Testimoni e protagonisti di un tempo difficile

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1 studi e ricerche I s t i t u t o p e r l a S t o r i a d el l U m b r i a C o n te m p o r a n e a Testimoni e protagonisti di un tempo difficile Relazioni dei parroci sul passaggio del fronte nella diocesi di Perugia Lorenzo Colangeli E d i t o r i a l e U m b r a

2 Testimoni e protagonisti di un tempo difficile Relazioni dei parroci sul passaggio del fronte nella diocesi di Perugia Lorenzo Colangeli EDITORIALE UMBRA

3 Saggio introduttivo Il presente lavoro costituisce il censimento di una fonte storica particolarmente interessante per lo studio dei fatti che accompagnarono il passaggio del fronte in Umbria ed in particolare nella diocesi di Perugia nei mesi di giugno e luglio del 1944: le relazioni dei parroci conservate nell archivio diocesano 1. Si tratta di documentazione parzialmente nota in quanto utilizzata in alcuni recenti lavori 2, ma non studiata finora in modo sistematico e neppure conosciuta nelle sue caratteristiche peculiari. È costituita essenzialmente da due diversi tipi di documenti, entrambi compilati e trasmessi alla curia episcopale in ottemperanza a disposizioni emanate nel Bollettino Ecclesiastico diocesano dall Arcivescovo, monsignor Mario Vianello, rispettivamente nel luglio e nell ottobre del Il primo tipo, a carattere maggiormente discorsivo, comprende le relazioni sui fatti mentre il secondo, più schematico in quanto destinato all accertamento delle perdite materiali, è costituito dalle relazioni sui danni. Tuttavia, non è possibile tracciare una demarcazione netta tra i due generi di documenti, poiché non di rado le relazioni sui fatti forniscono dati relativi alla situazione degli edifici, così come, sovente, quelle sui danni chiariscono le circostanze e gli eventi che li hanno prodotti. In taluni casi si ha una vera e propria commistione dei diversi elementi 4. 1 La documentazione è conservata nell Archivio Diocesano di Perugia, Cartella Vianello (d ora in poi ADP, CV), Relazioni del passaggio del fronte (d ora in poi Relazioni). La descrizione analitica del materiale contenuto nella cartella è stata effettuata dalla dott. Isabella Farinelli, responsabile dell Archivio. 2 L. PROIETTI PEDETTA, Chiesa e Resistenza a Perugia attraverso le relazioni dei parroci, in B. BOCCHINI CAMAIANI M. C. GIUNTELLA (a cura di), Cattolici, Chiesa, Resistenza nell Italia centrale, Il Mulino, Bologna, 1997, pp ; T. PULCINI, Alcune fonti archivistiche per lo studio della Chiesa in Umbria ( ), Ibid., pp ; R. BISTONI, Una chiesa presente. Passaggio del fronte nel territorio della diocesi perugina ( ), Volumnia, Perugia, Bollettino ecclesiastico, XXXII, 7 e Ad esempio, il parroco di Colombella riferisce notizie sui danneggiamenti alla chiesa, agli edifici annessi ed al convento di Farneto e, nel contempo, inserisce la perizia

4 10 L invito rivolto ai parroci a redigere le relazioni sui fatti rientra in una particolare attenzione nei confronti della popolazione che è tratto distintivo dell opera e dell azione pastorale di monsignor Mario Vianello. La sollecitudine del presule si era già mostrata in molteplici occasioni come, ad esempio, dopo il bombardamento subito da Passignano il 16 maggio, che aveva causato trentasette vittime ed ingenti danni. In quella circostanza, monsignor Vianello aveva visitato la popolazione e fatto una donazione a favore dei parenti delle vittime che costituì il culmine di una vasta azione di solidarietà messa in atto sia dai residenti laici che dai religiosi della zona. Identica è la partecipazione dimostrata quando, il 13 giugno, le bombe sganciate dal famigerato aereo detto L Orfanello colpiscono, in via Brunamonti a Perugia, una scuola piena di sfollati. Il bilancio è di diciassette morti (poi saliti a diciannove) e di undici feriti. In questa circostanza l Arcivescovo rende visita di persona alle salme e, ancora una volta, promuove e favorisce l azione di solidarietà sia della popolazione che dei religiosi della zona. Infine, il 20 giugno 1944, assieme alla popolazione festante, va incontro ai Britannici provenienti dal Frontone 5. effettuata dal capomastro Parrozzi e la stima dei danni; don Onorio Antonini di Castello delle Forme intitola il suo resoconto: Relazione dei danni e cronaca dei fatti successi per l invasione dell esercito tedesco nella parrocchia di San Costanzo in Castello delle Forme, nei giorni giugno 1944 e don Settimio Morozzi di Civitella Benazzone, Relazione generale dei danni di guerra subiti dalla chiesa e beneficio parrocchiale di Civitella Benazzone giugno A questo proposito, è interessante ricordare quanto Raffaele Rossi afferma riguardo al clima che si è creato nei giorni della Liberazione e all apporto dato dall arcivescovo per placare gli animi e ristabilire la legalità. Un manifesto del Cln rivolto a tutta la popolazione, affisso per tutta la città, dichiara: «Il fascismo ha provocato il potente rancore del popolo. Ma il popolo è giudice, non giustiziere. Nessuna illegale violenza, nessuna privata vendetta. Alla giustizia la sanzione [...]. Ogni impulso, pur generoso, si plachi ed attenda». A questa stessa linea si ispirava l arcivescovo di Perugia monsignor Mario Vianello che aveva incontrato nelle ultime settimane ripetutamente il prefetto fascista Rocchi e il comandante militare germanico della Regione umbra. L arcivescovo si era via via adoperato nel vano tentativo di salvare giovani patrioti dalla fucilazione, di far liberare dal carcere diverse persone, di nasconderne ed assisterne altre. [...] A liberazione avvenuta, monsignor Vianello si rivolge alla popolazione ( La Parola dell Arcivescovo nell ora presente ) ricordando gli orrori delle stragi e le distruzioni, ma richiamando gli insegnamenti del Vangelo «che ci inculcano l amore e il perdono» e afferma: «Non escludiamo, ma anzi riconosciamo il diritto da parte di tutti, che il male, ed i delitti in particolare, siano puniti; ma per le vie di legge, e non in forza dell arbitrio dei singoli». R. ROSSI, La Liberazione e la ripresa democratica in ID (a cura di), Storia illustrata delle città d Italia. Perugia, 3 v., Sellino, Milano, 1993, III, p Monsignor Vianello non è il solo presule a prestare uno speciale aiuto alla popolazione durante la guerra ed in particolare nei giorni del passaggio del fronte: «Ad Orvieto per ben quattro giorni il vescovo, dietro delega delle autorità germaniche, assume anche il ruolo di autorità civile. A Città di Castello il vescovo Filippo Maria Cipriani dichiara di sentirsi come prigioniero di tedeschi, ma rimane accanto al suo popolo, nel capoluogo deserto, per tutto il periodo dello sfollamento». A. LIGNANI, Un vuoto di potere: il passaggio del fronte in Umbria nel Memoria collettiva e documentazione archivistica, in E. LUNANI

