UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI"

Transcript

1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN RELAZIONI INTERNAZIONALI EGITTO TRA PROSPETTIVE ISLAMICHE E APERTURA DEMOCRATICA Relatore: Prof.ssa Patrizia Manduchi Tesi di Laurea di: Basolu Stefano Anno Accademico

2 Indice Introduzione pag. 3 Capitolo I La democrazia nel mondo arabo pag Cos è una democrazia pag I sistemi politici del mondo arabo pag L eccezionalismo del mondo arabo pag Islam e democrazia pag Contesto socio-economico pag. 28 Capitolo II Il caso dell Egitto pag Il pluripartitismo senza democrazia pag La svolta islamista pag Mubarak: La Mummia pag Mubarak e l apertura economica pag Liberalizzazione economica e politica pag Gli aspetti contraddittori dell apertura politica pag Lo stato di emergenza pag. 74 Capitolo III Mubarak e l Islam pag Caratteristiche dell attivismo islamico egiziano pag I Fratelli Musulmani pag L Egitto e il brutale ciclo di violenza e repressione pag La democrazia nel confronto tra il regime e l opposizione islamista pag Il malessere economico e l opposizione islamista pag. 108 Capitolo IV La Costituzione, le Elezioni e l opposizione politica pag La Costituzione e l assetto istituzionale pag Il Sistema Elettorale e le elezioni pag

3 4.3. Partiti politici e movimenti pag Il Partito Nazionale Democratico pag Raggruppamento Nazionale Progressista Unionista pag Neopartito della delegazione pag Partito Arabo Democratico Nasseriano pag Basta Movimento egiziano per il cambiamento pag I Fratelli Musulmani e la politica pag Partito del Domani (hizb al-ghad) pag Le elezioni legislative e presidenziali del 2005 pag Gli emendamenti Costituzionali del 2007 pag. 154 Capitolo V I Diritti Umani in Egitto pag Le organizzazioni dei Diritti Umani pag La libertà d informazione pag La pratica della tortura pag Le donne in Egitto pag. 175 Conclusioni pag. 183 Appendice Intervista a Gamal Eid pag. 187 Bibliografia pag

4 Introduzione Se la pace ha ancora un lungo percorso davanti a sé nel Vicino Oriente, questo percorso ci pare iniziare con la lotta contro la strumentalizzazione violenta di miti fondatori o riformatori sia islamici che ebreo-cristiani, e con la comparsa progressiva di nuovi linguaggi che permettano un dialogo costruttivo che non sia minato dal peso di grandi stereotipi storici, apportatori di guerra, assai più raramente di pace permanente. 1 La promozione della democrazia nel mondo arabo ha acquistato una rilevante importanza a partire dalla metà degli anni 80, quando è stata posta al centro anche del dibattito occidentale sulle istituzioni politiche del mondo arabo-islamico, soprattutto, come vedremo in seguito, in termini di eccezionalismo. Sono stati diversi i fattori che hanno avuto un ruolo significativo in tale evoluzione, primo fra tutti la fine della Guerra Fredda e delle implicazioni ideologiche ad essa collegate nel dibattito sulle forme istituzionali dei regimi politici. L impeto della terza ondata di democratizzazione, partita da Spagna e Portogallo sempre in quel decennio, aveva lasciato credere che anche i paesi arabi avrebbero potuto unirsi al gruppo delle nuove democrazie, portando al superamento delle forme di autoritarismo e totalitarismo che sino ad allora avevano caratterizzato questa porzione di mondo. 2 Subito però, il problema della promozione della democrazia si è rivelato una questione più complessa di quanto originariamente si fosse potuto pensare, stimolando in questo modo, non solo una riflessione sui modi e sulle forme che essa può assumere, ma anche un fiorire di iniziative e dichiarazioni a suo sostegno. In una prima fase del dibattito, gli studiosi hanno risposto al tradizionale pessimismo sulle potenzialità democratiche della regione dibattendo sugli eventuali ostacoli strutturali alla diffusione della democrazia in quest area. Nella prima metà degli anni 90 è prevalso invece l ottimismo per quella che, a partire dal 1998, fu percepita come un ondata regionale di democratizzazione, testimoniata dagli eventi simbolo della democrazia liberale: l introduzione o il ripristino del multipartitismo in una serie di paesi (Algeria, Giordania e Tunisia 1989, Yemen 1990 etc.); l avvento di 1 Corm G., Il Vicino Oriente: Un Montaggio Irrisolvibile, Jaca Book, Milano, 2004, pag Guazzone L., Bicchi F., Pioppi D., (a cura di), La Questione della Democrazia nel Mondo Arabo, Polimetrica, Monza,

5 nuove elezioni legislative o amministrative, più o meno libere e competitive, nella maggioranza dei Paesi arabi, e altri eventi, come la riforma della Costituzione (Algeria e Libano) o la riattivazione del parlamento (Kuwait). Si è così affermata la convinzione comune che il regime politico del mondo occidentale, quindi le democrazie liberali di massa, fossero il modello che avrebbe finito per prevalere in tutto il mondo. 3 In questa seconda fase gli studiosi si sono concentrati sull analisi dei processi e degli attori che sembravano concretamente avviare una dinamica di democratizzazione nel mondo arabo. Dalla fine degli anni 90, il dibattito è stato invece caratterizzato da una maggiore cautela nell utilizzo delle categorie d analisi e da una nuova fase di pessimismo sulla democratizzazione nel mondo arabo per approdare alla tesi della modernizzazione dell autoritarismo 4, che come vedremo in seguito non è altro che una nuova forma di autoritarismo liberalizzato non populista, un nuovo modello politico più adatto al mutato contesto internazionale. Negli ultimi anni, soprattutto a seguito degli attacchi dell 11 settembre 2001 e della guerra globale al terrorismo iniziata in Afghanistan e proseguita in modo disastroso in Iraq, si è andata delineando una dottrina che vede la democratizzazione del Grande Medio Oriente come una condizione indispensabile per la sicurezza degli Stati Uniti e per la pace mondiale. Tali sviluppi più recenti hanno caricato il dibattito sulla democrazia nel mondo arabo di forti connotazioni ideologiche ed implicazioni politiche di grande portata, sia a livello internazionale che all interno degli stessi paesi arabi. Ad ogni svolta storica cruciale per le relazioni tra Occidente e mondo arabo è corrisposta una pressione, culturale e politica, affinché la scienza politica fornisse adeguati strumenti per l interpretazione e, soprattutto, la gestione dei fenomeni politici del mondo araboislamico; come dire che l enfasi sulla questione della democrazia nel mondo arabo non sia naturale, ma il frutto di una specifica congiuntura storica e di precisi interessi nazionali. In questo lavoro si è scelto di analizzare in particolare il caso dell Egitto contemporaneo, concentrando il focus della ricerca sui lunghissimi anni di presidenza Mubarak, relazionandoli alle politiche precedentemente poste in essere da Nasser ed in particolare da Sadat. La scelta dell Egitto è stata quasi naturale per via della sua 3 Ibidem, pag Pioppi D., L Egitto dell Infitāh?, in Guazzone L., op. cit. pag

