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6. LOTTÒ CON LUI FINO ALLO SPUNTARE DELL'AURORA Giacobbe Genesi 32, 23-32 1.LA STORIA Il protagonista dei capitoli 25-36 del libro della Genesi è Giacobbe, figlio di Isacco, fratello gemello di Esaù. Inizia il secondo ciclo narrativo dei patriarchi, che raccoglie le diverse tradizioni jahwista, elohista e sacerdotale. A grandi linee, la struttura del ciclo di Giacobbe può essere delineata in questo modo: A - Rottura di Giacobbe con Esaù (cc.25 e 27) B - Giacobbe e Dio in Betel (c.28) C - Giacobbe e Labano (cc.29-31) B - Giacobbe e Dio in Penuèl (c.32) A - riconciliazione di Giacobbe con Esaù e ritorno di Giacobbe a Betel (cc. 33-36) Sin dal grembo materno i gemelli sembrano lottare, Esaù e Giacobbe crescono differenti nel carattere e nel lavoro, nelle relazioni con i genitori. Esaù è prediletto dal padre Isacco, mentre Giacobbe è amato da Rebecca, la madre. Si tratta di una difficile storia di fraternità, segnata da inganni, tensioni, fughe, ritorni e separazioni. Giacobbe, pur essendo venuto alla luce dopo Esaù, acquista la benedizione dal padre Isacco con la promessa di Dio, avendo ottenuto dal fratello il diritto di 1

primogenitura. Esaù infatti, in un momento di debolezza, provato dalla fame, svende la grazia e la benedizione della primogenitura per un misero piatto di lenticchie! (cfr Gen 25,29 34). Esaù perseguitò Giacobbe per la benedizione che suo padre gli aveva dato (Gen 26,41). Per questo, Giacobbe fugge da Labano, fratello di Rebecca, in Carran, lontano da Esaù, percorrendo un viaggio, un viaggio che lo terrà distante da Canaan per 20 lunghi anni. Tanto gli costò l inganno reso al fratello! Durante il viaggio, come viene narrato dalla tradizione sacerdotale, in una notte di solitudine, Dio si manifesta in un sogno, facendogli intuire il legame fra cielo e terra, fra Dio e la sua vicenda. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: "Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco. A te e alla tua discendenza darò la terra sulla quale sei coricato. La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra. (Gen 28,13-14). Il luogo dell incontro con Dio viene chiamato Betel (= casa di Dio, porta verso il cielo). Giunto presso Labano, Giacobbe viene ospitato, serve per sette anni il parente e poi ottiene in sposa Rachele, la figlia di Labano, dopo aver però prima accettato come prima moglie seppur con l inganno la primogenita Lia. Nascono i figli, undici maschi e una femmina. Giacobbe si arricchisce e dopo vent anni, obbedendo a Dio (cfr Gen 31, 3.11.13), si rimette in viaggio per fare ritorno alla casa di suo padre. Sulla via del ritorno, il Dio di Betel dà nuovamente appuntamento a Giacobbe, passando necessariamente attraverso il territorio di Esaù. Attraversarlo è un rischio, forse mortale. Ma la chiamata di Dio è insistente, come la promessa sarò con te (Gen 31, 3). Dopo la teofania a Penuél del capitolo 32, dove Giacobbe lotta con Dio, si assiste all incontro fra Esaù e Giacobbe e alla loro riconciliazione. Quindi si racconta della loro separazione e dell arrivo di Giacobbe a Sichem, nuovamente della salita a Betel, della nascita di Beniamino, il dodicesimo figlio e della morte di Rachele presso Betlemme. Dopo la morte di Isacco, Esaù si volge a sud est del Mar Morto, il territorio che dal suo nome si chiamerà Edom (= rosso, uno dei nomi dati ad Esaù, che era rossiccio Gen 25, 25). Giacobbe invece si stabilisce nella terra dove suo padre era stato forestiero, nella terra di Canaan.(Gen 37,1) 2

