crea in me, o dio, un cuore puro mons. Andrea bruno mazzocato



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Transcript:

crea in me, o dio, un cuore puro mons. Andrea bruno mazzocato Cari fratelli e sorelle, nel suo messaggio per la Quaresima di quest anno, Papa Francesco ci dice: «Il cristiano ė chiamato a portare in ogni ambiente l annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza». Nella mia Lettera pastorale «Cristo, nostra speranza», ho quasi fatto eco alle parole del Papa ricordando a tutti: «Quale speranza più grande che sentirsi liberi dalla prigione dell egoismo e da quella più dura dell orgoglio e fare esperienza di un cuore che si allarga sempre più nell amore! Quale speranza più grande di sentire in noi la libertà di mettere tutta la vita e per sempre nelle mani di Gesù per essere piccoli segni del suo amore per la Chiesa e per tanti suoi e nostri fratelli!» (n. 35). La possibilità di incontrare il perdono per il male che abbiamo commesso è veramente il messaggio di speranza che Gesù ha portato agli uomini. Chiediamo la grazia di "avere un cuore puro" Il salmo 50 esprime questa speranza con una intensa invocazione: «Crea in me, o Dio, un cuore puro!». «Avere un cuore puro»: è il grande desiderio di quel credente che ha scritto questo straordinario salmo. Egli aveva fatto esperienza di quanto il peccato gli avesse rovinato il cuore che non era più puro, ma intossicato da sentimenti e bisogno di male. Aveva fatto, anche, esperienza di quanto il suo cuore poco puro avesse fatto del male alle persone che gli erano vicine. Nella Quaresima dell Anno della speranza, chiedo per me e per tutti voi, fratelli e sorelle, la grazia di sentire profondamente il desiderio di «avere un cuore puro». Il Signore ci aiuti a convincerci che la dignità più grande per un uomo sta nella qualità del suo cuore e la speranza di coloro che ci stanno vicino è quella di trovare in noi un cuore puro. Gesù stesso ha descritto la purezza del cuore nella parabola del Buon Samaritano che Papa Francesco cita nel suo messaggio quaresimale. Ha dichiarato beati i puri di cuore; coloro, cioè, che trovano la loro felicità nel vivere l amore di compassione, di tenerezza, di condivisione. Sulla croce, nel petto trapassato dalla lancia del soldato, ha mostrato a tutto il

mondo il suo Cuore puro, pieno di sconfinata fiducia in Dio Padre e di compassione per gli uomini. Dalla croce ha donato a noi, Maria, perché avessimo vicino una Madre col cuore immacolato e imparassimo anche da lei la purezza del cuore.a differenza di Maria, però, noi dobbiamo sempre implorare: Crea in me, o Dio, un cuore puro!. Per essere puro, infatti, il nostro cuore ha bisogno di essere sempre purificato dal perdono di Gesù. Accostiamoci al Sacramento della Riconciliazione Faccio mio, allora, l invito che Papa Francesco più volte ha fatto di non stancarci di riconoscere i nostri peccati e affidarci al perdono misericordioso del Signore. Dio non si stanca mai di accoglierci anche se per anni e anni torniamo a presentargli le stesse miserie e debolezze. Siamo noi che rischiamo di stancarci di confessare i peccati e di invocare il suo perdono. Quando ci stanchiamo di riconoscere i peccati e di chiedere al Signore Gesù di essere purificati nel cuore, significa che ci siamo rassegnati ad avere un cuore poco puro, inquinato dai vizi capitali. Purtroppo questa rassegnazione è diffusa e un segno è la poca frequenza al sacramento del perdono che Gesù ha voluto nella Chiesa. Prendiamoci l impegno quaresimale di accostarci, almeno una volta prima di Pasqua, al sacramento della Riconciliazione per confessare i nostri peccati e invocare da Gesù il perdono e il suo Spirito Santo che purifica il nostro cuore.