6 grandissima importanza nell area Mediorientale, a cavallo tra Maghreb e Mashreq, tra Africa e Asia, Paese chiave nei rapporti tra Oriente e Occidente fin dall antichità, che ha svolto un importante funzione nell ingresso del mondo arabo-musulmano nella modernità e che continua a giocare un ruolo decisivo anche nella storia più recente. Inoltre, le discussioni sulle speranze di espansione della libertà nel mondo arabo spesso invocano l Egitto come il principale candidato per una graduale riforma politica. Il presente lavoro si pone l obiettivo di analizzare e spiegare la società civile egiziana, il contesto politico, le problematiche socio culturali, quali il livello dei diritti dell uomo e la condizione della donna, l evoluzione del movimento islamista, i passi o gli ostacoli verso un tipo di mobilitazione democratica di un Paese, come l Egitto, che svolge un ruolo chiave per la sua importanza storica e geopolitica. Lo scopo principale della ricerca è quindi quello di valutare proprio l autenticità del processo di riforma verso una più ampia liberalizzazione delle opinioni e della partecipazione politica, avviato fin dai primi anni della presidenza di Mubarak, vedere cosa sia oggi rimasto di quei proclami che volevano l Egitto in cammino verso la democrazia. Inoltre, valutare se l Egitto di oggi può essere definito come un regime autoritario che lascia poco spazio ad entusiastiche previsioni basate sulla speranza che dal suo crogiuolo sociopolitico e culturale possano prima o poi nascere formule socio-politiche di cui il mondo arabo possa un giorno approfittare per uscire dall impasse in cui si trova. Dell Egitto contemporaneo si sa poco, c è quindi la necessità di conoscere e di far conoscere meglio le vicende di un Paese proiettato, nel bene o nel male, verso un profondo cambiamento che si rende quasi necessario per via dei problemi socio-economici che esso attraversa da decenni e c è bisogno di portare a conoscenza la vitalità della società civile egiziana oggi attraversata da pressioni interne ed esterne di ogni genere, riforme, manifestazioni, attività politiche tanto dell opposizione laica come di quella islamista. La stesura del presente lavoro è stata, inoltre, resa possibile dalle numerose ricerche compiute direttamente al Cairo grazie a una borsa si studio che l Ente Regionale per il diritto allo Studio Universitario di Cagliari (ERSU) mi ha assegnato. Ho avuto così la possibilità di reperire diverso materiale di ricerca presso l American University in Cairo (AUC), la biblioteca dell Instituto Cervantes de El Cairo e la grande opportunità di intervistare l avvocato e direttore esecutivo di un organizzazione per i diritti umani, Gamal Eid, oltre che entrare in contatto con giovani studenti 5

7 universitari egiziani, in uno stimolante confronto che ha dato più senso ed esperienza al mio lavoro di ricerca svolto al Cairo. In Appendice è riportata l intervista che ho realizzato durante il mio soggiorno in Egitto. In seguito ad un attenta riflessione il lavoro richiesto da questa ricerca è stato organizzato in cinque parti principali. Necessariamente, il primo capitolo è stato dedicato all analisi della democrazia nel mondo arabo. Dopo aver introdotto, storicamente e concettualmente, il termine di democrazia, si analizzano i sistemi politici del mondo arabo e il perché il Medio Oriente e l Africa del Nord siano rimasti resistenti al processo di democratizzazione. Con il secondo capitolo si entra nel particolare, analizzando il caso dell Egitto. Dopo una prima parte che esamina le politiche più importanti portate avanti da Sadat, si analizza il primo ventennio di presidenza Mubarak, gli effetti della liberalizzazione economica e gli aspetti contradditori dell apertura politica, i cosidetti anni della liberalizzazione e quelli della deliberalizzazione. Il terzo capitolo è dedicato al rapporto di Mubarak con l Islam, ed è volto a descrivere e spiegare il fenomeno dell attivismo islamico in Egitto nelle forme che ha assunto nell arco dei tre decenni della sua presidenza, il ruolo che ha avuto il confronto tra il regime e l islamismo radicale sul processo di democratizzazione e l istituzionalizzazione dell islam portata avanti in questi anni dallo stesso Mubarak. Nello stesso capitolo segue un analisi dei Fratelli Musulmani che rappresentano l attuale ala riformista dell islamismo egiziano, e un paragrafo dedicato al rapporto tra il malessere economico e l opposizione islamista. Il quarto capitolo è introdotto dallo studio della Costituzione e dell attuale assetto istituzionale egiziano. Un ampia parte sarà dedicata al sistema elettorale che in Egitto ha sempre avuto una particolare importanza per la gestione del potere. Il cuore di questo capitolo è dedicato all esposizione dei principali partiti e movimenti dell opposizione laica e religiosa, fino ad arrivare all analisi delle elezioni legislative e presidenziali svoltesi nel Il quinto e ultimo capitolo è dedicato allo studio dei diritti umani in Egitto, portato avanti attraverso un attenta analisi delle organizzazioni dei diritti umani, della libertà di informazione, della pratica della tortura e della condizione della donna egiziana, attraverso l analisi dell attivismo femminile e della violazione dei diritti legati alle differenze di genere. 6

