Numero pagine pag 1 di 4 Terza Parte A CHI ESITA Le impressionate immagini di questo tempo, tutte, mi si appoggiano sul cuore e lo caricano con peso. I DUE SIAMESI Tutte le impressionate foto - tutte le orchestrate miserie - le micidiali manovre che aprono il sangue. Tutto io vedo da qui - schiantate ragazze rovinate, corpi esplosi, pezzi di carne bruciata, ginocchia nel fango che supplicano per un figlio per un padre, dita secchissime si tendono verso un cibo, e segnature di polsi legati, vedo, il ragazzo rinchiuso chiama una madre che lo ha venduto. Ah! Mondo mio! Ti vedo nel tuo strazio d'ossa nella fatica di chi non ce la fa della madre che odia i suoi bambini nevrotici, del pane buttato sotto la tavola. Gente che non piange teste crollate solitudini analizzate su un lettino e gocce in soccorso. Vedo il raggrinzito cuore dell'infanzia, ossicino buttato sopra un letto - agnello torturato dal lupo sessuale - bambini, divinità nostre, le sole che ancora abbiamo, ossicini nostri rovinati. Vedo impazzire l'agnello fra le grinfie del lupo, vedo i suoi visceri venduti sui banchi di un buio mercato.
Numero pagine pag 2 di 4 E i nostri ragazzi come portano male la bellezza. Ora. E tutta una energia spesa, vedo verso mete da niente. Ostello chiuso del cuore opera rotta quella dell'uomo ora opera corrotta, storta, contorta. Cuore mio cuore mio sei stanco anche tu dell'uomo, che pare cosi mal fatto? Ma io? lo? lo? Io? lo sono due volte io. Questo infelice corpo doppio la mia disgrazia è il mio ornamento. Ora. Da qui io vedo più chiaramente da questo picco estremo deforme. Vedo ti vedo, vedo ti sento ti sento e vedo - tutto lo vedo assai somigliante, somigliante a qualcosa che non mi spiego. C'è in me qualcosa più vecchio di me. C'è in me qualcosa senza guscio né ossa, più vecchio di me. C'è in me un me che se ne stava tranquillo e guardava la mia carne uscire dalla madre la mia voce scassare la camera in attesa - mia inafferrabile sostanza mio aggancio al bordo d'ogni slargatura mio fascio di millenni bruciati in cenere mio antico me. Fammi entrare nella tua eterna danza fammi entrare fammi entrare fammi entrare non lasciarmi qui, dentro un nome,
Numero pagine pag 3 di 4 dentro un piccolo cognome. C'è qualcosa in me più vecchio di me intravisto nell'attimo della rovina, ai bordi del mio sbando, proprio sull'orlo, e nella gioia piena, mia antichità serena ti offro ciò che di me non dura ciò che il dente del tempo divora nel setaccio dell'anno e dell'ora. Un me in me più vecchio di me sgorga da quello ogni parola che non si consuma. C'è in me qualcosa che somiglia somiglia al fondo di ogni cosa. Di notte mi chiama nell'ora spaventosa del buio mi chiama ora s'insinua nel presente forte chiama forte e paziente perché il tempo è il suo gioco e quando vuole lo smette. Fuori dal nome chiama e dalla forma che al nome risponde e la bellezza non è che l'ombra della sua luce il chiodo a cui s'appende l'involucro e la parvenza. Qualcosa in me è più vecchio di me e ora mi pilota in un'uscita entrata verso luminescenze viste appena nel sogno. E la stanchezza tutta ristorata
Numero pagine pag 4 di 4 e la paura della rosa che cade petalo dopo petalo scompare nell'abisso della sua chiamata, la paura ignorante del sangue che si crede d'essere lui tutta la sostanza. In te e in me qualcosa più vecchio di me e di te - di te che tremi e forse non vedi ora l'identico fondale lo stesso impasto, lo stesso pane che ci affratella. - Chiedimi un dono - Che diano e ricevano felicità - Chiedimi ancora un dono - Che la felicità non muti, che sia perfetta.