RIFLESSIONI SULLA LEGGE 27/2012 E LA CONSULENZA D UFFICIO

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1 NUMERO 67 Terzo Trimestre 2013 ANNO XVIII PERIODICO DEL SINDACATO NAZIONALE DEI FUNZIONARI E DELLE ALTE PROFESSIONALITÀ DEL SETTORE ASSICURATIVO ITALIANO Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento Postale 70% - LO-MI All interno RIFLESSIONI SULLA LEGGE 27/2012 E LA CONSULENZA D UFFICIO LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE SUL MANCATO O TARDIVO PAGAMENTO DEL PREMIO ASSICURATIVO BUONE PRASSI CONTRO IL MOBBING LA VALORIZZAZIONE DEL MERITO E DEL TALENTO COME MOTORE DELLO SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE LE GABBELLE NOVE... FIGLIE DI UN PADRE IGNOTO RAPPORTO KPMG CORPORATE FINANCE DAL TITOLO NON SOLO PREDE MOBBING E STRAINING 67

2 SOMMARIO Redazionale pag. 1 Riflessioni sulla legge 27/2012 e la consulenza d ufficio pag. 5 La giurisprudenza della Corte di Cassazione sul mancato o tardivo pagamento del premio assicurativo pag. 10 Buone prassi contro il mobbing pag. 12 La valorizzazione del merito e del talento come motore dello sviluppo economico e sociale pag. 15 Le gabbelle nove... figlie di un padre ignoto pag. 17 Rapporto KPMG Corporate Finance dal titolo Non solo prede pag. 21 Riforma vitale ignorata...risparmi di centesimi! pag. 24 Mobbing e Straining pag. 26 NOTIZIARIO The economists warning pag. 29 DIRITTO E DINTORNI Corte di Cassazione Sentenza 11 settembre 2013, n Demansionamento: al dipendente va risarcito il danno biologico permanente pag. 32 SPICCHI D ARTE Gli affreschi del Palazzo Cardinalizio dei Santi Quattro Coronati pag. 34 Riflessioni su Luciano Canzian pag. 36 ANNO XVIII N. 67 terzo trimestre 2013 Direttore responsabile - Marino D Angelo Redattore Capo - Lorenzo Capasso Hanno collaborato a questo numero: Marco Rossetti, Emilio Gironi, Vito Manduca, Angelo Misino, Alfredo Martini, Francesco Rotiroti, Roberto Vacca, Carla Spandonaro, Daniela Condò e Bruno Cardani Direzione e redazione via De Amicis, Milano; tel fax notizie@snfia.org Uffici di Roma - via XX Settembre, Roma; tel fax ; snfiaroma@tiscali.it Tipografia e stampa - Quadrifolio-Signum S.p.A. - Azzano S. Paolo (BG) Aut. Trib. di Milano in data al n. 591 Iscritto nel Registro degli Operatori di Comunicazione (R.O.C.) al n Distribuzione gratuita Associato Unione Stampa Periodica Italiana Associato Union Network International

3 NS n. 67 REDAZIONALE Dicono che l Italia sia la pecora nera di Eurolandia: infatti, insieme alla piccola Finlandia, sarebbe l unica che ha visto peggiorare i suoi indici di produttività. Personalmente, forse perché lo vedo quotidianamente, non mi fido degli indici : non per gli indici stessi, ma per il fatto che una medesima realtà può avere molteplici misurazioni in quanto i dati poi uno li aggrega e quando lo fa ci puoi mettere sempre qualcosa di tuo alterando, così, la realtà. Ma, scritto ciò e nella speranza che eventuali alterazioni siano sempre frutto di buona fede, resta il fatto che dal rapporto Competitività della Commissione emerge che non stiamo più tanto bene. Sicuramente non era necessario il rapporto Competitività per capirlo, bastava girare per le strade per vedere i negozi chiusi o per le ex aree industriali per vedere stabilimenti e capannoni serrati o, più semplicemente, andare a fare la spesa. Allora a cosa serve il rapportino di Bruxelles? È importante perché i dotti comunitari hanno, a loro dire, individuato la causa di questo nostro declino: declino dovuto, almeno in questi ultimi dieci anni, agli aumenti del salario lordo nominale combinati con una scarsa crescita della competitività. Premesso che non è una spiegazione: un computer probabilmente darebbe come risultato impossibile risolvere: riferimenti circolari!. Ciò premesso i dotti di Bruxelles hanno, come d uso, svolto questo compitino nel più semplice dei modi: con un luogo comune! Veniamo ai fatti rivelati (rivelati e non rilevati) da Bruxelles: persino la Grecia, dove vendono alimenti scaduti, avrebbe migliorato la sua produttività (chissà se i Greci apprezzeranno!), per non scrivere della Spagna (che ha lasciato le scuole aperte d estate per assicurare un pasto ai propri bambini) che ci avrebbe sorpassato. Questo perché avrebbero fatto, ob torto collo, le necessarie riforme sul mercato del lavoro : ciò sarà molto apprezzato dai disoccupati locali. Pertanto se è vero che, per far fronte alla povertà dilagante, in Grecia si vendono sottocosto alimenti scaduti e in Spagna si sono tenute aperte le scuole per garantire un pasto ai pargoli ispanici, allora due son le cose o a Bruxelles prendono lucciole per lanterne o i miei dubbi sulla validità degli indici sono più che fondati. Questo non significa che, guardando i dati non troppo aggregati, le cose da noi non vadano male: visto che sono saliti a quota 9 milioni gli italiani che oramai vivono nell area della sofferenza e del disagio occupazionale. Un dato che evidenzia un costante deterioramento del mercato del lavoro italiano: secondo Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro, la crisi è intervenuta su un mercato del lavoro che era già avviato verso situazioni di degrado diffuso. Un mercato del lavoro che da decenni dà scarsissime possibilità di crescita professionale e ancor meno di crescita retributiva. Il professore è anche più deciso: per uscire da questa situazione bisognerebbe cambiare il nostro tessuto produttivo. Un tessuto che interpreta la competizione industriale come abbassamento dei costi e, di conseguenza, abbassamento della qualità: si è tentato in questo modo di competere con la Cina, il Brasile, l India nonché con i Paesi emergenti. Si è cercato di competere sul loro terreno: quello dei bassi costi. Risultato: una disfatta! L unica possibilità che abbiamo è capire che il lavoro deve essere valorizzato e per essere valorizzato bisogna creare condizioni a valore aggiunto parole del professore. 1

4 n. 67 NS Ma per far ciò bisognerebbe riconvertire il nostro sistema industriale come anche quello dei servizi. Quest ultimo fatto in larga parte da servizi a basso valore aggiunto: pulizie e ristorazione sono servizi in cui il valore aggiunto per ora lavorata è bassissimo, a esempio. Tant è che per competere dobbiamo importare manodopera dall estero, perché al momento solo la manodopera straniera è disposta a lavorare per salari così bassi. Ma per quanto ancora? Infatti, come si suol dire, se l Italia arranca, il Meridione letteralmente affonda. Per comprendere la veridicità di questa affermazione si può citare un outlook della Banca d Italia sull industria meridionale: Nello scorso decennio i divari dell industria meridionale con il resto del Paese si sono ulteriormente aggravati... Divari a sfavore del Mezzogiorno, sia nei livelli che negli andamenti si rilevano anche nel confronto con altre regioni europee in ritardo di sviluppo. Il Meridione farebbe da 6 a 11 volte peggio delle regioni spagnole e tedesche meno sviluppate e fa il 50% in meno del Nord del Paese; indici che se fossero veri testimonierebbero che il Nord Italia farebbe, nella migliore delle ipotesi, dalle 3 alle 5 volte peggio delle regioni spagnole meno sviluppate (sic!). Per metterci il carico aggiunge che, se si sottrae il comparto petrolifero, stiamo di fronte a un disastro. Ritornando ai dotti di Bruxelles, il costo del lavoro nel Meridione è del 20% più basso rispetto al Nord sia per un diverso rapporto contributivo sia per l uso di rapporti irregolari (altro che rigidità del mercato del lavoro!) sia per la sostanziale assenza del famigerato secondo livello della contrattazione salariale. A questo punto una domanda sorge spontanea : signori di Bruxelles come mai con un mercato del lavoro così destrutturato (per non dire allo sbando) non c è quella fila di aziende disposte a sfruttare la situazione? Sarà che la produzione è cosa più complessa ( produttività totale dei fattori ) e non riconducibile né solo né soprattutto al costo del lavoro. I problemi in cui versano le imprese meridionali si riflettono sulla redditività, sull accumulazione di capitale e sul credito bancario, tanto che il credit crunch per le imprese meridionali è un fatto naturale su cui appare non utile soffermarci. Ma allora cosa altro appesantisce il Meridione e, più in generale, il Bel Paese? Uno dei principali indiziati sembra essere l Amministrazione pubblica. Le opere programmate nel lontano 2

