A caccia di Gaia. 1 di 16 22/04/11 09.52. Questo lo posso fare. uggiosamai. commenti recenti. archivio. categorie. oh... GIOVEDÌ, 21 APRILE 2011

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ultimi post tag utenti online foto video audio crea il tuo blog gratis su Splinder A caccia di Gaia oh... GIOVEDÌ, 21 APRILE 2011 Questo lo posso fare uggiosamai Quando un art director ti invia l anteprima di suo libro, non un libro suo, ma un libro di un autore che sta seguendo, è come se un bambino ti venisse incontro con le manine a coppa e un nido pieno di pulcini dentro. Allora guardi stupefatto le bocche pigolanti e hai il terrore di rovinare tutto, di ferire qualcosa con lo sguardo. Passata la fase vaso Ming, il senso critico tende la catena che lo lega al cuore e comincia ad abbaiare. Un giorno d autunno ho aperto un allegato. Raccontava la storia di resistenza di un uccellino che fallisce in tutto quello che la mamma si aspetta da lui come da tutti gli altri diligentissimi figli, ma non molla mai. A questo punto le storie che mia madre vorrebbe leggere a mia nipote hanno una svolta e finalmente si scopre il talento staordinario del protagonista, il quale finisce per prendersi una (bonaria) rivincita. (Il piccolo anatroccolo spacca. La pecora nera trionfa.) Non così in questo libro. In Questo lo posso fare l uccellino resiste resiste resiste fino a cambiare ruolo (non più un uccello in una nidiata, in una civiltà di uccelli) e morire. Lo fa in un modo dolcissimo che è anche un inno alla vita, diventando Eden per altri. Inizia facendo largo a una coppia di fiori, senza voler scomodare Maria e Giuseppe; trova spazio a qualcuno che porta con sé una vita fragile. E due esseri fuori luogo, l uccellino e la coppia di fiori, diventano una casa accogliente, inerte, resistente alle intemperie e ai cicli della vita, uno spazio ospitale. Quando ho finito di sfogliare l allegato, sono tornata indietro e l ho riletto ancora una volta perché volevo essere certa di aver colto, seppur non tutta, almeno buona parte della storia. Il libro era bellissimo, toccante, travolgente e scioccante. Parlava di un fallimento? Di un deragliamento? Di una rivoluzione o di un abbandono? Parlava del posto di un essere nel mondo, che per noi occidentali è sempre collocato in un momento x nella freccia del tempo, che ci porta dalla nascita al capolinea. Questo lo posso fare racconta una solitudine incerta che diventa un estinzione vivissima. Parla della rinascita ed ero davvero impreparata per cogliere l intera portata della sua bellezza pacificante. Di Greta la matta ho solo sentito parlare. Ormai mesi dopo, quando la stessa art director mi ha invitato a prendere un aperitivo con l autrice del libro, ero nuovamente commossa ed elettrizzata. Ma non sapevo che questa volta non mi si sarebbe presentato davanti un nido Facevo quasi scintille dalla gioia mentre correvo in ritardo verso un bar trucido dalle parti di via Palestro, nella settimana della Fiera del Mobile. Sudata e impreparata, mi sono seduta al tavolo. Stringere la mano di Satoe Tone è stato come stringere un uovo e fare la prima crepa. Poche creature mi sono sembrate così delicate e perfette. Persone a cui devi lasciar loro intorno dello spazio bianco, un passepartout. Se l art director emana una proporzione aurea comunque si muova, se sembra animare qualsiasi Nome: Gaia commenti recenti utente anonimo in Camoni in terra... archivio oggi aprile 2011 --- 2009 --- --- 2008 --- --- 2007 --- --- 2006 --- categorie brianza cappuccettorosso fiabe compagni di classe condiminio crostata editoria elvira elvira piante esercizi scritturac felicità fiaba fumetto fumettaro complotto temp knodel lentino letto libri mensa milano montagna musica natale parola pendolari perle di saggezza piscina redattore riunione 1 di 16 22/04/11 09.52

