FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE

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1 FISIOLOGIA DEL CUORE E DELLA CIRCOLAZIONE La circolazione del sangue serve per informare tutto il mezzo interno dell'organismo, mantenendo costanti certi parametri; serve, quindi, per portare in qualunque punto di un organismo complesso le parti anaboliche e allontanare quelle cataboliche. La circolazione avviene grazie all'assistenza di una pompa (cuore) dalla quale il sangue va a tutti i tessuti e vi ritorna attraverso capillari e vene (grande circolazione) (fig. a) e riparte con la piccola circolazione che porta il sangue ai polmoni dove si ha lo scambio di O 2 e CO 2. Consideriamo la pressione che é la forza per unità di superficie (fig. b); nel caso di un fluido essa si esercita in tutte le direzioni. Questo dipende dal fatto che ogni particella elementare del fluido va in tutte le direzioni, per cui la pressione é il prodotto degli urti delle particelle contro le pareti del recipiente ed all'interno di esso. In un fluido la pressione in un punto deve essere uguale a quella esercitata in altri punti. Un altro aspetto da considerare é l'effetto della gravità: man mano che si misura la pressione a diverse posizioni del fluido, troviamo un aumento della cosiddetta pressione idrostatica che é data dalla densità ρ, dalla accelerazione di gravità (g) e dall'altezza (h). P = r.g.h r = si esprime in unità di peso per unità di volume (g/ml) 2 m/sec g = 980 cm/sec.sec. oppure 9,8 h= dislivello (cm) E' importante tener presente che il sangue deve giungere sia in parti più basse rispetto al cuore, sia in parti più alte; per cui se il sangue ha una certa pressione, farà fatica a salire perché deve vincere la forza di gravità, però scenderà facilmente perché facilitato. 2 Le misure di pressione sono: dine/ cm cioé forza per unità di superficie o in mmhg. Possiamo sapere quanto é un mmhg utilizzando Misura di Pressione: 1 mmhg=13, ,1=1,333 dine/ 1 cm soluz. Salina=1, = 1,019 dine/ 3 densità del sangue= 1,055 g/cm, 2 cm cm 2 r.g.h per cui 1 mmhg = 12,9 cm di sangue La pressione che deriva dalla gravità ha importanza anche quando ci si trova in ambienti in cui la forza di gravità aumenta (per es. nei piloti di aerei); in questi casi (a parte l'altitudine) non arriva più sangue al cervello, per cui si

2 hanno quei fenomeni che derivano dal cattivo funzionamento del cervello, prima fra tutti perdita della vista, della coscienza ecc.. Un altro effetto della forza di gravità riguarda le vene: se per es. incannuliamo una vena del piede e misuriamo la pressione, notiamo che ha un valore notevole; questo deriva dal fatto che c'e' al di sopra tutta la colonna di sangue. Se si fanno contrarre i muscoli della gamba, si osserva che rapidamente la pressione diminuisce, perché sappiamo che nelle vene esistono delle valvole che permettono al sangue di andare solo verso il cuore, per cui, operando la compressione, viene a diminuire la colonna di sangue e la pressione si abbassa notevolmente. Questo sottolinea il fatto che nella circolazione venosa uno dei fattori più importanti é proprio la contrazione dei muscoli circostanti le vene, contrazione che ha senso solo per la presenza delle valvole venose. VISCOSITA' e FLUSSO LAMINARE Se abbiamo un liquido che si muove con flusso laminare in cui si distinguono vari strati, essi si muovono l'uno rispetto all'altro. Questo tipo di movimento può avvenire o quando uno strato è fermo e l'altro si muove, oppure quando, ad esempio, entrambi si muovono però si muovono con velocità diversa. Quando c'è questa situazione, cioè quando due strati si muovono uno rispetto all'altro con velocità diversa, cioè quando c'è un gradiente di velocità, si produce una forza uguale e contraria a questo movimento, cioè una forza che tende a rallentare il movimento dello strato più veloce rispetto allo strato meno veloce. Questa forza, quindi, che trattiene lo strato più veloce è una forza di superficie e come tale si esprime come forza per unità di superficie ed è data dall'espressione di Newton: forza dv = h. (1) superficie dz LEGGE DI NEWTON Questa forza, cioè, è uguale alla viscosità per il gradiente di velocità che dv è. Questo significa che se abbiamo vari strati nel liquido, ognuno dz scorre con velocità diversa. Ad esempio lo strato (1) scorre più velocemente del (2) e questo più velocemente del (3) e così via (fig. c). Tra ognuno di questi strati si sviluppa una forza che tende a trattenerli, per cui possiamo parlare di un gradiente di velocità che è dato dalla differenza della velocità diviso la distanza tra due strati.

3 Quindi la legge di Newton, condensata nella [1] dice che la forza che si sviluppa tra due strati adiacenti in movimento l'uno rispetto all'altro e che tende ad opporsi a questo movimento, è proporzionale al gradiente di velocità, ed è proporzionale per un certo fattore che si chiama viscosità h. Il coefficiente di proporzionalità è indipendente dal gradiente di velocità, quello che dipende dal gradiente di velocità è questa forza che si sviluppa. L'entità di questa forza dipende dal gradiente di velocità, cioè quanto maggiore sarà la velocità reciproca degli strati, tanto maggiore sarà la forza che tende a trattenerli. Questo dipende dal coefficiente di proporzionalità che è h, cioè la viscosità, cioè a dire, fluidi che hanno un alto coefficiente di viscosità svilupperanno una grande forza; fluidi che hanno un basso coefficiente di viscosità svilupperanno una forza minore a parità di gradiente di velocità. La viscosità è una delle resistenze che si oppongono al flusso, determinando, quindi, la difficoltà degli strati a muoversi l'uno rispetto all'altro. La viscosità sarà uguale a forza superficie dv h = da cui se = 1 dv dz dz h = forza superficie L'unità di viscosità è il poise (puas). Dato che il poise è un'entità molto grande, si usa la centesima parte del poise che si chiama centipoise. Questo perché ad una certa temperatura (20 C) la viscosità dell' H 2 O è uguale ad un centipoise, e questo introduce il concetto che la viscosità è funzione della temperatura e precisamente è inversamente proporzionale alla temperatura, per cui quanto più aumenta la temperatura tanto più diminuisce la viscosità. Da quanto abbiamo detto scaturisce la distinzione dei fluidi in newtoniani e non newtoniani. Il sangue per una certa parte è non newtoniano, per la maggior parte è newtoniano. La ragione per cui il sangue in certe parti comporta come non newtoniano è perché contiene un certo numero di componenti e in particolare gli elementi corpuscolati e certe proteine allungate. LEGGE DI POISEUILLE Se consideriamo un liquido che scorre in un tubo cilindrico (come il sangue) si vede che la velocità è maggiore nell'asse e diminuisce man mano che ci si allontana dall'asse e ci si avvicina alle pareti del cilindro. Profilo della velocità (Fig. d)

