Le politiche sociali in Italia nello scenario europeo Ancona, 6-8 Novembre 2008

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1 Le politiche sociali in Italia nello scenario europeo Ancona, 6-8 Novembre 2008 Migrazioni di cura: l impatto sul welfare nei paesi di arrivo e di origine e le risposte delle politiche Flavia Piperno Paper presentato alla prima conferenza annuale ESPAnet Italia 2008 Sessione 5 - Migrazioni e politiche sociali: tra welfare locale e transnazionale CeSPI Centro Studi di Politica Internazionale Via d Aracoeli, Roma flavia.piperno@cespi.it

2 Il forte ricorso a manodopera straniera nel settore della cura da parte dei paesi occidentali (e in particolare di quelli dell Europa meridionale) e la creazione di più stabili catene migratorie composte da donne migranti, sta alimentando in Romania e Ucraina un processo di crescente femminilizzazione delle migrazioni. In Romania questo processo coincide l abolizione dell obbligo di visto per soggiorni brevi nel Come notano alcuni studiosi 1, prima di questo periodo la necessità di accantonare risorse ingenti per l acquisto di un visto spingeva le famiglie a designare un unico membro per l emigrazione, generalmente uomo, sul quale venivano investite tutte le risorse. Venendo meno l obbligo di visto per chi viaggia per turismo, le partenze si rendono più agevoli e meno onerose in termini finanziari e ciò aumenta la possibilità di partire anche da parte di donne sole, decise a gestire autonomamente il proprio percorso migratorio. Si tratta, in misura crescente, di donne che non partono per ricongiungersi ai loro mariti ma per lavorare all estero e in patria, spesso lasciano la famiglia. Alcuni dati sulla femminilizzazione delle migrazioni In Romania secondo stime effettuate dal CURS (Center for Urban and Rural studies) su un campione di nuclei familiari, in appena tre anni (tra il 200 e il 2004) la migrazione femminile sarebbe più che raddoppiata passando dal 16,7% al 31% del totale. Simile la percentuale di migrazione femminile in Ucraina secondo i dati riferiti dal Ministero della Famiglia. Del resto, data la presenza di forti reti migratorie al femminile, la partenza delle donne si concentra in aree specifiche. Sono esemplari i casi di Ternopoli in Ucraina e Iaşi in Romania dove secondo ricerche svolte a livello locale - il flusso migratorio femminile attualmente supera il 50% del totale e ad esso è imputabile, almeno in Ucraina, l intera crescita degli ultimi anni. Questa migrazione ha un impatto nuovo sui paesi di origine: unisce al problema dello skill drain già ampiamente studiato in letteratura - un meno noto problema di care drain. Le donne infatti sono generalmente le principali caregiver all interno della famiglia e la loro partenza necessariamente sottrae 1 VLASE Ionela, Femmes et hommes en migration. D un village roumain à Rome, Migration Societé, vol 16, n.93-94, mai aout, 2004, pp