progetto sposi nella certezza che Tutto è possibile, l illustratrice sprigionava un candore onnipotente, il coraggio di un volo di farfalla, l equilibrio del vuoto. Io sembravo Totò invitato per sbaglio alla corte di un cenacolo di artisti. Una marionetta impropria su un fondale barocco. In un momento x in attesa del Garibaldi, del Martini e di una birra, Satoe ha tirato fuori il quaderno con il suo nuovo progetto, sorridendo come se un porcospino si fosse messo a correrle attorno all ombelico. Quello che cercavo di leggere era un certificato di nascita a cui mancava il nome, un ecografia di contrabbando, un sogno nella veglia. Stavo camminando sulle uova e facevo un rumore assordante, era un involontario sabba nel paese dei mostri selvaggi. Trovavo somiglianze impossibili, cercavo solitudini parallele, mi sforzavo di colorare nella mia testa i disegni di quello storyboard.e scoprivo che lo sguardo felice e traboccante dell art director, laddove il mio incespicava, godeva di una visione creatrice in cui tutto sarebbe stato perfetto e la tavolozza avrebbe soffiato la vita di una samba al programma di un concerto da camera. rutger hauer siena teatro torta links Bookshelf su Anobii Fahreneit Fhievel Grey Sparkle Mr. Roark Punck Remo Bassini Via Francigena: un camminatore coraggioso In occidente si nasce, si vive, si muore (per me oggi l aldilà è un bosco pieno di amori). Satoe stasera mi insegna che in oriente morire può anche essere bello e liberatorio. Morire è liberarsi di una condanna, rinascere altrimenti. Lei sorride al pensiero di rinascere formica, e colgo un senso di responsabilità diverso verso gli altri esseri, parla del vuoto come di qualcosa di pieno di possibilità e della morte come parte del ciclo della vita. foto recenti il ritorno La mia paura più grande non è morire, ma rimanere sola. Perdere gli amori. L uccellino di Questo lo posso fare nasce e cresce solo. Muore in compagnia. È l amore che continua a vivere, mentre un essere si spegne e altri si illuminano sul palcoscenico di uno spazio. L uccellino di Satoe non si lascia morire mentre la natura lo mette alla prova, continua a vivere nella sua dimensione, in uno spazio che non è creatore, ma è quello in cui tutto accade, dentro di noi, in quell attimo che è l eternità. Noi forse diremmo che l uccellino si sacrifica, che lascia il posto agli altri, in realtà continua a vivere essendo ospitato dall amore. cappuccetto rosso Innaffiatoio e forbici Sto per perdere un treno e devo battere sul tempo lo sciopero. Le lascio al tavolo e le bacio, scuotendo solo per un istante il loro equilibrio, una tavolozza-astronave flottante nella galassia. Tornerò per unire i puntini della sua scia e avrò una matita colorata. Vedi altri media bottoni postato da: Uggiosamai alle ore 23:12 link commenti categorie: MARTEDÌ, 13 GENNAIO 2009 Il Circolo dei Sospiri Il circolo dei sospiri Al Circolo dei Sospiri l aria ferma non trovava varchi. Crepe, pertugi e interstizi accoglievano arieggiate presenze di intensità e umore variabile. Per gli altri grandeur c era, poco distante, la Piazza dei Venti, un immenso teatro di turbolenze in cui bandiere, tende, drappi e sciarpe danzavano fino allo sfinimento, per essere poi sostituite nessuno sa bene da chi, forse dal personale dell hotel. contatore visitato 8993 volte Ma al Circolo dei Sospiri i venti non trovavano spazio per le loro evoluzioni. Quel giorno per primo arrivò Soffio e si accasciò vicino alla candela accesa che lo aspettava. Era sconsolato, ma non poteva dirsi solo. Aspettò per quattro espirazioni, mentre la clessidra delle correnti volteggiava al centro 2 di 16 22/04/11 09.52

dell ambiente finché fece il suo ingresso Spiffero, più gelido che mai. Non riuscì a placarsi e dovette entrare e uscire varie volte dalla crepa verticale. Poi si sistemò e scoprì la finestra rotta che gli avevano lasciato lì per gingillarsi. Ordinarono qualcosa nell attesa degli altri, ma non proferirono parola mentre il sottofondo dei venti li innervosiva ancora un poco. Quando ormai gli avevano servito due goccioline a 20 e 10 gradi, Soffio cominciò a titillare la fiamma della candela mentre Spiffero entrava e usciva dalla finestra come un fantasma dalla tomba. Finalmente si unirono a loro anche Sbuffo e Singhiozzo che arrivarono a braccetto, in una danza sbilenca di bruschi rallentamenti e accelerazioni e si misero uno di fronte all altro. Uno soffiava, l altro inspirava. Riuniti, cominciarono a scaldarsi; porzioni più generose di acqua vennero servite e l eco dei venti si affievolì a tal punto che iniziarono a parlare. Sbuffo sospirò per primo: Gli sto attorno tutto il giorno. Quando è in bici, a pochi metri prima