KAIRÓS 11/2001 SOMMARIO KAIRÓS KRONOS. La Parola. La Tradizione. La Preghiera. Letture Spirituali. Editoriale. Esistenza semplice S.

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Transcript:

KAIRÓS 11/2001 SOMMARIO KAIRÓS Editoriale 2 La Parola Esistenza semplice S.Pagani 4 La Tradizione In principio la Parola Card. C.M. Martini 9 La Preghiera I Salmi dell Ascensione Salmo 121 14 Letture Spirituali Gregorio Magno 16 KRONOS Verità della fede e dialogo delle culture Se cerchi un libro 25 31

La Parola Kairós 11/2001 4 PREGHIERA E DONO DELLO SPIRITO (Lc 11,1-13) S. Pagani 1. La preghiera di Gesù Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare 2. La preghiera dei discepoli... e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: a. Il Padre Nostro Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione». b. Insegnamenti sulla preghiera

Kairós 11/2001 5 Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!». 1. LA PREGHIERA DI GESU' La preghiera di Gesù è essenziale, segreta, misteriosa. Come la nostra. L'atto essenziale della preghiera trascende sempre le formule che la esprime. Ci sono tante preghiere senza parole. I suoi discepoli lo hanno visto pregare. Molto spesso lo hanno sentito (in ebraico il verbo "pregare" si traduce con "gridare"). Nei momenti importanti della sua vita Gesù ha sempre pregato. ha voluto che udissero la sua preghiera. Ha voluto parlare della nostra preghiera partendo dalla sua. Consideriamo la preghiera di Gesù nel suo popolo e la sua preghiera personale: a. La preghiera di Gesù nel suo popolo.

Kairós 11/2001 6 * Gesù da buon ebreo ha partecipato alla preghiera del suo popolo. Gesù saliva al tempio per le feste (Gv); per lui il tempio è casa di preghiera. Solo Luca riferisce l'episodio in cui Gesù dodicenne sale al tempio con i suoi genitori: le prime parole di Gesù sono per dire che il suo Padre è nei cieli, e le sue ultime parole sulla croce sono "Padre nella tua mani consegno il mio spirito" (Lc 23.46). * Gesù nel giorno di sabato lo vediamo entrare nella sinagoga. * Gesù apre i pasti con la benedizione * Gesù cita come comandamento più grande la preghiera giudaica dello shemà: Ascolta Israele. * Gesù conosceva a memoria i salmi, ed essi hanno formato il suo modo di parlare. b. La preghiera personale di Gesù Gesù dà un posto considerevole alla preghiera. Marco ne parla in due occasioni. Luca dà molto più spazio: 1. Il battesimo di Gesù (3,21): Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì 2. Preghiera della predicazione (5,16): Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare. 3. Preghiera nella scelta degli Apostoli (6,12):In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. 4. Preghiera prima di invitare i discepoli alla professione di fede (9,18):Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: «Chi sono io secondo la gente?». 5. La preghiera della Trasfigurazione (9,28-29):Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. c. Le preghiere di Gesù 1. Lode per la realizzazione della missione (10,21):In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e

Kairós 11/2001 7 disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare». 2. La preghiera per Pietro tentato (22,31-32):Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». 3. La preghiera sul monte degli Ulivi (22,39-46):Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all'angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione». 4. La preghiera del perdono ((23,34):Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte. 5. La preghiera sulla croce (23,46): Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. Attraverso queste cinque preghiere scopriamo alcune caratteristiche essenziali della preghiera di Gesù: a. la preghiera di Gesù è una preghiera filiale: iniziano tutte con la invocazione del Padre (eccetto in Mc-Mt in cui si dice Mio Dio, mio Dio, mi hai abbandonato...). Questo ci invita a cogliere la relazione profondissima tra Gesù e il Padre, e a pensare alla infinita tenerezza della preghiera cristiana. - nella mia preghiera qual è il Volto di Dio che mi è più consueto?

