FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA

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1 FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN TECNICHE DI RADIOLOGIA MEDICA PER IMMAGINI E RADIOTERAPIA PRESIDENTE DEL CORSO DI LAUREA Prof. Pietro Terrosi Vagnoli ARGOMENTO TRATTATO LA RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE APPLICATA ALLO STUDIO DI PERFUSIONE CEREBRALE CANDIDATO Bartalini Luca RELATORE TSRM Vittori Livio 1

2 INDICE 1.0 RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE Principi fisici Parametri del segnale RMN Sequenze maggiormente utilizzate Localizzazione spaziale del segnale Tempi di acquisizione 0 IMMAGING DI PERFUSIONE 2.1. Aspetti generali 2.2. Parametri di misura della perfusione 2.3. Utilizzo dei MDC nella perfusione cerebrale 2.4. Tecniche di acquisizione di immagine 2.5. Preparazione del paziente 2.6. Esecuzione dell esame 2.7. Fasi di acquisizione ed elaborazione 2

3 GLOSSARIO CMS Campo Magnetico Statico B0 vettore CMS RF Radio Frequenza Mm Magnetizzazione microscopica MM Magnetizzazione Macroscopica MML Magnetizzazione Macroscopica Longitudinale MMT Magnetizzazione Macroscopica Trasversale MR Magnetizzazione Risultante MRI Magnetic Resonance Immaging FID Free Induction Decay ECHO Segnale derivante da impulso a 180 T1 Tempo di rilassamento longitudinale / Spin - reticolo T2 Tempo di rilassamento trasversale / Spin spin T2* - Tempo di rilassamento trasversale star TR Tempo di Ripetizione TE Tempo di Echo TI Tempo di Inversione SE Spin Echo DUAL-SE DUAL-Spin Echo TSE Turbo Spin Echo IR Inversion Recovery FLAIR Fluid Attenuated Inversion Recovery STIR Short TI Inversion Recovery GE/FFE Gradient Echo / Fast Field Echo EPI Echo Planar Immaging TOF Time Of Flight MIP Maximum Intensity Projection CBF Cerebral Blood Flow CBV Cerebral Blood Volume MTT Mean Transit Time TTP Time To Peak MDC Mezzo Di Contrasto DSC - Dynamic Susceptibility Contrast BEE Barriera Emato Encefalica SNR Signal Noise Ratio SAR Specific Absorption Rate FOV Field Of View ROI Region Of Interesting DWI Diffusion Weighted Imaging PWI Perfusion Weighted Imaging MCA Medium Cerebral Artery 3

4 1.0 RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE 1.1 Principi fisici La Risonanza Magnetica in senso generale è un processo fisico ben definito e studiato che si rifà all interazione di una energia trasportata da mezzi diversi quale per esempio un onda elettromagnetica o sonora, con un corpo capace di interagire con quella forma energetica assorbendola. Si dice quindi che il corpo entra in risonanza con l onda energetica. Fig 1.0 Fenomeno della risonanza Questo principio fisico si trova alla base della formazione dell immagine RM per la quale vengono utilizzate delle onde a radiofrequenza (RF) con un range di lunghezza d onda (λ) ben definito che vanno ad interagire con i protoni contenuti nella massa da studiare, precedentemente immersi in un campo magnetico statico. Per lo studio di risonanza possono essere utilizzati quegli elementi chimici che abbiano un numero dispari di potoni e/o neutroni nel nucleo, per i quali è presente un movimento di rotazione del nucleo attorno al proprio asse detto SPIN, possedendo un momento dipolare magnetico netto. Questa rotazione permette al nucleo di comportarsi come un piccolo dipolo magnetico oscillante entrando in interazione con i campi elettromagnetici. 4

5 Fig 2a Nucleo di idrogeno con spin Fig 2b Dipolo magnetico I nuclei che possiedono queste caratteristiche magnetiche sono: IDROGENO ( H ) CARBONIO 13 ( 13C ) AZOTO 14 ( 14N ) FLUORO 19 ( 19F) SODIO 23 ( 23Na ) FOSFORO 31 ( 31P ) POTASSIO 39 ( 39K ) Nella pratica l elemento utilizzato per la formazione delle immagini e quindi nella risonanza magnetica tradizionale è il nucleo di Idrogeno, rappresentato da un solo protone, in quanto è l elemento maggiormente presente nel corpo umano essendo associato alla molecola dell acqua che forma il corpo umano per circa il 70-75% della massa totale ( circa 1019 atomi per mm3 di tessuto); inoltre a parità di intervento esterno, l idrogeno è quello che da un segnale maggiore rendendolo il migliore in campo di immaging RM. In definitiva è l elemento che ci permette di avere la massima sensibilità aumentando il rapporto segnale-rumore. 5

6 In condizioni normali, senza cioè che sia presente un campo magnetico, ogni protone avrà il vettore magnetico (momento magnetico) orientato casualmente nello spazio, generando una magnetizzazione microscopica (mm). Fig 3.0 Orientamento casuale del vettore magnetico Considerando la massa da studiare all interno della quale sono presenti una infinità di protoni idrogeno, si può definire che statisticamente per ogni protone con un certo momento magnetico ce ne sarà uno con la stessa direzione ma verso opposto che annulla l effetto magnetico del precedente. Si può quindi affermare che nella massa non sarà presente una magnetizzazione risultante apprezzabile detta anche magnetizzazione macroscopica (MM). Per avere una visione corretta dei vari tipi di magnetizzazioni e per avere un sistema di riferimento è necessario considerare un sistema rigido di coordinate inserito nel paziente e nello strumento di risonanza. Nelle macchine resistive e superconduttive l asse longitudinale del paziente corrisponde al vettore magnetico del CMS detto B0 orientato lungo l asse Z dello spazio. Perpendicolarmente a questi sono orientati gli assi X ed Y dello spazio. 6

7 Fig 4.0 Orientamento degli assi nello spazio Al momento in cui il sistema viene inserito all interno di un campo magnetico statico ed omogeneo (CMS), i protoni tenderanno ad assumere con il loro vettore di magnetizzazioni una dei due versi possibili quali Parallelamente od Antiparallelamente al vettore B0 del campo magnetico statico. Il verso principalmente acquisito dai protoni sarà quello parallelo al vettore B0 essendo rappresentato da un livello energetico minore e di conseguenza più stabile. Nonostante ciò il rapporto tra protoni disposti parallelamente ed antiparallelamente è molto basso ma sufficiente a determinare la formazione di una magnetizzazione longitudinale (MML) risultante non misurabile direttamente in quanto si somma a quella del CMS il quale è estremamente più intenso rispetto alla magnetizzazione stessa. Fig 5.0 Creazione della MML con orientamento degli spin Tale rapporto e di conseguenza l entità della MM, è fortemente influenzato dall intensità del CMS. Al crescere di quest ultimo aumenta il numero di protoni che si dispongono parallelamente al vettore B0 determinando un incremento del parametro MM. C è da dire che è presente un continuo passaggio di protoni da uno stato all altro per mantenere l equilibrio termodinamico perturbato dalle 7