4 Come si può vedere, la velocità è massima al centro e diminuisce in periferia; anzi, si considera che il primo strato in periferia, cioè quello che bagna direttamente la parete, è immobile; poi gli strati che gli sono vicini hanno una certa velocità fino ad arrivare al centro in cui si ha la velocità massima. r Questo si può esprimere in questa legge: V V r = = m 2 R dove V è la velocità misurata ad un certo valore del raggio, V è la velocità r m massima che si ha al centro del raggio, r è il raggio a cui si misura la velocità, R è il raggio totale del cilindro. 2 r Quando r = R, cioè quando ci mettiamo in periferia si ha che: V = 0 m 1 2 R da cui si ha che V r = 0 Per cui per definizione la velocità del primo strato è uguale a zero, poi man mano che si procede verso il centro il rapporto 2 velocità r 2 r R non è più 1, per la v non è più 0, ma aumenta fino ad arrivare al centro del cilindro in cui si ha la velocità massima. Fin qui abbiamo parlato della velocità; il gradiente di velocità invece è l'opposto della velocità, il gradiente è massimo in periferia ed è minimo al centro. Questo si intuisce subito perché se il primo strato è fermo, qualunque velocità rispetto a zero sarà un enorme gradiente di velocità, invece man mano che ci si allontana, il gradiente tende a diminuire fino ad avere un valore minimo al centro. Fin qui abbiamo detto come varia v in relazione a v. r m Ora dobbiamo vedere cosa determina la v e questo ci è detto dalla legge di m Poiseuille. Nel fluido che è in movimento si distingue una forza che spinge (che è la differenza di pressione tra i vari punti del cilindro) e una resistenza del fluido al movimento. P Allora la legge di Poiseuille dice che: F = (2) R cioè il flusso del liquido F, che si misura in volume per unità di tempo, che scorre in un condotto, dipende dalla forza che spinge, cioè dalla differenza di pressione tra due punti qualunque, diviso la resistenza R (dove con R indichiamo tutto l'insieme di fattori che si oppongono al movimento del liquido stesso). D'altra parte 1/R = G cioè è uguale alla scorrevolezza del liquido, per cui possiamo scrivere l'equazione (2) come: F = P. G

5 Vediamo di capire meglio quali sono i fattori che R rappresenta. I fattori sono tre e li vediamo esplicitando l'equazione (2) cioè: 4 1 π R F = P... formula di Hagen-Poiseuille η 8 l Da qui infatti vediamo che η, cioè la viscosità, è uno dei fattori che si oppone al flusso; infatti quando più un liquido è viscoso, tanto meno veloce è il flusso. π Poi c'è che è un fattore geometrico e che dipende dalle caratteristiche 8 geometriche del condotto, dal fatto che quando si considera un flusso laminare (le lamine sono infinitamente sottili) esso è costituito da un infinito π numero di lamine per cui bisogna integrare e si ha che è un fattore 8 costante. R 4 Infine c'è dove R è la lunghezza del raggio del condotto, l è la l lunghezza del condotto. Il flusso mentre è inversamente proporzionale alla lunghezza del condotto, è direttamente proporzionale alla grandezza del condotto R. Questo R compare alla quarta potenza e questo significa che bastano piccole variazioni di R (cioè della grandezza del condotto) per produrre grandi variazioni del flusso, e questo significa anche che nel controllo del flusso si esercita fondamentalmente agendo su R. Cioè anche se si fa una leggera variazione del raggio di un vaso, si provoca una grande variazione del flusso, proprio perchè in questa formula R compare alla quarta potenza. Vediamo ora quali sono le ragioni per cui il sangue si discosta, dal punto di vista della viscosità, da un fluido qualunque. La ragione è la presenza degli elementi corpuscolati. Possiamo infatti considerare il grafico che mette in relazione la viscosità espressa come relativa (come rapporto cioè tra la viscosità del sangue e la viscosità dell' H 2 O ) con l'ematocrito, cioè con la concentrazione di cellule che esiste nel sangue (fig. 1). Si hanno due tipi di curve: una è la curva che esprime questa relazione usando il viscosimetro, l'altra è la curva che esprime questa relazione usando i vasi sanguigni. Le due curve hanno somiglianze e differenze. La somiglianza è data dal fatto che, in generale, aumentando il valore dell'ematocrito (cioè aumentando la percentuale di volume di sangue occupato da cellule) fino ad un certo valore la viscosità relativa resta costante, dopo di che tende ad aumentare. Ciò significa che finché nel sangue esiste una certa concentrazione di globuli rossi ci sarà una certa viscosità, quando si supera un certo valore(come ad esempio nei casi di policitemia e anemia) allora la

6 viscosità aumenta,e questo vale sia nel caso che la viscosità si misura nel vaso sanguigno, sia nel caso in cui si misura nel viscosimetro. Aumentando le viscosità diminuirà il flusso sanguigno. Quindi si vede che la viscosità è una funzione dell'ematocrito. La differenze tra le due curve è questa: per gli stessi valori di ematocrito si ha una differenza di viscosità relativa del sangue secondo che questa viscosità viene misurata facendo passare il sangue nel viscosimetro o nel vaso sanguigno. Nel caso in cui si fa passare nel viscosimetro si ha una viscosità relativa maggiore; nel caso che si fa passare nel vaso sanguigno si ha una viscosità minore a parità di liquido, cioè usando lo stesso liquido. Quindi ci deve essere un fattore che nei vasi sanguigni di calibro 0,1 mm fa diminuire la viscosità relativa; tale fattore ci fa molto comodo, perché avere una viscosità relativa più bassa significa facilitare il flusso sanguigno nei piccoli vasi. Si è pensato che questo fattore potesse dipendere dalle caratteristiche del vaso o dalle caratteristiche del sangue e a tale proposito si sono fatti degli esperimenti per cercare di capire da quali di questi due dipendesse. In particolare si è fatto circolare nei vasi sanguigni un liquido diverso dal sangue per vedere se il fenomeno si ripeteva, e inoltre si è fatto circolare il sangue in vasi diversi da quelli sanguigni. Si è concluso che questo effetto dipende non dalla viscosità del sangue, ma dalle proprietà dei vasi sanguigni, e precisamente dal fatto che i vasi sanguigni hanno un diametro più piccolo di quello del viscosimetro. Vediamo ora perchè succede questo: la viscosità, abbiamo visto, è la forza che tende a mantenere l'equilibrio tra i vari strati di liquido che si muovono con velocità diversa. Questi strati sono molto sottili, per cui in un qualunque condotto si deve fare l'integrazione di tutti questi strati. Quando invece si arriva ad un condotto di 0,1 mm di diametro, non possiamo più considerare gli strati infinitamente sottili in modo da poter fare l'integrazione e tirar fuori il valore della viscosità, e questo perchè si ha la presenza nel sangue degli elementi corpuscolati. In particolare abbiamo gli elementi rossi. Di conseguenza, non abbiamo a che fare più con un numero infinito di strati, ma con un numero finito di strati; per cui non possiamo più fare l'integrazione, ma si devono sommare i vari strati; per cui la forza di viscosità si verificherà tra un numero finito di superfici; per cui essa sarà minore. In poche parole: quando andiamo al di sotto di un certo diametro basale, dato che nel condotto ci sono delle cellule che hanno anch'esse un certo diametro, allora non si formano più degli strati infiniti, ma strati finiti, per cui si considera la viscosità non tra un numero infinito, ma su un numero finito di strati: di conseguenza essa sarà minore. Questo effetto si chiama effetto σ (proprio perchè bisogna sommare e non integrare gli strati). Quindi un'altra maniera di esprimere questo effetto, cioè il comportamento particolare del sangue rispetto agli altri liquidi, è questo:(fig. 2)