5 NS n si sono concretizzate per il 90% al Centro-Nord ma ben sette anni dopo; al Sud e isole tale percentuale era solo del 70%. Come qualcuno ha notato la cosa intrigante è che, nonostante che i tempi di progettazione siano fra i più alti del pianeta (una media di circa tre anni al Sud: tre anni solo per la progettazione!), i ritardi effettivi sui tempi di realizzazioni siano, poi, dovuti nel 56% dei casi a carenze progettuali. Altro peso nel Bel Paese è quello di una giustizia pachidermica: per portare a termine un procedimento esecutivo (immobiliare e/o mobiliare) nel 2007 occorrevano 900 giorni al Nord che sembrano tanti, ma non sono nulla rispetto ai giorni del Sud. Per un primo grado occorrevano 800 giorni al Nord e al Sud. Forse nella costruzione degli indici i tempi medi della giustizia e della realizzazione di opere pubbliche dovrebbero avere un peso maggiore, senza così troppo concentrarsi sul costo del lavoro. E che al Meridione il problema sia di natura pubblica può essere testimoniato anche dai risultati dei test invalsi che proverebbero come l insegnamento nelle scuole meridionali sia peggiore di quelle settentrionali salvo dimostrare che l intelligenza sia distribuita in maniera anomala in Italia. E se i giovani imparano poco non sono solo dei somari nel presente, ma anche dei lavoratori non specializzati in futuro. Ciò dimostrerebbe che la crisi attuale non si risolve e non è causata dal costo di lavoro. Il problema è complesso: il Bel Paese da oltre un ventennio ha intrapreso un percorso perverso preferendo alla produzione industriale, al rischio imprenditoriale, alla ricerca e allo sviluppo le rendite di posizione, l economia parenterale ove solo le bustarelle garantiscono la circolazione della moneta: la morte del sistema Italia era dietro l angolo, un angolo che prima o poi dovevamo svoltare. Tanto lo abbiamo svoltato (l angolo) che abbiamo avuto il coraggio di gioire quando il PIL italico ha registrato un meno 0.2% nel secondo trimestre del 2013 contro il meno 0.6% del primo: per cui è bastato questo rallentamento della decrescita per far suonare le fanfare della ripresa al governo Letta. Un uscita dalla crisi che è, invece, lontana: alcuni economisti, tra cui Fitoussi e Roubini, avrebbero previsto che la ripresa, in Europa, difficilmente potrà esserci prima della fine del 2014 perché il re è nudo la ricetta comunitaria di austerità e tasse ha oltremodo depresso salari reali. Senza salari si deprimono i consumi e senza consumi parlare di ripresa è semplicemente irrealistico. Le stime del Fondo Monetario indicano ma siamo abituati ai ribassi un magro +0.5% di PIL per il Bel Paese nel 2014: un più zerovirgolacinque che appare largamente insufficiente per gridare alla ripresa. Moody s ha previsto un ritorno ai livelli di pre-crisi per l Eurozona non prima del biennio specificando che ciò riguarderà solamente alcuni Paesi definiti non periferici : un modo polite per escludere il Bel Paese dalle previsioni di ripresa. Un Bel Paese in cui, dopo due anni di austerità, basta un alito di vento contrario (un altra crisi petrolifera, cfr Siria, o una ripresa dell inflazione) per vanificare qualsiasi speranza di ripresa. Facciamo un po di cronistoria: la nostra produttività e la nostra competitività si sono fermate nel 1996, l anno del cambio con l euro a 1.936,27 lire. 3

6 n. 67 NS Fu proprio questa conversione a un tasso da taluni definito spropositato, delle forche caudine imposteci per entrare nella moneta comune, a segnare l inizio del declino del sistema Italia. L evidenza riederebbe nei saldi negativi della nostra bilancia dei pagamenti nell era dell euro, saldi stranamente inversamente speculari ai saldi attivi della bilancia dei pagamenti della Germania. Questo il passato, il futuro: l orizzonte sembra cupo con il Fiscal Compact. L Italia si è impegnata, dal 2015, a ridurre il suo debito in eccesso (quello oltre il limite del 60% del PIL) di un ventesimo all anno per i successivi venti anni, altro che mutuo. Ma con una crescita pari a zero ( zerovirgolacinque per la precisione) rispettare il Fiscal Compact significa subire manovre da una cinquantina di miliardi di euro di riduzione del debito a condizione di un avanzo primario di almeno il 4% per il prossimo ventennio; o effettuare una riduzione della spesa pubblica del 15% all anno. Per evitare tutto ciò è stato calcolato che il nostro PIL dovrebbe crescere almeno di un 3.5% l anno. Lacrime e sangue Numeri che spaventano e che pertanto i nostri politicanti non trattano. Eccoci, quindi, arrivati al problema del Bel Paese: la classe politica che ha completamente perso un qualsiasi contatto con l italica realtà sia essa economica, che produttiva, che sociale. Una prova/conseguenza della loro incapacità: a Chiasso, pochi chilometri dopo il confine con 2012: Potere d'acquisto delle famiglie italiane -4,7%. 2012: Prodotto interno lordo -2,5% 2012: Reddito disponibile a prezzi correnti -2% 2012: Debito pubblico al 127% del Pil 2012: Pressione Fiscale al 44% Fonte Istat l Italia, è stata lanciata un iniziativa dal titolo ammiccante Benvenuta Impresa. Ovvero i vicini svizzeri hanno invitato gli imprenditori del Belpaese a insediarsi nella cittadina elvetica: le adesioni? La fila: quasi un remake della spedizione dei mille. Il teatro comunale di Chiasso messo a disposizione per ricevere gli imprenditori italiani in questa nuova spedizione dei mille contava al massimo 530 posti; gli altri 430 saranno contattati dalle autorità svizzere: e possiamo scommetterci che gli svizzeri lo faranno. Noi abbiamo un esigenza: insediare nuove attività negli spazi lasciati liberi, soprattutto dal settore finanziario avanzato ha detto il sindaco di Chiasso, Moreno Colombo Posso dirvi che l 80% degli imprenditori che hanno dimostrato interesse per la nostra regione sono attivi nel mondo dei servizi, nel settore commerciale e nel trading. Ma perché, cari dotti di Bruxelles, l imprenditore italiano razza comunque in via d estinzione sostituita dall invasiva razza degli affaristi dovrebbe insediarsi in Svizzera dove i salari dei dipendenti sono più elevati e i terreni più cari? Solo per la flessibilità del lavoro per cui uno dei mille spero il peggiore si crogiola nella certezza per cui I miei dipendenti sanno che possono essere licenziati da un giorno all altro. Non sottacendo però che lo Stato garantisce loro un assegno di disoccupazione. Sono altre le ragioni, quelle sostanziose: una pressione fiscale umana (circa la metà di quella italiana e che diminuisce ulteriormente se si fa innovazione ); una burocrazia snella (o meglio efficiente, che esiste per controllare e autorizzare e non per spartire ). Si dice ma faccio fatica a crederci che qui per aprire una società basta mezz ora. Mezz ora che non è sufficiente per leggere questo nuovo numero di NS in cui si discetta, tra l altro, delle ripercussioni della legge 27/2012 sulla consulenza d ufficio (del dr Marco Rossetti), sulla genesi dell IMU e di altre italiche vessazioni (autore dr Alfredo Martini), o sugli effetti della mancanza di ricerca sullo sviluppo di una comunità (dell ing. Roberto Vacca) nonché sulla giurisprudenza della Suprema Corte sul mancato pagamento dei premi assicurativi (del giudice Emilio Gironi). 4