Kairós 11/2001 8 b. la preghiera di Gesù è una preghiera che è sempre in profonda relazione con la missione di Gesù. Gesù prega il Padre perché vede che il regno di Dio si avvicina, la rivelazione è presente, la storia è salvata, la tentazione può essere vinta. Missione e preghiera in Gesù stanno profondamente insieme. - so contemplare i segni della vicinanza del regno? c. la preghiera di Gesù è una preghiera di lenta e dolorosa sottomissione alla volontà del Padre, un abbandono totale nelle sua mani; questo avviene anche in momenti di angoscia, di solitudine, di agonia. - come so affidarmi, attraverso la preghiera, al Padre nei momenti più difficili della vita? Come mi preparo alla consegna definitiva dello spirito a Dio nell'atto supremo del morire. 2. LA PREGHIERA DEI DISCEPOLI a. Il Padre Nostro In Luca il Padre nostro è nato dal desiderio di Gesù di difenderli da una falsa religiosità farisaica. Deve essere una preghiera sincera (viene dal cuore) e concreta (viene dal bisogno reale). Le domande del Padre Nostro esprimono contemporaneamente il volto di Dio (Padre), la sua misericordia (il regno è vicino), l'abbandono in Lui (la sua volontà sia fatta) e la salvezza degli uomini dai bisogni quotidiani (pane) dalle relazioni difficili (perdono) da una libertà fragile (tentazione) Gli elementi del Padre nostro costituiscono una autentica scuola di preghiera cristiana: la preghiera deve sempre avere questi riferimenti: - Il Padre (il volto di Dio) - Il Regno ( la vicinanza di Dio, i segni della grazia...) - Il Pane (il bisogno corporeo quotidiano : cibo, salute, corpo) - Il Perdono (il senso della misericordia, del peccato, amore tradito, le relazioni difficili...) - La Tentazione (il senso della fragilità umana, il bisogno di vigilanza...) Per Luca il Padre nostro altre due caratteristiche: - è un contrassegno di comunione (si riconoscono nella comunità)

Kairós 11/2001 9 - è un'introduzione per la sequela ( è la parola che rivela la misericordia fino al dono di sé sulla croce; dice la presenza fino ad Emmaus) b. Insegnamenti sulla preghiera Due sono gli insegnamenti sulla preghiera in Luca: la necessità di insistere e il dono dello Spirito Santo, come primo dono e anima della preghiera cristiana. L'insistenza nella fede porterà il dono della preghiera cristiana: il dono dello Spirito di Gesù. Se ti affiderai al Signore ti insegnerà a pregare. Insegnaci a pregare: non significa tanto a dire il Padre nostro, ma a fare la volontà del Padre, come ha fatto Gesù. Non mi devo chiedere soltanto se prego, ma se la mia preghiera è come quella di Gesù. La prima cosa che chiedo nella preghiera è la preghiera stessa: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e sarà aperto. Ricorderò 1. I linguaggi e le forme della preghiera - Mi interrogo anche sulla verità dei miei linguaggi di preghiera: la preghiera di lode, il ringraziamento, la domanda, l'intercessione, la richiesta di perdono, la supplica per non cadere nella tentazione... - Mi interrogo anche sulla biografia della mia preghiera: come è cambiata in questi anni, se è cambiata, come si è purificata, quale posto ha il Signore nella preghiera, quale posto ho io? Riconsidero il rapporto tra preghiera e sentimenti, stanchezze, aridità, tempi, gesti di carità...

Kairós 11/2001 10 Quando la preghiera entra nelle dinamiche della Pasqua di Cristo allora si fa cristiana. Il centro della preghiera cristiana e l'eucaristia. 2. Preghiera e comunità cristiana. - Il contesto di Luca è strettamente comunitario: è il «segreto di un gruppo» (come Giovanni con i suoi discepoli). Mi interrogo sul rapporto fra coscienza comunitaria e preghiera, contro ogni riferimento individualistico (pregare senza fratelli) o retorico (con troppe parole o senza fatica). - Ripenso alla mia preghiera a al suo esito di carità: per questo leggerò l'inno alla Carità (1Cor 13). Penso alla relazione tra preghiera personale e partecipazione liturgica (Eucaristia e liturgia delle Ore).

La Tradizione Kairós 11/2001 12 Lettera pastorale del Cardinale Carlo Maria Martini per l'anno 1980/81 LA DIMENSIONE CONTEMPLATIVA DELLA VITA RECUPERO DI VALORI La proposta di riflettere sulla dimensione contemplativa della vita intende provocare implicitamente il recupero di alcune certezze che nei confusi e pur fecondi anni appena trascorsi hanno patito qualche scolorimento o qualche eclissi. Tali sono l'importanza religiosa del silenzio, il primato, nella persona umana, dell'essere sull'avere, sul dire, sul fare; il giusto rapporto persona-comunità. Naturalmente, il recupero di questi valori non può significare abbandono o misconoscimento di quelli che il recente passato ha posto giustamente in rilievo, come la preghiera della comunità che coralmente canta e parla con Dio, la necessità che alla professione di fede e alla lode segua la coerenza della testimonianza e delle opere, l'importanza della dimensione ecclesiale in tutti gli ambiti dell'esistenza cristiana. Ma pare venuto il momento di ricordare, in vista di una sequela di Cristo più intensa e armoniosa, che l'abitudine alla contemplazione e al silenzio feconda e arricchisce la preghiera vocale e comunitaria; che non si dà azione o impegno che non sgorghi dalla verità dell'essere profondo dell'uomo che in Cristo è stato rinnovato ed esaltato; che