3 cura soprattutto ai soggetti che se ne mostrano più dipendenti: figli e genitori anziani in particolare. Non stupisce che, proprio in riferimento ai minori con genitori all estero, in Romania, media e ONG comincino a parlare di abbandono di fatto mentre in Ucraina è divenuto di uso comune il termine orfano sociale. In realtà, la nostra e altre ricerche mostrano come solo in una minoranza di casi il drenaggio di cura si trasforma in vuoto di cura e dunque in abbandono, e ciò è dovuto al fatto che i membri della famiglia transnazionale mettono in atto una serie di strategie compensative che limitano l impatto del care drain. Le madri continuano a svolgere un ruolo di accudimento nei confronti della famiglia di origine, e una funzione, come sostiene Parreñas 2, di cura emotiva e guida da lontano. Viaggi frequenti 3, contatti telefonici quasi quotidiani e un flusso di rimesse fortemente orientato proprio alla cura (destinato cioè ad affidatari che si prendono cura di figli e genitori anziani, allo studio e alle ripetizioni dei figli, alle spese sanitarie e ai risparmi per la pensione, etc.) sono i principali strumenti di una continuità relazionale. In loco, la cura si riorganizza attraverso l espansione del ruolo della famiglia allargata, e in particolare grazie al coinvolgimento di nonne materne, zie e sorelle, mentre minore risulta l impegno dei padri; oppure fatto nuovo in questi paesi - attraverso l acquisizione sul mercato privato di nuove prestazioni di cura: si ricorre soprattutto a colf, baby sitter, affidatari col ruolo di tutori o semplici sorveglianti, affittacamere a cui si affida anche un ruolo di cura e a un rinnovato utilizzo di istituti religiosi. Abbiamo notato, infine, come gli stessi figli reagiscono alla partenza delle madri rafforzando le reti amicali (che in alcuni casi finiscono col diventare quasi convivenze di fatto), il rapporto con i fratelli e, almeno in Romania, attraverso il viaggio 4. Tuttavia le strategie compensative adottate dalla famiglia transnazionale spesso non si rivelano sufficienti e permane una carenza di cura di fondo. Questo è evidente nei casi in cui i minori pur ricevendo 2 R.S. Parreñas, The care crisis in the Philipphines: children and transnational families in the new global economy, in EHRENREICH Barbara e HOCHSCHILD Arlie Russell (a cura di), op. cit., 2003, pp A questo proposito è stato sorprendente durante il nostro lavoro di campo notare che rumene e ucraine adottavano pratiche circolatorie molto simili, mentre la maggiore vicinanza geografica e il diverso regime dei visti faceva supporre ritorni più frequenti tra le rumene. Sia tra le ucraine che tra le rumene i ritorni erano molto rari durante la fase di permanenza irregolare nel paese di arrivo e successivamente si assestavano su una media di uno o due all anno. 4 A differenza dei giovani rumeni, i figli delle donne ucraine non avevano, invece, mai viaggiato all estero e generalmente non avevano il desiderio di farlo. In questo senso possiamo dire che il processo di adesione della Romania all Unione Europea, facilitando la circolazione tra confini, diminuisce ulteriormente la possibilità che il drenaggio si trasformi in vuoto di cura.

4 rimesse e telefonate quotidiane dai genitori restano di fatto soli (privi cioè di alcun supporto familiare) nella terra di origine; ma anche quando la rete familiare si attiva essa appare comunque sotto sforzo e non sempre è in grado di fornire soluzioni adeguate. Parenti e tutori possono avere difficoltà ad esercitare una cura e una sorveglianza efficace; il gap generazionale tra nonni e nipoti può risultare eccessivo, mettendo in difficoltà tanto i primi che i secondi (soprattutto nei casi in cui per essere posti sotto la tutela dei nonni i minori devono spostarsi dalla città alla campagna la differenza di mentalità può rivelarsi insormontabile); altre volte la cura si rivela precaria : parenti o tutori, cioè, non possono tenere a lungo il minore con sé, e i minori devono cambiare sistemazione e alloggio ripetutamente (si assiste, in questi casi, a una sorta di migrazione interna originata dal bisogno di cura). Spesso, infine, la vicinanza forzata con membri della famiglia o vicini che si assumono il ruolo di tutori non dà luogo a una relazione di intimità, lasciando un vuoto affettivo e comunicativo. Quasi sempre, quando chiediamo ai ragazzi chi li sostiene e li guida nei momenti di difficoltà, essi non sono in grado di individuare alcun referente adulto, a parte le madri che sono all estero. Del resto, la stessa comunicazione tra madri e figli (centrale per i secondi quanto per le prime, che spesso ne fanno il centro della propria socialità all estero), pur trovando nuove forme di espressione a livello transnazionale, a volte risulta particolarmente difficile per via della distanza. Difficoltà di comunicazione tra madri e figli Per molte donne è particolarmente doloroso gestire il momento precedente la partenza e per questo motivo diverse di loro finiscono per emigrare di nascosto o in modo brusco e repentino; all estero, la gestione della genitorialità a distanza può, inoltre, rivelarsi molto complessa: alcune donne evidenziano la difficoltà a mantenere il controllo sui figli, altre (soprattutto con figli piccoli) faticano a sentirsi riconosciute come madri. Alcune donne dichiarano, infine, che a causa della distanza la relazione con i figli cambia in modo radicale a volte permanente - e questo, tra l altro, contribuisce a rendere particolarmente traumatici gli incontri in occasione di visite o del ricongiungimento. Sul fronte opposto i figli, a volte, stentano a reimpostare una relazione di confidenza al telefono, a comunicare momenti di dolore o difficoltà alle proprie madri (ritenendo che esse stesse soffrano degli stessi problemi) o a elaborare e manifestare le emozioni che fanno seguito alla partenza delle madri all estero (ad esempio il senso di colpa per il sacrificio