8 CAPITOLO I 1. La democrazia nel mondo arabo 1.1. Cos è una democrazia Per analizzare la questione della democrazia nel mondo arabo senza preconcetti, non si può non partire da una definizione preliminare di democrazia. Il concetto di democrazia è dibattuto da oltre 25 secoli e ancora oggi gli studiosi di politologia continuano a scrivere al riguardo. Il primo passo, prima di analizzare la questione della democrazia nel mondo arabo, consiste nel chiarire il significato dei termini democrazia e democratizzazione, così come saranno utilizzati in questo contesto. Prima di tutto è però utile ricordare che quelle che di seguito andremo a richiamare sono pur sempre delle definizioni di un concetto che, anche quando raggiunge un alto grado di universalità, rimane certamente contestabile. E anche importante partire dal presupposto che non è possibile sostenere che l Occidente possa vantare una sorta di monopolio sui principi democratici stessi. Questi ultimi, sviluppatisi nel corso di un travagliato e lungo percorso evolutivo, vanno intesi come patrimonio collettivo dell umanità e, quindi, non afferiscono a una cultura o a una civiltà specifica. Il termine democrazia, in questo quadro ha un significato non sempre corrispondente al concetto di democrazia elaborato in Occidente. E anche importante ricordare che l istituzione della democrazia in Europa fu molto difficile ed incerta e anche se si parte dalla più elementare definizione di democrazia, molti Paesi europei, durante il XIX e XX secolo, hanno attraversato lunghi periodi di tempo in cui non esisteva alcuna convenzione di tale tipo. 5 L idea di democrazia ci appare legata inevitabilmente ad una serie di elementi. Se si parla di democrazia si parla anche di modernità, di secolarismo, di società civile e di diritti umani. La definizione di democrazia e la descrizione delle sue caratteristiche principali sono al centro di un dibattito che è sempre stato abbastanza acceso. Gli studiosi si sono 5 Simon-Belli C., L Egitto tra Maghreb e Machrek, FrancoAngeli, Milano,

9 interrogati su come la democrazia nasca e si mantenga, cioè sulla democratizzazione, quindi sulle condizioni fondamentali che contribuiscono all instaurazione e al consolidamento democratico. Sono state proposte numerose definizioni di democrazia, che si distinguono per la diversa enfasi che pongono sui vari elementi fondamentali della democrazia. 6 Generalmente essa è stata definita come una procedura di base per l istituzione di governi. Negli altri sistemi di governo le persone arrivano ai vertici attraverso l estrazione familiare, la ricchezza, il ricorso alla violenza, la cooptazione, il grado di apprendimento o la nomina diretta. Invece la procedura della democrazia consiste nella selezione dei leader attraverso elezioni competitive. Per Schumpeter, ad esempio: il metodo democratico consiste in una configurazione istituzionale tesa al conseguimento di decisioni politiche, nella quale gli individui acquisiscono il potere di decidere attraverso una lotta competitiva per il voto popolare. 7 Seguendo la tradizione schumpeteriana, nel ventesimo secolo un sistema politico può essere definito democratico, quando le posizioni più importanti del decision making vengono ricoperte grazie a elezioni regolari, corrette e periodiche, nelle quali i candidati possano competere liberamente e tutta la popolazione adulta detenga il diritto di voto. Tale definizione implica anche libertà civili e politiche quali la libertà di espressione, di stampa, di riunione e di associazione, diritti che sono necessari per il dibattito politico e per lo svolgimento della campagna elettorale. La democrazia è dunque un metodo politico, un meccanismo per scegliere la leadership politica. I cittadini sono chiamati a scegliere tra diversi candidati in competizione tra di loro. Vincere le elezioni dà ai governanti il diritto di prendere le decisioni per conto dei cittadini che possono decidere di disfarsi dei cattivi governanti alle elezioni successive. La democrazia è dunque la possibilità di scegliere i propri governanti attraverso regolari elezioni. Importante è anche il contributo di Robert Dahl, secondo il quale: sono democrazie tutti i regimi contraddistinti dalla garanzia reale di partecipazione politica più 6 Per un approfondimento sull argomento si possono consultare: Morlino L., Democrazie e Democratizzazioni, Bologna, Il Mulino Saggi, 2003; Pasquino G., Corso di scienza politica, seconda edizione, Bologna, Il Mulino, 2002; Parry G., Michael M., Democracy and Democratization, London, Routledge, 1994; Whitehead L., Democratisation Theory and Experience, Oxford University Press, Schumpeter J.A., Capitalismo, socialismo e democrazia, Etas Kompass, Milano,

10 ampia della popolazione maschile e femminile e dalla possibilità di dissenso e opposizione. 8 Una definizione semplice ed essenziale che mette in risalto soprattutto la partecipazione e la possibilità di dissenso. La strada più sicura per la transizione ad una solida democrazia, secondo Dahl, passa per un allargamento solo graduale dei diritti politici, lasciando che la pratica della competizione e del dissenso si sviluppino da una ristretta minoranza alla maggioranza della popolazione. Possiamo quindi definire la democrazia come un sistema che consente: 1) una significativa ed estesa competizione tra individui e gruppi organizzati in gara per tutte le posizioni governative a intervalli regolari e senza l uso della forza; 2) un alto e inclusivo livello di partecipazione politica alle elezioni per la selezione dei leader attraverso elezioni libere e regolari, in modo che gli adulti non siano esclusi; 3) un livello di libertà civili e sociali (di stampa, di espressione, di associazione) sufficiente a garantire l integrità della partecipazione e della competizione politica. Tra gli autori contemporanei che più si sono occupati dello studio della democrazia, vi è sicuramente Giovanni Sartori il quale definisce la democrazia : un sistema etico-politico nel quale l influenza della maggioranza è affidata al potere di minoranze concorrenti che l assicurano attraverso il meccanismo elettorale. E ancora: È democratico il meccanismo che genera una poliarchia aperta la cui competizione nel mercato elettorale attribuisce potere al popolo e specificatamente impone la responsività degli eletti nei confronti dei loro elettori. 9 Per chi vede riduttiva la definizione di democrazia in base al parametro elettorale, la vera democrazia significa libertè, egalitè, fraternitè, ovvero, controllo effettivo dei cittadini sulla politica, governo responsabile, onestà, un sistema deliberativo razionale e alla luce del sole, eguale partecipazione al potere e altre virtù civiche. Ne consegue che un processo solamente elettorale, in un contesto culturalmente estraneo ai valori liberali, rischia di produrre e legittimare una democrazia senza democratici. In assenza di una vera cultura liberale, la via elettorale rischia, da sola, di legittimare vecchi e nuovi regimi, senza che la democrazia prenda piede; l acquisizione di un modello istituzionale non è sufficiente a garantire l introduzione della democrazia Dahl R., Sulla democrazia, Laterza, Roma-Bari, Sartori G., Democrazia cosa è, Rizzoli, Guolo R., L Islam è compatibile con la democrazia?,edizioni Laterza, Roma, 2007, pag