7 Se consideriamo la viscosità in rapporto al raggio del condotto, si vede che diminuendo il valore del raggio del condotto la viscosità non cambia finché avrà un certo valore soglia; quando si va al di sotto di un certo valore del raggio, la viscosità diminuisce. Per spiegare questo fatto si ammette che al di sotto di un certo diametro basale gli strati che scorrono l'uno sull'altro non sono infiniti, ma sono finiti. Accumulo assiale degli elementi corpuscolati Se consideriamo un condotto cilindrico nel quale scorre il sangue, si osserva che gli elementi corpuscolati del sangue non sono distribuiti in maniera uniforme, ma tendono a concentrarsi verso il centro, c'è cioè il cosiddetto accumulo assiale degli elementi corpuscolati del sangue. Di conseguenza le parti più periferiche di questo condotto saranno più povere di elementi corpuscolati. Se allora da questo condotto si diparte una ramificazione (fig.3), questa ramificazione prenderà poche cellule, e quindi, se si vanno a contare i globuli rossi in tali ramificazioni, si troverà un valore più basso rispetto a quello che si trova nei grossi vasi. L'accumulo assiale è dovuto al fatto che al centro la velocità è maggiore rispetto alla periferia. Abbiamo visto che il flusso dipende dalla differenza di pressione, da ed è inversamente proporzionale alla viscosità. Sappiamo anche che il gradiente di velocità è massimo in periferia e un'anomalia deriva dai corpuscoli presenti nel sangue. Abbiamo visto la relazione esistente tra valore di ematocrito e viscosità relativa come mostrato nel grafico. Sappiamo anche che diminuendo il raggio diminuisce la viscosità e quindi se ne deduce che si ha maggior flusso nei vasi piccoli. Abbiamo anche detto che i globuli rossi tendono a concentrarsi al centro del vaso. Vediamo ora il principio di Bernoulli, cioè dell'energia costante, cioè un fluido in movimento ha tre componenti; 1) una componente è data dalla pressione; 2) un'altra dalla pressione idrostatica gravitazionale; 3) una terza componente è cinetica, dove V è la velocità. 1 2 E = PV + mgh + mv E è l'energia totale di un fluido in movimento. 2 L'energia totale è costante per un certo fluido in un dato momento, per cui se diminuisce un fattore deve aumentare l'altro. Se consideriamo un condotto fatto in questo modo, cioè che presenta un restringimento delle dimensioni, cioè una diminuzione del diametro, in questo caso il fluido, nella sezione minore, aumenta la velocità, per cui corrispondentemente diminuirà l'altra componente, cioè la pressione, in quanto è aumentata la componente cinetica. (fig. 4). Ciò è importante per la circolazione, perchè in alcuni casi il sangue, quando è espulso dal cuore, continua ad andare in una certa direzione, cioè verso l'aorta, perché ha acquistato velocità, anche se la pressione dell'aorta è 4 R

8 maggiore di quella del ventricolo e questo avviene per un certo tempo, perchè poi si chiudono le valvole. Questo può spiegare l'accumulo assiale. Velocità parabolica: tra periferia e centro si stabilisce una pressione laterale, per cui aumentando V diminuisce P, per cui se c'è una particella, essa viene spinta al centro. Questa pressione laterale deriva dalla differenza di velocità (fig. 5) Vediamo quanti sono gli effetti dell'accumulo assiale: 1) il sangue che viene dai collaterali contiene meno eritrociti. 2) Schiumatura del sangue. 3) Siccome η dipende dal valore di ematocrito per la presenza dell'accumulo assiale, gli elementi corpuscolati sono più concentrati al centro, per cui la viscosità η è maggiore al centro. Tra i due effetti vince l'effetto della periferia, perché il gradiente di velocità è massimo nella periferia e quindi anche è maggiore, perchè il gradiente dipende da η, per cui si ha una diminuzione della viscosità in periferia. 4) Cambia il profilo, per cui sarà più piatto perché al centro avremo una velocità leggermente minore perché ci sarà più viscosità (profilo più piatto per effetto dell'accumulo assiale) (fig. 6) Questo fatto pone un problema, perché dice che aumentando V (differenziale) cambia anche cioè la viscosità η (fig. 7). Per la legge di Newton sappiamo che η è una costante. Allora η per l'accumulo assiale che comporta una velocità maggiore al centro e minore in periferia, η non è più indipendente da V, per cui il fluido non è più newtoniano. Questa possibilità si verifica solo a bassa velocità in cui c'è questa dipendenza di η dalla velocità; però anche per velocità piccola si ha una saturazione, cioè l'accumulo al centro si ferma, per cui al di là di certe velocità, η continua a rimanere costante. Questa velocità di saturazione è molto piccola, per cui il sangue cammina al di sopra di questo valore, per cui tranne che in quella zona, il sangue si comporta da liquido newtoniano. Analizziamo ora il movimento turbolento: turbolento significa che le particelle di fluido invadono le altre lamine e si producono dei vortici, per cui gran parte dell'energia produce questi vortici e la velocità ne risulta ridotta. Le ragioni per cui un fluido una volta è laminare e un'altra volta è turbolento sono velocità e altri parametri. Cioè esiste una velocità critica al di sopra della quale il fluido è turbolento, al di sotto della quale il fluido è laminare. Questa Kη velocità critica V c = per cui da laminare si passa a turbolento, è ρ R direttamente proporzionale a η, cioè quanto maggiore è la forza di adesione tra due strati, è più difficile produrre la turbolenza. Cioè un fluido molto viscoso ha maggiore tendenza a restare laminare. Poi la V è c

