Ritardo diagnostico: occorre dimostrare l'incidenza sul decorso della malattia

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Ritardo diagnostico: occorre dimostrare l'incidenza sul decorso della malattia Cassazione civile, Sez. III, Ordinanza n. 3693 del 15-02-2018. Pres. Travaglino. Est. Sestini. Responsabilità medica - Colpa - Nesso di causa tra la condotta colposa e l'evento di danno - Necessità - Ritardo diagnostico - Incidenza sul successivo decorso della malattia La mera individuazione di profili di colpa nella condotta del sanitario non è sufficiente all'affermazione della sua responsabilità, richiedendosi anche la ricorrenza del nesso di causa tra la condotta colposa e l'evento di danno, costituente oggetto di un ulteriore e autonomo accertamento giudiziale, cosicchè la sussistenza della prima non comporta - di per sè - la dimostrazione del secondo e viceversa (cfr. Cass. n. 21619/2007 e n. 29315/2017). "1.3. Invero, la motivazione della sentenza evidenzia chiaramente tale situazione di incertezza, laddove afferma che "non è possibile ricostruire il preciso determinismo causale" (pag. 8) e che "non è possibile ricostruire l'esatto apporto causale delle singole condotte nell'eziopatogenesi dell'esito invalidante" (pag. 11). Tali affermazioni non risultano contraddette o superate - quanto alla posizione del M. - dal rilievo (a pag. 9) che il "primo intervallo temporale di ritardo nella formulazione della diagnosi è da porre in relazione causale con la condotta del M.", che evidenzia l'esistenza del nesso fra la condotta omissiva e il ritardo diagnostico, ma non anche fra tale ritardo e l'esito invalidante finale; nè dall'ulteriore rilievo (a pag. 11) che "ci fu un sicuro ritardo diagnostico da parte dei sanitari del pronto soccorso potenzialmente idoneo ad incidere sul successivo decorso della malattia", giacchè l'avverbio "potenzialmente" non è affatto idoneo ad indicare una effettiva e concreta relazione condizionante -in termini di preponderanza dell'evidenza ("più probabile che non")- fra il ritardo diagnostico e il successivo decorso della malattia." (Massima a cura di Redazione IL CASO.it Riproduzione riservata) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Riproduzione riservata 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Presidente - Dott. DI FLORIO Antonella - Consigliere - Dott. SESTINI Danilo - rel. Consigliere - Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere - Dott. TATANGELO Augusto - Consigliere - ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso 29401-2014 proposto da: M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E FAA' DI BRUNO 15, presso lo studio dell'avvocato LUIGI COMBARIATI, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso; - ricorrente - contro S.A., ME.VI., AZIENDA OSPEDALIERA (*), REGIONE CALABRIA, AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE (*) CATANZARO; - intimati - Nonchè da: S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI, 8, presso lo studio dell'avvocato CATERINA ALAGGIO, rappresentato e difeso dall'avvocato GIANNI FERRARA giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale; - ricorrente incidentale - contro AZIENDA OSPEDALIERA (*), AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE (*) CATANZARO, ME.VI., REGIONE CALABRIA; - intimati - avverso la sentenza n. 1628/2014 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 13/11/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI. Svolgimento del processo S.A. agì avanti al Tribunale di Catanzaro per ottenere il risarcimento dei danni conseguiti all'inadeguatezza di prestazioni di diagnosi e cura effettuate dal Presidio ospedaliero (*), in relazione ad un infortunio sul lavoro che gli era occorso il (*), in occasione del quale aveva riportato una ferita al polso della mano sinistra; a tal fine, convenne in giudizio il predetto Presidio ospedaliero nonchè M.P. (medico del Pronto Soccorso) e Me.Vi. (chirurgo ortopedico); il contraddittorio venne successivamente integrato nei confronti della Regione Calabria e della Gestione Liquidatoria della A.S.L. (*) di Catanzaro. Riproduzione riservata 2

