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Transcript:

Episodio di BADIA PETROIA CITTÀ DI CASTELLO 08.07.1944 Nome del Compilatore: ALVARO TACCHINI, TOMMASO ROSSI I. STORIA Località Comune Provincia Regione Badia Petroia Città di Castello Perugia Umbria Data iniziale: 08/07/1944 Data finale: Vittime decedute: Totale U Bam bini (0-11) Ragazz i (12-16) Adult i (17- Anzia ni (più s.i. D. Bambi ne (0-11) Ragazze (12-16) Adult e (17- Anzian e (più S. i Ign 9 9 1 7 1 Di cui Civili Partigiani Renitenti Disertori Carabinieri Militari Sbandati 9 Prigionieri di guerra Antifascisti Sacerdoti e religiosi Ebrei Legati a partigiani Indefinito Elenco delle vittime decedute 1. Margutti Marino, nato nel 1920, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, Trestina (Città di Castello), contadino; riconosciuto partigiano della brigata San Faustino Proletaria d'urto [senza indicazioni temporali], «civile fucilato a Città di Castello l'8 luglio 1944». 2. Ramaccioni Adolfo di Enrico, nato nel 1909, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, 3. Ramaccioni Domenico di Enrico, nato nel 1922, residente in voc. Pian de' Brusci di Badia Petroia, 4. Ramaccioni Enrico, nato nel 1876, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, Trestina (Città di Castello), contadino; riconosciuto partigiano della brigata San Faustino Proletaria d'urto [senza indicazioni temporali], «civile fucilato a Pian dei Brusci l'8 luglio 1944». 5. Ramaccioni Mario di Enrico, nato nel 1926, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia,

6. Ramaccioni Ruggero di Enrico, nato nel 1907, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, 7. Sorbi Ignazio, nato nel 1889, coniugato con Schiappelli Rosalinda, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, Trestina (Città di Castello), contadino; riconosciuto partigiano della brigata San Faustino Proletaria d'urto [senza indicazioni temporali], «civile fucilato a Pian dei Brusci l'8 luglio 1944». 8. Sorbi Ottavio di Ignazio e Schiappelli Rosalinda, nato nel 1928, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, Trestina (Città di Castello), contadino; riconosciuto partigiano della brigata San Faustino Proletaria d'urto [senza indicazioni temporali], «civile fucilato a Pian dei Brusci l'8 luglio 1944». 9. Sorbi Settimio di Ignazio e Schiappelli Rosalinda, nato nel 1922, residente in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, Trestina (Città di Castello), contadino; riconosciuto partigiano della brigata San Faustino Proletaria d'urto [senza indicazioni temporali], «civile fucilato a Pian dei Brusci l'8 luglio 1944». Altre note sulle vittime: Sopravvivono altri 22 componenti delle famiglie Sorbi e Ramaccioni, esclusivamente donne e bambini (se maschi, inferiori a 15 anni) ad eccezione dei fratelli Attilio e Stefano Sorbi, figli di Ignazio, uno ferito l'altro risparmiato. Sopravvivono anche, sebbene feriti, Pio Pettinari (15-16 anni) e Guido Margutti, quest'ultimo presumibilmente fratello di Marino, ma non si dispone di ulteriori dettagli sui loro casi. Non è coinvolto nella strage Realino Rammaccioni, altro figlio di Enrico, non ancora rientrato dalla Grecia (si salvano sua moglie e il figlioletto). Si salva anche un altro adulto della famiglia Sorbi, Alessandro, privo di una gamba. Partigiani uccisi in combattimento contestualmente all episodio: Descrizione sintetica Il contesto in cui si consuma la strage dell'8 luglio sono i campi in vocabolo Pian de' Brusci di Badia Petroia, non lontano dalla frazione di Trestina, dove si trovava il podere lavorato a mezzadria dalle famiglie Sorbi e Ramaccioni. Ai primi di luglio il fronte è fermo a Bonsciano, un paio di km a sud in linea d'aria rispetto al podere. La gente è da tempo abituata a scappare e nascondersi, nei boschi per sfuggire agli improvvisi rastrellamenti e nelle cantine per salvarsi dalle bombe, che oltretutto hanno bloccato i lavori di mietitura. Diversi tedeschi sono già passati per queste case, malconci e spaventati, chiedendo e sempre ottenendo qualcosa da mangiare e da bere. Mai un problema finché una pattuglia, composta anche da tre italiani, verso le 18 dell'8 luglio irrompe dentro la cantina dove sono nascoste quattordici persone della famiglia Sorbi, sedici della famiglia Ramaccioni e Marino Margutti, loro cugino. La casa e gli annessi vengono perquisiti e messi sottosopra, ma non vi è traccia degli inglesi che vanno cercando e dicono di avere visto aggirarsi in zona. Vengono allora portati tutti al comando, compresi donne e bambini, ma solo dopo avere già messo al muro Mario e Ruggero Ramaccioni per una fucilazione che poi non viene eseguita. Durante il tragitto Stefano Sorbi vede accasciarsi al suolo, svenute, sua moglie e Maria Ramaccioni, moglie di Enrico, si ferma per soccorrerle e coraggiosamente rifiuta di proseguire, nonostante le insistenze di un soldato che gli spiana contro il mitra. Questi dopo una decina di minuti se ne va, mentre le due donne non hanno ancora ripreso i sensi; è così che si salva Stefano Sorbi. Arrivati al comando vengono divisi in due gruppi: da una parte i maschi ultraquindicenni, dall'altra donne e ragazzini, rinchiusi in un seccatoio. I dieci uomini (tra cui Ottavio Sorbi, che di anni ne ha solo 16), vengono sistemati in due file, fatti uscire e proseguire verso il bosco. Ad un certo punto viene imposto l'alt, si chiede a ciascuno se è italiano e, vista la risposta