Kairós 11/2001 13 proprio la coscienza e la libertà delle singole persone, con le loro convinzioni, le loro speranze e i loro propositi, costituiscono l'autenticità e il pregio di ogni esistenza associata nel nome del Signore. PAURA E FASCINO DEL SILENZIO Il silenzio. Se in principio c'era la Parola e dalla Parola di Dio, venuta tra noi, è cominciata ad avverarsi la nostra redenzione, è chiaro che, da parte nostra, all'inizio della storia personale di salvezza ci deve essere il silenzio: il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare. Certo, alla Parola che si manifesta dovranno poi corrispondere le nostre parole di gratitudine, di adorazione, di supplica; ma prima c'è il silenzio. Se, com'è avvenuto per Zaccaria, padre di Giovanni Battista, il secondo miracolo del Verbo di Dio è quello di far parlare i muti, cioè di sciogliere la lingua dell'uomo terrestre ricurvo su se stesso nel canto delle meraviglie del Signore, il primo è quello di far ammutolire l'uomo ciarliero e disperso (cfr. Lc 1, 20-22). Possiamo anzi dire che la capacità di vivere un po' del silenzio interiore connota il vero credente e lo stacca dal mondo dell'incredulità. L'ESSERE CHE SI RENDE CONSAPEVOLE DAVANTI A DIO Preghiera ed essere dell'uomo. Considerata nella sua natura profonda e nel suo momento originario, la preghiera non è attività che si giustappone estrinsecamente all'uomo: sgorga dall'essere, stilla e fluisce dalla realtà di ogni uomo. Potremmo dire che la preghiera è, in qualche modo, l'essere stesso dell'uomo che si pone in trasparenza alla luce di Dio, si riconosce per quello che è e, riconoscendosi, riconosce la

Kairós 11/2001 14 grandezza di Dio, la sua santità, il suo amore, la sua volontà di misericordia, insomma tutta la divina realtà e il divino disegno di salvezza come si sono rivelati nel Signore Gesù crocifisso e risorto. Prima ancora che parola, prima ancora che pensiero formulato, la preghiera è percezione della realtà che immediatamente fiorisce nella lode, nell'adorazione, nel ringraziamento, nella domanda di pietà a Colui che è la fonte dell'essere. PREGHIERA SILENZIOSA ED EUCARISTIA La preghiera nasce dunque dal mistero stesso dell'uomo. Ciascuno è invitato a riscoprire nel silenzio e nell'adorazione la sua chiamata ad essere persona davanti a un Tu personale che lo interpella con la sua Parola. Ma il cristiano vive l'esperienza della sua preghiera, anche la più silenziosa e segreta - che egli fa «entrando nella propria camera e chiusa la porta» (Mt 6, 6) - come membro di una Chiesa che ha nella Eucaristia la fonte e il culmine della sua adorazione e della sua lode. In quale rapporto sta la preghiera silenziosa con l'eucaristia? LASCIARSI COINVOLGERE DA CRISTO Eucaristia e Chiesa. E' necessario prima di tutto chiarire il rapporto tra Eucaristia e Chiesa. L'Eucaristia, con tutta l'economia sacramentale che essa riassume, è il «segno» voluto da Cristo stesso e da Lui continuamente gestito, addirittura con una presenza personale e reale, per mediare tra quel «segno» definitivo e inesauribile dell'amore di Dio, che è la Pasqua, e il segno che è la Chiesa. Questa infatti è la comunità di coloro che «f anno memoria» di Cristo e del suo mistero pasquale, e che in forza del Cristo stesso che si rende presente tra loro mediante l'eucaristia, si amano come Egli li ama e, testimoniando l'amore verso tutti, cercano di inserire tutti in questa comunione d'amore che viene da Dio.

