ESTER DI RIENZO Psicoterapeuta

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1 ESTER DI RIENZO Psicoterapeuta Ringrazio per l opportunità di inserirmi in un discorso così importante come quello dell incrocio dell aspetto giudiziario con gli aspetti affettivi nelle situazioni di affido o adozione. Riprendendo la riflessione della presidente Serafini sul numero troppo alto di bambini che ancora sono in casa-famiglia e sul fallimento del progetto di dare ad ogni bambino una famiglia, posso confermare che è molto vero e che purtroppo è avvenuto quanto da lei segnalato. Nel mio lavoro come psicoterapeuta in un servizio pubblico, il Centro Aiuto al bambino maltrattato e alla famiglia del comune di Roma, incontro molti minori che appartengono alle fasce più deboli, sono i minori traumatizzati per i quali sono in corso procedure giudiziarie che li coinvolgono sia come presunta vittima, sia perché in attesa di procedimenti che definiscano la decadenza o meno della potestà genitoriale. Bambini che per essere protetti vengono inseriti in casa-famiglia quando sono ancora piccoli e vi possono trascorrere molti anni in attesa della conclusione degli iter che li riguardano. La situazione che emerge è la seguente: I bambini adottabili sono molto meno dei genitori aspiranti adottivi. I bambini che hanno bisogno e desiderano una famiglia sono molti più di quelli adottabili. Questi bambini di fatto non possono aspirare all adozione e rimangono senza genitori. I genitori aspiranti adottivi in esubero rimangono senza figli. Il desiderio di famiglia non si realizza. I bambini di cui parlo sono quelli che provengono da storie familiari drammatiche di abuso e/o maltrattamento e sono quasi sempre coinvolti in procedimenti giudiziari, che li vedono nella veste di vittima, ma anche di figlio reclamato. Le conseguenze sono che molto spesso per questi bambini le decisioni si bloccano: a volte è il tribunale minorile che sospende le decisioni sulla potestà in attesa degli esiti del tribunale penale, altre volte le opposizioni dei genitori naturali scatenano battaglie giudiziarie che si protraggono per anni. I bambini nel frattempo crescono e devono fare i conti prima con la loro storia familiare di maltrattamenti e poi, se grazie ad un aiuto terapeutico e alle cure di una buona casa-famiglia hanno maturato il desiderio di una buona famiglia, devono fare i conti con l impossibilità di ricevere legami sicuri. Per loro spesso c è l istituzionalizzazione o l affido, non l adozione. L adozione risponde a due desideri, quello del bambino di essere figlio e quello di padre e madre di essere genitori. E la realizzazione perciò di bisogni profondi, che vengono ascoltati e realizzati grazie agli adulti, che con grande pazienza e volontà seguono percorsi a volte troppo lunghi e difficili. Solo il desiderio dà la forza e l entusiasmo di andare avanti e mi sembra che la lunga gravidanza a cui i genitori aspiranti adottivi si sottopongono equivalga ad una sorta di training, che li unisce nel progetto di affiliazione. Diverso è il percorso degli aspiranti affidatari, e forse non egualmente formativo se dobbiamo basarci sull alta percentuale di interruzione degli affidi e lo scarso numero di aspiranti.

