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1 febbraio 2009 Le regole generali di comportamento dei consulenti finanziari nel nuovo regolamento CONSOB, di Valerio Sangiovanni, Avvocato in Milano e Rechtsanwalt in Francoforte sul Meno Il nuovo art. 18-bis TUF introduce la figura dei consulenti finanziari, ma tale disposizione non fissa le norme di comportamento che devono guidare il loro operato, limitandosi a rinviare a un regolamento di attuazione. La bozza di regolamento predisposta dalla CONSOB identifica le regole di condotta alla cui osservanza sono tenuti i consulenti. La materia merita di essere trattata anche perché il grosso delle controversie degli ultimi anni fra clienti e banche deriva proprio dalla asserita inosservanza di norme di comportamento. Non si può escludere che in futuro anche i consulenti finanziari vengano chiamati a rispondere della violazione di regole di condotta. SOMMARIO 1. Introduzione; 2. La clausola generale di diligenza, correttezza e trasparenza; 3. L acquisizione e la dazione d informazioni; 4. La valutazione di adeguatezza; 5. Le procedure interne; 6. I conflitti d interessi; 7. L osservanza di leggi, regolamenti e codici di autodisciplina; 8. I rapporti finanziari con terzi; 9. Il dovere di riservatezza. 1. Il nuovo art. 18-bis TUF disciplina la figura dei consulenti finanziari. In particolare la legge prevede che la riserva di attività di cui all articolo 18 non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell economia e delle finanze, sentite la Banca d Italia e la CONSOB, di prestare la consulenza in materia d investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti (art. 18-bis, comma 1, TUF).

2 Inoltre la legge stabilisce che la CONSOB determina, con regolamento, i principi e i criteri relativi a una serie di circostanze, fra cui le regole di condotta che i consulenti devono rispettare nel rapporto con il cliente, avuto riguardo alla disciplina cui sono sottoposti i soggetti abilitati (art. 18-bis, comma 5, TUF). L art. 18-bis TUF omette dunque di occuparsi direttamente delle norme di condotta dei consulenti finanziari e rinvia a un apposito regolamento attuativo. La CONSOB si è messa all opera e ha predisposto una bozza di regolamento di attuazione dell articolo 18-bis TUF. Al momento il regolamento non risulta essere stato adottato, anche se la CONSOB ha già fatto circolare un documento di consultazione sulla bozza di regolamento 1. Il taglio di questo articolo non consente di occuparsi di tutto il regolamento CONSOB. Si tenga del resto presente che si tratta di un articolato piuttosto complesso, che si compone di 36 articoli 2. In questo articolo ci si vuole invece soffermare su un aspetto specifico, anche in considerazione della sua considerevole rilevanza pratica: le norme di comportamento dei consulenti finanziari. Al fine di sottolineare il rilievo pratico di questa materia, può essere utile ricordare al cortese lettore che buona parte del contenzioso sorto fra clienti e banche negli ultimi anni si fonda sull asserita violazione di regole di condotta 3. 1 Documento di consultazione. Regolamento di attuazione dell articolo 18-bis del d.lgs. n 58/1998 in materia di consulenti finanziari, 5 giugno 2008, in Anche gli esiti della consultazione sono pubblicati in 2 Il regolamento consta di sei titoli, dedicati rispettivamente a: titolo I (disposizioni preliminari; art. 1); titolo II (organismo; artt. 2-5); titolo III (disciplina dell albo; artt. 6-11); titolo IV (attività dei consulenti finanziari (artt ); titolo V (sanzioni; art. 28); titolo VI (ricorsi; artt ). 3 A livello monografico sulle norme di comportamento degli intermediari finanziari cfr. F. Sartori, Le regole di condotta degli intermediari finanziari, Milano, 2004: la parte finale dell opera (367 ss.) è dedicata ai rimedi Fra i più recenti contributi che si occupano, a vario titolo, di responsabilità degli intermediari v. R. Bruno, L esperienza dell investitore e l informazione adeguata e necessaria, in Giur. comm., 2008, II, 391 ss.; V. Crescimanno, Obblighi di informazione del fornitore di servizi finanziari e nullità del contratto: la disciplina francese tra code de la consommation e code civil, in Eur. dir. priv., 2008, 483 ss.; P. Fiorio, La nozione di operatore qualificato per l investitore persona giuridica, in Giur. it., 2008, 2241 ss.; F. Greco, Verso la contrattualizzazione dell informazione precontrattuale, in Rass. dir. civ., 2007, 1140 ss.; R. Maragno, L orientamento del Tribunale di Venezia in tema di sanzioni degli inadempimenti ai doveri informativi a carico degli intermediari finanziari, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 1280 ss; C. Motti, L attestazione della qualità di operatore qualificato nelle operazioni in strumenti derivati fra banche e società non quotate, in Giur. it., 2008, 1167 ss.; M. Pellegrini, La responsabilità dell intermediario per solidarietà creditoria in un orientamento giurisprudenziale in tema di prestazione di servizi finanziari, in Banca, borsa, tit. cred., 2008, II, 171 ss.; A. Perrone, Obblighi di informazione, suitability e conflitti di interesse: un analisi critica degli orientamenti giurisprudenziali e un confronto con la nuova disciplina MIFID, in I soldi degli altri, a cura di A Perrone, Milano, 2008, 1 ss.; A. Piras, Contratti derivati: principali problematiche al vaglio della giurisprudenza, in Resp. civ. prev., 2008, 2219 ss.; V. Sangiovanni, Il caso My Way e il contratto aleatorio unilaterale, in Giur. mer., 2008, 3116 ss.; V. Sangiovanni, Circolazione dei prodotti finanziari e offerta al pubblico nell art. 100 bis TUF, in Giur. it., 2008, 2889 ss.; V. Sangiovanni, Mancata pubblicazione del prospetto e risarcimento del danno nel nuovo art. 100-bis TUF, in Danno resp., 2008, 965 ss.; V. Sangiovanni, La nullità del contratto nella commercializzazione a distanza di servizi finanziari, in Corr. giur., 2008, 1469 ss.; V. Sangiovanni, Mancato aggiornamento del contratto-quadro e nullità sopravvenuta, in I Contratti, 2008, 653 ss.; V. Sangiovanni, L informazione del consumatore nella commercializzazione a distanza di servizi finanziari, in Dir. internet, 2008, 399 ss.; V. Sangiovanni, Contratti derivati e dichiarazione del rappresentante legale, in Corr. mer., 2008, 41 ss.; V. Sangiovanni, Acquisto di obbligazioni e risoluzione del contratto, in I Contratti, 2008, 5 ss.; C. Scognamiglio, Regole di validità e di - 2 -

