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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 25 GIUGNO 2013

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 3 GIUGNO 2013

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 3 MAGGIO 2013.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 1 DICEMBRE 2010

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LA LAVORATRICE MADRE HA DIRITTO A RIENTRARE AL LAVORO NELLA MEDESIMA UNITA PRODUTTIVA OVE ERA OCCUPATA PRIMA DELL ASTENSIONE PER MATERNITA.

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L INPS RENDE NOTI, PER L ANNO 2013, I MINIMALI ED I MASSIMALI DI CONTRIBUZIONE.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 4 SETTEMBRE 2013

IL DIPENDENTE PUBBLICO NON HA DIRITTO ALL INDENNITA PER INABILITA TEMPORANEA ASSOLUTA EROGATA DALL INAIL IN CASO DI INFORTUNIO SUL LAVORO.

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 9 OTTOBRE 2013

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 20 SETTEMBRE 2016

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 19 LUGLIO 2013

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 4 LUGLIO 2013

LA LEGITTIMITA DEL PROVVEDIMENTO DI DESTITUZIONE DAL PUBBLICO IMPIEGO VA VALUTATA IN BASE AL PRINCIPIO DEL TEMPUS REGIT ACTUM

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AGENZIA DELLE ENTRATE - RISOLUZIONE N. 80/E DEL 24 LUGLIO 2012

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N DEL 24 APRILE 2013.

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 25 SETTEMBRE 2013

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 2 OTTOBRE 2013

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 27 OTTOBRE 2016

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MINISTERO DEGLI INTERNI CIRCOLARE N DEL 13 MAGGIO 2011.

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DAL 1 GIUGNO 2013 I DATORI DI LAVORO, FINO A 10 DIPENDENTI, DOVRANNO EFFETTUARE LA VALUTAZIONE DEI RISCHI SECONDO I NUOVI STANDARD.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 7 OTTOBRE 2016

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 6 SETTEMBRE 2016

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 16 SETTEMBRE 2016

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ARTICOLO 23 DEL D.L. 5/2012 CONVERTITO DALLA LEGGE 35 DEL 4 APRILE 2012

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LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA DEL DIPENDENTE CHE VIOLA I DOVERI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE NEI COMPORTAMENTI EXTRALAVORATIVI.

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Oggi parliamo di. INPS MESSAGGIO N DEL 17 DICEMBRE 2012

CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N DEL 12 SETTEMBRE 2012

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Oggi parliamo di. N 36/2012 COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI AGOSTO 2012

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 12 LUGLIO 2012

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LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE ATTUATO A SEGUITO DI UNA RIORGANIZZAZIONE AZIENDALE.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 22 MARZO 2013.

Giustizia & Sentenze Il commento alle principali sentenze

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 1 LUGLIO 2013

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 11 MAGGIO 2011.

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Oggi parliamo di. MINISTERO DEL LAVORO NOTA PROTOCOLLO N. 5509/2012 N 20/2012

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 25 GENNAIO 2012.

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Transcript:

ovvero. Agenda un po insolita per appunti.. mica tanto frettolosi con il gradito contributo del Centro Studi O. Baroncelli N 24/2014 Napoli 30 Giugno 2014 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. ESCLUSA LA RESPONSABILITA DEL DATORE DI LAVORO SE L INFORTUNIO E CAUSATO ESCLUSIVAMENTE DAL COMPORTAMENTO DEL TUTTO ABNORME DEL DIPENDENTE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 12046 DEL 29 MAGGIO 2014 La Corte di Cassazione, sentenza n 12046 del 29 maggio 2014, ha statuito che il datore di lavoro non è responsabile per l'infortunio occorso al proprio lavoratore se lo stesso è ascrivibile esclusivamente ad un comportamento del tutto abnorme del prestatore. Nel caso de quo, un dipendente, nel mentre era intento a scaricare dei materiali con un carro gru, restava mortalmente ferito per la caduta di un palo a causa dell'errato ancoraggio del mezzo pesante. Gli eredi del de cuius adivano la Magistratura. Soccombente in I grado il datore di lavoro riusciva a ribaltare il verdetto in appello. Orbene, gli Ermellini, aditi in ultima battuta per dirimere i contrasti di merito, hanno sottolineato che la responsabilità del datore di lavoro è da escludersi laddove la causa dell'infortunio sia ascrivibile, 1