Invito i sacerdoti ad essere il più disponibili possibile per accogliere i penitenti che desiderano confessare i loro peccati nel sacramento della Riconciliazione. Ringrazio Dio per i nostri santuari mariani, vere oasi della consolazione e della misericordia. Chi li frequenta può trovare sempre un confessore disponibile a farsi mediatore della compassione di Gesù donando il Suo Perdono. So che in città e nella diocesi ci sono altre chiese in cui viene assicurata ai penitenti la possibilità di accostarsi al sacramento del Perdono. Per questo incoraggio tutti i sacerdoti, diocesani e religiosi, a perseverare in questo straordinario ministero che, grazie all ordinazione sacra, hanno ricevuto il potere di esercitare. Ai miei confratelli nel sacerdozio rivolgo, in questo Messaggio quaresimale, una parola particolare: «Come sugli apostoli, anche su di noi Gesù risorto ha soffiato il suo Santo Spirito e ci ha investiti della sua stessa missione di misericordia: Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete non saranno rimessi. Vi ricordo, inoltre, che c è bisogno anche di frequenti catechesi sull importanza del sacramento della Riconciliazione, su come viverlo, su come prepararsi, sulla gioia della conversione. Portiamo in ogni ambiente, come invita Papa Francesco, l annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Insegniamo ai nostri cristiani a ripetere la del penitente del salmo 50: Crea in me, o Dio, un cuore puro. Li guideremo sulla strada della vera speranza, la strada della purezza di cuore». Dai cuori purificati sgorgano i sentimenti del Cuore di Gesù e di Maria: la pazienza, la compassione, la delicatezza, il perdono, il rispetto della dignità di ogni persona. Quanto ha bisogno questa società di cuori puri che sappiano contrastare le tendenze diaboliche che vogliono erodere sempre più a fondo la dignità della persona, senza risparmiare, ormai, neppure i bambini! Prego per me e per voi, cari fratelli e sorelle, perché alla fine della nostra esistenza terrena possiamo sentirci dire: Beato, perché sei puro di cuore.

La grazia della gioia e della magnanimità osservatore romano, mercoledì 19 giugno 2013 «Intellettuali senza talento, eticisti senza bontà, portatori di bellezze da museo»: sono queste le categorie di «ipocriti che Gesù rimprovera tanto». Le ha indicate Papa Francesco nella messa di mercoledì mattina, 19 giugno, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, soffermandosi sull ipocrisia che c è anche nella Chiesa e sul male che essa produce. Con lui hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e l arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che accompagnavano due gruppi di officiali e collaboratori dei rispettivi dicasteri. All omelia il Pontefice ha ricordato che «il Signore parecchie volte nel vangelo parla dell ipocrisia» e «contro gli ipocriti», elencandone i tre episodi più significativi. Il primo quando i farisei vogliono mettere Gesù alla prova, chiedendo se fosse lecito pagare le tasse a Cesare (Matteo 22, 15-22); il secondo, quando i sadducei gli sottopongono il caso della donna vedova sette volte (Matteo 22, 24-30). Da questi primi episodi emerge per il Papa una categoria specifica di ipocriti; quelli che «andavano sulla strada della casistica» e in questo modo «volevano fare cadere Gesù in una trappola». La terza volta in cui si fa riferimento agli ipocriti in modo «più forte ancora» ha fatto notare il Santo Padre è nel capitolo 23 del vangelo di Matteo, quando Cristo si rivolge agli scribi e ai farisei con un richiamo che il Pontefice ha riassunto così: «Ipocriti, voi che non entrate nel regno dei cieli, non lasciate entrare gli altri; ipocriti voi che allargate i filattèri e allungate le frange». Questa tipologia di ipocriti rientra per Papa Francesco in una seconda casistica: quella di coloro che vanno per la strada dei precetti, attraverso «tanti precetti a causa dei quali la parola di Dio non sembra feconda»; e «anche per la strada della vanità», quella dei filattèri e delle frange. «Si fanno vanitosi e finiscono per rendersi ridicoli», ha commentato. Insomma ha riassunto i propri pensieri il Santo Padre «i primi son o gli ipocriti della casistica, sono intellettuali della casistica», che «non hanno l intelligenza di trovare, di spiegare Dio»;

