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Transcript:

Gruppo: Valle del Sarca - Cima: Piccolo Daìn Via: Canna d organo - Versante: Diedro Sud Aperta da: B. Detassis R. Costazza (1938) Relazione utilizzata: Dinoia L, Casari V. 93 arrampicate scelte in Dolomiti Edizioni Melograno, 1984 Commento: P. Gorini (2009) Ho sempre assimilato il nome di Bruno Detassis a tre pareti ben precise e per tre motivi diversi. La prima, la più imponente, è la parete NE del Crozzon di Brenta, dove Detassis disegnò quella che da tutti è conosciuta come la Via delle Guide e che è forse la sua via più famosa. La seconda è la parete NE della Brenta Alta. Dire Detassis alla Brenta Alta significa indicare un itinerario difficile non solo per l arrampicata ma difficile anche da individuare perché a tratti sale in parete aperta, dove qualsiasi punto è ugualmente quello giusto e non. La terza è la parete sud del Piccolo Daìn in Valle del Sarca, dove un pilastro, fuoriuscendo a sbalzo dal resto della parete e protendendosi imponente sopra l abitato di Sarche, suggerisce l immagine di una gigantesca canna d organo che, a sua volta, delimita un regolare diedro, percorso nel 38 da Detassis in due giorni di dura arrampicata, a sì l è dura la pu dura come lo stesso Signore del Brenta l aveva ricordata in un intervista. Questo itinerario, come suggerisce A. Gogna, ha storicamente avuto un grande merito: quello di essere stato probabilmente il primo, fra quelli di grande difficoltà, che hanno costruito la fama delle pareti di una delle più ridenti vallate prealpine del Trentino. Per questo, da buon frequentatore della Valle ho deciso di percorrere la Canna d organo. A questa erano legati pochi ma pungenti ricordi dei commenti che un amico, assai più bravo di me, aveva espresso su quella salita e che si riassumevano sostanzialmente attraverso due aggettivi: dura e severa. E benchè per altre caratteristiche riportate da comuni amici, la via non sembrasse avere quelle che in genere inducono a preferire una via rispetto a molte altre, il valore storico di quella ascensione e l aspirazione di conoscere più da vicino il difficile in versione Detassis, mi hanno spinto ad affrontarla. A salita compiuta cosa è possibile dire? Innanzitutto vorrei evidenziare che arrivare all attacco non è banale a causa della roccia non buona e spesso ricoperta di detrito, al punto che non ho ritenuto fuori luogo legarmi, seppure per breve tratto. Avvicinandosi al diedro risulta ben evidente la vegetazione che lo abita, ma durante la salita questa si rivela una risorsa. Infatti la non abbondante chiodatura impone integrazioni della sicurezza, che però non sempre si ottengono con l impiego dei comuni mezzi disponibili. Piante e arbusti invece verranno utilmente sfruttati allo scopo, se si parte dotati di una ridondante scorta di fettucce e cordini, per poterli accalappiare secondo una tecnica che la frequentazione della Valle del Sarca ha insegnato a tutti i suoi estimatori. Vegetazione purtroppo vuol dire presenza di terriccio e roccia non sempre delle migliori che costringono invariabilmente a rivedere il tipo di arrampicata, che diventa assai tecnica, prevalentemente in spinta. Le soste sono in genere buone e con un po di spirito di adattamento possono accogliere anche tre alpinisti, consentendo la salita anche alle cordate da tre. Una sola sosta si presenta un po precaria ed è quella posta all uscita del camino liscio che è da rinforzare (necessari i chiodi). Quanto detto per le soste vale solo per quelle che ho effetivamente sfruttato, di fatto la metà di quelle segnalate sia nella relazione di Dinoia (1984) che in quella di Filippi (2007) tra la prima e l ottava. In quel tratto della salita, infatti, ho doppiato tutte le lunghezze di corda (necessarie a tal scopo le corde da 60 m), sostando dunque 4 volte. Il 9 ed il 10 tiro li ho percorsi separatamente: sarebbero stati 70 metri, un po troppi per le mie corde. Non ritengo tuttavia impossibile la manovra, decidendo però di fermarsi (scomodamente) non appena raggiunte le prime piante del bosco sommitale. Vorrei ricordare che la risalita del camino liscio rappresenta un vero e proprio pezzo di antiquariato arrampicatorio fatto di opposizione a tutti i costi lungo quei 10 12 metri delimitati da due pareti tanto levigate quanto sprotette, una vera inconsuetudine. E fuori dubbio quindi che una tale salita non può essere definita come banale e non mi riferisco alle difficoltà. Così non mi sento di consigliarla se non a chi ricerca sapori forti in puro stile Valle del Sarca: la Canna d organo ne riserva di più. (P.S. Qui gli spits pag.1/6

non sono ancora arrivati!) (P. Gorini A. Zavatti M. Manfrini, 18.10.2009) (A seguire, alcune immagini della salita) Il Piccolo Daìn incombe sull abitato di Sarche La Canna d organo e il diedro della via Detassis Il Lago di Toblino Prime piante pag.2/6

una buona dotazione di cordini Soste abbastanza comode All inizio della terza lunghezza la via risulta evidente pag.3/6

M. Manfrini alla seconda sosta Poco sotto l ingresso del camino liscio Entro o non entro? Ci sto di misura! pag.4/6

Roba da claustrofobia Finalmente fuori! Sul penultimo tiro di corda pag.5/6

Muro a secco naturale Un tiro alla cima Generazioni diverse in cima Dalla cima del Daìn verso Pietramurata e Dro pag.6/6