esclusivamente, ad un comportamento del tutto abnorme posto in essere dal dipendente. Pertanto, atteso che nel caso in commento il gravissimo incidente sul lavoro era stato causato solo ed esclusivamente dal comportamento del lavoratore del tutto estraneo alla normalità dell'attività lavorativa, i Giudici di legittimità hanno escluso la responsabilità del datore di lavoro. IN PRESENZA DI UNA CLAUSOLA DI STABILITA O DI DURATA MINIMA GARANTITA, IL RAPPORTO PUO ESSERE RISOLTO SOLO PER GIUSTA CAUSA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 13335 DEL 12 GIUGNO 2014 La Corte di Cassazione, sentenza n 13335 del 12 giugno 2014, ha statuito che in presenza di una clausola di stabilità contrattuale che abbia lo scopo di soddisfare l'interesse del datore di lavoro ad assicurarsi la collaborazione del dipendente, l unico limite non può che essere identificato nella sussistenza di una giusta causa di recesso. Nella fattispecie in esame, la Corte d'appello di Milano aveva ritenuto non assistito da giusta causa il licenziamento intimato ad un dirigente apicale che aveva ripetutamente agito al di fuori dei poteri conferitigli e senza darne informazione al Consiglio di amministrazione della società. Il rapporto di lavoro era assistito dalla presenza di una clausola di stabilità contrattuale avente lo scopo di soddisfare l'interesse del datore ad assicurarsi la collaborazione del dipendente e di garantire a quest'ultimo la continuità della prestazione lavorativa. Ebbene, la società datrice di lavoro ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza ed ha sostenuto che tale patto non può operare, laddove il recesso sia legittimato, come nella fattispecie, da fatti sicuramente imputabili al dirigente, a prescindere dalla circostanza che si tratti o meno di giusta causa. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto ha preliminarmente chiarito l esatta portata della clausola di stabilità che, escludendo indistintamente per la durata di trentasei mesi la possibilità per la società di recedere unilateralmente dal rapporto di lavoro, ha come scopo quello di 2

compiere l'interesse della datrice di lavoro ad assicurarsi l attività del dirigente. Orbene, il limite a tale rinuncia non può che essere identificato nella sussistenza di una giusta causa di recesso, cioè di una ragione che comporti il venir meno del vincolo fiduciario e non per qualsiasi ipotesi di mancanza di fatto attribuibile al dipendente. AL FINE DI QUALIFICARE CORRETTAMENTE UN RAPPORTO DI LAVORO DEVONO ESSERE CONSIDERATI TUTTI GLI ELEMENTI UTILI NON POTENDOSI EFFETTUARE UN ANALISI PARZIALE LIMITATA SOLO AD ALCUNI INDICI DISTINTIVI. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 9196 DEL 23 APRILE 2014 La Corte di Cassazione, sentenza n 9196 del 23 aprile 2014, ha statuito che, affinché possa essere effettuata una corretta qualificazione del rapporto di lavoro, è necessario prendere in considerazione tutte le modalità di impiego del prestatore evitando di soffermarsi su un unico elemento caratterizzante. Nel caso in commento, l'inps, a seguito di un accertamento ispettivo, riconduceva un rapporto di lavoro autonomo nell'alveo del lavoro subordinato. Soccombente in entrambi i gradi di merito, il datore di lavoro ricorreva in Cassazione. Orbene, i Giudici dell'organo di nomofilachia, nell'avallare in toto il decisum di prime cure, hanno sottolineato che l'attività di (ri)qualificazione del rapporto di lavoro deve tenere, nella debita considerazione, tutte le modalità con le quali l'attività lavorativa si estrinseca non potendosi ritenere sufficiente una determinazione che si soffermi solo su alcuni indicatori. Pertanto, atteso che nel caso in disamina l'unico elemento fornito dal datore di lavoro ricorrente era la mancanza di superiori gerarchici, nel mentre emergevano ulteriori indici inequivocabili (quali l'orario di lavoro predeterminato, l'assenza del rischio d'impresa, l'infungibilità, la continuità e l'omogeneità del compenso), i Giudici di Piazza Cavour hanno confermato la legittimità dell'operato degli ispettori dell'istituto di previdenza e 3

