie legali che il nostro ordinamento mette a disposizione dei singoli. Cavalcando tale onda di pensiero, le aule di tribunali si sono affollate di casi attinenti la responsabilità medica.

2 P. 2 I Giudici, chiamati a decidere controversie in materia di responsabilità medica, hanno adottato un orientamento volto a tutelare, in via esclusiva, il paziente danneggiato. D altra parte, il diritto alla salute è da annoverare tra i diritti fondamentali della persona, costituzionalmente tutelato e garantito sia dall art. 32 che dall art. 38 della Costituzione. Tutto ciò premesso, è pacifico che il medico che cagiona un danno ad un paziente debba rispondere del suo operato. Il problema è capire il titolo della responsabilità medica. Come è noto, il nostro ordinamento conosce due forme di responsabilità: contrattuale ed extracontrattuale. In tempi non troppo remoti, il medico, nel caso in cui avesse procurato un danno al paziente, era chiamato a rispondere solo a titolo di responsabilità extracontrattuale. Si escludeva che tra il paziente ed il sanitario vi fosse un rapporto contrattuale e ciò era ancora più evidente quando il medico si trovava inserito in una unità ospedaliera pubblica. In definitiva, l obbligazione del medico si configurava come obbligazione di mezzi e la richiesta del risarcimento danni presupponeva una colpa grave ovvero il dolo, anche nel caso di errori commessi per il compimento delle c.d. operazioni mediche di routine. Tuttavia, a partire dagli anni settanta, si è assistito ad un radicale mutamento di tendenza, ovvero si ritenne, in primo luogo, che la responsabilità del medico dovesse essere parametrata alla difficoltà dell operazione e, conseguentemente, la Suprema Corte di Cassazione riconobbe la responsabilità ordinaria del medico, anche per colpa lieve, ove la regola o le regole da applicare non siano osservate per inadeguatezza od incompletezza della preparazione professionale comune e media (imperizia) o per omissione della diligenza media (negligenza), di fronte ad un caso concreto che sia comune ed ordinario, cioè che sia tipico perché conosciuto dalla scienza e nell'esperienza medica, con la conseguente esistenza di regole precise ed indiscusse (Cass. civ., , n. 2439). In secondo luogo, non ci si interrogò più sulla tipologia dell obbligazione inerente l attività professionale, ovvero se essa fosse un obbligazione di mezzi o di risultato, quanto piuttosto sul titolo della responsabilità derivante da un inesatto adempimento dell obbligazione medesima.

3 P. 3 Con una sentenza rivoluzionaria, sul finire degli anni novanta, ribaltando il precedente orientamento, la Suprema Corte di Cassazione affermò la natura contrattuale della responsabilità medica. Il rapporto tra il medico e paziente risulta, da allora, fondato sul c.d. contratto sociale e regolato dalle norme che disciplinano i contratti. Ciò perché il paziente che accetta di essere curato è come se stipulasse un contratto atipico e, allo stesso modo, il medico è chiamato ad adempiere la diversa prestazione che deriva dal medesimo contratto, posto a tutela del generico diritto alla salute. (Sent. Cass. n. 589/1999). Quindi, a parere dei Giudici della Suprema Corte di Cassazione, nel contratto sociale è infatti da ravvisarsi la fonte di un rapporto che quanto al contenuto non ha ad oggetto la "protezione" del paziente bensì una prestazione che si modella su quella del contratto d'opera professionale (Sent. Cass. n. 8826/2007). Il consenso informato, espressione del diritto all autodeterminazione del paziente, divenne, pertanto, lo strumento attraverso il quale collocare la responsabilità medica all interno dell alveo della responsabilità contrattuale. Chiarito che la responsabilità del sanitario è di tipo contrattuale, è opportuno soffermarsi sulla disciplina dettata dal codice civile in materia. La prestazione del medico è, invero, una prestazione d opera regolata dall art c.c.. L articolo citato impone all operatore del diritto di distinguere tra operazioni di facile e di difficile esecuzione e su tali differenze valutare il grado di diligenza ed il corrispondente grado di colpa, nel caso di inesatto adempimento. A ben vedere, però, la diligenza richiesta al medico non è quella del buon padre di famiglia, di cui all art. 1176, comma primo, c.c., bensì è quella specifica del debitore qualificato, ex art. 1176, secondo comma, c.c.. Più precisamente, il principio generale del neminem laedere, la cui violazione determina responsabilità contrattuale, non può trovare applicazione per il medico, il quale soggiace ad obblighi ben più severi. Alla luce di quanto affermato fino ad ora, la responsabilità del medico è limitata, quindi, alle sole ipotesi di dolo o di colpa grave ove gli interventi chirurgici appaiano di particolare complessità; ciò perché il caso non è ancora stato studiato a sufficienza, ovvero perché non sono stati sufficientemente applicati i metodi da