11 In altre parole, la prassi democratica è una questione molto delicata e per funzionare realmente deve essere sostenuta da un complesso e sofisticato apparato giuridico, organizzativo e amministrativo. Un altro grande studioso italiano, Norberto Bobbio, considera la democrazia caratterizzata da un insieme di regole che stabiliscono chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive e con quali procedure. 11 Secondo la sua visione, per democrazia si intende un insieme di regole, le cosidette Regole del Gioco, che stabiliscono il modo in cui debbono essere prese le decisioni vincolanti per tutti i membri della collettività. Di queste regole egli, sottolinea alternativamente due proprietà. La prima è quella di consentire la partecipazione dei cittadini alla formazione delle decisioni, mentre la seconda è quella di permettere la soluzione pacifica dei conflitti sia politici che sociali. Da questa distinzione, provengono le due definizioni della Democrazia che ricorrono nella sua opera. Egli definisce infatti la Democrazia sia come un insieme di regole che permettono la più ampia partecipazione alla formazione delle decisioni collettive, sia come un insieme di regole che consentono alle parti di risolvere i loro conflitti senza il ricorso alla violenza reciproca. 12 Per concludere è utile definire anche il concetto di democratizzazione. Con questo termine, ci riferiamo ai cambiamenti politici che si muovono in una direzione democratica. Un processo che porta dunque da un regime non democratico a uno democratico. 13 Possiamo distinguere i seguenti tipi di regime: democrazia liberale, democrazia parziale, democrazia diretta, democrazia partecipativa, autoritarismo, totalitarismo e regime tradizionale. Le differenze tra queste tipologie sono date dalle differenti caratteristiche appartenenti a due elementi: lo Stato e la società civile. Di seguito, sarà utile analizzare brevemente le caratteristiche di queste tipologie di regime. La liberal-democrazia è una forma di regime caratterizzata dal fatto che il potere decisionale non viene esercitato direttamente dal popolo ma vi è un principio di rappresentanza che funziona attraverso il meccanismo elettorale competitivo. Le democrazie parziali sono caratterizzate dal fatto che al loro interno vengono tenute delle elezioni, ma i militari o altri gruppi limitano l autorità del governo eletto o si assicurano che solamente certe forze e non altre possano vincere. 11 Bobbio N., Il Futuro della Democrazia, Einaudi, Torino, 1995, pagg Meaglia P., Bobbio e la democrazia. Le regole del gioco, Edizioni Cultura della Pace, Firenze, 1994, pag Huntington S., La terza ondata, Il Mulino, Bologna, 1985, pagg

12 La democrazia diretta è una forma di democrazia nella quale il cittadino non è obbligato a delegare il proprio potere politico, ma mantiene la possibilità di proporre e votare direttamente le leggi, conservando soprattutto la possibilità decisiva di modificare direttamente le regole del gioco (la Costituzione). La democrazia diretta è stata la prima forma di un governo democratico, affermatosi nel V secolo a.c. ad Atene. La democrazia rappresentativa è una forma di governo nella quale gli aventi diritto eleggono dei rappresentanti per essere governati (in contrapposizione alla democrazia diretta). Sono democrazie rappresentative le democrazie in cui è presente un Parlamento (assemblea legislativa). Le democrazie rappresentative si distinguono in democrazie parlamentari, se il parlamento ha i più ampi poteri, oppure presidenziali o semipresidenziali se il presidente della repubblica ha poteri abbastanza estesi da essere concorrenziali a quelli dell'assemblea legislativa. Sono democrazie rappresentative anche le monarchie costituzionali. I regimi non democratici non hanno competizioni elettorali né una diffusa partecipazione al voto. Un sistema autoritario si basa sulla presenza di un unico leader o di una oligarchia ristretta, sull assenza di partiti o su partiti-deboli, sulla mancanza di mobilitazione di massa, opta per una mentalità piuttosto che per una vera e propria ideologia, si affida a poteri costituzionali deboli, a un pluralismo limitato e senza alcuna responsabilità politica e non effettua alcun tentativo per riformare la società o la natura umana. 14 I totalitarismi sono caratterizzati dalla presenza di un unico partito guidato solitamente da un solo uomo e di una polizia segreta potente e capillare. A differenza del sistema autoritario, un regime totalitario ha un ideologia forte e tesa a disegnare una società ideale, un forte controllo governativo sui mezzi di comunicazione e su gran parte delle organizzazioni sociali ed economiche. I regimi tradizionali sono basati sul potere personale del sovrano, le cui decisioni arbitrarie non sono limitate da norme, né devono essere giustificate su base ideologica. Vi è un uso del potere in forme particolaristiche e per fini privati. In questo tipo di regime l esercito e la polizia svolgono un ruolo primario, mentre mancano le strutture di mobilitazione di massa quali i partiti. Un ruolo molto importante è svolto dalla religione che fa da background culturale del regime Ibidem, pagg Cotta M., Della Porta D., Morlino L., Fondamenti di scienza politica, Il Mulino, Bologna, 2004, pagg

