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LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE ATTUATO A SEGUITO DI UNA RIORGANIZZAZIONE AZIENDALE.

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VALIDITA DEL RUOLO ANCHE IN PRESENZA DI OMESSO INVITO DELL AMMINISTRAZIONE AL CONTRIBUENTE DI FORNIRE CHIARIMENTI.

IL DIPENDENTE PUBBLICO NON HA DIRITTO ALL INDENNITA PER INABILITA TEMPORANEA ASSOLUTA EROGATA DALL INAIL IN CASO DI INFORTUNIO SUL LAVORO.

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 7 OTTOBRE 2016

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 20 SETTEMBRE 2016

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 3 GIUGNO 2013

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 6 SETTEMBRE 2016

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 25 GIUGNO 2013

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 27 OTTOBRE 2016

MINISTERO DEGLI INTERNI CIRCOLARE N DEL 13 MAGGIO 2011.

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 2 OTTOBRE 2013

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L INPS RENDE NOTI, PER L ANNO 2013, I MINIMALI ED I MASSIMALI DI CONTRIBUZIONE.

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 3 MAGGIO 2013.

LA LAVORATRICE MADRE HA DIRITTO A RIENTRARE AL LAVORO NELLA MEDESIMA UNITA PRODUTTIVA OVE ERA OCCUPATA PRIMA DELL ASTENSIONE PER MATERNITA.

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LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA DEL DIPENDENTE CHE VIOLA I DOVERI DI CORRETTEZZA E BUONA FEDE NEI COMPORTAMENTI EXTRALAVORATIVI.

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LA LEGITTIMITA DEL PROVVEDIMENTO DI DESTITUZIONE DAL PUBBLICO IMPIEGO VA VALUTATA IN BASE AL PRINCIPIO DEL TEMPUS REGIT ACTUM

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IL REGIME DI RESPONSABILITA' SOLIDALE PREVISTO DALLA RIFORMA BIAGI E' APPLICABILE ANCHE AI COMMITTENTI DI SERVIZI PUBBLICI.

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 13 GIUGNO 2012

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ovvero. Agenda un po insolita per appunti.. mica tanto frettolosi con il gradito contributo del Centro Studi O. Baroncelli N 1/2016 Napoli 11 Gennaio 2016 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO MOTIVATO ESCLUSIVAMENTE DALLA VOLONTA' DI INCREMENTARE I PROFITTI AZIENDALI. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 23620 DEL 18 NOVEMBRE 2015 La Corte di Cassazione, sentenza n 23620 del 18 novembre 2015, ha statuito la legittimità del licenziamento irrogato nell'ambito di una riorganizzazione aziendale motivata dalla necessità di incrementare i profitti e non in conseguenza di una riduzione dell'attività produttiva. Nel caso in disamina, una dipendente di un laboratorio di analisi cliniche, licenziata per giustificato motivo oggettivo, adiva la Magistratura sostenendo l'insussistenza di una situazione di crisi aziendale che motivasse il recesso datoriale. Soccombente in entrambi i gradi di merito, il datore di lavoro ricorreva in Cassazione. Orbene, gli Ermellini, nel ribaltare in toto il decisum di prime cure, hanno evidenziato che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può legittimamente essere irrogato al solo fine di incrementare i profitti aziendali, in ossequio alla libertà imprenditoriale pienamente sancita dalla nostra Carta costituzionale. L'onere di fornire prova delle 1