della scuola e gli si inceppa la catena, quando gli gridano dietro Trippone sulle scale, quando il fratellino lo ossessiona con i suoi perché, ma niente! l unica soddisfazione che mi dà è quando apre quel quaderno blu nella sua cameretta, dopo aver fatto tutti gli altri compiti. Non ne posso più! Sbuffò così tanto che quasi riuscì a spegnere la candela di Soffio, blu dalla gelosia. Ma almeno puoi riposarti, e non è uno strazio disse Singhiozzo che ancora oscillava su e giù senza pace. Beh, le lezioni di matematica sono tre volte la settimana, ma mi annoio davvero. Per dinci! Ci sarebbero tante altre occasioni per lagnarsi: quando gli impongono di lavarsi i denti in continuazione, quando deve preparare lo zainetto per le gite, quando apre la manina e scopre le magre mance che gli ha rifilato la nonna! I gol presi a calcio? Le sconfitte al computer? Eh, ma almeno i problemi di matematica cambiano ogni giorno! sussultò Singhiozzo, ora molto concentrata su quello che aveva da dire. E forse un giorno ti libererai di lui. Io Un pallone irruppe dalla finestra e mandò in frantumi il vetro di Spiffero che emise un ululato impeccabile, messo a punto negli anni trascorsi in quel castello della Transilvania. Singhiozzo tacque per lo spavento e aspettò le reazioni più lente degli altri. Spiffero era scomparso, ma nessuno si allarmò: conoscevano il loro amico inquieto. In quel momento stava uscendo ed entrando da portone girevole dell hotel sul lato nord della Piazza dei Venti. La receptionist lo maledì in cuor suo. Poco dopo Spiffero era di nuovo tra i suoi mentre si pronunciava Soffio. E io allora? Che aleggio attorno a quella boccetta di smalto rosa antico? Non se ne può più. Davanti alla tv, in bagno, mentre tutti gli altri si spazientiscono fuori. Ieri persino sull autobus mentre le pupille degli altri passeggeri si dilatavano annebbiate da chissà quali solventi. E lei non pensa che a lui. Di fronte alle soap opera pensa a lui, apre il diario e scrive di lui, litri e litri di smalto solo per lui. Che margini di evoluzioni ho? Vorrei spirare come il maestrale, ribaltargli i 3 strati di quella lacca inutile su quelle unghiette, vorrei spegnere candelabri in cima a lunghissime scale, e invece sono lì. Ancorato a quella boccuccia che spira sullo smalto, solletico il sogno. Mai sostanza, mai fatti. Mai che lei sbuffi perché lui è in ritardo o perché si è dimenticato un anniversario, una ricorrenza o un fatto speciale, concluse il lamento con un soffio e spense la candela con soddisfazione. Il tempo di riaccenderla e Singhiozzo si era ripresa dallo spavento della pallonata: Eh, se io potessi stare con lei, chissà che bei pianti porrei mettere in scena. Quante interminabili modulazioni. Veloce veloce, irrefrenabile e poi scomparire per dare spazio alle lacrime. Wow! Passione, ecco che cosa mi manca. E invece mi ritrovo ogni mattina alle 9 di fronte a quel saluto affrettato, ecco la mamma sbattere le palpebre velocemente, la maestra allungare la mano e partire la pantomima: Mammaaaaaaaaa, non andare viaaaa? e la mamma se ne va, incespicando. Ma tu con chi stai? insinuò Sbuffo, quasi a mettere alla prova la loro missione. Sono ancora molto combattuta: non so bene chi ha più bisogno di me. La piccola o la mamma 3 di 16 22/04/11 09.52

che quando arriva al secondo semaforo dall asilo fuma e accende la radio, singhiozzò e fece una pausa, in quel momento ci vorresti proprio tu, Soffio, a colorire quelle boccate amare. Mah, alla fine ho deciso di restare con la bambina che, a parte quel momento, non mi dà un gran da fare. Spiffero ora giocava con la finestra rotta: Ma ragazzi, i vostri sono sospiri da niente rispetto ai miei. Inverno o estate sono sempre lì a caccia di un lembo di carne scoperta, di una canottiera non infilata sotto la gonna, di un calzino allentato, un foulard dimenticato sull appendiabiti. Niente, niente, nessun nipote che arrivi mai alla porta sorridente a liberarmi da questo maleficio, brandendo i paraspifferi. La mia signora invecchia ogni giorno, senza neanche sapere di combattere contro il killer che mi ritrovo a essere. Sta attaccata alla finestra finché c è luce fuori, fissa le macchine che parcheggiano e ripartono, altri anziani a spasso coi cani, ragazzi a fare