13 1.2. I sistemi politici del mondo arabo Data la loro storia, in qualche modo sfaccettata, i popoli mediorientali sono stati considerati tendenzialmente contrari o incapaci di praticare quel tipo di politica competitiva e aperta che gli occidentali reputano essenziale per una democrazia funzionante. Così si è sviluppata nel corso degli anni una vasta letteratura interessata unicamente a capire il perché di questa situazione. 16 Gli studiosi che si sono interessati all argomento hanno sostanzialmente fatto leva sul cosiddetto eccezionalismo arabo o islamico, che sarebbe provocato dall esistenza di specifiche forze antidemocratiche, di natura religiosa o culturale; altre volte si è fatto ricorso ad argomentazioni più convenzionali, applicate generalmente a tutte le parti del vecchio mondo coloniale, forse più credibili ed aderenti alla complessa realtà politica del mondo arabo. Di seguito, sarà forse utile ripercorrere, seppur velocemente, il percorso storico dei sistemi politici degli Stati arabi contemporanei andando a ricercare le origini dell autoritarismo. I sistemi politici degli Stati arabi contemporanei sono frutto di un evoluzione storica che può essere divisa in quattro grandi fasi: la fase per le lotte della decentralizzazione e il costituzionalismo dell impero ottomano ( ); la fase della dominazione coloniale europea e della fondazione degli stati nazionali (dal 1830 in Nord Africa e dal 1920 in Medio Oriente); la prima fase di strutturazione dei regimi degli Stati indipendenti ( ) e la fase attuale di ristrutturazione dei regimi politici (dal 1980 in poi). 17 Nella seconda metà dell Ottocento i paesi arabi del Mashreq, all epoca provincie dell impero ottomano, hanno partecipato ai tentativi di modernizzazione dell Impero e alla breve stagione di decentralizzazione e costituzionalismo, sperimentando in questo modo alcune forme di liberalismo quali elezioni a suffragio maschile parziale e dibattito politico moderno sui nuovi mezzi di informazione a stampa. Nello stesso periodo, processi politici simili si svilupparono in Egitto e nei Paesi arabi del Maghreb, dove le dinastie locali guidavano un processo di modernizzazione culturale, politica ed economica che ha prodotto un progressivo ampliamento del 16 Owen R., Stato, potere e politica nella formazione del Medio Oriente moderno, Il Ponte, Guazzone L., op. cit., pagg

14 controllo dello Stato sul territorio e sulla società, fondato anche su nuove forme di rappresentanza politica improntate, in parte, al modello occidentale. Solo più tardi in tutti i paesi arabi sono emersi, nel Maghreb dal 1830 e nel Mashreq dal 1920, dei veri e propri Stati nazionali autonomi, dotati di sistemi politici modellati secondo gli interessi e le tradizioni delle potenze coloniali dominanti all epoca. Come sostiene Laura Guazzone nel suo saggio 18, i sistemi politici contemporanei dei Paesi arabi si sono strutturati all interno di una duplice dinamica storica: da un lato il progressivo trasferimento di potere dalle strutture tradizionali a quelle del moderno Stato nazionale, dall altro il condominio di potere tra le élite locali arabe e le élite coloniali europee. Il nazionalismo arabo fornì il sostegno ideologico necessario alla prima fase di strutturazione degli Stati nazionali arabi, giustificando la necessità di accentramento del potere dello Stato nel nome di progresso e modernità. Il nazionalismo ha successivamente legittimato, prima la ribellione delle elite locali contro la dominazione europea, e poi la repressione di tutti quei gruppi che rivendicavano autonomia dal potere centrale mettendo in discussione i regimi neoindipendenti. Owen sostiene che è possibile parlare di Stato mediorientale moderno, poggiato su basi socio-economiche simili a quelle occidentali, quali ad esempio l urbanizzazione, ma allo stesso tempo, egli afferma che questo non deve far dimenticare che si tratta di Stati formati in condizioni storiche ben diverse da quelle europee nelle quali lo stesso concetto è nato, e che questo può spiegare il perché della diversa relazione tra Stato e cittadini. 19 La maggioranza dei paesi arabi che ha acquisito la piena sovranità tra gli anni 30 e 50 ha conosciuto una crisi di crescita post-indipendenza, caratterizzata dalla lotta per il potere tra vecchie e nuove élite, cresciute in seguito alla modernizzazione, che aveva permesso l accesso alle cariche statali a nuovi gruppi sociali. Questa lotta per il potere nei nuovi Stati nazionali arabi ha seguito delle traiettorie diverse da paese a paese ma, sostanzialmente, ha avuto due esiti principali: in un primo gruppo di paesi le nuove élite, guidate dai giovani ufficiali dei nuovi eserciti nazionali, hanno instaurato regimi repubblicani di ispirazione socialista; in un secondo gruppo di paesi, il conflitto di cui sopra, è stato composto dall intervento del 18 Ibidem pag Owen R., op. cit. pag

15 monarca ed ha prodotto regimi monarchici conservatori, di tipo tradizionale nel Golfo e costituzionali altrove. I sistemi politici istituiti nei paesi arabi dopo l indipendenza sono stati inquadrati in due tipologie principali: Sistemi a partito unico o dominante (Algeria, Tunisia, Egitto, Sudan, Siria, Iraq, Libia, Yemen e Libano); Sistemi delle monarchie familiari (Marocco, Giordania, Arabia Saudita e altri stati della penisola araba). Storicamente questi due tipi di sistema hanno finito per assomigliarsi molto, soprattutto perché hanno sempre condiviso patrimonialismo e statalismo, le due modalità essenziali dell esercizio del potere che, come vedremo di seguito, hanno sinora caratterizzato la politica nei paesi arabi contemporanei. Il patrimonialismo è una modalità tradizionale di esercizio del potere comune a diversi paesi soprattutto mediorientali, mediterranei e latino-americani. Questa modalità politica garantisce un funzionamento distorto degli apparati politici e amministrativi. E la struttura stessa della società che contribuisce a porre, dal basso, una domanda di pratiche neopatrimoniali alle classi politiche. 20 Nel sistema patrimoniale le risorse politiche ed economiche non sono oggetto di diritti, ma considerate un estensione del patrimonio personale del leader e accordate dallo stesso leader supremo ai cittadini clienti e vicini alla famiglia nazionale; si arriva così alla perdita della distinzione tra ciò che è pubblico e ciò che è privato, con l emergere della predazione sistematica delle risorse statali. Il sistema patrimoniale è interamente costruito sull accentramento del potere effettivo nel leader supremo, presidente o monarca che sia (in arabo: ra is, amir/malik), che a suo piacimento può delegarlo temporaneamente ai membri della famiglia di sangue o a famiglie associate. A sua volta ciascun leader subalterno può delegare una parte dal suo potere ai suoi prossimi, andando così a creare delle complesse reti clientelari. Nel Medio Oriente, la vita politica è stata dunque caratterizzata da forti reti clientelari che hanno avvolto l intera società, coinvolta in prima persona, all interno delle organizzazioni formali o informali create per mantenere questo genere di legame. Una situazione del genere non può che costituire un freno sostanziale ad ogni evoluzione in senso democratico. 20 Carbone G., L Africa. Gli stati, la politica, i conflitti, Il Mulino, Bologna