3 Non si può escludere che, in futuro, anche la categoria dei consulenti finanziari dovrà fronteggiare contestazioni da parte degli investitori. Il modo migliore per prevenire tali reclami è la conoscenza e l osservanza delle norme di comportamento. In questo articolo si procederà pertanto a esaminare le regole di condotta che devono caratterizzare l operato dei consulenti finanziari. La materia è disciplinata nell art. 12 del regolamento rubricato regole generali di comportamento. A dire il vero bisognerebbe, ancora prima, chiedersi quale sia la vera funzione delle norme di comportamento. Il documento di consultazione afferma infatti che le norme di comportamento rilevano ai fini dell azione amministrativa 4. Il riferimento è alla possibile applicazione di sanzioni amministrative nei confronti dei consulenti finanziari. L art. 18-bis, comma 4, TUF prevede che l organismo per i casi di violazione delle regole di condotta delibera, in relazione alla gravità dell infrazione la sospensione dall albo da uno a quattro mesi, ovvero la radiazione dal medesimo. In altre parole la CONSOB, nel dettare le norme di comportamento dei consulenti finanziari, è più attenta al profilo pubblicistico (rapporto organismo-consulente) che al profilo privatistico (rapporto clienteconsulente). Ciò non toglie, mi pare, che la violazione di regole di condotta da parte dei consulenti possa essere idonea a fondare la loro responsabilità civile. Le norme di comportamento degli intermediari finanziari vengono disciplinate in un apposito regolamento della CONSOB, in quanto l art. 21 TUF non è loro applicabile. L art. 21 TUF fisse le regole di condotta dei soggetti abilitati. Lo stesso testo normativo determina, all art. 1, comma, 1, lett. r, cosa si debba intendere per soggetti abilitati : le SIM, le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le SGR, le società di gestione armonizzate, le SICAV nonché gli intermediari finanziari iscritti nell elenco previsto dall articolo 107 del testo unico bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche extracomunitarie, autorizzate all esercizio dei servizi o delle attività di investimento. In questo elenco non rientrano i consulenti finanziari, il cui comportamento non è pertanto assoggettato a specifiche norme di comportamento in forza di tale disposizione di legge. La lacuna è comprensibile, in quanto trattandosi di figura professionale che viene disciplinata per la prima volta espressamente nel nostro ordinamento non esistevano disposizioni che la regolassero prima della recente riforma. Il legislatore pone rimedio a questa lacuna di disciplina non tanto estendendo semplicemente l art. 21 TUF ai consulenti finanziari. La legge demanda invece alla CONSOB di determinare, con regolamento, fra le altre cose le regole di condotta che i consulenti devono rispettare nel rapporto con il cliente, avuto riguardo alla disciplina cui sono sottoposti i soggetti abilitati. In altre parole, secondo la legge, l art. 21 TUF deve servire da punto di riferimento per il lavoro di attuazione della comportamento: i principi ed i rimedi, in Eur. dir. priv., 2008, 599 ss.; M. Todorova, Violazione delle regole di comportamento degli intermediari finanziari. Responsabilità precontrattuale o risoluzione per inadempimento, in Giur. it., 2008, 1307 ss.; R. Viglione, Circolazione di prodotti finanziari privi di prospetto: nuove forme di tutela del risparmio, in Nuove leggi civ. comm., 2008, 43 ss.; R. Viglione, Nullità e risarcimento del danno nell art. 100 bis T.U.F.: quale tutela per l investitore non professionale?, in Contr. impr., 2008, 55 ss. 4 Documento di consultazione, Commento all art

4 CONSOB. Come si avrà modo di verificare nel corso di questo articolo, le norme di comportamento dei consulenti finanziari fissate dal regolamento si avvicinano abbastanza alle regole di condotta stabilite per i soggetti abilitati dalla legge. In via generale non ci si può però esimere dall osservare che, mentre le norme di comportamento dei soggetti abilitati hanno una precisa base normativa (l art. 21 TUF), le regole di condotta dei consulenti finanziari hanno una base normativa piuttosto vaga 5. L art. 18-bis, comma 5, lett. d, si limita a dire che la CONSOB determina con regolamento le regole di condotta che i consulenti devono rispettare nel rapporto con il cliente, avuto riguardo alla disciplina cui sono sottoposti i soggetti abilitati. Questa disposizione di legge pare tuttavia più che sufficiente ad assicurare, in caso di necessità, un applicazione analogica dell art. 21 TUF ai consulenti finanziari. 