graffiti, addetti che sostituiscono i manifesti. Ma non sbuffa mai, lei? Nessun sospiro per la sua cattività domestica? Sbuffo lo interruppe. No, solo libri e una borsa dell acqua calda a farmi la guerra. Ma cosa vuoi che faccia, quella panciona indolente. Dopo qualche ora si impigrisce e torno a essere il sicario incontrastato dell appartamento. A proposito una tripletta di Starnuti mi hanno chiesto che ne pensiamo di un loro ingresso al circolo Mancano di capacità riflessive sentenziò Soffio. Sì, dei barbari istintivi incalzò Singhiozzo. Poveri senz anima concluse Sbuffo che ne aveva conosciuti molti e ne aveva raccolto le depressive confessioni. Ricevuto disse a mezza voce Spiffero che in fondo era un gran chiacchierone inquieto e si rimise a giocherellare con quello che era rimasto della finestra. Suonò una campanella e i venti imperversarono forti là fuori; uno scampolo di una bandiera bianca si incollò su Singhiozzo che lo rimpallò a Sbuffo. Sbuffo lo fece volare su Spiffero e Soffio lo ricacciò da dove era venuto. Il tempo dei sospiri loro concesso era finito. Si salutarono in gran fretta e tornarono ai loro mestieri mentre altri ospiti più rumorosi reclamavano il loro spazio: il Circolo era molto frequentato *** Si era alzata prima quella mattina. C erano stati degli indizi, ma non l avrebbe mai immaginato. Lo aveva guardato in quel negozio per mesi spostarsi tra i vari settori come un pattinatore sul ghiaccio, imbracciare sci, carezzare microfibre, elogiare traspirazioni, provare occhialini. Lei aveva comprato tutta l attrezzatura sportiva immaginabile: da jogging, da aerobica, da piscina, da montagna, per andare in bicicletta. Alla fine aveva infine preso pure le ciaspole, ma non ci aveva voluto credere a quella telefonata. Marco c è tua moglie, ha detto di richiamarla. In quell attimo era come se tutto l acetone del mondo l avesse travolta, sciogliendole tutto lo smalto dell anima. Aveva fatto un respiro sprofondo e poi aveva preso una decisione. L avrebbe pedinato con la macchina della madre e un foulard. Davanti alla casa c erano due macchine parcheggiate. Alle 8:30 aveva steso un altro strato viola sulle unghie perfettamente limate e non aveva staccato lo sguardo dal cancello, finché non lo aveva visto aprire il portone. Baciò una donna che teneva una sigaretta nascosta e prese la bambina per la mano. Il padre e la bambina si sorrisero e le parve di sentire la bambina canticchiare qualcosa mentre lui la legava al seggiolino dietro. E allora dentro la macchina lei cominciò a piangere, piano. Attivò i tergicristalli e spense la musica. Lo inseguì e le parve di sentire nelle svolte della macchina la stessa precisione del suo scodinzolo. Parcheggiò a distanza. Le scarpe tecniche di lui si confusero tra quelle delle altre mamme di fronte all asilo. Marco risalì in macchina con un sorriso ebete e fece una chiamata dal cellulare. Lei aveva le lacrime nelle orecchie, aprì lo sportello ed entrò nel bar. Ordinò un cappuccino e una brioche vuota. Si avvicinò l'indice alla bocca e mangiò un'unghia e poi tutte le nove che restavano. 4 di 16 22/04/11 09.52

Quando il cappuccino era ormai freddo, si accorse di quell uomo. Teneva il cappello bagnato ancora in testa e guardava fuori. Lei cominciò a singhiozzare, piano piano poi sempre più forte. Tornarono le lacrime. Pagò, prese la borsa e uscì mentre l'eco delle boccette si confondeva con il traffico là fuori. L'uomo, che ora aveva finito il caffè, avvezzo al lusso di essere il primo a sfogliarlo, prese il tabloid locale. Si tolse il cappello e issò il giornale. Lo appoggiò aperto sul tavolo e infilò gli occhiali. Come ogni mattina, soffiò tra le pagine. 