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N 22/2013 10 Giugno 2013 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. E ONERE DEL DATORE DI LAVORO DIMOSTRARE L ADOZIONE DELLE CORRETTE MISURE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 10968 DEL 9 MAGGIO 2013. La Corte di Cassazione, sentenza n 10968 del 9 maggio 2013, ha statuito che, in caso di infortunio, grava sul datore di lavoro l onere di dimostrare di aver adottato le necessarie misure a tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Nel caso de quo, un lavoratore, neo-assunto e particolarmente inesperto, si infortunava alla mano destra mentre utilizzava una macchina scorniciatrice. I Giudici di merito, aditi dal dipendente, condannavano il datore di lavoro al risarcimento del danno. Inevitabile il ricorso in Cassazione. Orbene, gli Ermellini, nell avallare in toto il decisum di merito, hanno sottolineato come il datore di lavoro debba adottare tutte le cautele che la norma e il comune sapere suggeriscono. Tale obbligo è ancor più stringente nel caso in cui il 1

lavoratore sia inesperto e, pertanto, maggiormente esposto al rischio infortunistico. Inoltre, i Giudici di Piazza Cavour hanno (ri)affermato il principio in base al quale nel corso del procedimento giudiziario, inteso ad accertare le responsabilità dell evento traumatico, il dipendente è tenuto a dimostrare il solo nesso infortunio/lavoro, mentre grava sul datore di lavoro l onere di provare l adozione di tutte le misure di prevenzione e protezione richieste. Pertanto, atteso che nel caso di specie il titolare dell azienda non aveva dato prova delle cautele adottate, i Giudici del Palazzaccio hanno confermato la sua condanna al risarcimento del danno patito dal prestatore. L ILLEGITTIMITA DEL CONTRATTO DI FORNITURA DI LAVORO TEMPORANEO COMPORTA L INSTAURAZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO CON IL FRUITORE DELLA PRESTAZIONE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 11411 DEL 13 MAGGIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 11411 del 13 maggio 2013, ha affermato che, l illegittimità del contratto di lavoro interinale, ex legge n 196 del 1997, causa la conversione in rapporto a tempo indeterminato tra il lavoratore e l'impresa utilizzatrice, con decorrenza dal giorno dell assunzione. La vicenda in esame riguarda un lavoratore che aveva svolto le proprie prestazioni a favore di un impresa utilizzatrice di un contratto di fornitura di lavoro temporaneo, per una pluralità di periodi, ai sensi della legge n 196 del 1997 (c.d. Pacchetto Treu ), abrogata dal D.Lgs. n 276 del 2003 (c.d. Riforma Biagi ) che ha introdotto nuove misure di flessibilità, prevedendo, tra gli altri, il nuovo istituto della somministrazione di lavoro. Tribunale e Corte d'appello, accogliendo la domanda del lavoratore, avevano ritenuto che, la causale del contratto di fornitura de quo, indicata in casi previsti dal ccnl, fosse del tutto generica ed inidonea ad integrare i requisiti di specificità richiesti dalla Legge n 196 del 1997. Né tale inidoneità' poteva dirsi superata per il fatto che il contratto di lavoro temporaneo aggiungesse l'inciso punte di attività. Per tali motivi la Corte ha ritenuto, in conformità al Tribunale, che il rapporto si doveva considerare direttamente instaurato tra il lavoratore e l'impresa utilizzatrice, con decorrenza dal giorno dell'assunzione ed a tempo indeterminato, condannando la 2

società utilizzatrice a riammettere il lavoratore in servizio e a corrispondergli per il periodo pregresso le retribuzioni maturate dal giorno della messa in mora, detratto l'aliunde perceptum. Dello stesso avviso la Suprema Corte che ha rigettato il ricorso dell impresa utilizzatrice e confermato che la genericità della causale rende il contratto illegittimo, per violazione della Legge n 196 del 1997, art. 1, commi 1 e 2, che consente la stipulazione solo per alcune specifiche ipotesi ed esigenze che il contratto di fornitura non può quindi omettere di indicare, né può indicare in maniera generica e non esplicativa, limitandosi a riprodurre il contenuto della previsione normativa. Considerato che, i vizi del contratto commerciale di fornitura tra agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riflettono sul contratto di lavoro, l'effetto finale è la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato, tra l'utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo ed il lavoratore. I CANONI DI LOCAZIONE, ANCORCHE NON RISCOSSI, VANNO DICHIARATI DA PARTE DEL PROPRIETARIO DEL FABBRICATO FINO A QUANDO NON VENGA STATUITA LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PER MOROSITA. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 11158 DEL 10 MAGGIO 2013 La Corte di Cassazione Sezione Tributaria -, sentenza n 11158 del 10 maggio 2013, ha (ri)affermato che, il reddito imponibile derivante dalla locazione di immobili va sempre dichiarato ai fini IRPEF anche se i canoni non sono stati effettivamente riscossi, fino a quando non intervenga una sentenza di sfratto per morosità del conduttore. Nel caso in specie, l Agenzia delle Entrate aveva presentato ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Commissione Tributaria regionale che aveva provveduto ad annullare l accertamento derivante dal maggior reddito da fabbricati, in relazione all omessa denuncia, da parte del contribuente stesso, dei canoni di due contratti di locazione commerciale. Per i Giudici di Appello, l ammontare dei canoni di locazione non doveva essere dichiarato, in quanto i canoni stessi non erano stati percepiti, fermo restando l inadempimento del conduttore. 3

Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, uniformandosi a precedente giudicato della stessa Corte (cfr. Cass. n. 651/12), hanno ribadito che la mancata percezione dei canoni di locazione, per morosità del conduttore, non ne impedisce l assoggettamento ad imposta sui redditi fintantoché non sia intervenuta la risoluzione del contratto di locazione per morosità. In particolare, i Giudici nomofilattici hanno precisato che i canoni non corrisposti, fin quando il contratto di locazione è in essere, sono comunque rilevanti ai fini del computo della base imponibile qualora si discuta, come nel caso di specie, del reddito fondiario, il quale concorre alla formazione del reddito imponibile in correlazione con la mera titolarità del diritto reale sul bene immobile locato (cfr., ex plurimis, Cass. n. 19166/03 e Cass. n. 20764/06), diversamente dal caso dei contratti di locazione stipulati da persona non proprietaria, né titolare di diritti reali, dove si è invece di fronte a redditi diversi (ergo tassabili solo per cassa). Ciò a fronte di quanto stabilito dall articolo 26 del Tuir I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall'art. 33, per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso. I redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare. E LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INTIMATO PER MOTIVI DISCIPLINARI AL LAVORATORE CHE RIFIUTI DI PRENDERE SERVIZIO IN SEGUITO AL PROVVEDIMENTO DI TRASFERIMENTO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 11414 DEL 13 MAGGIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 11414 del 13 maggio 2013, ha confermato la sanzione del licenziamento per motivi disciplinari al lavoratore che rifiuti di prendere servizio, in seguito al provvedimento aziendale di trasferimento presso altra sede. 4

Nella rocambolesca vicenda, un lavoratore, ispettore liquidatore di una società assicuratrice, dopo un licenziamento annullato in sede giudiziale, veniva reintegrato e invitato a riprendere servizio presso una diversa sede aziendale. La disposizione restava inottemperata, in quanto il lavoratore si presentava alla data fissata presso la sua sede abituale. Seguiva una nuova contestazione e un secondo licenziamento, del pari annullato in sede giudiziale. Per l'esecuzione dell'ordine di reintegra, questa volta, la società invitava il lavoratore a riprendere servizio e comunicava, contestualmente, il suo trasferimento per incompatibilità ambientale presso diversa sede. Il lavoratore non eseguiva la disposizione di servizio e la società, contestando l'insubordinazione, ne faceva seguire il terzo licenziamento. Il Tribunale di Milano e la Corte d Appello, dichiaravano legittimi entrambi i provvedimenti aziendali osservando che, dall'istruttoria espletata, era risultata confermata una situazione di incompatibilità ambientale, dovuta ad una situazione di conflittualità tra il ricorrente e il suo superiore gerarchico. La Suprema Corte, adita dal lavoratore soccombente, ha rigettato il ricorso ed avvalorato il decisum dei primi gradi del giudizio ritenendo che, stante la legittimità del trasferimento, era ingiustificato il rifiuto opposto dal lavoratore, che integrava gli estremi dell'insubordinazione; la condotta, tenuto pure conto del diverso contesto fattuale rispetto ai casi precedenti, rivelava un atteggiamento psicologico di pervicace opposizione ("ostinato rifiuto") alle direttive aziendali. La conferma indiretta di tale atteggiamento poteva trarsi dalla considerazione che, ben avrebbe potuto il ricorrente impugnare il trasferimento dopo aver preso possesso del nuovo ufficio, fruendo nel frattempo, altresì, dell'indennità di missione per quattro mesi. IL NUOVO REDDITOMETRO E APPLICABILE ANCHE ALLE DICHIARAZIONI DEI REDDITI RELATIVE AGLI ANNI ANTECEDENTI L ENTRATA IN VIGORE DELLO STRUMENTO ACCERTATIVO DE QUO. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 13776 DEL 31 MAGGIO 2013 La Corte di Cassazione Sezione Tributaria -, sentenza n 13776 del 31 maggio 2013, ha statuito la legittimità dell applicazione del c.d. redditometro anche ai 5

redditi prodotti e dichiarati in epoca anteriore all entrata in vigore dello strumento accertativo. Il fatto Un contribuente riceveva avviso di accertamento per il recupero delle maggiori imposte IRPEF e ILOR, a seguito di rettifica del reddito dichiarato dallo stesso, in applicazione del c.d. redditometro. La CTP accoglieva il ricorso del contribuente e la CTR confermava la decisione, affermando che il nuovo strumento di determinazione dei redditi non poteva essere applicato retroattivamente ovvero, come nel caso di specie, ad una dichiarazione dei redditi anteriore alla sua introduzione nel nostro ordinamento. L Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione. Orbene, i Giudici del Palazzaccio, nell accogliere il gravame dell Agenzia delle Entrate, hanno ribadito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, e con riguardo alla rettifica, con metodo sintetico, del reddito complessivo delle persone fisiche, è legittima l applicazione degli indici e coefficienti presuntivi di reddito (c.d. redditometro) ai redditi maturati in epoca anteriore alla entrata in vigore dei decreti ministeriali di approvazione, attesa la natura esclusivamente procedimentale degli strumenti normativi secondari, la cui emanazione è prevista dall articolo 38, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, a fini esclusivamente accertativi e probatori. Sicché di essi è escluso ogni carattere sostanziale, non contenendo alcuna norma per la determinazione del reddito (cfr. ex plurimis Cass. Sentenze n. 15045/2000, n. 11611/2001 e 6032/2002). In riferimento all articolo 38 suddetto, gli Ermellini hanno anche rilevato che l'amministrazione può legittimamente procedere, con metodo sintetico, alla rettifica della dichiarazione dei redditi quando, da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (es. autovetture, possidenze immobiliari, incrementi patrimoniali, etc.), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l'imponibile complessivo. In tal caso, incombe sul contribuente l'onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate (cfr. Cass. n.10385/2009). 6

Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA ED ISTITUZIONALE DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI, GIUSEPPE CAPPIELLO E PIETRO DI NONO. 7