la conseguente riconduzione del rapporto lavorativo nell'alveo del lavoro subordinato. L ACQUISTO DI UNO SPAZIO PUBBLICITARIO SU UN AUTOVETTURA DA CORSA RIENTRA TRA LE SPESE DI RAPPRESENTANZA. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 14252 DEL 23 GIUGNO 2014 La Corte di Cassazione - Sezione Tributaria -, sentenza n 14252 del 23 giugno 2014, ha statuito che costituisce spesa di rappresentanza e non spesa di pubblicità l acquisto di uno spazio pubblicitario su un autovettura da corsa. IL FATTO A carico di un impresa individuale, l Agenzia delle Entrate provvedeva ad emettere avviso d accertamento con il quale recuperava a tassazione parte della spesa sostenuta dall impresa per l acquisto di uno spazio pubblicitario su un auto da corsa partecipante al campionato italiano GT, marca Maserati, ritenendo che l onere andasse qualificato come spesa di rappresentanza, non come spese pubblicitarie. L azienda ricorreva alla giustizia tributaria risultando, però, soccombente; in particolare, il Giudice d Appello (id: la C.t.r.) confermava l operato dell Amministrazione finanziaria, affermando che si trattava di spesa di rappresentanza in quanto spesa sostenuta per accrescere il prestigio della ditta, piuttosto che per incrementare le vendite, in considerazione della dimensione e localizzazione della dicitura non visibile per il pubblico presente alla manifestazione. Da qui il ricorso per Cassazione. Orbene, i Giudici del Palazzaccio nel condividere in pieno il giudicato del Giudice d Appello, con la sentenza de qua, hanno evidenziato come per giurisprudenza costante, ai sensi dell art. 108 TUIR vigente (ex. art. 74 2 c.), costituiscono spese di rappresentanza quelle sostenute per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l immagine dell azienda e a potenziarne la possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle sostenute per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non 4

esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi o, comunque, dell attività svolta (cfr. Cassazione n. 3433/2012). Per quanto sopra, i Giudici nomofilattici hanno rilevato che il criterio discretivo va pertanto individuato nella diversità, anche strategica, si legge nell ordinanza - degli obiettivi che, per le spese di rappresentanza, può farsi coincidere con la crescita d immagine e il maggior prestigio nonché con il potenziamento della possibilità di sviluppo della società; laddove, per le spese di pubblicità o propaganda, di regola, consiste in una diretta finalità promozionale e di incremento commerciale, normalmente, concernente la produzione realizzata in un determinato contesto. Sulla base dei suddetti principi, hanno concluso gli Ermellini, la spesa sostenuta per l acquisto dello spazio pubblicitario deve essere qualificata quale spesa di rappresentanza, per cui la sentenza gravata non presenta alcun profilo di illegittimità e il ricorso è stato rigettato. LA CARTELLA DI PAGAMENTO DEVE ESSERE MOTIVATA QUALORA COSTITUISCA IL PRIMO ED UNICO ATTO CON IL QUALE L ERARIO ESERCITA LA PRETESA TRIBUTARIA. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - SENTENZA N. 8934 DEL 17 APRILE 2014 La Corte di Cassazione Sezione Tributaria -, sentenza n 8934 del 17 aprile 2014, ha statuito il principio che la cartella esattoriale, quando non è stata preceduta da un atto prodromico, deve sempre essere motivata in modo che il contribuente conosca specificamente le ragioni del recupero e le possa tempestivamente impugnare dinanzi alla giustizia tributaria. IL FATTO Ad un contribuente veniva notificata una cartella esattoriale, emessa in seguito a controllo automatizzato, di cui all'articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/73, senza aver preventivamente ricevuto, come previsto, il relativo avviso bonario che, per grandi linee, esponesse le motivazioni del provvedimento. Il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla giustizia tributaria risultando vincitore in entrambi i gradi di giudizio di merito. 5

In particolare la C.t.r. affermava che la cartella esattoriale, quando non preceduta da un autonomo avviso di accertamento, non costituisce atto di riscossione, bensì un accertamento del debito di imposta, di conseguenza deve contenere anche una sufficiente motivazione circa la ragione della pretesa tributaria. Contro la decisione della C.t.r., l'agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, conformandosi a precedenti orientamenti giurisprudenziali in materia (cfr. Cass. n. 26330/2009), con la sentenza de qua, hanno confermato in toto la decisione dei Giudici d Appello, chiarendo che, qualora la cartella costituisca il primo atto portato a conoscenza del contribuente, essa debba essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intelligibile e ciò in ottemperanza dei principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall art. 3 della legge n. 241 del 1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall art. 7 della legge n. 212/2000. La sussistenza dei suddetti principi, hanno puntualizzato i Giudici nomofilattici, era particolarmente richiesta nel caso in specie, avente ad oggetto una pretesa tributaria in materia di credito di imposta, che di per sé avrebbe obbligato l'ufficio fiscale a precisare, in un eventuale avviso bonario, se le somme dovute derivassero dall'erronea contabilizzazione ovvero dall'inesistenza dei presupposti per la spettanza, cosa non avvenuta per mancata notifica preventiva al contribuente del suddetto avviso. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. 6

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo. 7