8 interazioni tra macromolecole tissutali e protoni stessi, generando una variazione dinamica del rapporto sopradetto. Fig 6.0 Orientamento dei nuclei prima e dopo l inserimento nel CMS Oltre a questo il campo magnetico che ha anche un altro effetto importante quale la messa in PRECESSIONE dei protoni. La precessione è un moto caratteristico che associa una rotazione del corpo attorno al suo asse (Spin) ad un movimento conico dello stesso. Fig 7.0 Moto di PRECESSIONE Il moto di precessione è di fondamentale importanza ed in particolare la frequenza di precessione è il dato che maggiormente ci interessa. Questo perché al fine di poter avere l interazione tra onda RF e sub-strato con la cessione di energia, è necessario che le frequenze di oscillazione dei due sistemi siano le stesse, altrimenti non avviene il fenomeno della risonanza. 8

9 Fig 8.0 Situazione di equilibrio con protoni in precessione paralleli ed antiparalleli a B0 Per conoscere la frequenza è sufficiente conoscere la Costante giromagnetica dell elemento considerato, nel nostro caso l idrogeno, e l entità del campo magnetico statico B0 ω 0 = γ B0 ω0 = Frequenza di Larmor / Frequenza di precessione γ = Costante giromagnetica B0 = Intensità CMS La costante giromagnetica dell idrogeno è 42,6 MHz / T Quindi la Precessione è rappresentata dalla rotazione conica del momento magnetico del protone associata allo spin, i quali generano una variazione continua della direzione del vettore stesso. Inoltre i vari protoni precedono alla stessa frequenza ma con fase diversa, di conseguenza si genera una MML non utile per lo scopo diagnostico se non dopo la perturbazione di questo stato di equilibrio dinamico. 9

10 La perturbazione dell equilibrio è rappresentata dall invio, sulla massa protonica, di onde a Radio Frequenza (RF) che possiedono la stessa frequenza oscillatoria dei protoni in precessione. Questa è la condizione necessaria affinché i due sistemi oscillatori possano entrare in risonanza consentendo lo scambio energetico. ω0 = γ L energia che viene ceduta viene assorbita dal sistema protonico causando due effetti che sono: 1) Passaggio di un numero crescente di protoni in funzione della durata dell impulso, dalla forma parallela a quella antiparallela 2) Messa in fase dei momenti magnetici dei singoli protoni in funzione ancora della durata dell impulso (stessa fase di precessione) L effetto (1) è responsabile della diminuzione della MML passando dal valore massimo iniziale ad un valore nullo (impulso 90 ) fino ad un valore minimo ( impulso a 180 ) uguale in valore assoluto alla MML iniziale ma di segno opposto. Fig 9.0 Passaggio dei protoni dalla forma rilassata a quella eccitata con diminuzione di MML dopo l invio dell impulso RF 10

11 L effetto (2) è responsabile della formazione della Magnetizzazione Macroscopica Trasversale (MMT) la quale diventa massima con impulso a 90, con il completo ribaltamento della magnetizzazione dal piano longitudinale Z a quello trasversale X-Y. Fig 10.0 Eccitazione seguita dalla messa in fase di precessione con aumento della MMT Volendo riassumere ciò che succede alla magnetizzazione dopo durante la somministrazione dell impulso possiamo considerare il vettore Magnetizzazione Risultante (MR). Questo rappresenta la somma vettoriale della componente longitudinale e trasversale in fatto di magnetizzazione. Inizialmente, prima dell invio dell impulso RF, il vettore risultante corrisponderà con il vettore B0 del CMS equivalente all asse Z dello spazio; iniziando la somministrazione energetica contemporaneamente inizierà il passaggio dei protoni dallo stadio rilassato a quello eccitato ed anche l iniziale tendenza alla messa in fase dei singoli momenti magnetici. Come conseguenza ci sarà una diminuzione della MML e la formazione della MMT con uno spostamento del vettore MR verso il piano X-Y tramite un movimento di NUTAZIONE nel quale compie una traiettoria spiraliforme derivante dalla rotazione e dall aumento costante dell angolo formato con l asse Z dello spazio. 11

12 Fig 11.0 Traiettoria spiraliforme del vettore MR durante l impulso RF Con una durata dell impulso sufficiente si riesce a far oscillare il vettore MR sul piano trasversale X-Y facendogli compiere un angolo di 90 rispetto al piano longitudinale Z. Per tale motivo l impulso sufficiente a generare queste caratteristiche viene chiamato IMPULSO A 90. Gli impulsi possono creare una deflessione della magnetizzazione longitudinale anche di angoli diversi da 90 e 180 in funzione della durata dell impulso, tutto ciò modifica il segnale finale a parità di condizioni. Al momento in cui cessa l impulso RF, essendo questa una situazione di eccitamento e quindi fortemente instabile, la tendenza del sistema è quello di riportarsi nella condizione di equilibrio cedendo l energia assorbita precedentemente sottoforma, nella maggior parte dei casi, di calore. Questa fase di diseccitazione è fondamentale ed è causata dal ritorno degli atomi disposti antiparallelamente verso lo stato rilassato, generando un ripristini della MML, ed inoltre avviene la progressiva perdita di fase dei nuclei in precessione con riduzione del vettore MMT. I due processi avvengono contemporaneamente e con una velocità fortemente influenzata dal tipo di tessuto nel quale i protoni sono immersi. 12

13 Fig 12.0 Genesi degli eventi dalla somministrazione dell onda RF al ritorno nelle condizioni di equilibrio Considerando solo i vettori magnetici la situazione è la seguente: 13

