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L INPS RENDE NOTI, PER L ANNO 2013, I MINIMALI ED I MASSIMALI DI CONTRIBUZIONE.

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 1 DICEMBRE 2010

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LA LAVORATRICE MADRE HA DIRITTO A RIENTRARE AL LAVORO NELLA MEDESIMA UNITA PRODUTTIVA OVE ERA OCCUPATA PRIMA DELL ASTENSIONE PER MATERNITA.

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 20 SETTEMBRE 2016

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 25 GIUGNO 2013

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MINISTERO DEGLI INTERNI CIRCOLARE N DEL 13 MAGGIO 2011.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 4 SETTEMBRE 2013

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N.1072 DEL 25 GENNAIO 2011

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CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N DEL 24 APRILE 2013.

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Oggi parliamo di. INPS MESSAGGIO N DEL 17 DICEMBRE 2012

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE STABILISCE CHE LA CARTELLA ESATTORIALE E IMPUGNABILE SOLO PER VIZI PROPRI.

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CORTE DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE- SENTENZA N DEL 15 DICEMBRE 2010

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 25 SETTEMBRE 2013

IL DIPENDENTE PUBBLICO NON HA DIRITTO ALL INDENNITA PER INABILITA TEMPORANEA ASSOLUTA EROGATA DALL INAIL IN CASO DI INFORTUNIO SUL LAVORO.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 16 APRILE 2013.

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 24 FEBBRAIO 2012

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 7 OTTOBRE 2016

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 12 LUGLIO 2012

LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIRIGENTE ATTUATO A SEGUITO DI UNA RIORGANIZZAZIONE AZIENDALE.

CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 2 OTTOBRE 2013

MINISTERO DEL LAVORO NOTA N DEL 28 NOVEMBRE 2011.

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Oggi parliamo di TAR DEL LAZIO SENTENZA N DEL 2 DICEMBRE 2010 N 41/2010 COEFFICIENTE ISTAT PER T.F.R. MESE DI NOVEMBRE 2010

CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DELL 8 LUGLIO 2013

Oggi parliamo di N 21/2010

MINISTERO DEL LAVORO LETTERA CIRCOLARE N. 37/ DEL 12 GENNAIO 2012.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 16 NOVEMBRE 2012

AGENZIA DELLE ENTRATE COMUNICATO STAMPA DEL 24 MAGGIO 2012

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CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N DEL 9 OTTOBRE 2013

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VALIDITA DEL RUOLO ANCHE IN PRESENZA DI OMESSO INVITO DELL AMMINISTRAZIONE AL CONTRIBUENTE DI FORNIRE CHIARIMENTI.

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Circolare N.23 del 16 febbraio INPS: partono i controlli sui versamenti fittizi del TFR

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ARTICOLO 23 DEL D.L. 5/2012 CONVERTITO DALLA LEGGE 35 DEL 4 APRILE 2012

AMPLIATI I SERVIZI ON LINE DELL INPS: E ORA POSSIBILE INVIARE CON UN UNICO FILE FINO A 50 RICHIESTE DI VISITE MEDICHE PER CIASCUN DATORE DI LAVORO.

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Oggi parliamo di N 15/2011

DAL 1 GIUGNO 2013 I DATORI DI LAVORO, FINO A 10 DIPENDENTI, DOVRANNO EFFETTUARE LA VALUTAZIONE DEI RISCHI SECONDO I NUOVI STANDARD.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 25 GENNAIO 2012.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 27 OTTOBRE 2016

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CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 13 GIUGNO 2012

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LAVORATORI EXTRA : COMUNICAZIONE DI ASSUNZIONE IL GIORNO PRECEDENTE DA INTEGRARE, CON I DATI MANCANTI, NEI TRE GIORNI SUCCESSIVI.

