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N 09/2013 4 Marzo 2013 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa nuova iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, ma pur sempre collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. APPROVATO IL MODELLO PER COMUNICARE L INDIRIZZO TELEMATICO PRESSO IL QUALE RICEVERE I DATI DI CUI AL MODELLO 730-4. AGENZIA DELLE ENTRATE PROVVEDIMENTO N. 23840 DEL 22 FEBBRAIO 2013 L Agenzia delle Entrate, provvedimento protocollo n 23840 pubblicato il 22 febbraio 2013, ha approvato il modello, con le relative istruzioni e specifiche tecniche, che i sostituti d'imposta devono inviare entro il 31 marzo 2013 per comunicare l indirizzo telematico presso il quale ricevere i dati relativi ai mod. 730-4 resi disponibili dall'amministrazione finanziaria. Dallo scorso anno, infatti il flusso telematico dei modelli 730-4 riguarda tutti i sostituti d'imposta, in quanto si è conclusa la fase sperimentale avviata nel 2008. Si precisa che i sostituti, che a partire dall'anno 2011 hanno già ricevuto i mod. 730-4 in via telematica dall'agenzia, non devono inviare la comunicazione qualora i dati non abbiano subito variazioni. 1

Il modello di Comunicazione in questione è reso disponibile gratuitamente dall Agenzia delle entrate in formato elettronico sul proprio sito. LA SENTENZA DEL GIUDICE DI PACE, PRONUNCIATA SECONDO EQUITA, AVENTE PER OGGETTO LE TARIFFE PROFESSIONALI DEGLI AVVOCATI NON E APPELLABILE IN CASSAZIONE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 1855 DEL 28 GENNAIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 1855 del 28 gennaio 2013, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di pace pronunciata secondo equità, ex art. 113 del codice di procedura civile, per asserita violazione delle tariffe professionali degli onorari degli avvocati. Come noto, l art. 339, comma 3, c.p.c. prevede che le sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità a norma dell articolo 113, secondo comma, sono appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia. Orbene, in ossequio al dettame normativo di cui sopra, gli Ermellini con la sentenza de qua hanno avuto modo di ribadire che le norme processuali con le quali sono fissati gli onorari di avvocato e di procuratore non sono includibili tra le norme processuali al cui rispetto è tenuto il giudice di pace, dovendosi inoltre considerare che sarebbe incongruo ritenere che il giudice di pace debba decidere secondo equità la controversia giudiziale e non possa poi regolarsi secondo equità anche nella quantificazione delle spese processuali relative allo stesso processo". IN POLITICA E LEGITTIMA LA CRITICA, SEPPUR ASPRA, A CONDIZIONE CHE NON SCONFINI NELLA SFERA PRIVATA DELL OFFESO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 7424 DEL 14 FEBBRAIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 7424 del 14 febbraio 2013, ha statuito che l utilizzo di espressioni forti nei confronti di chi ricopre incarichi politici non costituisce reato. 2