14 Fig 13.0 Genesi degli eventi considerando i vettori magnetici La variazione del campo magnetico del sistema determina una forza elettromotrice indotta proporzionale all intensità del vettore MMT nella bobina addetta alla ricezione del segnale (generalmente la bobina è sia trasmittente che ricevente). Di conseguenza il segnale che ne deriva è un segnale che varia la propria ampiezza nel tempo partendo da un valore massimo a causa della progressiva diminuzione della MMT. Il valore massimo sarà proporzionale all intensità del vettore di magnetizzazione trasversale, conseguentemente il picco di segnale si ottiene con un IMPULSO A 90. Tale segnale viene chiamato FID ( Free Induction Decay) ed è cosi rappresentato. Fig 14.0 Segnale FID (free induction decay) Questo segnale è sicuramente il più sfruttato negli esami RMN ed è generato da impulsi RF che generano una deflessione uguale o minore di 90 del vettore MR. Nel caso che l angolo di deflessione sia maggiore di 90 ed in particolare pari a 180 il segnale avrà una forma ben diversa. Trattando dell impulso a 180 che è uno degli impulsi più usati dopo quello a 90, trattiamo di un impulso che ha una durata sufficiente a ribaltare il vettore MR con verso opposto al vettore B0 e quindi all asse Z dello spazio. Questo significa che il vettore MR post-impulso ha lo stesso valore di quello pre-impulso ma segno opposto. 14

15 L altro effetto fondamentale che darà la forma al segnale è l inversione del verso di precessione dei protoni i quali se prima dell impulso avevano una precessione oraria, dopo l impulso avranno una rotazione antioraria. Questa è una caratteristica fondamentale in quanto permette ai protoni che hanno una frequenza di precessione maggiore e che dopo l impulso si trovano conseguentemente in una fase di rotazione ritardata di raggiungere la fase dei protoni a minor frequenza di precessione. Fig 15.0 Variazione del verso di precessione dopo impulso di rifocalizzazione a 180 Questa volta il segnale non avrà un massimo iniziale per poi procedere con il decadimento ma partirà da un minimo subito dopo l impulso, aumentando di ampiezza con il raggiungimento del picco nel momento di totale ribaltamento del vettore MR sul piano trasversale corrispondente al raggiungimento della fase, per poi decadere come nel seguente segnale a causa della progressiva perdita di fase con diminuzione della MMT. Fig 16.0 Segnale di Echo Tale segnale è chiamato ECHO ed anch esso è essenziale in MRI. 15

16 1.2 Parametri del segnale RMN Fino ad ora sono stati definiti i caratteri generali della fisica di risonanza magnetica come genesi del segnale. Adesso vado a definire i parametri fondamentali del segnale, rappresentati principalmente da: 1) T1 (Tempo di rilassamento longitudinale o Spin - reticolo) 2) T2 (Tempo di rilassamento trasversale o Spin - spin) 3) DP (Densità protonica) Tutti i seguenti parametri possono essere utilizzati per la formazione dell immagine e pesati in modo diverso a seconda della successione di impulsi che si susseguono nella sequenza, dal tipo di massa in cui i protoni sono immersi ed anche in base alle caratteristiche del CMS. 1) Il parametro T1 è definito come il tempo necessario al sistema per recuperare il 63% della MML, una volta terminato l impulso RF. % MML recuperata Z 100% 95 % 86 % 63 % 1 T1 2 T1 3 T1 Tempo Il tempo necessario a generare tale recupero è fortemente influenzato dagli scambi termodinamici che avvengono tra gli spin, cioè i protoni risonanti ed il Reticolo inteso come l insieme di molecole ( acqua lipidi proteine etc) che circonda i nuclei risonanti. In generale le piccole molecole ( acqua etc ) hanno, alla temperatura corporea immerse in un CMS di intensità di 1 1,5 Tesla, una frequenza 16

17 di precessione molto elevata che mediamente supera di gran lunga quella di precessione degli spin. Questa situazione rende difficoltoso lo scambio termico tra spin e reticolo con conseguente allungamento del tempo T1. Lo stesso succede con le grandi molecole ( proteine ac.nucleici) per le quali la difficoltà allo scambio termico è dovuta ad una bassa frequenza del reticolo rispetto a quella dello spin. Ben diversa è la situazione per le molecole medie ( lipidi ) per le quali la media di oscillazione si avvicina molto alla frequenza di oscillazione degli spin agevolando molto lo scambio termico; ne consegue un notevole accorciamento del tempo T1. Concludendo posso dire che il T1 dipende dal tipo di reticolo in relazione alla temperatura, allo stato di aggregazione ed alla intensità del CMS. 2) Il T2 è definito come il tempo necessario a perdere il 63% della MMT oppure è equivalente definirlo come il tempo necessario a ridurre la MMT al valore del 37% una volta terminato l impulso. % MMT decaduta x-y 63% 86% 95% Tempo 1 T2 2 T2 3 T2 La perdita della MMT essenzialmente dovuta alla progressiva perdita di fase degli spin generata da fattori intrinseci quali il passaggio dei nuclei eccitati allo stato rilassato in seguito all impulso i quali non contribuiscono al mantenimento della fase ( componente T1 nel rilassamento T2). L altro fattore intrinseco è dovuto ai microcampi magnetici statici che si generano all interno della massa in particolare legati alle strutture complesse come proteine o acidi nucleici specialmente se contenute in 17

18 strutture solide le quali generano una interazione spin spin che contribuisce al defasamento. Oltre a tali fattori intrinseci è presente un fattore estrinseco che è legato alla non perfetta omogeneità del CMS che inevitabilmente genera, secondo la legge di Larmor, una variazione di frequenza di precessione su strutture protoniche contigue agevolando il defasamento abbreviando quindi il T2. Come fattore estrinseco può essere considerato il gradiente di campo che viene generato dalla macchina appositamente per permettere una mappatura del segnale. In generale quindi i fattori estrinseci non riflettono una caratteristica del tessuto generando una distorsione della realtà anatomica, possono essere limitati utilizzando degli impulsi di rifocalizzazione a 180. Trattando di tale argomento non posso non definire il T2*, parametro utilizzato in alcune sequenze di gradiente nelle quali non essendo presente l impulso di rifocalizzazione e non essendo quindi compensati i fattori estrinseci, si genera un defasamento molto veloce e quindi una perdita della MMT accelerato. 3) La DP è un parametro particolare definito dal numero di protoni contenuto nella struttura anatomica considerata. Sarebbe quindi lecito pensare che il segnale proveniente dalla struttura eccitata aumenti progressivamente con il numero di protoni. Questo è vero solo parzialmente perché il segnale utile alla formazione dell immagine deriva dai nuclei di idrogeni formanti le molecole di acqua libera, non legata cioè ad altre strutture molecolari e non in forma cristallina. Questo spiega perché un volume di liquido da un segnale elevato mentre lo stesso liquido portato allo stato solido cristallino da un segnale praticamente nullo. I tre parametri del segnale precedenti sono alla base della MRI e possono essere pesati in modo diverso nell immagine finale di modo da ottenere informazioni diverse dalla stessa massa. Naturalmente ciò che consente di avere informazioni attraverso contrasto di immagine non è tanto il valore assoluto del segnale di una certa struttura ma la differenza di segnale tra le varie strutture anatomiche sfruttando anche i diversi tempi di rilassamento di quest ultime, quindi T1 e T2, oppure la DP. La tecnica tramite la quale si riesce ad ottenere informazioni dalla massa viene detta SEQUENZA rappresentata da una successione più o meno lunga e differenziata di impulsi RF. 18

