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REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 20 742 / Udienza pubblic in data 16/9/2015 OGGETTO Azione di inefficacia ex art. 44 legge fall. R.G. N.14165/2009 cron.20 1- )3 dott. Aldo Ceccherini dott. Aniello Nappi dott. Rosa Maria Di Virgilio dott. Massimo Ferro dott. Loredana Nazzicone Presidente i/.aw -wi ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da SENTENZA Poste italiane s.p.a., rappresentata e difesa dagli 'avv. Marco Mele e Paola Pistilli, domiciliata in Roma, viale Europa 175, come da mandato a margine del ricorso CD-4Q&0 - ricorrente - Contro Fallimento di Giovanni De Angelis, domiciliato in Roma corso d'italia 19, presso l'avv. Alberto Costantini, che lo rappresenta e difende come da mandato a margine del controricorso C.V.'.02AGL6 A Sg 4

2 - controricorrente - avverso la sentenza n. 1691/2008 della Corte d'appello di Roma, depositata il 21 aprile 2008 Sentita la relazione svolta dal dott. Aniello Nappi uditi i difensori, avv. Pistilli per la ricorrente, avv. Lari, delegato per il resistente Udite le conclusioni del P.M., dr. Anna Maria Soldi, che ha chiesto il rigetto del ricorso Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Roma ribadì_ la dichiarazione di inopponibilità al fallimento di Giovanni De Angelis, dichiarato il 3 novembre 1982, delle operazioni compiute dal fallito sul conto corrente postale aperto il 26 gennaio 1995, con la conseguente condanna di Poste italiane s.p.a. al pagamento della somma di e. 54.368, 27 oltre interessi in favore dell'amministrazione fallimentare. I giudici del merito rigettarono l'eccezione di prescrizione triennale, proposta dalla società convenuta a norma dell'art. 20 d.p.r. 156 del 1973, ritenendo che la norma si riferisca solo ai diritti derivanti dai contratti di conto corrente, mentre

3 l'art. 24 dello stesso decreto riconosce la prevalenza della disciplina dettata dalla legge fallimentare. Contro la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione la Poste italiane s.p.a. sulla base di tre motivi d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso il Fallimento di Giovanni De Angelis. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli art.. 20 d.p.r. n. 156 del 1973 e 44 legge fall., lamentando che erroneamente i giudici del merito abbiano ritenuto applicabile la prescrizione breve, prevista dal codice postale, solo ai diritti derivanti dal rapporto di conto corrente. Sostiene che il termine di prescrizione si riferisce a tutte le azioni per i servizi di bancoposta da chiunque proposte contro Poste italiane s.p.a. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 24 d.p.r. 156 del 1973, lamentando che i giudici del merito abbiano ritenuto prevalenti le disposizioni della legge fallimentare rispetto a tutte le disposizioni del codice postale, anziché solo a quelle concer-

4 nenti il sequestro, il pignoramento o l'opposizione di oggetti e somme affidati a Poste italiane s.p.a. e di pertinenza di soggetti falliti. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli art. 20 e 24 d.p.r. 156 del 1973, sostenendo che, in mancanza di un termine di prescrizione specifico per l'azione proposta a norma dell'art. 44 legge fall., debba trovare applicazione quello previsto dal codice postale. 2. Il ricorso è infondato. Come risulta dallo stesso art. 20 d.p.r. n. 156 del 1973, il termine triennale di prescrizione previsto dal codice postale è applicabile solo all'azione giudiziaria contro l'amministrazione per i servizi di bancoposta. Secondo la giurisprudenza di questa corte, d'altro canto, «l'azione promossa dal curatore, ai sensi dell'art. 44, secondo comma, legge fall., volta ad ottenere la dichiarazione d'inefficacia del pagamento effettuato in favore del fallito dopo la dichiarazione del fallimento, ha natura del tutto autonoma rispetto all'azione causale che ha determinato il predetto pagamento»; sicché «la prescrizione dell'azione fallimentare non può essere soggetta

5 alla prescrizione del rapporto causale» (Cass., sez. I, 14 ottobre 2010, n. 21246, m. 615006). Contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, dunque, non rileva a quale titolo la ricorrente detenga le somme controverse, bensì l'inopponibilità al fallimento delle operazioni di cui quella detenzione è conseguenza. Tanto si desume anche dall'art. 24 d.p.r. 156 del 1973, che, esclusa l'assoggettabilità a sequestro o pignoramento degli oggetti e delle somme affidate all'amministrazione delle poste, prevede per i falliti l'applicazione delle disposizioni sulla disciplina del fallimento. Sicché il regime di pignorabilità dei beni e delle somme di pertinenza dei falliti è quello previsto dalla legge fallimentare. E secondo la giurisprudenza di questa corte, «l'inefficacia che colpisce gli atti posti in essere dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento si distingue da quella accertabile con l'azione revocatoria, perché trova giustificazione non tanto nel "pregiudizio" sofferto dai creditori, quanto nella perdita, coeva al fallimento, del diritto di disporre, da parte del debitore»; sicché la relativa azione non è «soggetta a prescrizione, essendo diretta a far dichiarare una nullità che si

6 verifica di pieno diritto nei confronti del falli- mento e dei creditori» (Cass., sez. I, 13 ottobre e 1970, n. 1979, m. 348027, Cass., sez. III, 30 marzo 2005, n. 6737, m. 580787). Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi C. 8.200, di cui e. 8.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge. Roma, 16 settembre 2015