Il Tribunale di Catanzaro ritenne che gli esiti invalidanti patiti dal S. fossero imputabili ad errore diagnostico del medico del Pronto Soccorso e condannò tutti i convenuti - ad eccezione del Me. - al risarcimento dei danni. A seguito dell'impugnazione principale del M. e dei gravami incidentali proposti dall'azienda Ospedaliera (*) e dal S., la Corte di Appello di Catanzaro ha rigettato la domanda nei confronti della predetta Azienda Ospedaliera, mentre ha affermato la responsabilità del Me., ritenendo paritario il concorso dei due medici nella determinazione del danno; ha pertanto condannato al risarcimento - in via solidale - il M., il Me., la Regione Calabria e l'azienda Provinciale di Catanzaro (in qualità di gestore della contabilità separata relativa alle soppresse USL). Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione M.P., affidandosi a due motivi; ha resistito il solo S., con controricorso contenente ricorso incidentale basato su due motivi. Motivi della decisione 1. Col primo motivo del ricorso principale, il M. ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2043, 2056 e 2059 c.c. e ha censurato la sentenza per avere affermato la sua responsabilità, in contrasto con le conclusioni della c.t.u. che, pur ascrivendo alla condotta del M. un addebito di imperizia, ne aveva escluso l'efficienza causale rispetto ai postumi riscontrati nel S.; evidenzia che, per quanto era emerso dalla consulenza, non era stato "il ritardo nella diagnosi a determinare l'insorgenza della patologia, ma (probabilmente) il ritardo nell'intervento operatorio (e, probabilmente, (...) altre cause del tutto estranee all'operato del M.)", cosicchè "l'evento si sarebbe avverato anche se il comportamento (corretta diagnosi di lesione tendinea) fosse stato posto in essere". 1.1. Al riguardo, la Corte ha affermato di non condividere le conclusioni dei consulenti d'ufficio e ha escluso che l'originaria omissione fosse stata resa irrilevante dalla prescrizione di controlli ravvicinati (che, peraltro, concernevano soltanto le medicazioni, che non avrebbero potuto condurre ad una successiva diagnosi) o dal consiglio del medico curante di effettuare una visita specialistica. 1.2. Il motivo è fondato, in quanto la Corte ha erroneamente affermato la responsabilità del M. pur a fronte di una situazione di incertezza circa l'esistenza del nesso causale fra la specifica condotta del medesimo e gli esiti invalidanti riportati dal S., in violazione dei criteri che, in ambito di responsabilità professionale sanitaria, onerano il danneggiato della prova del nesso causale e comportano che la situazione di incertezza residuata all'istruttoria su un fatto costitutivo della domanda determini il rigetto della domanda stessa (cfr. Cass. n. 975/2009, Cass. n. 17143/2012, Cass. n. 4792/2013, Cass. n. 18392/2017 e Cass. n. 29315/2017). Va ribadito, infatti, che la mera individuazione di profili di colpa nella condotta del sanitario non è sufficiente all'affermazione della sua responsabilità, richiedendosi anche la ricorrenza del nesso di causa tra la condotta colposa e l'evento di danno, costituente oggetto di un ulteriore e autonomo accertamento giudiziale, cosicchè la sussistenza della prima non comporta - di per sè - la dimostrazione del secondo e viceversa (cfr. Cass. n. 21619/2007 e n. 29315/2017). 1.3. Invero, la motivazione della sentenza evidenzia chiaramente tale situazione di incertezza, laddove afferma che "non è possibile ricostruire Riproduzione riservata 3