Kairós 11/2001 15 Va superata quindi una concezione un po' impersonale e quasi meccanica del rapporto tra Eucaristia e Chiesa, quasi che la Chiesa, fatta dall'eucaristia, sia un'entità separata dalla libertà, dall'intelligenza, dalla corrispondenza dei battezzati. Non c'è vera e piena Eucaristia senza la partecipazione personale del credente. OBBEDIENZA E ATTESA Fede, speranza ed Eucaristia. Il collegamento tra preghiera ed Eucaristia appare più chiaro se consideriamo il rapporto tra Eucaristia e virtù teologali. L'Eucaristia è la forma esemplare che plasma la vita della Chiesa e dei singoli credenti sul modello della Pasqua. In questa luce il frutto fondamentale dell'eucaristia è la carità, come capacità di dare la vita come l'ha data Gesù. Ma a riferimento a Gesù colloca la carità entro le coordinate della fede e della speranza: Gesù dona la vita in nome e in forza di uno speciale rapporto «contemplativo» con il Padre. Questo rapporto di abbandono fiducioso, di ascolto, di obbedienza può essere descritto, nella sua estensione, a ogni credente in Cristo, come rapporto di fede e di speranza. La fede esprime la sicurezza dell'alleanza, l'affidamento del credente alla fedeltà amorosa del Padre che ha risuscitato dai morti Gesù Cristo. La speranza si estende oltre le insicurezze, i rischi, le contraddizioni di una libertà umana che è sempre tentata di infedeltà. Facendo continua memoria delle promesse di Dio e riconducendo i propri progetti al progetto del Padre, il cristiano si apre al futuro del Regno di Dio, può progettare, può sperare e attendere il compimento definitivo dei suoi desideri. Ora è proprio attorno ai valori della fede e della speranza cristiana che si costruisce l'immagine cristiana della preghiera: - sia nella sua motivazione profonda:

Kairós 11/2001 16 la preghiera cristiana è inserzione del credente nel rapporto di comunione filiale che Cristo ha con il Padre, allo scopo di esprimere nella carità il volto del Padre, riflesso nel volto di Cristo; - sia nelle sue espressioni fondamentali: in connessione con la fede, la preghiera è lode, adorazione, ringraziamento, riconoscimento del Padre, affidamento a Lui; in connessione con la speranza, la preghiera è intercessione, domanda, implorazione che accoglie in sé i desideri dell'uomo, ma integrati e purificati nel desiderio fondamentale di fare, nella fede, la volontà del Padre. Il cuore si apre alle dimensioni del Regno e alle sue realizzazioni ecumeniche e missionarie. In questo quadro generale della preghiera cristiana prendono il loro giusto posto i suoi vari aspetti: quello liturgico-sacramentale, quello personale e quello comunitario, quello del cuore e quello delle labbra, quello del silenzio teso all'ascolto e quello della vigilante applicazione di ciò che si è ascoltato al tessuto storico quotidiano. Non è dunque possibile cogliere il frutto specifico dell'eucaristia, che è la carità, senza camminare nella via della fede e della speranza. Ma questo suppone un esercizio costante di silenzioso ascolto della Parola di Dio e di abbandono fiducioso al Suo piano di salvezza.

La Preghiera Kairós 11/2001 SALMO 122 FINCHÈ ABBIA PIETÀ DI NOI Due uomini salirono al tempio a pregare... Il pubblicano, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore!». (Lc 18,10.13) Supplica personale e comunitaria di estrema semplicità e tenerezza, che si risolve in un continuo gioco di sguardi. Gli occhi dei servi spiano con lo sguardo le mani dei loro padroni per cogliere anche il più piccolo tratto di un segno della loro volontà e della loro benevolenza. Questo atteggiamento ripreso dal vivo dal mondo cortigiano orientale (indimenticabile è lo scriba del museo del Cairo, con la mano pronta sul papiro e gli occhi fissi al suo signore, è applicata alla speranza del povero.

Kairós 11/2001 Il povero sa che le mani del Signore, appena si muoveranno, creeranno giustizia e libertà, distruggendo i potenti oppressori. Perciò i «miei occhi sono sempre fissi su Jahwé perché liberi i miei piedi dal laccio» (Sl 25,15 e «si consumano i miei occhi nell attesa del mio Dio» (Sl 69,4 (Ravasi. La forza di questo salmo è tutta in quegli occhi e in quelle mani. Gli occhi sono gli occhi di un povero, di un servo, arrossati dal pianto; gli occhi di uno - di ciascuno di noi - che ha bisogno solo di pietà, di tanta pietà. Occhi abituati tra il disprezzo e lo scherno di una cultura avvera (i superbi greci, che accompagnano qualsiasi schiavitù. Ma le mani del padrone, questa volta, sono le mani di Dio: mani che creano, che cercano, che sollevano, che redimono. Mani di un Dio che abita nei cieli. Mani di un Figlio crocifisso sulla terra. Mani di una Madre congiunte in preghiera. Per consentire ai nostri poveri occhi di levarsi ancora fino ai cieli, per riconoscere il volto del Padre. 1Canto delle ascensioni. Di Davide. A te levo i miei occhi,

Kairós 11/2001 a te che abiti nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni; come gli occhi della schiava, alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi. Pietà di noi, Signore, pietà di noi, già troppo ci hanno colmato di scherni, noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi. Preghiamo. Con infinita speranza contempliamo, Signore, le tue mani sante, inchiodate per noi sulla Croce: il nostro sguardo umile e supplice attiri su di noi la pietà del Padre che è nei cieli; la sua tenerezza e la sua misericordia riempia la nostra vita.