7 NS n. 67 Riflessioni sulla legge 27/2012 e la consulenza d ufficio Il quesito medico legale dopo la riforma dell art. 139 Codice Assicurazioni di Marco Rossetti* La riforma dell art. 139 Codice Assicurazioni È noto come il decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività ) ha introdotto nuove norme sul danno alla salute derivante da sinistri stradali. Tali norme, in virtù del rinvio di cui all art. 3 d.l. 158/2012, sono ora applicabili anche ai danni alla salute derivanti da colpa medica. Le previsioni di cui si discorre sono contenute nell art. 32, commi 3 ter e 3 quater, del d.l. 1/2012. Ambedue le norme sono state inserite dalla legge di conversione. Il comma 3 ter del rinnovato art. 32 del d.l. 1/2012 ha modificato il comma 2 dell art. 139 del Codice delle Assicurazioni (d. lgs n. 209), aggiungendovi il seguente periodo: In ogni caso le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente. Il comma 3 quater stabilisce, invece (senza modificare testualmente il Codice delle Assicurazioni): Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2006 n. 209 è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l esistenza della lesione. L introduzione di tali norme ha suscitato un vasto dibattito circa la Il danno alla persona per lesioni di lieve entità è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti accertata l esistenza della lesione. loro effettiva portata, il loro ambito di applicazione e la loro retroattività. Nell ambito di questo dibattito, ci si è chiesti altresì se la riforma abbia reso necessario o almeno opportuno modificare il contenuto del quesito che il giudice rivolge al consulente tecnico d ufficio medico legale, quando a quest ultimo sia demandato l accertamento dell esistenza e dell entità di postumi permanenti di cui l attore abbia domandato il risarcimento. A questo specifico problema vuol essere destinato il presente scritto. Quesito medico legale e modalità di accertamento del danno A un c.t.u. geometra, incaricato di misurare la distanza tra due costruzioni frontistanti, nessun giudice si sognerebbe di ordinare nel quesito che dovrà usare il sistema metrico decimale co- 5

8 n. 67 NS me unità di misura. A un c.t.u. ingegnere, incaricato di accertare la conformità di una costruzione al relativo progetto, nessun giudice si sognerebbe di ordinare nel quesito che il progetto da prendere in considerazione dev essere quello definitivo e non quello preliminare. Infatti al consulente tecnico d ufficio si può chiedere l accertamento di fatti (c.t.u. percipiente) o la valutazione scientifica di essi (c.t.u. deducente) ma il modo in cui quei fatti debbano essere accertati o valutati è regolato dalle regole della scienza, non del diritto, ed è ovvio e scontato che il consulente dovrà fare applicazione, per rispondere al quesito, delle leges artis proprie della disciplina di cui è esperto. In condizioni di normalità, dunque, parrebbe del tutto superfluo che il giudice si attardi a spiegare al consulente d ufficio con quali criteri scientifici dovrà compiere l opera sua: tali criteri non possono non presumersi noti al consulente, altrimenti dovrebbe concludersi che questi non possieda la speciale competenza richiesta dall art. 15 disp. att. c.p.c., e, quindi, non possa non solo essere nominato c.t.u. ma nemmeno essere iscritto all albo. Alla luce di tali ovvie considerazioni chiediamoci dunque: l art. 139 cod. ass., nella sua veste novellata, ha introdotto criteri derogativi rispetto alle leggi scientifiche e alle modalità tecniche elaborate dalla medicina legale per l accertamento e la stima del danno alla persona? A me pare di no. Per convincersene basta riflettere sul fatto che la norma appena ricordata già nel testo previgente definiva (e continua a definire) il danno biologico come quello suscettibile di accertamento medico legale (così gli artt. 138 e 139 d. lgs n. 209, ma anche l art. 13 d. lgs n. 38, nonché, in precedenza, l abrogato art. 5 l n. 57). Accertare deriva etimologicamente dal latino medioevale adcertare, deverbativo di certus: esso esprime il concetto di certificare, cioè rendere sicuro, riconoscere per vero, verificare 1. Suscettibile di accertamento medico legale, pertanto, vuol dire che il danno biologico per poter essere risarcito deve essere obiettivamente sussistente in corpore, e la sua sussistenza deve potersi predicare non sulla base di intuizioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia medico legale. Dunque anche prima del d.l. 1/2012 il danno biologico era risarcibile solo a condizione che fosse riscontrabile una obiettività medico legale, posto che per la medicina legale non è certo concepibile l esistenza di danni presunti, figurativi o ipotetici. Ma se così è, deve concludersi che da un punto di vista teorico e dogmatico le nuove norme contenute nell art. 32 d.l. 1/2012 nulla hanno aggiunto e nulla hanno tolto rispetto al passato. Esse non hanno fatto altro che formulare in modo esplicito un principio già necessariamente implicito nel sistema. La riforma, dunque, non potrebbe avere altro L effetto dell art. 139 cod. ass. novellato non ha natura giuridica con contenuto precettivo ma ha natura psicologica con contenuto declamatorioesortativo effetto, dal punto di vista della tecnica delle fonti, se non richiamare l attenzione dei pratici sulla necessità che il danno alla salute sia accertato in modo rigoroso e zelante, senza facilonerie e pressappochismi. Uno scopo, quindi, del tutto estraneo a quelli normali di una norma giuridica, il cui fine è introdurre nell ordinamento un comando e non certo un esortazione. Norme di questo tipo non sono affatto ignote alla tecnica nomopoietica degli ultimi anni. Si prenda, a esempio, l art. 35, comma 1, Reg. Isvap 5/2006, il quale recita Gli intermediari svolgono i compiti e assolvono gli obblighi a essi demandati ai sensi delle disposizioni disciplinanti l attività delle imprese di assicurazione : è un precetto inutile giacché, quand anche non ci fosse, nessuno 6

9 NS n. 67 potrebbe dubitare che agenti e broker siano tenuti a rispettare la legge. Oppure si prenda l art. 2, comma 2, del codice del consumo, il quale recita solennemente ai consumatori e agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti (...) alla tutela della salute ; singolare previsione anche questa, giacché sarebbe assurdo pensare che, se non ci fosse, la salute dei consumatori cesserebbe di essere un diritto inviolabile. Ma per quale ragione il legislatore avrebbe deciso di mettere nero su bianco un richiamo a fare bene il proprio lavoro, rivolto a tutte le persone variamente interessate al ciclo di produzione del risarcimento del danno alla persona (in primo luogo medici legali ma anche avvocati e magistrati)? La spiegazione va ricercata nella straordinaria e diffusa faciloneria, sciatteria, impreparazione e, talora, spudorata mala fede, con la quale per lunghi anni si è proceduto, sia in giudizio che fuori dal giudizio, a domandare, accertare e liquidare il danno alla salute che abbia avuto esiti micropermanenti. In molti anni di esperienza giurisdizionale mi è capitato quotidianamente di imbattermi, a esempio, in: - consulenti medici legali di parte che nelle proprie relazioni hanno negato fatti evidenti o ingigantito postumi risibili; - avvocati che hanno domandato risarcimenti con cifre a 5 o anche 6 zeri per banali contusioni, ecchimosi, sbucciature; - consulenti di ufficio che non hanno avuto alcuna remora a concludere per l esistenza di postumi permanenti sulla base delle sole dichiarazioni della vittima; - magistrati (non solo onorari) nelle cui sentenze la consulenza d ufficio è immancabilmente immune da vizi logici e scientifici e da intendersi qui integralmente trascritta, anche quando conteneva sesquipedali corbellerie dal punto di vista medico legale. Le nuove norme non si comprendono se non si hanno presenti tali prassi diffuse e si giustificano solo al cospetto di esse, costituendo un divieto espresso alla loro prosecuzione. Insomma, l unico effetto che l art. 139 cod. ass. novellato può avere prodotto non ha natura giuridica e contenuto precettivo, ma ha natura psicologica e contenuto declamatorio-esortativo. Ove si condivida quanto esposto sin qui, dovrà ammettersi che i criteri medico legali e giuridici alla luce dei quali procedere all accertamento dei danni con esiti micropermanenti causati da sinistri stradali non dovrebbero mutare per effetto della riforma, rispetto a quelli che si sarebbero dovuti adottare in precedenza. Ovviamente dovranno mutare, e molto, se i criteri adottati prima della riforma erano improntati alla sciatteria di cui si è già detto. Il nuovo quesito del Tribunale di Milano Molti uffici giudiziari, dopo la riforma dell art. 139 cod. ass., hanno ritenuto di modificare il quesito standard posto al consulente tecnico d ufficio medico legale nei giudizi aventi a oggetto il risarcimento del danno alla persona. Tra questi il Tribunale di Milano ha meritoriamente reso noto e diffuso anticipatamente il testo del nuovo quesito: l occasione è dunque propizia per fare il punto su alcune delicate questioni concernenti il rapporto tra giudice e parti da un lato, e c.t.u. dall altro: rapporto i cui confini e termini sono fissati principalmente proprio dal quesito. Alla luce di quanto esposto precedentemente, la prima considerazione che verrebbe di fare è che di un nuovo quesito medico legale, a rigore, non vi sarebbe stato bisogno. Il c.t.u., infatti, sa o dovrebbe sapere come si accerta l esistenza di postumi permanenti in modo obiettivo secondo i dettami della medicina legale: per cui, per quanto esposto, la riforma dell art. 139 cod. ass. non ha affatto introdotto nuovi e più rigorosi criteri per l accertamento del danno, ma ha solo reso espliciti quei rigorosi criteri di accertamento che, implicitamente, già in precedenza si sarebbero dovuti applicare. Purtuttavia non appare inutile che tali criteri siano, per così dire, rammentati al c.t.u. nel quesito scritto: sia perché repetita iuvant, sia perché le prassi sopra descritte stavano a dimostrare che quei criteri non erano poi così strettamente osservati dai medici legali. 7