motivazioni poste a fondamento dell'atto di recesso grava esclusivamente sul datore di lavoro. Pertanto, atteso che nel caso de quo il datore di lavoro aveva legittimamente esercitato il proprio potere organizzativo, fornendo i dovuti riscontri nel corso del procedimento istruttorio, i Giudici dell'organo di nomofilachia hanno sancito la correttezza del licenziamento irrogato per giustificato motivo oggettivo. IL PREMIO DI FEDELTÀ VA COMPUTATO NELLA BASE DI CALCOLO DEL TFR POICHÈ TROVA LA PROPRIA FONTE NELLA PROTRAZIONE DELL'ATTIVITÀ LAVORATIVA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 24937 DEL 10 DICEMBRE 2015 La Corte di Cassazione, sentenza n 24937 del 10 dicembre 2015, ha ribadito che, nel computo del TFR, devono ricomprendersi tutti i compensi aventi i requisiti di dipendenza dal rapporto di lavoro stesso e di non occasionalità di cui all'art. 2120 cod. civ.. Nella vicenda in esame, la Corte di Appello di Venezia, confermando la sentenza del Tribunale della stesa città, accoglieva la domanda di alcuni lavoratori proposta nei confronti della società di cui erano dipendenti, diretta ad ottenere l'accertamento del loro diritto al computo nel TFR del premio di fedeltà previsto dalla contrattazione collettiva integrativa aziendale. A base del decisum la Corte del merito aggiungeva che il predetto compenso, quale premio di fedeltà, era contraddistinto da uno scopo gratificativo ma, nel contempo, era connesso alla protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo. Avverso questa sentenza la società ha proposto ricorso in Cassazione ritenendo che il compenso de quo era stato erogato una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e, pertanto, costituiva emolumento avente natura occasionale. Orbene, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso ed ha ribadito che il sistema di determinazione del trattamento di fine rapporto è basato sulla sommatoria di quote di retribuzione annue accantonate; all'uopo, la prevalente giurisprudenza non ha assegnato rilievo alla ripetibilità e/o alla frequenza delle erogazioni ma, ha fatto esclusivamente leva sulla 2

"qualità" dell'emolumento corrisposto, dando così rilevanza al titolo della erogazione, riscontrando detta connessione ogni volta che vi sia un collegamento tra un certo evento correlato al rapporto lavorativo e l'emolumento stesso. Tra questi, commenta la Suprema Corte, deve essere certamente annoverato il premio di anzianità la cui derivazione eziologica, come accertato dalla Corte del merito, dal rapporto lavorativo è evidente, con la conseguente sua computabilità nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto. IN CASO DI VERIFICHE A TAVOLINO, AVENTI PER OGGETTO IL RECUPERO DI IMPOSTE NON ARMONIZZATE, L AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA NON HA ALCUN OBBLIGO DI INSTAURARE IL CONTRADDITTORIO ENDOPROCEDIMENTALE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE - SENTENZA N. 24823 DEL 9 DICEMBRE 2015 La Corte di Cassazione - Sezioni Unite -, sentenza n 24823 del 9 dicembre 2015, ha statuito il principio che, nei controlli cosiddetti a tavolino () l Amministrazione finanziaria, in caso di tributi non armonizzati, non è tenuta a instaurare il contraddittorio endoprocedimentale, ed a redigere il verbale di chiusura delle operazioni di verifica. Per controlli a tavolino si devono intendere quelle verifiche eseguite presso la sede dell Ufficio in base alle notizie acquisite da altre pubbliche amministrazioni o da terzi, oppure fornite direttamente dal contribuente mediante la compilazione di questionari o in sede di colloquio presso l Ufficio. IL FATTO L Amministrazione finanziaria, provvedeva ad emettere a carico di una società immobiliare avviso di accertamento per il recupero a tassazione di maggior imponibile derivante dalla contestazione relativa al prezzo di vendita di alcuni immobili, ritenuto di molto inferiore al loro valore reale. La società prontamente ricorreva alla giustizia tributaria invocando la nullità dell atto impositivo deducendo, in via principale, l illegittimità dell accertamento per omessa consegna del verbale di chiusura delle operazioni, in violazione dell articolo 12, comma 7, della legge 212/2000. 3

All uopo si ricorda che, l articolo 12 comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente afferma che: Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Il ricorso, veniva respinto dal Giudice di prime cure e successivamente accolto dai Giudici dell Appello che, aderendo al motivo principale di ricorso, rilevavano l illegittimità dell avviso di accertamento per violazione del richiamato articolo 12. Da qui, il ricorso per Cassazione da parte dell Agenzia delle Entrate. Orbene, i Giudici delle Leggi, a sezioni riunite, con la sentenza de qua hanno accolto il ricorso rilevando che differentemente dal diritto dell Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all Amministrazione fiscale, che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l invalidità dell atto. Questi i principi statuiti dai Giudici di Piazza Cavour: in tema di tributi non armonizzati, (ad esempio, le imposte dirette), l obbligo dell Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l invalidità dell atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito dalla legge; in tema di tributi armonizzati, (ad esempio, l Iva), avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell Unione, la violazione dell obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l invalidità dell atto, purché, il contribuente dimostri, in sede giudiziale, che, in mancanza di tale violazione, il procedimento avrebbe comportato un risultato diverso. Alla luce di tali principi, avendo la C.T.R errato in diritto nel disporre l annullamento dell avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette, perché, 4