LA LEGITTIMITA DEL PROVVEDIMENTO DI DESTITUZIONE DAL PUBBLICO IMPIEGO VA VALUTATA IN BASE AL PRINCIPIO DEL TEMPUS REGIT ACTUM

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 1 LUGLIO 2013

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 11 MAGGIO 2011.

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CORTE DI CASSAZIONE- SEZIONE PENALE- SENTENZA N. 662 DEL 13 GENNAIO 2011

AGENZIA DELLE ENTRATE - RISOLUZIONE N. 80/E DEL 24 LUGLIO 2012

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N DEL 4 LUGLIO 2013

Transcript:

ovvero. Agenda un po insolita per appunti.. mica tanto frettolosi con il gradito contributo del Centro Studi O. Baroncelli N 6/2016 Napoli 15 Febbraio 2016 (*) Gentili Colleghe e Cari Colleghi, nell ambito di questa collaudata e gradita iniziativa editoriale di comunicazione e di immagine, collegata alla instancabile attività di informazione e di formazione che caratterizza il CPO di Napoli. Oggi parliamo di. LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL DIPENDENTE CHE DURANTE IL PERIODO DI MALATTIA SVOLGE ATTIVITA' LAVORATIVA NEL BAR DELLA MOGLIE. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 586 DEL 15 GENNAIO 2016 La Corte di Cassazione, sentenza n 586 del 15 gennaio 2016, ha (ri)statuito che è da ritenersi legittimo il licenziamento irrogato al dipendente che durante il periodo di malattia svolge attività lavorativa anche nel caso in cui la stessa sia a titolo gratuito. Nel caso in disamina, un subordinato veniva pizzicato a svolgere attività lavorativa nel bar della moglie durante un periodo di assenza per malattia. Soccombente in entrambi i gradi di merito, il prestatore ricorreva in Cassazione. Orbene gli Ermellini, nell'avallare in toto il decisum di prime cure, hanno evidenziato che costituisce giusta causa di licenziamento lo svolgimento di attività lavorativa, anche se a titolo gratuito, durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia. Pertanto, atteso che nel caso de quo il datore di lavoro aveva dimostrato, mediante idonee prove acquisite da un investigatore, che il proprio dipendente aveva svolto attività lavorativa, in modo continuativo, nel bar della 1

moglie, durante l'assenza per malattia, i Giudici di Piazza Cavour hanno confermato la legittimità dell'atto di recesso. LA MANCATA CORRESPONSIONE AD UN DIPENDENTE DI INDENNITA' DI MALATTIA E ASSEGNI FAMILIARI PORTATI A CONGUAGLIO NEI CONFRONTI DELL'INPS INTEGRA IL REATO DI INDEBITA PERCEZIONE DI EROGAZIONI A DANNO DELLO STATO. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE - SENTENZA N. 4404 DEL 3 FEBBRAIO 2016 La Corte di Cassazione Sezione Penale -, sentenza n 4404 del 3 febbraio 2016, ha statuito che la condotta del datore di lavoro, che pone indebitamente a conguaglio con i contributi dovuti all'inps le somme dovute ai dipendenti e mai corrisposte, integra non già il reato di truffa, bensì quello di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p.. Nel caso in specie, all amministratore unico di una società veniva contestato di avere posto indebitamente a conguaglio con i contributi dovuti all INPS le somme dovute ad alcuni dipendenti a titolo di indennità di malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, somme in realtà mai corrisposte, così inducendo in errore l INPS circa l effettivo ammontare delle somme dovute e procurandosi l ingiusto profitto. La Corte d Appello di L Aquila aveva confermato l affermazione della penale responsabilità dell imputato ex art. 640 c.p. (id: reato di truffa). Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l imputato rilevando che, invero, i crediti esposti a compensazione erano di fatto esistenti, pertanto, non aveva posto in essere dei raggiri nei confronti dell Ente previdenziale. La Suprema Corte ha accolto il ricorso ed ha preliminarmente ricordato come, la questione dell inquadramento giuridico della suddetta condotta abbia trovato, nella giurisprudenza, soluzioni diverse in ordine alla configurabilità del reato di truffa ex art. 640 c.p., per aver indotto in errore l'istituto previdenziale, ovvero, del reato di appropriazione indebita, per difetto dell'elemento del danno patrimoniale nei confronti dell'istituto previdenziale. Orbene, gli Ermellini hanno ritenuto che nessuna delle soluzioni sopra richiamate possa essere condivisa. In particolare, i giudici hanno statuito che la condotta 2