Kairós 11/2001 16 Letture Spirituali FRANCESCO D ASSISI (1182 1226) Francesco nasce ad Assisi nel 1182 in una ricca famiglia di mercanti; suo padre, Pietro Bernardone, è commerciante di tessuti con la Francia. Dopo gli studi dell adolescenza (imparò il latino e conobbe le letterature di Francia), si affiancò al padre nel commercio conducendo intanto una vita brillante e mondana. Successivamente, avendone la possibilità economica, si volse alla professione delle armi (benché provenisse da un ceto sociale inferiore a quello dei cavalieri), ricercando la gloria nelle imprese militari. In seguito a un duro periodo di prigionia e a una malattia che dovette legarsi a un periodo di angoscia e depressione (1204-05), maturò la coscienza di voler vivere integralmente e con pieno rigore secondo il Vangelo. L inquieta ricerca esistenziale che Francesco sperimenta in questi anni fu propiziata dall incontro e dall abbraccio con un lebbroso: la solidarietà che Francesco sentì per lui costituisce un anticipazione delle successive, drastiche rotture che caratterizzano la conversione di Francesco (si ricordi che allora i lebbrosi erano perseguitati e confinati al di fuori delle mura cittadine). Subito dopo, infatti, Francesco rinunciò pubblicamente ai beni paterni e a una mentalità che faceva del denaro il valore dominante e il criterio di riferimento (primavera del 1206). Dopo due anni di romitaggio, con un piccolo gruppo di dodici compagni nel 1208 cominciò la predicazione del Vangelo, praticando la povertà più assoluta ed esortando alla sequela di Cristo, alla fraternità e alla concordia. Francesco dava così origine all Ordine dei frati minori; esso ricevette una prima approvazione orale da papa Innocenzo III (1210), successivamente da papa Onorio III (1223). In questo modo Francesco, pur in linea con numerose istanze di rinnovamento religioso proprie di quegli anni, talora polemiche con la Chiesa romana, sceglieva per sé la strada dell ubbidienza e dell ortodossia. Successivamente l ardore apostolico lo spinse fino in Oriente, in Egitto e in Palestina (1219-20), alla corte del Sultano. Tornato in Italia si dedicò alla organizzazione della

Kairós 11/2001 17 comunità, che in breve aveva raggiunto centinaia di richieste di adesione. Ammalato e quasi cieco visse gli ultimi anni in eremi e conventi dell Italia centrale, in particolare ritirato sul monte della Verna dove nel 1224 ricevette le stimmate, ultimo suggello della sua imitazione di Cristo. Morì presso Assisi la sera del 3 ottobre 1226; due anni dopo venne canonizzato da papa Gregorio X. LAUDES CREATURARUM 1 Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so le laude, la gloria e l honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu Te mentovare. 5 Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. 10 Laudato si, mi Signore, per sora luna e le stelle: in celu l ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si, mi Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento. 15 Laudato si, mi Signore, per sor aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si, mi Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. 20 Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Kairós 11/2001 18 Laudato si, mi Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore et sostengo infirmitate et tribulatione. 25 Beati quelli ke l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si, mi Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a cquelli ke morrano ne le peccata mortali; 30 beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no l farrà male. Laudate e benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. IL LUOGO E I TEMPI DELLA COMPOSIZIONE Il Cantico di frate sole o Laudes creaturarum ( Cantico delle creature ) fu composto da Francesco intorno al 1224, probabilmente a San Damiano, dopo una notte di prove e di tentazioni, segnata dall esperienza della cecità spirituale, ma al termine della quale Francesco aveva avuto l intuizione della certezza di possedere il Regno. San Damiano è un luogo particolarmente caro a Francesco: lì, molti anni prima, subito dopo la conversione, aveva provveduto a restaurare una piccola chiesa cadente. Una parte delle fonti più antiche riferisce che il Cantico, inizialmente, si limitasse ai vv. 1-22 e che solo in un secondo tempo, per sciogliere un conflitto tra il vescovo e il podestà di Assisi (cioè tra l autorità ecclesiastica e quella politica) furono aggiunti i vv. 23-26 sul perdono, mentre la strofa finale sarebbe stata composta da Francesco che sentiva ormai vicina «sora nostra morte corporale». Tuttavia è probabile che queste fonti abbiano interpretato così il Cantico per poterlo riferire a circostanze biografiche precise, secondo un gusto tipico di quegli anni; esso invece sarebbe stato scritto da Francesco in un unico momento. IL TITOLO Quale fosse lo scopo di Francesco quando compose questo testo, uno dei primissimi della nascente letteratura italiana, lo rivela il titolo Laudes creaturarum.