restano solo nella «casistica: fino qui si può, fino qui non si può». Sono, ha detto attualizzando il discorso, «cristiani intellettuali senza talento». I secondi sono invece quelli dei precetti, che «portano il popolo di Dio su una strada senza uscita. Sono eticisti senza bontà. Non sanno cosa sia la bontà. Sono eticisti: si deve far questo, questo, questo... Riempiono di precetti» ma «senza bontà». Si adornano con «drappi, tante cose per fare finta di essere maestosi, perfetti»; e tuttavia «non hanno senso della bellezza. Arrivano soltanto a una bellezza da museo». Ma ha avvertito Papa Francesco «la storia non finisce». E nel vangelo del giorno (Matteo 6, 1-6. 16-18) «il Signore parla di un altra classe di ipocriti, quelli che vanno sul sacro». Questo caso, ha avvertito, è il più grave, perché sfiora il peccato contro lo Spirito Santo. «Il Signore ha detto parla del digiuno, della e dell elemosina: i tre pilastri della pietà cristiana, della conversione interiore che la Chiesa propone a noi tutti nella Quaresima. E in questa strada ci sono gli ipocriti, che si pavoneggiano nel fare digiuno, nel fare elemosine, nel pregare. Io penso che quando l ipocrisia arriva a quel punto, nella relazione con Dio noi stiamo abbastanza vicini al peccato contro lo Spirito Santo. Questi non sanno di bellezza, questi non sanno d amore, questi non sanno di verità; sono piccoli, vili». Eppure non tutto è perduto. Un aiuto per intraprendere «la strada contraria» viene da quello che dice Paolo nella prima lettura (2 Corinzi 9, 6-11). L apostolo infatti, ha proseguito il Santo Padre, «ci parla di larghezza, di gioia. Tutti noi abbiamo la tentazione dell ipocrisia. Tutti. Tutti i cristiani. Ma tutti abbiamo pure la grazia, la grazia che viene da Gesù Cristo, la grazia della gioia, la grazia della magnanimità, della larghezza». Ebbene, se «l ipocrita non sa cosa sia gioia, non sa cosa sia larghezza, non sa cosa sia magnanimità», Paolo ci indica una strada alternativa fatta proprio «di gioia, di larghezza, di magnanimità». Da qui il richiamo di Papa Francesco «all ipocrisia nella Chiesa». «Quanto male ci fa a tutti!» ha esclamato. Anche perché «tutti noi abbiamo la possibilità di diventare ipocriti». Perciò il Pontefice ha invitato a pensare a Gesù, «che ci parla di pregare nel nascondimento, di profumarci la testa nel giorno del digiuno e di non far suonare la tromba quando facciamo un opera buona». In questo, ha assicurato citando la parabola di Gesù riportata nel vangelo di Luca (18, 9-14), nella «ci farà bene quell icona tanto bella del pubblicano: abbi pietà di me Signore, io sono un peccatore. E questa ha esortato è la che noi dobbiamo fare tutti i giorni, nella consapevolezza che noi siamo peccatori, ma con peccati concreti, non teorici». Nella stessa parabola, del resto, c è un altro atteggiamento da evitare, quello del fariseo, che il Papa ha stigmatizzato così: «Ma Signore, io faccio questo, sono in questa associazione... Non va». Al contrario ha concluso «chiediamo al Signore che ci salvi da ogni ipocrisia e ci dia la grazia dell amore, della larghezza, della magnanimità e della gioia».

Dal catechismo della Chiesa Cattolica 2697 La è la vita del cuore nuovo. Deve animarci in ogni momento. Noi, invece, dimentichiamo colui che è la nostra Vita e il nostro Tutto. Per questo i Padri della vita spirituale, nella tradizione del Deuteronomio e dei profeti, insistono sulla come «ricordo di Dio», risveglio frequente della «memoria del cuore»: «È necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri» 1.Ma non si può pregare «in ogni tempo» se non si prega in determinati momenti, volendolo: sono i tempi forti della cristiana, per intensità e durata. 2698 La Tradizione della Chiesa propone ai fedeli ritmi di destinati ad alimentare la continua. Alcuni sono quotidiani: la del mattino e della sera, prima e dopo i pasti, la liturgia delle Ore. La domenica, al cui centro sta l'eucaristia, è santificata soprattutto mediante la. Il ciclo dell'anno liturgico e le sue grandi feste rappresentano i ritmi fondamentali della vita di dei cristiani. 2699 Il Signore conduce ogni persona secondo strade e modi che a lui piacciono. Ogni fedele, a sua volta, gli risponde secondo la risoluzione del proprio cuore e le espressioni personali della propria. Tuttavia la tradizione cristiana ha conservato tre espressioni maggiori della vita di : la vocale, la meditazione, la contemplativa. Esse hanno in comune un tratto fondamentale: il raccoglimento del cuore. Tale vigilanza nel custodire la Parola e nel rimanere alla presenza di Dio fa di queste tre espressioni dei momenti forti della vita di. 1 San Gregorio Nazianzeno, Oratio 27 (theologica 1), 4: SC 250, 78 (PG 36, 16).