9 inversamente proporzionale a ρ, cioè quanto è più denso, tanto più facilmente raggiungerà la turbolenza. K è uguale a 1000 e si chiama numero di Reynolds. Quindi la resistenza al flusso non dipende più dalla viscosità, ma 1 2 dalla densità, in quanto l'energia cinetica dei vortici è ρ v. 2 Questo è importante per il sangue che può passare da laminare a turbolento. Cioè quando la velocità supera la velocità critica può passare a turbolento e si creano dei rumori che possono essere ascoltati. Questo si verifica già normalmente perché quando si è sotto sforzo si può passare da laminare a turbolento. Quando procede a vortici la velocità è minore. (fig. 8) Cosa importante è il raggio del vaso: tende a far diminuire la velocità critica, mentre η tende a farla aumentare. Analisi delle curve flusso-pressione. 1 F = PG G= R Aumentando la pressione (fig. 9), per certi valori di G per cui aumenta il flusso, viene fuori una linea che ha una pendenza diversa a seconda dei valori di G. Se si fanno queste prove in un distretto vascolare non avviene la stessa cosa, perchè si hanno curve anormali che sono sigmoidi, cioè per certi valori di P non c'è flusso (fig. 10). Inoltre bisogna ricordare che i condotti sono innervati dal simpatico che è vaso- regolatore, cioè i vasi possono essere dilatati o ristretti (fig. 11). Quando il simpatico non è stimolato, si ha la curva (1); se stimoliamo il simpatico, che produce costrizioni di vasi, si producono curve spostate più a destra, cioè v'è bisogno di un valore minimo di P perchè cominci il flusso. Questa è la PRESSIONE CRITICA DI CHIUSURA. Questo vale per condotti rigidi, cioè condotti il cui diametro non varia con la pressione. Non si sapeva però se ciò dipendesse dalle caratteristiche del sangue o da quelle del condotto. Si sono allora fatti esperimenti facendo scorrere il sangue in vasi artificiali e un liquido qualunque (soluzione di Ringer) in condotti vascolari; si è visto che nel primo caso non si avevano queste curve, mentre esse si ottenevano se il RINGER veniva fatto passare in condotti vascolari. Dunque ciò dipendeva dal condotto. I condotti sono distensibili, cioè non sono rigidi, per cui quando aumenta P aumenta il flusso. E' importante conoscere le regole che determinano il grado di distensione del vaso. Questa è la logge di Laplace (fig. 12): se noi abbiamo un contenitore sferico, distensibile come in figura, dobbiamo, distinguere una pressione

10 interna che è maggiore della P esterna, che è la pressione atmosferica. Questa è una pressione transmurale P che è data dalla differenza da π - π. i e Questa è la forza che va in direzione del raggio e tende a distendere il recipiente. C'è poi la tensione delle pareti vasali T che si oppone a quella transmurale. 1 1 Questa forza agisce nella direzione di curvatura della sfera P = T +. R R 1 2 Come si vede in questa formula ci sono più raggi perché il condotto può anche essere un cilindro (fig. 13). Nel caso di una sfera la formula diventa T P = 2 perchè R 1 = R 2 R T P er un condotto cilindrico invece avrò P = R Questo equilibrio di forze dipende dunque anche da R, cioè la pressione transmurale è inversamente proporzionale a R. Se il raggio è piccolo, basta una tensione piccola delle pareti per opporsi alla P transmurale. Questo è importante perchè spiega come mai tra un'arteria, una vena o un capillare ci sia una diversa pressione e soprattutto spiega il fatto che un capillare sopporti una pressione elevata (fig. 14). - Arteria (costituita da guaine elastiche, connettivali, muscolari) - Capillare (costituito da solo endotelio) - Vena Si deduce che il capillare riesce a sopportare questa P grazie alla legge di Laplace. Il tessuto elastico mantiene nelle pareti, enza alcun dispendio di energia, una tensione capace di bilanciare la Pressione distendente del sangue. In un contenitore elastico c'è un equilibrio tra la pressione transmurale e la tensione che è la forza che agisce su ogni punto della parete del condotto. La T legge di Laplace dice che la T = PR oppure P = dove R è il raggio ed è R 1 1 uguale P = T +. R R 1 2 Questo ci spiega come i capillari che hanno pareti sottili sono capaci di resistere a pressioni di diverse decine di mmhg. Nel cuore la pressione ha già un valore di mmhg. A questo valore già esistente si aggiunge la pressione idrostatica. Uno dei fattori che determina la resistenza ad alte pressioni è il raggio; quando è piccolo, resiste a pressioni elevate. La tensione della parete dipende dal raggio, per cui se esso è piccolo anche la tensione sarà piccola.

11 Un'altra cosa da ricordare è l'andamento anomalo delle relazioni F - P. Infatti questo flusso non avviene nei tubi rigidi, nel qual caso obbedirebbe alla legge di Poiseuille-Hagen e la curva avrebbe tale andamento (fig. 15), ma avviene nei tubi distensibili, per cui obbedisce alla Legge di Laplace, per cui è implicata anche la pressione transmurale. Per spiegare la pressione critica di chiusura bisogna rifarsi al comportamento delle arterie e delle vene. Se misuriamo il volume in un segmento di arteria o vena in funzione della pressione, avrò le curve rappresentate nel grafico: (fig. 16) Questo dice che nelle arterie, già quando la pressione è al valore zero, c'è un certo volume. Infatti la parete delle arterie è abbastanza rigida, per cui anche senza pressione esse hanno un certo volume. Nelle vene il volume tende a zero; se aumentiamo la pressione aumenta il volume, dopo di che, a certi valori di pressione, V non presenterà più alcun aumento. Dal punto di vista istologico ciò si spiega ammettendo che c'è una componente elastica. Insieme al tessuto elastico c'è una rete di fibre connettivali che non sono estensibili e che entrano in azione quando la pressione ha raggiunto una certa soglia, offrendo una resistenza. I due parametri sono misurabili. (Se la pressione esterna è costante equivale alla pressione del liquido per la pressione transmurale) (fig. 17) T=PR ; dal grafico precedente ricavo il grafico T/R. La (1) è la parte sperimentale. Da (V) si calcola il raggio. Dalla legge di Laplace possiamo calcolare la tensione, cioè si può sapere, per ogni valore del raggio, quale tensione esiste sulle pareti del vaso. Questo ci dice che la tensione sulle pareti resta molto bassa finché il raggio non assume un certo valore, dopo di che la curva comincia a salire in maniera esponenziale (fig. 18). Questo dovrebbe spiegare la pressione critica di chiusura. Per questa curva, dalla legge di Laplace, si vede che la tensione effettiva è data dall'incontro di questa curva con quella ricavata dalla legge di Laplace. Ad un certo valore di P trovo la linea retta, ho la curva sperimentale e il punto di incontro è il valore della tensione ad un valore del raggio. Finché questo meccanismo risponde ad una tensione di tipo elastico delle pareti, il raggio resta quasi costante, cioè non si hanno variazioni di volume nel vaso. Se ho una tensione maggiore, e mi devo muovere sulla curva sperimentale, si va al di sopra della legge di Laplace; per tensioni minori si va al di sotto. Questo si verifica se tutto dipende da fattori elastici, cioè passivi. Se il vaso, invece di mantenere la sua tensione solo in modo elastico, introduce una parte attiva, perché c'è la componente muscolare, che può contrarsi, il raggio diventa R. 2

