Centri Diurni per una nuova qualità di Vita. Gruppo Veneto S. Secondo di Pinerolo (TO) 21 e 22 novembre 2013

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1 Centri Diurni per una nuova qualità di Vita Gruppo Veneto S. Secondo di Pinerolo (TO) 21 e 22 novembre 2013

2 Il ciclo di vita dei Servizi per la disabilità Maturità Declino Crescita? Start-up

3 STORIA 70 / 80 POST SCUOLE SPECIALI riproduzione del modello attività occupazionali Utenti: Modello: disabilità medio/lievi innovazioni/sperimentazioni

4 STORIA 80 / 90 RICONOSCIMENTO LEGISLATIVO L.R. 55/82 Reg. Regionale 8/84 Avvio inserimento lavorativo Utenti: Modello: disabilità medio/lievi centri occupazionali cooperative produzione e lavoro

5 STORIA 90 / 00 inserimento persone con disabilità complessa (gravi) rischio di esclusione (chiusura interna) neo istituzionalizzazione «istituto feriale diurno?»

6 STORIA 00 / 10 crisi del modello da assistenziale a educativo/occupazionale cambio richieste delle famiglie avvisaglie crisi economica LEA

7 STORIA 10 /? quale modello verso la chiusura? verso la riorganizzazione? compartecipazione economica famiglie? = + potere alle famiglie inserimento scolastico C.D.?

8 Seminario CENTRI DIURNI E DISABILITA : IL FUTURO POSSIBILE Venerdì 20 settembre 2013 Selvazzano (Padova)

9 Partecipanti Seminario del 20 settembre 2013 «Centri Diurni e Disabilità: una Svolta»: Coop. L Iride, Ass. Anffas, Fondazione IRPEA di Padova Coop MeA e Il Nuovo Ponte, l Eco Papa Giovanni XXIII di Vicenza Coop. Emmanuel e Ci siamo anche noi di Venezia alcuni familiari e rappresentanti dell Ulss n. 1 di Belluno

10 Riflessioni emerse: Poche risorse stanziate dalla Regione Veneto Bisognerebbe promuovere un pensare e un fare che abbia al centro nuove prassi che escano dalle «buone»prassi maturate in circa 30 anni di attivitàe archiviare la classica concezione del Centro Diurno che rischia di promuovere un nuovo modello di istituzionalizzazione.

11 Bisognerebbe ripensarsi strutturalmente come opportunità di apertura ai bisogni nuovi nei territori di appartenenza. Aprire le porte del Centro Diurno al territorio, diventare uno spazio aperto. Avere un identità del nostro lavoro più forte significa ripensare al ruolo di ognuno ritornando protagonisti con responsabilità.

12 Non è la Persona disabile che si deve adattare ad attività standardizzate ma partendo dalla centralità della Persona optare per una scelta ottimale di attività giornaliere valide, che non stanchino, irritino o semplicemente non si annoino.

13 La Famiglia e il Territorio sono gli interlocutori essenziale per un effettiva nuova progettualità.

14 Quindi forse l Innovazione dei Centri Diurni richiede: 1.un investimento particolare dove l interno e l esterno diventa un elemento dominante 2.uno sforzo costante di farsi conoscere, di essere riconosciuti come soggetti che hanno delle cose da dire e da fare, che intendono confrontarsi con il mondo che li circonda

15 3. creare nuove forme di partecipazione e di collegamento verso la costruzione di una cultura territoriale; 4. formazione specifica; 5. ricerca scientifica e continua per raffinare strumenti di valutazione degli esiti.

16 Questa Svolta: innesca un cambio di mentalità, un riorganizzazione non solo strutturale, ma soprattutto di pensiero. L Operatore deve essere: un attivatore di risorse, essere promotori di idee ed organizzazioni, colui che «ricerca risorse»

17 Centro Diurno come «Spazio Educativo» che si apre maggiormente verso l esterno attraverso l attuazione di Atelier dove la Persona nell arco della settimana parteciperà ad esperienze nuove sperimentando cose insieme attraverso il piacere di fare e di provare per crescere nella sua individualità.

18 In base agli obiettivi definiti per la singola Persona si strutturano le attività dei singoli Atelier. L Educatore deve acquisire un metodo scientifico, responsabile che dimostri la crescita della Persona e gli esiti «quanto abbiamo fatto è stato veramente efficace?»

19 Alcune cooperative appartenenti al CCS, nell anno 2012 hanno scelto di partecipare ad un programma di ricerca multicentrico sviluppato dalla Fondazione Zancan, chiamato Progetto Persona Lab, attraverso il quale l Educatore valuta l efficacia delle cure e dei processi assistenziali della Persona e i relativi costi.

20 Valutare l efficacia: significa valutare se quello che facciamo (azioni/interventi) migliora gli esiti per la Persona al centro della nostra attenzione. Esito è il cambiamento che avviene a seguito di un intervento.

21 La valutazione dell esito alla conclusione degli interventi avviene verificando e valutando l efficacia degli stessi attraverso schemi polari che considerano le 4 aree di analisi del Progetto: 1. area/settore funzionale organico; 2. area/settore cognitivo comportamentale; 3. area/settore socio-ambientale e relazionale; 4. area/settore valoriale/ spirituale

22 Gli schemi polari vengono confrontati in tempi diversi: al tempo To inizia l osservazione al T1 avviene la prima verifica e ai tempi Tn le successive verifiche.

23 Gli Operatori utilizzando lo schema polare hanno modo di visualizzare tutte le dimensioni in un unico diagramma. Agevolando così la lettura dei problemi e delle potenzialità integrando le chiavi di lettura nelle differenti aree.

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