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1 I Quello che aveva visto, Incoronata non l aveva detto ancora a nessuno. E chi ci poteva credere? Nemmeno lei ci credeva, a quello che aveva visto. Figuriamoci dirlo a qualcuno. E poi, dirlo a chi? Al suo povero nipote forse? Ma per l amordiddio no, che vergogna! Incoronata ci pensava giorno e notte, notte e giorno. Ma non veniva a capo di niente. Ah, se quella mattina non fosse andata là sopra! Da quella svergognata. Invece, poi uno dice il destino, era andata da quella lì proprio quel giorno, lei, che non disturbava mai nessuno, che se non la chiamavano, mai si presentava a casa della gente. Invece proprio quella mattina si era detta: beh, oggi voglio andare a trovare il bambino, che non lo vedo da tre giorni. Così si era infilata la camicetta bianca, la gonna marrone con la piega davanti e le scarpe nere col tacco comodo. Prima di uscire aveva messo nella borsa il vasetto di marmellata per il bambino e, dopo aver accostato le imposte del balcone, era scesa per le scale e si era incamminata verso la casa di suo nipote. Faceva molto caldo. Un caldo insopportabile e azzeccoso che avrebbe schiantato chiunque, ma non lei, Incoronata Nigro, che, a ottant anni da poco compiuti, quella benedetta mattina se ne andava in giro per il paese, tagliando l aria irrespirabile col suo tuppillo di capelli castani. 7

2 Rosaria Tenore In tanti anni non aveva mai cambiato pettinatura. Aveva gli stessi capelli di quando era giovane, più radi adesso e con qualche ritocco di tinture domestiche. Perché devo arricchire i parrucchieri quando me li posso tingere a casa mia?, diceva sempre a quelli che le consigliavano di spendere di più per se stessa, che tanto i soldi non le mancavano. Ma lei, niente. Dritta come un rastrello non li stava neanche a sentire e faceva quello che le pareva. Non devo dare conto a nessuno, diceva sempre. E dopo che sono morta e precata, la proprietà e i soldi alla Posta se li piglia chi dico io. Incoronata Nigro non era ricca, ma stava bene a posizione. Era vedova da quarant anni, dato che il suo povero Liborio era morto giovane, di leucemia. Però, benedetta l anima sua, aveva fatto in tempo a comprarsi una versura di terra e la casa che lei, alla sua morte, aveva ereditato. Poi c era la pensione del marito che era stato guardia comunale. Insomma una discreta pensione, considerato anche che dal matrimonio non erano venuti figli. Rimasta vedova, Incoronata non si era persa d animo e, con l aiuto dei suoi fratelli, aveva cominciato a lavorare il pezzo di terra che le dava, ancora adesso, un po di grano, le olive per l olio, verdure e frutta in abbondanza. Negli anni aveva imparato a tenere per sé il necessario e a rivendere ai vicini il superfluo, ricavando qualche soldo che metteva da parte. Io sono sola, diceva, se non ci penso io alla vecchiaia chi ci deve pensare? Metti che mi abbusc co na botta, chi mi deve curare? Senza soldi? Con questo pensiero in testa aveva risparmiato per quarant anni, sempre. Un affitto graziaddio non lo doveva pagare, il mangiare veniva dalla campagna, e in quanto a vestirsi lei sapeva cucire, perciò guasta e ag- 8

3 Meritarsi l erba giusta, sparagna e comparisci, la stoffa era sempre la stessa, quello che cambiava era il modello e la fattura, per cui poteva presentarsi in pubblico con abiti che sembravano sempre nuovi. Quanto a soldi, aveva un libretto di risparmio alla Posta. E da lì che aveva preso il denaro per fare studiare suo nipote Tanino, il figlio della sorella morta. E da lì che lo aveva preso per comprargli il posto alla banca. E sempre da lì per aiutarlo a comprarsi l appartamento prima del matrimonio. Poi, per evitare sorprese e discussioni, aveva fatto anche testamento per lasciargli tutto ciò che possedeva. Quanto gli voleva bene a Tanino. Come a un figlio. Meglio di un figlio. E mo vedi in che precipizio si trova, povero nipote mio, pensava Incoronata. Ora, quella maledetta mattina, lei era arrivata sotto il condominio dove abitava suo nipote, in uno slargo dei quartieri antichi, spazzato sempre dal vento che, quel giorno, era caldissimo e carico di polvere. Avendo trovato il portone aperto, era entrata senza suonare al citofono. Si era imbarcata nell ascensore ed era salita al quinto piano cacciando dalla borsa il vasetto della marmellata. Uscita dall ascensore, aveva suonato alla porta e, dopo pochi minuti di rumori strani, una specie di fruscio che proveniva dall interno, ecco che quella svergognata le aveva aperto. E da quel momento preciso la sua testa se n era andata all aceto. Proprio così. Da quel momento Incoronata non aveva capito più niente. Ed era già un miracolo che quella mattina fosse riuscita a tornare a casa con le sue gambe. La scena ce l aveva ancora davanti agli occhi. Non se ne poteva liberare. Giorno e notte sempre lo stesso cinema. A volte le pareva di avere fatto un brutto sogno, ma non era così. Quello che aveva visto, lo aveva visto veramente. 9