Nel caso de quo, un sindaco ed un consigliere comunale venivano condannati per aver proferito a mezzo stampa, nei confronti di un consigliere regionale, frasi del tipo dilettanti allo sbaraglio, giocolieri della politica, turista della politica. La Corte di Appello ribaltava il deliberato di I grado assolvendoli dall accusa. Il Procuratore generale ricorreva in Cassazione. Orbene gli Ermellini, nell avallare in toto il decisum della Corte territoriale, hanno sottolineato come il linguaggio, seppur colorito, possa trovare pieno utilizzo in politica purché non sconfini nella sfera privata del politico né tantomeno ne leda il decoro, l onore o la reputazione. Pertanto, atteso che nel caso di specie la critica, seppur aspra, si era limitata ad una contestazione politica, è stata confermata l assoluzione del sindaco e del consigliere comunale convenuti in giudizio. E ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO INTIMATO AL LAVORATORE CHE PATTEGGIA LA PENA SE IL DATORE NON PROVA IL VENIR MENO DEL RAPPORTO FIDUCIARIO. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 3912 DEL 18 FEBBRAIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 3912 del 18 Febbraio 2013, ha dichiarato illegittimo il licenziamento comminato ad un lavoratore che aveva patteggiato la propria pena conseguente ad un reato di aggressione. Il provvedimento espulsivo adottato, difatti, non era sorretto dalla prova della effettiva lesione del rapporto fiduciario. Nel caso de quo, la Corte d appello di Messina, confermando la sentenza del Tribunale della stessa città, aveva respinto l appello proposto da Poste italiane Spa, confermando la illegittimità del licenziamento comminato al proprio dipendente addetto alla guida del furgone postale, che aveva patteggiato la pena relativa al reato di aggressione, avvenuta durante lo svolgimento dell attività lavorativa, di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate. La sentenza di patteggiamento, a parere dei giudici del merito, non può, ai fini del procedimento disciplinare, essere assimilata ad una sentenza di condanna ed esplicare quindi le medesime conseguenze ai fini dell adozione del provvedimento espulsivo. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società soccombente, sottolineando che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini del 3

licenziamento disciplinare, la sentenza di patteggiamento è pienamente equiparata ad una sentenza di condanna, anche quando il contratto collettivo le attribuisca una generica rilevanza in relazione alla sua incidenza sul vincolo fiduciario. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto, ha anzitutto premesso che, sebbene il patteggiamento, ex art. 444 c.p.p., non è tecnicamente configurabile come una sentenza di condanna, comunemente è spesso equiparato a quest ultima in quanto, in tal caso, l imputato non nega la propria responsabilità ma fa venir meno l onere della prova nei confronti dell accusa in cambio di una riduzione della pena. Tuttavia, hanno proseguito gli Ermellini, tale equiparazione non esonera il datore di lavoro, dall ulteriore indagine della idoneità dei fatti a ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia con il lavoratore. Ciò in particolare, allorquando, il licenziamento sia intimato con riguardo ad una previsione collettiva che condizioni l irrogazione della sanzione espulsiva alla circostanza che i fatti costituenti reato, in relazione alla loro gravità, possano assumere rilievo ai fini della lesione del rapporto fiduciario, a tal punto da far ritenere il lavoratore, professionalmente inidoneo alla prosecuzione del rapporto. E INDISPENSABILE L AUTORIZZAZIONE DEL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PER ACCEDERE IN LOCALI ADIBITI SIA AD ABITAZIONE CHE ALLO SVOLGIMENTO DELL ATTIVITA IMPRENDITORIALE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 4140 DEL 20 FEBBRAIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 4140 del 20 Febbraio 2013, ha confermato che i dipendenti degli uffici dell amministrazione finanziaria, per accedere in locali adibiti ad uso promiscuo, sia allo svolgimento dell attività imprenditoriale che ad abitazione, devono necessariamente munirsi dell autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Nel caso in specie, l'agenzia delle Entrate di Bari aveva proceduto alla rettifica della dichiarazione Iva annuale di una società, sulla scorta del p.v. di constatazione della polizia tributaria che aveva, a sua volta, contestato al contribuente un'indebita detrazione di imposta relativa alla registrazione di fatture di acquisto per operazioni inesistenti. 4