5 Subito dopo la fine degli eventi bellici, l arcivescovo di origine veneziana, da poco insediatosi sulla cattedra perugina 6, cerca di ricostruire il quadro completo e puntuale della situazione del suo popolo: nelle relazioni, infatti, dovranno essere indicati non solo i principali eventi verificatisi durante le ultime fasi del conflitto, ma anche quali siano stati e quali siano i comportamenti, gli atteggiamenti e lo stato generale della popolazione, sia riguardo all aspetto morale che materiale. È in questo, essenzialmente, che si mostra l intento pastorale. Le relazioni sui danni sono richieste ai parroci a seguito di un istanza della Pontificia Commissione per l Arte Sacra che, «allo scopo di poter trattare con le Autorità Alleate e Governative a riguardo della ricostruzione o riparazione degli edifici ecclesiastici (chiese, canoniche, campanili ecc.)» ha necessità di «possedere notizie le più esatte possibile sui danni cagionati dalla guerra agli edifici». Al fine di snellire e rendere omogenea la raccolta dei dati, la Commissione stessa ha elaborato una serie di cinque questionari, relativi, ciascuno, a una diversa tipologia di beni immobili o mobili, che dovranno essere «rimessi» alla Curia «nel più breve tempo possibile» 7. Non tutti i parroci ottemperano all invito del presule 8 e tra le relazioni inviate si riscontra una notevole difformità (di ampiezza, di impostazione, di vedute) 9. In alcuni casi, ad esempio, i fatti sono esposti con preci- 11 (a cura di), Atti del Seminario Nazionale di Studi Il potere nel Novecento (Perugia ottobre 2001), Editoriale Umbra, Foligno, È forse proprio l iscrizione riportata sulla tomba del Cipriani nel Duomo di Città di Castello, che recita consul Dei, defensor civitatis, a suggerire a Bruna Bocchini Camaiani l antica categoria del defensor urbis in riferimento ai vescovi ed al clero umbro per il comportamento tenuto durante il passaggio del fronte. B. BOCCHINI CAMAIANI, Vescovi e clero, in B. BOCCHINI CAMAIANI M.C. GIUNTELLA (a cura di) Cattolici, Chiesa, cit., p In merito alla strage della scuola di via Brunamonti si segnala M. PAOLOZZI, Roccasecca- Perugia: un viaggio senza ritorno nella primavera del Il dramma di una Comunità di sfollati tra sradicamento, morte ed oblio, Tipolitografia La Monastica, Abbazia di Casamari (Fr), Monsignor Giovanni Battista Rosa era deceduto il 29 aprile 1942 e monsignor Mario Vianello si era insediato il 28 giugno dell anno successivo. Cenni biografici su entrambi sono in L. PROIETTI PEDETTA, Chiesa e Resistenza, cit., p Le citazioni sono tratte dalla circolare del 22 settembre 1944 trasmessa ai parroci in ottemperanza alla nota della Commissione per l Arte Sacra datata 18 settembre. I questionari hanno i seguenti titoli: «chiesa», «campanile», «casa canonica, convento, palazzo vescovile, museo diocesano», «campane», «arredamento sacro», quest ultimo articolato in cinque categorie: «mobili vari», «parati sacri», «biancheria», «suppellettile sacra», «libri liturgici». Il primo questionario, relativo alle chiese, è articolato in 21 punti. 8 Le relazioni sui fatti sono in numero di cinquantadue, quelle sui danni di settantacinque, con una netta prevalenza percentuale della campagna sulla città. 9 Può essere particolarmente significativo, a questo proposito, porre a confronto le relazioni di don Lino Bottoloni e di don Vittorio Tanci, entrambe riferite a Castiglione della Valle ma notevolmente difformi sia nello stile che nei contenuti.

6 12 sione ed abbondanza di particolari, in altri vengono narrati in modo più sfumato, come se chi scrive non fosse stato presente o preferisse non dare spazio ai ricordi. Alcune relazioni sono autografe o sottoscritte dal parroco, altre risultano anonime. Nel complesso costituiscono una fonte storica di notevolissimo interesse, capillare ed estesa, redatta in forma oggettiva ma viva e vibrante, profondamente radicata nel quotidiano ma costellata di atti di coraggio, se non di vero e proprio eroismo, vissuti con la semplicità e l immediatezza richieste dai tempi. I fatti sono letti e descritti con le lenti deformanti dei momenti di crisi e di passaggio, ove lo straordinario diventa ordinario e l episodio anche poco rilevante come il furto di animali o di derrate alimentari viene amplificato e vissuto come ingiustizia e prevaricazione assoluta. Non va poi dimenticato che il parroco è una fonte privilegiata: è personaggio pubblico di primo piano, si trova al centro di una rete di relazioni estesa e capillare, gode del rispetto e della fiducia dei suoi parrocchiani che si sentono da lui rappresentati e a lui fanno riferimento, costituisce in un mondo in cui i mezzi di comunicazione non sono minimamente paragonabili a quelli odierni il canale attraverso cui la popolazione riceve informazioni, sostegno e conforto 10. È così che egli diviene l intermediario con gli occupanti 11. A livelli superiori anche l arcivescovo assume le medesime funzioni 12. In generale, tanto più le relazioni sono cronologicamente vicine agli avvenimenti, tanto maggiori ne risultano i margini di precisione e di attendibilità 13. Nel complesso, comunque, le notizie sono ricche, dettagliate 10 Don Antonio Milli di Tuoro: «essendo venuto meno l uso della radio a causa dell interruzione dell energia elettrica» si sforza di raccogliere informazioni sull andamento della guerra per tenere aggiornata la popolazione. 11 «Nel periodo, dunque, che intercorre tra l 8 settembre 1943 e la fine di giugno del 1944 il sacerdote diviene l unica autorità in grado di porsi come intermediario tra l occupante tedesco e il popolo». L. PROIETTI PEDETTA, Chiesa e resistenza, cit., pp «Sicuramente la costante preoccupazione di proteggere la popolazione della sua diocesi da ogni sorta di angherie e vessazioni, dai disagi e dalle frequenti rappresaglie, portò l arcivescovo a stabilire rapporti con lo stesso esercito tedesco di occupazione e con l autorità della Repubblica sociale italiana. Numerose, infatti, furono le udienze concesse alle autorità e soprattutto al capo della Provincia, Rocchi». Ibid., p Il 17 settembre, pochi giorni dopo l occupazione tedesca di Perugia, anche l arcivescovo è presente alla riunione presso il prefetto con i rappresentanti dei partiti, il segretario federale fascista e due ufficiali tedeschi. Nel corso dell incontro, «il prefetto informa che i Tedeschi se non fossero stati disturbati non avrebbero dato alcun fastidio. Apponi risponde che devono tornare a casa loro». S. INNAMORATI, Perugia : cronologia bibliografia utile in UGUCCIONE RANIERI DI SORBELLO FOUNDATION (a cura di), Fra storia e memoria. Gli Alleati a Perugia e in Umbria, Tipografia 3Effe, Ramazzano, 1998, p La relazione più tarda, quella di don Mariano Bianchi, contiene un errore nell indicazione delle date. Per contro, altri documenti sono caratterizzati da accuratissimi riferimenti geografici e risultano di grande utilità per localizzare i combattimenti.

7 e non prive di note di colore: mentre alcuni parroci, infatti, tendono a mantenere un tono neutro, altri non riescono a contenere la foga o a mostrarsi equidistanti dalle parti in causa. Sul tono della narrazione incidono le personali convinzioni di ciascuno, tuttavia il dato più evidente e generalizzato è il risentimento contro i tedeschi in ritirata e contro gli attivisti fascisti che spendono le energie residue nel tentativo di reclutare con ogni mezzo e ad ogni costo giovani per il neonato esercito di Salò. Così, ad esempio, don Agostino Giovannini intitola il suo scritto: Relazione sul passaggio delle orde teutoniche per la parrocchia di Tisciano e conseguenti danni, don Tommaso Vecchi di Castiglione del Lago, testimone di distruzioni e rovine, si esprime con particolare veemenza definendo i tedeschi «degni figli di quel frate sfratato di Lutero» e «il popolo più barbaro e feroce della terra degno discendente degli Unni, dei Goti, dei Visigoti, dei Vandali che ha superato e supera in ferocia, barbarie, in bestiale ed efferata crudeltà». Dal canto suo, don Agostino Cagiola di Trecine, paragona le truppe germaniche ai lanzichenecchi descritti dal Manzoni, e il parroco di Ierna parla di «discendenti di Attila». Tra le frasi più colorite, non va tralasciata quella che introduce il racconto di don Lino Bottoloni: «la guerra fu condotta dal tedesco invasore nel suolo d italia [sic] e contro il popolo d Italia e ancora il tacco ferrato del soldato del III Raich piazzò [sic] pure a Castiglione della Valle» 14. Di diverso tenore la relazione relativa a Ponte Valleceppi: «qualche saccheggio di casa [ci fu], ma più da parte italiana che delle truppe in ritirata» e «le truppe tedesche si vedeva che erano stanche, silenziose, ma sempre fiere nel loro comportamento rispettavano ed erano rispettate». Tra le due posizioni, quella di don Cesare Coli di Prugneto, il quale sottolinea come le diverse ondate di nazisti che calpestano il suolo della sua parrocchia tengano comportamenti differenti. Se i primi, sopraggiunti il 12 giugno, si limitano ad occupare alcune case ma per il resto sono disciplinatissimi, il gruppo di «minatori» che giunge il 20 giugno saccheggia il paese e, al momento di ritrarsi, costringe un buon numero di parrocchiani «con calci e pugni e minaccia di morte a seguirli, anche per ottanta chilometri [...] per aiutarli nelle operazioni di guerra, soffrendo fame, sete ed ogni sfregio. Parecchi individui furono malmenati perché rei di aver nascosto dei viveri ed altri oggetti cari». Un caso unico è costituito dalla relazione di don Mariano Bianchi di Torale sul Trasimeno secondo cui i rapporti con i tedeschi «vanno progressivamente migliorando». Entrando nel merito del discorso, affiorano particolari precisi sul comportamento dei militari, soprattutto dei tedeschi. A meno che un territo Ciascuna citazione è presa dalla relazione della parrocchia di riferimento.

