PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER I SERVIZI TECNICI NAZIONALI SERVIZIO GEOLOGICO D ITALIA PROGETTO CARG

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1 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER I SERVIZI TECNICI NAZIONALI SERVIZIO GEOLOGICO D ITALIA NOTE ILLUSTRATIVE della CARTA GEOLOGICA D ITALIA alla scala 1: foglio BARDONECCHIA A cura di R. Polino 1, F. Dela Pierre 1,2, A. Borghi 3 (per il basamento pre-quaternario) e di F. Carraro 2, G. Fioraso 1, M. Giardino 2 (per la copertura quaternaria) Con contributi di: G. Bellardone 4 (geologia applicata); A. Conti 5 (geochimica isotopica); M. Gattiglio 2, M. Malusà 1, P. Mosca 1 (basamento pre-quaternario) 1 CNR - Istituto di Geoscienze e Georisorse - Sezione di Torino 2 Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Torino 3 Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche - Università di Torino 4 Regione Piemonte - Direzione Servizi Tecnici di Prevenzione 5 Collaboratore esterno del CNR - Istituto di Geoscienze e Georisorse - Sezione di Torino Ente realizzatore Regione Piemonte Direzione Regionale Servizi Tecnici di Prevenzione

2 Direttore Vicario del Servizio Geologico d Italia: N. Accardi Responsabile del Progetto per il Servizio Geologico d Italia: F. Galluzzo Responsabile del Progetto per la Regione Piemonte: V. Coccolo Comitato Geologico Nazionale (D.P.C.M e ): N. Accardi (presidente), G. Arnone, S. Cocco, V. Coccolo, U. Crescenti, G. Ferrandino, M. Grasso, P. Manetti, G. Mariotti, E. Martini, G. Pasquarè R. Pignone, R. Polino, A. Praturlon, M. Santantonio, F. Trincardi Si ringraziano i componenti del precedente Comitato Geologico Nazionale per il loro contributo scientifico PER IL SERVIZIO GEOLOGICO D ITALIA: Revisione scientifica: G. Conte, D. Delogu, M. D Orefice, M.L. Pampaloni, R.M. Pichezzi, D. Terribili Coordinamento cartografico: D. Tacchia (coord.), S. Grossi Revisione informatizzata dei dati geologici: A. Lisi, R. Ventura, F. Visicchio Coordinamento editoriale e allestimento per la stampa: M. Cosci (coord.), S. Falcetti, F. Pilato PER LA REGIONE PIEMONTE: Allestimento editoriale e cartografico: G. Fioraso, F. Lozar, S. Lucchesi, R. Polino, F. Dela Pierre Coordinamento informatizzazione: E. Bonansea, R. Pispico (CSI-Piemonte) Informatizzatori: F. Lozar, G. Fioraso, F. Dela Pierre Gestione tecnico-amministrativa del Progetto : M.T. Lettieri (Servizio Geologico d Italia)

3 INDICE I - INTRODUZIONE Pag. 5 II - CARATTERI GEOMORFOLOGICI » 9 III - INQUADRAMENTO GEOLOGICO » LE ALPI OCCIDENTALI » LE UNITÀ LIGURO-PIEMONTESI DELLE ALPI OCCIDENTALI....» LE UNITÀ PIEMONTESI DI MARGINE CONTINENTALE » LA FALDA DEL GRAN SAN BERNARDO » Il basamento pre-mesozoico » Le coperture meso-cenozoiche » Il Massiccio d Ambin » 20 IV - BASAMENTO PRE-QUATERNARIO » UNITA DI MARGINE CONTINENTALE » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL AMBIN » Basamento pre-triassico » Micascisti dei Fourneaux » Complesso di Clarea » Complesso d Ambin » Metadioriti a relitti magmatici » Copertura mesozoica » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL VALLONETTO » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI GAD » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI VALFREDDA » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELLO CHABERTON - GRAND HOCHE - GRAND ARGENTIER » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEI RE MAGI » UNITA OCEANICHE » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL ALBERGIAN » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL LAGO NERO » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DI CEROGNE-CIANTIPLAGNA.» UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DEL VIN VERT » UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELLA ROCHE DE L AIGLE...» UNITA TETTONOSTRATIGRAFICA DI PUYS-VENAUS..» GESSI » BRECCE TETTONICHE » 53

4 V - COPERTURA PLIOCENICO(?) - QUATERNARIA » UNITA COMPLETAMENTE FORMATE NON DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA » UNITA COMPLETAMENTE FORMATE DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA » BACINO DEL CENISCHIA » Allogruppo del Moncenisio » BACINO DELLA DORA RIPARIA » Allogruppo di Clot Sesiàn » Allogruppo di Salbertrand » Allogruppo di S. Stefano » BACINI TRIBUTARI » UNITA IN FORMAZIONE NON DISTINTE IN BASE AL BACINO DI PERTINENZA » 76 VI - EVOLUZIONE STRUTTURALE » DEFORMAZIONI PLICATIVE » UNITÀ DELL AMBIN » Evoluzione prealpina » Evoluzione duttile alpina » UNITÀ OCEANICHE » UNITÀ DI MARGINE CONTINENTALE ESTERNE » EVOLUZIONE FRAGILE ALPINA » NEOTETTONICA » DEFORMAZIONI GRAVITATIVE PROFONDE DI VERSANTE » 91 VII - EVOLUZIONE METAMORFICA » CICLO METAMORFICO PREALPINO » CICLO METAMORFICO ALPINO » ASSOCIAZIONI DI ALTA PRESSIONE A LAWSONITE » ASSOCIAZIONI DI ALTA PRESSIONE A EPIDOTO » EVENTO DI BASSA PRESSIONE » RICOSTRUZIONE DELLA TRAIETTORIA P-T ALPINA DEL MASSICCIO D AMBIN » CARATTERIZZAZIONE ISOTOPICA DI METACARBONATI DELL ALTA VALLE DI SUSA » 101 VIII - EVENTI ALLUVIONALI » 107 IX - RISORSE MINERARIE ED ATTIVITA ESTRATTIVE....» 111 BIBLIOGRAFIA » 113