3,5,7,9,11,13,15... e raggiunse la sezione dei necrologi. Ancora una volta corse con lo sguardo alla ricerca di Eleonora Ruffini, vedova Carli. Neanche quel giorno la trovò, ma da mesi non riusciva a vederla non solo al bar, ma neanche affacciarsi alle tende. Un bellissimo gatto persiano antracite scansò le pozzanghere sulla strada e poi trotterellò fino alla porticina dove fece l'acrobazia dell'anello infuocato. Animò uno spiffero sulle caviglie della donna ben più intenso dei soliti. Nessuno le aveva mai rivelato che un gatto fa molto più compagnia di una borsa dell acqua calda o di una finestra con la vista su un asilo. Le stava tornando la voglia di uscire. Da quando la figlia le aveva affidato il nipote alcuni pomeriggi la settimana, la signora Eleonora non si riconosceva più. Un pomeriggio, di punto in bianco Gianni si era presentato con i due salsicciotti colorati in mano."così non starnutisci più, nonna!" Eleonora aveva spolverato tutta la matematica che si ricordava e ne aveva scoperta molta più di quanta immaginasse. Gianni, che era così docile e affettuoso, con i numeri non aveva pazienza. Che fosse quella parola, "Problema", a intimorirlo così tanto. Erano bastate poche settimane perché mostrasse alla nonna i nuovi voti e sorrisi sempre più larghi. Qualche settimana prima, il pediatra gli aveva stretto un rotolino di grasso nella mano. Gianni aveva riso di pancia, e la madre aveva ricevuto una nuova missione: fargli perdere peso. Niente più patatine, più bicicletta e soprattutto molto più calcio. L'allenatore non aspettava altro. "Gianni fai due giri in più, tu" gli urlava. Gli altri ragazzini avevano smesso di gridargli "Trippone" e ora gli nascondevano le scarpe nello spogliatoio. Ma Gianni pensava a quante ce n'erano nello spogliatoio e a quante ce ne sarebbero state se qualcuno ne avesse sottratte tre paia. Correva sempre più veloce, e si portava dietro la scia. Correva a perdifiato e ogni tanto sbuffava. Forse da grande i suoi sarebbero diventati sospiri. postato da: Uggiosamai alle ore 22:21 link commenti categorie: DOMENICA, 21 DICEMBRE 2008 Camoni in terra straniera Luigi si presentò con una tuta blu a maniche lunghe e con un assortimento di semi di pomodori. La signora Elvira aveva accettato una vantaggiosa proposta economica per usufruire del servizio di Luigi scontato in cambio di qualche frutto della terra. Le addolciva questa sensazione da Via col Vento: era un implicita ridefinizione dei loro ruoli. Elvira gli fornì le chiavi, già dopo la seconda visita, e si affidò alla sua saggezza. Mentre l uomo camminava svelto per il sentiero accanto alla serra, Gruso si lamentò con Terencita: Certo, apriamo le frontiere, e poi un bel giorno ci 5 di 16 22/04/11 09.52

ritroveremo invasi dai semi americani. Cacao, patate e pomodori! Ma Gruso, non lo sai che anche tu sei diverso? s indispettì Sita. Diverso? Le spine, la tua fobia della pioggia, un fassstidio per 5 quando si avvicina Ma che vuoi dire? Tu da dove pensi di venire? Dal vivaio. E bravo. Ma dico prima, prima del tuo sseme, della terrra che ti porti tra le radici. Gruso le diede le spalle. Cuscino della suocera! Ti chiama così Erminia quando non la senti. Certo, a lei non sto simpatico, con tutte le mie spine. Ma va! Sai che lei sa sempre un sacco di cose e dice che vieni dal Messico. Come me! E per questo che mi porto dietro quest accento buffo! ma io vengo dal vivaio che sta di fronte al mare. E parlo benissimo. Gruso, bassta! Luigi aveva superato la porticina della serra e Elvira lo inseguiva per il sentiero che portava all orto. Allora signora, le ho portato i Cobra, i Carmelo, i cuori di bue, i Caramba e i Camoni disse mentre le mostrava 5 tipi di bustine di carta coloratissime e sottili. Sembra un gioco sulla C rispose Elvira come una farfalla inebriata. Eh? Lei sentì i piedi raffreddarsi e le orecchie rimpicciolirsi: quest uomo avrebbe curato l orto di suo marito, non avrebbe colto il suo umorismo. Mi dica. No, mi dica lei, signora, cosa vuole che semino. Ma a lei quali piacciono? I camoni. Sono molto saporiti. Vedi che poi non li toglie più nessuno questi pomodori ed Elvira si dimentica di noi parlottava Gruso dall interno della serra. Dai Gruso, sentiamo come si chiameranno i prossimi ospiti! cinguettò Terencita. Nuovi invasori in vista? s insospettì Geranio. Elvira allora fece mente locale, si trattenne dal pensare al nomoteta dei pomi rossi: scelse i camoni, che comprava al mercato e poi pensò che avrebbe volentieri fatto della salsa, con i pomodori giusti. Non le piacevano quelli enormi da insalata, le sembrava gettassero addirittura un ombra di sangue su di lei: nessun cuore di bue, quindi. Immaginò un inseguimento di carmelo da parte di una pattuglia di caramba di cui uno rimaneva ferito da un cobra. Camoni allora. Vada per i camoni. Non è che per