16 Lo statalismo, la seconda modalità che ha lungamente caratterizzato l esercizio del potere nei paesi arabi contemporanei, consiste nel ruolo centrale dello Stato nell economia e nella politica nazionale; lo statalismo è una moderna modalità politica, tipica degli Stati nazionali che, come le ex colonie arabe, hanno dovuto affrontare una fase di modernizzazione accelerata. Poiché è stata una modalità politica comune a tutto il mondo dopo la seconda guerra mondiale 21, non si può parlare di eccezionalità del mondo arabo. Tuttavia, quello che caratterizza il mondo arabo sotto questo aspetto è la penetrazione da parte dello Stato in ogni settore della vita pubblica e privata. Questa espansione dei poteri dello Stato, che ha caratterizzato la maggioranza dei paesi arabi nel periodo post-indipendenza, ha fatto dello stesso apparato statale la principale fonte di occupazione e di produzione e il regolatore di tutte le attività economiche e sociali, favorendo così, grazie alle prevedibili dinamiche innescate, l autoritarismo e la personalizzazione del potere, convergendo inevitabilmente e pericolosamente con il patrimonialismo. Si è sviluppato, grazie allo statalismo, un insieme di politiche autoritarie di incorporazione sociale, che hanno portato al controllo di magistratura, istruzione, informazione e organi di partecipazione politica, come partiti, sindacati ed associazioni e, per assicurare la soppressione della dissidenza politica, sono stati definiti ampi apparati di sicurezza, controllati da esercito, polizia e servizi segreti. 22 Sotto il velo di questo diffuso patrimonialismo, statalismo e influenze di tipo autoritario, tutti i sistemi politici arabi contemporanei hanno tuttavia conosciuto al loro interno meccanismi di partecipazione e rappresentanza d una pluralità di opinioni e interessi politici. Il sistema di rappresentanza politica prevalente nella maggioranza dei paesi arabi è il parlamentarismo costituzionale che prevede, per quanto su detto, il configurarsi di autoritarismi egemonici e competitivi; al contrario, in una minoranza di Paesi, i meccanismi di rappresentanza si fondano su assemblee non elettive di notabili, come in Arabia Saudita ed altre monarchie della Penisola, o comitati popolari, nel caso della Libia. 21 Questo coinvolgimento dello Stato nella gestione dello sviluppo economico, in Occidente ha preso la forma di politiche economiche keynesiane. 22 Guazzone L., op. cit., pag

17 Tuttavia, tutti i paesi arabi che hanno adottato sin dall indipendenza il parlamentarismo costituzionale, hanno conosciuto una sorta di alternanza non lineare tra monopartitismo, pluripartitismo e periodi di sospensione della vita parlamentare. A dimostrazione della diversità di traiettorie seguite dai diversi regimi, tra il 1950 e il 1970, in Egitto, Siria, Iraq, Sudan si è passati dal pluripartitismo al monopartitismo; in Tunisia e Algeria è avvenuto il passaggio contrario, ovvero, dal monopartitismo ad un pluripartitismo molto controllato; nello stesso periodo i sistemi monarchici hanno sperimentato in Marocco il passaggio dal pluripartitismo al pluripartitismo controllato e, in Giordania, il passaggio dal pluripartitismo alla sospensione della vita parlamentare; questa alternanza tra fasi di liberalizzazione e deliberalizzazione è un fenomeno che continua ancora oggi L eccezionalismo del mondo arabo Il Medio Oriente è considerato un eccezione rispetto a paesi dell America Latina, dell Europa del sud e di quella dell est, e in genere dell Asia e parte dell Africa la cui storia recente è stata caratterizzata da un ondata di democratizzazioni a partire dagli anni Ottanta; i popoli mediorientali, come già detto, sono considerati o contrari o incapaci a far funzionare un sistema basato su pratiche democratiche. 24 Gli studi che hanno tentato di spiegare il perché, hanno fatto soprattutto leva su un presunto eccezionalismo arabo o islamico, che sarebbe effettivamente provocato dall esistenza di specifiche forze antidemocratiche di natura religiosa o culturale. L eccezionalismo si basa essenzialmente sulla convinzione di una incompatibilità culturale e religiosa araba e di una sostanziale arretratezza diffusa che impedisce alla popolazione di staccarsi da pratiche sociali e politiche tradizionali. Altra questione è la presunta incompatibilità tra islam e democrazia; come si vedrà in seguito il prolifico dibattito tra gli studiosi occidentali e arabi mette in evidenza come ci sia una straordinarietà di forme e posizioni diverse all interno del mondo islamico, dipendenti dal contesto storico. 23 Ibidem, pag Owen R., op. cit. pag

