La violenza sulle donne: aspetti giuridici, criminologici, psicologici e sociali Convegno Modena, 27 marzo 2015

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1 La violenza sulle donne: aspetti giuridici, Da qualche anno la PCM su sollecitazione del Ministero delle Pari Opportunità si costituisce parte civile nei giudizi in cui si giudicano i cosiddetti reati culturalmente orientati. Si tratta di reati che nascono da un contesto culturale che affonda le sue radici nella tradizione ancestrale di paesi civilmente meno evoluti rispetto al nostro che riconoscono la supremazia ed un ruolo di comando dell'uomo sulla donna. Queste esplosioni di barbarie si sviluppano, infatti, quando in una comunità o in uno stesso nucleo familiare c è una parte, in genere la componente maschile, che continua a comportarsi in base ai valori più arretrati della società di provenienza ai danni di chi invece, pur nato in quella stessa cultura, inizia a pensare e a comportarsi come i cittadini delle società progredite. E le donne sono sempre le prime ad intraprendere questo processo esponendosi purtroppo ai rischi di rappresaglie. Questo perché il desiderio delle donne di integrarsi nel rispetto dei valori fondanti il nostro ordinamento viene interpretato, dai loro familiari, come un tradimento ai valori ed alle tradizioni della propria terra di origine.

2 I motivi scatenanti tali violenze nascono da desideri legittimi che a noi paiono davvero scontati: il desiderio delle ragazze di frequentare il liceo, di uscire con i loro coetanei, di innamorarsi di un ragazzo italiano o comunque di un ragazzo che vogliono scegliere loro, di sposarsi con chi desiderano, di lavorare, se e quando avere dei figli, di separarsi dal marito, di sostenere le proprie figlie quando queste istanze provengono da loro. Abbiamo quindi sentito l esigenza, come Stato, di tutelare il portatore o meglio la portatrice del messaggio culturale estraneo alla comunità di appartenenza. Questi efferati omicidi, infatti, rappresentano il dramma di un integrazione fallita, un attentato ai valori di libertà e parità e ai diritti alla base del nostro patto sociale. Per questo abbiamo ritenuto importante far sentire la presenza dello Stato in questi processi, perché ogniqualvolta un individuo lotta per difendere la libertà delle proprie scelte individuali ed il diritto alla pari dignità tra uomo e donna nel matrimonio e nella società, lo Stato condivide e supporta tale scelta. I reati culturalmente orientati hanno infatti riacceso il mai sopito dibattito sul diritto all autodeterminazione della donna, un tema che ha assunto una tragica visibilità, mettendo a repentaglio non solo i principi costituzionali fondamentali (in primis, il principio di uguaglianza art. 3 Cost, nonché l'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all'interno del matrimonio, art.29, la libertà di pensiero e di autodeterminazione), ma anche la credibilità di un Governo che svolge sforzi continui nella realizzazione di politiche di integrazione. Alcuni gruppi di donne, tra cui rientrano senz'altro le immigrate, sono particolarmente vulnerabili e per questo necessitano di maggiori attenzioni da parte delle Autorità. Questo non significa che la violenza ai danni delle donne italiane non sia 2

3 guardato con attenzione; in questi casi lo Stato è presente con l ufficio del PM, le forze dell ordine, le strutture sanitarie e assistenziali. Per questi reati tuttavia, l esigenza di essere presenti si è avvertita in maniera diversa: si è voluto dare un segnale forte affinché l integrazione, che è n percorso giusto, necessario ed auspicabile, debba necessariamente avvenire rispettando i principi e le libertà fondanti il nostro ordinamento giuridico. I reati culturalmente orientati, infatti, non esauriscono i propri effetti in ambito familiare, non ledono solo i diritti della vittima, ma riverberano i loro effetti anche all esterno ledendo di fatto posizioni giuridiche superindividuali delle quali, come Stato, siamo portatori. Questi reati annientano la dignità della donna e, in tal modo, annientano anche i valori sui quali si fonda il nostro ordinamento perché sono commessi in spregio a tali valori. La presenza dello Stato nel processo ha la chiara funzione di tutelare i valori di libertà, di autodeterminazione e di rispetto della donna nonché di integrazione dei nuovi cittadini che sono alla base del nostro patto sociale. La presenza dello Stato nel processo vuole far sì che la condizione di inferiorità riservata alle donne nella famiglia, nella comunità e nella società non abbia più motivo di esistere. Lo Stato ha infatti sentito l esigenza di perseguire con forza l obiettivo di sviluppare un approccio generale e multidisciplinare, intervenendo a tutti i livelli statali per realizzare l ambizioso obiettivo di promuovere comunità in cui le donne possono decidere consapevolmente e liberamente. I delitti contro la libertà di determinazione, motivati da bigottismo e intolleranza, lesivi dei valori fondanti la società italiana e comunque di ogni contesto civile 3