Kairós 11/2001 19 Per gli uomini contemporanei di Francesco, chierici o laici che fossero, il termine laudes ( lodi ) aveva un valore tecnico: laudes infatti sono gli ultimi salmi del Salterio (148-150) che venivano recitati all alba per ringraziare Dio del rinnovato dono della luce. Esso, inoltre, richiamava anche il Cantico di benedizione dei tre ragazzi scampati al fuoco della fornace ardente di cui racconta il profeta Daniele (Dn 3, 51-90). Francesco dunque volle comporre una preghiera in volgare per tutti coloro che, vivendo nel mondo e non conoscendo il latino, desiderassero lodare il Signore. Si spiega così, allora, anche il secondo termine, creaturarum ( delle creature ): tutto il creato diventa infatti strumento efficace e privilegiato perché l uomo possa cantare la sua lode a Dio; non dunque lode per le creature, ma lode rivolta dall uomo a Dio attraverso il creato: secondo la persuasione, ben radicata nella coscienza cristiana medievale, di poter attingere l essere divino attraverso il creato non per via speculativa, ma per procedimento contemplativo e ammirativo, dunque affettivo. Così Francesco, giunto ormai alla fine della sua vita, dopo aver usato normalmente il francese e il latino per cantare le lodi del Signore, avvertì l urgenza di trovare una forma linguistica e poetica inedita, necessaria per dire qualche cosa di nuovo che fosse comprensibile anche agli illetterati. Anche per questo compose, oltre al testo, la musica del Cantico (che purtroppo oggi non possediamo più), raccomandandosi che fosse eseguito. Struttura e temi: la teologia della lode La prima parte del Cantico (vv. 1-22) si apre con una professione di umiltà (vv. 1-4). Francesco si rivolge a Dio con gli aggettivi «altissimo» e «onnipotente» per indicare come Egli si manifesti al creato senza cessare di essere trascendente. Dio inoltre si rivela come «bon», cioè sommo bene, fonte di ogni bene : è questo modo di essere proprio di Dio che rivela la bontà intrinseca di tutto il creato e il suo aspetto benefico verso l uomo (questo anche in polemica con chi nel Medioevo, per es. i catari, affermava una concezione negativa dell universo fisico e della realtà corporea). I primi versi, rivolti al destinatario del Cantico, cioè a Dio, terminano con il riconoscimento che le lodi convengono solo a Lui («ad Te solo, Altissimo, se konfano») e con una professione di umiltà in cui è dichiarata l inadeguatezza dell uomo a parlare di Dio («et nullu homo ène dignu Te mentovare»). Proprio da questa dichiarazione di ineffabilità si sviluppa la poesia della lode.

