Lucinda Erlile LA DONNA DELLE MAGNOLIE



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Transcript:

Lucinda Erlile LA DONNA DELLE MAGNOLIE

Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale. Persone, fatti, e situazioni, sono interamente frutto della fantasia dell autrice.

www.booksprintedizioni.it Copyright 2013 Lucinda Erlile Tutti i diritti riservati

Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l ho ancora detto. Nazim Hikmet

Prendimi, prendimi, e ancora prendimi! Imprimi e stampa le tue labbra sulla mia carne: calda, palpitante e aperta, oltre al limitare della voragine che ci inghiotte. Magalynn Brown.

Dedicato a Magalynn Brown la mia amica di sempre.

I Sola Era una bellissima giornata luminosa. Lo capiva gettando lo sguardo ancora assonnato fra le fessure della pesante tenda ove, filtrando fra esse, la luce intesseva con fiammelle di fili lucenti i raggi del sole che, di certo, lei immaginava si levava alto nel cielo fuori dall ampia finestra. L astro era allo zenith e il calore che emanava penetrando nella stanza aveva velato il suo corpo nudo che ancora giaceva nell infuocato letto di fastidioso e appiccicoso sudore, specie all attaccatura della folta chioma abbandonata sul cuscino. Sentiva gli umori della primavera nell aria, quel profumo che, da sempre, annusava imperterrita come una cavalla selvaggia, malgrado tutto. Anche questa mattina era stata svegliata dal canto degli uccellini che si rincorrevano fra i rami degli alberi, dal fischio dei merli e dal grugare dei colombi che, con il loro UHUH caparbio e prolungato, l avevano staccata dolcemente dalle braccia di Morfeo. Certo, un risveglio ben diverso da quello a cui era abituata da ragazza, nel suo quartiere popolare, terra di nessuno, ove, di buon mattino, imperversavano, fino a pomeriggio inoltrato, le grida stridenti urlate nei megafoni dai venditori ambulanti, nonché i laceranti clacson delle auto in corsa, o costrette in file serrate dal traffico cittadino. Come ogni mattina, si accingeva a fare il suo solito pianto che l avrebbe sostenuta per tutta la giornata lasciando gli occhi stanchi per le notti insonni vuoti e asciutti. Immaginava quel serbatoio interno di carne, riempito di lacrime, che, dopo svuotato, si empiva di nuovo, condito da abbondanti manciate di sale, e peperoncino tritato, per rendere quei lucciconi più brucianti. Questa operazione preliminare era diventata necessaria, per scaricare la tensione della sua nuova situazione, con il pianto si liberava dal suo nervosismo, dalla rabbia così a lungo repressa e dai sentimenti negativi 11

che la pervadevano. Piangere era per lei un momento catartico con cui sbloccava tutte le sue emozioni e frustrazioni. L uomo della sua vita, quello di sempre, l aveva lasciata... alla soglia dei suoi quaranta anni, era stata..., sic et simpliciter piantata. Come un fusto di una pianta, un tempo ornamentale e, ora, non più idonea o funzionale. Lui, una mattina, l aveva presa da parte, non senza qualche titubanza e imbarazzo, e le aveva detto: Amo un altra donna, mi spiace, me ne vado. Poiché sono io ad aver sbagliato, e ad aver rotto il patto che ci univa, ti lascio la casa, e mi rendo disponibile a ogni tua necessità. Anche la mia auto ti lascio, mi stabilisco in città e un grosso suv come quello, è poco adatto per circolare nelle stradine del centro storico. Andrò a vivere nell appartamento che ho vicino all università e nei pressi del mio presidio medico chirurgico. Credo che l auto la userò pochissimo. Lo faceva, semplicemente, perché era un uomo molto ricco, o perché era un... mezzo... galantuomo? Forse... entrambe le cose. Era stata... trapiantata in quel casale, in cui viveva da ben venti anni, da quando, appena ventenne, era convolata a nozze con lui, dottor Peter Horns, chirurgo affermato già benestante di famiglia, che, tra l altro, aveva edificato un centro medico che per la funzionalità della struttura, era diventato ben presto un polo di riferimento anche per gli ospedali pubblici a cui si affiancava spesso per le operazioni più delicate e complesse. Bambini non erano arrivati, avevano effettuato esami e ricerche e si era scoperto che il colpevole del loro mancato arrivo era lui. Necrospermia. Nel suo seme, anziché pullulare la vita, solo cadaveri. Gli spermatozoi erano tutti morti. E, come se non bastasse, presentavano anche anomalie, l aveva rivelato lo spermiogramma che il medico interpellato aveva prescritto per lui, l esame che descrive le condizioni funzionali dello sperma, anomalie varie: della testa, del collo e della coda. Lei immaginava uccisi, forse, dalla sua eccessiva tranquillità, morti di... noia. Era un uomo così calmo e quieto che, inizialmente, gli spermatozoi si saranno addormentati e poi in seguito, avendoci preso gusto, non si erano mai più risvegliati, non trovando stimoli di sorta. 12