2. Il regolamento contiene la clausola generale secondo cui nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari si comportano con diligenza, correttezza e trasparenza (art. 12, comma 1, reg.). Anzitutto si deve osservare che la disposizione fa riferimento alla prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti. Di questo servizio si rinviene una definizione legislativa: per consulenza in materia di investimenti si intende la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative a un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta al cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione (art. 1, comma 5 septies, TUF). Giova altresì rilevare che il regolamento si riferisce alla prestazione del servizio di consulenza. Il termine prestazione sta a indicare l intera effettuazione di tale servizio, dal momento dei primi contatti fra il cliente (che è ancora potenziale ) e il consulente, fino alla cessazione del rapporto fra gli stessi. Si tratta di una precisa scelta dei regolatori, mirante a tutela il più possibile anche temporalmente il fruitore di servizi finanziari. Se si pone difatti attenzione all art. 21 TUF, non troviamo nulla di diverso, specificandosi in tale sede che le norme di comportamento vanno rispettate nella prestazione dei servizi e delle attività d investimento. L ambito temporale di applicazione delle regole di condotta, vuoi per i consulenti finanziari vuoi per gli intermediari, è dunque molto ampio. L art. 12, comma 1, del regolamento richiama diligenza, correttezza e trasparenza, ossia canoni generali del diritto civile, al fine di determinare quale debba essere il buon comportamento dei consulenti finanziari. Queste clausole sono ben conosciute al civilista, in quanto esse permeano l intero codice civile, oltre che le leggi speciali. La diligenza viene menzionata in materia di adempimento, laddove si prevede che nell adempiere l obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di 5 Sul rapporto fra leggi e regolamenti nella disciplina dell intermediazione finanziaria cfr. R. Rordorf, La tutela del risparmiatore: norme nuove, problemi vecchi, in Le Società, 2008, 270 ss

5 famiglia (art. 1176, comma 1, c.c.). Lo stesso articolo specifica che nell adempimento delle obbligazioni inerenti all esercizio di un attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell attività esercitata (art. 1176, comma 2, c.c.). Il consulente finanziario svolge un attività professionale e, dunque, la diligenza che gli è richiesta dovrà essere parametrata alla natura dell attività svolta. La correttezza è un termine che emerge nell art c.c.: il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. La trasparenza è una nozione meno classica del diritto civile e ricorre nelle leggi speciali preposte a disciplinare il mercato bancario e finanziario. Ad esempio il titolo VI del TUB è rubricato trasparenza delle condizioni contrattuali. Diligenza, correttezza e trasparenza sono poi menzionate espressamente nella disposizione-cardine in materia di norme di comportamento degli intermediari finanziari, ossia nell art. 21 TUF, ove si afferma che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l interesse dei clienti e per l integrità dei mercati (art. 21, comma 1, lett. a, TUF). Il regolatore primario e quello secondario (la CONSOB) sono tuttavia dell idea che in una materia così tecnica come l intermediazione finanziaria non è possibile lasciare a mere clausole generali la funzione di determinare quali siano i giusti comportamenti degli operatori del settore. Ecco allora che intervengono normative, di rango sia legislativo sia regolamentare, a disciplinare in maggior dettaglio il settore. 3. Il regolamento di attuazione si occupa di dazione d informazioni agli investitori, prevedendo che i consulenti finanziari forniscono al cliente o potenziale cliente informazioni corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate affinché il cliente o potenziale cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del servizio di consulenza in materia di investimenti e dello specifico strumento finanziario raccomandato e possa adottare decisioni di investimento informate (art. 12, comma 1, lett. a, reg.). Il flusso informativo non va però solo dal consulente finanziario al cliente, ma anche in senso opposto, ossia dal cliente al consulente. In questo senso dispone la previsione secondo cui i consulenti finanziari acquisiscono dai clienti o potenziali clienti le informazioni necessarie al fine della loro classificazione come clienti o potenziali clienti al dettaglio o professionali ed al fine di raccomandare gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente (art. 12, comma 1, lett. b, reg.). L ordine temporale del flusso informativo dovrebbe essere: 1) prima informazioni dal cliente al consulente finanziario (quantomeno al fine della classificazione); 2) poi informazioni dal consulente al cliente. Pertanto sarebbe meglio cambiare l ordine in cui le norme di condotta vengono presentate nella bozza di regolamento, collocando la lett. a al posto della lett. b e viceversa. Si tratta però, ovviamente, di una questione formale di poca rilevanza sostanziale. Ritenuto tuttavia che il primo passaggio logico debba essere l acquisizione d informazioni dal cliente, iniziamo l analisi del regolamento con la disposizione - 5 -

6 che la impone al consulente finanziario. A questa norma di condotta ci si riferisce con l espressione inglese, largamente diffusa, di know your customer ( conosci il tuo cliente ). Al riguardo la disposizione in esame distingue fra clienti e potenziali clienti. Il cliente può essere già stato acquisito, e allora si parla semplicemente di cliente, oppure può essere in fase di acquisizione, e allora si parla di potenziale cliente. La differenza è che nei confronti del cliente sussiste un rapporto contrattuale, mentre nei confronti del potenziale cliente non sussiste un rapporto contrattuale. Esiste solo un contatto, che può poi divenire (o meno) contratto. L acquisizione d informazioni da parte del consulente finanziario è finalizzata, in un primo momento, alla classificazione del cliente e, in un secondo momento, alla raccomandazione di strumenti finanziari adatti allo stesso. In merito alla classificazione dei clienti giova osservare che il nostro ordinamento ha ora introdotto la distinzione fra cliente al dettaglio e cliente professionale. La definizione di cliente professionale è contenuta nel regolamento CONSOB n