19 Al fine di ottenere una diversa pesatura di immagine ( T1 T2 DP ) è importante, oltre che la successione degli impulsi, i tempi con i quali essi si susseguono. Essi vengono chiamati, a seconda degli impulsi usati: TR (tempo di ripetizione) TE (tempo di echo) TI ( tempo di inversione) Esistono moltissime tipologie di sequenze più indicate per un certo studio invece che per un altro. Tra le più usate sicuramente figurano le Spin Echo (SE), le Inversion Recovery (IR) e le Gradient Echo o Fast Field Echo (GE / FFE). Esse differiscono essenzialmente per la successione degli impulsi RF inviati ed ognuna potrà essere pesata secondo i vari parametri del segnale sopradetti. 1.3 Sequenze maggiormente utilizzate Tra le sequenze maggiormente utilizzate nella pratica di risonanza magnetica figurano sicuramente le SE, le IR e le GE/FFE con le loro varie modificazioni per renderle idonee a studi più approfonditi. (A) Le Spin Echo sono in assoluto le sequenze maggiormente usate per la loro capacità di rilevare con una elevata risoluzione di contrasto tessuti che hanno tempi di rilassamento simili, senza contare l insensibilità alle disomogeneità di campo. Lo svantaggio maggiore è il relativo lungo tempo di acquisizione in particolare nelle immagini T2 pesate a causa dei tempi TR prolungati ed al fattore SNR non elevatissimo. Fig 17.0 Unità fondamentale della sequenza Spin-Echo 19

20 Come si può vedere dall immagine tale sequenza prevede l invio di un impulso a 90 tale da permettere il ribaltamento della MML sul piano trasversale, seguito da un impulso di rifocalizzazione a 180 ceduto ad un tempo TE/2 rispetto alla lettura del segnale di echo. In seguito alla cessione dell impulso a 90 si ha un segnale FID che decresce velocemente e non viene campionato, al contrario viene acquisiti il segnale di echo al tempo TE rispetto all impulso a 90. Naturalmente al termine del TR saranno necessari tanti ripetizioni di sequenza quante sono le righe di codifica di fase proporzionali alla matrice utilizzata ed in base alle ripetizioni di ogni riga (NEX). Questo si ha in quanto un TR è necessario per riempire una sola riga del k spazio. Quindi per una matrice di 128x128 con NEX pari ad 1, avrò bisogno di 128 ripetizioni di sequenza. Naturalmente la sequenza potrà essere pesata nei tre parametri fondamentali quali T1, T2 e DP, agendo sui valori del TR e TE. Lunghi TR e lunghi TE pesatura in T2 - Lunghi TR e brevi TE pesatura in DP - Brevi TR e brevi TE pesatura in T1 Esistono delle modificazione della SE di base come la DUAL-SE - Fig 18.0 Unità fondamentale della sequenza DUAL-SE nella quale il doppio impulso consente di avere due echo di segnale permettendo sia una pesatura in T2 che in DP una volta impostato un lungo TR. Oltre a questa viene molto utilizzata la versione veloce della SE detta TSE in particolare nelle T2 pesate nelle quali abbiamo riduzione dei tempi e perdita trascurabile di qualità grazie ad un treno di impulsi a 180 ceduti in seguito all impulso di 90 all interno dello stesso TR. 20

21 (B) La Inversion Recovery è una sequenza nella quale un impulso a 180 viene fatto seguire da uno a 90 dopo un determinato tempo detto TI nonché il tempo di inversione. Una volta trascorso un tempo TR la sequenza viene nuovamente ripetuta per un numero di volte determinate al fine di avere il totale riempimento dello spazio k. Il segnale campionato è il FID derivante dal secondo impulso a 90. E una sequenza che da immagini fortemente pesate in T1 che permettono di avere immagini anatomiche ben contrastate particolarmente utili nell immaging cerebrale dove troviamo strutture come la sostanza bianca e quella grigia che posseggono caratteristiche molto simili al livello di tempi di rilassamento e di densità protonica. Fig 19.0 Unità fondamentale della sequenza I.R. Come si può vedere l impulso a 180 iniziale ribalta la MML antiparallelamente a B0 assumendo un valore negativo, dopo il tempo TI viene inviato l impulso a 90 che ribalta la MML posseduta dai tessuti in quell istante sul piano xy generando un segnale FID proporzionale alla MMT ottenuta in seguito al ribaltamento. Il segnale e la pesatura dell immagine è fortemente influenzata dai tempi TR e TI infatti per un certo TR si ha una pesatura T1 tanto maggiore quanto minore è il TI, cosi per un TI stabilito aumenta la pesatura T1 al diminuire del TR. Nel caso limite di grandi TR e TI la pesatura diventa in DP. Naturalmente abbiamo detto che dopo l impulso a 180 si parte da una MML negativa passando poi per lo zero e tornare a valori positivi al termine dell impulso, in ogni caso per la creazione dell immagine viene considerato il valore assoluto della MML. 21

22 Per il fatto che la MML passa dallo zero l IR può essere sfruttata per annullare il segnale di strutture predeterminate impostando come TI quello necessario, a quel tessuto, per raggiungere una MML pari a zero di modo che nel successivo impulso a 90 non possegga MM da ribaltare sul piano trasversale. Questo è il caso della FLAIR che rappresenta una delle modificazioni della IR assieme alla STIR e SPIR usata in particolare nell immaging cerebrale per annullare il segnale del liquor nelle patologie periventricolari come la sclerosi a placche. Nella sequenza IR il SNR è piuttosto basso e comunque varia in maniera determinante al variare dei due parametri strumentali TR e TI. Anche per questo motivo tale sequenza deve essere considerata una sequenza mirata e di seconda istanza, necessario completamento in talune situazioni alla sequenza SE. Modernamente viene aggiunto un terzo impulso di rifasamento sì da poter acquisire, dopo un tempo TE molto piccolo, l eco speculare della FID. Fig 20.0 I.R. modificata (C) La Gradient Echo o Fast Field Echo è una sequenza fortemente utilizzata in particolare nello studio articolare per analizzare le caratteristiche della cartilagine, essa a differenza delle precedenti sequenze non possiede impulsi di rifocalizzazione a 180 che permettono di bilanciare la disomogeneità di campo ottenendo quindi immagini 22