8 14 rio non sia del tutto immune dal transito dei «latroni» 15, viene immancabilmente colpito dal fenomeno delle razzie, e non solo; le parrocchie in cui la popolazione subisce solo danni materiali devono considerarsi fortunate. Le truppe in ritirata sono principalmente alla ricerca di tre cose: «ova, vinum et mulieres» 16. Ova, innanzitutto. Che significa cibo. A corto di approvvigionamenti ed in rapido spostamento verso nord, i nazisti hanno, prima di tutto, bisogno di sfamarsi 17. Ormai privi di scrupoli nei confronti di alleati traditori, come sono generalmente considerati gli Italiani, sono mossi anche dalla consapevolezza che le espoliazioni sistematiche produrranno l effetto-terra bruciata nei confronti degli eserciti subentranti 18. Don Bruno Frattegiani di Migiana di Monte Malbe ricorda di avere udito i tedeschi urlare ripetutamente, all indirizzo dei suoi parrocchiani, «Tu capitalista!» mentre li derubavano. Oltre alle ova i furti più frequenti riguardano buoi, vitelli, suini, polli, olio, prosciutto, lardo 19. La popolazione viene, così, privata delle preziose riserve di cibo costituite dagli animali vivi e dagli alimenti a lunga conservazione. In particolare, degli insaccati e della carne stagionata di suino che, insieme ai cereali, costituiscono l alimento-base e quello che fornisce il maggiore apporto proteico. Nel caso di Castiglione della Valle il sequestro dei buoi non ha scopo alimentare, ma serve al trasporto. In questa circostanza si verifica un fatto unico: dopo l utilizzo gran parte delle bestie da traino e dei carriaggi viene restituita! 15 Così don Orazio Zazzerini di Greppolischieto definisce i tedeschi. Gli fa eco don Raniero Mastroforti di Pilonico Paterno che li designa, più elegantemente, «squadra di ladri». 16 Così il parroco di Ierna. 17 In proposito, questa la testimonianza di Bistacci: «Il loro [dei tedeschi] pane è nero e puzzolente, fatto di tritello ed altre sostanze. Non hanno burro nè caffè nè carne in scatole. Nei barattoli di latta che l esercito dispensa ai militari vi è cavolo fiore cotto, un po di riso e verdure varie preparate». L. BOSCHERINI, Allora la mamma capì, Le Balze, Montepulciano, 2004, p. 171, n Fare terra-bruciata ha «l effetto non solo di privare gli alleati di qualsiasi vantaggio logistico dal possesso dell Italia centrale, le sue fabbriche, i suoi porti e le sue infrastrutture, ma addirittura di sobbarcarli dell enorme peso di dover amministrare i nuovi territori occupati, mentre erano ancora impegnati in una difficilissima battaglia per sfondare di nuovo il fronte tedesco e dilagare nella pianura padana». R. RANIERI, Introduzione, in ID. (a cura di), Gli Alleati in Umbria ( )/The Allies in Umbria ( ), Atti del Convegno Giornata degli Alleati, (Perugia 12 gennaio 1999), Uguccione Ranieri di Sorbello Foundation, Perugia, 2000, p «Tra il 1941 e il 1946 in provincia di Perugia la quantità di capi bovini, ovini e caprini si riduce di quasi di un terzo e quella di equini di un quinto, mentre il numero dei suini aumenta di circa il 20%». F. CERELLA, F. CHIAPPARINO, S. DE CENZO, Il sistema produttivo umbro dall economia di guerra alla ricostruzione, in R. COVINO (a cura di), L Umbria verso la ricostruzione, Atti del convegno Dal conflitto alla libertà (Perugia marzo 1996), Isuc, Perugia; Editoriale Umbra, Foligno, 1999, p. 139.

9 Ma un esercito in ritirata non ha solo bisogno di approvvigionamenti: quasi tutto può servire, e il resto deve essere reso inservibile. Così, vengono sottratte o distrutte suppellettili, mobilio, materassi, coperte, lenzuola, biancheria, tovaglie, servizi da tavola, vestiario, oggetti e paramenti di uso liturgico, utensili, orologi, radio, beni di valore in genere. Nei confronti delle suppellettili sacre le sottrazioni si accompagnano sovente ad atti di spregio. Un bene che viene difeso anche a costo della vita è la bicicletta, come attestato da don Giuseppe Baldelli e da don Antonio Milli nel caso di loro parrocchiani uccisi proprio per aver fatto resistenza a chi vuole derubarli del prezioso mezzo di locomozione 20. Tuttavia, non tutte le ruberie sono da attribuire all esercito in ritirata. Don Giuseppe Baldelli lamenta la situazione di generale anarchia in cui è piombata la sua parrocchia, fatto che dà il via libera all azione di alcuni avvoltoi. Non si tratta di soldati, ma di civili italiani che si danno, anch essi, impunemente al saccheggio. Situazioni analoghe si determinano a Colombella, San Vito, Ponte Pattoli e Ramazzano. In quest ultimo caso, gli episodi sono da attribuire ai soldati di nazionalità indiana del contingente britannico. Così, don Vittorio Tanci deve registrare casi di ubriachezza di cui si rendono protagonisti alcuni militari alloggiati presso la famiglia Berti di Castiglione della Valle, mentre a Greppolischieto le truppe del contingente britannico compiono ruberie, ma senza far uso di violenza. Al contrario, a Rancolfo si instaura un ottimo rapporto con i nuovi arrivati, tanto che proprio i soldati britannici sono soliti salire dal fondovalle nelle ore serali per godere della piacevole ospitalità delle famiglie del luogo. Per le sue caratteristiche, il vinum deve essere considerato a parte. Molti soldati di entrambi gli schieramenti ne abusano per stordirsi e cercare, attraverso l ebbrezza, una temporanea fuga dalla realtà 21, ma, così facendo, diventano pericolosissimi. A Passignano, il ferimento del giovanissimo Silvio Bellaveglia è originato secondo don Carlo Minchiatti I fatti avvengono a Colombella e a Tuoro sul Trasimeno. 21 In proposito, don Remo Bistoni così si esprime: «La sera i soldati lì alloggiati [si trattava di Tedeschi che risiedevano alla Casa del Sacro Cuore] erano sempre ubriachi Don Dante Savini, che tentava di salvaguardare qualcosa della villa, osò rimproverare uno di loro nel mattino seguito a una solenne sbronza. In un italiano terribile il tedesco rispose dolcemente: Padre i nostri bambini, i nostri cari lontano Quanti pensieri!... Bevo per dimenticare». R. BISTONI, Quando finalmente arrivarono gli Alleati in R. RANIERI (a cura di), Gli Alleati in Umbria, cit., p A proposito di ubriachezze, è interessante citare il modo davvero singolare in cui alcuni fanti tedeschi festeggiano la notizia dell armistizio italiano. Alla base di tutto, però, vi è un fatale equivoco: «si registrarono anche non rare testimonianze di esultanza di singoli soldati della Wehrmacht alla notizia dell armistizio: un grosso reparto di stanza nei pressi di Corciano, immaginato che la guerra fosse finita, festeggiò l intera notte dall 8 al 9 settembre ed esternò il suo sentimento cantando in coro a più riprese Mamma, pezzo forte, allora, di Beniamino Gigli». G. MORETTI, I giorni dell armistizio in Umbria in R. RANIERI (a cura di), Gli Alleati in Umbria, cit., p. 195.