caso ha delle asticelle, signora? Qualcosa come delle canne di bambù? domandò Luigi. Ecco ecco parlano già di lance! Il popolo dei camoni ci seppellirà si allarmò Geranio. Jeranio, tra te e Gruso siete due pessimisti! Finalmente l orto riprenderà un po di colore. esplose Terencita. Teniamoli d occhio. Si sa che il rosso è un colore sedizioso tuonò Geranio. Elvira andò in garage e si scoprì felice di non aver buttato via quelle canne che erano rimaste per mesi a prendere la polvere. Uscì brandendole e Tenente Geranio vide galoppare un intera cavalleria in direzione dell orto. Le canne oscillavano in una nuova promettente danza, ansiose di opporsi al vento e di sostenere piantine incerte e poi fruttifere. Proprio di queste parlavo. Grazie Luigi le impugnò, prese la zappa, fece delle linee e cominciò a seminare. Srotolò il serpente che dormiva. E un esercito di verde fu arruolato. Ce li troveremo in casa. 6 di 16 22/04/11 09.52

postato da: Uggiosamai alle ore 23:01 link commenti (2) categorie: elvira, elvira piante GIOVEDÌ, 11 SETTEMBRE 2008 Nessuno ci conosce, gringo! Malgrado avesse deciso di farlo nell istante in cui Luisa le aveva dato il numero, Elvira posticipò quella telefonata per alcuni giorni. Piantò gerani in vaso che resero irritabile tenente Geranio lui credeva nelle gerarchie e in una organizzazione della base che le rispettasse; e 5 ebbe un gran bel da fare per quietare le attività frenetiche della sua padrona. Persino il grusone, in genere avvolto in solipsistiche speculazioni sulle funzioni matematiche delle traiettorie delle mosche o sulle proposte di legge contro l invasione dei parassiti per il gran giurì della serra, si chiedeva quale bizzarro tarlo stesse turbando la padrona a tal punto da fargli subire docce irragionevoli, come se lui avesse bisogno di piogge tropicali, anziché di gocce ogni sera. Sì, Gruso si sentiva proprio come le donne quando si profumano dietro le orecchie. Il foglietto di carta a quadretti celesti, piegato in due, aveva stazionato prima nel grembiule per qualche giorno e poi sul tavolo vicino al telefono. Infine, un giorno in cui delle nuvole paffute e scure minacciavano pioggia, Elvira ruppe gli indugi e si accordò con Luigi per vedersi l indomani. L uomo, che aveva una voce dolce e lenta, le parve interessato e disponibile. Non ci pensò più fino al mattino seguente. Si era aspettata una montagna ambulante, un cowboy eroico capace di mandare avanti da solo un intero ranch, un guerriero, e invece sentì squillare al cancello senza nessun rumore. Scese le scale e si avviò sul vialetto, mentre Luigi le veniva incontro in sella a un motorino con le marce Benelli. Buongiorno! Salve. È stato difficile trovare casa? Oh, no, è vicino quella della signora Luisa. Non sono proprio di qui, ma la zona la conosco. Mentre Elvira mangiava quelle parole alla ricerca di qualche altro indizio che le facesse intuire se l ananasso era la carta preferita dell uomo durante la giocata di Mercante in Fiera di Capodanno, tra gli innaffiatoi, messi in allarme dal campanello, serpeggiava una curiosità di altri tempi. Un tam tam che ricordava quelle sere in cui pollini malcelati dalle carte di cellophane, regali amorosi portati per Elvira dal marito, invadevano l agorà verde fuori e dentro la serra. Quelle piante, che emettevano silenziosi gridi d allarme, in evidente affanno respiratorio, venivano nascoste anche per giorni, laddove Elvira non passava. Era compito di 5 e di tenente Geranio entrare in contatto con le nuove arrivate, introdurle alla società verde di lassù, e stabilire un patto di sollecita solidarietà, soprattutto idrica. Erano arrivate così Terencita, la yucca e quell intrattabile grusone, detto Gruso dagli altri per lo stile da bravo della confederazione elvetica. Il marito centrava il bersaglio del cuore di Elvira e la serra si faceva sempre più multietnica. Ah, ecco chi viene a rompere le file! sussurrò tenente Geranio con modi da 007. Ma que dise, tenente? Non vedi che non si rreconoscono neanche? rispose Terencita, che era stata recentemente potata con molta sollecitudine. Terencita, fidati di me. Sono un esperto di tattiche. Dobbiamo identificare il soggetto e il suo ruolo qui. Quanto prima. Luigi tirò giù il cavalletto corto del motorio e strinse la mano di Elvira senza nessuna galanteria. Non indossava nessun cappello con le scritte di sementi o concimi, non aveva ai piedi le ciabatte 7 di 16 22/04/11 09.52

