P.L. Dall Aglio-G. Roversi-C. Tassinari (Università di Bologna) Dip. di Archeologia, P.za S. Giovanni in Monte 2, Bologna Colombarone (PU), un sito che non conosce crisi IL COMPLESSO VILLA-BASILICA Il complesso di Colombarone tra III e VIII secolo d.c. vive il suo periodo di massimo sviluppo, pertanto costituisce un caso privilegiato per lo studio delle dinamiche storiche tra Tardoantico e Altomedioevo. Il complesso ha origine da un ampia dimora suburbana con pavimenti a mosaico e fornita di ogni genere di conforto disponibile per l epoca (portici, ampie sale per banchetti, piccoli ambienti per il riposo, quartieri termali). La continua ricerca di lusso da parte del proprietario sfociò attorno al V secolo nella realizzazione di una nuova grandiosa sala per i banchetti, il vano M, con una nicchia semicircolare sul fondo. Attorno alla metà del VI sec. d.c. proprio questa sala, originariamente destinata allo svago e al disimpegno, verrà trasformata in basilica, diventando così luogo di introspezione e riflessione religiosa. La nuova chiesa, in fatto di decorazioni, non era di sicuro inferiore alla precedente residenza dal momento che, all interno della navata, la zona destinata ai fedeli era separata da quella riservata agli officianti mediante un muro trasversale su cui si trovava una raffinata transenna in marmo (iconostasi). Via via che le antiche stanze del palazzo romano cadevano in disuso e ospitavano al loro interno alcune sepolture, la basilica si ampliava attraverso la costruzione di ulteriori edifici addossati alle pareti laterali. Nel momento della sua massima espansione, che possiamo far coincidere con la data in cui avvenne l incontro tra l esarca Eutiche e Papa Zaccaria (743 d.c.) il complesso religioso disponeva di tre vani di servizio (vani V, S e Z). Il complesso basilicale, investito da un incendio dopo la fine dell esperienza dell Esarcato ravennate, venne nuovamente ricostruito anche se ridimensionato. Come chiesa rurale la struttura rimase in essere fino al XII secolo, quando fu sostituita dalla Chiesola. Disegno ricostruttivo della fase residenziale IV d.c. Planimetria e veduta del complesso basilicale (metà del VI-VII d.c.) Planimetria generale del complesso villa-basilica Mosaico del vano L
I MATERIALI D IMPORTAZIONE A Colombarone, come in tutto il versante adriatico che gravita tra le Marche e la Romagna, si può osservare come la circolazione di merci provenienti dalle province dell Impero affacciate sul Mediterraneo sia testimoniato dalla presenza di vasellame in sigillata africana e di contenitori da trasporto di provenienza africana e orientale. Tra le sigillate africane, numericamente assai meno frequenti rispetto alle sigillate tarde di produzione italica, è presente un piatto (Tav. 1.1) del tipo Hayes 62A caratterizzato da un piccolo gradino posto in prossimità dell attacco del fondo con la parete, la cui datazione inizia nel primo quarto del IV secolo e raggiunge il primo quarto di quello successivo. Un orlo (Tav. 1.2), caratteristico per la presenza di una scanalatura nella parte superiore, rientra nella forma Hayes 104C, un piatto diffuso nella seconda metà del VI sec. d.c. È inoltre presente un fondo con decorazione a stampo costituita da palmette disposte a raggiera, sormontate da un motivo geometrico circolare (Tav. 1.3). La grande maggioranza del materiale d importazione è rappresentato dalle anfore, sia di origine africana che di origine orientale. I contenitori di fabbricazione africana sono attestati in tre tipi differenti; un orlo (Tav. 2.1) ingrossato a fascia a sezione sub rettangolare è attribuibile alla forma Tripolitana I, un tipo diffuso dall epoca augustea fino al II d.c. poi