Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1. Federico Lastaria federico.lastaria@polimi.it
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- Caterina Basile
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1 Politecnico di Milano Corso di Analisi e Geometria 1 Federico Lastaria federico.lastaria@poi.it Primi teoremi di caclolo differenziale Ottobre Indice 1 Funzioni derivabili su un intervallo Teorema di Fermat Teorema di Rolle Teorema di Lagrange (o del valore medio, o degli incrementi finiti) Teorema di Cauchy (o degli incrementi finiti) Funzioni con derivata nulla Funzioni con derivate uguali Funzioni crescenti o decrescenti Funzioni strettamente monotòne Regole di de L Hôspital Confronto tra infiniti Funzioni derivabili su un intervallo 1.1 Teorema di Fermat Sia f una funzione, a valori reali, definita su un intervallo I (che può essere aperto o no, itato o no). Si dice che un punto x 0 in I è un punto di massimo locale 1 per f se esiste un intorno U di x 0 tale che x I U f(x 0 ) (1.1) Diremo invece che un punto x 0 è un punto di masssimo assoluto per f se f(x 0 ) per ogni x nel dominio di f. In modo analogo si definiscono i punti di minimo locale o assoluto. Ricordiamo che un intorno I di un punto x in R è un qualunque intervallo aperto I R contenente x. (Non si richiede che tale intervallo sia simmetrico rispetto a x). Se D è un sottoinsieme di R, diremo che x è interno a D se esiste un intorno I di x tutto contenuto in D, cioè tale che I D. Si noti che la proprietà x è interno a D è più forte della proprietà x appartiene a D (in simboli, x D). Ad esempio, il punto x = 0 appartiene all intervallo D = [0, 1], ma non è interno a tale intervallo. 1 Un punto di massimo locale è chiamato anche un punto di massimo relativo. 1
2 Un concetto importante è quello di insieme aperto: Un insieme U di numeri reali si dice aperto (in R) se ogni punto x U è interno a U. Dunque, un sottoinsieme U di R è aperto se soddisfa la seguente proprietà : Per ogni punto x che appartiene ad U, anche tutti i punti di R sufficientemente vicini a x appartengono a U. Teorema 1.1 (Fermat) Sia D Supponiamo che: 1. x 0 sia un punto di massimo (o di minimo) locale per f; 2. x 0 sia interno a D; 3. f sia derivabile in x 0. Allora f (x 0 ) = 0. f R una funzione a valori reali definita su un insieme D R. Dimostrazione. Per fissare le idee, supponiamo che x 0 sia un punto di massimo locale per f. Poiché, per ipotesi, x 0 è al tempo stesso un punto interno al dominio D di f e un punto di massimo locale, esiste un intorno sufficientemente piccolo I di x 0 con le due proprietà seguenti 2 : (perché x 0 è interno a D) e I D (1.2) x I f(x 0 ) 0 (1.3) (perché x 0 è punto di massimo locale). Per ogni x I \ x 0, si ha allora se x > x 0 e f(x 0 ) x x 0 0 (1.4) f(x 0 ) x x 0 0 (1.5) se x < x 0. Passando al ite per x che tende a x 0, si ricava 3 rispettivamente f (x 0 ) 0 e f (x 0 ) 0. Di conseguenza f (x 0 ) = 0. Si noti che nel teorema dimostrato è ovviamente essenziale l ipotesi che x 0 sia interno a D. (Non basta che il punto x 0 appartenga a D). Ad esempio, la funzione = x nell intervallo D = [0, 1] ha un punto di massimo locale in x 0 = 1, anche se la derivata (sinistra) di f in x 0 non è nulla (è uguale a 1). Naturalmente questo non contaddice il teorema di Fermat. Semplicemente non sono soddisfatte le ipotesi di tale teorema, perché il punto x 0 = 1 non è interno a D = [0, 1]. 