18 Di seguito, analizzando le divergenti teorie sull argomento si cercherà di capire se si può parlare davvero di eccezionalismo del mondo arabo e se sia ancora il caso di perdersi in annosi dibattiti sulla compatibilità tra islam e democrazia. L analisi dello sviluppo della democrazia nei Paesi arabi deve preliminarmente tenere conto di quattro elementi fondamentali, peraltro saldamente intrecciati tra loro: i condizionamenti geografici e ambientali, il ruolo dell islam, il peso delle minoranze arabe e/o non islamiche, i mutamenti indotti dalla colonizzazione e dalla modernizzazione occidentali. 25 L interessante lavoro della studiosa Eva Bellin 26 parte chiedendosi appunto perché il Medio Oriente e l Africa del Nord siano rimasti così singolarmente resistenti alla democratizzazione. La Bellin nota che, mentre il numero delle democrazie elettorali, a livello mondiale, è quasi raddoppiato dal 1972 a oggi, in questa regione ha registrato un declino assoluto. Oggi soltanto due su ventuno paesi del Medio Oriente e dell Africa del Nord possono essere qualificati come tali, ovvero, Libano e Turchia, gli unici Paesi a multipartitismo reale. La cause sarebbero rintracciabili in carenze interne alla regione presa in esame. Innanzitutto, sostiene la studiosa, la società civile è troppo debole per sostenere la democrazia, i sindacati sono strutture vuote e le associazioni non governative mancano di una base locale credibile. La debolezza della vita associazionistica ritarda lo sviluppo di un potere che faccia da contrappeso all interno della società e che possa così forzare lo Stato ad essere maggiormente responsabile di fronte alle preferenze popolari. Questa debolezza riduce le occasioni utili, affinché i cittadini partecipino alla vita pubblica e impedisce lo sviluppo di una cultura civica, presupposto essenziale della democrazia, così come intesa in Occidente. In secondo luogo, i posti più importanti dell economia rimangono in gran parte in mano dello Stato e il settore pubblico continua a rappresentare una parte importante di occupazione, inibendo la capacità di sviluppare un potere autonomo in contrapposizione al potere statale. La Bellin continua spiegando che un'altra causa di questo ritardo andrebbe ricercata nell estrema povertà della popolazione, nel diffuso analfabetismo e in elevati livelli 25 Alberti L., Mondo arabo e democrazia: l eredità storica in: Collotti Pischel E., La democrazia degli altri, FrancoAngeli, Milano, Bellin E., The Robustness of Authoritarianism in the Middle East, in Comparative Politics, January

19 di sperequazione di risorse; in questa situazione la popolazione non darebbe priorità all impegno civico utile alla riforma democratica. Infine viene richiamato il prevalere nella regione di una cultura specificatamente islamica, come causa frenante del cammino verso la democrazia. In breve, il Medio Oriente e l Africa del Nord difetterebbero, secondo l autrice, dei requisiti preliminari necessari alla democratizzazione. Però nessuna di queste spiegazioni, come ammette la stessa studiosa, può soddisfare e servire a spiegare il presunto eccezionalismo del mondo arabo. Infatti il Medio Oriente e l Africa del Nord non sono in nessun modo unici nella loro mancanza di questi prerequisiti preliminari della democrazia. La società civile è notoriamente debole in Africa subsahariana, tuttavia 23 paesi su 42 hanno effettuato una certa transizione democratica tra il 1988 ed il Gli alti comandi dell economia erano interamente sotto controllo statale in Europa Orientale prima della caduta del muro di Berlino, tuttavia la vasta maggioranza dei Paesi in questa regione ha realizzato con successo la propria transizione democratica. La povertà e la disuguaglianza erano fortemente presenti in India, Isole Mauritius e Botswana, ma questo non ha impedito loro di abbracciare la democrazia. Per quanto riguarda l aspetto relativo alla cultura e alla religione, bisogna ricordare che altre culture del mondo, specificatamente il cattolicesimo ed il confucianesimo, anche se in tempi differenti, sono state accusate di incompatibilità con la democrazia, ma ciò nonostante, queste dotazioni culturali non hanno ostacolato il processo di democratizzazione in paesi dell America Latina, del Sud Europa e dell Asia orientale. Le cause vanno ricercate nella politica in sé e non nella cultura araba in quanto tale. Molti Stati arabi contemporanei hanno confini relativamente nuovi ed arbitrari poiché, come vedremo in seguito, sono stati staccati dall impero ottomano e occupati come colonie europee; 27 inoltre, dopo il periodo di colonizzazione, si sono spesso trovati in una posizione di dipendenza dall Occidente, sia a livello economico che culturale. Secondo la Bellin, l eccezionalità del Medio Oriente e dell Africa del Nord, non va ricercata tanto nell assenza di prerequisiti minimi di democrazia, quanto nelle circostanze che promuovono un apparato coercitivo particolarmente robusto e politicamente tenace. 27 Alfred Stepan, An arab more than muslim electoral gap, Journal of Democracy, Volume 14, Number 3, July 2003, pagg

20 Ad esempio, le preoccupazioni occidentali di sicurezza nella regione garantiscono un continuo supporto internazionale ai regimi autoritari in Medio Oriente e Africa del Nord anche dopo la guerra del Golfo; negli anni 90, quando la questione della democrazia diveniva rilevante nelle scelte e nei dibattiti politici del mondo arabo, i Paesi occidentali in prevalenza sceglievano di sostenere ancora i regimi autoritari arabi contro i loro oppositori. Anche dopo l 11 settembre 2001 e l inizio della guerra globale al terrorismo, il sostegno occidentale alle dittature nel mondo arabo è continuato se non aumentato. 28 La forza di questi apparati coercitivi è garantita anche dalla già citata prevalenza di pratiche patrimoniali o neopatrimoniali e, in molti casi, grazie ai proventi del petrolio e ai già citati aiuti internazionali, dalla possibilità di contare su ingenti finanze pubbliche, utili per finanziare gli apparati militari. In particolare il patrimonialismo conferisce un certo numero di vantaggi ai regimi autoritari rendendoli particolarmente resistenti alla riforma democratica. In pratica, dove l apparato coercitivo rimane intatto e per questo contrapposto alla riforma politica, la transizione democratica resta di difficile applicazione. In definitiva, lo studio appena richiamato della Bellin cerca di descrivere l assenza di democrazia nel mondo arabo guardando ad una serie di variabili che tutte insieme permetterebbero la nascita e il mantenimento di un forte apparato coercitivo, visto come causa primaria dell assenza di principi democratici; poca importanza viene data alla particolarità culturale e religiosa dell area. Anche Laura Guazzone si chiede quali siano i fattori che spiegano il permanere dell autoritarismo nel mondo arabo, ponendo l accento sull importanza degli interventi politici ed economici internazionali nel mondo arabo; tali fattori hanno giocato spesso come un freno nello sviluppo politico dei regimi arabi contemporanei. Si sarebbero infatti sovrapposti gli esiti prima della manipolazione della competizione politica d epoca coloniale e poi della modernizzazione difensiva d epoca post-indipendenza, mirata a contrastare l ingerenza dei paesi più sviluppati e a prevalere nei conflitti regionali, i cui esiti sono stati significativamente influenzati dall intervento internazionale (basti pensare all annoso conflitto arabo-israeliano e alle guerre del Golfo). 28 Guazzone L., op. cit., pag