12 La tensione elastica diventa solo una parte e quella superiore è dovuta alla parte attiva. In queste condizioni, il volume del vaso non è più stabile. A R ho la massima contrazione attiva e sono alla massima instabilità vasale, 3 per cui basta un niente, cioè una piccola pressione, perché il vaso si chiuda. Quindi, quando il vaso è fatto solo di componente elastica, esso è stabile. Se introduco anche la componente attiva, cioè la tensione delle pareti del vaso più quella muscolare, allora, se la contrazione è sufficientemente grande, porta il vaso o il condotto ad un grado alto di instabilità, per cui basta diminuire un poco P perché si chiuda; se P aumenta, si apre del tutto e non c'è gradualità intermedia. Al valore R ho la massima stabilità perché 1 la componente è tutta elastica. Noi ora ci chiediamo: perchè esiste la circolazione? Per un organismo unicellulare la diffusione dei prodotti anabolici e la esclusione di cataboliti avviene per diffusione che vale solo per distanze piccole, altrimenti ci vorrebbero tempi molto grandi. Per un blocco di tessuto, le cellule esterne starebbero bene, le interne no, per cui bisogna sviluppare un sistema vascolare che distribuisca i prodotti anabolici a tutte le cellule e porti fuori i prodotti catabolici. Le caratteristiche del sistema sono: (fig. 19) abbiamo una certa sezione del condotto che, man mano che ci si allontana dall'albero arterioso, aumenta; ogni volta c'è una biforcazione, e finché non arriva ai capillari, l'aumento è relativamente piccolo. Quando si arriva ai capillari la sezione aumenta moltissimo. Corrispondentemente la velocità del sangue, che è data dalla forza spingente, è massima all'inizio e poi resta alta in gran parte dell'albero arterioso o diverrà minore in vicinanza dei capillari. Gran parte delle variazioni si hanno in periferia. Il controllo del flusso si ha quasi a livello periferico (arteriole terminali e sfinteri precapillari). A livello dell'aorta i valori oscillano massimamente a fine sistole, sono minimi all' inizio della diastole. Il massimo è 120 mmhg, il minimo è 80 mmhg. La pressione nell' arteria polmonare ha valore max 25 mmhg, il minimo è 7-10 mmhg. La ragione di tale diversità risiede nel fatto che la circolazione avviene allo stesso livello del cuore, per cui non bisogna vincere la pressione idrostatica. Vediamo ora come varia la pressione: se i capillari sono al disotto, si aggiunge la pressione idrostatica, se sono al di sopra essa si sottrae. Le variazioni sono piccole all'inizio del percorso, cioè, per es.: aorta-arteria radiale dove le variazioni sono di 1-2 mmhg. In periferia si ha una brusca variazione, perchè si apre molto la sezione del vaso, cioè si ha una diminuzione (si ha il moto laminare) ed è mmhg dalla parte arteriosa dei capillari. Dalla parte venosa è sui 15 mmhg. Questo residuo di pressione deve essere sufficiente per risalire il percorso.

13 La pressione è vicina a zero al ventricolo destro, per cui i 15 mmhg devono essere sufficienti per la risalita. Stando ritti, senza muoversi, l'unica forza dei 15 mmhg non è sufficiente. La contrazione muscolare spinge sia sopra che sotto. Nelle vene ci sono le valvole che si chiudono quando si ha la spinta in senso inverso, quando si ha questo messaggio muscolare. L'albero arterioso è un serbatoio di pressione, cioè si hanno grandi pressioni, mentre dalla parte opposta sono piccole; la parte venosa è un serbatoio di volume. Perché è utile avere alta pressione? Avere un'alta pressione significa che in qualunque punto del sistema c'è una grande forza capace di spingere sangue ovunque, in qualunque distretto. Cioè si crea un grande potenziale di energia che lo porta ovunque non appena diminuisce la resistenza. E' anche ad alta resistenza, che deriva dalla infinita rete di capillari che hanno un raggio piccolo per cui, per la legge di Poiseuille, diminuisce la resistenza. Nella piccola circolazione tutto funziona come un tutt'uno, cioè si ha bassa pressione e bassa resistenza. Eventi del ciclo cardiaco e funzione dell' albero arterioso. (fig. 20) Noi sappiamo che il cuore è diviso in due cavità fondamentali, poi abbiamo due valvole atrioventricolari, una destra e una sinistra, dai ventricoli si dipartono le arterie, dal destro la polmonare, dal sinistro l'aorta. Sullo scheletro fibroso connettivale si impiantano le due valvole atrioventricolari e le valvole tra ventricolo e arteria, poi tutto il resto è costituito da tessuto muscolare, più robusto nei ventricoli rispetto agli atri, e molto più robusto nel ventricolo sinistro che nel destro. Quest'ultima proprietà è facile da capire, perché il grande circolo è ad alta pressione e alta resistenza, mentre il piccolo circolo è a bassa pressione e a bassa resistenza. L'altra cosa importante da ricordare è che nel cuore esiste un sistema di conduzione, cioè certi gruppi di cellule del miocardio che hanno proprietà leggermente diverse dalle altre, nel senso che sono essi che danno il ritmo della contrazione, contraendosi più rapidamente delle altre. Di questo tessuto troviamo un gruppo in prossimità dell'entrata delle vene, come nell'atrio destro, e prende il nome di seno atriale, o un altro gruppo tra atrio e ventricolo che è detto atrioventricolare. Questo seno atrio-ventricolare ha una branca destra e sinistra che va a distribuirsi a tutti e due i ventricoli, per cui l'eccitazione che parte da queste cellule arriva a tutti e due i ventricoli. Questo è importante perché ci dice che in condizioni normali la contrazione del cuore parte dagli atri. Attività elettrica del cuore Questa attività si può misurare con degli elettrodi posti a livello del tessuto che sta sopra il cuore; studiamo quindi i principi su cui ci si basa quando si misurano le onde di eccitazione a distanza. Se facciamo il solito schema della membrana a riposo e della membrana eccitata abbiamo: (fig. 21)