2 Sappiamo che esiste un intorno U di x 0 che soddisfa la condizione U D e esiste un intorno V di x 0 su cui vale f(x 0 ). Allora sull intersezione I = U V (che è ancora un intorno di x 0 ) sono soddisfatte entrambe le condizioni. 3 Qui si usa il cosiddetto teorema di permanenza del segno: Sia g una funzione definita su un intorno U di un punto x 0 (con la possibile eccezione del punto x 0 ). Supponiamo che, per ogni x U \ x 0, si abbia g(x) 0 e supponiamo che esista (finito) il ite x x0 g(x) = L. Allora si ha L 0. Questo teorema è del tutto evidente, se si pensa alla definizione di ite. La dimostrazione è semplice. Supponiamo, per assurdo, che sia L < 0. Prendiamo un ε > 0 abbastanza piccolo, in modo tale che l intervallino J = (L ε, L+ε) sia tutto contenuto nella semiretta negativa. (Ossia prendiamo L + ε < 0). Per definizione di ite, esiste un intorno W di x 0 tale che per ogni x W \ x 0, si ha g(x) J, quindi g(x) < 0. Ma allora, per ogni x (diverso da x 0 ) dell intervallino non vuoto U W si deve avere g(x) 0 (per ipotesi) e al tempo stesso g(x) < 0. Assurdo. 2
3 1.2 Teorema di Rolle Teorema 1.2 (Rolle, 1690) 4 f Sia [a, b] R una funzione derivabile sull intervallo aperto (a, b) e continua sull intervallo compatto [a, b]. Supponiamo f(a) = f(b) (1.6) Allora esiste (almeno) un punto γ (a, b) in cui la derivata di f si annulla: f (γ) = 0 (1.7) Dimostrazione. Per il teorema di Weierstrass la funzione f, continua sul compatto [a, b], assume il suo valore massimo M e il suo valore minimo m. Questo significa che esiste (almeno) un punto x M [a, b] ed esiste (almeno) un punto x m [a, b] tali che f(x M ) = M e f(x m ) = m. Sono possibili due casi. 1. Sia x M che x m cadono negli estremi di [a, b]. In tale caso, per l ipotesi f(a) = f(b), si ha M = m. Ma allora f è costante, e quindi = 0 in ogni punto x di (a, b). 2. Almeno uno dei due punti x m, x M è interno ad [a, b]. Allora, per il teorema di Fermat, in un tale punto la derivata si annulla. Dunque, in ogni caso esiste (almeno) un punto γ nell intervallo aperto (a, b) in cui la derivata si annulla. 1.3 Teorema di Lagrange (o del valore medio, o degli incrementi finiti) f Teorema 1.3 (del valore medio, o di Lagrange) Sia [a, b] R una funzione reale derivabile sull intervallo aperto (a, b) e continua sull intervallo compatto [a, b]. Allora esiste un punto γ (a, b) per il quale si ha f(b) f(a) = f (γ)(b a) (1.8) Dimostrazione. Si consideri la funzione g(x) = f(a) f(b) f(a) (x a) (1.9) b a definita sull intervallo [a, b]. Tale funzione è continua su [a, b], derivabile su (a, b) e assume lo stesso valore agli estremi: g(a) = g(b) = 0 Quindi g soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle. Per tale teorema, esiste un punto γ in (a, b) in cui g (γ) = 0. La derivata di g(x) è g (x) = f f(b) f(a) (x) b a Quindi si ha 0 = g (γ) = f f(b) f(a) (γ) b a che equivale a f(b) f(a) = f (γ)(b a) Il teorema di Lagrange ha un interpretazione geometrica. Si noti che il numero f(b) f(a) b a è il coefficiente angolare della retta che passa per (a, f(a)) e (b, f(b)). Quindi il teorema afferma che esiste almeno un punto (γ, f(γ)) appartenente al grafico della funzione f in cui la retta tangente (il cui coefficiente angolare è f (γ)) è parallela alla retta che unisce i due punti estremi (a, f(a)) e (b, f(b)). 4 Michel Rolle ( ), matematico francese. 3