La società aveva proposto ricorso, con esito favorevole, alla commissione tributaria provinciale di Bari. La relativa sentenza fu confermata in appello dalla commissione regionale delle Puglie, sulla preliminare e assorbente considerazione che l'accesso nei locali dell'impresa, utilizzati dall impresa ad uso promiscuo, non era stato autorizzato dal procuratore della Repubblica. Donde, sia l'accesso che gli atti consequenziali erano da ritenersi invalidi e insuscettibili di produrre effetti. Ebbene, l Agenzia delle Entrate, soccombente nei primi gradi del giudizio, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che la motivazione addotta in sentenza non consentisse di intendere con esattezza l effettivo tenore dell espressione "uso promiscuo"; in particolare se, con tale locuzione, i giudici di prime cure avessero inteso riferirsi all'uso, tanto commerciale-industriale, quanto abitativo, degli stessi locali, ovvero alla semplice contiguità, e possibilità di accesso, tra i locali adibiti a opificio e i locali adibiti ad abitazione. Orbene, la Suprema Corte è intervenuta sulla questione rigettando il ricorso proposto e affermando che l uso promiscuo va considerato anche allorquando - come nel caso in specie - il luogo dove viene svolta l attività imprenditoriale ha porte comunicanti con l abitazione del contribuente. Nella fattispecie infatti, l abitazione e la sede dell attività imprenditoriale si trovavano in uffici distinti ma comunicanti, con porte che consentivano il passaggio diretto da un edificio all altro, come risultava, tra l altro, dagli atti catastali. In simile eventualità, l'autorizzazione all'accesso da parte del procuratore della Repubblica è una condicio sine qua non per la legittimità dell'atto che, in difetto, deve ritenersi nullo per il principio di inutilizzabilità della prova irregolarmente acquisita. LA COMPETENZA FISCALE DEI COSTI E DEI RICAVI E ASSOLUTAMENTE INDEROGABILE, ANCHE SE NON CREA DANNO ERARIALE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 1648 DEL 24 GENNAIO 2013 La Corte di Cassazione, sentenza n 1648 del 24 gennaio 2013, ha (ri)affermato che il principio della competenza economica è inderogabile per cui risulta del tutto legittimo l accertamento tributario dell ufficio nel caso in cui il contribuente 5

abbia dedotto costi in esercizi diversi da quelli di competenza economica, nonostante non vi sia stato alcun danno erariale. Nel caso in esame, l Agenzia delle Entrate presentava ricorso per Cassazione avverso la pronuncia della Ctr con la quale era stato annullato un avviso d accertamento avente come oggetto la rettifica della dichiarazione dei redditi del contribuente per costi ritenuti non imputabili correttamente secondo il principio di competenza. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza de qua, in base a consolidata giurisprudenza in materia (ex plurimis Cassazione, sentenze n. 3418/2010 e n. 6331/2008), hanno affermato che l imputazione di un determinato costo ad un esercizio anziché ad un altro, comportando un alterazione di fatto dei risultati della dichiarazione, deve ritenersi rigorosamente preclusa in tema di reddito d impresa, così come statuito in maniera chiara e precisa dall art.109 T.U.I.R. (all epoca dei fatti art. 75): i ricavi le spese e gli altri componenti positivi e negativi per i quali le precedenti norme del presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell esercizio di competenza. I giudici nomofilattici hanno puntualizzato che il contribuente non può essere lasciato libero nella scelta del periodo in cui registrare costi e ricavi, in base ad una propria convenienza fiscale. Per cui le regole sull imputazione temporale dei componenti di reddito sono inderogabili, sia per il contribuente che per l ufficio finanziario e, pertanto, il recupero a tassazione di ricavi nell esercizio di competenza non può trovare ostacolo nella circostanza che essi siano stati dichiarati in un diverso esercizio: ciò infatti finirebbe per lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile (cfr. Cass. 15 novembre 2000 n. 14774). Né una siffatta conclusione contrasterebbe con il principio del divieto della doppia imposizione fiscale sancito dall art. 163 T.U.I.R., non essendo preclusa per il contribuente la facoltà di presentare istanza di rimborso per la maggior imposta indebitamente corrisposta causa la mancata esposizione nell'annualità di competenza dei costi negati in relazione a diversa imputazione temporale. 6

Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! HA REDATTO QUESTO NUMERO LA COMMISSIONE COMUNICAZIONE SCIENTIFICA ED ISTITUZIONALE DEL CPO DI NAPOLI COMPOSTA DA FRANCESCO CAPACCIO, PASQUALE ASSISI, GIUSEPPE CAPPIELLO E PIETRO DI NONO. 7