5 delle madri). Tutto ciò, sul lungo periodo, può contribuire a rendere più debole e instabile la relazione tra madri e figli e ad aumentare il disagio e la sofferenza dei membri della famiglia transnazionale. La carenza di cura (intesa come accudimento e comunicazione) e dunque l appartenenza a un contesto familiare meno protetto, naturalmente influenza il vissuto dei figli, e il loro comportamento 5 : acuisce momenti di difficoltà propri di ogni storia, accresce problematiche latenti in soggetti più fragili, esaspera problematiche intrinseche a determinati contesti sociali (dove ad esempio sono più radicati comportamenti di bullismo o devianza minorile 6 ). Il problema della carenza di cura è forte, del resto, anche per gli anziani che meno facilmente dei minori trovano in loco affidatari sostitutivi, anche perché sono poche le persone disposte a offrire in patria lo stesso servizio che possono svolgere all estero ottenendo un salario maggiore (in questo caso gli effetti dello skill e del care drain sembrano sommarsi). E questo un aspetto pochissimo considerato in letteratura e dagli stessi policy makers locali. Esso, tuttavia, risulta ancor più evidente se consideriamo che Ucraina e Romania - che esportano manodopera per sostenere i sistemi di welfare occidentali alle prese con un forte invecchiamento della popolazione presentano un trend demografico del tutto simile se non più drammatico di quello italiano: invecchiamento della popolazione e calo del tasso di natalità si sommano a un saldo migratorio negativo, portando a una perdita netta di popolazione 7. 5 E in sé indicativo di un disagio il fatto che in Romania alcune ONG e istituzioni locali abbiano cominciato a svolgere ricerche sociali su queste problematiche. Si ricorda in particolare: G. Irimescu, A.L. Lupu, Home alone! Study made in Iasi area on children separated from one or both parents as a result to parents leaving to work abroad, Alternative Sociale, Iaşi, 2006; FRCCF e UNICEF, Foreignland: dreamland or nightmare? Research study on the migration phenomenon from Oas, ottobre 2005; M.Alexandru, Unaccompanied minors in Italy. A community study in two Romanian villages, CeSPI Roma, novembre, 2005; FONPC, O noua forma de abandon: copiii romanilor care muncesc in strinatate, Atti del convegno, Dicembre, Significativo ad esempio il caso di Iaşi, nella Moldavia romena, dove è particolarmente sviluppata la microcriminalità minorile e dove, secondo i dati dell Ispettorato Regionale di Polizia si diffonde il numero di minori con genitori all estero che commettono reati (soprattutto piccoli furti e scasso di macchine). 7 Si veda a questo proposito: Ali Mansoor and Bryce Quillin (edited by), Migration and remittances. Eastern Europe and the former Soviet Union, The World Bank, Washington, 2007, p. 31

6 Tutto ciò necessariamente ricade sul welfare dei paesi di origine: e anche questo è un aspetto che non viene mai rilevato in letteratura e posto all attenzione dell opinione pubblica in occidente. Il sistema di welfare nei paesi di origine si trova, infatti, a rispondere a problematiche progressivamente più complesse avendo scarsissime risorse a disposizione. Nel 2005, in Romania, l Autorità Nazionale per la Protezione del Bambino (ANPC) che fa capo al Ministero del Lavoro e della Solidarietà Sociale, ha stimato che il 14% dei minori con entrambi i genitori partiti con regolar contratto di lavoro per l estero (parliamo di circa minori) era beneficiaria di qualche programma di assistenza da parte dei servizi sociali e un altro 3%, pur essendo affidato a parenti fino al IV grado, era in attesa di esserlo 8. Tra i minori beneficiari di assistenza pubblica circa un quarto era stato posto in strutture di assistenza, un altro quarto era stato dato in affidamento a famiglie diverse dalla propria e circa la metà era stato aiutato a reinserirsi nella famiglia di origine 9. Tutto ciò si traduce naturalmente in una forte pressione sul sistema di welfare locale. L accordo di garanzia Nel futuro si ipotizza che, in Romania, la pressione sui servizi sociali locali salirà ulteriormente, a seguito dell accordo siglato nel 2005 tra l ANPC e il Dipartimento per il Lavoro all Estero afferente al Ministero del Lavoro, volto a garantire sul piano legale la designazione di un referente adulto che faccia le veci dei genitori che emigrano. L accordo affida, infatti, alle autorità locali il compito di monitorare la situazione dei minori i cui genitori sono all estero e di procedere attraverso misure di sostegno sociale qualora si riscontrino situazioni difficili. In mancanza di uno stanziamento finanziario ad hoc, molti testimoni si dichiarano scettici rispetto alla reale applicabilità del programma. 8 Autoritatea nationala pentru protectia drepturilor copilului, Situatia copiilorai caror parinti sunt plecati cu cuntract la munca in strainatate la sfarsitul, Trim IV Il fatto che metà dei minori sia stato reinserito nella famiglia di origine mostra come nella maggior parte dei casi il problema non sia quello di un abbandono di fatto quanto piuttosto quello relativo alla difficile riorganizzazione della famiglia transnazionale, che spesso necessita accompagnamento e assistenza.