4 1.4 Teorema di Cauchy (o degli incrementi finiti) Teorema 1.4 (Cauchy, o degli inrementi finiti, o del valore medio) Siano f e g due funzioni reali derivabili sull intervallo aperto (a, b) e continue sull intervallo compatto [a, b]. Supponiamo g (x) 0 per ogni x in (a, b). Allora esiste (almeno) un punto γ (a, b) per il quale f(b) f(a) g(b) g(a) = f (γ) g (γ) (1.10) Prima dimostrazione. Si consideri la funzione ϕ(x) = [g(b) g(a)] [f(b) f(a)]g(x) (1.11) Si vede facilmente che tale funzione soddisfa, sull intervallo [a, b], tutte le ipotesi del teorema di Rolle. Infatti è continua su [a, b] e derivabile su (a, b) (perhé tali sono f e g). Inoltre, ϕ(a) = ϕ(b): ϕ(a) = [g(b) g(a)]f(a) [f(b) f(a)]g(a) = g(b)f(a) f(b)g(a) ϕ(b) = [g(b) g(a)]f(b) [f(b) f(a)]g(b) = f(b)g(a) + g(b)f(a) Dunque, per il teorema di Rolle, esiste un punto γ in (a, b) in cui ϕ (γ) = 0. Poiché ϕ (x) = [g(b) g(a)] [f(b) f(a)]g (x) in tale punto γ si ha 0 = ϕ (γ) = [g(b) g(a)]f (γ) [f(b) f(a)]g (γ) che equivale a (Si noti che si ha g(b) g(a) 0. Infatti, se fosse g(a) = g(b), per il teorema di Rolle, g si annullerebbe in un punto di (a, b), contro l ipotesi). Seconda dimostrazione. (f (γ), g (γ)) = w(γ) (g (γ), f (γ)) = r (γ) r(a) = A r(b) r(a) B = r(b) Figura 1: Interpretazione geometrica del teorema di Cauchy. Per almeno un γ (a, b), la retta tangente alla curva (g(t), f(t)), t (a, b), è parallela alla corda AB. 4
5 Il significato geometrico del teorema di Cauchy è questo 5 : Se una curva piana è dotata ovunque di retta tangente tra due suoi punti A e B, allora almeno una di queste rette tangenti è parallela alla corda AB. Questa proprietà vale non soltanto quando la curva è il grafico di una funzione, ma anche per curve più in generali, come quella della figura di sopra. Ora dimostriamo il teorema di Cauchy, ispirandoci al suo significato geometrico. Siano f(t), g(t), t [a, b], due funzioni soddisfacenti le ipotesi del teorema di Cauchy. Si consideri la curva parametrizzata t r(t) = (g(t), f(t)), t [a, b] Tale curva è una funzione, il cui dominio è [a, b] e il cui codominio è il piano R 2. Il vettore tangente all istante t (a, b) è r (t) = (g (t), f (t)). Vogliamo dimostrare che esiste un γ (a, b) in corrispondenza del quale il vettore tangente r (t) = (g (t), f (t)) è parallelo a r(b) r(a). In modo equivalente, dimostriamo che esiste un γ (a, b) per il quale il vettore (f (γ), g (γ)) (che è ortogonale a (g (t), f (t))) è ortogonale a r(b) r(a). Questo equivale a dimostrare che esiste un γ (a, b) per il quale il loro prodotto scalare è nullo 6 : (f (γ), g (γ)) ( r(b) r(a)) = (f (γ), g (γ)) (g(b) g(a), f(b) f(a)) (1.12) = f (γ)[g(b) g(a)] g (γ)[f(b) f(a)] (1.13) = 0 (1.14) L espressione a primo membro di 1.12 è il valore, per t = γ, della derivata della funzione ϕ(t) = (f(t), g(t)) ( r(b) r(a)) = f(t)[g(b) g(a)] g(t)[f(b) f(a)] Tale funzione ϕ(t) soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle (È la stessa funzione ausiliaria 1.11 che abbiamo considerato nella precedente dimostrazione dello stesso terema). Dunque, per il teorema di Rolle, esiste un γ (a, b) per il quale 0 = ϕ (γ) = [g(b) g(a)]f (γ) [f(b) f(a)]g (γ) Quest ultima uguaglianza equivale 7 all uguaglianza Quindi il teorema di Cauchy è dimostrato. Osservazione sul teorema di Cauchy. Se pensiamo alla curva parametrizzata t r(t) = (g(t), f(t)) come al moto di una particella nel piano, allora (g (t), f (t)) è il vettore velocità. Il teorema di Cauchy afferma allora che esiste almeno un istante in cui il vettore velocità è parallelo al vettore spostamento r(b) r(a). Si osservi però che questo è vero solo nel caso di moti piani. Ad esempio, se il moto della particella è la spirale (cost, sin t, t), il suo vettore velocità ( sint, cost, 1) non è verticale, mentre il vettore spostamento può essere verticale (Basta prendere il punto di partenza e quello di arrivo sulla stessa verticale, compiendo un giro completo). 