trattandosi di verifica a tavolino, non sorgeva alcun obbligo di contraddittorio in capo all Agenzia delle Entrate, gli Ermellini hanno cassato la sentenza d appello con rinvio per nuovo esame. RISPONDE PENALMENTE PER DICHIARAZIONE INFEDELE SOLO IL SOCIO DELLA SNC CHE ABBIA CONCRETAMENTE CONTRIBUITO A REALIZZARE L ILLECITO. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE SENTENZA N. 50201 DEL 22 DICEMBRE 2015 La Corte di Cassazione - Sezione Penale -, sentenza n 50201 del 22 dicembre 2015, ha statuito che la sottoscrizione di una dichiarazione infedele da parte di un socio amministratore di una SNC, non esonera automaticamente gli altri soci amministratori dalle proprie responsabilità verso il fisco, essendo necessario verificare se essi svolgano attività gestionali in quella specifica materia e, soprattutto, quale sia stato il loro apporto concorsuale e penalmente rilevante. Con la sentenza de qua, gli Ermellini, ribaltando in toto il verdetto dei Giudici di Merito, hanno accolto il ricorso di un socio amministratore di una SNC accusato di dichiarazione infedele ex art. 4 D.Lgs 74/2000, il quale, sosteneva che a sottoscrivere la dichiarazione era stato un altro socio della compagine sociale, a cui tuttavia, non era stata conferita apposita delega a gestire il settore fiscale. Nel caso di specie, per i Giudici del Palazzaccio, ricondurre la relativa responsabilità in capo al socio sottoscrittore ricorrente, impone, in primis la verifica di una esplicita delega ricevuta per la gestione in via esclusiva dell'intera materia fiscale della società ma, anche e soprattutto, quale sia stato il contributo attivo, oltre il mero ruolo di amministratore, apportato da altri soggetti nella commissione materiale del fatto illecito. In nuce, nello specifico reato di dichiarazione infedele, anche se il soggetto attivo è colui che inserisce all'interno della dichiarazione fiscale elementi attivi fittizi ovvero dati che rendono la dichiarazione non veritiera, non può essere esclusa a priori anche la partecipazione di soggetti diversi dall'effettivo 5

sottoscrittore, purché, il loro coinvolgimento sia effettivamente e tangibilmente dimostrato. L OBBLIGO DI INVITARE IL CONTRIBUENTE SUSSISTE SOLO IN CASO DI INCERTEZZE SU ASPETTI RILEVANTI DELLA DICHIARAZIONE. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA - ORDINANZA N. 25639 DEL 21 DICEMBRE 2015 La Corte di Cassazione Sezione Tributaria -, ordinanza n 25639 del 21 dicembre 2015, ha statuito che non c è obbligo da parte dell Agenzia delle Entrate di inviare un preventivo invito al contribuente se non sussistono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Nel caso in commento, la Commissione Tributaria della Calabria, confermando la sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso del contribuente ritenendo che, in presenza di elementi rilevanti della dichiarazione, quale era il recupero del credito d'imposta art. 7 Legge 388/2000, l'amministrazione Finanziaria avrebbe dovuto preventivamente invitare il contribuente ad esibire la documentazione comprovante. Avverso l'annullamento della cartella di pagamento, l'agenzia delle Entrate proponeva ricorso in Cassazione. Nel caso de quo, gli Ermellini, in ossequio all'art. 6, comma quinto, della Legge 212/2000, hanno ricordato che l'obbligo di un contraddittorio preventivo sussiste solo in presenza di incertezze rilevanti della dichiarazione. Nell'ipotesi in commento, le incertezze non ricorrevano, trattandosi di un controllo di tipo documentale su dati contabili rilevabili direttamente dalla dichiarazione, non lasciando adito ad alcun margine interpretativo. Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. 6

Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo. Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro 7