10 16 proprio da un episodio di ubriachezza, mentre a Castiglione della Valle, soldati sbronzi si rendono protagonisti di comportamenti indecenti. Alcuni reparti sono relativamente disciplinati, altri non lo sono per nulla. In genere il comportamento delle truppe è fortemente influenzato da quello dei rispettivi comandanti. E dunque, che dire del fatto accaduto a Pilonico Paterno in cui proprio il comandante del reparto tenta di violentare una ragazza di sedici anni? Per fortuna della malcapitata, il fante che dovrebbe piantonare la porta non le impedisce la fuga. Il comandante, definito da don Raniero Mastroforti «vero discepolo di Bacco», dà anche il via a festini sfrenati: «è un continuo vociare, cantare, suonare, un bere continuo: una orgia militaresca tedesca» 22. Si tratta, in questo caso, dell ultimo elemento della triade citata da don Paolo Bartoni: le mulieres. La presenza degli occupanti, specie nei casi in cui si protrae particolarmente a lungo, conduce, in più di un caso, all organizzazione di feste a base di vino e donne. Prima di trasformarsi in una vera e propria fortezza al sopraggiungere dei combattimenti, villa Bonucci a Colombella è luogo deputato allo svolgimento di tale genere di riunioni. I tedeschi vi fanno arrivare donne compiacenti da Perugia, ma anche qualche ragazza «un po leggera» 23 del posto frequenta la villa. Per un analogo festino, organizzato a Ponte Pattoli, sono state raccolte una decina di ragazze, ma la serata viene interrotta sul più bello dall improvviso ordine di ritirata. Ad Agello e a Ponte Valleceppi si consumano due tragedie: nel primo caso soldati tedeschi violentano una donna e tentano di abusare della sedicenne Nella Montagnoli. Tutta la famiglia si coalizza in difesa della giovinetta riuscendo a farla fuggire, ma il nonno viene percosso brutalmente. Nel secondo, ancor più grave, una coppia di soldati indiani in cerca di donne finisce per prendere a fucilate gli occupanti di una casa provocando due morti e cinque feriti. Anche a Ramazzano due indiani violentano una donna trovata sola in casa. In tali frangenti, c è anche chi finisce per sfruttare la situazione a fini economici. Padre Giovanni Ciscato, testimone degli eventi che si svolgono nella centralissima parrocchia perugina di San Filippo Neri e Santa Croce, denuncia alla questura un intenso andirivieni in entrata ed in uscita da determinate case, ipotizzando la pratica della prostituzione presso alcune famiglia della zona. Nel riferire i fatti di guerra, la maggior parte dei parroci pone immediatamente l attenzione sul periodo cruciale del passaggio del fronte, ma alcuni anticipano la narrazione ad alcuni mesi prima, a partire da quell armistizio che ha prodotto, tra le tante conseguenze, anche una sorta di 22 Relazione Pilonico Paterno. 23 Relazione Colombella.

11 ulteriore inasprimento del conflitto. Così, la prima immagine che si presenta agli occhi di don Antonio Milli è quella dell esercito regio in dissolvimento. Braccati dai tedeschi, i soldati italiani cercano la salvezza a bordo di treni traboccanti o si nascondono nei boschi «offrendo uno spettacolo pietoso» 24. Il parroco di Tuoro descrive, poi, dettagliatamente i meccanismi e le fasi di occupazione del territorio della sua parrocchia: innanzitutto vengono prelevate da caserme ed industrie, e successivamente spedite in Germania, grandi quantità di materiali; contestualmente viene riorganizzata l amministrazione conservando le strutture esistenti all interno delle quali, entro la fine dell anno, si insediano esponenti della neonata Repubblica Sociale; fra l altro, vengono istituiti un registro del lavoro e una lista di coscrizione per il costituendo esercito della Rsi per i giovani delle classi Entrambe le iniziative non sortiscono gli effetti desiderati. In particolare, i tentativi di riorganizzazione politico-amministrativa sembrano caratterizzati da una discontinuità territoriale determinata dalla presenza solo in alcuni luoghi di personalità particolarmente forti che agiscono prepotentemente, sia in base ad interessi ideali che, più spesso, personali 25. Per costituire le schiere di un esercito quello di Salò che non c è, spesso si ricorre all astuzia, alla coartazione ed a varie forme di pressione psicologica e fisica. Si tratta di atteggiamenti presenti fin dalla prima ora, ma inaspriti ed esasperati dalla gravità del momento. Solo attraverso la riorganizzazione militare, infatti, le residue forze fasciste possono sperare di continuare ad esercitare un ruolo accanto all alleato nazista così da assicurarsi un qualche potere contrattuale nel caso di un capovolgimento in extremis delle sorti del conflitto. Oltre agli arresti degli oppositori politici, il terreno sul quale il fascismo repubblicano spese le maggiori energie fu quello della costituzione del nuovo esercito di Salò. Più ancora che l arruolamento nel servizio obbligatorio del lavoro, la formazione di un esercito era questione decisiva affinché la Rsi potesse presentarsi come governo legittimo e credibile sia all alleato tedesco che alla popolazione delle zone occupate, anche di quelle periferiche ru- 24 «I militari italiani disarmati dalla Wehrmacht all indomani dell 8 settembre furono circa Di questi circa furono trasferiti nei campi di prigionia in Germania e nei territori occupati. Oltre rifiutarono di collaborare con il Terzo Reich e la Rsi e scelsero la prigionia; circa collaborarono: oltre furono incorporati nell esercito tedesco come combattenti, poco più di si arruolarono nelle Waffen SS, divennero ausiliari nella Luftwaffe, passarono all esercito fascista repubblicano. La Germania non attribuì agli italiani lo status di prigionieri di guerra, ma quello, giuridicamente anomalo, di Internati militari italiani, fatto che li escluse dalle garanzie previste dalle convenzioni internazionali e dai soccorsi del Comitato internazionale della Croce Rossa di Ginevra». L. BRUNELLI, Introduzione in C. SARTI, Appunti di prigionia , Isuc, Perugia; Editoriale Umbra, Foligno, 2005, p Tra tutti, va segnalato il famigerato Silvestri che amministra con modi prevaricatori Villa Pitignano. Se ne tornerà a parlare. 17