perpetrata dal datore di lavoro vada inquadrata esclusivamente nella fattispecie criminosa relativa alla indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p.. La Suprema Corte ha concluso, pertanto, ribadendo il seguente principio di diritto: Integra il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato di cui all art. 316-ter c.p., la condotta del datore di lavoro che, mediante la fittizia esposizione di somme corrisposte al lavoratore a titolo di indennità per malattia, assegni familiari e cassa integrazione guadagni, ottiene dall INPS il conguaglio di tali somme, in realtà non corrisposte, con quelle da lui dovute all Istituto previdenziale a titolo di contributi previdenziali e assistenziali, cosi percependo indebitamente dallo stesso Istituto le corrispondenti erogazioni. PER LA PROROGA DEL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO NON E RICHIESTA LA FORMA SCRITTA AD SUBSTANTIAM. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 1058 DEL 21 GENNAIO 2016 La Corte di Cassazione, sentenza n 1058 del 21 gennaio 2016, ha statuito che in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, per la proroga del contratto non è necessaria la forma scritta ad substantiam, ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 1 e 4 del d.lg. 368 del 2001. IL FATTO Nel caso in specie una lavoratrice faceva ricorso ai Giudici di merito in quanto, dopo essere stata assunta con due successivi contratti a termine, il primo dei quali successivamente prorogato, lamentava l'illegittimità dei contratti stessi e della relativa proroga, avvenuta senza forma scritta. Sia il giudice di prime cure che la Corte di appello rigettavano le domande. La lavoratrice pertanto, ricorreva in Cassazione, insistendo sulla necessità della forma scritta per la proroga del primo contratto. Orbene, i Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza de qua, hanno evidenziato, uniformandosi a costante giurisprudenza di legittimità in materia, come il d.lgs. n. 368/01 (art. 4) non prevede, a differenza di quanto stabilito dall'art. 22, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 in tema di somministrazione di lavoro (cfr. Cass. n. 21520/2014), che la proroga del contratto a tempo determinato debba avvenire per iscritto. Peraltro 3

neppure nell'impianto di cui alla L. n. 230/62 era previsto che la pattuizione di una proroga dovesse avvenire con atto scritto, anche se in quel caso la mancata prescrizione di forma era superflua, posto che la prosecuzione del contratto oltre la durata iniziale comportava tout court la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato (art. 2 L. n. 230/62). In tale contesto, hanno concluso i Giudici nomofilattici deve ritenersi che la mancata previsione della forma scritta per la proroga sia oggi bilanciata dai nuovi e più flessibili meccanismi sanzionatori, comportanti maggiorazioni retributive per la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza iniziale, oltre alla trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato qualora tale prosecuzione superi i detti limiti di venti o trenta giorni (a seconda che la durata iniziale del contratto sia inferiore o superiore a sei mesi), lasciando intatto l'onere in capo al datore di lavoro di provare l'esistenza delle ragioni obiettive che giustificano la proroga, essendo tali meccanismi, peraltro, non contrari ad alcuna norma di legge e neppure si pongono in contrasto con il diritto comunitario. Per le considerazioni di cui sopra il ricorso è stato rigettato con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. LA CONDANNA PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA E EVITATA SE LA RESTITUZIONE DEL PATRIMONIO SOTTRATTO AVVIENE PRIMA DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO. CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE PENALE SENTENZA N. 4790 DEL 4 FEBBRAIO 2016 La Corte di Cassazione Sezione Penale -, sentenza n 4790 del 4 febbraio 2016, ha statuito che il rappresentante di una società dichiarata fallita può comunque evitare la condanna penale per bancarotta mediante la reintegra del patrimonio societario entro la data di dichiarazione di fallimento. Nel caso di specie, i Giudici di Piazza Cavour, ribaltando il decisum dei Giudici Territoriali, hanno acconto in toto le doglianze del presidente del consiglio di amministrazione di una S.p.A., dichiarata fallita, accusato di aver distratto degli importi di finanziamenti erogati ad altre società partecipate e ritenuto responsabile del reato ex art. 216 r.d. 267/1942, che aveva, però, reintegrato il 4