23 pesate in T2* e non in T2. Il segnale di echo si ottiene grazie all inversione del gradiente di lettura. Inoltre vengono inviati degli impulsi che non generano angoli di nutazione di 90 ma angoli diversi generalmente inferiori a tale valore (α), di conseguenza non annullando tutta la MML si possono essere diminuiti i tempi TR con riduzione dei tempi di acquisizione. Fig 21.0 sequenza Gradient Echo. Il primo gradiente G sfasa gli spin (1), il secondo li rifasa generando l eco (2). 1.4 Localizzazione spaziale del segnale Per ottenere una immagine fedele alla realtà anatomica è necessario avere delle informazioni relative al segnale inviato dal tessuto assieme ad informazioni riguardanti la localizzazione spaziale dello stesso. Per la ricezione del segnale (FID o ECHO) è sufficiente la presenza di una bobina ricevente posta a contatto con la porzione anatomica da studiare mentre per la localizzazione spaziale abbiamo bisogno di tre bobine di gradiente orientate nelle tre direzioni dello spazio x-y-z per questo chiamati Gx-Gy-Gz. Essi sono delle bobine che generano un gradiente magnetico cioè una variazione costante e conosciuta del campo magnetico lungo la direzione dello spazio su cui è orientato. Tale gradiente si sovrappone in modo conosciuto al CMS. La variazione del campo magnetico lungo l asse comporta indirettamente una variazione delle frequenze di precessione dei protoni allineati sull asse stesso che si troveranno ad avere frequenze diverse rispetto a quelle iniziali, in questo modo solo i protoni che si trovano in un determinato spessore avranno la possibilità di assorbire l energia dell impulso RF inviato mentre gli altri avranno frequenze di precessioni al di fuori del range di assorbimento. 23

24 Fig 22.0 Corrispondenza tra gradiente magnetico e range di assorbimento In questo modo avviene la prima fase del processo di localizzazione spaziale detto localizzazione di spessore. Naturalmente il gradiente addetto a questa prima fase sarà diverso a seconda del tipo di prospettiva vogliamo. Nel caso volessimo una visione assiale dell anatomia il gradiente attivato sarà Gz, per visioni sagittali Gx e coronali Gy. (vedi Fig 4 pag 6). Quindi posso decidere, senza muovere il paziente, di cambiare il piano di lavoro agendo esclusivamente sui gradienti di spessore fornendo una delle caratteristiche basilari della MRN detta multiplanarietà. Inoltre agendo sull intensità di gradiente posso modificare lo spessore di strato aumentando o diminuendo quindi i protoni in grado di interagire con l onda RF. La seconda fase del processo è detta codifica di fase rappresentata dall attivazione del gradiente di codifica di fase, detto anche di preparazione, il quale sarà, nel caso di studio assiale, Gy. Tale gradiente genera una variazione del campo magnetico lungo le righe della matrice di modo da creare una accelerazione lineare delle precessioni dei protoni contenuti nelle varie righe. Ciò significa che i protoni contenuti nelle rispettive righe avranno la stessa frequenza di precessione mentre righe contigue avranno frequenza di precessione diverse e di conseguenza fasi diverse. Al momento della disattivazione del gradiente la frequenza dei protoni tende a ristabilirsi mentre l effetto del defasamento si mantiene. Da qui di capisce il perché del nome del gradiente. 24

25 Fig 23 Sequenza di eventi generati dal gradiente di codifica di fase con (A)situazione della matrice prima dell attivazione del gradiente (B)variazione delle frequenze di precessione con conseguente defasamento lungo le righe della matrice in seguito all attivazione del gradiente (C)ripresa della frequenza originaria (65 Mhz) con mantenimento del defasamento in seguito a disattivazione del gradiente La terza fase è detta codifica di frequenza rappresentata dall attivazione del gradiente di codifica di frequenza o di lettura, nel caso specifico Gz, che porta ad un variazione della frequenza dei protoni lungo le colonne della matrice. In questo modo ogni punto della matrice invierà un segnale con una propria frequenza in una determinata condizione di fase riuscendo a discriminare la provenienza dello stesso. Fig 24 Variazione della frequenza di precessione su colonne contigue in seguito alla disattivazione del gradiente di frequenza ed attivazione di quello di lettura 25

26 Riassumendo le varie fasi possiamo dire che contemporaneamente all attivazione del gradiente di selezione di strato viene inviato l impulso RF il quale viene assorbito solo dai protoni che rientrato nel range di frequenze scelte. A questo punto viene attivato il gradiente di codifica di fase che mi permette la codificazione della riga della matrice. Una volta spento il precedente si attiva il gradiente di codifica di frequenza che mi permette di codificare le colonne della matrice; contemporaneamente avviene l acquisizione del segnale a cui seguirà l elaborazione. Per questo motivo viene chiamato gradiente di lettura. C è da dire che il processo di codifica di frequenza è estremamente veloce infatti in una solo TR si riesce a codificare tutte le colonne della matrice, mentre la codifica di fase è estremamente lenta riuscendo ad analizzare una sola riga in un TR. Si può ovviare utilizzando sequenze turbo o acquisizioni ultra rapide come la EPI. 1.5 Tempi di acquisizione Il tempo di acquisizione (TA) necessario a produrre le immagini MRI è un parametro essenziale da considerare parallelamente alla qualità delle stesse, visto anche il continuo incremento della richiesta di esami MR. Per calcolare il tempo di acquisizione della singola slice devo considerare tre fattori principali: TA = TR x Nx x Nex TR è il tempo di ripetizione che intercorre fra due sequenze di impulsi contigui, necessario ai protoni per recuperare la MML ed essere in grado di assorbire nuovamente energia dall impulso successivo. Tale fattore è imprescindibile ed è funzione del tipo si sequenza usata oltre che del tipo di pesatura di immagine richiesto. 26