12 18 rali. [ ] A partire da novembre vi furono i bandi di chiamata. Quello del 9 novembre chiamava alle armi le classi ; dopo il suo sostanziale fallimento, il 18 febbraio 1944 fu pubblicato il bando Graziani che stabiliva la pena di morte per i renitenti e i disertori che non si fossero presentati entro i successivi quindici giorni. All articolo 3 si precisava che la pena di morte doveva «essere eseguita, se possibile, nel luogo stesso di cattura del disertore o nella località della sua abituale dimora». Dati gli scarsi risultati ottenuti, si susseguì una serie di decreti che, se da un lato inasprivano le pene per chi avesse favorito e protetto la renitenza e la diserzione, dall altro tentavano di arginare quanto possibile il fenomeno con una serie di condoni a chi si fosse presentato: dapprima si sostituì la pena di morte con la detenzione per chi si fosse presentato volontario, poi si sospese anche la pena detentiva e poi, con il decreto del 18 aprile, si esonerò da qualunque pena coloro che, anche essendosi uniti alle formazioni partigiane, si fossero però presentati entro il 25 maggio. Fin dall inizio, la questione fu impostata da Rocchi con l ottica di estirpare le radici della renitenza, che a suo dire stavano nel clima familiare e nell appoggio dei datori di lavoro. [ ] Mentre verso i chiamati alle armi si alternavano minacce, promesse e blandizie, lo strumento principale per combattere la renitenza e la diserzione fu quello delle minacce sui familiari. Dapprima furono loro ritirate la carte annonarie. Poi si passò al ritiro delle bollette di macinazione e della licenze di esercizio, al divieto di mattazione dei suini e di svincolo dell olio da consegnare all ammasso. Quindi si procedette al loro licenziamento, infine si passò all arresto. Nell inverno furono imprigionate nel carcere di Perugia quali ostaggi diverse decine di genitori di renitenti e disertori. [ ] Nella misura in cui le rappresaglie sui familiari non ottenevano l effetto sperato, con l arrivo della primavera la cattura di renitenti e disertori, con la loro fucilazione sul posto, fu affidata ai rastrellamenti nazifascisti, finalizzati nel contempo alla repressione dell attività ribellistica, all intimidazione della popolazione civile e alla cattura degli inadempienti alla chiamata alle armi o al servizio del lavoro. Nel quadro di questa attività [ ], si ebbero perfino conflitti tra Rocchi e i Comandi tedeschi. Ma era evidente che, mentre per i tedeschi i rastrellamenti e la guerra ai civili erano parte integrante della strategia di controllo dei territori occupati, per il fascismo repubblicano e il capo della provincia Rocchi, essi erano invece parte di una strategia volta a costruire un esercito e un credibile e autonomo governo della Rsi. Infatti, in piena autonomia, Armando Rocchi volle dare alcune lezioni esemplari ai renitenti, fuori dai rastrellamenti antipartigiani. Furono due i casi esemplari : la fucilazione dei fratelli Ceci a Marsciano il 27 marzo e quella di due giovani a Montefalco il 13 aprile Il disagio provocato alle famiglie da una tale situazione è notevolissimo: da un lato esso non fa che rafforzare la resistenza passiva della popolazione nei confronti del regime agonizzante, dall altro non riesce ad impedire che molti subiscano azioni di ritorsione anche gravi o gravissi- 26 L. BRUNELLI, Quando saltarono i ponti. Bevagna , Isuc, Perugia; Editoriale Umbra, Foligno, 2004, pp. 140 ss.

13 me 27. Dalla ricerca condotta prendendo a campione le tre realtà di Perugia, Marsciano e Pietralunga «risulta, tuttavia, che per la maggioranza il rifiuto dell esercito di Salò non significa la partecipazione alla resistenza armata» 28. Oltre che dalla carenza di uomini, l organizzazione del nuovo esercito era ostacolata da croniche deficienze logistiche 29. Una difficoltà aggiuntiva è costituita dall atteggiamento degli stessi alleati che intendono controllare la riorganizzazione delle forze in campo secondo i propri obiettivi e intendimenti impedendo, comunque, il ricostituirsi di un esercito troppo numeroso e compaginato In proposito, questa la testimonianza di Giovanni Moretti: «C eravamo anche noi che avevamo dovuto prendere decisioni di estrema importanza allorché radio, giornali e manifesti avevano comunicato ordini precisi per il reclutamento delle classi più giovani (fino ai nati nel 1925). Se domani mattina il vostro figlio maggiore non si presenterà aveva soffiato il maresciallo dei Carabinieri a mio padre ho l ordine di cominciare dalla vostra famiglia. E gli ordini ormai li davano i tedeschi. In caso di non ottemperanza era previsto l arresto dei genitori». G. MORETTI, I giorni dell armistizio in Umbria, cit., p Da una richiesta di Rocchi al direttore del carcere di Perugia del 6 marzo 1944 apprendiamo che i detenuti per renitenza e diserzione erano all epoca 114, tre quarti dei quali appartenenti alle classi 1925 e T. ROSSI, Il difficile cammino verso la democrazia: Perugia , Isuc, Perugia, Editoriale Umbra, Foligno, 2005, p. 82, n B. PILATI, La renitenza alla chiamata, cit, p Così un telegramma di Rocchi a Mussolini: «Diserzione tale notevoli masse fu principalmente determinata da deficientissime condizioni igieniche truppa recentemente affluita deposito sprovvisto materiale casermaggio et equipaggiamento. Mancano divise et biancheria. Est impossibile seguire elementari norme igiene personale. Reclute vestono da circa un mese in borghese, in gran parte laceri, senza calzature, sfiduciati et demoralizzati per imprevisto trattamento». B. PILATI, La renitenza alla chiamata dell esercito di Salò in provincia di Perugia, in L. BRUNELLI G. CANALI (a cura di), L Umbria dalla guerra alla Resitenza. Atti del convegno Dal conflitto alla libertà (Perugia 30 novembre 1 dicembre 1995), Isuc, Perugia, Editoriale Umbra, Foligno, 1998, pp L autore fa giustamente rilevare che «il paradosso è quindi che l esercito repubblichino ha un disperato bisogno di uomini, ma non ha i mezzi necessari per inquadrarli. Molti dei disertori sono militari presentatisi magari un mese o due prima, [il 16 marzo scadeva la moratoria per rispondere alla chiamata alla leva di Salò] sull onda della paura, ma che hanno sperimentato dall interno anche l inefficacia del potere di Salò». 30 «Mettere insieme un esercito partendo da zero si rivelò un compito molto difficile, una strada sbarrata da ostacoli insormontabili, tuttavia per il governo Mussolini e per la Rsi, l esercito costituiva un obiettivo politico prioritario se non la stessa ragion d essere. Il primo ostacolo fu l atteggiamento dei tedeschi diffidente e contrario alla ricostruzione di un esercito specie di grandi unità; essi intendevano in realtà utilizzare in Italia il potenziale umano valido come mano d opera per le necessità delle loro forze armate e dal momento che i tedeschi avevano il controllo totale di tutte le risorse produttive e delle scorte del paese, ne conseguì che i mezzi necessari all esercito della Rsi furono concessi in misura limitatissima e pertanto tutto scarseggiava dalle divise agli automezzi, dai materiali di casermaggio agli armamenti». M. FIORUCCI, Le Forze Armate tedesche sul fronte di Perugia nel giugno del 44 in R. RANIERI (a cura di), Gli Alleati in Umbria, cit., p. 72. In quest ottica di diffidenza e di rigido controllo si inserisce anche l obbligo di Rocchi di inoltrare ai Tedeschi rapporti bisettimanali sulla situazione della provincia perugina. Per lo studio della documentazione sulla Rsi conservata presso l Archivio di Stato di