inevitabilmente affermativa, si ordina a tutti di fare tre passi indietro. Una prima raffica li falcia alle gambe, la seconda al petto per uccidere, ma Attilio Sorbi riesce ad evitarla, perché essendosi accasciato subito viene solo sfiorato. È in quel frangente che sente distintamente una voce in perfetto italiano chiedere il colpo di grazia. Il macabro rituale si interrompe subito prima che venga suo il turno, perché una granata inglese esplode nelle vicinanze e mette tutti in fuga. Al comando, nel frattempo, le donne hanno sentito tutto, ma non possono pensare che le due raffiche siano proprio per i loro familiari. Quando vedono rientrare la pattuglia non fanno in tempo a porgere domande che vengono immediatamente sbattute fuori e brutalmente informate del fatto che gli altri sono tutti morti. Nei medesimi frangenti Attilio Sorbi prova ad alzarsi ma le gambe non lo sorreggono, cerca qualcuno vivo e gli sembra che ancora lo sia Domenico Ramaccioni, che però proprio fra le sue braccia esala l'ultimo respiro. Persa ogni speranza cerca almeno di portarsi in salvo lui, con la cintura e la camicia blocca le emorragie e riesce a raggiungere un fossato profondo un metro circa, giusto in tempo per evitare il ritorno della pattuglia. Questi si mettono a contare i cadaveri accorgendosi subito che ne manca uno e questo ne scatena l'ira. Cominciano ad urlare e a sparare all'impazzata, tanto che qualche colpo cade anche dall'altra parte del fosso, a pochi passi da lui. Terminato lo sfogo depongono i cadaveri sopra uno dei mucchi di grano radunato e se ne vanno; è lo stesso sotto il quale inizialmente si era nascosto Attilio. Lui, una volta che la pattuglia è a debita distanza, inizia a muoversi usando quasi esclusivamente le braccia, certamente all'oscuro del destino degli altri congiunti nel frattempo dileguatisi in varie direzioni. Così, dopo diverse ore e qualche km, alle prime luci dell'alba del 9 luglio arriva a Lugnano, dove già ci sono gli inglesi e qualcuno che lo soccorre. Modalità dell episodio: Fucilazione. Violenze connesse all episodio: Alcuni cadaveri vengono privati dei loro averi e uno di loro, Marino Margutti, mutilato. Tipologia: Ritirata. Esposizione di cadaveri Occultamento/distruzione cadaveri II. RESPONSABILI O PRESUNTI RESPONSABILI TEDESCHI Reparto Ignoto. Nomi: Cinque militari tedeschi. ITALIANI Ruolo e reparto