14 Se l'elettrodo è all'interno, misuriamo una differenza di potenziale, se abbiamo due elettrodi appoggiati alla struttura misuriamo pure una differenza di potenziale; con un elettrodo solo appoggiato abbiamo una registrazione difasica o monofasica. (fig. 22) E' solo nella zona del fronte che la differenza di potenziale nel cuore è letta dall'elettrodo. Questo é il principio su cui ci si basa quando si fanno le registrazioni e questo ci dice che non è una struttura statica: l'onda di eccitazione può andare o in una direzione o nell'altra, e siccome l'onda di eccitazione é seguita da un'onda di ripolarizzazione, avremo un'altra situazione in cui si può leggere qualcosa. Leggeremo quindi qualcosa in prossimità del fronte di eccitazione e del fronte di ripolarizzazione. Il tracciato elettrocadiografico é fatto così: (fig. 23) In ogni ciclo cardiaco c'é questo insieme di variazioni di potenziale che si registrano al di fuori del cuore, cioé lontano. L'onda P è l'onda di eccitazione atriale che é la prima che compare, poi c'é un periodo di silenzio elettrico perché l'atrio resta contratto per un periodo di tempo, poi si rilascia e l'eccitazione passa al seno atrioventricolare e si diffonde ai ventricoli. Quando si ha la diffusione ai ventricoli si ha un insieme di eventi. Quindi, Q-R-S la depolarizzazione dei ventricoli, la ripolarizzazione degli atri, T la ripolarizzazione dei ventricoli. La ripolarizzazione degli atri non si vede, in quanto appare nell'insieme Q-R-S, essendo i ventricoli una massa maggiore, nascondono nella loro depolarizzazione la ripolarizzazione atriale. L'onda di ripolarizzazione ventricolare a finire nella stessa direzione dell'onda di depolarizzazione, ora noi dovremmo aspettarci che vada a finire dall' altra parte; perché mentre un fronte di depolarizzazione avrà una lettura,ad esempio, positivo-negativo, quando si ripolarizza avrà una lettura negativopositivo. Questo è dovuto al fatto che, mentre l'onda di depolarizzazione va in un senso, l'onda di ripolarizzazione va nell'altro senso e quindi capovolge un'altra volta quello che già era capovolto e quindi si ritorna nella stessa condizione. L'andamento di queste onde dipende anche dalla direzione in cui vanno. Perché l'onda di depolarizzazione invada tutti gli altri atri, ci vogliono 80 msecondi (per l'uomo) e poi 150 msec. dura la contrazione. Poi c'è il periodo di silenzio elettrico che si ha quando la contrazione passa dagli atri ai ventricoli e questo è da mettere in relazione al fatto che la velocità di conduzione è relativamente elevata: nel nodo seno-atriale e negli atri, circa 1 metro al secondo, mentre é molto più bassa, circa 0,1 m/sec. nel nodo atrioventricolare e poi riprende velocità nel fascio comune e nel fascio destro e sinistro, cioé in tutto il sistema di conduzione che va a distribuirsi al ventricolo destro o sinistro. Poi ci vogliono 80 msec perché tutto il ventricolo sia contratto e 300 msec è il tempo di durata di tale contrazione ventricolare.

15 Per quanto riguarda le pressioni che si sviluppano in seguito a questa contrazione abbiamo pressioni piccole negli atri e più alte nei ventricoli: ATRIO DESTRO 5-6 mmhg VENTRICOLO DESTRO 25 mmhg ATRIO SINISTRO 7-8 mmhg VENTRICOLO SINISTRO 120 mmhg Questo si riflette nella struttura delle pareti. Negli atri, infatti, si hanno pareti sottili, mentre nei ventricoli si hanno pareti spesse. Fra i due ventricoli, poi, c'é una ulteriore differenza, in quanto il sinistro ha una struttura come se fosse un cilindro con una contrazione elevata, mentre il destro ha una forma di semiluna, e gli sta intorno. Il destro ha pareti più sottili ed é in grado di spingere un maggiore volume, mentre il sinistro è capace di creare grandi pressioni. Questo é d'accordo col tipo di circolazione a cui ognuno si riferisce. La gittata cardiaca, cioè la quantità di sangue che viene emessa dal cuore per minuto, é identica sia che venga fuori dal ventricolo destro che dal sinistro. Eventi meccanici e quindi anche idraulici delle contrazioni cardiache. Il flusso si ha quando c'é una differenza di pressione e siccome nel mezzo (cuore) ci sono delle valvole atrio-ventricolari, ventricolo e arterie, queste si aprono solo in una direzione, per cui quando la pressione dell'atrio destro é maggiore di quella del ventricolo destro, la valvola atrio-ventricolare si aprirà e il sangue scenderà dall'atrio nel ventricolo; quando la pressione del ventricolo sarà maggiore di quella dell'atrio, la valvola atrio-ventricolare si chiuderà e quando la pressione supera un certo valore si aprirà l'altra valvola che porta dal ventricolo all'arteria polmonare. Quando il sangue fluisce dal ventricolo sinistro all aorta c'é un certo momento in cui continua a fluire nonostante la pressione sia inferiore a quella dell'aorta. Albero arterioso e struttura delle arterie. Le arterie sono dei condotti le cui pareti hanno delle proprietà elastiche notevoli, poi ci sono anche i muscoli che prevalgono soprattutto nelle arterie terminali, mentre nelle prime zone prevale la componente elastica. Per quanto riguarda le funzioni delle arterie, la prima funzione é quella di condotto. Sono infatti degli ottimi condotti, perchè nelle grandi arterie il flusso avviene con scarsissimo consumo di energia, perché il flusso è lamellare, quindi si ha una pressione di 1-2 mmhg. Altra funzione importante é che sono degli ottimi serbatoi di pressione. Quando il sangue entra in una arteria, si trova innanzi tutta una colonna di liquido, che poi é tutto il sangue, e deve spingerla. La resistenza della colonna di liquido a essere spinta é maggiore della forza di spinta, mentre la parete elastica dell'aorta é quella che offre minore resistenza, per cui una parte di questa forza non viene adoperata per spingere la colonna di liquido, ma per allargare questo condotto, che é elastico. Quando il cuore finisce di contrarsi, il condotto ritorna al suo diametro iniziale, e in questo senso va inteso il serbatoio

16 dell'energia cardiaca. Una parte dell'energia cardiaca, quindi, spinge il sangue, che acquista più movimento; mentre l'altra parte di energia viene immagazzinata come energia elastica nelle pareti, per cui quando il cuore non si contrae più, perchè il cuore dà le spinte a intermittenza, cioé una sistole e poi niente e così via, in questo periodo di diastole (niente), l'energia che si é immagazzinata nelle arterie viene ridata alla colonna sanguigna, per cui invece di aversi un cammino a scatti nella colonna, questo tende a smorzare le oscillazioni. Questo avviene lungo tutto l'albero arterioso. Questo fenomeno produce quello che è chiamato "polso arterioso". Il polso arterioso si produce perché queste variazioni nelle pareti, essendo elastiche, camminano lungo le pareti fino ad arrivare alle arterie periferiche. Quindi al polso non si sentono le variazioni del sangue, ma delle pareti, e queste variazioni camminano in maniera molto veloce, circa 5 m/sec, mentre il sangue cammina ad alcune decine di cm/sec. L'intervallo di tempo, nel quale si produce questa distensione a livello dell'arteria nelle pareti, e il tempo in cui si produce il polso, è molto breve e la velocità é di 5 m/sec che aumenta man mano che si passa dall'arteria grossa iniziale a quelle più piccole, perché aumenta la rigidità delle pareti delle arterie. Quindi la velocità di conduzione del polso o onda sfigmica, onda pressoria, cammina sempre più velocemente, con una velocità maggiore del sangue e cammina lungo le pareti. Variazioni dell'onda pressoria rispetto al tempo nell'aorta e nell'arteria femorale. Abbiamo: (fig. 24) nell'aorta, un innalzamento della pressione, un piccolo abbassamento e poi un altro ritorno, e questo é dovuto al fatto che si chiudono le valvole atrio-ventricolari quando il sangue entra nel ventricolo; contemporaneamente alla distensione delle pareti e poi un ritorno che é l'ulteriore forza che è data dalla contrazione delle pareti delle arterie. Misurando l'onda sfigmica a diversi punti nell'albero arterioso, si vede che essa parte più tardi ed é diversa. Per capire come mai quest'onda sfigmica cambia di forma camminando dall'aorta alla femorale, si sono fatte varie ipotesi. Una possibile spiegazione é che l'onda sfigmica sia riflessa tutte le volte che incontra un ostacolo; se il condotto é uniforme, l'onda mantiene la sua forma; man mano che cammina, se il condotto non è uniforme, ma c'é una biforcazione o qualsiasi altro ostacolo, allora l'onda torna indietro e si somma con l'altra onda sfigmica che arriva subito dopo, per cui a una certa distanza dalla posizione iniziale si ha una variazione di forma. Questa ipotesi, però, attualmente non sembra godere di molto favore, mentre più accreditata é l'ipotesi che quest'onda sfigmica sia composta a sua volta da tanta altre onde sinusoidi, che hanno una diversa frequenza, e ognuna di queste sinusoidi cammina per conto suo con una sua velocità, per cui se partono tutte insieme, dopo una certa distanza arriveranno prima le più veloci e dopo le meno veloci. Se partono insieme con la stessa forma e poi le sinusoidi più veloci vanno più avanti, l'onda sfigmica assumerà un'altra