14 20 Don Giuseppe Santinelli nota alcuni «personaggi» 31 che si aggirano per le case di Canneto cercando, con false motivazioni, di raccogliere informazioni su alcuni giovani di cui si sono momentaneamente perse le tracce. A Passignano i fascisti fanno pressione sui giovanissimi per spingerli ad arruolarsi. A Pilonico Paterno, paese di provenienza di Armando Rocchi 32, vengono presi in ostaggio i genitori di tre ragazzi renitenti alla leva per costringerli a presentarsi. A Villa Cornia, i carabinieri «portarono via 2 uomini vecchi, uno di 74 anni, Poggioni Serafino, perché non si era presentato il nipote Antonio, dopo pochi giorni lo rilasciarono, l altro uomo che portarono via Abramo Mariangeloni, padre di numerosa famiglia, perché non si era presentato il figlio; il poveraccio fu inviato al carcere di Perugia e c è stato per altri 2 mesi» 33. In molte realtà l azione dei fautori della Repubblica Sociale e quella delle forze armate tedesche si compensano e si esaltano a vicenda: i primi sono di fatto privi di una forza armata ma conoscono le realtà locali ed agiscono come delatori; ai secondi spetta l uso della forza. Il fatto che Antonio Poggioni sia renitente alla leva, offre allo Iacomelli, gerarca fascista di Passignano sfollato presso la famiglia stessa, l occasione per entrare in possesso di beni appartenenti alla famiglia del ragazzo, la più ricca di Villa Cornia. Per raggiungere lo scopo racconta don Cesare Caldarelli è sufficiente una segnalazione al comando tedesco. A San Feliciano, negli ultimi giorni di occupazione, i fascisti segnalano ai tedeschi, per il lavoro obbligatorio, i cittadini più abbienti; in tal modo le case rimangono incustodite in determinati orari e possono venire svuotate senza difficoltà. Deve essere considerato, invece, un gesto dimostrativo e intimidatorio nei confronti della popolazione quanto avviene a Castiglione della Valle nel corso della ritirata tedesca. Qui, un battaglione di Ss italiane passa un intera giornata ad esplodere colpi di arma da fuoco ed a lanciare bombe, ma al di fuori di operazioni belliche. A comandare il reparto è Telesforo Agabitini, originario del paese. In controtendenza con quanto detto è, invece, quanto afferma il più volte citato don Antonio Milli: a suo avviso, nel caso di Tuoro, la fuga del podestà e di altre personalità molto compromesse con gli occupanti è un Perugia, si veda T. ROSSI, Il difficile cammino verso la democrazia, cit., passim e T. BIGANTI, La Repubblica sociale italiana in provincia di Perugia in L. BRUNELLI G. CANALI (a cura di), L Umbria dalla guerra alla Resistenza, cit., pp Si veda, inoltre, L. KLINKHAMMER, L occupazione tedesca in Italia , Torino, Bollati Boringhieri, 1993 e G. PANSA, Il gladio e l alloro. L esercito di Salò, Milano, Mondadori, Relazione Canneto. 32 Per cenni biografici su Rocchi si veda L. PROIETTI PEDETTA, Chiesa e Resistenza a Perugia, cit., p. 307, n Relazione Villa Cornia.

15 fatto negativo per l ordine pubblico, poiché garantisce l impunità ai saccheggiatori 34. Dopo avere occupato e requisito le infrastrutture utilizzabili, avvalendosi anche di maestranze e amministratori locali, i tedeschi tentano di organizzare alcune attività di supporto: vengono rapidamente avviate officine meccaniche sia a Passignano che a Castiglione della Valle. In quest ultima località, al comando di un tenente, ci si avvale di manodopera costituita da numerosi prigionieri russi 35. Contro tedeschi e fascisti il malcontento della popolazione si concretizza in numerosissimi gesti che testimoniano un attività variegata e significative forme di non-collaborazione. Un azione classica è il taglio dei fili del telefono. A San Savino un sabotatore, sorpreso in flagrante dai tedeschi, viene fucilato sul posto 36. A Trecine, un soldato italiano viene sorpreso mentre sta disinnescando una bomba inesplosa e subisce la medesima sorte anche se non si tratta di un partigiano, secondo quanto afferma don Agostino Cagiola. Sintomatico dello stato d animo generale della popolazione e addirittura della forza pubblica è quanto avviene a Colpiccione. Dopo l armistizio, cinque prigionieri inglesi riescono a fuggire e si nascondono presso una famiglia. I carabinieri, venuti a conoscenza del fatto, vanno ad arrestarli «per dovere d ufficio» 37 ma, alla prima occasione, se ne liberano sparando colpi in aria per simulare una fuga. Qualche tempo dopo, l equi- 34 La fuga delle autorità fasciste è un fenomeno che caratterizza gli ultimi giorni dell occupazione nazista. «Il 10 giugno 1944, quando l esercito alleato, lasciata Roma alle spalle, entrava nel territorio dell Umbria, una lettera del prefetto fascista Armando Rocchi al maggiore Enrico Armanni, commissario prefettizio al Comune di Perugia, comunicava: «Accogliendo la vostra richiesta verbale, vi accordo un mese di licenza a decorrere dal giorno 10 corrente mese. Durante la vostra assenza, per i soli atti di ordinaria amministrazione, incarico per la vostra sostituzione il Segretario Generale in funzione sostitutoria. Il Tesoriere Comunale accetterà per ora i mandati con la sola firma del Segretario e del Ragioniere». R. ROSSI, La Liberazione e la ripresa, cit., p Alla stessa pagina è la riproduzione del documento. Porta la stessa data l atto firmato da Rocchi con cui si consentiva l allontanamento del questore perugino Baldassarre Scaminaci per un tempo di quindici giorni, per motivi di salute. T. ROSSI, Il difficile cammino, cit., p. 71. Lo stesso Tommaso Rossi riferisce come: «due-tre settimane prima dell arrivo degli Alleati, le massime autorità locali del fascismo repubblicano abbiano organizzato (o già realizzato) la fuga verso nord [ ]. A parte questo fenomeno, già noto, sono altri gli aspetti desunti da questa breve comunicazione di Rocchi che colpiscono l attenzione, mostrando come il clima di smobilitazione fosse totale e indiscriminato», Ibid. 35 Sulla presenza di stranieri in Umbria si veda P. MONACCHIA, L internamento in Umbria in L. BRUNELLI G. CANALI (a cura di), L Umbria dalla guerra alla Resistenza, cit., pp Si veda anche il caso di Canneto. 37 Così don Pietro Bozza commenta i due episodi che si verificano nella parrocchia: «questo tanto per dire come erano diversi gl italiani nei loro sentimenti e come anche la polizia agiva a capriccio del proprio comandante». Il celebre episodio noto come massacro di Montebuono è oggetto, anch esso, di due relazioni. Se ne parlerà più avanti. 21

16 22 paggio di un aereo alleato si paracaduta a sud di Villarancio. Le ricerche, portate avanti da tedeschi e carabinieri, risultano inutili. In realtà, qualcuno sa dove si nascondono i soldati: si tratta di un gruppo di taglialegna che, però, si guarda bene dal segnalarne la presenza. A Pilonico Paterno, due soldati inglesi, anch essi fuggiti dalla prigionia, vengono visti in paese. Ne segue una lunga serie di interrogatori e di minacce da parte delle autorità fasciste (la vicenda è accuratamente ricostruita da don Raniero Mastroforti) che vogliono sapere in quale direzione si siano diretti 38. È più che lecito supporre che, nel paese, qualcuno sia a conoscenza della cosa, ma nessuno parla. Alcuni parroci suggeriscono alla popolazione di mostrarsi accondiscendente e generosa con gli occupanti, fornendo spontaneamente ciò che verrebbe comunque estorto con la forza. Si tratta di un atteggiamento, per così dire, scaltro, in parte dettato dalla consapevolezza che tutto si concluderà presto e che, se la popolazione poco o nulla può fare per abbreviare il tempo di sofferenza costituito dal passaggio del fronte, può tuttavia mettere in atto dei comportamenti volti ad attenuarne le conseguenze nefaste. In effetti, questa prassi dà i suoi frutti, se è vero che a Pian di Marte la generosità degli abitanti ottiene un effettiva limitazione delle razzie ed un attitudine di collaborazione da parte degli occupanti, che suggeriscono ai parrocchiani i luoghi più sicuri per ripararsi dai combattimenti. Anche don Enrico Giorni esprime l opinione che, nonostante che nella sua Val di Rosa i tedeschi abbiano portato via moltissimi capi bovini, l atteggiamento benevolo dei suoi parrocchiani ha evitato brutalità sulle persone e ulteriori furti. Dalle sue parole traspare un sincero sentimento di umanità e di comprensione persino nei confronti dei soldati germanici, per quanto essi possano essere resi crudeli e cinici dalla guerra. In questo senso agisce, ad esempio, la popolazione di San Feliciano: «il giorno di Pasqua, ogni famiglia aveva a pranzo un soldato tedesco» 39. Si tratta di uno dei casi in cui la generosità non lascia del tutto indifferenti gli occupanti, alcuni dei quali, durante la ritirata del 23 giugno, sabotano le cariche destinate a far esplodere i magazzini situati «lungo la via comunale che viene da Magione e quella che prosegue per Monte del Lago» 40. Molte stive, contenenti materiale esplosivo, non brillano come previsto 41 e ciò secondo don Francesco Moschini sarebbe dovuto ad un 38 A questo proposito vorrei ricordare che accanto a civili ed ex militari italiani, la lotta partigiana in Umbria viene alimentata da consistenti nuclei di soldati jugoslavi fuggiti dopo l 8 settembre dai campi di internamento. «Non mancarono, tuttavia, nemmeno soldati degli eserciti alleati: britannici, statunitensi, ma anche sudafricani, australiani e neozelandesi». T. ROSSI, Il difficile cammino, cit., p Relazione San Feliciano. Questa iniziativa non eviterà comunque le razzie nella fase del passaggio del fronte. 40 Ibid. 41 Ne esplodono solo tre su cento.