10 n. 67 NS Ciò detto in generale, proviamo ora a esaminare in dettaglio il nuovo quesito meneghino: anticipo che in esso, a mio sommesso avviso, è dato rilevare luci e ombre; le prime rappresentate da opportune intuizioni, le seconde da poco meditati conformismi. L obbligo di indicare la bibliografia scientifica addotta a sostegno delle proprie conclusioni è necessario per compiere un riscontro concreto sulla loro correttezza scientifica. Costituiscono elementi condivisibili e meritori del nuovo quesito: (a) il richiamo del c.t.u. all obbligatoria valutazione delle preesistenze (sebbene non avrebbe guastato l indicazione anche del criterio col quale tenere conto di esse, visto che la medicina legale non è affatto unanime al riguardo); (b) l imposizione al c.t.u. dell obbligo di indicare la bibliografia scientifica addotta a sostegno delle proprie conclusioni, necessario per compiere un riscontro concreto sulla correttezza scientifica di quelle; (c) il richiamo del c.t.u. all adozione di una motivazione delle proprie conclusioni che sia adeguata e non già un mero responso oracolare, come non di rado mi è capitato di leggere nella mia attività di giudice di merito (del tipo: secondo la personale esperienza dello scrivente c.t.u. il grado di invalidità permanente ben può determinarsi nella misura del ecc. ). Per quanto attiene, poi, all analitica descrizione dei criteri attraverso i quali il medico legale dovrà procedere all accertamento delle lesioni e dei postumi, ho già accennato come essa sarebbe stata probabilmente inutile in un contesto in cui tutti i c.t.u. avessero ferrea preparazione scientifica e zelo adamantino: però poiché l esperienza insegna che così non è, non credo si possa ritenere eccessivo o dannoso un quesito medico legale così articolato. E ritengo anche che sia inutile mettersi a pontificare con acribìa di certosino se il Tribunale abbia correttamente utilizzato i lemmi del linguaggio medico legale, se sia incorso in contraddizioni, se abbia lasciato fuori qualcosa: il senso del quesito è chiaro, ed è questo: o medici legali, fate il vostro dovere correttamente e non vi adagiate tra le flaccide braccia delle prassi consolidate, sbrigative e superficiali. A mio sommesso avviso tuttavia si rinvengono nel quesito anche alcuni passaggi che destano perplessità: questi, paradossalmente, non riguardano le modifiche introdotte per adeguare il quesito alla riforma dell art. 139 cod. ass.: a riprova del fatto, se ce ne fosse stato bisogno, che ben altri sono i problemi dell accertamento e della liquidazione del danno alla persona. La prima perplessità è suscitata dalla mancanza assoluta di qualsiasi indicazione circa il barème medico legale che il c.t.u. dovrà adottare. Ovviamente nulla quaestio nel caso di danni micropermanenti derivanti da sinistri stradali o colpa medica, perché in tal caso il barème da applicare è obbligatoriamente quello di cui al d.m ma, in tutti gli altri casi, sarebbe doveroso imporre, e non già limitarsi a suggerire, al c.t.u. l adozione di una determinata tabella medico legale. E non per ragioni scientifiche, ma di equità: i barème medico legali più diffusi (usualmente indicati coi nomi dei loro autori: Luvoni-Mangili-Bernardi, Bargagna, Melennec, Ronchi-Mastroroberto-Genovese) non sono affatto coincidenti, e lasciare il c.t.u. libero di scegliere questo o quello comporta il fatale rischio che lo stesso giudice, chiamato a liquidare danni identici e in applicazione di criteri liquidativi identici, liquiderà somme diverse sol perché nell un caso è stato nominato c.t.u. un medico legale che applica il barème A e nell altro caso un medico legale che applica il barème B. 8

11 NS n. 67 In assenza di benchmark universalmente condivisi per la stima della sofferenza psicofisica, la risposta che il c.t.u. fornisce al quesito in esame non può che essere un arbitrio La seconda perplessità suscitata dal quesito è la richiesta al medico legale di indicare il grado di sofferenza psicofisica causato dalle lesioni e dai loro postumi in una scala da 1 a 5. Purtroppo i limiti del presente scritto non consentono di sviluppare adeguatamente e come vorrei questo aspetto, e mi vedo costretto ad andar per punti, che sono i seguenti: (a) chi patisce un danno alla persona subisce per ciò solo una sofferenza psicofisica e se diamo del denaro alla vittima in base al grado di invalidità permanente e alla durata dell invalidità temporanea, non mi sarà mai chiaro perché mai gli si debba dare dell altro denaro per compensarlo di una altra e ulteriore sofferenza psicofisica; così, a esempio, a colui il quale sia stata liquidata una somma di denaro per avere patito postumi consistenti in lombosciatalgia, che altro non è se non dolore e, quindi, sofferenza psicofisica, non comprendo quale altra sofferenza psicofisica possa mai patire ulteriore e diversa da quella già compresa nel grado di invalidità permanente e nella relativa liquidazione; (b) il quesito reitera e rispolvera senza chiamarla per nome la concezione ottocentesca e obsoleta del danno morale, il campione di tutte le duplicazioni risarcitorie; (c) il quesito nei fatti disapplica il dictum di Cass. sez. un n , ad avviso del quale costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione [sempre e comunque] di danno biologico e danno morale ; (d) in ogni caso, misurare la sofferenza psicofisica è compito del giudice e non del medico legale: se così non fosse, non si vede perché non nominare un c.t.u. medico legale anche nelle cause di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa o illecito trattamento dei dati personali; (e) il quesito sposta il centro decisionale della causa dal giudice al c.t.u.; (f) quel che più rileva, poiché non esistono benchmark universalmente condivisi per la stima della sofferenza psicofisica, è che la risposta che il c.t.u. ritenesse di fornire al quesito in esame non potrà che essere un arbitrio. La terza perplessità suscitata dal quesito è il ricorso al vieto concetto di incapacità lavorativa specifica e, soprattutto, alla possibilità di una sua quantificazione percentuale per stimare il danno patrimoniale da incapacità di guadagno. Sono anni che la medicina legale ci viene ripetendo che questa percentualizzazione non è possibile, perché manca né sarebbe possibile mai realizzare un barème per la stima del danno da incapacità di guadagno [per tutti, si vedano i contributi raccolti in Buzzi, Tavani e Valdini (a cura di), Il danno alla persona da compromissione della capacità lavorativa, Milano 2008, passim, e sia altresì consentito il rinvio a Rossetti, Il danno alla salute, Padova 2009, 792 e ss.]. Insomma, deve essere ben chiaro a tutti che la percentuale di incapacità lavorativa specifica che il c.t.u. ritenesse di indicare in risposta al quesito medico legale qui in esame è un numero del tutto inventato, al di fuori di qualsiasi criterio obiettivo di valutazione e di controllo. È un mensuratum senza mensura, e come tale la sua declinazione partecipa più delle lotterie che degli accertamenti scientifici. *Magistrato di Tribunale, applicato all Ufficio Massimario della Corte di Cassazione NOTA 1. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino 1961, vol. I, 74, ad vocem. In tal senso l usarono, tra gli altri, Dante ( Però ti priego, e tu padre m accerta/ s io posso prender tanta grazia : Paradiso, XXII, 58) o Galileo ( Marte, Giove e Saturno colli loro appressamenti e discostamenti mi accertano di quelli : Delle macchie solari in Opere, Firenze 1718, vol. II, 99). 9