5 5 I - INTRODUZIONE Il Foglio Bardonecchia della Carta Geologica d Italia alla scala 1: è ubicato nelle Alpi Cozie, nel settore centrale dell arco alpino occidentale. Dal punto di vista amministrativo il foglio ricade nella Regione Piemonte ed è compreso nella Provincia di Torino al confine con la Francia. La parte italiana del foglio copre una superficie di circa 480 km 2. Il foglio prende nome dal centro abitato di Bardonecchia, il maggiore dell alta Valle di Susa in quanto a numero di abitanti e importanza economica, caratteristiche legate alla ricettività turistica e alla presenza dell imbocco dei trafori (autostradale e ferroviario) del Fréjus. Quest area è posta a cavallo di uno dei più importanti assi viari europei ed è attraversata dall autostrada A32 Torino-Bardonecchia, che collega l Italia al Nord-Europa tramite il tunnel del Fréjus, dalla linea ferroviaria internazionale Torino-Chambery e dalla S.S. n. 24 del Monginevro, che consente il collegamento con la Francia meridionale. Le conoscenze geologiche relative a quest area sono relativamente scarse. Per quanto concerne le formazioni superficiali, sporadici contributi a carattere prevalentemente locale vennero sintetizzati in maniera organica in occasione del rilevamento dei fogli 54 Oulx e 66 Cesana (CARTA GEOLOGICA D ITALIA, 1911a, 1911b) e 55 Susa (CARTA GEOLOGICA D ITALIA, 1910) alla scala 1: In tali documenti venne evidenziato il ruolo svolto dalla morfogenesi glaciale, senza tuttavia proporre alcuna suddivisione cronologica dei depositi, indicati nel complesso come würmiani, post-würmiani e recenti. Solo successivamente SACCO (1921, 1928, 1943, 1948) analizzò nel dettaglio i problemi legati al modellamento glaciale nei bacini segusino e del Chisone, riconoscendo e descrivendo una successione di forme e di depositi attribuiti a tre distinte fasi di

6 6 ritiro dell ultima glaciazione. Negli anni 40 del secolo scorso CAPELLO affrontò specifici aspetti inerenti l assetto geomorfologico della Valle di Susa, e in relazione ai processi di sovralluvionamento che interessarono in epoca storica il fondovalle (CAPELLO, 1941a, 1941b) ipotizzò l esistenza, nell attuale piana di Salbertrand, di un antico lago di sbarramento glaciale. Successivamente venne segnalata la particolarità morfologica dell area di Sauze d Oulx (CAPELLO, 1942), attribuita all originario modellamento del ghiacciaio segusino e al successivo rimodellamento erosionale operato dal reticolato idrografico affluente. Lo stesso Autore (CAPELLO, 1937, 1938, 1939a, 1939b) descrisse i fenomeni carsici che caratterizzano vari settori della valle, interpretando come tali anche le manifestazioni di collasso gravitativo presenti lungo lo spartiacque Susa-Chisone (CAPEL- LO, 1955). I frequenti movimenti gravitativi distribuiti sui versanti della Valle di Susa sono stati analizzati a più riprese da vari Autori. I primi riferimenti si trovano nelle osservazioni effettuate da BARETTI (1881), SACCO (1898) e SEGRÈ (1920) in merito ai fenomeni di instabilità riscontrati lungo la linea ferroviaria Bussoleno- Modane. Un impulso decisivo nella comprensione della dinamica dei versanti è avvenuto in occasione degli studi condotti per la realizzazione del collegamento autostradale Torino-Bardonecchia (RAMASCO & SUSELLA, 1978): solo a partire da questo momento nella media e alta Valle di Susa e nella contigua Val Chisone è stata rilevata e rappresentata in maniera organica la distribuzione dei fenomeni gravitativi superficiali e profondi (CARRARO et alii, 1979; MORTARA & SORZANA, 1987; PUMA et alii, 1984, 1989, 1990; AA.VV., 1996). Anche per le unità geologiche del substrato non esistono abbondanti contributi recenti. Sono tuttavia da ricordare i fondamentali lavori di FRANCHI (1910, 1911, 1912, 1929) che nell'area del Foglio ritrovò alcuni dei fossili che gli permisero di confermare l'età mesozoica delle succesioni a calcescisti delle Alpi occidentali. Le unità che affiorano nel Foglio sono state attribuite a due dei classici domini paleogeografico-strutturali della pila di falde pennidiche che affiorano nelle Alpi occidentali: il dominio Piemontese e il dominio Brianzonese. Al primo sono state riferite le successioni a prevalenti calcescisti e subordinate ofioliti ritenute la testimonianza della cicatrice crostale dovuta alla collisione continentale fra le placche europea ed insubrica. Al suo interno sono state riconosciute da tempo in varie parti dell arco alpino unità di margine continentale e successioni di copertura oceaniche associate ad ofioliti (ELTER, 1971; LEMOINE, 1971; DEVILLE et alii, 1992). Al secondo sono riferite le successioni di due porzioni distinte del foglio: la stretta fascia al margine nord-occidentale, in cui affiorano unità mesozoiche di copertura brianzonesi che formano una struttura di dimensioni chilometriche retroflessa sulle unità del dominio piemontese (cfr. ad es. CABY, 1964, 1996) ed il

7 7 quadrante nord-orientale del foglio, occupato interamente dal Massiccio d Ambin e dalle sue coperture, interpretati di affinità brianzonese (ELLENBERGER, 1958; LORENZONI, 1965; GAY 1971; ALLENBACH, 1982). I contatti fra i vari tipi di unità sono complessi ed è stata messa in evidenza la giustapposizione di unità, provenienti da domini paleogeografici ben distinti all origine, che hanno seguito traiettorie diverse durante le fasi compressionali e decompressionali alpine (CARON et alii, 1984; POLINO et alii, 1990). Nella edizione del Foglio al , si è voluto mantenere al massimo il dato analitico. Questa scelta è stata fatta per mantenere il maggior numero di informazioni sulle formazioni supeficiali, particolarmente sviluppate in quest'area. Poichè la distribuzione di queste ultime sembra essere collegata all'attività recente delle principali strutture fragili di dimensione regionale che sottintendono allo sviluppo morfologico dell'alta Valle di Susa, la rappresentazione analitica delle formazioni superficiali, fornisce informazioni non solo sulla distribuzione spazio-temporale dei corpi sedimentari, ma anche sulla evoluzione recente di questo settore alpino. Anche se nella soluzione adottata l interpretazione paleogeografica e/o strutturale a piccola scala può non essere di immediata percezione, si è ritenuto utile lasciare le fasi interpretative alle sintesi a più piccola scala (cfr. Cap. 3).