17 estremo atto di generosità da parte degli occupanti in ritirata, uno dei quali avrebbe detto: «Parroco, niente paura! Niente paura!» e nel frattempo «con la destra faceva l atto delle forbici nel tagliare» 42. A Rancolfo, i combattenti tedeschi, che il 2 luglio abbandonano il podere Bennicelli, hanno stretto a tal punto amicizia con il colono che gli propongono di sospendere la mietitura e di celebrare con un giorno di festeggiamenti la triste separazione: «Oggi non mietete; fate festa con noi in questa domenica e domani la farete con gl inglesi. Più tardi scoppiarono vicino due proiettili ed essa [la pattuglia tedesca] in fretta si diresse verso Palazzaccia. Furono le ultime» 43. Don Espedito Marcucci giunge addirittura ad affermare: «i tedeschi durante il periodo della loro permanenza ci hanno trattato gentilmente, data la buona ospitalità nostra. Venuti gli Inglesi e Marocchini si sono trovati ugualmente bene» 44. Il già citato don Paolo Bartoni elargisce ai soldati in ritirata cibo in abbondanza. Poi, forse nell intento di risvegliare in essi almeno una tenue forma di religiosità, fa loro dono di una foto della croce posta in cima a Montarale. Ad Antria, nel corso dei combattimenti, trovano la morte due ufficiali tedeschi che don Giovanni Sartoretti seppellisce nel cimitero parrocchiale. Come si constata in molte relazioni, l opera di pietà costituita dal recupero e dalla sepoltura dei cadaveri, è un importante prerogativa dei parroci. Naturalmente, in questo senso, non si bada al colore della divisa o alla provenienza dei morti. Così, a Castiglione della Valle, trovano dimora i corpi di due carristi britannici uccisi nei combattimenti del 17 giugno e vengono sepolti a Piccione quattro aviatori americani il cui aereo è stato abbattuto dalla contraerea 45. La guerra miete vittime un po dappertutto anche tra i civili 46 (la presenza di campi minati continuerà a farlo anche 42 Relazione di San Feliciano. I depositi saranno fatti saltare dalle avanguardie britanniche il giorno successivo. 43 Relazione di Rancolfo. Sembrerebbe che in questo caso i tedeschi abbiano prestato ascolto alla popolazione che aveva chiesto di evitare il posizionamento di artiglierie in determinati luoghi. Sempre a Rancolfo, un anonimo parrocchiano si reca presso il comando britannico per segnalare l avvenuto ripiegamento dei tedeschi e, quindi, ottenere la cessazione dei bombardamenti. Si tratta di due casi concreti che esemplificano come il corso dei combattimenti possa essere modificato nel loro svolgimento grazie all iniziativa di civili particolarmente intraprendenti. 44 Relazioni di San Bartolomeo dei Fossi e Preggio. 45 Don Raniero Mastroforti, sfollato, fa ritorno a Pilonico Paterno il 27 giugno. Così riferisce: «ritorno a casa: tutto è distrutto. Dopo le 12 trasporto, aiutato da un altro uomo, quattro morti già in avanzatissima putrefazione». 46 I bilanci più pesanti si hanno a Passignano, a Castiglione del Lago (dove i ripetuti bombardamenti aerei causano complessivamente venti morti), alle scuole elementari di via Brunamonti di Perugia, a Villa Pitignano (quattordici morti), a Migianella dei Marchesi (dodici morti), a Pilonico Paterno (nove morti e tre feriti), a San Bartolomeo dei Fossi (nove morti), a Tuoro (otto morti, di cui sette fucilati dai Tedeschi), a Colombella 23

18 24 dopo che i combattimenti si saranno allontanati dall Umbria) 47, ma vi sono due episodi in cui il recupero delle salme e la loro sepoltura si dimostrano impresa non facile e richiedono particolare intraprendenza e coraggio da parte dei sacerdoti. Il primo si verifica nella zona di Montebuono: don Antonio Fedeli, parroco di Agello, si reca presso il comando tedesco per richiedere le salme dei coloni uccisi l 8 giugno per essersi opposti alla razzia dei loro beni. Ottenutele, riunisce, non senza difficoltà, «alcuni pietosi» 48 che le portano in paese servendosi di un carro trainato da buoi 49. Si può quindi procedere alla celebrazione delle esequie funebri, che hanno luogo ad Agello. Sul medesimo episodio il massacro di Montebuono è interessante cogliere il diverso punto di vista fornito da don Carmelo Barboni, parroco di San Savino, che considera tutta la vicenda «un imprudente e poco considerata rivolta di un piccolo nucleo di partigiani, formato di soli agellesi, contro alcuni carri armati tedeschi che venivano da Mugnano» e prosegue: «immediatamente nel suddetto loco si concentrò notevole forza tedesca che in breve sbaragliò con il fuoco delle mitragliatrici la debole forza dei ribelli uccidendone una dozzina. Tra gli uccisi rimase vittima anche un giovane parrocchiano che, preso dal timor panico, uscì di casa e si mise in fuga in mezzo ai campi: sorpreso nella fuga da un tedesco, non valse a lui alzare le mani che fu immediatamente fucila- (sei morti e dieci feriti), a Ponte Valleceppi (sei morti) e a San Vito sul Trasimeno (sei civili italiani, tutti morti sulle mine). 47 A Trecine, sono addirittura gli stessi Tedeschi a morire sulle mine. Le loro sepolture sono nei boschi circostanti. Ben sette soldati britannici perdono la vita nello stesso modo a San Vito sul Trasimeno. 48 Appare veramente singolare che la data dell eccidio sia indicata da Alberto Mancini come 6 giugno, da Giovanni Moretti come 7 giugno, da don Antonio Fedeli come 8 giugno e da don Carmelo Barboni come 9 giugno. Propendo a ritenere esatta quella indicata da don Fedeli in quanto estremamente dettagliata e precisa e riferita da testimone diretto: «Il giorno del Corpus Domini, 8 giugno 1944, nel pomeriggio, verso le ore 16, a Montebuono vennero uccisi, con raffiche di mitragliatrice, ben 11 coloni che tentavano opporsi ai tedeschi durante le loro violenti [sic] rapine». Relazione di Agello. Non tragga in inganno l uso della terza persona usata in riferimento al parroco di Agello poichè la relazione è di pugno proprio di don Antonio Fedeli, che la sottoscrive: «I corpi dei disgraziati [...] furono raccolti il giorno dopo dal parroco di Agello aiutato da alcuni pietosi». Probabilmente si tratta di una forma di modestia usata nel riferire il proprio coraggioso operato. 49 «Il 6 giugno 1944 don Antonio ci fu veramente vicino. È noto l eccidio di Montebuono: il mio primo pensiero fu per don Antonio, il solo che potesse restituirci i cadaveri dei dieci contadini caduti nello scontro. Per tutto il giorno don Antonio supplicò per riavere le salme e dopo insulti e maltrattamenti ottenne quanto chiedeva: alla sera le dieci salme ammucchiate in un carro trainato dai buoi arrivarono al cimitero di Agello». A. MANCINI, Ricordi di un perseguitato politico durante il fascismo, in A. MONTICONE (a cura di), Cattolici e fascisti in Umbria ( ), Il Mulino, Bologna, 1978, p Relazione San Savino. Sull episodio esiste una testimonianza di Giovanni Moretti, all epoca membro del Cln di Magione: «Nel primo pomeriggio del 7 giugno 1944 assistemmo a un interminabile passaggio di truppe tedesche appiedate, provenienti dalla strada