4 sono un vulnus nei confronti delle politiche di integrazione ma anche un ennesimo episodio di violenza contro le donne, il cui contrasto è compito rimesso dalla legge al Ministero per le Pari Opportunità, la cui delega è oggi, proprio a sottolinearne l importanza, in capo alla PCM. Proprio perché la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, tale fenomeno è stato oggetto di una progressiva attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale che nazionale. L'Italia ha sempre mostrato particolare sensibilità nei confronti di iniziative vòlte all'eliminazione della disparità tra uomo e donna, inserendo la tutela della donna tra le priorità dell'agenda politica. In ambito internazionale, basti pensare alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo dalla quale si sono sviluppati progetti ed iniziative finalizzate al pieno riconoscimento dell'uguaglianza di tutti gli esseri umani, senza distinzione di sesso; La Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne, entrata in vigore in Italia nel 1981 che costituisce il più importante trattato internazionale in materia di diritti delle donne ed impone agli Stati Parti la condanna della discriminazione della donna in ogni sua forma anche attraverso politiche volte ad eliminare la discriminazione nei confronti della donna; La IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, svoltasi a Pechino nel 1995, dove si è affermato che la violenza contro le donne è un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi dell uguaglianza, dello sviluppo e della pace. 4

5 Dall adesione a tali trattati internazionali sono derivati obblighi nei confronti degli Stati e, per quanto riguarda l'italia, la competenza in materia è rimessa al Ministero delle Pari Opportunità e discende direttamente dall'art. 1 del Decreto con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha delegato il Dipartimento per le pari Opportunità "ad esercitare le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative..nelle materie concernenti la promozione dei diritti della persona, delle pari opportunità e della parità di trattamento, nonché la prevenzione e rimozione di ogni forma e causa di discriminazione.. a promuovere e coordinare le azioni di Governo in tema di diritti umani delle donne volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni per cause direttamente o indirettamente fondate, in particolare, sul sesso" Spetta al Ministro per le pari opportunità il compito di ".coordinare, anche in sede internazionale, le politiche di Governo relative alla tutela dei diritti umani delle donne, con particolare riferimento agli obiettivi indicati nella piattaforma di azione adottata dalla IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, svoltasi a Pechino in relazione... alla lotta alla violenza contro le donne (tra gli obiettivi di Pechino rientra il diritto delle donne di decidere, come persone libere e responsabili, se e con chi contrarre matrimonio, il numero di figli desiderati, il momento della gravidanza nonché il diritto di disporre a tale scopo delle informazioni e dei mezzi necessari); m) promuovere e coordinare le azioni del Governo in materia di sfruttamento e tratta delle persone, di violenza contro le donne, nonché di violazione dei diritti fondamentali all'integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine". Sulla base di tali considerazioni, è stato riconosciuto per la prima volta il risarcimento del danno subito dalla PCM e dal Ministero per le Pari Opportunità, 5

6 costituitisi parti civili in quanto portatori di diritti superindividuali, in un giudizio penale riguardante un brutale omicidio proprio qui in provincia di Modena, a Novi dove un padre ed un fratello hanno ucciso la madre e ridotto in fin di vita la figlia la cui unica colpa era stata quella di essersi ribellata ad un matrimonio combinato con un vecchio zio pachistano. Il Tribunale di Modena ha coraggiosamente aderito alle tesi da noi sostenute e ha riconosciuto il diritto a costituirci parte civile ritenendo che la violenza sulle donne, frutto di bigottismo culturale e religioso e di una mentalità estremista diretta ad annientare la dignità della donna, debba considerarsi un delitto contro la nostra democrazia ed un attentato alla dignità di tutte le donne. Purtroppo Novi non è stato un caso isolato; sono seguiti casi identici a Reggio Emilia (primo caso di apostasia), Piacenza, diversi casi a. La sentenza capofila, quella di Modena è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione che con sentenza del ha cristallizzato i principi innovatori della giurisprudenza di merito. Devo dire che i Tribunali del distretto ci hanno dato soddisfazione perché ormai pacificamente, in un auspicata ottica di economia processuale, ci liquidano direttamente il danno sofferto che non è solo un danno all immagine ma anche un danno da frustrazione di scopo, senza rimettere la liquidazione al giudice civile. Il quantum liquidato viene solitamente investito per finanziare progetti volti a creare una rete di protezione pubblica e consentire alle persone offese da questi reati di emanciparsi dalla rete di protezione se così si può chiamare un contesto dove non si esita ad uccidere se non ubbidisci al padre o al marito - che spontaneamente costituiscono le comunità immigrate. Il vero successo lo otterremo in effetti quando riusciremo a consentire una reale 6

7 emancipazione alle donne vittime di reati culturalmente orientati, consentendo loro di poter effettivamente scegliere come vivere. La prima volta che mi sono costituita parte civile in questi processi ho esordito dicendo che lo facevo in loco parentis ; mai affermazione è stata più vera; i condizionamenti che subiscono queste ragazze sono talmente forti che, raggiunta la maggiore età, revocano la costituzione di parte civile perché tutto deve rientrare nella gestione familiare. L auspicio è quindi quello che la nostra costituzione di parte civile, una volta raggiunta la maggiore età delle vittime, non rimanga l unica. Fino a quel momento, noi continueremo a costituirci in loco parentis. Uliana Casali Avvocato dello Stato 7