2.LA LETTURA Genesi 32, 23-33 23 Durante quella notte egli si alzò, prese le due mogli, le due schiave, i suoi undici bambini e passò il guado dello Iabbok. 24 Li prese, fece loro passare il torrente e portò di là anche tutti i suoi averi. 25 Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell'aurora. 26 Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all'articolazione del femore e l'articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. 27 Quello disse: "Lasciami andare, perché è spuntata l'aurora". Giacobbe rispose: "Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!". 28 Gli domandò: "Come ti chiami?". Rispose: "Giacobbe". 29 Riprese: "Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!". 30 Giacobbe allora gli chiese: "Svelami il tuo nome". Gli rispose: "Perché mi chiedi il nome?". E qui lo benedisse. 31 Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuèl: "Davvero - disse - ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva". 32 Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuèl e zoppicava all'anca. 33 Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l'articolazione del femore, perché quell'uomo aveva colpito l'articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico. 3.LA MEDITAZIONE Il brano appartiene principalmente alla tradizione jahwista, che utilizza molti elementi arcaici (ad esempio, l essere misterioso che si presenta presso il fiume potrebbe alludere a qualche reminiscenza mitologica legata al culto delle acque del fiume, ad una sorta di spirito del fiume ). Introducendo questo episodio alla vigilia dell incontro con il fratello Esaù, forse si vuole sottolineare la paura e la difficoltà di Giacobbe ed insieme spiegare l origine del nome della località in questione, Penuél (dall ebraico: panim = faccia e quindi: Ho visto Dio faccia a faccia. ), così come il motivo di una norma alimentare (cfr vv 33). Il testo è misterioso e allude alla possibilità, scritta nella vita di ogni uomo, di entrare in contrasto con se stessi, con la propria interiorità e quindi con Dio, di vivere un duello aperto, in cui sperimentare l essere insieme vincitori e vinti. Giacobbe sta per fare ritorno nella terra da cui si era allontanato vent anni prima, la terra promessa da Dio ai suoi padri, sta per varcare la soglia in cui dimora il fratello. 3

Oltrepassare il fiume significa aprire la via di un confronto diretto, vuol dire non procrastinare il momento della ripresa di una questione fondamentale: il rapporto col fratello. Giacobbe è quindi chiamato a guardare al passato, alle sue finzioni, al peccato, tentando una risoluzione. Un faccia a faccia in nome della verità, questa volta. Non più l inganno e la spavalderia della giovinezza, ma la maturità e la verità dell età adulta. Durante la notte Giacobbe fa passare al di là del fiume Yabbok (un affluente del fiume Giordano) tutto ciò che appartiene alla sua vita, mogli, schiave, figli e averi. Quindi rimane da solo. Nella solitudine e nell oscurità Giacobbe, l ingannatore, deve prendere in mano la vita con le sue forze, lottando corpo a corpo nella polvere con un uomo misterioso fino all alba: una lotta estenuante lunga e tremenda che si conclude con una sorta di ferita, un segno nella carne (quando Giacobbe passò Penuel, zoppicava all anca Gen 32, 32) e una benedizione. Chi sarà questo uomo? Il testo non permette di dare una risposta precisa. Soltanto alla fine del combattimento Giacobbe intuisce che ha a che fare con Dio tanto da chiedergli di essere benedetto. Alla richiesta, l uomo misterioso domanda a Giacobbe il nome, cioè lo interroga sulla sua identità. È come se gli chiedesse: Chi sei?. Rispose: Giacobbe. (Gen 32, 28). A questo punto il personaggio che ha lottato con Giacobbe così si esprime: Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto. (Gen 32, 29). Al termine della dura lotta, Giacobbe riceve una nuova identità, Israele è il suo nuovo nome, il cui significato letterale è Dio regna. Egli non è più il simulatore, colui che tiene il fratello per il calcagno (cfr Gen 25,26) soppiantandolo, colui che ha ingannato il padre per ottenere la benedizione, ma