12 n. 67 NS La giurisprudenza della Corte di Cassazione sul mancato o tardivo pagamento del premio assicurativo di Emilio Gironi* Cosa accade nel corso di un contratto di assicurazione di durata pluriennale in ipotesi di mancato pagamento del premio alla scadenza stabilita? Il caso è disciplinato dall articolo 1901, 2 comma, codice civile, a norma del quale si verifica la sospensione del rapporto a partire dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno successivo a detta scadenza. Tale conseguenza discende dalla regola generale posta dall articolo 1460, 1 comma, stesso codice (eccezione di inadempimento), secondo cui nei contratti con prestazioni corrispettive, come quello di assicurazione, ciascuno dei contraenti può rifiutare di adempiere la propria prestazione se l altro non adempie la sua. La sospensione dell efficacia del contratto per il mancato pagamento del premio alla scadenza non è, tuttavia, una conseguenza ineluttabile, secondo quanto affermato da una recente sentenza della Corte di Cassazione (sez. III civile, 14 febbraio 2013, n. 3654), dovendo il disposto del citato articolo 1901, comma 2, essere coordinato con la regola posta dall art. 1460, secondo comma, cod. civ. in forza del quale non può rifiutarsi l esecuzione della prestazione quando il rifiuto è contrario alla buona fede: buona fede che costituisce il criterio generale al quale si deve fare, in ultima analisi, riferimento nell interpretazione dei contratti a norma dell art cod. civ. La fattispecie oggetto della menzionata pronuncia della Corte Suprema riguarda un contratto di assicurazione con clausola di regolazione del premio (ovvero di rideterminazione periodica del premio in base a variabili incidenti sulla natura ed entità del rischio) stipulato da una società per coprire il rischio di infortuni in favore dei propri dipendenti con qualifica dirigenziale, nel corso del quale la società assicuratrice aveva rifiutato il pagamento di quanto dovuto per la morte di uno di costoro a seguito di incidente stradale, eccependo il mancato versamento del premio annuale alla scadenza prestabilita. Il giudice di legittimità, rigettando il ricorso proposto della società assicuratrice avverso la sentenza di merito che aveva condannato quest ultima a risarcire gli eredi del defunto, ha motivato la decisione in applicazione del disposto dell art. 1460, comma 2, cod. civ., ritenuto applicabile anche alla previsione dell art. 1901, comma 2, rilevando che l eccezione di inadempimento opposta dalla stessa non era conforme a buona fede: la società assicuratrice aveva, infatti, omesso di inviare tempestivamente all assicurato, come aveva invece fatto negli anni precedenti, l apposito modulo per la segnalazione delle varianti intervenute per la valutazione del rischio e la relativa rideterminazione del premio complessivo, ricevendo, altresì, detta segnalazione e il pagamento del premio, seppure tardivi, senza sollevare obiezioni o riserve di sorta, in tal modo determinando affidamento dell assicurato circa la perdurante efficacia del contratto. Interpretando, dunque, il contratto secondo il principio della buona fede, la prassi, pur non obbligatoria, costantemente seguita dall assicuratore circa il preventivo invio del citato modulo e l acquiescenza, ancorché tacita, dimostrata a fronte del pagamento tardivo hanno reso, nel caso di specie, inoperante l eccezione di inadempimento formulata ex art. 1901, comma 2, cod. civ. Occorre precisare che la conformità o la contrarietà di un determinato comportamento alla buona fede dipende dalla ricorrenza di particolari situazioni di fatto (nel caso esaminato, come si è visto, una certa 10

13 NS n. 67 prassi consolidata e l accettazione del pagamento tardivo), la cui valutazione, secondo i principi del nostro sistema processuale, è riservata al giudice di merito e non può essere sindacata in sede di giudizio di legittimità ove sia assistita da motivazione adeguata ed immune da vizi di illogicità. La giurisprudenza propende, inoltre, per ritenere la clausola di regolazione del premio come di natura vessatoria e quindi soggetta, ai sensi dell art. 1341, comma 2, cod. civ., a specifica approvazione per iscritto, a pena di inefficacia. Se il sinistro si verifica entro il quindicesimo giorno dalla data di scadenza indicata nel certificato o contrassegno, l assicuratore è tenuto a risarcire il terzo danneggiato anche ove non sia stato pagato il premio per il periodo successivo. Sempre in tema di inadempimento degli obblighi derivanti da un contratto di assicurazione si segnala altra recente sentenza della Suprema Corte (sez. III civile, 21 febbraio 2013, n. 4353), concernente l assicurazione obbligatoria R.C.A., la quale, ribadendo un orientamento consolidato, ha affermato che il mancato pagamento del premio entro il quindicesimo giorno dalla scadenza del periodo indicato nel certificato o nel contrassegno assicurativo rende il veicolo privo di copertura, con la conseguenza che per i sinistri stradali verificatisi (come quello oggetto della menzionata decisione) oltre detto periodo i danneggiati dovranno richiedere il risarcimento, ai sensi dell art. 19, commi 1 e 4, legge n. 990/1969, direttamente al fondo di garanzia vittime della strada, e, per esso, all impresa designata ex art. 20 della stessa legge. La sentenza precisa, altresì, che ove il sinistro si sia verificato entro il quindicesimo giorno dalla data di scadenza indicata nel certificato o contrassegno, l assicuratore è tenuto a risarcire il terzo danneggiato anche ove non sia stato pagato il premio per il periodo successivo. La Corte, richiamando propri precedenti, ha ulteriormente puntualizzato che in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli, ove l assicurato non corrisponda il premio pattuito in unica soluzione o la prima rata di esso, la sospensione della copertura assicurativa derivante dalla previsione dell art. 1901, comma 1, cod. civ. ha efficacia esclusivamente tra le parti del contratto ma non può essere opposta al terzo danneggiato, nei cui confronti la copertura assicurativa resta operante per il periodo indicato nel certificato o nel contrassegno assicurativo; in caso, invece, di mancato pagamento della seconda rata del premio o dei premi successivi, la sospensione della garanzia assicurativa prevista dal secondo comma del citato art è opponibile anche al terzo danneggiato, come espressamente previsto dall art. 7 l. n. 990/1969. In precedenti decisioni la corte di legittimità, esaminando l ipotesi di pagamento del premio effettuato successivamente allo scadere del periodo di tolleranza, ha ritenuto che la sospensione della garanzia assicurativa cessi a partire dalle ore ventiquattro della data del pagamento, con conseguente diritto dell assicuratore di rifiutare di risarcire i danni derivati da un sinistro verificatosi in quello stesso giorno, mentre in caso di contratto scaduto e non tacitamente rinnovabile si è ritenuto sussistente l obbligo risarcitorio nei confronti del danneggiato relativamente ai sinistri verificatisi entro i quindici giorni dalla scadenza contrattuale. La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, più volte affermato che il semplice rilascio di un regolare certificato assicurativo o contrassegno rende incontestabile nei confronti dei terzi danneggiati l efficacia della copertura assicurativa per il periodo indicato in detti documenti, a prescindere dall avvenuto pagamento del premio. È utile, infine, ricordare che l art. 22 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella l. 17 dicembre 2012, n. 221, ha introdotto nel Codice delle assicurazioni private l art. 170 bis, a norma del quale la durata del contratto di assicurazione R.C.A. è limitata a una sola annualità ed è vietato il rinnovo tacito delle polizze assicurative; detto articolo stabilisce, altresì, l obbligo per le compagnie assicurative di mantenere operante non oltre il quindicesimo giorno dalla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo, fino all effetto della nuova polizza. *Presidente aggiunto onorario della Corte di Cassazione 11