1.5 Funzioni con derivata nulla Teorema 1.5 Una funzione definita su un intervallo aperto I = (a, b) e con derivata nulla in ogni punto di tale intervallo è una costante. 5 Tom Apostol, Calculus, vol. 1, Blaisdell Publishing Company. 6 Si ricordi che due vettori x = (x 1, x 2 ), y = (y 1, y 2 ) R 2 sono ortogonali se e solo se il loro prodotto scalare è nullo: v 1 v 2 = x 1 y 1 + x 2 y 2 = 0. 7 Si osservi che si può dividere per g (γ)[g(b) g(a)], e ottenere in questo modo la 1.10, perché g (t) non è mai nulla (per ipotesi) e, di conseguenza, anche [g(b) g(a)] 0. Infatti, se si avesse [g(b) g(a)] = 0, allora g si annullerebbe in almeno un punto (Teorema di Rolle). 5
6 Dimostrazione. Prendiamo due punti x 1, x 2 in (a, b). Per il teorema di Lagrange, esiste un punto c, compreso tra x 1 e x 2, per il quale si ha: f(x 2 ) f(x 1 ) = f (c)(x 2 x 1 ) = 0 (x 2 x 1 ) = 0 Ne segue f(x 1 ) = f(x 2 ). Quindi f è costante. Osservazione. Si noti che nell ultimo teorema è essenziale l ipotesi che il dominio della funzione sia un intervallo (un sottoinsieme connesso di R). Ad esempio, la funzione = (0, 1) (2, 3) f R { 1 se x (0, 1) 2 se x (2, 3) ha derivata nulla in ogni punto del suo dominio D = (0, 1) (2, 3), ma non è costante. (Ovviamente D non è un intervallo, cioè non è connesso). 1.6 Funzioni con derivate uguali Teorema 1.6 Siano f e g due funzioni reali, definite su un intervallo aperto I = (a, b), con uguale derivata in ogni punto di I = (a, b): Allora f e g differiscono per una costante. x I = g (x) (1.15) Dimostrazione. La funzione ϕ(x) = g(x) ha derivata nulla su I: ϕ (x) = g (x) = 0 Dunque ϕ è una costante, diciamo c R: ϕ(x) = g(x) = c Dunque f e g differiscono per una costante. 1.7 Funzioni crescenti o decrescenti Diremo che una funzione D f R è crscente (o crescente in senso lato) su D (D sottoinsieme qualunque di R), se, per ogni x 1, x 2 D, Se invece, per ogni x 1, x 2 D, diremo che f è strettamente crescente su D. x 1 < x 2 = f(x 1 ) f(x 2 ) (1.16) x 1 < x 2 = f(x 1 ) < f(x 2 ) (1.17) In modo analogo si definiscono le funzioni decrescenti e le funzioni strettamente decrescenti. Diremo che le funzioni crescenti oppure decrescenti sono monotòne. Le funzioni strettamente crescenti oppure strettamente decrescenti si diranno strettamente monotòne. Teorema 1.7 Sia I un intervallo aperto e sia f una funzione reale derivabile su I. Allora f è crescente (in senso lato) su I se e solo se 0 per ogni x I 6
7 Dimostrazione. Prima parte. f crescente implica 0 per ogni x. Fissiamo un punto x 0 I. Poiché, per ipotesi, f è crescente, il rapporto incrementale f(x 0 ) x x 0 è sempre maggiore o uguale a zero. Quindi il ite del rapporto incrementale, quando x tende a x 0, resta maggiore o uguale a zero: f (x 0 ) = x x 0 f(x 0 ) x x 0 0 Seconda parte. 