8 9 II - CARATTERI GEOMORFOLOGICI Dal punto di vista geografico e geomorfologico l elemento dominante è rappresentato dal bacino della Dora Riparia (Valle di Susa s.l.), che nel suo complesso costituisce un sistema di drenaggio vallivo molto articolato ed esteso. La Valle di Susa è stata convenzionalmente suddivisa in tre parti: - l alta valle, che comprende il settore altimetricamente più elevato del sistema vallivo, dall attuale spartiacque alpino (con rilievi mediamente intorno ai m) fino alla piana di Oulx-Salbertrand (1.000 m); qui confluiscono la Dora di Cesana, proveniente da Sud e alimentata dalla Val Thuràs e della Val Ripa, e la Dora di Bardonecchia, proveniente da Ovest e a sua volta alimentata nel tratto iniziale dalla Valle Stretta e dalla Valle di Rochemolles; - la media valle, dalla confluenza dei due rami della Dora fino alla soglia di Susa (500 m), prima della confluenza fra la Dora Riparia e il Torrente Cenischia; - la bassa valle, dalla confluenza con la Val Cenischia (compresa) fino allo sbocco in pianura (300 m), dove si trovano le colline moreniche dell Anfiteatro di Rivoli-Avigliana. L area del Foglio Bardonecchia comprende il ramo nord-occidentale dell alta Valle di Susa e l intero segmento della media Valle di Susa. Inoltre, ai margini SE e NE dell area, il foglio si estende, rispettivamente, per un breve tratto nell adiacente alta Val Chisone e in parte sul versante destro della Val Cenischia. I rilievi maggiori sono distribuiti lungo l attuale spartiacque principale alpino: Rocca d Ambin (3.378 m), Rognosa d Etiache (3.382 m), Punta Pierre Menue (3.508 m e massima elevazione dell area), Rocca Bernauda (3.226 m), Punta Charra (2.984 m) e Punta Clotesse (2.872 m). Lo spartiacque Susa-Chisone è caratterizzato da rilievi meno elevati: M. Genevris (2.583 m), Testa di Mottas (2.647 m), Punta del Gran Serin (2.689 m) e Cima delle Vallette (2.743 m). Nel breve tratto di spartiacque Susa-Cenischia il rilievo principale è costituito dalla

9 10 Punta Toasso Bianco (2.622 m). Dal punto di vista orografico va anche ricordato che in questo settore alpino vi sono alcuni importanti valichi, altimetricamente poco elevati e talora morfologicamente fra i più favorevoli per attraversare la catena alpina. I più significativi sono il Colle del Moncenisio (2.083 m, che mette in comunicazione la Valle dell Arc e la Val Cenischia), il Colle della Scala (1.762 m, fra la Valle Stretta e la Valle della Clarée) e il Colle del Monginevro (1.850 m). Il Colle del Sestriere (2.035 m), pur non compreso nell area considerata, consente invece un agevole comunicazione tra la Valle di Susa e la Val Chisone. L orientazione più frequente e persistente degli elementi idrografici e orografici è la direzione NE-SO (es. Val Chisone, media Valle di Susa, Vallone di Rochemolles). Nei settori orientale e occidentale del foglio sono invece prevalenti le direzioni NNW-SSE (es. Val Cenischia e Val Clarea) e NNE-SSW (reticolato affluente della Dora di Bardonecchia). Anche la posizione dei principali valichi alpini risulta interposta a segmenti del reticolato idrografico che seguono, sui due versanti adiacenti, le suddette direzioni prevalenti. L insieme di queste caratteristiche riflette il condizionamento alla morfogenesi indotto sia dall assetto litostrutturale regionale e locale, sia dall evoluzione tettonica recente di questo settore della catena alpina (cfr. paragrafo Neotettonica ). L elevato grado d incisione di numerosi tratti delle valli Susa e Chisone testimonia il forte approfondimento erosionale registrato soprattutto lungo le direttrici NE-SW: questo fenomeno esercita un importante controllo anche sull andamento dell attuale spartiacque principale alpino, che proprio nel settore segusino si incunea profondamente verso Ovest, cioè verso l esterno della catena. La Valle di Susa rappresenta, analogamente alle altre principali vallate che defluiscono verso il margine padano occidentale, una direttrice di drenaggio persistente nella fase di progressiva migrazione dello spartiacque alpino verso l esterno, instauratasi sin dal Miocene. L attuale testata della Valle di Susa costituirebbe quindi un settore che originariamente drenava verso Ovest. L evoluzione geomorfologica di questo settore montuoso può essere dedotta dalle forme di modellamento del rilievo e dalla distribuzione delle formazioni superficiali (cfr. paragrafo Copertura pliocenico-quaternaria ). Chiarissime sono le tracce del modellamento glaciale pleistocenico legate all ultima fase di massima espansione (Last Glacial Maximum, LGM), in cui il ghiacciaio principale della Valle di Susa ha raggiunto (come del resto nelle precedenti fasi di massima espansione) lo sbocco in pianura costruendo l Anfiteatro Morenico di Rivoli-Avigliana. La scarsità di testimonianze glaciali più antiche dell'ultimo episodio (LGM) è imputabile all intensa azione erosiva operata dal ghiacciaio nella sua ultima fase di espansione e al nuovo modellamento imposto dal reticolato idrografico post-glaciale. A differenza delle valli Susa e Cenischia, nell alta Val Chisone non si rinvengono tracce di modellamento riconducibili a un ghiacciaio regionale che occupava l intero sistema vallivo: sono invece riconoscibili forme e depositi legati ai ghiacciai delle valli tributarie, che nelle fasi di massima espansione potevano anche raggiungere e occupare parte del fondoval-