14 n. 67 NS Buone prassi contro il mobbing Sottoscritto un apposito Codice dalla Commissione Bilaterale del Gruppo Unipol di Vito Manduca* La conoscenza preventiva di un qualsiasi potenziale rischio pone l individuo nella condizione di prendere opportune misure di contrasto. Tuttavia non sempre la conoscenza costruita e veicolata attraverso i canali ufficiali della comunicazione è rappresentativa del reale stato delle situazioni ambientali generate dalla convivenza necessaria, in un certo qual modo coatta, di gruppi di persone organizzati per gerarchie. Per secoli, a esempio, la famiglia è stata rappresentata come un oasi felice i cui componenti vivevano sereni in un clima di amore collettivo, di protezione, pronti tutti ad atti di generoso mutuo soccorso. A seguire, le scuole, specialmente quelle per l infanzia, dipinte per decenni come un estensione della famiglia, con mamma maestra e papà maestro sempre disponibili amorevolmente verso i tanti fratellini e le tante sorelline divenuti tali nella qualità di scolari. L elencazione potrebbe proseguire per comprendere caserme, oratori, scuole sportive, boy scout ma il discorso ci porterebbe lontano e non abbiamo lo spazio necessario per l elaborazione di un saggio. Possiamo infatti affermare che dalla concezione buonista, salvo casi sempre esistiti di ipocrisia conclamata, solo le patrie galere sono state tenute fuori: relegando, e occultando, anche gli abusi, insieme ai reclusi, all interno delle fortificazioni e delle celle. La globalizzazione e la proliferazione delle diverse fonti di informazione dell ultimo mezzo secolo hanno alzato gran parte del sipario che, come una facciata edulcorata, ha occultato sistematicamente fenomeni di abusi, sia fisici sia psichici, operati dai più forti, spesso complici in gruppo, sui più deboli o più sprovveduti posti in isolamento. Tra le comunità interessate non potevano mancare i luoghi di lavoro, dalle fabbrichette con padrone e garzone, passando per i grandi gruppi industriali, fino ad arrivare ai ministeri. Insomma, l homo homini lupus di hobbesiana dottrina è un male endemico che non risparmia nessun ambito e si annida maggiormente nelle comunità organizzate, a prescindere dal livello culturale. Così sono venute alla luce, nell ultimo ventennio, atrocità perpetrate nelle famiglie da libro Cuore, anzi spesso soprattutto in esse, nelle scuole della cara maestra, nelle caserme degli eroi, nelle fabbriche operose e negli uffici dei colletti bianchi o dei travet. Naturalmente non tutte le tipologie di abusi possono essere catalogate allo stesso modo e ricondotte a unica matrice. Ma la causa prima del loro insorgere fa sicuramente riferimento appunto alla filosofia dell homo homini lupus, tanto cara a più individui di quanto l immaginazione possa essere capace. I fenomeni emersi e diffusi dalla cronaca sono la punta dell iceberg e dipingono quadri talvolta inquietanti di ciò che può succedere al riparo dei luoghi comuni che continuano a ritenere siti sicuri la dimora, la fabbrica e l ufficio. Concentrandoci sui luoghi di lavoro, in ossequio alla globalizzazione e all inclinazione di attingere dall esterno, abbiamo preferito dare la definizione di mobbing a ciò che, in lingua madre, avremmo dovuto definire in modo plurimo: abuso, violenza, vessazione e via dicendo. Una delle caratteristiche della lingua inglese è la capacità di sintesi. Mobbing, quindi, rende meglio l idea salvo, poi, articolarsi 12

15 NS n. 67 nelle varie sfaccettature. In Italia se ne è incominciato a parlare dapprima in sordina, quasi fosse un morbo che alla sola pronuncia produce sofferenza; poi sempre più con meno timidezza, ma ancora a bassa voce, con discrezione e, talvolta, attenti a non dare all interlocutore l impressione di esserne contagiati, semplicemente a rischio contagio o, peggio, artefici in qualità di mobber. Ho incominciato a interessarmi al fenomeno al di fuori del mondo del lavoro quando, a fine anni Novanta, lavoravo alla stesura del mio saggio Rottami eccellenti (Ediesse). Ricordo che nelle interviste realizzate a colleghi, sia funzionari assicurativi e bancari sia quadri di altri settori, alla domanda: nella tua azienda esistono fenomeni di mobbing? Seguivano pause lunghe di silenzio prima della formulazione di risposte generiche, vagamente evasive e tendenti a negare o, perlomeno, a non escludere. Quando, poi, esplicitavo meglio cosa si intendesse per mobbing l imbarazzo entrava in scena e, in alcuni casi, l immediata presa di coscienza materializzava la rivelazione dell intervistato: ma io sono un mobbizzato! Un quadro bancario, cinquantenne, a seguito di varie ristrutturazioni, confessò finalmente di essere stato, da oltre un anno, dimenticato in un ufficio, in un piano seminterrato dell edificio, e di non sapere più quali letture effettuare per non impazzire! L informazione, utile alla conoscenza, non è mai abbastanza, dunque. Giova anche in questa sede un flash sulla nozione e sulla pratica del mobbing. Tra le tante disponibili la seguente mi pare la più appropriata: Il mobbing consiste in un insieme di comportamenti violenti perpetrati da parte di superiori e/o colleghi nei confronti di un lavoratore, prolungato nel tempo e lesivo della dignità personale e professionale nonché della salute psicofisica dello stesso. Il termine mobbing deriva dall inglese to mob che significa una folla grande e disordinata, soprattutto dedita al vandalismo e alle sommosse. Il termine venne usato per la prima volta negli anni Settanta dall etologo Lorenz per descrivere un particolare comportamento di alcune specie animali che circondano in gruppo un proprio simile e lo assalgono rumorosamente per allontanarlo dal branco. La pratica del mobbing sul posto di lavoro consiste nel vessare il dipendente o il collega di lavoro con diversi metodi di violenza psicologica o addirittura fisica, con il fine di indurre la vittima ad abbandonare il posto di lavoro, anziché ricorrere al licenziamento. Sono esempi di mobbing lo svuotamento delle mansioni tale da rendere umiliante il prosieguo del lavoro, i continui rimproveri e richiami espressi in privato e in pubblico anche per banalità, l esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo, oppure l esclusione reiterata del lavoratore rispetto a iniziative formative, di riqualificazione e di aggiornamento professionale, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi con inattività forzata o l interrompere o l impedire il flusso di informazioni necessarie per l attività (chiusura della casella di posta elettronica, restrizioni sull accesso a Internet) (fonte: Persuasi ormai che gli uffici non sono quei luoghi idilliaci dove uomini e donne, operosi e felici, collaborano sempre e comunque in un atmosfera di rispetto se non proprio di amicizia, ma anche, con la prudenza del caso, evitando di dipingere i luoghi di lavoro come gironi infernali, occorre prendere coscienza che fenomeni di mobbing esistono, anche negli uffici a noi prossimi e che è necessario conoscere per prevenire o, quanto meno, rimediare. Per mobbing si deve intendere una condotta continuativa lesiva per il lavoratore, che si realizza con comportamenti ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti o incongrui pertanto espressivi di un disegno finalizzato alla persecuzione o vessazione del lavoratore, tali da risultare lesivi per la salute psicofisica dello stesso. È necessario, però, dimostrare il nesso eziologico tra la condotta del mobber e il pregiudizio all integrità psico-fisica del lavoratore. 13