Kairós 11/2001 20 Nei vv. 5-22 le creature divengono tramite tra l uomo e Dio. Non si tratta di lodare Dio perché ha creato il mondo (Dio, infatti, sarebbe comunque da lodare, il ringraziamento non è determinato dalla creazione), ma di riconoscere e proclamare la Sua grandezza e la Sua bellezza attraverso la sua azione sulle creature: una forma di preghiera, questa, ben nota alla tradizione biblica e liturgica. Tuttavia, diversamente da quanto avviene nel salmo 148 (una delle fonti a cui il Cantico fa riferimento) Francesco seleziona drasticamente gli elementi naturali, limitandosi a nominare, dopo i soggetti astrali (sole, luna, stelle), i quattro elementi costitutivi del mondo sublunare: vento, acqua, fuoco, terra. Così nel Cantico, con una modalità fortemente sintetica, è evocata tutta la realtà cosmica di cui l uomo gode nella sua esistenza quotidiana, essa però non è esplicitata, piuttosto è riassunta e ricapitolata nei suoi elementi fondativi primordiali. Per Francesco dunque la preghiera della lode, mentre si manifesta come cantico affettivo, richiede una forte tensione intellettuale: tutto l uomo è coinvolto nella lode e la ragione, alimentata dalla fede, trova il suo ruolo proprio nell elaborazione di una visione sintetica del reale che si rivela potentemente teologica. A questa stessa mentalità vanno ricondotti anche gli epiteti tipicamente francescani di «frate» e «sora»: adottati perché le creature sono riconosciute, come l uomo, figlie di Dio. Si tratta di una novità linguistica assai cara a Francesco che, in Cristo, riconobbe nei suoi fratelli la fraternità nei peccati, nella misericordia, nella carità, nella povertà. Anche così Francesco, un giorno orgoglioso soldato, imparò e insegnò a destituire l orgoglio. Per capire lo stato d animo di Francesco, si dovrà inoltre ricordare che verso la fine della sua vita, a causa di una malattia agli occhi, era diventato quasi cieco: nelle invocazioni a frate fuoco e a frate giorno bisogna pensare che è un quasi cieco che parla. La seconda parte del Cantico (vv. 23-33) porta nell invocazione di lode la presenza dell uomo. Per Francesco l uomo, creatura di Dio e quindi di per sé buono, si configura essenzialmente come mistero di libertà sempre oscillante tra bene e male. Solo all uomo è riservata la possibilità di essere peccatore oppure di uniformare la propria vita a quella di Gesù. Per questo solo «quelli ke perdonano per lo tuo amore», cioè che sono benevoli e misericordiosi, possono con la loro vita cantare la lode del Signore; a essi si aggiungono coloro sperimentano qualche forma di sofferenza fisica o spirituale («infirmitate et tribulatione»). I misericordiosi e i sofferenti, dunque, rivelano per Francesco una particolare vicinanza al cuore e al modo di essere di Gesù; con la lode che la loro vita esprime, essi si fanno interpreti delle beatitudini evangeliche (Mt 5, 1-12).

Kairós 11/2001 21 Il Cantico giunge alla conclusione con un richiamo alla morte corporale (vv. 27-31) che induce alla meditazione sul tempo che passa. Per la prima volta nella storia del mondo occidentale la morte è chiamata «sora» ( sorella ). Francesco, che qui sapeva di non avere più molto tempo da vivere, riconosce nella morte l aiuto estremo dato all uomo per congiungersi col suo Creatore. Ma, di nuovo, la riflessione sulla condizione provvisoria della nostra vita gli sollecita un ammonizione rivolto alla libertà e alla volontà dell uomo («guai a cquelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati»). Così il Cantico si chiude com era iniziato, con un invito a dar lode a Dio (vv. 32-33). Solo ora Francesco, dopo essersi sempre rivolto a Dio (continua è stata la ripetizione del pronome Te, a Te, de Te etc. e degli aggettivi tuo, tua etc. riferiti a Dio) si rivolge direttamente ai fratelli e alle sorelle per cui ha composto il Cantico, esortandoli a lodare e benedire il Signore, a ringraziarlo e a servirlo con grande umiltà. BENEDIZIONE A FRATE LEONE Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Volga a te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone. Lodi di Dio Altissimo Tu sei santo, Signore Iddio unico, che fai cose stupende. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l Altissimo. Tu sei il re onnipotente. Tu sei il Padre santo, re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dei. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero. Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio.

Kairós 11/2001 22 Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore. L origine di questi due testi, che ci rivelano (insieme ad altri) come pregasse Francesco, è così raccontata dal suo biografo ufficiale: «Un giorno il beato Francesco chiamò frate Leone e gli disse: portami carta e inchiostro perché voglio scrivere le parole del Signore e le sue lodi, che ho meditato nel mio cuore. Avuto ciò che aveva chiesto, scrive di propria mano le lodi di Dio e le parole che volle, e da ultimo la benedizione del frate dicendogli: Prendi questa carta e custodiscila diligentemente fino al giorno della tua morte» (TOMMASO DA CELANO, Vita seconda, 1246-47) Anche frate Leone raccontò gli straordinari avvenimenti di quella primavera del 1224 tra le rocce scoscese della Verna. Frate Leone non si separò mai da quel foglietto, custodito gelosamente fino alla morte avvenuta nel 1271: «Il beato Francesco, due anni prima della sua morte, fece una Quaresima sul monte della Verna, ad onore della beata Vergine Maria, Madre di Dio, e del beato Michele arcangelo, dalla festa dell Assunzione di santa Maria vergine fino alla festa di san Michele arcangelo; e la mano di Dio fu su di lui mediante la visione e le parole del serafino e l impressione delle stimmate di Cristo nel suo corpo; compose allora queste laudi, che sono scritte sul retro di questo foglio, e le scrisse di sua mano, rendendo grazie al Signore per i benefici a lui concessi». Oggi queste le due preghiere si conservano scritte dalla mano di Francesco su un piccolo pezzo di pergamena nel convento di S. Francesco ad Assisi.