in plastica bucherellate e incrociate né lo stecchino in bocca. Dimostrava più o meno la stessa età della donna, che ancora lo osservava, restia a mostrare casa sua, il suo regno verde e l ostico orto al nuovo arrivato. Scostati Cita, su ordinò 5 che precipitò a terra per un piede messo male da Elvira. Terencita eseguì, ma enumerava dentro di sé una serie di improperi in castigliano nei confronti di quel presuntuoso involucro di plastica. Luigi si fece accompagnare per il giardino, studiò l orientamento del terreno girando la testa in qua e in là. Elvira si chiese se le stesse facendo un test d intelligenza e cercasse le gabbiette per gli uccellini appese sui ciliegi. Ma no, Luigi sbatteva le palpebre al rallenti e terminava ogni frase con un ansiolitico Non c è nessun problema che finì per convincerla e per annoiare 5, ancora a terra disteso su un fianco. Si parlò di giorni della settimana, delle destinazioni dell orto e di semine. Arrivati proprio lì, in quel fazzoletto di terra devastato dal conflitto uomo-terra, la canna pianse una lacrima, inventandosi uno sbalzo di pressione, anche con il rubinetto chiuso. Se Luigi non sussurrava alle piante, di certo comunicava con gli utensili e con gli oggetti. Per tutta la canna scorse un brivido: si accorse che era qui qualcuno in grado di rimetterla al lavoro, sozzarla nelle pieghe della terra, anche tagliarla e bucarla, se necessario. A lui non sarebbero bastate illusioni da serpentello. Il fatto che la talpa Carola non fosse presente le risparmiò la sorpresa a dopo qualche altra scorribanda delle sue, ma la doccia fredda sarebbe arrivata, per certo e la vita si sarebbe fatta più rischiosa. Dietro lo sguardo mite di Luigi poteva esserci di tutto: come potevano sapere quale grado di tolleranza ci sarebbe stato per gli insetti e animali intrusi? A Elvira tutto sembrò molto rapido: Luigi salì sul Benelli, lei gli aprì il cancello e si salutarono. L uomo sarebbe venuto un paio di giorni alla settimana e si sarebbe occupato di riseminare tutto. Avrebbe cominciato dai pomodori. Allora, capo, que pasa? chiese Cita, muovendo una delle sue foglie allungate. Questo elemento comporterà la ridefinizione di tutti i nostri ruoli. Potrebbero crearsi conflitti nelle campagne. Quest uomo sa quello che fa, ma non ci conosce. Nessuno ci conosce, gringo, è per questo che ci lasciano stare, così tante e così vicine, Jeranio. Sì lo so, ma queste sono informazioni top secret. Non rivelarle a nessuno. Ok. postato da: Uggiosamai alle ore 22:47 link commenti (2) categorie: GIOVEDÌ, 10 LUGLIO 2008 Vorrei che da roulotte al rimessaggio si facessero bolle d'aria dei sub, i miei sogni. postato da: Uggiosamai alle ore 00:15 link commenti (2) categorie: perle di saggezza LUNEDÌ, 02 GIUGNO 2008 Lumache col tovagliolo Elvira dovette fare molta forza su di sé per addentrarsi nei viottoli che attraversavano gli appezzamenti di terra attorno a casa sua. Prese le chiavi di casa, accostò appena il cancello e si mise in marcia verso i segreti della terra da sedurre. 8 di 16 22/04/11 09.52

5, che allora era ancora un giovane innaffiatoio di grandi speranze, fece qualche saltello in avanti per sbirciare in quale direzione andava. Più volte il tenente Geranio aveva espresso il timore che la padrona si abbandonasse a gesti estremi. A proposito delle direzioni che la loro padrona avrebbe preso, alla fine la lumaca Erminia li aveva convinti, in sermoni lenti e umidi: verso sinistra c erano più possibilità per Elvira di incontrare gente valida. Erminia conosceva palmo a palmo i personaggi che popolavano abusivamente quelle terre e le sottraevano le verdure: a sinistra ce n erano di magnanimi, parchi con quelle polverine amare dalle quali Erminia si teneva lontana. Quando sentirono il cigolio del cancello accostato, la lumaca, 5 e tenente Geranio allungarono ancor di più il collo per sentire se Elvira canticchiasse. No, non ancora, ma erano tutti certi che non li avrebbe delusi. La canna dell orto, invece, ce l aveva a morte con Elvira, per le mancanze rispetto al precedente curatore. Notte