del e, in particolare, nel suo allegato n. 3. La nozione è alquanto complessa e non pare opportuno riprodurla o descriverla in dettaglio in questa sede. Ai fini che qui interessano basta rilevare che, secondo detto allegato, un cliente professionale è un cliente che possiede l esperienza, le conoscenze e la competenza necessarie per prendere consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e per valutare correttamente i rischi che assume. Tali clienti vengono poi distinti in clienti professionali di diritto e clienti professionali su richiesta. Il regolatore ritiene non opportuno che i clienti al dettaglio e quelli professionali vengano trattati allo stesso modo, dal momento che i primi hanno bisogno di un livello di protezione maggiore di quello di cui necessitano i secondi. Al fine di garantire a ciascuno la tutela adatta, il primo passo che deve compiere il consulente finanziario è quello di accertarsi di quali siano le caratteristiche del soggetto con cui sta per instaurare un rapporto professionale. Tramite la raccolta d informazioni, il consulente ricostruisce la natura del cliente con cui ha a che fare. A seconda degli esiti di questa indagine, il cliente viene classificato come al dettaglio piuttosto che professionale e riceve il trattamento che gli spetta. Il regolamento chiarisce però che la raccolta d informazioni dal cliente non può limitarsi al momento costitutivo del rapporto professionale. Non è, in altre parole, sufficiente che vi sia stata una classificazione originaria del cliente. Il consulente finanziario deve continuare a raccogliere informazioni al fine di stabilire se le singole proposte d investimento siano o meno adatte al cliente. Il rapporto professionale, nella maggioranza dei casi, non si esaurisce in una singola operazione 6 In dottrina si occupano del regolamento CONSOB n del 2007, fra gli altri, F. Durante, Con il nuovo regolamento intermediari, regole di condotta flessibili per la prestazione dei servizi di investimento, in Giur. mer., 2008, 628 ss.; V. Roppo, Sui contratti del mercato finanziario, prima e dopo la MIFID, in Riv. dir. priv., 2008, 485 ss.; V. Sangiovanni, Informazioni e comunicazioni pubblicitarie nella nuova disciplina dell intermediazione finanziaria dopo l attuazione della direttiva MIFID, in Giur. it., 2008, 785 ss.; V. Sangiovanni, La nuova disciplina dei contratti di investimento dopo l attuazione della MIFID, in I Contratti, 2008, 173 ss. Più in generale bisogna osservare che La normativa in materia d intermediazione finanziaria è alquanto complessa ed è distribuita su più livelli di regolamentazione. Per una completa ricostruzione di tale normativa è utile il Codice del sistema finanziario, a cura di A. Sironi, C. Tabacchi, D. Tortoriello, 5 a ed., Milano, Il regolamento CONSOB n del 2007 è riprodotto a 625 ss

7 d investimento. Ecco allora che il dovere di raccolta d informazioni è, per così dire, continuo. Una volta raccolte informazioni dal cliente, spetta al consulente finanziario informare il cliente. Il regolamento stabilisce al riguardo che le informazioni devono essere corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate. Correttezza dell informazione significa anzitutto che l informazione non può essere contraria a verità. Bisogna però rilevare che l aggettivo più appropriato per esprimere questa nozione sarebbe vera : l informazione è vera quando corrisponde a realtà. L espressione corretta si riferisce probabilmente al fatto che l informazione non può essere volutamente contraria a verità (= falsa) né può essere colpevolmente contraria a verità (= scorretta). La chiarezza è il secondo requisito dell informazione prescritto dal regolamento sui consulenti finanziari. La funzione della dazione d informazioni è quella di trasmettere conoscenza, risultato che si può realizzare solo quando i dati e le notizie sono trasparenti. La chiarezza ha a che fare anche con la modalità di presentazione delle informazioni. Secondo il regolamento, inoltre, l informazione non può essere fuorviante. Un dato è fuorviante quando è in grado d indurre in errore il cliente. Si tratta di un informazione che in sé può anche corrispondere alla realtà delle cose, ma che ciò nonostante può indurre in errore. Questo risultato può realizzarsi in particolare nel caso si combini una serie di dati. Si deve difatti riflettere sulla circostanza che non tutte le informazioni hanno la stessa rilevanza. La sopravalutazione di dati di poca importanza unita a una sottovalutazione di informazioni importanti può creare una rappresentazione in capo al cliente fuorviante rispetto alla realtà delle cose. L informazione deve infine, dice il regolamento, essere sufficientemente dettagliata. Non basta dunque una descrizione sommaria, ma occorre un certo livello di specificità. Non sarebbe tuttavia nemmeno consentito eccedere nella dazione d informazioni. A ciò osta il requisito del sufficiente dettaglio. Nelle materie molto tecniche capita non di rado che l interlocutore del professionista debba confrontarsi con informazioni particolarmente analitiche, che rendono difficile fare una sintesi di quanto comunicato. Complessivamente si deve ritenere che il consulente finanziario che informa in modo perfetto fornisce relativamente poche informazioni al cliente: quelle che sono effettivamente rilevanti per la decisione d investimento, omettendo di soffermarsi su dettagli. Il regolamento CONSOB esige che le informazioni fornite dal consulente siano atte a far sì che il cliente possa ragionevolmente comprendere la natura e le caratteristiche del servizio che gli viene offerto e dello specifico strumento finanziario raccomandato. Il livello di comprensione dipende sì dalle caratteristiche sopra indicate delle informazioni (corrette, chiare, non fuorvianti e sufficientemente dettagliate), ma dipende anche inevitabilmente dalla capacità di comprensione del singolo destinatario. Con il termine ragionevole il regolatore vuole impedire che, a fronte di informazioni che soddisfano nella sostanza i requisiti indicati, il cliente possa richiamarsi a una propria incapacità di comprensione. Alla luce di questa disposizione si deve ritenere che il consulente ha soddisfatto i propri doveri informativi quando rispetta le caratteristiche dell informazione richieste dal regolamento, senza necessità di verificare che il cliente nel caso specifico - abbia realmente compreso