16 n. 67 NS Con questo spirito la Commissione Mobbing, istituita ai sensi dell art. 9 del Contratto Integrativo Aziendale (CIA) del Gruppo Unipol e fortemente voluta da SNFIA, nella seduta del 30 luglio 2013 ha condiviso e sottoscritto il Codice delle Buone Prassi contro il Mobbing. Un nuovo strumento importante, il primo del settore, per prevenire le forme di mobbing (nelle sue articolazioni delle molestie sessuali e dello straining) nonché per intervenire nei casi che si dovessero rilevare. Il documento così sottoscritto riveste un valore simbolico, politico e pratico: - sul piano simbolico, agli interlocutori aziendali non è più data, come finora si è fatto, la possibilità di negare che casi di mobbing possano esistere anche nel Gruppo; - sul piano politico, rappresenta un apripista nel settore, e anche al di fuori di esso, cui ispirarsi per accordi analoghi negli altri Gruppi e per favorire, magari a partire dal prossimo rinnovo del CCNL, la costituzione di una Commissione Nazionale o di un Osservatorio di Settore; - sul piano pratico, consente, all interno del perimetro di applicazione, di intervenire non solo sulla prevenzione ma anche sulla cura e sulla repressione del male. L importante risultato è stato possibile grazie al ruolo particolarmente attivo e risoluto di tutta la Commissione in cui SNFIA ha assunto un ruolo di leadership e di portatore di competenze specifiche. Non è casuale, infatti, che i componenti designati da SNFIA siano consiglieri nazionali, lo scrivente e Fabio Vecchioni; peraltro quest ultimo è già impegnato per la Segreteria Nazionale nella materia legale a tutela delle Alte Professionalità. La forte determinazione e il grado elevato di competenza, fatti valere nel corso dei lavori, hanno indotto la componente aziendale a rivedere più volte il testo che, nelle formulazioni iniziali, era carente sia per contenuti (a esempio veniva ignorato lo straining) sia per il ruolo di mera consultazione che l azienda intendeva riservare ai componenti di nomina sindacale. L aspetto di maggior rilievo pratico risiede nel fatto che tutti i componenti sindacali rivestono un ruolo attivo; una figura nuova, a fianco delle rispettive Strutture Sindacali, che assume di fatto il ruolo di consigliere di fiducia cui i lavoratori si possono rivolgere direttamente, nell assoluta garanzia di riservatezza. Un compito importante e certamente non facile, dovendo, di fronte a presunte denunce di forme di vessazione, prima di tutto inquadrare in modo corretto la natura del disagio (non è tutto mobbing ciò che appare come mobbing) e successivamente assistere l interessato/a fino a rimuoverne le cause. Il percorso è appena all inizio. Per rendere più incisiva la capacità d intervento della Commissione sia nell anticipare che nel prevenire il fenomeno, il documento sottoscritto prevede sia delle modalità di diffusione sia degli interventi formativi mirati. Ma saranno sufficienti il Codice delle Buone Prassi e una commissione ad hoc a bonificare ambienti nei quali potrebbero risiedere, coperti dal silenzio, abusi di vario genere? La domanda rimane aperta. Personalmente ritengo che si tratti di strumenti utili, certo nuovi e importanti che potranno risolvere i casi che verranno in emersione, ma che da soli potranno solo attenuare il fenomeno. Difatti per consentire davvero rispetto e serenità occorre una coscienza collettiva improntata alle Buone Prassi. Una filosofia aziendale trasversale che, partendo dalla governance sia aziendale sia sindacale e scendendo fino all ultimo degli assunti, possa essere in grado di risalire attraverso i vari livelli di responsabilità e di diffondersi, anche in modo orizzontale, fra gli uffici. Filosofia, appunto, che, stando alle recenti vicende che hanno anche investito i grandi Gruppi assicurativi e bancari, risulta assente o quantomeno ben lontana dai giochi di potere. In attesa che una simile filosofia sostituisca quella dominante dell homo homini lupus, più pragmaticamente, occorre che ciascun lavoratore/lavoratrice si adoperi in prima persona sia evitando di cadere nella tentazione di prestarsi come mobber sia denunciando al Sindacato e alle Commissioni, ove costituite, fatti e circostanze a rischio. Una responsabilità maggiormente in capo ai Funzionari, alle Funzionarie e alle Alte Professionalità in generale per il ruolo che ricoprono di Primus inter pares. *Consigliere Nazionale 14

17 NS n. 67 La valorizzazione del merito e del talento come motore dello sviluppo economico e sociale di Angelo Misino* Come già illustrato su queste pagine, a Roma, il 6 giugno 2013, nella Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Federazione Autonoma delle Alte Professionalità (FA- DAP) ha avuto il suo battesimo ufficiale nel corso di una giornata in cui relatori quali Pier Luigi Celli, Direttore Generale Università Luiss G. Carli; Carlo Flamment, presidente Formez; Monsignor Lorenzo Leuzzi, Direttore Pastorale Universitaria Vicariato di Roma; Maurizio De Tilla, Presidente di Le Professioni per l Italia ; Dario Focarelli, Direttore Generale ANIA e Giovanni Sabatini, Direttore Generale ABI hanno potuto confrontarsi su un tema di rilevante attualità La valorizzazione del Talento e del Merito come motore dello sviluppo economico e sociale. Giornata organizzata da FADAP (ivi rappresentata da Marino D Angelo, in qualità di Presidente FA- DAP, e da Maurizio Arena, Segretario Generale). All ingresso i metal detector hanno faticato a smaltire la folla degli invitati: donne e uomini delle Banche e delle Assicurazioni, manager, rappresentanti delle istituzioni italiane e straniere, docenti, giornalisti, avvocati, professionisti, chiamati a raccolta per discutere di merito e di talento in una società in crisi economica e di identità, per riflettere in pubblico sul cruciale tema della qualità nella società civile e nel mondo produttivo. Sin dalle prime battute si è compreso che non sarebbe stato un convegno rituale: i relatori erano ben intenzionati sotto la direzione, in qualità di moderatore, di Giorgio Pogliotti, giornalista de Il Sole 24 Ore ad affrontare il problema cruciale della rinascita morale ed economica di questo Paese partendo da una constatazione empirica: la valorizzazione del merito e la promozione dei talenti possono diventare il motore di un nuovo sviluppo economico. Marino D Angelo, nel presentare la neonata Federazione, l ha definita casa comune e più ampia per le Alte Professionalità che per prime si trovano a fare i conti con la crisi di sistema in atto nel nostro Paese. Ha ricordato come non è più valida l equazione Alta Professionalità = Alto inquadramento, dal momento che nelle aziende esiste ormai un elevata professionalità diffusa anche nei livelli di ingresso e come, d altra parte, il personale anziano, spesso a torto considerato fuori corso, finisca per essere emarginato anche dai percorsi formativi che, soli, consentono di rimanere realmente in gioco in un mondo in continuo cambiamento. In questo contesto FA- DAP si pone l obiettivo di tutelare le Alte Professionalità travalicando i confini dei settori assicurativo e bancario e proponendo, per le Relazioni Industriali, un approccio nuovo che superi lo sterile conflitto e anche il metodo insufficiente della concertazione per porre in atto un serio dialogo sociale incentrato sul valore uomo. Il dibattito, così, è entrato nel vivo affrontando il tema centrale del middle-management come specchio delle contraddizioni. A proposito di merito ha avuto modo di affermare Pier Luigi Celli bisogna intendersi: si fa un gran parlare di meritocrazia ma il merito finisce per essere argomento da convegni e da pubblicazioni e resta lontano dalla realtà. 15

18 n. 67 NS Nelle aziende la meritocrazia assurge a ideologia e si concentra solo sulla misurazione dei risultati, trascurando il fatto che, prima del risultato, il merito è fatto di sforzo, sacrificio e fatica. Il Direttore Generale della Luiss istituzione che ben conosce la classe dirigente delle imprese avendola formata nelle sue aule universitarie ha evidenziato, quindi, come proprio le aziende commettano spesso l errore di puntare tutto su giovani professionisti ai quali poi, per un deficit organizzativo, non sono in grado di offrire un idoneo sviluppo di carriera. Molto apprezzato anche l intervento dell Avv. Maurizio De Tilla, che ha ricordato con toni appassionati il ruolo fondamentale delle professioni per il rilancio del sistema Paese e, più in generale, In Francia è stato raggiunto un accordo per l assunzione di migliaia di giovani cui le Alte Professionalità anziane trasferiranno il bagaglio prezioso di conoscenze di cui sono depositarie della classe media imprenditoriale, portatrice di esperienze e competenze indispensabili per superare l attuale crisi nazionale. Convincente nella comunicazione e nei contenuti, ha riscosso grande approvazione da parte della platea, mostrando di credere davvero nel progetto della nuova Federazione. Non rituale anche il contributo di Monsignor Lorenzo Leuzzi, impegnato da un quindicennio nelle Istituzioni Universitarie e grande conoscitore del bisogno dei giovani di inserirsi nel mondo del lavoro dopo anni di impegno teorico nelle aule universitarie. Come importante è stato il contributo di Carlo Flamment, che da anni si occupa dell ammodernamento della Pubblica Amministrazione in un Paese l Italia ove è ormai chiaro a tutti che la burocrazia e gli sperperi nel settore pubblico costituiscono un vulnus micidiale, capace di invalidare e rendere vana ogni buona intenzione di crescita e sviluppo economico. Nonostante ciò esistono anche molti luoghi comuni da sfatare: come quello dell improduttività e della scarsa professionalità dei quadri direttivi della nostra P.A. Il relatore ha sul punto fornito elementi che da una parte riabilitano la reputazione delle Alte Professionalità esistenti anche in questo ambito, dall altra danno la misura di un cammino da percorrere fino in fondo senza deflettere minimamente dall obiettivo di portare a compimento la spending review valorizzando nel contempo le tante e plurali professionalità in campo. Particolarmente apprezzata la presenza e graditi gli interventi dei Direttori dell ABI Giovanni Sabatini e dell ANIA Dario Focarelli. Non solo come segno tangibile di riconoscimento del ruolo che si accinge a svolgere la nuova Federazione delle Alte Professionalità, ma anche e soprattutto per l espressa condivisione di un progetto incentrato sulla valorizzazione del middle-management dei due comparti. Entrambi hanno rimarcato l importanza di un clima sostanzialmente positivo nelle relazioni industriali, pur in un difficile periodo di crisi economica e di asperità sul piano del confronto tra le parti sociali a livello generale. A riprova del fatto che non si è trattato di un evento rituale Marino D Angelo ha messo sul tavolo una proposta concreta, presentando quello che potrebbe essere definito il patto del merito. In Italia si parla molto di Staffetta Generazionale, secondo una logica di scambio. In Francia è stato fatto di più, è stato raggiunto un accordo sindacale in base al quale viene favorita l assunzione di duemila giovani non legata ai licenziamenti di altrettanti anziani, secondo l impostazione dei vasi comunicanti : per cui l assunzione è condizionata dall obbligo di mantenere in servizio un numero analogo di anziani col compito di trasferire alle new entry, nella veste di Tutor o Coach, il bagaglio prezioso di conoscenze di cui sono depositari. Dal canto suo Maurizio Arena ha lanciato l iniziativa di FADAP, definita Call for ideas; una campagna aperta fino al 15 settembre, rivolta al mondo accademico, sindacale, associativo e imprenditoriale con focus sulle Alte Professionalità e sul middle management. L obiettivo enunciato è di raccogliere idee plurali che saranno, poi, analizzate da una commissione di esperti e, quelle selezionate, inserite in un documento che FADAP presenterà in occasione di un altro importante evento previsto in autunno: il Premio Alte Professionalità. Se l obiettivo della giornata era quello di stimolare la riflessione sul cruciale tema della qualità e del talento nella società civile e nel mondo produttivo la sensazione diffusa è quella che esso sia stato raggiunto. Siamo certi che le prossime iniziative già in agenda FADAP non deluderanno le aspettative. *Segretario Regionale Lazio 16