27 Nx rappresenta il numero di linee della matrice codificate in fase, essa influenza il tempo di acquisizione in quanto, nelle tecniche convenzionali di acquisizione (escluse le tecniche turbo-mri ed EPI) ogni linea della matrice viene codificata in un intero TR. Questo significa che aumentando la dimensione della matrice, diminuendo cioè le dimensioni del pixel, per esempio passando da 128x128 a 256x256, aumenta il tempo di acquisizione che nello specifico raddoppia lasciando invariato gli altri parametri. In questo caso parallelamente all incremento del TA si ha un incremento della risoluzione spaziale di immagine. Nex è il numero di ripetizioni in codifica di fase rappresentante il numero di volte che ogni riga della matrice viene acquisita. Questo fattore nelle sequenze di base generalmente è compreso tra 1 e 4. All aumentare del Nex aumenta il TA anche se parallelamente assisto ad un incremento del SNR. Da ciò si capisce che non esiste una combinazione dei tre fattori giusta o sbagliata ma solo una corretta pesatura delle conseguenze che la modificazione dei parametri comporta in base alle necessità diagnostiche. Una delle tecniche di acquisizione migliori che consente di avere il recupero dei tempi morti è detta 2DFT nella quale viene effettuata una acquisizione multi-sezione. Nella pratica di risonanza, dopo aver inviato il primo impulso nella sezione attivata dai gradienti di codifica di slice, è necessario attendere un certo tempo per l acquisizione del segnale che generalmente è attorno a 100 msec e soprattutto il tempo TR che invece si aggira tra 500 e 1500msec. Questo significa che dopo l acquisizione dell impulso avrei un tempo morto di 1400msec che invece tale tecnica sfrutta. Infatti dopo l acquisizione del segnale nella prima sezione si attiva il gradiente di codifica di slice che seleziona la fetta successiva procedendo all invio dell impulso e la ricezione del segnale e cosi via per le sezioni successive fino a che il TR è terminato. Supponendo quindi che il tempo di acquisizione di ogni linea sia di 100msec con un TR di 1500msec con la tecnica 2DFT riesco ad 27

28 analizzare una linea di 14 sezioni oltre a quella iniziale per un totale di 15 slice con una notevole risparmio di tempo. Nella pratica non vengono acquisite slice adiacenti tra loro ma alternativamente tutte quelle pari e dopo quelle dispari per evitare che modificazioni del profilo di sezione possano portare a sovrapposizione e quindi ad artefatti. Fig 25 Sistema di acquisizione Multislice (2DFT) 28

29 2.0 IMMAGING DI PERFUSIONE 2.1 ASPETTI GENERALI Le tecniche di perfusione in risonanza magnetica sono estremamente complesse ed in continua evoluzione. Volendo dare una definizione generale di perfusione potremmo dire che rappresenta l apporto di sangue ai tessuti, identificabile con il movimento microscopico coerente del materiale nutritivo ed in particolare dell acqua libera. Lo scopo di tale studio è quello di quantizzare i parametri emodinamici al livello microvascolare con l utilizzo o non di mezzo di contrasto, ricercando delle anomalie di ipo od iper-perfusione, fondamentali per individuare patologie anche indirettamente legate al flusso. La perfusione può essere applicata alla quasi totalità dei distretti corporei anche se trova la sua principale applicazione al livello cerebrale. Negli ultimi 25 anni, lo studio funzionale della fisiologia e fisiopatologia del sistema nervoso centrale era di appannaggio di metodiche nucleari (PET - tomografia ad emissione di positroni / SPECT tomografia ad emissione di singoli fotoni). Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di nuove tecniche di Risonanza Magnetica, (MR perfusion imaging) basati sullo studio del passaggio del sangue nella rete vascolare cerebrale, si ha la possibilità di quantificare i parametri emodinamici cerebrali (flusso ematico regionale - CBF e volume ematico regionale- CBV). Tale possibilità è di decisiva importanza sia per la diagnosi clinica di alcune patologie cerebro-vascolari che per l imaging funzionale. E una delle migliori tecniche per visualizzare patologie microvascolari in fase acuta come le ischemie grazie alla migliore risoluzione spaziale e temporale, alla assenza di radiazioni ionizzanti presenti in altre tecniche come la SPECT o la PET sommata alla non invasività ed al relativo risparmio economico rispetto alle tecniche di medicina nucleare. Uno studio microvascolare in questo caso è essenziale in quanto la patologia ischemica in fase acuta non si accompagna ad una alterazione del flusso macroscopico studiato con tecniche tradizionali di RMN. 29

30 Fig 26 : Confronto tra esame di perfusione in PET (sn) e RM (dx) NOTA: Attualmente, eccetto le controindicazioni assolute per portatori di oggetti metallici e circuiti elettronici legate al CMS, non sono ben chiari e provati gli effetti dannosi da parte del CMS e delle onde RF, potendo fare attualmente riferimento esclusivamente al SAR (W/Kg) il quale è indice del riscaldamento della struttura biologica per effetto delle onde RF. Il limite è stabilito per 2 SAR per ogni mezz ora di esame. Quindi il vantaggio legato all assenza di radiazioni ionizzanti potrebbe essere annullato da esiti di future ricerche. Da un punto di vista generale, essendo il sangue un tessuto in continuo movimento (salvo i casi di stasi ematica), lo spostamento degli spin, in un certo intervallo di tempo, all interno della struttura mi genera un abbattimento del segnale a causa della perdita di coerenza di fase per desincronizzazione dei gradienti, per un effetto detto Time of Flight nel quale lo stesso spin (nelle sequenze spin echo) si trova in posizione diversa tra l invio dell impulso a 90 e quello a 180 rendendo impossibile la cessione dell echo. Ciò può essere evitato utilizzando sequenze come le GE che hanno un unico impulso. Inoltre va ricordato la presenza del moto turbolento che è tanto più probabile quanto maggiore è la velocità del flusso e la irregolarità endoteliale. Inoltre devo fare una distinzione netta fra le tecniche atte allo studio della macrocircolazione sanguinea, con utilizzo di sequenze particolari come T.O.F. e ricostruzioni MIP, con le quali si studiano le pareti vasali per la presenza di patologie occlusali macroscopiche, dalle tecniche invece atte a studiare la microcircolazione sanguinea, come la perfusione appunto. 30

31 Questo naturalmente implica una netta differenza nella meccanica del flusso sanguineo che risulta relativamente più palpabile, anche dal punto di vista di calcolo, per il reparto macrovascolare. Considerando un unico condotto rappresentante una arteria di mediagrande dimensione, inserendo all interno di esso una certa concentrazione di tracciante a velocità nota rappresentante il contrasto, ed andando a misurare il segnale RM nel tempo potrei chiaramente conoscere il tempo impiegato da tracciante a percorrere tutto il condotto e l eventuale diluizione dello stesso nel comparto sanguineo. Il tempo di percorrimento sarà proporzionale al volume del condotto potendo calcolarmi il flusso rappresentato dal rapporto tra il volume ed il tempo, mentre la diluizione nel comparto ematico con allargamento del picco di segnale sarà dovuto ad un eventuale flusso turbolento e quindi alla presenza di una ostruzione comunque presente nel vaso in esame. 31