21 In epoca post-coloniale gli interventi sono stati sia indiretti che diretti, come nel caso dell intervento franco-britannico-israeliano antiegiziano del 1956 o dell intervento dei paracadutisti inglesi nel 1958 a difesa del trono di re Hussein di Giordania. L eredità coloniale e l esposizione ai conflitti egemonici internazionali non è una caratteristica esclusiva dei Paesi arabi e il ruolo dei fattori internazionali potrebbe non spiegare perché proprio il Medio Oriente sia l unica regione, da un punto di vista formale, non in via di democratizzazione. Tuttavia non bisogna dimenticare che l intensità degli interventi in Medio Oriente è unica: se si prendono come riferimento i soli interventi militari, dalla seconda guerra mondiale ad oggi la frequenza e l entità degli interventi militari occidentali in Medio Oriente non ha eguali in nessun altra regione del mondo. Un altro fattore importante, messo in evidenza dalla Guazzone, sarebbe lo scarso ruolo dei leader e delle élite del mondo arabo, al potere e all opposizione, che, individualmente e collettivamente, si sono spesso dimostrate incapaci di cogliere le opportunità di sviluppo politico verso la democrazia che si sono via via presentate. 29 La studiosa fa l esempio di Egitto ed Algeria dove, quando il multipartitismo è stato ripristinato negli anni 80, le forze politiche laiche d opposizione non sono state capaci di divenire rappresentative delle domande sociali di base, lasciando al regime una posizione di dominio, senza peraltro integrare nel gioco politico istituzionale la componente moderata dei movimenti islamici, unica vera forza politica popolare e anti-sistema emersa nel panorama politico arabo dell ultimo ventennio. Forse una loro effettiva partecipazione al multipartitismo nella seconda metà degli anni 80 avrebbe permesso di evitare la radicalizzazione ed i funesti cicli di terrorismo-repressione-terrorismo che hanno caratterizzato l Egitto e l Algeria negli anni 90. L autoritarismo nei paesi arabi è quindi, il frutto di molte responsabilità e variabili ed il cammino per superarlo resta complesso. Owen, dal canto suo, mette in guardia su come, per comprendere la situazione del deficit democratico in Medio Oriente, bisogna in pratica abbandonare la tentazione di rintracciare l esistenza o l assenza di fattori che operino in Medio Oriente e non nelle altre parti del mondo in via di sviluppo. 30 Owen mette da parte le cosidette particolarità mediorientali, affermando che il Medio Oriente è più semplicemente un particolare esempio di processi politici generali 29 Guazzone L., op. cit., pag Owen R., Stato, potere e politica nella formazione del Medio Oriente moderno, Il Ponte,

22 comuni a tutti i Paesi in via di sviluppo. Egli sostiene che nel post-indipendenza raggiunto da alcuni Paesi del Medio Oriente dopo la seconda guerra mondiale, e nel resto dei Paesi che hanno sperimentato la colonizzazione, si sono verificate le medesime dinamiche. Le opposizioni nazionaliste al regime coloniale non si sono dimostrate abbastanza forti da garantire regimi stabili. L instabilità è, secondo Owen, un prodotto dell espansione del potere della burocrazia centrale e delle forze di sicurezza. Il problema per tutti i nuovi governi fu sicuramente quello di controllare tutti i cittadini ed ottenerne l obbedienza. Essi dovevano confrontarsi con condizioni di analfabetismo, estrema povertà e divisioni sociali, culturali e religiose. Tutti problemi difficili da affrontare con delle strutture statali locali prive di coesione e molto fluide e con strutture burocratiche frammentate ed altamente politicizzate. Tutta l area mediorientale ha presentato come tratto comune una struttura di potere costituita da un alleanza tra notabili e professionisti legati ad Inglesi e Francesi. L assenza di una classe indipendente ha creato dunque una notevole instabilità che ha aperto la strada ai numerosi colpi di Stato che caratterizzarono la storia di quel periodo. La base di questa esperienza quasi-democratica era insomma resa debole dalla combinazione ai vertici di notabili, proprietari terrieri e capi tribù. Una combinazione che portò a una politica di forte clientelismo in cui i notabili promuovevano politiche a favore di se stessi e dei loro clienti (le tribù per esempio) piuttosto che dei lavoratori urbani e delle altre classi svantaggiate. Laddove esistevano assemblee elette, queste erano dominate dai notabili e dai loro rappresentanti. Nella sua analisi Owen sostiene che dunque proprio il loro dominio, il malcostume elettorale e una popolazione poco alfabetizzata e rurale resero molto difficile il consolidarsi di pratiche politiche democratiche. Motivi quali la necessità del mantenimento della sicurezza dopo il ritiro delle potenze coloniali e del controllo del territorio nazionale, la volontà di utilizzare lo Stato per la promozione di vasti programmi di sviluppo di fronte al fallimento del settore privato, hanno spinto le prime esperienze del dopo-indipendenza alla creazione di imponenti apparati statali. Crebbe la burocrazia, l esercito, la polizia, le imprese pubbliche e crebbe sia in quegli Stati che dopo l indipendenza presero la strada di regimi autoritari a partito unico, sia in quelli soggetti all autorità di un monarca o di una famiglia regnante. 21