7 Non migliore la situazione per quanto riguarda gli anziani, se è vero quanto ci dice la responsabile dei servizi per la cura a domicilio del Municipio di Bucarest, la quale afferma che tra gli anziani assistiti dal suo dipartimento una percentuale significativa ha figli all estero 10. Anche diverse strutture scolastiche, dove l impatto di quello che potremmo definire care drain è particolarmente forte, si trovano di fatto sotto pressione. I problemi maggiormente citati da professori e psicologi della scuola sono: assenteismo e abbandono scolastico; demotivazione allo studio che in Romania sarebbe dettata anche dalla forte propensione a migrare da parte dei minori (anche perché si starebbe diffondendo tra i giovani l opinione secondo cui ha più successo chi trova opportunità di guadagno all estero piuttosto che chi studia); difficoltà a reinserire gli studenti a scuola dopo periodi passati all estero; il venir meno dello spazio del ricevimento con i genitori, che rende più debole l azione del corpo docente. Diversi professori intervistati in Romania e Ucraina inoltre notano come problemi comportamentali, quali ad esempio conflittualità o indisciplina, rendono ulteriormente complessa la gestione delle classi, ma alcuni parlano anche semplicemente della difficoltà a sostenere studenti che hanno un vissuto emotivo difficile e tendono a chiudersi in se stessi. A questo proposito ci colpisce la dichiarazione di una professoressa intervistata a Focşani, la quale dichiara: Tutto questo cambia loro, i bambini, ma cambia anche noi, perchè arriviamo ad essere in contatto con problemi sempre più difficili da risolvere, da un anno all altro le situazioni si complicano sempre di più. In generale, durante il lavoro di campo svolto in Romania e Ucraina ci siamo resi conto che, senza che l occidente se ne accorga, minori con genitori all estero cominciano a divenire beneficiari di un attivazione dal basso da parte di attori del welfare locale: in particolare scuole, enti istituzionali e ONG locali. Si tratta di una mobilitazione iniziale, ma che è assolutamente degna di nota in quanto, mentre risponde a nuove problematiche che nascono sul territorio, ne manifesta l esistenza. 10 Intervista svolta nel maggio 2006 a Bucarest con la direttrice dei servizi per la cura a domicilio, Dipartimento per l Assistenza sociale e la protezione del bambino, Municipio di Bucarest, settorei.