32 Nel caso dello studio microvascolare avremo una fitta rete di condotti interconnessi per cui lo studio del segnale all ingresso e all uscita della rete è utile ancora allo studio del flusso ma diventa molto più complesso in quanto un allargamento del picco di segnale potrebbe essere causato dall ostruzione di una qualsiasi porzione della rete. 2.2 Parametri di misura della perfusione Da un punto di vista operativo, la perfusione è definita come la quantità di sangue rilasciata ad un voxel in un certo intervallo temporale, ed è misurata mlsangue/min/gtessuto oppure, nel caso dello studio encefalico, in unità CBF (ml / 100g di tessuto/min). Dato che la perfusione avviene a livello capillare, essa possiede proprietà fisiche che sono notevolmente differenti da quelle del flusso "coerente dei grandi vasi. Il moto perfusivo è assimilabile ad un flusso microscopico incoerente, inteso come somma di molti flussi coerenti distribuiti in maniera casuale. In altre parole, quindi, la perfusione è un moto pseudo-diffusivo. Fig 27 : Rappresentazione schematica del complesso microvascolare 32

33 Il valore CBF nella sostanza grigia di un soggetto sana è mantenuta entro limiti molto ristretti attorno a 50-60ml/100g/min; valori inferiori possono identificare patologie ischemiche, mentre valori superiori possono identificare patologie ipervascolarizzanti come tumori. Essenzialmente considerando un sistema ideale rappresentato da un tubo, inserendo una sostanza ed andando a misurare il tempo impiegato dalla stessa nel fuoriuscire dall altro capo, conoscendo il volume del tubo posso calcolarmi facilmente il flusso rapportando il volume del tubo stesso con il tempo impiegato a percorrerlo. Viceversa conoscendo il flusso ed il tempo posso calcolarmi il volume del tubo. Lo stesso succede nella perfusione cerebrale nella quale al posto del tubo abbiamo i capillari e la sostanza in questione può essere il semplice sangue oppure il mezzo di contrasto. Il CBF quindi rappresenta la quantità di sangue che percorre una determinata quantità di tessuto nell unità di tempo L altro parametro fondamentale nella perfusione cerebrale è il CBV che invece rappresenta la quantità di sangue che è presente in un certo volume in un determinato istante. I due parametri sopra citati, nella maggior parte dei casi, hanno una relazione direttamente proporzionale nel senso che l aumento dell uno implica l aumento dell altro. Esistono però dei casi come nell ischemia acuta nei quali i parametri possono divergere infatti, in questo caso, ad una riduzione del CBF a causa di una diminuzione del flusso corrisponde un aumento del CBV a causa della dilatazione del letto vascolare come risposta alla diminuzione della quantità di sangue circolante. Un ulteriore parametro è rappresentato dall MTT definito come il rapporto tra il CBV ed il CBF corrispondente quindi al tempo di circolo. Esistono tanti altri parametri che possono essere diversamente utilizzati per ottenere immagini RM soddisfacenti e contenenti le informazioni necessarie come il tempo di picco, tempo di arrivo, FWHM etc. Di tali parametri saranno identificate le caratteristiche generali successivamente. 33

34 2.3 Utilizzo dei MDC nella perfusione cerebrale Lo studio perfusivo del SNC può essere applicato sia con l utilizzo di mezzo di contrasto (MDC) che senza di esso. La tecnica con MDC detta DSC (dynamic susceptibility contrast) sfrutta il contrasto esogeno quale il chelato di Gadolinio per il quale è presente una notevole pratica clinica essendo usato come contrasto paramagnetico nelle tecniche di studio anatomo-patologico tradizionali di RMN. La caratteristica di tale sostanza è quella di ridurre sia i tempi T1 delle strutture a diretto contatto generando una iperintensità di segnale nelle sequenze T1 pesate che i tempi T2, ad alte concentrazioni, generando una ipointensità nelle sequenze T2 pesate. La tecnica senza MDC è detta ASL-PE (arterial spin labeling perfusion immaging) e sfrutta il contrasto endogeno quale i protoni delle molecole di acqua del sangue arterioso. Questi vengono marcati con degli specifici impulsi RF perturbandone la naturale magnetizzazione, seguendone il successivo comportamento. Naturalmente essendo l acqua considerata libera di perfondersi nelle strutture extravascolari, una variazione della perfusione microvascolare genera una variazione della quantità di acqua scambiata e quindi una diversa dinamica del segnale RMN con possibilità di discriminare le zone ipoperfuse da quelle normalmente perfuse fino a quelle iperperfuse. Fig 28 : Immagine ASL con campo 1,5T 34

35 La ASL a sua volta sottende tutta una serie di varianti che il medico può usare a suo piacimento a seconda delle situazioni: Tra queste riconosciamo in particolare la ASL CONTINUA e PULSATA. Nella prima gli impulsi RF sono prolungati nel tempo permettendo di avere il miglior contrasto di immagine, nella seconda gli impulsi sono brevi e ripetuti generando una riduzione del SNR a favore di una diminuzione del tempo i acquisizione. Fig 29 : Confronto fra ASL continua ed ASL pulsata Esistono molte altre varianti in fase di sperimentazione come la Fiera, Picore, Quipss etc delle quali non è prevista una trattazione in questo testo. Il metodo ASL è molto interessante in quanto evita la somministrazione di mezzo di contrasto che può essere, in casi rarissimi, pericoloso in caso di intolleranza da parte del paziente, di contro le immagini che si ottengono hanno un SNR inferiore rispetto alla tecnica DSC sommato al fatto che per ottenerle sono necessari circa 10 minuti contro il minuto di quelle ottenute con MDC. E doveroso dire che tali tecniche sono attualmente in studio ed è ipotizzabile che il metodo ASL sarà migliorato. 35