patrimonio sociale mediante pagamenti e compensazioni con crediti anteriormente il fallimento. Tali restituzioni, secondo la Corte d Appello di Trieste, sarebbero state tuttavia inidonee ad elidere la distrazione in quanto intervenute in epoca in cui il dissesto della società si era già manifestato. Ex adverso, la S.C., con la sentenza de qua, non ha condiviso tale argomentazione, ove cioè si presuppone l individuazione del dissesto societario, visto in alternativa alla dichiarazione di fallimento, come limite massimo di efficacia alla restituzione, ai fini della ravvisabilità per la condotta in esame della irrilevanza penale. Infatti, gli Ermellini, rifacendosi a precedenti pronunce (sentenza n 52077 del 04/11/2014), hanno ribadito che la funzione attribuita alla dichiarazione di fallimento è in palese contrasto con tale tesi, rispetto all'offesa tipica del reato di bancarotta, identificando specificamente nella pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento il momento entro il quale la reintegrazione del patrimonio di impresa è ancora in grado di eliminare anche la sola potenzialità del danno per i creditori. L AMMINISTRATORE UNICO NONCHE SOCIO DI MAGGIORANZA NON PUO ESSERE DIPENDENTE DELLA SOCIETA. CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N. 2327 DEL 5 FEBBRAIO 2016 La Corte di Cassazione, sentenza n 2327 del 5 febbraio 2016, ha (ri)confermato che fra amministratore unico e società di capitali non può esserci alcun rapporto di lavoro subordinato. Nel caso in commento, entrambi i gradi di merito confermavano l operato dell Inps in ordine al disconoscimento del rapporto di lavoro subordinato intercorso, dall 11/02/1987 al 06/07/1995, con la società di cui il ricorrente era amministratore unico e socio di maggioranza. Inoltre, rigettavano la richiesta del ricorrente di risarcimento danni nei confronti dell'inps per essersi trovato carente dei requisiti necessari alla pensione di anzianità. Nel caso de quo, gli Ermellini, nel confermare l'iter logico giuridico della Corte di merito, e respingendo i sei motivi posti a base del ricorso, hanno inteso evidenziare che, sulla scorta del disconoscimento del rapporto di lavoro in sede giudiziale, ben dovevano essere note al ricorrente le conseguenze derivanti 5

dall'invalidità della contribuzione. Inoltre, in materia di responsabilità, il danno subito quale conseguenza del proprio comportamento, cagionato dalla costituzione di un rapporto di lavoro in violazione delle norme, non può essere imputato alla Pubblica Amministrazione (ex art. 1227 cc, comma 1). Ad maiora IL PRESIDENTE EDMONDO DURACCIO (*) Rubrica contenente informazioni riservate ai soli iscritti all Albo dei Consulenti del Lavoro di Napoli. Riproduzione, anche parziale, vietata. Con preghiera di farla visionare ai Praticanti di studio!! Ha redatto questo numero la Commissione Comunicazione Scientifica ed Istituzionale del CPO di Napoli composta da Francesco Capaccio, Pasquale Assisi, Giuseppe Cappiello, Pietro Di Nono e Fabio Triunfo. Ha collaborato alla redazione il Collega Francesco Pierro 6