19 NS n. 67 Le gabbelle nove... figlie di un padre ignoto di Alfredo Martini* Il sonetto del Belli, che porta questo titolo, è quanto mai attuale. Di troppe tasse si può morire. Non solo chi le subisce ma anche chi le impone: come accadde al povero ministro delle finanze Prina. E te fò faa la fin del Prina era la peggior minaccia che potesse lanciare un vecchio milanese. Un sonetto di Carlo Porta rivela che Anca el neggozzi de la passerina è in crisi perché, per le gabelle e dazi esorbitanti imposti dal Ministro Prina, non si pensa più a fottere. Gli effetti di una spesa pubblica fuori ogni logica non può che essere finanziata che cor zangue de noantri poverelli. Ma chi è l autore dell inasprimento delle tasse? La risposta è univoca: la colpa è. La fine del povero Prina, che finì linciato dalla folla milanese, preoccupa i politici, che, a scanso di equivoci, diventano tutti devoti a Santa Nega. La teoria della colpa Il tema di un dibattito televisivo è l IMU. I politici presenti discettano sulla teoria della colpa in merito all istituzione dell imposta. La disamina della teoria della colpa ha come scopo la non individuazione di un responsabile. Alcuni, con il tono di quelli che si credono i più autorevoli del reame, sostengono che la colpa è del governo (precedente). Altri sostengono che la colpa è del governo dei tecnici. Il dibattito tra i politici evidenzia non solo ignoranza ma, ed è la cosa più preoccupante, anche un incompetenza assoluta sul sistema tributario italiano, in generale e, soprattutto, dimostra di non conoscere la genesi dell imposta. Il conte Giuseppe Prina (Novara, 20 luglio 1766 Milano, 20 aprile 1814) è stato, in epoca napoleonica Ministro delle Finanze del Regno d'italia. Detestato per il carico fiscale, alla caduta del Regno con la fine del periodo napoleonico, fu linciato dalla folla inferocita Le affermazioni di estraneità al disegno che ha determinato l aumento della tasse, ricalcano il titolo di una pungente satira, andata in scena negli anni sessanta: Non so, non ho visto, se c ero, dormivo. Per gli aspiranti politici, l IMU, il ReddiTest, il Redditometro, il Red, l Imposta sul possesso di un televisore non sono prelievi che impoveriscono il contribuente, ma rappresentano la spinta più potente verso il progresso e il benessere. Peccato che il concetto sia piuttosto datato. Il tema, che la povertà è la premessa del 17

20 n. 67 NS benessere è già stato trattato (da Aristofane, nato nel 445 a.c.) e nella satira politica contenuta nella commedia Pluto (da non confondere con il cane di Topolino). Livio che non erra (Dante Divina Commedia, Inferno canto XXVII, 12) così definiva il politico: Politico è una parola di tre lettere: FUR. L IMU nella legge istitutiva La genesi (rectius: istituzione) dell Imposta Municipale Unica, meglio nota come IMU, si ricava dal Decreto legislativo 14 marzo 2011, contenente disposizioni in materia di federalismo fiscale, che, all articolo 7, precisa: a decorrere dall anno 2014 sono introdotte nell ordinamento fiscale le seguenti due nuove forme di imposizione municipale: a) un imposta municipale propria; b) un imposta municipale secondaria. L anticipazione della decorrenza dell imposizione e il diverso criterio di attribuzione del gettito tributario La legge 201 del 6 dicembre 2011, all articolo 3, recita: l imposta municipale propria è anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall anno 2012; e soggiunge: l imposta principale propria ha per presupposto il possesso di immobili ivi compresa l abitazione principale e le pertinenze della stessa. Degli incisi è anticipata e in via sperimentale non si parla mai, anche perché alla sperimentazione avrebbe dovuto far seguito una norma più meditata. La differenza tra l articolo 7 del decreto legislativo 14 marzo 2011 e l articolo 3 della legge 6 dicembre 2011 può essere indicata: la decorrenza dell imposta, fissata per il 2014, è anticipata al 2012; l oggetto dell imposta comprende anche l abitazione principale, esclusa dalla legge istitutiva; il gettito derivante dalla riscossione dell imposta è di competenza dello Stato, anziché dei Comuni; ai Comuni è attribuita pro quota una parte del gettito derivante dal versamento dell imposta sulla seconda casa; la riscossione dell imposta municipale secondaria è rimasta invariata. L introduzione dell IMU nel nostro ordinamento fiscale è l esaltazione dell ignoranza dei politici. L affermazione che l I.C.I. è stata sostituita dalla nuova tassa (sic!) IMU, anche definita imposta municipale sugli immobili, dimostra che i politici, siano essi di destra o di sinistra, tecnici o teorici, non conoscono il diritto tributario. Il gettito dell I.C.I. era riservato ai Comuni e non allo Stato etc. etc. Prima di proporre fantasiosi rimedi in una ribalta televisiva, sia i politici, che nel corso della loro storia hanno indossato varie casacche, sia quelli che si propongono come aspiranti, dovrebbero sapere che: Le migliori riforme il più delle volte non consistono nel creare un nuovo sistema, ma bensì nel ritornare all antico originario sistema, nel togliere gli abusi introdotti e nel togliere quelle sopradizioni le quali coll andare degli anni hanno offuscato la semplicità e l unità originaria della legislazione. L indicazione è tratta da una pubblicazione dell Università Commerciale Luigi Bocconi, ignota ai politici di ieri, di oggi e di domani. Anziché limitarsi alla mera indicazione della denominazione dell imposta IMU, i politici avrebbero dovuto precisare al volgo dei contribuenti che l Imposta Municipale Unica è un imposta erariale diversa dalla soppressa I.C.I. che, peraltro era l acronimo di Imposta Comunale sugli Immobili, il cui gettito era comunale e non erariale. Se avessero meditato sull insegnamento contenuto nel testo dell Università Commerciale Luigi Bocconi ritornare all originario sistema, avrebbero riletto il Testo Unico del 1958, n. 645 e reintrodotto, con un attualizzazione della norma al 2012, la soppressa imposta sui fabbricati e, conseguentemente, la soppressa imposta sul valore locativo, a favore dei Comuni, per le seconde case. Ma sarebbe stato troppo laborioso. Il legislatore, conscio della propria disonestà intellettuale, ha voluto ammantarsi di purezza precisando che l imposta municipale propria è anticipata, in via sperimentale, dall anno Altri temi dibattuti, dai saccenti della politica, sono rappresentati dal Redditometro e dal ReddiTest, entrambi generati da padri incolpevoli. Anzi, l ultimo Decreto pubblicato sulla G.U. del 4 gen- 18