10 11 le principale. Casi analoghi alle valli tributarie della Val Chisone si registrano anche nella media Valle di Susa; in particolare la Val Clarea presenta al suo sbocco nella valle principale un importante apparato morenico frontale: il fatto che quest ultimo sia stato preservato dimostra che il ghiacciaio della Val Clarea è sopravvissuto al definitivo ritiro di quello principale dal tratto inferiore della media Valle di Susa. Per quanto riguarda le tracce di modellamento glaciale successive alla massima espansione, i cordoni morenici tardoglaciali e i più recenti, attribuibili alla Piccola Età Glaciale, sono concentrati soprattutto presso le testate dei bacini tributari che si originano dai rilievi montuosi del Massiccio d Ambin. In quest area si rinviene anche la più consistente massa glaciale sopravvissuta, il Ghiacciaio dell Agnello, nel settore laterale destro della testata della Val Clarea. Ampia diffusione in tutta la fascia altimetrica più elevata del foglio (al di sopra di m) hanno invece le forme di ambiente periglaciale, con significativi esempi di rock glacier, sia sui rilievi dello spartiacque principale che lungo lo spartiacque Susa-Chisone. L evoluzione morfologica post-glaciale è caratterizzata, nei settori altimetricamente intermedi ( m) e meno elevati (al di sotto dei m), da imponenti manifestazioni legate alla dinamica fluviale e torrentizia, al dilavamento dei versanti e alla gravità. Gli ampi settori pianeggianti di fondovalle (es. piana di Oulx-Salbertrand e conca di Bardonecchia nell alta Valle di Susa, piana di Pragelato in Val Chisone) rappresentano i settori di maggiore sedimentazione da parte dei corsi d acqua principali, i cui depositi si interdigitano con gli imponenti conoidi alimentati dai bacini tributari (es. Valloni di Rochemolles e del Fréjus, nella conca di Bardonecchia). Le più evidenti forme di erosione fluviale si rinvengono sul fianco sinistro della Valle di Susa, dove i corsi d acqua tributari si sono notevolmente approfonditi dopo il ritiro delle masse glaciali, dando origine a vere e proprie forre (es. Rio Segurét); un altro esempio a questo riguardo è offerto dall alveo epigenetico della Dora Riparia, che incide profondamente il fondovalle in corrispondenza delle gorge di Susa. La morfogenesi gravitativa si sovrappone e in parte oblitera le tracce di modellamento del glacialismo pleistocenico e talvolta anche quelle legate ai processi fluviali e torrentizi più recenti. Frane e deformazioni gravitative profonde di versante coinvolgono estesi settori di versante, modificando non solo l assetto strutturale dell ammasso roccioso ma anche l originaria distribuzione altimetrica dei depositi quaternari. L evoluzione di alcuni fenomeni ha in alcuni casi persino portato al ripetuto sbarramento del fondovalle principale (es. Serre La Voûte nella media Valle di Susa; Pragelato in Val Chisone).

11 LE ALPI OCCIDENTALI III - INQUADRAMENTO GEOLOGICO La catena alpina occidentale è il risultato di un complesso processo geodinamico che, attraverso una prima fase di subduzione di litosfera oceanica ed una seconda fase di collisione continentale tra i paleomargini europeo ed insubrico, ha portato alla formazione di una catena orogenetica in cui sono conservate e riconoscibili unità di crosta continentale tettonicamente interposte ad unità ad affinità oceanica. Storicamente nella catena sono stati riconosciuti quattro domini strutturali principali, cui è stata attribuita una forte connotazione paleogeografica, separati da superfici tettoniche principali. Ognuno di questi domini è caratterizzato da una storia geologica omogenea, ma parzialmente indipendente da quella dei domini adiacenti. Dall alto al basso geometrico e dall interno verso l avampaese europeo sono stati distinti: il dominio Sudalpino, il dominio Austroalpino, il dominio Pennidico ed il dominio Elvetico-Ultraelvetico. Il dominio Sudalpino è un sistema tettonico rappresentato nel suo settore più occidentale dalla Zona del Canavese, dalla Zona Ivrea-Verbano e dalla Serie dei Laghi. Rappresenta quella porzione del margine insubrico che non è stata interessata dalla tettogenesi collisionale, si differenzia dalla catena vera e propria in quanto è privo della sovraimpronta metamorfica di età alpina. E separato dalla catena per mezzo della Linea Insubrica ed è caratterizzato da una vergenza interna delle strutture principali. Le unità sudalpine si accavallano sull avampaese padano e il loro fronte, sepolto dai depositi della pianura padana, è prossimo ad interferire con il fronte appenninico NE vergente.

12 14 Il dominio Austroalpino, è posto in posizione strutturalmente elevate dell edificio alpino. Gli sono attribuite unità di crosta continentale costituite da un basamento varisico intruso da granitoidi permiani e ricoperto da modeste coperture mesozoiche. Questo dominio viene correlato al dominio sudalpino e gli sono attribuiti, nelle Alpi occidentali, la Zona Sesia-Lanzo e quei numerosi lembi di ricoprimento (klippen), indicati, in genere con il termine complessivo di Sistema della Dent Blanche s.l.. Il dominio Pennidico, sistema multifalda cui sono riferite tutte le unità che conservano traccia della crosta oceanica mesozoica (Zona Piemontese s.l., Zona dei Calcescisti con pietre verdi, ecc.), e un gruppo di falde di basamento in cui sono state distinte le Falde Pennidiche superiori (= Monte Rosa, Gran Paradiso e Dora Maira), il Sistema Medio Pennidico (= Falda del Gran San Bernardo) e le Falde Pennidiche inferiori (= Antigorio, Lebendum, Monte Leone). E in questo dominio, come anche in quello precedente, che sono meglio conservate le tracce della evoluzione tettonometamorfica alpina. Il dominio Elvetico, rappresenta quella porzione dell avanpaese europeo coinvolto nella tettogenesi alpina ed è l elemento strutturale più esterno della catena, separato dai domini più interni dal Fronte Pennidico. Questo dominio è costituito da un basamento cristallino e da successioni di copertura meso-cenozoiche più o meno scollate (Falde Elvetiche). Il basamento affiora in corrispondenza dei cosiddetti Massicci Cristallini Esterni (Argentera, Pelvoux, Belledonne, Monte Bianco - Aiguille Rouge e Aar-Gottardo). Poiché questo dominio è stato coinvolto nell orogenesi alpina solo durante le sue fasi finali (fase mesoalpina e fase neoalpina), in esso sono meglio conservati relitti metamorficostrutturali dell orogenesi caledoniana ed in modo ubiquitario quelle dell orogenesi ercinica (MÈNOT, 1987). Le più recenti indagini sulla struttura profonda delle Alpi eseguite alla fine degli anni '80 (ROURE et alii, 1990, 1996; PFIFFNER et alii, 1997) hanno messo in evidenza una strutturazione interna della catena relativamente semplice a piccola scala e omogenea lungo tutto l arco delle Alpi occidentali. Le Alpi costituiscono infatti una catena a doppia vergenza, europea per il settore esterno e insubrica o apula per quello interno, in cui si possono distinguere tre grandi domini strutturali che ricalcano in parte le concezioni paleogeografiche dei modelli precedenti. Si distingue infatti (fig. 1): - un dominio interno, appartenente alla placca superiore del sistema collisionale, che corrisponde al dominio sudalpino dei vecchi Autori; - un dominio esterno corrispondente all avanpaese, o a quella sua parte che è coinvolta nella porzione più esterna della catena, che corrisponde al dominio elvetico-delfinese dei vecchi Autori; - una parte assiale, delimitata da due superfici di discontinuità maggiori alla scala crostale (Linea Insubrica all interno e Fronte Pennidico all esterno), nella quale sono comprese le unità oceaniche e le falde pennidiche ed austroalpine della vecchia letteratura.