2 Formulo una proposta espressa anche dal Coordinamento italiano servizi contro il maltrattamento e l abuso all infanzia-cismai: che tutti i percorsi giudiziari che riguardano i minori abbiano una corsia preferenziale, che preveda tempi e tutele diversi dalle procedure che riguardano invece gli adulti. Altrimenti il risultato è esattamente il limbo che è stato nominato dal professor Fadiga e cioè una situazione di stallo in cui i bambini sono posizionati in attesa dei decreti che possono giungere anche dopo 10 anni. La corsia preferenziale consentirebbe che i procedimenti che hanno appunto per oggetto un minore abbiano dei tempi più consoni ai bisogni dei bambini. Le case-famiglia sono ancora piene di bambini ed anche la migliore casa-famiglia non risponde alle esigenze di famiglia del bambino, al suo bisogno di ricostruire legami significativi ed individualizzati. Avviene che proprio i bambini più sofferenti e traumatizzati si trovino invece in situazioni giudiziarie che ne sospendono la scelta sull appartenenza alla famiglia di origine ma non consentono la creazione di un altra appartenenza. Per questi bambini che cosa si apre rispetto al discorso affido o adozione? Molto spesso dopo una permanenza in casa-famiglia si prova la strada dell affido, strumento di aiuto molto complesso. L affido è un istituto decollato diversamente dalle aspettative, nonostante i grandissimi sforzi di tutti gli operatori che investono molte energie affrontando una molteplicità di difficoltà: il problema del sottonumero, della grande quantità di casi, delle difficoltà nelle interazioni tra mondo giudiziario, famiglia di origine e famiglia affidataria. Facendo i conti con queste realtà le famiglie affidatarie si trovano davanti ad un compito immane che molto spesso purtroppo fallisce e i bambini vengono rimandati al mittente. Inoltre l affido parte con una previsione di tempi di 2 anni che poi possono essere rinnovabili, ma nella maggioranza delle situazioni più drammatiche, in cui quindi il bisogno dei bambini è di avere delle garanzie, l affido è sine die. Nella previsione di sine die la valutazione sui genitori è stata una valutazione di irrecuperabilità permanente, ma il bambino mantiene quasi sempre il legame con i genitori naturali e al tempo stesso viene inserito in una famiglia affidataria. Questa è una pretesa enorme che richiede un investimento di energie concrete e anche psichiche molto grandi non essendoci nessuna garanzia né per il bambino né per la famiglia affidataria, che viene investita di gravose richieste. A oggi la famiglia affidataria ha difficoltà a trasformarsi se lo desidera in famiglia adottiva, mentre in molti casi il minore non sarebbe costretto a interrompere la relazione, ad avere una cesura con un legame affettivo molto importante. Vorrei sottolineare l importanza del collegamento tra l incrocio clinico e quello emotivo, affettivo della vita dei bambini e quindi credo che la legislazione potrebbe fare moltissimo in tal senso e che l istituto dell affido vada rivisto. Per esempio nella mia esperienza clinica incontro in terapia familiare situazioni di famiglie adottive in cui è abbastanza facile risolvere una problematica, mentre le situazioni di affido sono più difficilmente risolvibili e non pochi sono i bambini tornati indietro, cioè riconsegnati ai Servizi dagli affidatari. L intervento di aiuto che, rispetto alle famiglie adottive, è necessario in alcuni casi, è richiesto quasi sempre nelle situazioni di affido. L affido presenta infatti problematiche importanti, legate ad una mobilitazione di energie psichiche oltre che materiali, che devono essere spese senza che vi siano né per gli adulti, né per i minori garanzie sufficienti. Se infatti l adozione implica la forza di un legame, l affido è privo di questa forza ed anzi risente della fragilità derivante dall incertezza. Ho visto purtroppo numerosi affidi fallire e i bambini rispediti al mittente, soprattutto quando dopo molto tempo, anche

3 diversi anni, cresce l insoddisfazione per una prolungata situazione di stallo senza alcuna speranza di poter trasformare il rapporto ed essere rassicurati del perdurare del legame, quando le difficoltà si prolungano e nell adolescenza si evidenziano. Ci si riferisce a tutte quelle situazioni, e sono davvero tante, in cui l affido non si conclude entro i due anni previsti, ma si prolunga senza trasformarsi perché ad esempio i genitori naturali non sono in grado di prendersi cura dei loro figli, né è ipotizzabile lo diventino in un tempo ragionevole per i bisogni dei figli, ma al tempo stesso non c è una procedura di adottabilità o, se c è, implica il distacco dalla famiglia affidataria. La precarietà viene sofferta dai bambini come dagli adulti e l interruzione del rapporto diventa un meccanismo difensivo. Riflettendo sulla preparazione delle coppie e su eventuali indicazioni utili a migliorare i due percorsi, ritengo il percorso di valutazione un occasione di crescita che fa parte della gravidanza psicologica della coppia e può rivestire anche carattere di formazione. Nella mia esperienza i genitori adottivi risultano meglio preparati rispetto a quelli affidatari ad affrontare le difficoltà e a confrontarsi con il divario tra aspettative idealizzate e realtà. E un paradosso che la valutazione e quindi la selezione delle coppie e/o dei single che aspirano all affido, istituto per sua natura più complesso di quello adottivo, sia di fatto meno formativa e sicura ed esponga così le famiglie affidatarie a maggiori delusioni. Per i tanti bambini che si trovano in situazioni di stallo, cioè impossibilitati a vivere nella propria famiglia di origine e in attesa di un provvedimento definitivo di adottabilità, per i bambini che mantengono un forte legame con i loro genitori, quando la loro identità è legata anche alle relazioni familiari che non vanno sacrificate e per i genitori che si sentono di affiliarseli la strada potrebbe essere un altra: i genitori affidatari potrebbero percorrere la stessa procedura delle coppie aspiranti adottive e ricevere informazioni che li preparino a mentalizzare il significato degli eventi traumatici per il bambino; l affido potrebbe rappresentare la prima tappa e trasformarsi in adozione, (impossibile in certe fasi, ma possibile successivamente). Nei casi in cui si valuta che uno o entrambi i genitori biologici, pur non essendo adeguati come genitori a tempo pieno, possono riconoscere il bene che deriva al figlio dall essere adottato e sia positivo per il figlio mantenere un rapporto con loro attraverso incontri protetti, potrebbe essere opportuna la formula dell adozione mite. Vanno anche previste le situazioni in cui nessuno dei genitori è idoneo a mantenere un rapporto, se pure protetto col figlio, e il bambino va aiutato ad elaborare il lutto della separazione e della perdita prima di andare in adozione. Tutte le iniziative che prevedono una certa flessibilità ed un utilizzo del sistema dell affido con possibilità di diventare poi adottivo quando si è creato un legame forte con la famiglia affidataria vanno agevolate. Rispetto al percorso di formazione sottolineo come sia un paradosso che i genitori che sono formati per l affido seguano un percorso meno importante di quello dei genitori adottivi quando è nelle situazioni di affido che si incontrano notevoli difficoltà. I genitori adottivi sono più preparati, grazie anche all articolato percorso di preparazione e riescono anche a sopportare quelle lunghe attese di cui parlava la dottoressa Cavallo che sono veramente estenuanti. Arrivano all adozione più attrezzati mentre i genitori affidatari lo sono di meno per cui sarebbe opportuno unificare i due percorsi, in modo tale che i genitori affidatari, qualora il bambino poi fosse dichiarato adottabile, potessero acquisire una genitorialità riconosciuta da un punto di vista giudiziario, senza creare un altra rottura nel legame col minore. Tutto ciò che