8 L oggetto dell informazione che il consulente deve rendere è duplice: la natura e le caratteristiche 1) del servizio di consulenza in materia di investimenti e 2) dello specifico strumento finanziario raccomandato. Il consulente deve dunque, in un primo momento, spiegare in cosa consiste il suo lavoro. In un secondo momento si tratterà di tratteggiare le caratteristiche essenziali dello strumento finanziario che intende proporre al cliente. Questo secondo obbligo è continuo perché riguarda ogni singolo investimento proposto. Se vengono raccomandati più strumenti finanziari in un unico contesto, la disposizione in esame va interpretata nel senso che il consulente deve illustrare la natura e le caratteristiche di ogni singolo strumento Uno dei principali doveri che fanno capo ai consulenti finanziari è la c.d. valutazione di adeguatezza 8. Il regolamento dispone difatti che i consulenti finanziari valutano, sulla base delle informazioni acquisite dai clienti, la adeguatezza delle operazioni raccomandate (art. 12, comma 1, lett. c, reg.). Cosa si intende con l espressione di adeguatezza, un termine non particolarmente ricorrente nella terminologia giuridica al di fuori dello specifico contesto qui in esame? Il termine adeguatezza richiama un giudizio di proporzionalità. Adeguato è un qualcosa rispetto a un qualcosa di altro. Nel caso di specie si tratta, nella sostanza, di rapportare l operazione proposta al cliente cui viene raccomandata. Con espressione inglese si tratta della c.d. suitability rule (appunto: regola dell adeguatezza). Il regolamento dice che l adeguatezza delle operazioni raccomandate va valutata sulla base delle informazioni acquisite dai clienti. Questa disposizione pare quasi offrire una scappatoia ai consulenti finanziari rispetto a ipotesi di loro possibile responsabilità civile. A leggere questa norma al di fuori del contesto in cui essa si colloca, sembrerebbe che l unico parametro di riferimento per i consulenti debbano essere le informazioni fornite dal cliente. Questa soluzione non pare invero accettabile e non trova conforto nella giurisprudenza che, seppure in vigore della normativa previgente, è giunta a esiti diversi. Finora l orientamento giurisprudenziale è nel senso che l intermediario finanziario non può determinare la sua proposta d investimento esclusivamente sulla base delle informazioni ricevute dal cliente. Sulla banca incombe invece un obbligo d indagare che va al di là del flusso informativo proveniente dal cliente. In altre parole l intermediario non può andare esente da responsabilità limitandosi ad affermare di avere investito fidandosi di quanto rappresentato dal cliente. Il rispetto di un minimo di diligenza 7 Cfr. L. Pontiroli, Osservazioni al documento di consultazione, 23 giugno 2008, in 8 In materia di adeguatezza delle operazioni finanziarie cfr., a vario titolo, P. Fiorio, La non adeguatezza delle operazioni di investimento, in L. Frumento, La valutazione di adeguatezza e di appropriatezza delle operazioni di investimento nella direttiva Mifid, in I Contratti, 2007, 583 ss.; V. Sangiovanni, Operazione inadeguata dell intermediario finanziario fra nullità del contratto e risarcimento del danno alla luce della direttiva MIFID, in I Contratti, 2007, 243 ss.; V. Sangiovanni, Inadeguatezza della operazione finanziaria, risoluzione del contratto per inadempimento e risarcimento del danno, in Corr. giur., 2006, 1569 ss.; F. Sartori, Le regole di adeguatezza e i contratti di borsa: tecniche normative, tutele e prospettive MiFID, in Riv. dir. priv., 2008, 25 ss

9 implica anche in capo al consulente (e non solo all intermediario) il dovere di accertarsi se le affermazioni del cliente corrispondano a verità. La valutazione di adeguatezza è oggetto di una separata disposizione del regolamento CONSOB. Si prevede difatti che sulla base delle informazioni ricevute dal cliente, e tenuto conto della natura e delle caratteristiche del servizio di consulenza in materia di investimenti, i consulenti finanziari valutano che la specifica operazione consigliata soddisfi i seguenti requisiti: a) corrisponda agli obiettivi di investimento del cliente; b) sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all operazione (art. 19, comma 1, reg.). La valutazione di adeguatezza opera in riferimento a ogni singolo d investimento raccomandato. Non si tratta di un attività che viene svolta una tantum all inizio del rapporto fra il consulente e il cliente, bensì di un attività che deve essere ripetuta ogni volta che viene consigliata un operazione. Il consulente finanziario opera in più fasi. Anzitutto il consulente finanziario deve accertare che la specifica operazione corrisponda agli obiettivi d investimento del cliente. Ne consegue che il consulente deve avere prima accertato quali siano tali obiettivi. Se l operazione si colloca all interno degli obiettivi, essa è adeguata. Se l operazione non rispetta tali obiettivi, essa è inadeguata. In secondo luogo il consulente deve verificare che il cliente sia in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all investimento. Può cioè capitare che un operazione sia in sé conforme agli obiettivi d investimento del cliente, ma non sia sopportabile dal punto di vista finanziario. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, quando la somma investita è eccessiva rispetto alle capacità del cliente oppure quando l operazione implica dei rischi che se si realizzano - il cliente potrebbe non essere in grado di sopportare. In terzo luogo occorre che il cliente sia in grado, per esperienza e conoscenza, di comprendere i rischi inerenti all operazione. La CONSOB fa riferimento in questo contesto a esperienza e conoscenza. Il consulente finanziario deve dunque accertare, rispetto a ogni singola operazione, che le esperienze e le conoscenze del cliente siano tali da consentirgli di comprendere i rischi dell operazione. Nel caso di prodotti finanziari particolarmente complessi, questo requisito tende a ricorrere raramente. L ingegneria finanziaria degli ultimi anni ha creato prodotti di una tale complessità da essere comprensibili solo agli addetti ai lavori. Rispetto a tali prodotti finanziari è lecito assumere che siano poche le persone in grado di apprezzarne tutti i rischi. Un interpretazione stringente della disposizione in esame dovrebbe dunque deporre nel senso che i consulenti finanziari non possono consigliarli, salvo nei rari casi in cui abbiano a che fare con persone con reale esperienza e conoscenza. Probabilmente però questi soggetti non hanno bisogno di un consulente, dal momento che sono in grado di gestire da sé il proprio portafoglio

10 5. Sui consulenti finanziari incombono anche obblighi che si potrebbero definire di natura organizzativa. Il regolamento prevede difatti che essi istituiscono e mantengono procedure interne e registrazioni idonee (art. 12, comma 1, lett. d, reg.). Svolgere bene (o, per usare, una espressione giuridica maggiormente tecnica: diligentemente ) una determinata attività professionale implica non solo una certa competenza in materia, ma anche l adozione di strutture organizzative idonee. La disposizione deve essere letta congiuntamente all art. 25 reg., secondo cui i consulenti finanziari adottano, applicano e mantengono: a) procedure adeguate alla natura, alla dimensione e alla complessità dell attività svolta che siano idonee a garantire l adempimento degli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti; b) procedure che consentono di ricostruire i comportamenti posti in essere nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti (art. 25, comma 1, reg.). La disposizione in commento impone l istituzione e il mantenimento anche di registrazioni idonee. La materia delle registrazioni è disciplinata analiticamente nell art. 27 reg In materia di conflitto d interessi, il regolamento prevede che i consulenti finanziari agiscono nell interesse dei clienti e si astengono dal prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti ogni volta in cui le misure organizzative adottate per la gestione dei conflitti di interesse con i clienti ovvero tra i clienti non siano sufficienti ad assicurare che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato (art. 12, comma 1, lett. e, reg.). La disposizione statuisce anzitutto una sorta di etero-determinazione dei fini dell agire dei consulenti finanziari: questi agiscono nell interesse dei clienti, non nel proprio interesse (o nell interesse di terzi estranei al rapporto professionale). Dell interesse dei consulenti non si fa nemmeno menzione, nella prima parte della norma. Certo, almeno due interessi diversi (quelli dei clienti e quelli dei consulenti) possono coesistere e la CONSOB ne è consapevole. Il regolatore crea allora un meccanismo di bilanciamento di tali interessi, in cui però alla fine deve sempre prevalere quello del cliente. Il presupposto della norma è l esistenza di un conflitto d interessi. Rispetto al tenore letterale della disposizione, che parla di interesse al singolare, parrebbe più corretto l uso del plurale interessi. Occorrono cioè due o più interessi contrapposti: il consulente finanziario è portatore di uno o più interessi che sono in conflitto con uno o più interessi del cliente. Nel settore dell intermediazione finanziaria il problema del conflitto d interessi ricorre in particolare quando le banche che svolgono attività d intermediazione sono, allo stesso tempo, finanziatrici del soggetto emittente. Alcune vicende finanziarie 9 La disposizione-cardine è l art. 27, comma 1, reg., secondo cui i consulenti finanziari tengono nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti e per tutte le operazioni raccomandate registrazioni adeguate e ordinate delle attività svolte, idonee a consentire all organismo di verificare il rispetto delle norme dettate dal presente regolamento ed, in particolare, l adempimento degli obblighi nei confronti dei clienti o potenziali clienti

11 degli ultimi anni hanno evidenziato la rilevanza di questa problematica (si pensi al caso delle società emittenti riconducibili al gruppo Cirio). La banca che è esposta con un emittente, al fine di rientrare dalla propria esposizione debitoria, può avere interesse a spingere l emittente a emettere obbligazioni che vengono poi collocate presso il pubblico dei risparmiatori 10. La banca collocatrice si trova in una situazione di conflitto d interessi rispetto ai compratori finali delle obbligazioni. Il conflitto sussiste in quanto la banca fa, per così dire, il doppio gioco : mediante il collocamento delle obbligazioni consente all emittente di conseguire quelle risorse che gli permettono di ripianare i debiti proprio nei confronti della banca. Questo meccanismo è stato ben descritto in una sentenza del Tribunale di Milano del Il problema però del conflitto d interessi, lampante nel caso appena esposto, è certamente più sfumato nell ipotesi dei consulenti finanziari. La legge dice difatti espressamente che i consulenti finanziari operano senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti (art. 18-bis, comma 1, TUF). I