36 Tecnica DSC: La base di tale tecnica risiede nello studio dinamico del segnale tramite sequenze veloci con alta risoluzione temporale durante il passaggio in bolo del MDC nel comparto vascolare cerebrale. In questo studio non viene sfruttata la capacità del MDC di ridurre i tempi T1 in quanto tale azione è ristretta ai protoni delle molecole di acqua a diretto contatto con il Gadolinio stesso impedendo uno studio dei tessuti al di fuori del vaso a causa della BEE funzionante che impedisce al contrasto di diffondersi con il moto diffusivo delle molecole di acqua. In questo caso il MDC si comporta similmente ad un tracciante non diffusibile. Considerando che solo il 4% del volume del voxel è definito dalla componente intravascolare, non potendo studiare la componente extravascolare avrei un segnale insufficiente per fare una studio affidabile. Per questo motivo viene sfruttata la componente di modifica T2 che per alte concentrazioni di MDC supera la componente T1. Il mezzo di contrasto quindi viene iniettato in bolo di modo che mantenga per un tempo sufficiente una alta concentrazione al livello vascolare. Il vantaggio di sfruttare la modifica T2 è che per alte concentrazioni di MDC si ha una riduzione del T2 che non si limita alle strutture intravasali ma anche alla componente extravasale che mi rappresenta il 96% circa del segnale riuscendo ad ottenere informazioni sufficienti. Il principio di perdita del segnale dovuto alla presenza di alta concentrazione di MDC paramagnetico è la microscopica azione defasante nei confronti degli spin circostanti per suscettibilità magnetica, definita come la capacità di una sostanza di modificare il campo magnetico nel quale viene introdotta. C è da sottolineare che la suscettibilità magnetica in T2 è fortemente influenzata dall intensità del CMS essendo direttamente proporzionale ad essa; ciò fa capire che con campi di 1,5 T o superiori si riesce ad aumentare il SNR rispetto ad un magnete 0,5 T che richiede una maggior quantità di MDC per ottenere immagini con buon SNR. 36

37 A B C A) E il caso dell assenza di MDC in cui lo spostamento delle molecole di acqua e dei nutrienti è all equilibrio e non si generano delle interazioni spin-spin tali da giustificare una variazione dei tempi T2 B) E il caso della presenza di bassa concentrazione di MDC presente dopo circa 4-5 minuti dall immissione in bolo, in cui le interazioni sono limitate al vaso generando una diminuzione dei tempi T1 delle molecole vicine a quelle del Gadolinio. Il campo magnetico non risulta sensibilmente variato. C) E il caso della presenza di alta concentrazione di MDC corrispondente all immissione in bolo dello stesso, in questo caso abbiamo una variazione sufficiente di campo magnetico tra l interno e l esterno del vaso tale da generare un defasamento dei protoni nel processo diffusivo delle molecole di acqua dall interno del vaso verso l esterno e viceversa determinando una diminuzione dei tempi T2 con conseguente riduzione del segnale. Lo studio di perfusione può essere inficiato da una alterazione della BEE con una conseguente infiltrazione del MDC nella regione extravascolare che ricordiamo rappresenta il 96% della struttura del voxel contro il 4% della componente intravascolare. Tale effetto genera una forte riduzione del tempo T1 della struttura nervosa con conseguente incremento del segnale che controbilancia la riduzione del segnale per l effetto T2, in questo modo si rischia di visualizzare delle zone nervose come fortemente ipoperfuse o addirittura con perfusione assente quando in realtà non lo sono. Esistono in questo caso degli algoritmi di post-processing che permettono di limitare o annullare tale problema fornendo anche dei valori di permeabilità che aiutano a capire le condizioni reali di danneggiamento della BEE. 37

38 Alla base della misurazione dell emodinamica cerebrale è il rapporto tra la variazione del segnale RM nel tempo e la concentrazione di MDC nel tempo all interno del voxel. Tale calcolo può essere fatto considerando che esiste una stretta relazione tra segnale del voxel e concentrazione di MDC presente in quell istante conseguentemente un confronto fra il segnale ottenuto prima dell arrivo del MDC, durante e dopo la diluizione è sufficiente a stabilire la variazione di segnale correlabile a sua volta al volume ematico e quindi al flusso stesso. Tutto ciò è lecito considerando che la variazione di segnale sia attribuibile esclusivamente al MDC. Fig 30 a : Fig 30 b : Il grafico 1 si rifà alla variazione del segnale RM nel tempo all interno di una ROI selezionata sull immagine acquisita. Nella zona A si ha il segnale prima dell arrivo del contrasto (fase basale), B rappresenta il segnale nell istante di arrivo del contrasto, limite spesso non ben definibile, C rappresenta l abbattimento del segnale dovuto all istante di massima concentrazione del MDC (Fase vascolare), D è il momento di ricircolo del MDC che aumenta nuovamente di concentrazione in seguito alla prima diluizione, E è il segnale in seguito alla diluizione definitiva il quale si mantiene comunque inferiore per circa 5 minuti rispetto a quello iniziale a causa della presenza di una concentrazione di MDC sufficiente a generare una leggera suscettibilità magnetica tra comparto intra ed extravasale. 38

39 Nel grafico 2 invece viene posto non il segnale in funzione tempo ma l inverso del segnale (1/T2) di modo che la curva vada a rappresentare l andamento della concentrazione di MDC nel tempo in quella regione selezionata. Chiaramente la curva presenta un picco e non un minimo come nel caso precedente ed i vari punti A B C rappresentano rispettivamente l arrivo del mezzo di contrasto, il picco di concentrazione dello stesso e l ampiezza del picco a metà altezza rispetto al suo massimo. Quest ultimo rappresenta un parametro di flusso quale l FWHM. E necessario precisare che il segnale risultante è fortemente influenzato dal tipo di acquisizione che viene fatto legato soprattutto alla sequenza utilizzata. 2.4 Tecniche di acquisizione di immagine Come abbiamo detto quindi è fondamentale il tipo di acquisizione utilizzato il quale deve essere necessariamente veloce per avere una buona risoluzione temporale che mi consenta di studiare il mio distretto durante la variazione di concentrazione del MDC. In genere la tecnica di acquisizione scelta è la EPI sia GE che SE questo perché mi permette di ricostruire in un unico TR l intera immagine analizzando tutte le linee dell immagine rappresentate dalla codifica di fase. Naturalmente la pesatura deve essere T2 nel caso delle SE e T2* nel caso delle GE. Come sopradetto è essenziale ridurre al minimo i tempi di acquisizione prestando sempre attenzione alla qualità di immagine, infatti la tendenza per velocizzare la sequenza sarebbe quella di utilizzare TR molto brevi di 500msec o addirittura inferiori, ma in questo caso avrei una eccessiva pesatura dell immagine in T1 che mi degraderebbe l immagine, per questo motivo sono consigliati dei TR di circa 1 sec o meglio 1,5 sec per conciliare velocità e qualità. La scelta della sequenza si ha tra le EPI SE e GE, in generale si può affermare che la tecnica SE è maggiormente specifica per il sistema cerebrale anche se abbiamo una leggera diminuzione del SNR sommata alla maggiore quantità di MDC richiesta. 39

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