il preciso determinismo causale" (pag. 8) e che "non è possibile ricostruire l'esatto apporto causale delle singole condotte nell'eziopatogenesi dell'esito invalidante" (pag. 11). Tali affermazioni non risultano contraddette o superate - quanto alla posizione del M. - dal rilievo (a pag. 9) che il "primo intervallo temporale di ritardo nella formulazione della diagnosi è da porre in relazione causale con la condotta del M.", che evidenzia l'esistenza del nesso fra la condotta omissiva e il ritardo diagnostico, ma non anche fra tale ritardo e l'esito invalidante finale; nè dall'ulteriore rilievo (a pag. 11) che "ci fu un sicuro ritardo diagnostico da parte dei sanitari del pronto soccorso potenzialmente idoneo ad incidere sul successivo decorso della malattia", giacchè l'avverbio "potenzialmente" non è affatto idoneo ad indicare una effettiva e concreta relazione condizionante -in termini di preponderanza dell'evidenza ("più probabile che non")- fra il ritardo diagnostico e il successivo decorso della malattia. 1.4. Il motivo va dunque accolto, poichè, difettando un concreto accertamento circa l'incidenza causale della condotta del M. sull'evoluzione della malattia e sugli esiti invalidanti, la Corte non avrebbe potuto affermarne la responsabilità sulla base del mero riscontro della colpevole omissione diagnostica. 2. Il secondo motivo (che denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1227, 2056, 1175 e 2055 c.c. e impugna la sentenza per avere escluso un concorso colposo del S. nella determinazione degli esiti invalidanti, in conseguenza della ritardata sottoposizione all'intervento chirurgico) resta assorbito dall'accoglimento del primo. 3. La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con rigetto della domanda proposta dal S. nei confronti del M.. 4. Il primo motivo del ricorso incidentale del S. censura la sentenza (sotto i profili della violazione e della falsa applicazione della L.R. Calabria n. 8 del 2003, art. 22, comma 3 e degli artt. 1218 e 1228 c.c.) per avere escluso la legittimazione passiva -sostanziale e processuale - dell'azienda Ospedaliera (*): il S. rileva che l'azienda aveva soggettività giuridica e rilevanza esterna e non aveva dato prova che, all'epoca dei fatti, non avesse alcuna autonomia gestionale; sotto altro profilo ("omessa motivazione in ordine agli artt. 91 e 92 c.p.c."), si duole di essere stato condannato al pagamento delle spese di lite in favore dell'azienda Ospedaliera. 4.1. Il motivo è inammissibile in relazione ad entrambe le censure: quanto alla prima, poichè non attinge la ratio della decisione, che è imperniata non sul difetto di soggettività giuridica dell'azienda, ma sull'affermazione che la legittimazione sostanziale e processuale per le obbligazioni relative alle strutture delle soppresse U.S.L. della Calabria fa capo esclusivamente agli organi rappresentativi delle nuove A.S.P. (in funzione di gestori delle contabilità separate) e alla Regione; quanto alla seconda, poichè non è censurabile in sede di legittimità la scelta del giudice di merito di non avvalersi della facoltà di compensare le spese di causa. 5. Il secondo motivo del ricorso incidentale è parimenti inammissibile, poichè censura il mancato riconoscimento del danno da perdita della capacità lavorativa specifica senza investire adeguatamente la ratio della decisione (basata sul difetto di prova del lamentato danno patrimoniale), Riproduzione riservata 4

ma prospettando inconferenti deduzioni circa il danno non patrimoniale conseguito all'errore dei sanitari e circa la necessità di considerare la perdita di concrete possibilità di lavoro o di miglioramenti economici come "perdita di chance" da ricondurre nella "sfera del danno non patrimoniale". 6. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite di tutti i giudizi fra il M. e il S., ai sensi dell'artt. 92 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alle modifiche introdotte a partire dalla L. n. 263 del 2005 (applicabile ratione temporis). 7. In relazione al ricorso incidentale, sussistono le condizioni per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito il secondo, cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal S. nei confronti del M.; dichiara l'inammissibilità del ricorso incidentale; compensa, fra il S. e il M., le spese di lite dei gradi di merito e del presente giudizio; Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2017. Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2018 Riproduzione riservata 5