13 15 Fig. 1. Stereogramma delle Alpi occidentali. Il lato anteriore è all incirca coincidente con il profilo sismico CROP/ECORS tra il Giura francese e la Pianura Padana nei pressi di Torino (ROURE et alii, 1990, 1996). Il profilo sismico ha attraversato la catena lungo le valli dell Orco e dell Isère. Nelle zone esterne sono indicati con tratteggio orizzontale le coperture dell avanpaese e con tratteggio verticale le falde elvetiche. E stata lasciata in bianco la zona assiale della catena, corrispondente alla catena collisionale vera e propria, e la parte riattivata del margine europeo. Nella zona assiale sono schematizzate le strutture principali duttili e fragili della pila di falde e, in nero, i maggiori corpi ofiolitici.

14 16 L aspetto più stimolante di questa interpretazione della catena è che la parte assiale, che costituisce la catena collisionale vera e propria, appare completamente svincolata dalle zone più esterne ed interne. In essa sono contenute tutte le unità che hanno subito una o più degli eventi metamorfici legati alla subduzione ed alla collisione, e la loro distribuzione all interno della zona assiale non è il frutto di una evoluzione cilindrica dei domini paleogeografici, ma sembra essere rimessa continuamente in gioco dalle cinematiche locali. Ne consegue che ogni elemento strutturale della catena, definito come unità tettonostratigrafica (sensu DELA PIERRE et alii, 1997) o unità tettonometamorfica (sensu SPALLA et alii, 1998) può avere una storia tettonometamorfica autonoma rispetto alle unità vicine, e che prima di effettuare qualsiasi tipo di ricostruzione si dovrà conoscere in modo preciso quale è la storia collisionale di ogni singola unità. Una ulteriore complicazione dell assetto geometrico della collisione viene introdotto dalla complessa interazione delle cinematiche alpina ed appenninica che avvengono a partire dal Neogene. Il risultato conferisce alla catena la caratteristica forma arcuata del suo settore occidentale che simula una rotazione antioraria della zona di collisione tra la placca europea e quella apula. La letteratura alpina risente ovviamente di questa complessa evoluzione delle conoscenze ed interpretazioni, da cui sorge un grave problema di nomenclatura. Questa infatti, ereditata da modelli passati, non viene ridefinita nelle interpretazioni più recenti. Ne consegue che termini abitualmente presenti nella bibliografia sono impiegati con significato diverso a seconda degli Autori oppure cambiano significato col tempo. A questo si aggiunge le naturale inerzia della comunità scientifica ad accettare nuove interpretazioni che mettono in discussione modelli che sembravano consolidati qualche lustro prima, e soprattutto la nomenclatura che ne consegue. Un esempio classico è costituito dalle successioni a ofioliti che segnano la sutura oceanica nella catena. Dalla primitiva definizione di Zona delle pietre verdi, introdotto nella nomenclatura alpina nella metà del secolo scorso, si è avuto un proliferare di etichette (Zona piemontese dei calcescisti con pietre verdi, Schistes Lustrés, Ophiolit decke, Ensemble Ligure, Complesso dei calcescisti con pietre verdi, Zona del Combin,...) con significato via via paleogeografico, geografico, litostratigrafico, tettonico, metamorfico, con valenza regionale o locale, che non hanno certo contribuito a semplificare la comprensione al lettore non specialista. Nell area del foglio affiorano estesamente unità appartenenti, nelle interpretazioni classiche, ai domini paleogeografici piemontese e brianzonese. Sembra opportuno quindi fornire qui di seguito un breve inquadramento regionale delle unità affioranti nell area, in cui si illustrano anche le scelte effettuate per l interpretazione.

15 LE UNITÀ LIGURO-PIEMONTESI DELLE ALPI OCCIDENTALI Un insieme di successioni che rappresentano la testimonianza del bacino oceanico mesozoico interposto alle placche europea ed insubrica e definito in letteratura come Bacino Oceanico Ligure Piemontese (ELTER, 1971; LEMOINE, 1971; DAL PIAZ, 1974a, b) affiora in maniera continua lungo tutto l arco alpino occidentale nel settore compreso tra la linea Sestri - Voltaggio ed i ricoprimenti pennidici inferiori dell Ossola - Ticino. Altri affioramenti di successioni metamorfiche litologicamente equivalenti si trovano nelle due finestre tettoniche dell Engadina e degli Alti Tauri (Alpi orientali), in Corsica nord-orientale, all'isola del Giglio ed al promontorio dell'argentario e nell arco calabro. Queste successioni sono ritenute essere l'equivalente metamorfico delle Liguridi interne ed esterne dell'appennino (ELTER et alii, 1966). Negli ultimi decenni le successioni metamorfiche delle Alpi occidentali sono state studiate considerando talora gli aspetti stratigrafici, talaltra quelli metamorfici o strutturali. Ne è risultato un quadro fortemente innovativo rispetto alle conoscenze che si avevano all inizio degli anni settanta, in cui sono state distinte unità tettoniche caratterizzate da successioni litostratigrafiche proprie e/o da evoluzioni tettonometamorfiche indipendenti che registrano condizioni metamorfiche proprie di ambienti crostali diversi della catena collisionale. Queste unità sono giustapposte per mezzo di contatti di età varia (eoalpine, mesoalpine e neoalpine) che possono formarsi in qualsiasi ambiente crostale (CARON et alii, 1984). Nelle Alpi Cozie settentrionali fra le unità ritenute deposte nel bacino interposto tra le placche europea ed insubrica prima della collisione continentale, si riconoscono prevalentemente tre tipi di unità: i) unità che mostrano una sicura affinità oceanica, cioè che mostrano o un substrato oceanico o una copertura sedimentaria che sicuramente si è deposta su un substrato oceanico; ii) unità che contengono ofioliti ma che non mostrano affinità di copertura oceanica; iii) unità incertae sedis, in cui sono raggruppate quelle successioni di metasedimenti (calcescisti s.l.) senza ofioliti che non mostrano di avere vincoli stratigrafici e/o cronologici con il substrato oceanico ligure-piemontese. i) unità caratterizzate da un substrato costituito da porzioni di litosfera oceanica che mostra una natura composita (ELTER, 1971; STEEN et alii, 1977; LEMOI- NE, 1980; AUZENDE et alii, 1983; TRICART et alii, 1985; LAGABRIELLE, 1987; DE- VILLE et alii, 1992) conseguente ad una fase di strutturazione precoce, precedente alla deposizione dei primi sedimenti. La successione sedimentaria poggia infatti indifferentemente su peridotiti ± serpentinizzate, gabbri, brecce ofiolitiche e basalti. In alcuni casi è stato anche dimostrato che le colate basaltiche si sono messe in posto su un substrato oceanico già strutturato, che conserva tracce di un evento metamorfico assente nelle colate (LOMBARDO & POGNANTE, 1982). A loro