dopo notte sognava il giorno in cui le si sarebbe avvolto attorno alle caviglie per farla cadere, solo la rugiada del mattino raffreddava le sue fantasie da rettile. Anche la plastica nera delle fragole guardava Elvira di traverso, agognando un Alice della terra, pronta a precipitare nelle buchine dove ben poche piante facevano capolino. Elvira calpestò qualche erbaccia e si slogò una caviglia perché si era distratta a guardare un nido di uccelli. Ai lati della stradina c erano reti, muretti e qualche cancello, una manciata di chilometri da macinare con un cestino di primizie in baratto per una impagabile amicizia / consulenza di vicinato. Quando Elvira e suo marito si erano trasferiti lassù, qualche anno prima, le era parsa una liberazione dalla schiavitù condominiale che l aveva gratificata tanto da giovane. I complimenti della portinaia, i prestiti di libri del professor Ghini del secondo piano: anche le prime riunioni condominiali le parevano bizzarre ed educatissime agorà. Qualche decennio e parecchi palazzi dopo, agognava zolle libere, stanze semivuote e disordinate, terra, briciole persino processioni di formiche, puzzolenti danze delle cimici, battaglie contro le tarme e le processionarie, ma mai più avrebbe voluto sapere l occhio della Vallanzasca dietro il separè a osservarla. Mentre camminava ora aveva controllato tutti i rovi da more che avrebbe potuto saccheggiare in piena estate; si asciugò un po di sudore con il fazzoletto e si fermò al primo cancello. I rovi ringhiavano appena al suo passaggio, accentuando le oscillazioni del venticello: promettevano di affilare le spine per l ennesima golosona, ma Elvira non li sentì, protetta dalla sua nuova missione dalla cornucopia verde. Le zucchine e i fiori di zucca là dentro, coperti da un canovaccio sottile addirittura del corredo di Elvira, improvvisavano un bassissimo canto a cappella che parlava delle zolle dei tempi andati e del suono delle campane a Pasqua. La zucchina piccina piccina aveva una voce acuta e un brutto presagio, ma le altre più floride e materne così prese dai gorgheggi non si accorsero neanche della loro Pandora. La casa si vedeva appena attraverso le sbarre ricoperte di edera: era in mattoni, più piccola della sua. Suonò la campanella accanto all altorilievo CAVE CANEM. Un botolo rossiccio si avvicinò al trotto, abbaiando con poca convinzione; raggiunto il cancello, il fare circospetto della belva era diventato uno scodinzolo abbondante e le avrebbe anche leccato le dita, se solo lei le avesse allungate. Evitò l invito, ma colse il presagio di un accoglienza generosa. Nei dintorni la signora che abitava in quella casa era stata l unica ad averli invitati. Poche settimane dopo il loro trasloco, Luisa, le sembrava si chiamasse così, aveva telefonato per un tè da lei. La casa già allora era graziosa come i modi dell ospite che aveva apparecchiato una tavola rustica, ma ricchissima di stuzzichini, pizzette, tortine Elvira aveva trattenuto un sospiro al ricordo dei compleanni di sua figlia nel loro terrazzino, con il gelsomino profumato e i battimani nell aria. Luisa li aveva intrattenuti amabilmente, avevano chiacchierato di Milano, da dove lei veniva, e della vita lì in campagna. Mio marito è un gran lavoratore e spesso non c è, la battuta buttata là aveva messo Elvira in allarme, aveva temuto che le si stringesse attorno un nodo solitario: riunioni Stanhome, canaste, bridge, burraco, dame di San Vincenzo: aveva evocato tutte le maledizioni della terza età per scongiurare le bonarie ingerenze di Luisa. Insomma, l aveva messa al palo: erano bastati un paio di rifiuti e la signora, raffinata e perspicace, si era rassegnata. Elvira fissò ancora un istante il botolo, che era di certo un antidoto piuttosto recente alla solitudine della padrona di casa; non si ricordava affatto l alito della bestia sulle sue caviglie quel famoso pomeriggio. Stava per suonare di nuovo, quando sentì aprirsi una finestra. Ciao Elvira! la voce di Luisa le sembrò molto più amichevole e priva di quella sfumatura snob che le era rimasta a mente a furia di passare davanti a casa sua senza mai incrociarla davvero. Arrivo! La raggiunse in un attimo, noncurante del quadrupede sovraeccitato, e la abbracc iò 9 di 16 22/04/11 09.52