17 forma. Questo é uno dei fattori; l'altro fattore é che quelle a frequenza più alta si attutiscono più rapidamente di quelle a frequenza più bassa. Quindi, riassumendo, possiamo dire che le onde a frequenza maggiore sono più veloci e si attutiscono prima. Un'altra funzione caratteristica delle arteriole è la regolazione del flusso (fig. 25). Il canale a flusso continuo connette l'arteriola con la venula, ed è costituito da una prima parte in cui c'è ancora il tessuto muscolare e poi una seconda parte in cui il tessuto non c'è più. La prima parte è detta metarteriola. Da questi due canali a flusso continuo fuoriescono i capillari alla cui origine esiste un manicotto di tessuto muscolare, lo sfintere. Questi capillari si uniscono tra loro e si producono delle reti anostomotiche. Arteriole, metarteriole e sfinteri capillari sono i siti in cui si manifesta il controllo vasomotorio, cioè il controllo della resistenza e quindi del flusso sanguigno. Se si fanno contrarre queste strutture, in tutto il corpo si ha un aumento generalizzato della resistenza e quindi un aumento di pressione. Se si fanno contrarre soltanto in alcuni distretti, mentre in altri si fa diminuire questa contrazione, allora il sangue andrà da un distretto all'altro: in questa maniera si può regolare il flusso. Questo avviene tramite il SN simpatico, il sistema che innerva tali fibre, invia degli impulsi ad un certa frequenza, e quindi, quanto più alta è la frequenza, tanto maggiore sarà la contrazione e, quindi, tanto più sarà la resistenza indotta. Se ricordiamo, infatti, la legge di Poiseuille, R è il fattore favorente, per cui diminuendo R diminuisce il flusso). Questo controllo, quindi, è esercitato solo dal simpatico: diminuendo la frequenza degli impulsi, automaticamente si produce un aumento di flusso, perchè essendo un sistema ad alta pressione, basta diminuire la contrazione perchè la pressione stessa dilati il vaso e quindi aumenta il flusso in quella regione. Qui entra di nuovo la legge di Laplace, cioè della pressione transmurale e della tensione della parete. La contrazione degli sfinteri precapillari avviene con un certo ritmo, cioè ogni sfintere precapillare si contrae con un ritmo che può essere tra 0,5 e 2 minuti: significa che ogni due minuti circa c'è un flusso di sangue nei capillari, poi c'è una chiusura, quindi il movimento di sangue nei capillari non è continuo, perciò si parla di capillari a flusso continuo. Questo fenomeno di apertura e chiusura ritmica degli sfinteri precapillari è detto vasomozione. Il movimento nei capillari può avvenire in tutte e due le direzioni perchè si hanno più canali a flusso continuo che si mettono in comunicazione, e quindi secondo l'apertura degli sfinteri, il flusso nei capillari può andare verso destra o sinistra. Il simpatico, però, in alcuni distretti e in particolare in quello muscolare, oltre ad esercitare un' azione di vasocostrizione, esercita anche un'azione di vasodilatazione. Il parasimpatico, inoltre, in alcune ghiandole, in particolare in quella salivare, produce una vasodilatazione, ma in effetti produce una maggiore secrezione e non una azione diretta nei vasi, cioè l'attività secretiva delle ghiandole

18 salivari libera un enzima proteolitico, la bradichinina, che attaccherà certe proteine producendo dei peptidi responsabili della vasodilatazione. Il controllo, quindi, è generalmente operato dal simpatico ed di tipo vasocostrittivo; le eccezioni sono due, e cioè il fatto che il simpatico funziona da vasodilatatore nel sistema muscolare e il fatto che il parasimpatico funziona anch'esso da vasodilatatore, però in maniera indiretta, cioè tramite la bradichinina. Per regolare il flusso sanguigno si esercitano principalmente tre tipi di controllo: controllo nervoso, controllo ormonale, controllo locale. Il controllo nervoso si esercita per via dei riflessi spinali e dei riflessi a livello del midollo allungato. Tramite questi ultimi riflessi si mantiene costante la pressione sanguigna. Come tutti i riflessi, c'è un recettore, una via afferente, un centro in cui si ha l'interazione, e poi un via efferente. I recettori si chiamano pressocettori in quanto sensibili alla pressione del sangue e si trovano nell'arco aortico, e nella carotide; poi ci sono i nervi afferenti che giungono al midollo allungato dove sono presenti centri vasomotori in cui avviene l'integrazione; in ultimo, le vie efferenti che giungono al cuore stesso e al sistema vascolare periferico. Il controllo ormonale è dato sopratutto dall' adrenalina e dalla noradrenalina, che sono ormoni circolanti prodotti dalla ghiandola surrenale. Essendo la noradrenalina il mediatore del simpatico, esso o è liberato direttamente dal SN simpatico e produce la vasocostrizione o si trova in circolo liberato dalla parete interna della surrenale e produce la sua azione. In ogni circolo esiste poi il controllo locale esercitato dal metabolismo stesso del tessuto. Questo è importante da conoscere, perchè il controllo del flusso in un distretto dipende dalle attività metaboliche del tessuto stesso, nel senso che, se cammina a basso regime, avrà bisogno di poco apporto sanguigno e viceversa. Un esempio di controllo locale è la costrizione in un arto: se si costringe per alcuni minuti, chiaramente non vi arriverà; tolta la costrizione si ha l'iperemia reattiva,cioè la quantità di sangue che affluisce nel distretto aumenta di molto. Questo fenomeno dipende dalla durata della costrizione e dalla temperatura a cui il distretto viene mantenuto. Tutti e due questi fattori fanno pensare che il metabolismo del distretto (cioè dell'arto) o consuma qualche componente o ne produce qualcuno; l'uno e l'altro possono agire a livello della muscolatura vasale aumentando la dilatazione quindi aumentando il flusso. I metabolismi che possono avere un'influenza sulla circolazione sono il consumo di O, l'aumento di CO, 2 2 oppure l'aumento di metaboliti acidi come l'acido lattico oppure ATP, oppure, come ultima possibilità, liberazione di istamina nella parte di tessuto che non riceve più sangue. Ognuno di questi composti è stato vagliato ed è stato scartato, perchè non c'è nessuna evidenza che uno di essi influenzi il flusso del sangue; quindi è probabile che si tratti di un effetto generalizzato dovuto