consulenti inoltre non agiscono come finanziatori dei propri clienti. La CONSOB, ciò nonostante, consapevole dei rischi connessi, vuole evitare qualsiasi possibile situazione di conflitto e statuisce la disposizione che si sta esaminando 12. L art. 12, comma 1, lett. e, reg., fissa il dovere di astenersi dal prestare il servizio di consulenza in materia d investimenti in presenza di un conflitto d interessi non risolto. Più specificamente tale obbligo di astensione sussiste quando le misure organizzative adottate per la gestione dei conflitti d interessi con i clienti non sono sufficienti ad assicurare che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti stessi sia evitato. Dal punto di vista del diritto civile, bisogna chiedersi quali siano le conseguenze di un comportamento dei consulenti finanziari in violazione del divieto di astenersi. Violare la disposizione in esame significa suggerire un operazione finanziaria in una situazione di conflitto d interessi. In un contesto del genere il rimedio più appropriato è probabilmente il risarcimento del danno (e non la richiesta di nullità dell operazione). Una soluzione diversa dovrebbe invece valere con riferimento agli intermediari finanziari. Il ragionamento che porta a questa conclusione è piuttosto complesso e necessita di essere affrontato passo per passo. 10 L emissione, fra l altro, avviene frequentemente utilizzando veicoli societari esteri. Al riguardo cfr. S.M. Carbone, Leggi regolatrici e circolazione in Italia di obbligazioni estere, in Banca, borsa, tit. cred., 2005, I, 419 ss.; V. Sangiovanni, Emissioni di obbligazioni e scandali finanziari fra diritto internazionale privato e diritto comunitario, in Le Società, 2007, 547 ss. 11 Trib. Milano, 20 marzo 2006, in Giur. mer., 2006, 1389 ss., con nota di V. Sangiovanni. 12 La materia del conflitto d interessi è disciplinata più in dettaglio nell art. 26 del regolamento. Qui viene statuito, fra l altro, che i consulenti finanziari adottano ogni misura ragionevole, adeguata alla natura, alla dimensione ed alla complessità dell attività svolta, per identificare i conflitti di interesse che potrebbero sorgere con il cliente o tra i clienti, al momento della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti (art. 26, comma 1, reg.). Inoltre si prevede che i consulenti finanziari gestiscono i conflitti di interesse anche adottando idonee misure organizzative, adeguate alla natura, alla dimensione ed alla complessità dell attività svolta, e assicurando che l affidamento di una pluralità di funzioni ai soggetti rilevanti impegnati in attività che implicano un conflitto di interesse non impedisca loro di agire in modo indipendente, così da evitare che tali conflitti incidano negativamente sugli interessi dei clienti (art. 26, comma 2, reg.). Infine si stabilisce che quando le misure adottate ai sensi del comma 2 non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, i consulenti finanziari si astengono dal prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti (art. 26, comma 4, reg.)

12 Il punto di partenza è costituito dalle sentenze nn e del 2007 della Corte di cassazione 13. Tali pronunce hanno affermato il principio di diritto secondo cui la violazione dei doveri d informazione del cliente può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tale violazione avvenga nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti fra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazione riguardante le operazioni d investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d intermediazione finanziaria. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei doveri di comportamento può però determinare la nullità del contratto d intermediazione, o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell art. 1418, comma 1, c.c. La Corte di cassazione ha escluso la nullità del contratto solo nel caso della violazione di doveri informativi. Esistono però norme di condotta differenti dagli obblighi informativi alle quali possono essere connesse sanzioni civili di tipo diverso dall obbligo di risarcire il danno. La Corte ha affermato che l area delle norme inderogabili, la cui violazione può determinare la nullità del contratto in conformità al disposto dell art. 1418, comma 1, c.c. è più ampia di quanto parrebbe a priva vista suggerire il riferimento al solo contenuto del contratto medesimo. Vi sono ricomprese anche le norme che vietano la stipulazione stessa del contratto. Se il legislatore vieta, in determinate circostanze, di stipulare il contratto e, nondimeno, il contratto viene stipulato, è la sua stessa esistenza a porsi in contrasto con la norma imperativa. E, continua la Cassazione, non par dubbio che ne discenda la nullità dell atto per ragioni ancor più radicali di quelle dipendenti dalla contrarietà a norma imperativa del contenuto dell atto medesimo. Una delle fattispecie in cui può affermarsi la nullità del contratto si realizza quando è previsto un obbligo dell intermediario finanziario di astenersi. L intermediario che, violando la disposizione che gli impedisce di agire in una situazione di conflitto d interessi, compie l operazione vietata pone in essere un comportamento che è in violazione di disposizione imperativa e l atto deve considerarsi nullo. Questo ragionamento non può però valere per i consulenti finanziari. I consulenti non compiono difatti l operazione in senso tecnico, ma si limitano a raccomandarla. Essi dunque, diversamente dagli intermediari, non pongono in essere una transazione finanziaria vietata dalla legge. È allora ragionevole assumere che il 13 Cass., 19 dicembre 2007, nn e Le sentenze enunciano lo stesso principio di diritto. L una o l altra sentenza (talvolta entrambe) è pubblicata, fra l altro, in Le Società, 2008, 449 ss., con nota di V. Scognamiglio; in I