19 to» 50. Dell episodio esiste anche una ricostruzione effettuata da Renato Covino: Erano le 16 circa. [...] Ecco una teoria di carri rustici procedere sonnolenta dalla strada di Mugnano verso Montebuono. Ciascuno dei coloni si era armato come meglio aveva potuto: bombe a mano, rivoltelle preistoriche, qualche moschetto, falci, badili, randelli. Adesso gli occhi di tutti luccicavano. Si avvicinavano carponi, strisciando per i sentieri, tra le messi alte; arrivarono al margine della strada: qui sostarono. La teoria dei carri rustici si avvicinava nella calura; su ogni carro soldati armati di moschetto e di pistola. Quando il primo carro fu all altezza del bivio, dinanzi al ponte della curva, con un urlo unanime, i coloni si lanciarono all assalto. Le grida improvvise e l improvviso mutamento di scena, sconcertarono i tedeschi: le falci brandite al sole emettevano bagliori. Le loro facce di sgherri palesavano evidente turbamento. Fulmineamente gli assalitori piombarono, con lancio di bombe, sui carri: numerosi tedeschi alzarono le braccia; altri, quelli degli ultimi carri, reagirono a colpi di moschetto. Avvenne allora che i tedeschi bivaccanti nella macchia prossima alla gola, e quelli installati nel palazzo dei Moro, avendo compreso quanto accadeva, piazzarono mitragliatrici e mitragliatori e presero a sparare furiosamente sulla strada. I tedeschi fatti prigionieri, approfittando del momento, riuscirono ad evadere. Alcuni dei nostri erano già caduti sotto le raffiche. Qualcuno, ferito, si ritirava penosamente. [...] I tedeschi erano ormai padroni della situazione: quelli dei nostri che scendevano in aiuto giù per il pendio sovrastante la strada, venivano fulminati ad uno ad uno dalle armi, puntate a precisione sul terreno e dietro le siepi di bossolo, che cingono la Villa dei Moro. L autoblinda [proveniente dalla strada di Magione] continuava su e giù il suo percorso, vomitando fuoco sui campi, ovunque avesse indizio s acquattasse qualcuno. In uno di questi percorsi fu ferito anche un fanciullo che si trovava, spaurito, in mezzo al grano. [...] Il mattino seguente i tedeschi iniziarono le indagini: condussero le donne delle famiglie vicine a vedere i morti, se per caso ne riconoscessero qualcuno: quelle donne riconobprovinciale di Chiusi e dirette verso il nord: ogni soldato con il mitra a tracolla e fronde di quercia o d ulivo intrecciate sopra l elmetto per proteggersi da eventuali attacchi aerei. Erano segni evidenti dell inizio del disimpegno generale dell esercito germanico anche dal nostro territorio, dopo la liberazione di Roma. Contemporaneamente si sentì un crepitare di armi da fuoco, verso la strada di Agello, che durò l intero pomeriggio. Il giorno dopo venimmo a sapere del fatto d arme di Monte Buono, originato dalle razzie di bestiame dei tedeschi in ritirata, cui i contadini della zona si opposero. Lo scontro era stato durissimo. I contadini, armati alla meglio, erano riusciti perfino a fare qualche prigioniero ma, passata la sorpresa, le mitragliatrici dei tedeschi, piazzate in posizione favorevole, avevano avuto la meglio. Dieci i contadini uccisi, appartenenti a una formazione partigiana comunista operante in una zona ad alta concentrazione mezzadrile. Animatore del movimento di resistenza era Alberto Mancini (detto il Sordo), collegato alle bande alla macchia e rientrato dalla Francia dove era vissuto nella cerchia dei fuorusciti umbri». G. MORETTI, I giorni dell armistizio in Umbria, in R. RANIERI (a cura di), Gli Alleati in Umbria, cit., p La relazione di don Antonio Fedeli parla di undici vittime, mentre don Carmelo Barboni di San Savino parla di «una dozzina di ribelli». È Moretti a svelare l identità dell undicesima vittima: si tratta del diciannovenne Fernando Renaglia che si trova coinvolto involontariamente nello scontro (si veda, in proposito, la relazione di San Savino). 25

20 26 bero i cadaveri dei loro cari deformi, imbrattati di sangue; ma non si tradirono. Noi non li conosciamo Voi, conoscere No, non li conosciamo. Il parroco del paese, invitato dagli esponenti della formazione partigiana; si recò, solo, dai tedeschi, a chiedere che fossero restituite le salme dei caduti; gli fu prima risposto in modo violento. Alle 14 la grazia fu concessa. I cadaveri erano già stati ricoperti con un po di terra 51. Analizzando l impianto delle fonti, emerge un quadro sostanzialmente coerente della vicenda. In particolare, il racconto di Mancini si integra con la relazione di don Antonio Fedeli: se da un lato pare assodato che l inizio dello scontro armato debba essere ricondotto alle ore 16 dell 8 giugno e che le vittime siano complessivamente undici, dall altro a nostro avviso le varie testimonianze e ricostruzioni non si escludono reciprocamente, anzi, si integrano e si arricchiscono. Infatti, se il racconto di Antonio Fiacca e Angelo Basili rivelerebbe che una delle concause delle razzie sarebbe la rappresaglia nazista per la fuga di un gruppo di soldati italiani, comandati da un tedesco, provocata da alcuni partigiani 52, l imboscata attuata dai contadini alla colonna di carri e bestiame razziati dai nazisti sembra essere il culmine di un intensa attività antinazista in atto già da tempo nella zona: «Da cinque o sei mesi circa, Alberto Mancini, comunista, tornato dalla Francia, svolgeva un intensa propaganda nelle nostre campagne. Quando io ne venni a conoscenza, il numero di contadini organizzati oltrepassava il centinaio: assistetti qualche volta alle loro riunioni: nelle sere del sabato, dopo la fatica del giorno, gli uomini si avviavano per gli oscuri sentieri dei campi, in lunga fila, silenziosamente. I convegni si tenevano nelle stalle, al lume di lucerna, a notte inoltrata; circolavano fogli clandestini, si facevano discorsi, ne nascevano programmi di lotta contro i tedeschi e i fascisti; propositi di non presentarsi alle chiamate dell esercito repubblicano, di nulla consegnare agli ammassi. Molti degli associati erano in stretta collaborazione con le bande operanti nella macchia. Si pervenne così alla sera del 7 giugno, vigilia del Corpus Domini» 53. Questa organizzazione di contadinipartigiani, sempre secondo Fiacca e Basili, sarebbe stata in collegamento con la brigata partigiana Primo Ciabatti. Da notare che anche don Dante Savini fa riferimento ad «un piccolo nucleo di partigiani formato di soli agellesi». Confermata, infine, sia da Renato Covino che da Alberto Mancini, l opera di don Antonio Fedeli che va a reclamare le salme delle vittime dello scontro ricevendo, inizialmente, un brusco rifiuto dai Tedeschi. 51 R. COVINO (a cura di), Montebuono Un episodio di lotta partigiana in Umbria, Panti, Perugia, 1994, pp A guidare la sommossa antinazista è Lanfranco Bonanno. 52 In diretta da Magione, Montebuono 33 anni fa. Cronaca della celebrazione del 33 anniversario dei fatti di Montebuono contenente la testimonianza di Antonio Fiacca ed Angelo Basili, [s.l., s.n.], Il testo è reperibile presso la biblioteca dell Istituto per la storia dell Umbria contemporanea. 53 R. COVINO (a cura di), Montebuono 1944, cit., p. 8.