16 18 volta i gabbri mostrano una pervasiva foliazione di origine tettonica tagliata in discordanza dai filoni basaltici (MEVEL et alii, 1978). In nessun caso si ritrova comunque la sequenza ofiolitica prevista nei classici modelli di litosfera oceanica, costituita da ultramafiti tettonizzate, gabbri cumulitici, complesso filoniano e colate basaltiche. La copertura spesso mostra forti affinità con le successioni sopraofiolitiche dell Appennino (da cui il nome di successioni liguri ) ed è caratterizzata da livelli silicei basali (radiolariti dell Oxfordiano-Kimmeridgiano, DE WEVER & CABY, 1981; o del Calloviano medio-superiore, DE WEVER et alii, 1987), marmi chiari attribuiti al Titoniano-Neocomiano (= Calcari a Calpionella), alternanze di marmi e filladi di età cretacea medio-inferiore definite come Formazione della Replatte nella regione di Briançon (LEMOINE, 1971) e simili agli Scisti a Palombini dell Appennino, ed una successione di scisti calcarei. Carattere peculiare di queste successioni è la presenza di materiale detritico prevalentemente ofiolitico a differenti livelli della successione (LEMOINE et alii, 1970; LEMOINE & TRICART, 1979; LAGABRIELLE et alii, 1982; LAGABRIELLE et alii, 1984; LEMOINE, 1984; LEMOINE & TRICART, 1986). Sono anche conosciute unità in cui nella successione di copertura ofiolitica sono presenti livelli detritici provenienti dal margine continentale (unità del Lago Nero, POLINO & LEMOINE, 1984). ii) queste unità non mostrano un substrato oceanico evidente né affinità con le successioni liguri. Contengono tuttavia nella successione sedimentaria elementi ofiolitici e possono quindi essere interpretate come porzioni del bacino oceanico in cui la crosta oceanica è completamente scomparsa durante le fasi di subduzione, oppure come successioni deposte nella fossa convergente ma che non mostrano rapporti stratigrafici diretti con il substrato oceanico. iii) si riconoscono infine volumi rocciosi costituiti da metasedimenti prevalentemente carbonatici (calcescisti s.l.) e terrigeni, senza ofioliti, che al momento attuale non sono facilmente correlabili con gli altri tipi di unità sopra descritti. Successioni analoghe sono già state descritte in altre parti delle Alpi Cozie (LEMOINE & TRICART, 1986) e sono state attribuite al Bacino Ligure Piemontese. L assenza di chiari vincoli stratigrafici e cronologici, ne rende problematica ogni interpretazione. Si ritiene tuttavia che queste successioni, a causa dell elevata componente terrigena, si possano interpretare come deposte nella fossa convergente tra le due placche durante la fase di subduzione/collisione, così come su uno dei due margini prospicienti LE UNITÀ PIEMONTESI DI MARGINE CONTINENTALE Nell area del foglio affiorano due unità di sedimenti mesozoici attribuite alternativamente al margine europeo ( prepiemontesi : LEMOINE, 1971) o insubrico ( ultrapiemontesi : POLINO et alii, 1983 con rif. bibliografici) a causa della loro sorprendente affinità con le coeve formazioni delle Alpi Meridionali (Dolomia

17 19 Principale e Calcari di Zu). La successione di litofacies sottolinea l evoluzione distensiva della crosta che porterà, attraverso ad una fase di rifting continentale ben sviluppata, alla oceanizzazione del bacino piemontese. Gli eventi più caratteristici sono il passaggio dalla piattaforma carbonatica tardo-triassica alle successioni liassiche, l orizzonte siliceo a radiolari interpretato come un repere litologico utilizzabile in tutto il bacino piemontese ed il livello a black shales che sottolinea l instaurarsi di condizioni pelagiche in tutto il bacino (BOURBON et alii, 1979). Anche all interno di queste successioni di margine continentale sono presenti orizzonti detritici a testimonianza di attività tettonica sin-sedimentaria (DU- MONT et alii, 1984) LA FALDA DEL GRAN SAN BERNARDO Il sistema multifalda del Gran San Bernardo occupa una posizione strutturale intermedia all interno del Dominio Pennidico e si estende, con relativa continuità, lungo tutta la parte esterna dell arco alpino occidentale partendo dal Vallese fino a Briançon dove viene coperta da terreni meso-cenozoici sovrascorsi; esso torna poi ad affiorare più a sud nei pressi di Acceglio, fino alle coste liguri. La Falda del Gran San Bernardo è costituita da un basamento pre-triassico, una successione di parascisti talora carboniosi associati a prodotti vulcanici (Permo-Carbonifero), e da una successione di carbonati triassici e di sedimenti pelagici di età Giurassico-Cretacica (cf ). Nell arco alpino occidentale, il basamento della Falda del Gran San Bernardo affiora in corrispondenza della Zona di Acceglio, del Massiccio d Ambin, della Zona di Sapey, della Vanoise meridionale o Massiccio di Chasseforêt, della Vanoise settentrionale o Massiccio del M. Pourri-Bellecôte e, più estesamente, dalla Val d Aosta (Massiccio del Ruitor) al Vallese Il basamento pre-mesozoico Il basamento pre-mesozoico viene suddiviso in due complessi, uno polimetamorfico ed uno monometamorfico (BOCQUET, 1974). Il primo è costituito da una sequenza di parascisti, presumibilmente pre-cambriani, associati a rocce magmatiche sia acide che basiche. Vi si distinguono tre principali eventi metamorfici prealpini ad un primo evento in facies eclogitica (THÉLIN et alii, 1990) seguono due eventi di medio grado, uno di più alta pressione, con blastesi di cianite (BAU- DIN, 1987) e l altro di bassa pressione osservato sia nel basamento del Ruitor (BOCQUET, 1974) sia nel basamento brianzonese ligure (CORTESOGNO, 1984). Il basamento monometamorfico è costituito da successioni che poggiano sullo zoccolo polimetamorfico e considerate di età compresa tra il Carbonifero superiore ed il Permiano superiore (Zona Houillère). In base alle osservazioni fatte nella