4 P. 4 adottare (tra tutte Sent. Cass. n. 8845/1995). Diversamente, il sanitario risponde per colpa lieve qualora il danno sia stato causato da negligenza o imprudenza (Sent. Cass. n /1997). L assunto in virtù del quale la responsabilità medica ha una natura contrattuale non è privo di rilievi sul piano dell onere probatorio, poiché, anche per tale ambito, trovano applicazione le regole generali poste dall art c.c.. Ciò significa che, nel giudizio avente ad oggetto l accertamento della responsabilità medica per un infelice operazione, bisogna ripartire l onere della prova tenuto conto della complessità dell operazione: nel caso di interventi complessi, il medico deve fornire la prova della difficoltà dell operazione medesima, mentre il paziente deve provare quelle modalità di intervento ritenute inidonee; nel caso di interventi di facile esecuzione, caratterizzati da regole precise e di dominio comune in ambito medico, la colpa del professionista è presunta, eccezione fatta per il caso in cui egli riesca a dimostrare che l insuccesso non è dovuto alla propria negligenza o imprudenza (Sent. Cass. n. 1127/1998). Peraltro, secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, la difficoltà dell operazione è considerata solo un parametro sul quale valutare la diligenza. Quindi, genericamente, si ritiene che, in tema di oneri probatori, il paziente che agisce in giudizio deve fornire la prova del contratto sociale e del contenuto del medesimo; il medico, ai fini di non incorrere nella responsabilità, deve, invece, dimostrare che l insuccesso dell operazione è dovuto ad un evento imprevedibile e, comunque, non superabile dall adeguata diligenza (Sent. Cass. n. 8826/2007). Quanto sostenuto, è, in realtà, stato messo in discussione dalla recente riforma intervenuta con l art. 3 della c.d. Legge Balduzzi, rivolta ai medici dipendenti di strutture sanitarie pubbliche. Con l art. 3 della predetta legge 1, infatti, sembra che il legislatore abbia volutamente operato un ritorno al passato, ovvero pare aver suggerito all interprete il ritorno alla responsabilità medica aquiliana. Sebbene il panico e lo sconforto che un drastico cambiamento, sicuramente, suscita, tuttavia, 1 Legge 8 novembre 2012 n. 189; l articolo 3, così recita: L esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l obbligo di cui all articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.

5 P. 5 questa riforma ha un merito: le questioni sulla materia, come è stato detto, affollano le aule dei tribunali e, attraverso tale intervento, si è cercato di porvi rimedio. Anche le intenzioni del legislatore sono indiscutibili. Merita di essere evidenziato come uno degli obiettivi dichiarati della Riforma sia stato quello di ridurre il continuo ricorso alla c.d. medicina difensiva, che determina un mutamento del comportamento del medico per il comprensibile timore di un procedimento giudiziario per malpractice. Il novum normativo, più in particolare, pone un limite alla responsabilità dell esercente la professione quando ha rispettato le best practices, ovvero quando ha agito osservando le linee guida dettate e, quindi, riconosciute dalla comunità scientifica. In tali casi, tuttavia, la responsabilità non è esclusa: campeggia l art c.c., quale norma che regola la responsabilità del medico pubblico dipendente. Inoltre, il giudice, nel prescrivere la misura del risarcimento, deve tenere conto se l esercente la professione abbia operato in ossequio alle predette linee guida, diminuendo, in caso positivo, l ammontare del medesimo risarcimento. In sostanza, in sede civile, è stato alleggerito l onere probatorio del medico: spetta al paziente dimostrare l elemento soggettivo che integra la responsabilità de quo. In conclusione, in questa maglia normativa, l art c.c. torna ad essere il criterio fondamentale della responsabilità dell esercente la professione sanitaria; la responsabilità contrattuale è, invece, rilegata alle sole ipotesi in cui il medico agisce come libero professionista. Lo Studio Legale Salvi Saponara & Associati rimane a disposizione per ogni qualsivoglia chiarimento in merito a quanto argomentato. Dott.ssa Noemi Graceffo Tel (+39) noemi.graceffo@ssalex.com

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