colui che è stato forte con Dio e ha vinto con gli uomini. Dopo aver chiesto inutilmente l identità al personaggio misterioso - non è possibile infatti carpire il nome a Dio Giacobbe viene benedetto e comprende di aver visto Dio, faccia a faccia. Per questo chiamò il luogo Penuel. La vicenda notturna trova un felice esito nell incontro col fratello Esaù. Al mattino, dopo l angoscia delle tenebre, facendosi avanti fra le donne e i figli, Giacobbe si presenta al fratello prostrandosi (Gen 33, 3), ma questi gli corse incontro, lo abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero (Gen 33, 4). Il frutto del combattimento notturno è la pace e la riconciliazione col fratello in piena luce. Giacobbe è dunque uscito umiliato dalla lotta (zoppicava), tuttavia reso nuovo nel cuore, trasfigurato nell identità (Israele è il suo nuovo nome), nuovamente avvicinabile dal fratello. Abbassandosi davanti ad Esaù in sincerità, Giacobbe riconosce nel fratello il volto di Dio. 4

4.LA CONTEMPLAZIONE Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;anche di notte il mio animo mi istruisce (Sl 16,7). La notte e il suo silenzio avvolgono il mio cuore e nella quiete sono a poco a poco condotto al centro della mia anima. Lì cerco la sintesi delle mie giornate, il senso di ciò che ho vissuto. Una parola sapiente udita durante il giorno talvolta illumina l intera giornata, una preghiera è capace di rischiarare le tenebre del mio dubbio e un gesto fraterno ha il valore di una medicina che risana molte ferite. Tuttavia non sono sempre in pace, anzi spesso la solitudine della notte conduce a rivisitare luoghi di dolore e di peccato. La coscienza si interroga e si domanda come fare ad uscire dagli egoismi e dagli inganni di relazioni superficiali, di incontri solo accennati e mai resi sinceri e veri. Mi accorgo di preferire spesso le mie maschere, di non riuscire a comunicare profondamente il bene. Sto a lungo fra i miei pensieri nella ricerca di una verità sugli altri, sul loro modo di essere, ma non mi accorgo che cerco una verità su di me. Quante analisi e quante sommarie sintesi a discapito dei miei fratelli! Riflettevo per comprendere questo, ma fu una fatica ai miei occhi, finché non entrai nel santuario di Dio (Sl 73, 15-16). Mio Dio, la lotta misteriosa di Giacobbe sembra restituirmi la verità di ogni incontro e di ogni relazione. In quella notte misteriosa Giacobbe comprese che i suoi inganni erano i veri nemici da combattere, e più li guardava e più riconosceva che essi lo caratterizzavano nella sua più profonda identità. Giungere a questa verità su di sé gli è costato caro, ma ha ottenuto da Te un nome nuovo e uno spirito rinnovato (cfr Ez 11,19; 18,31; 36,26). Il corpo a corpo lo ha reso vulnerabile, ma puro e pronto ad avvicinarsi al fratello. Lottare così contro il peccato, mio Dio, è monito alla battaglia che ogni credente deve imparare a vivere. Anch io. Nella sincerità e verità del mio pentimento, tu, mio Dio, mi raggiungerai (cfr Sl 51,8) e non morirò. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. (Sl 50,12). Nei desideri sinceri di conversione che porto, rinnova in me la stabilità nella lotta. Donami, Signore, uno spirito coraggioso, che non si arrende se non di fronte alla tua grazia. Dammi la forza di guardare al mio peccato, di dargli un nome, e di chiedere perdono. Ogni volta. E di lasciarmi da te rinnovare. Donami un autentica via di conversione e di penitenza, trasformami a immagine del tuo volto, per andare incontro ai miei fratelli, con umiltà e povertà, portando nel cuore le ferite d amore che ogni credente deve saper portare in nome tuo. Che io guardi al crocifisso risorto, al tuo figlio Gesù, al suo corpo segnato dalla misericordia e dall amore sino alla fine (Gv 13,1). venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. (Gv 20,19-20) 5