18 20 Vanoise settentrionale (GUILLOT & RAOULT, 1984) e nel Massiccio d Ambin (GAY, 1970a, b) il contatto tra il basamento monometamorfico e quello polimetamorfico sembra essere primario Le coperture meso-cenozoiche Le successioni sedimentarie meso-cenozoiche della Falda del Gran San Bernardo (Zona Brianzonese della letteratura francese) testimoniano l evoluzione di un bacino subsidente interessato da un regime tettonico regionale a carattere distensivo (STAMPFLI & MARTHALER, 1990). La successione stratigrafica mostra una sorprendente omogeneità lungo tutto l arco alpino, dalle Alpi liguri ai Grigioni, tanto che la definizione di Brianzonese deriva principalmente dalla peculiarità delle sequenze mesozoiche più che dalle caratteristiche del basamento. La successione è caratterizzata da quarziti basali di età triassica inferiore, che testimoniano l ingressione marina sul continente. Esse sono seguite da una successione di piattaforma carbonatica che si sviluppa attraverso tre cicli principali: il primo (Anisico) è caratterizzato dalla deposizione di calcari, il secondo (Anisico-Ladinico) dalla deposizione di dolomie chiare e dolomie scure ed il terzo (Ladinico superiore) è costituito da dolomie subtidali. Nel Trias superiore la subsidenza subisce un temporaneo arresto, come testimoniato da depositi lagunari ed evaporitici e da una lacuna stratigrafica, corrispondente a gran parte del Liassico, talvolta testimoniata da depositi residuali indicanti l emersione della piattaforma triassica o di parte di essa. Lo sprofondamento definitivo della piattaforma carbonatica avviene tra il Dogger ed il Malm, periodo in cui incomincia la deposizione a carattere pelagico (sequenze calcaree e siliceo-marnose). Le pelagiti del Cretaceo superiore-paleocene contengono notevoli volumi di brecce a testimonianza di un intensa attività tettonica sin-sedimentaria. L evoluzione sedimentaria continua fino all Eocene con la deposizione dei calcari nummulitici e delle sequenze torbiditiche del Priaboniano che segnano la fine della sedimentazione Il Massiccio d Ambin Il Massiccio d Ambin affiora a cavallo del confine tra Italia e Francia. É stato interpretato come l emergenza di una grande culminazione assiale al di sotto di vari elementi tettonici appartenenti alla Falda Piemontese. ARGAND (1911) e HERMANN (1938) associarono il Massiccio d Ambin con la Falda pennidica superiore del Dora Maira sulla base delle loro affinità litologiche, mentre STAUB (1942) ed ELLENBERGER (1958) lo attribuirono alla Zona Brianzonese s.l., sulla base delle caratteristiche della sua copertura mesozoica. Sulla base di affinità lito-stratigrafiche il Massiccio d Ambin viene correlato con la Falda di Pontis (THÉLIN et alii, 1990) e con il Massiccio dello Chasseforet (DESMONS, 1992).

19 21 Vengono distinti due unità litostratigrafiche pre-mesozoiche conosciute in letteratura con i termini di Serie di Clarea e Serie di Ambin (MICHEL, 1956, 1957; LORENZONI, 1965; GAY, 1970a, b; CALLEGARI et alii, 1980). Al di sopra si trova un ulteriore elemento di copertura di probabile età permiana superiore che costituisce la Serie di Etache (GAY, 1970a, b). Sono inoltre preservati sporadici lembi di copertura carbonatica mesozoica autoctoni e/o parautoctoni (CARON & GAY, 1977; DELA PIERRE et alii, 1997). Il complesso inferiore viene ritenuto di età pre-namuriana da alcuni Autori (MICHEL, 1956; GAY, 1970a, b; BOCQUET, 1974; BOCQUET et alii, 1974; CALLE- GARI et alii, 1980) in base alla presenza di relitti mineralogici (granato, mica bianca e biotite) e/o microstrutturali (cerniere di piega sradicate) pre-alpini, mentre il complesso superiore costituirebbe la sua copertura di età permiana, anche se alcuni Autori lo considerano di età più antica (DESMONS & FABRE, 1988). Datazioni recenti eseguite da BERTRAND et alii (2000) rimettono in discussione le attribuzioni cronologiche dei basamenti alpini, grazie al rinvenimento di età pre-erciniche nelle successioni ritenute permiane della Vanoise e del Massiccio d Ambin.

20 23 IV - BASAMENTO PRE-QUATERNARIO Nella Guida al rilevamento della Carta Geologica d Italia alla scala 1: (AA.VV., 1992), viene suggerito di seguire i criteri previsti dall International Stratigraphic Guide (ISG) (ISSC, 1994), che prevedono di utilizzare il criterio litostratigrafico in qualsiasi contesto geologico. Le rocce metamorfiche intensamente deformate dovrebbero quindi, in accordo con la ISG, essere cartografate come formazione, gruppo ecc. (= unità litostratigrafiche convenzionali) ove i caratteri pre-metamorfici siano ancora ben riconoscibili, o come complesso quando questi siano sconosciuti o quando i corpi rocciosi siano costituiti da più tipi litologici con rapporti geometrici complicati. Volendo seguire questo approccio, ci si è resi conto che l applicazione rigida della litostratigrafia in aree di catena metamorfica caratterizzate da successioni metasedimentarie, si scontra con sostanziali problemi di rappresentazione e comporta problemi sia di tipo formale che sostanziale. L applicazione rigida di queste regole non consente infatti di rappresentare al meglio la complessa evoluzione post-deposizionale dei volumi rocciosi e comporta il rischio di cartografare in una sola unità litostratigrafica successioni di metasedimenti litologicamente simili ma di età diversa, o di distinta provenienza paleogeografica o che hanno seguito traiettorie significativamente differenti durante l evoluzione tettonometamorfica della catena. Questo problema si presenta in modo particolare per le monotone successioni a prevalenti calcescisti che affiorano estesamente nell area. Una analisi approfondita di queste problematiche è discussa in DELA PIERRE et alii (1997). Nel tentativo di rappresentare in carta il maggior numero di informazioni possibili sulla storia geologica dei corpi rocciosi si sono utilizzate le unità tettonostratigrafiche, definite come volumi rocciosi delimitati da contatti tettonici e contraddistinti da una successione stratigrafica e/o una sovraimpronta metamor-