0 per ogni x implica f crescente. Siano x 1, x 2 due punti di I, con x 1 < x 2. Per il teorema di Lagrange, esiste un punto c, x 1 < c < x 2, tale che f(x 1 ) f(x 2 ) = f (c)(x 1 x 2 ) Poiché si ha f (c) 0 e x 1 x 2 < 0, abbiamo f(x 1 ) f(x 2 ) 0, ossia f(x 1 ) f(x 2 ). Dunque f è crescente (in senso lato) in I. 1.8 Funzioni strettamente monotòne Teorema 1.8 (Funzioni derivabili strettamente monotòne) Sia I un intervallo aperto e sia f una funzione reale derivabile su I. 1. Se > 0 in ogni punto x I, allora f è strettamente crescente su I. 2. Se < 0 in ogni punto x I, allora f è strettamente decrescente su I. Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per il caso di funzioni con derivata positiva in ogni punto. (L altro caso è identico). Siano x 1, x 2 due punti di I, con x 1 < x 2. Per il teorema di Lagrange esiste un punto c, compreso tra x 1 e x 2, per il quale si ha: f(x 1 ) f(x 2 ) = f (c)(x 1 x 2 ) Poiché si ha f (c) > 0 e x 1 x 2 < 0, si deve avere f(x 1 ) f(x 2 ) < 0. Abbiamo allora dimostrato che, per ogni x 1, x 2 I, x 1 < x 2 = f(x 1 ) < f(x 2 ) Dunque, per definizione, f è strettamente crescente su I. Osservazione. Il teorema non si inverte, nel senso che una funzione strettamente crescente su un intervallo, non ha necessariamente derivata positiva in ogni punto. Ad esempio, la funzione = x 3, x R, è strettamente crescente su R, ma la sua derivata in x 0 = 0 è nulla. Osservazione. L implicazione f > 0 = f strettamente crescente non vale se il dominio di f non è un intervallo. Ad esempio, la funzione = 1/x, definita su R \ 0, ha derivata positiva in ogni punto del suo dominio ( = 1/x 2 ), ma non è strettamente crescente. Ovviamente f è crescente sulla semiretta (, 0) ed è crescente sulla semiretta (0, + ), ma non è crescente sul suo dominio (, 0) (0, + ). 7
8 1.9 Regole di de L Hôspital Riconosco di dovere molto alle menti brillanti dei fratelli Bernoulli, in particolare del più giovane, che attualmente è professore a Groningen. Ho fatto libero uso delle loro scoperte. (G.F. de L Hôspital 8, Analyse des infiniment petits, pour l intelligence des lignes courbes, Paris, 1696). Teorema 1.9 (Joh. Bernoulli 1691, de L Hôspital Caso 0 0. ) Siano f e g due funzioni continue sull intervallo [x 0, b] (x 0 R) e derivabili in (x 0, b). Supponiamo che valgano le seguenti condizioni: 1. f(x 0 ) = g(x 0 ) = g (x) 0 per ogni x (x 0, b). 3. Esiste (finito o infinito) il ite Allora esiste anche il ite g(x) g (x) = L (1.18) ed è uguale al precedente: g(x) = L (1.19) Dimostrazione. (Per il caso L finito). Premettiamo un osservazione. Sia x un qualunque punto in (x 0, b). Allora si può scrivere g(x) = f (γ) g (γ) per un opportuno γ compreso tra x 0 e x, cioè soddisfacente: x 0 < γ < x. Per dimostrarlo, applichiamo il teorema di Cauchy alla coppia di funzioni f,g sull intervallo [x 0, x]. Poiché f(x 0 ) = g(x 0 ) = 0, per il teorema di Cauchy si ha g(x) = f(x 0) = f (γ) g(x) g(x 0 g (γ) per un opportuno γ soddisfacente x 0 < γ < x, come si voleva dimostrare. A questo punto possiamo concludere, in modo un po sbrigativo ma sostanzialmente corretto, nel modo seguente. Quando x tende a x 0, il punto γ, compreso tra x e x 0, deve tendere a x 0. Quindi, poiché g(x) = f (γ) g (γ) g (x) g(x) e = L, anche il ite deve esistere, e deve essere uguale a L. Se vogliamo essere più rigorosi, possiamo arrivare alla tesi usando la ε-δ definizione di ite. Prendiamo allora un arbitrario ε > 0. Poiché, per ipotesi, x x + g = L, esiste un δ > 0 tale che (x) 0 t (x 0, x 0 + δ) f (t) g (t) L < ε (1.20) 8 Guillaume François de L Hôspital ( ), matematico francese, scrisse nel 1696 un testo di calcolo differenziale, che ebbe un ruolo importante nella diffusione di questa disciplina. Il marchese de L Hôspital fu allievo dei fratelli Bernoulli (membri di una ben nota famglia di scienziati svizzeri), in modo particolare di Johann Bernoulli ( ), che verso il 1691/92 aveva pubblicato una delle prime esposizioni del calcolo differenziale e integrale. La regola di de Hôspital è dovuta in realtà a Johann Bernoulli. 8