4 riguarda l adozione aperta mi trova assolutamente d accordo, un adozione aperta e un diverso utilizzo dell istituto dell affido potrebbero forse risolvere anche il problema della grandissima disparità che esiste tra il basso numero di bambini adottabili e l alta richiesta, perché tutta la fascia di minori gravemente traumatizzati e bisognosissimi e desiderosi di famiglia potrebbero essere più adeguatamente aiutati attraverso una strada che passa per l affido, con una prospettiva di riconoscimento giuridico nella possibile trasformazione in adozione. Inoltre per il genitore affidatario sapere che può diventare anche genitore, ha dei doveri, ma acquisisce anche dei diritti, favorisce la creazione e il rispetto del legame col minore e il bambino sente di essere più affiliato mentre la certezza di un interruzione nel legame non ne favorisce l appartenenza. Attraverso l adozione aperta o una diversa configurazione dell affido l abbinamento del desiderio del bambino di essere figlio e quello delle coppie di essere genitori potrebbero trovare una strada per essere accolti. Vi rassegno alcune storie che esemplificano bene questo assunto. Anna è una bambina italiana di 5 anni, che ha trascorso gli ultimi 3 in casa-famiglia e da un anno è in una famiglia affidataria che ha già una figlia adottiva di 11 anni. La bambina è figlia di due genitori separati ed ha sempre mantenuto il rapporto con ognuno di loro attraverso incontri quindicinali. Nel corso di una CTU si valuta la grave inadeguatezza di un genitore, che ha effetti devastanti sulla bambina quando la incontra. L altro genitore viene ritenuto idoneo a stare con la figlia per un tempo limitato, con comprensibili vantaggi per la bambina. Questo genitore riesce a riconoscere i propri limiti ed ha già dimostrato durante l anno di affido, di apprezzare e mostrare riconoscenza verso chi si prende cura di sua figlia. E possibile strutturare un progetto condiviso con gli affidatari, i servizi e il genitore parzialmente idoneo affinché la bambina sia dichiarata adottabile, auspicando che ciò sia possibile per la stessa coppia che l ha in affido e che è disponibile all adozione ed anche che la bambina mantenga il rapporto col padre attraverso l interpretazione dell adozione mite. Lucy ha 10 anni, è ecuadoriana e vive da un anno in casa-famiglia, col consenso della madre, genitore unico gravemente cardiopatica. La situazione della bambina era stata segnalata per maltrattamenti fisici e psicologici da parte materna. Lucy, che incontra la madre settimanalmente in modo protetto, ha elaborato e aspira a vivere in una famiglia con dei fratelli, ma al tempo stesso desidera continuare a vedere la madre, che a sua volta aderisce ad un progetto adottivo che le permetta di vedere periodicamente la figlia. Madre e figlia sono pronte per un'adozione aperta che segua la regola dell affido per quel che riguarda la prosecuzione del legame col genitore. La legge lo è? Michela compie 18 anni ad agosto, vive in casa-famiglia da quando ne ha 11 ed ha denunciato di aver subito abusi intrafamiliari. Da allora è stata in una buona casa-famiglia e c è stato il prolungamento della tutela oltre i 18 anni fino ai 21. Ha mantenuto il rapporto con la madre con una visita mensile in situazione protetta e desiderava, dopo aver elaborato il trauma subito, crearsi nuovi legami familiari. Era pronta per un adozione, ma non c erano i presupposti giuridici. Sono stati tentati due affidi che sono entrambi falliti. Questa ragazza intorno ai 12 anni era pronta per un adozione in una famiglia che avrebbe dovuto conoscere la sua storia e avrebbe dovuto anche garantirle il mantenimento del legame con la madre, ma al tempo stesso una famiglia in cui creare appartenenze e legami giuridicamente validi. In questo, come in altri casi, l affido si è rivelato inadeguato per il

5 senso di precarietà, la formula dell adozione aperta avrebbe potuto rispondere al bisogno di famiglia di Michela come a quello di molti minori.