21 24 fica e/o un assetto strutturale significativamente diversi da quelli dei volumi rocciosi adiacenti (DELA PIERRE et alii, 1997). Qui di seguito vengono descritti i criteri fondamentali e la filosofia che hanno condotto al rilevamento ed alla stesura di una legenda con una impostazione tettonostratigrafica. In fase di rilevamento si è privilegiato il riconoscimento di quei caratteri stratigrafici primari (litostratigrafici) che hanno permesso di definire successioni litostratigrafiche coerenti. Ad esempio nel caso delle unità a prevalenti calcescisti che affiorano su una buona parte del foglio, si è cercato di mettere in evidenza successioni litostratigrafiche ad affinità oceanica o continentale sulla base della presenza di ofioliti, della loro posizione nella successione litostratigrafica e sulla organizzazione spaziale delle diverse litofacies. Contemporaneamente si sono messe in evidenza quelle superfici meccaniche di estensione regionale che potevano rappresentare limiti significativi tra volumi rocciosi ad evoluzione orogenica indipendente (cfr. ad es. CARON et alii, 1984). Sono state così riconosciute un certo numero di unità geometriche con caratteristiche interne omogenee. L analisi della storia post-deposizionale delle singole unità geometriche ha permesso quindi di ricostruire la loro evoluzione tettonometamorfica, utilizzando indagini petrografiche, strutturali, petrologiche e geochimiche. In fase di sintesi sono state poi definite le unità tettonostratigrafiche descritte in legenda, raggruppando quelle unità geometriche che mostravano stratigrafia correlabile ed evoluzione orogenica confrontabile. All interno di ogni unità tettonostratigrafica, delimitata da superfici tettoniche duttili o fragili, le unità litostratigrafiche (potenzialmente formalizzabili) ed i complessi sono state disposte secondo i normali criteri stratigrafici (dal basso verso l alto stratigrafico). Poiché si ritiene che una carta al 1: possa ancora essere utilizzata come uno strumento analitico, nella definizione della legenda si è evitato di fornire attribuzioni paleogeografiche, al fine di ridurre al massimo l interpretazione. Seguendo l approccio tettonostratigrafico, la legenda è stata quindi organizzata costituendo gruppi omogenei di unità in cui sono state inserite le unità di margine continentale, le unità oceaniche ed isolando infine quelle unità a prevalenti metasedimenti carbonatici di incerta età e collocazione. Nelle unità di margine continentale sono state comprese sia le unità di basamento mono- e polimetamorfico, sia quelle di copertura mesozoica. Per quanto concerne le unità a calcescisti prevalenti è stato distinto un gruppo di unità definite come oceaniche, quando si è potuta ricostruire una successione sedimentaria ad affinità ligure, oppure sono stati riconosciuti legami con una crosta oceanica, oppure quando contenevano masse più o meno grandi di metabasiti interpretabili come ofioliti. Infine sono state separate quelle unità di calcescisti senza ofioliti che, pur senza attribuzioni cronologiche, vengono tentativamente interpretate come deposte nella fossa convergente a causa della forte componente terrigena.

22 UNITÀ DI MARGINE CONTINENTALE UNITÀ TETTONOSTRATIGRAFICA DELL AMBIN E l unità tettonostratigrafica strutturalmente più profonda e comprende un basamento cristallino pretriassico su cui poggia una successione di metasedimenti mesozoici, di limitato spessore. Affiora sul versante sinistro della Valle della Dora Riparia, tra Chiomonte e Oulx, ed è sovrascorsa da diverse unità tettonostratigrafiche, costituite da successioni di margine continentale. Verso SE il Massiccio d Ambin è troncato da una zona di taglio subverticale, a direzione N60E circa, sottolineata da boudins pluriettometrici di unità di copertura, e su cui si è impostata la Valle della Dora Riparia. Il basamento è stato suddiviso in un complesso inferiore (complesso di Clarea), costituito da scisti polimetamorfici con relitti di metamorfismo prealpino, ed in un complesso superiore (complesso d Ambin) monometamorfico, in cui prevalgono meta-vulcaniti acido-intermedie ritenute di età permiana. Rari affioramenti di micascisti polimetamorfici presenti lungo zone di taglio sono stati distinti dal complesso di Clarea in base a differenze mineralogiche ed indicati come micascisti dei Fourneaux. I complessi d Ambin e di Clarea sono separati da un orizzonte discontinuo (potente fino ad alcune decine di metri) di metaconglomerati di età stefano-permiana a ciottoli di quarzo e rari litici, passanti a quarziti metaconglomeratiche in parte carbonatiche, già descritti in questa posizione litostratigrafica da GOGUEL (1958) e GAY (1970a, b). Il contatto tra i due complessi può venire considerato di origine stratigrafica e il livello a metaconglomerati potrebbe rappresentare il relitto dell originaria trasgressione tardo-varisica discordante su di un basamento già metamorfico e strutturato. Questa interpretazione è compatibile con l evoluzione monometamorfica del complesso d Ambin, dove la paragenesi magmatica viene direttamente sostituita da fasi di alta pressione di presumibile età alpina (es. Ab = Jd + Qtz; simboli dei minerali secondo KRETZ, 1983). La copertura mesozoica del Massiccio d Ambin è conservata in lembi limitati sul versante meridionale del Massiccio. La successione di riferimento era classicamente ritenuta quella di Punta Bellecombe - Roche Carlina, sul versante francese del Massiccio (ELLENBERGER, 1958; GOGUEL & ELLENBERGER, 1952; GOGUEL & LAFFITTE, 1952; CARON & GAY, 1977); studi recenti (SIDDANS & OUAZZANI, 1984) 1 hanno però dimostrato che questa successione è scollata dal basamento pretriassico. 1 Sono stati utilizzati anche i seguenti studi: MALUSÀ M., Studio geologico-stratigrafico del settore occidentale del Massiccio d Ambin (Alpi Occidentali) - Tesi di Laurea, 334 pp.; MOSCA P., 1997) - Studio geologico-strutturale del settore occidentale del Massiccio d Ambin (Alpi Occidentali).- Tesi di Laurea, 340 pp.; MONDINO F., Studio geologico-petrografico del versante meridionale del Massiccio d Ambin (Complesso di Clarea) - Tesi di Laurea, 227 pp.; Zaccone P., Studio geologicopetrografico del versante del Massiccio d Ambin (Complesso d Ambin) - Tesi di Laurea, 216 pp.