soppiantato dalla variante III, che cronologicamente raggiunge il IV d.c. (Bonifay 2004, fig. 55a, n. 1, p. 105). Due frammenti (Tav. 2.2-3) rientrano nel tipo Keay LXII, un anfora globulare prodotta in diverse zone dell Africa tra VI e VII d.c. (Bonifay 2004, pp. 137-140). Tra le forme provenienti dal Nord Africa si segnala anche un frammento di orlo svasato e ingrossato esternamente e collo troncoconico (Tav. 2.4), avvicinabile al tipo Africana II A2, datato tra II e III sec. d.c. (Bonifay 2004, fig. 57.6, p. 111). Meglio documentato è il panorama dei recipienti da trasporto di origine orientale, tra cui si distinguono orli sicuramente attribuibili al tipo LR 1 (Tav. 2.5) (Reynolds 2005, pp. 565-567). Altrettanto attestato è il tipo LR 2, un contenitore di dimensioni minori, con orlo ingrossato all interno e spalla segnata da linee incise parallele, presente in area adriatica nell ambito di contesti di V-VII secolo (Auriemma, Quiri 2007, pp. 40-41). Tra i contenitori di piccole dimensioni si segnala la presenza di una LR 3 (Tav. 2.7), un anfora dal corpo allungato e con argilla color cuoio, originaria della Turchia orientale e le cui attestazioni sulla costa romagnola sono più frequenti in contesti di IV-VI secolo (Auriemma, Quiri 2007, p. 42), ma se ne conoscono anche esempi in contesti di pieno VII d.c. (Saguì 2001, p. 289). Dall area mediorientale proviene un orlo di anfora dal collo atrofizzato (Tav. 2.8), avvicinabile al tipo LR 4, tradizionalmente prodotte a Gaza e presenti sia sulla costa romagnola, che in quella marchigiana, con datazione compresa tra VI e VII sec. d.c. (Auriemma, Quiri 2007, p. 46). È, invece, originario della Palestina settentrionale un esemplare di orlo riferibile al tipo LR 5 (Tav. 2.9), tradizionalmente considerato, coprendo un arco cronologico che parte dal V e raggiunge il VII secolo, come il più tardo contenitore vinario prodotto in ambito orientale (Saguì 2001, pp. 290-291). Anfora del tipo LR3
Tavola 1 Tavola 2 CERAMICA DI PRODUZIONE ITALICA Accanto ai prodotti di importazione si possono contare un buon numero di esemplari in terra sigillata tarda attribuibili alle produzioni adriatiche, le forme più diffuse sono quelle del repertorio della sigillata medioadriatica e le imitazioni di sigillata africana. Un tipo di ciotola poco profonda (Tav. 3.1) è attribuibile alla forma Brecciaroli Taborelli 5 già riconosciuta, in ambito regionale, a Suasa e datata nel corso del III d.c. (Mazzeo, Biondani, Nannetti 1996, fig. 2.3, p. 141, 146); tra i piatti è presente un orlo associabile alla forma Maioli 7 (Tav. 3.2) che a Classe compare in contesti datati entro la metà del IV d.c. e che si ritrova sia a Suasa (Id., p. 141) che a Rimini (Biondani 2005a, fig. 118, n. 10, pp. 180-181) con datazioni abbastanza simili e circoscritte all interno del III d.c. Una delle forme più comuni in area adriatica è il piatto con l orlo a tesa (Tav. 3.3-4), ben attestato a Suasa (Mazzeo Saracino 1992, p. 75). Tra i materiali di Colombarone ne sono stati riconosciuti due tipi differenti: uno si avvicina alla forma Brecciaroli Taborelli 10/17 (Tav. 3.3) e trova un buon confronto con un esemplare di Rimini databile tra III e IV secolo d.c. (Biondani 2005a, Fig. 118, n. 18, pp. 182-184); un secondo frammento (Tav. 3.4), con decorazione a rosette affiancate eseguite a stampo sulla faccia superiore dell orlo, è ricollegabile alla forma Hayes 59 circoscritta cronologicamente tra IV e inizio V secolo d.c. Le imitazioni di sigillata africana si riducono a tre forme: piatti simili alle Hayes 61, vasi a listello simili alle Hayes 91 e una coppa riconducibile al tipo Hayes 1. Le Hayes 61 sono attestate sia nella variante A (Tav.