4 Rosaria Tenore Insomma, appena quella lì le aveva aperto la porta la prima cosa che il suo sguardo aveva acchiappato era che la schifosa aveva addosso una camicia da notte trasparente ed era senza reggipetto e senza mutande. Madò, co succiss, che è stato? Per educazione Incoronata aveva subito levato gli occhi da quella carne velata. Si stava avvicinando al bambino che le veniva incontro nel girello, quando, alle spalle di quella veronica di nailòn, aveva visto la faccia intilinita, stralunata, di un giovanotto che non era il suo Tanino. Uno che non doveva assolutamente trovarsi lì a quell ora di mattina. Che un motivo non l aveva. Uno che lei conosceva bene: Cosimino lo zoppo, il figlio del falegname. Che ci faceva tutta nuda la moglie di suo nipote con quello in casa? Con uno che, poveretto, non era solo sciancato, ma pure malato in testa e con un braccio appeso? Questo se lo domandò più tardi, mentre tornava a casa. Ma, nel momento in cui stava davanti a quella sorta di quadro, aveva il cervello sbattuto e vuoto. Le gambe le si erano come incollate al pavimento anche se le sentiva mosce. Era riuscita comunque ad avvicinarsi al tavolo per poggiarci sopra la marmellata e poi, senza dire neanche una parola, aveva girato i tacchi, era uscita e aveva cominciato a scendere. A piedi. Era talmente sconvolta che non fece caso all ascensore. Barcollava e si reggeva al muro, facendo attenzione a non precipitare nel buio delle scale. Quando finalmente uscì dal palazzo, si fermò un attimo a riprendere fiato, mentre l aria rovente le bolliva la faccia. Per fortuna, lungo la strada, non incontrò nessuno che la conosceva. Non avrebbe avuto la forza di fermarsi a chiacchierare. 10

5 Meritarsi l erba La sua testa era tutta un fuoco di pensieri. Tuttavia fece molta attenzione alle macchine per uscire indenne dal solito traffico del Corso. Non c era un solo semaforo funzionante in tutto il paese, e uno doveva sempre affidarsi al buon cuore della Madonna del Carmine per attraversare la strada. Quando arrivò a casa, infilò la chiave nella serratura, aprì, si richiuse alle spalle il portoncino, rifiatò e cominciò a salire. Arrivata in cima alle scale, aprì la porta dell ingresso, entrò e si accasciò sul divanetto della cucina. Ci rimase per tutta la mattina, sino a mezzogiorno. Immobile, pallida, con il tuppillo sfatto dal vento e la camicetta bianca che non sembrava più bianca e la piega baciata della gonna che pareva una bocca spalancata sulle ginocchia ossute. Non mangiò niente. Nel pomeriggio si spogliò, indossò la camicia di percalle, chiuse il balcone e le finestre, e si stese sul letto, esausta. Ma che stava succedendo? Che stava combinando quella lorda? Ahhh, aveva avuto ragione a opporsi al matrimonio! No, il suo Tanino, quel pezzo di giovane bello e intelligente, non si doveva prendere a una senz arte né parte, a una scema senza manco la terza media. Gliel aveva detto a suo nipote: che t ho mandato a fare alla scuola? Per andarti a buttare con una così? Pensaci bene, figlio caro. Ma non c era stato niente da fare. Alla fine se l era sposata e ammèn. E mo, si domandava Incoronata, che posso fare io? Bello il nipote mio, quello mo non sa niente, povero figlio! E io, come mi debbo comportare adesso? 11

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