19 a più composti. Esaminiamo ora i vari distretti del corpo in in cui avviene questo flusso sanguigno e parliamo della cute. Nella cute si ha un flusso sanguigno che continua attraverso le arteriole, i canali a flusso continuo e i capillari che formano delle reti a maglie più larghe e più strette secondo le necessità metaboliche, e quindi nella cute ci sarà un controllo di tipo nervoso ormonale e locale. Abbiamo detto in precedenza che il flusso sanguigno aumenta o diminuisce in un certo distretto perché il metabolismo aumenta o diminuisce. Vi sono poi altre regioni proprie di questo o quel distretto. In particolare, per la cute si hanno le proprietà di termoregolazione, cioè la temperatura corporea viene regolata anche attraverso il flusso del sangue che passa nella cute. Siccome la perdita di calore avviene attraverso la cute, se attraverso essa passa più sangue, con la temperatura più alta, allora si disperde più calore, e quindi un maggiore flusso di sangue attraverso la cute serve per abbassare la temperatura in un organismo (shunt artero-venoso). Questo controllo, nel caso della cute, si esercita attraverso dei canali che non vanno a finire nei capillari. A livello dei capillari si ha la diffusione dei componenti dal sangue ai tessuti e viceversa, cioè il metabolismo. Nella cute si ha un sistema di tipo venoso, per cui un maggiore afflusso ha luogo a questo livello e l'aumento di flusso sanguigno, quindi, non si accompagna a nessun aumento di diffusione, ma serve soltanto per regolare la temperatura, per scambiare calore. C'è quindi il flusso che ha come scopo di servire il metabolismo e il flusso che risponde ad esigenze diverse. Un esempio più evidente di questo è che un maggiore o minore afflusso di sangue in certe regioni del corpo non ha niente a che vedere né con il metabolismo nè con la regolazione della temperatura, ma è in relazione con gli scambi di segnali che ci sono fra un individuo e un altro. Questi scambi si riferiscono alle emozioni di un individuo, come arrossimento e impallidimento, e si manifesta con un maggiore o minore afflusso di sangue, ma non è in relazione con il metabolismo e con la necessità di termoregolazione. Quindi originariamente si possono avere delle funzioni con un certo senso, che poi sono state utilizzate per servire altri bisogni; quindi ad un certo sistema di controllo se ne sono sovrapposti altri con afferenze o logiche staccate da quelle precedenti. Un altro distretto è il rene, dove si ha un flusso di sangue che è 1/5 della gittata cardiaca, in quanto la funzione principale del rene è di filtrare il sangue. Nel rene l'unità funzionale è il nefrone costituito da un glomerulo e un tubulo. Nel glomerulo c'è un'arteria afferente che si sfiocca in tanti capillari che poi si riuniscono in un'arteriola efferente. C'è quindi un flusso continuo, per cui si forma il filtrato glomerulare che fluisce lungo il tubulo (a questo livello si sottrae e si aggiunge materiale), poi viene fuori come urina. Un altro esempio è il distretto muscolare: esso è importante per l'enorme diversità di flusso tra tessuto a riposo e tessuto in attività. Le

20 differenze sono di circa 10 volte. Nel tessuto muscolare ricordiamo l'importanza delle fibre simpatiche vasodilatatrici, perché quando ci si prepara a fare un esercizio muscolare, il flusso di sangue aumenta prima ancora che ci sia l'esercizio vero e proprio. Non si aspetta che ci sia un accumulo di prodotti metabolici e quindi un controllo di tipo metabolico locale, ma ci si prepara aumentando il flusso sanguigno con un controllo nervoso. La contrazione del muscolo esercita una costrizione su tutti i vasi che passano attraverso di esso, in particolare sui capillari, sulle vene e sulle arterie. Nei capillari e nelle vene si ha un fenomeno di espulsione del sangue verso il cuore: nelle arterie, se la contrazione è abbastanza forte, riesce a superare la pressione interna delle arterie e quindi impedisce il flusso di sangue al muscolo. Questo è un fatto negativo, perchè proprio quando si ha bisogno di un maggiore apporto sanguigno la sua stessa funzione lo impedisce. L'effetto totale della contrazione è di impedire il flusso del sangue nel momento in cui si ha la contrazione. Un contrarsi e rilasciarsi, invece, ha un effetto positivo. Vediamo ora come avviene il passaggio di materiale attraverso la parete capillare. Il significato primario della circolazione sanguigna è quello di portare un flusso sanguigno ai tessuti, perchè a questo livello si deve garantire il passaggio di materiali utili o inutili, cioè questo scambio. I meccanismi che regolano questi passaggi sono semplici. I capillari hanno un diametro di circa m, quindi si arriva alle stesse dimensioni delle emazie, per cui in alcuni capillari il flusso è molto lento e le stesse emazie hanno difficoltà a camminare. Tutto il sistema di vasi (comprendente quindi le arteriole finali, le metarteriole e le venule iniziali) inferiore a 100 m si chiama microcircolazione. Nella microcircolazione è presente la maggior parte di sangue in qualsiasi momento, e c'è anche una sorta di bilancia tra il sangue che si trova nella microcircolazione e quello che si trova nel sistema venoso, nel senso che se aumenta la quantità di sangue che si trova nella microcircolazione, diminuisce quello che c'è nel distretto venoso e viceversa. I sistemi di controllo, quindi, in ognuno di questi due componenti, servono a determinare la gittata cardiaca, perchè quanto più sangue arriva al cuore, tanto più ne sarà espulso dal cuore nel sistema arterioso. Uno dei meccanismi di regolazione della gittata cardiaca è il meccanismo intrinseco alle fibre muscolari cardiache che è riconducibile al diagramma tensionelunghezza del muscolo. (fig. 26) Il cuore si comporta alla stessa maniera: quindi, se arriva più sangue si distende di più, e si contrae con tensione maggiore ed espelle più sangue: è il meccanismo che sta alla base del controllo intrinseco della gittata cardiaca (fig. 27).

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