Nomi: Tre fascisti italiani, due dei quali certamente del posto, vestiti con divise tedesche. Note sui presunti responsabili: Oltre alla 44. Infanterie Division Hoch-und Deutschmeister, presente sin da aprile, in quella fase sono nel territorio di Città di Castello: - 114. Jäger Division, proveniente dalla sezione settentrionale dell'appennino umbro-marchigiano, responsabile il 22 giugno della strage dei 40 Martiri di Gubbio; - 305. Infanterie Division; - Compagnia comando del 3. battaglione della Fallschirm-Panzergrenadier Division Hermann Göring ; - Flak Abteilung 851. Trattandosi del giorno immediatamente precedente all'abbandono di questa specifica sezione dell'alta valle del Tevere (sebbene la permanenza in zona vada avanti sino alla fine del mese e oltre), non è da escludere che si tratti di uomini di un reparto esclusivamente di passaggio. In una dichiarazione resa ad un rappresentante della Public Safety Special Division della ACC il 27 marzo 1945, Attilio Sorbi fa i nomi di un certo Puletti da Città di Castello, di Giampiero Pierleoni, figlio del dentista della zona, e di un certo così gli è stato riferito secondo la sua descrizione Vaccari. Estremi e Note sui procedimenti: III. MEMORIA Monumenti/Cippi/Lapidi: Edicola con lapide sul luogo dell'uccisione delle nove vittime (s.d.). Toponomastica dedicata nella zona dove è avvenuta la strage. Musei e/o luoghi della memoria: Onorificenze Commemorazioni Annuali e molto partecipate. Note sulla memoria Le vicende della Resistenza e della violenza nazifascista sono ancora molto radicate, e commemorate, in tutta la comunità altotiberina.

IV. STRUMENTI Bibliografia: Angelo Bitti, La guerra ai civili in Umbria (1943-1944). Per un Atlante delle stragi nazifasciste, Isuc, Perugia; Editoriale Umbra, Foligno 2007, pp. 105n, 116-117, 149-150, 187. Mario Innamorati, I fucilati di Pian dei Brusci, in Sergio Bovini (a cura di), L'Umbria nella Resistenza, II, Editori Riuniti, Roma, 1972, pp. 86-92. Tommaso Rossi, Tracce di memoria. Guida ai luoghi della Resistenza e degli eccidi nazifascisti in Umbria, Isuc, Perugia; Editoriale Umbra, Foligno 2013, pp. 355-362. Alvaro Tacchini, Città di Castello 1921-1944. Dal fascismo alla Liberazione, Petruzzi, Città di Castello 1990, pp. 313-314. Alvaro Tacchini, Guerra e resistenza nell alta Valle del Tevere 1943-44, Petruzzi, Città di Castello, 2015. Fonti archivistiche: AS Isuc, ANPI Terni, Resistenza/Liberazione, b. 2 «Riconoscimento qualifiche 1943-1948». AS Perugia, Corte d'appello di Perugia, Processi penali, b. 34, f. 604. Sitografia e multimedia: DHI Roma, La presenza militare tedesca in Italia 1943-1945. http://www.storiatifernate.it/ Altro: V. ANNOTAZIONI Nella sua testimonianza riportata nel brano di Mario Innamorati citato in Bibliografia, Attilio Sorbi, oltre alle difficoltà della ripresa della vita lavorativa qualche settimana dopo la strage, considerata la pressoché totale assenza di braccia abili al lavoro, accenna a quelle da lui incontrate come ferito con danni permanenti per il riconoscimento di una congrua pensione, tra l'altro periodicamente ridotta. Ricorda in particolare che un giorno fu affrontato in maniera sprezzante dall'ufficiale medico del Distretto militare di Perugia presso il quale si era recato a sostenere la visita di ruotine. L'ufficiale lo affrontò con tale frase: «Se i tedeschi volevano fucilarti vuol dire che non eri un cazzo de bono!», lui fu fermato mentre stava scagliandogli addosso un tavolo. Le vittime di questa strage sono state impropriamente qualificate come partigiani combattenti caduti. VI. CREDITS ANGELO BITTI, Istituto per la storia dell'umbria contemporanea. TOMMASO ROSSI, Istituto per la storia dell'umbria contemporanea. ALVARO TACCHINI, Istituto di Storia Politica e Sociale Venanzio Gabriotti. Ispettore Archivistico Onorario dell Umbria.