Kairós 11/2001 23 TESTAMENTO DI S. FRANCESCO Il Signore concesse a me, frate Francesco, d incominciare così a fare penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi stetti un poco e uscii dal mondo. (...) È questo il primo paragrafo del Testamento di Francesco, l ultimo suo scritto, composto nel settembre 1226 pochi giorni prima di morire. 1. «Il Signore concesse a me»: giunto alla fine della vita, Francesco riconosce che protagonista è stato il Signore, la sua Grazia (v. anche 6); 2. «frate»: Francesco ha capito che il legame più profondo è la fraternità, espressa dalla novità del termine frate (v. Cantico). È, in Cristo, la fraternità nei peccati, nella misericordia, nella carità, nella povertà; Francesco, così, ha destituito l orgoglio; 3. «incominciare così a fare penitenza»: all inizio è la conversione, frutto dello Spirito; 4. «essendo io nei peccati»: la coscienza di essere peccatore è una dinamica mistica, non etica; 5. «vedere i lebbrosi»: i lebbrosi erano esclusi dalla società, respinti dalla vita comunitaria e ghettizzati: Francesco inizialmente condivide questa repulsione. Francesco sperimenta la difficoltà di guardare il mondo e i segni che dicono la presenza del male nella storia: essere nei peccati non permette di vedere il senso della croce, della sofferenza; 6. «il Signore stesso mi condusse tra loro»: il Signore conduce dove non si sarebbe mai pensato; 8. «ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo»: il miracolo: il luogo di sofferenza come luogo di rivelazione e pacificazione; la conversione si sperimenta nella misericordia (cfr. Lc 10, 35), è scoperta di letizia fisica e spirituale proprio in quei rapporti evitati prima per pregiudizio e ripugnanza;

Kairós 11/2001 24 9. «uscii dal mondo»: abbandonai la vita secolare (la rinuncia dell eredità paterna, gennaio-aprile 1206); è espressione tipica per indicare chi sceglie la vita monastica, per Francesco ha un significato soprattutto spirituale: la dedizione totale a Dio; nel «poco di tempo» (due o tre anni) si collocano il colloquio con il crocifisso in San Damiano e il mandato di riparare la Chiesa, la persecuzione paterna e la rinuncia all eredità davanti al vescovo di Assisi.

Se cerchi un libro Kairós 11/2001 31 Maximiliano Herraiz Garcìa LA PREGHIERA UNA STORIA D AMICIZIA EDB L. 28.000 La preghiera una storia d amicizia: soltanto tre parole, dense, saporose, ricche, universali. Ciascuna di esse, presa separatamente, ha un suo significato che può riferirsi a qualsiasi persona in qualunque situazione esistenziale. Per il credente la preghiera è parola chiave: già da sola ne interpreta l'esistenza, lo interpella come interrogativo e come esigenza di risposta. La storia attrae la persona, colta come fatto da leggersi per decifrare le orme dell'uomo di ieri, di oggi e di domani. L'amicizia interessa l'uomo così come è, senza aggettivi. Se si riflette, la preghiera, la storia e l'amicizia costruiscono l'uomo; lo misurano, lo qualificano, lo definiscono. L'itinerario descritto in questo volume è costruito attorno all'esperienza di Teresa d'avila ed è un itinerario per armonizzare e per unire preghiera storia e amicizia.. Philippe Ferlay IL SAPORE DEI GIORNI Ancora L. 18.000 Che sapore hanno i tuoi giorni? A questa domanda, ogni persona può dare le risposte più imprevedibili. La risposta del cristiano è che i giorni, vissuti con arte, possono avere il sapore appagante dell eternità. I capitoli di questo libro sapienziale sono «tracce di un cammino che insegna a vivere perché svela cos è la vita autentica, senza celare il prezzo che questa richiede» (dalla Prefazione di Enzo Bianchi- priore di Bose) Fratel Luca da Vertemate LA RUGIADA E LA CROCE Ancora L. 24.000 «Viviamo l agonia della fraternità umana». Questa amara affermazione, che Andrè Malraux riserva alla società, vale in una certa misura anche per le relazioni che si vivono nella Chiesa, nelle famiglie, nella vita religiosa, nei gruppi e nei movimenti. L autore di questo volume, commentando alcuni testi biblici, ci fa risalire a quelle radici cristianeche sole possono alimentare una fraternità vissuta come benedizione.