9 Ora prendiamo un qualunque x in (x 0, x 0 + δ). Per quanto abbiamo visto sopra, g(x) = f (γ) g (γ) per un opportuno γ soddisfacente x 0 < γ < x < x 0 + δ. Siccome tale γ è compreso tra x 0 e x 0 + δ, per la 1.20 si ha f (γ) g (γ) L < ε e quindi g(x) L = f (γ) g (γ) L < ε Questo prova, per definizione di ite, che anche g(x) = L (1.21) Osservazione. Ovviamente il teorema di de L Hôspital vale anche per i iti da sinistra (x x 0 ) e quindi per il ite (ordinario) per x x 0. Vale una regola di anche nel caso di un rapporto tra funzioni che tendono entrambe all infinito quando x tende a x 0. (Forma di indeterminazione del tipo ). Riportiamo l enunciato, senza dimostrazione. Teorema 1.10 (de L Hôspital, caso ) Siano f e g due funzioni continue sull intervallo [x 0, b] e derivabili in (x 0, b). Supponiamo che valgano le seguenti condizioni: 1. = g(x) = + 2. g (x) 0 per ogni x (x 0, b). 3. Esiste (finito o infinito) il ite Allora esiste anche il ite g(x) g (x) = L (1.22) ed è uguale al precedente: g(x) = L (1.23) Infine, le regole di de L Hôspital valgono anche per le forme di indeterminazione 0 0 o quando x tende a + o. L enunciato è sempre dello stesso tipo: se esiste il ite x + g (x) = L 9
10 (finito o infinito) allora esiste anche il ite x + g(x) x + g(x) = L ed è uguale al precedente: Osservazione. Il teorema di de L Hôspital dice che (sotto opportune ipotesi), se esiste il ite di /g (x) allora esiste anche il ite di /g(x), e i due iti sono uguali. Non dice che se esiste il ite di /g(x) allora deve esistere anche il ite di /g (x). Potrebbe esistere il ite di /g(x), ma non quello di /g (x). Per esempio, se = x + sinx e g(x) = x, allora x + g(x) = 1 ma il ite non esiste. x + g (x) = 1 + cosx x Confronto tra infiniti Teorema 1.11 (Confronto tra infiniti) Qualunque sia il numero reale a > 0, quando x tende a + la funzione esponenziale e x tende all infinito più velocemente di x α, mentre la funzione logaritmo lnx tende all infinito più velocemente di x α. Ricordiamo che, date due funzioni e g(x), tali che + e g(x) + per x a, (dove a può essere un numero reale, oppure, oppure + ), si dice che tende all infinito più velocemente di g(x), se g(x) x a = 0 o, in modo equivalente, se x a g(x) = +. Dunque si può enunciare il teorema dicendo che, per ogni α > 0, valgono questi iti fondamentali: x α x + e x = 0 (1.24) lnx x + x α = 0 (1.25) Dimostrazione. Il ite 1.24 è del tipo / e sono soddisfatte le ipotesi per usare la regola di de x L Hôpital. Ovviamente è sufficiente dimostrare che α x + e = 0 nell ipotesi che α = m sia un x numero positivo intero. 9 Applicando m volte il teorema di de L Hôpital a x m /e x, otteniamo alla fine il rapporto m!/e x, che non è una forma indeterminata e ovviamente tende a zero. In modo analogo si procede per il ite Applicando la regola di de L Hôpital, siamo condotti a valutare il ite: 1 x 1 = x + αxα 1 x + x α = 0 Concludiamo che il ite 1.25 è zero. x m e x 9 Se α non fosse intero, prendiamo un intero m > α. Poiché 0 < xα e x 0, anche xα e x 0. < xm e x, dal teorema del confronto segue che, se 10
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