8 In conclusione, desideriamo ricordare che diversi studi 11 condotti sul panorama italiano, hanno mostrato come le migrazioni di cura, rispondendo alle nuove esigenze poste dalla globalizzazione, finiscono per trasformare la fisionomia dei welfare occidentali: lo mettono in grado di rispondere a un numero crescente di bisogni, ma lo spingono anche a confrontarsi con una maggiore precarietà e fluidità delle prestazioni di cura e con l insorgere di un mercato parallelo fatto di una relazione diretta e poco istituzionalizzata tra migranti e famiglie. Da quanto sopra accennato risulta tuttavia evidente che, queste migrazioni trasformano anche il welfare dei paesi di origine: spingono le istituzioni locali (ONG, scuole, servizi sociali) ad attivarsi per rispondere a esigenze di tipo nuovo, ne mettono in evidenza i limiti d azione, creano (anche nei paesi di origine) un welfare parallelo grazie alle strategie compensative messe in atto dalla famiglia transnazionale per alleviare il problema del care drain e grazie al cospicuo flusso di rimesse di cura. Proprio in virtù di questo stretto legame che, attraverso le migrazioni di cura, lega l evoluzione del welfare nei paesi di arrivo a quella del welfare nei paesi di origine possiamo parlare di welfare transnazionale. Si tratta, tuttavia, attualmente, di un transnazionalismo che non è sufficientemente compreso né regolato a livello istituzionale: proprio nel momento in cui l Unione Europea promuove una prospettiva politica di integrazione economica, sociale e politica al suo interno e verso i paesi terzi, essa drena, infatti, risorse di cura dai paesi di origine, lasciando i welfare locali soli a gestirne l impatto. La mancata gestione della migrazione di cura e del suo impatto a livello locale finisce, del resto, col creare un welfare transnazionale parallelo e informale, gestito su base privata e individualistica sia qui che lì. E evidente che trovare delle soluzioni ai problemi del welfare interni senza considerare quelli esterni e al di fuori di una programmazione consapevole non è né etico né sostenibile. E dunque necessario, a nostro parere, che si diffonda una nuova consapevolezza dell interdipendenza che lega l evoluzione del welfare nei paesi di arrivo e di origine e che si sviluppino strategie tese a promuovere un benessere comune, un 11 Tra gli altri si veda: M. Ambrosini, Dentro il welfare invisibile: aiutanti domiciliari immigrate e assistenza agli anziani, in Studi Emigrazione, XLII, n. 159, 2005; M. Ambrosini, C. Cominelli Un'assistenza senza confini. Welfare "leggero", famiglie in affanno, aiutanti domiciliari immigrate, Fondazione ISMU, Milano, 2005; J. Andall, Gender, Migration and Domestic Service. The politics of black women in Italy, Ashgate, Aldershot, England, 2000; A. Colombo, G. Sciortino, Sistemi migratori e lavoro domestico in Lombardia, IRES Lombardia, Milano, 2005; L. Zanfrini, La rivoluzione incompiuta. Il lavoro delle donne tra retorica della femminilità enuove disuguaglianze, Edizioni Lavoro, Roma, 2005

9 transnazionalismo positivo o, in altre parole, quello che potremmo definire un co-welfare. Una visione dunque che non si concentri, nei paesi di arrivo, unicamente sul problema della formazione e mediazione tra famiglie e lavoratrici migranti, né, nei paesi di origine, solo sul problema (a volte fin troppo enfatizzato) dell abbandono, ma punti piuttosto a gestire su un piano transnazionale problematiche e opportunità che si legano alle migrazioni di cura, valorizzando la relazione che lega sistemi di welfare qui e lì. E ad esempio possibile promuovere partenariati transnazionali tra welfare locali tesi a migliorare le forme di reclutamento di manodopera di cura e al tempo stesso rafforzare l offerta di servizi in loco; oppure utilizzare lo strumento della formazione indirizzandolo alle esigenze di entrambi i sistemi di welfare; o, ancora, avviare politiche che valorizzino la capacità delle donne emigrate di offrire cura a livello transnazionale, facendosi promotrici di un vero e proprio guadagno di cura, non solo per i paesi di arrivo, ma anche per i paesi e le comunità di origine. Lavoratrici di cura come agenti di care gain L emigrazione femminile non si limita a drenare cura. Le donne continuano a produrre cura anche stando all estero. Politiche ad hoc possono sostenere e promuovere il ruolo delle donne come erogatrici di welfare. Strategie che sostengano la comunicazione tra madri all estero e contesti di origine potrebbero, ad esempio, migliorare la gestione della genitorialità a distanza, limitare l impatto negativo del care drain e rafforzare l intervento degli attori del welfare locale che si trovano a lavorare con i minori rimasti in patria (l intervento di un professore o di un educatore è molto più debole se portato avanti in solitudine); analogamente, politiche destinate, come vorrebbero fare molte ONG locali, a far confluire parte delle rimesse di cura in forme di welfare mix, rafforzerebbero l offerta di welfare locale e al tempo stesso renderebbero disponibile per la famiglia transnazionale un offerta di servizi affidabili e in grado - rispetto a soluzioni fai da te - di sfruttare economie di scala. Infine, se sostenute attraverso politiche ad hoc, le donne potrebbero divenire imprenditrici sociali e promotrici di reti transnazionali di welfare grazie a competenze e contatti acquisiti all estero: e questo in particolare in un contesto come quello rumeno in cui a seguito del processo di adesione all Unione Europea - i servizi di welfare si trasformano velocemente adeguandosi a standard e modelli organizzativi occidentali.

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