3.5-7) che nella variante B: la prima, imitata nelle officine italiche già a partire dal IV d.c. (Fontana 1998, p.84) e largamente diffusa in tutta la penisola per la sua versatilità e semplicità di realizzazione, è la meglio attestata e compare anche in versione acroma (Tav. 3.7); un ulteriore frammento (Tav. 3.8), con suddipintura bruna sul fondo interno, è avvicinabile alla variante B, che raggiunge la metà del V d.c. e si confronta fra le ceramiche di Galeata (Gamberini, Mazzeo 2003, Fig. 4.24, p. 104). Meno certa è l attribuzione al tipo di un esemplare con l orlo concavo all esterno (Tav. 3.9) che richiama in parte le Hayes 61 e in parte le Hayes 3 della sigillata focese, databile al VI d.c. (Martin 1998, p. 116); si confronta puntualmente con un vaso recuperato nella chiesa di S. Martino prope litus maris di probabile produzione locale (S. Martino Prope litus maris 1996, fig. 32.2, p. 68). I vasi con l orlo a listello, legati alla forma Hayes 91, sono presenti in due varianti: la prima (Tav. 3.10) con il listello pendente sembra ricollegabile al sottotipo C e si confronta con vasi provenienti da Faenza datati, in base al contesto, tra la fine del V d.c. e la prima metà del VII d.c. (Montevecchi, Negrelli 1998, Tav. 51.4, p. 191). La seconda variante (Tav. 3.11), con il listello orizzontale e decorata da un motivo impresso sul fondo interno costituito da triangolini disposti a raggiera, è del tutto sovrapponibile alla variante D prodotta, nelle fabbriche africane, a partire dalla metà del VII d.c.; tra le attestazioni della forma si contano due esemplari completamente privi di tracce di vernice (Tav. 3.12) che mostrano affinità con vasi a listello trovati a Pesaro e datati tra V e VII d.c. (Ermeti 1998, Fig. 1.3, p. 612) È attesto un tipo di una coppa con l orlo verticale decorato, nella parte interna, da una suddipintura costituita da lunette racchiuse da linee orizzontali (Tav. 3.13). Il parallelo africano più simile è la forma Hayes 1 della produzione tripolitana, che copre un arco cronologico compreso tra la seconda metà del III d.c. e il V d.c. (Hayes 1972, Fig. 60.1, p. 305), ma si può notare una certa affinità anche con un esemplare, similmente decorato, prodotto a Classe e datato sulla base del contesto di rinvenimento, nella seconda metà del VI d.c. (Augenti et alii 2007, fig. 28, p. 274). Alle produzioni anforiche di area adriatica di VII-VIII d.c. (Auriemma, Quiri 2007, p. 48) è attribuibile un orlo (Tav. 2.6) accostabile alle anfore globulari simili alle precedenti Late Roman 2. Scodella con orlo a listello in terra sigillata tarda derivata dalla forma Hayes 91
Tavola 3 CERAMICA DI USO DOMESTICO Le forme più diffuse in ceramica comune depurata sono brocche e bacini; sono attestate brocche con l ansa tortile sia acrome (Tav. 4.1) che con tracce di verniciatura bruna, che potrebbero essere un imitazione di vasi prodotti nell area di Cartagine datati nella prima metà del VI d.c. (Fulford, Peacock 1984, Fig. 79.6, p. 205). Un secondo tipo di brocca (Tav. 4.2), di cui si conserva in profilo intero, mostra una decorazione costituita da suddipinture bianche associate ad ampie gocciolature di vetrina sulla parete esterna; al periodo bassomedievale si può riferire una brocca (Tav. 4.3), con ansa inglobata nell orlo e decorata da incisioni sulla superficie superiore, confrontabile con
esemplare di Rimini (Biondani 2005b, Fig. 161, n. 7, p. 256). I bacini, in gran parte con orlo a listello, sono attestati sia con listello orizzontale (Tav. 5.1-2) che con listello pendente. Un esemplare decorato da onde incise nella faccia superiore e da suddipinture brune si avvicina ai dalla Crypta Balbi, datati nel corso del VII d.c. (Ricci 1998, fig. 6, p. 363), così come l esemplare (Tav. 5.3) con orlo pendente e versatoio (Ricci 1998, fig. 5, nn. 7-12, p. 360). Un tipo diverso mostra il listello inclinato verso l interno (Tav. 5.4), simile a quello riscontrabile su alcuni bacini dell area abruzzese, databili tra il V e la metà del secolo successivo (Staffa, Odoardi 1996, fig. 11, 22, p. 179) Infine si segnala la presenza di un profondo bacino con orlo leggermente rientrante a sezione sub triangolare, con vernice di colore rosso-bruno (Tav. 5.5). Tra le ceramiche da fuoco vi è una buona quantità di olle tipo Classe, il cui repertorio mostra una certa variabilità nella forma dell orlo, che può essere a sezione quadrangolare (Tav. 6.1), scanalato all interno (Tav. 6.2) o arrotondato (Tav. 6.3-4). La decorazione incisa a onde che distingue questa produzione si ritrova anche su un coperchio con orlo a sezione quadrangolare (Tav. 6.5). Tra i tegami il tipo con orlo rientrante e vasca troncoconica è quello più diffuso (Tav. 6.6), ben documentato in tutta l area adriatica per tutta l età tardoantica (Negrelli 2007, fig. 11.2, p. 313). Tavola 4 Tavola 5 Tavola 6
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