Contratti, 2008, 221 ss., con nota di V. Sangiovanni; in Corr. giur., 2008, 223 ss., con nota di V. Mariconda; in Danno e resp., 2008, 525 ss., con note di V. Roppo e di F. Bonaccorsi; in Giur. comm., 2008, II, 604 ss., con nota di F. Bruno, A. Rozzi. A commento di tali sentenze cfr. anche A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite, in I Contratti, 2008, 393 ss.; D. Maffeis, Dopo le Sezioni Unite: l intermediario che non si astiene restituisce al cliente il denaro investito, in I Contratti, 2008, 555 ss.; D. Maffeis, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni Unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere, in I Contratti, 2008, 403 ss.; F. Prosperi, Violazione degli obblighi di informazione nei servizi di investimento e rimedi contrattuali (a proposito di Cass., sez. un., 19 dicembre 2007, nn e 26725), in Contr. impr., 2008, 936 ss

13 cliente non possa far valere la nullità dell atto, ma possa agire nei confronti dei consulenti solo chiedendo il risarcimento del danno. 7. Merita di essere menzionata anche la clausola di chiusura dell elencazione delle regole generali di comportamento dei consulenti finanziari. Ci si riferisce alla disposizione secondo cui i consulenti osservano le disposizioni legislative, regolamentari e i codici di autodisciplina relativi alla loro attività (art. 12, comma 1, lett. f, reg.). In parte questa disposizione è inutile. Non si capisce difatti come possa un regolamento ordinare a certi soggetti di rispettare la legge. Attesa una precisa gerarchia delle fonti - nel nostro ordinamento - che fa prevalere le leggi rispetto ai regolamenti (l art. 4 delle preleggi recita: i regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi ), il regolamento non può derogare alla legge ed è dunque inutile affermare in un regolamento che un certo soggetto deve rispettare la legge se questo obbligo discende direttamente dalla legge. Tuttavia la disposizione, per quanto forse non particolarmente riuscita dal punto di vista formale, non nuoce e ha una duplice funzione. La prima è quella di memoria, di ricordare che è necessario rispettare le legge. La seconda funzione è pedagogica, ossia di sollecitare il rispetto delle leggi. Nulla cambierebbe nell ordinamento se non vi fosse il richiamo all osservanza delle leggi; tuttavia nulla nemmeno cambia se si ripete ad abundantiam che non si possono violare le leggi. In primo luogo dunque, secondo l art. 12, comma 1, lett. f, reg., i consulenti finanziari devono rispettare tutte le leggi che li riguardano. In secondo luogo la norma in commento rinvia al rispetto di disposizioni regolamentari. La regola si riferisce ad altri regolamenti che dovessero risultare applicabili ai consulenti finanziari. In terzo luogo la disposizione del regolamento in commento opera un rinvio ai codici di autodisciplina. La norma pare fare assurgere tali codici a disposizioni di rango regolamentare. In sede di consultazione sulla bozza di regolamento è stato proposto che si specifichi che il consulente finanziario abbia l obbligo di consegnare al cliente una copia di tali codici di autodisciplina 14. La proposta è pertinente, ma rischia di aggravare eccessivamente gli adempimenti cui è soggetto il consulente. 8. Il regolamento della CONSOB prevede poi che nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti i consulenti finanziari non possono versare o percepire compensi o commissioni oppure fornire o ricevere prestazioni non monetarie da soggetti diversi dal cliente al quale è reso il servizio (art. 12, comma 2, reg.). Una disposizione simile è contenuta nel regolamento intermediari, dove si prevede che gli intermediari non possono, in relazione alla prestazione di un servizio di 14 In questo senso il suggerimento di Italian CFA Society (ICFAS), Osservazioni al documento di consultazione, 27 giugno 2008, in

14 investimento o accessorio ad un cliente, versare o percepire compensi o commissioni oppure fornire o ricevere prestazioni non monetarie (art. 52 reg. n del 2007). Un apposita norma nel regolamento sui consulenti finanziari in materia di incentivi è necessaria in quanto l art. 52 reg. n del 2007 si applica agli intermediari, fra cui non rientrano i consulenti 15. Fra l art. 12, comma 2, reg. e l art. 52 reg. n del 2007 sussistono delle differenze importanti. Mentre difatti nel caso dei consulenti finanziari sussiste un divieto assoluto di percepire incentivi, tale divieto è relativo nel caso di intermediari. L art. 52 reg. n del 2007 fissa delle eccezioni, stabilendo i casi in cui gli intermediari possono percepire incentivi. La disposizione prevista per i consulenti è pertanto più severa di quella stabilita per gli intermediari. L idea di fondo da cui si deve partire è che uno degli elementi che deve caratterizzare l operato del consulente finanziario è l indipendenza. Il cliente deve essere certo che il consulente operi nel suo esclusivo interesse. Si è analizzato sopra il divieto di agire in situazioni di conflitto d interessi. La disposizione in esame è una specificazione di tale canone. Vi sono situazioni che possono influenzare negativamente l indipendenza dei consulenti finanziari. Ciò si può verificare, in particolare, quando i consulenti hanno dei rapporti economici con terzi che possono influire sulla correttezza dei loro comportamenti. Dal punto di vista soggettivo, le persone menzionate nell art. 12, comma 2, reg. sono tre: il consulente, il cliente e non meglio specificati terzi. Il rapporto economico fra consulente e cliente si limita al pagamento del compenso dovuto per la prestazione del servizio di consulenza. Sotto questo profilo, il flusso economico va dal cliente al consulente e riguarda solo l onorario pattuito e non i danari da investire in conseguenza della consulenza offerta. Come si è visto, è la stessa definizione di legge a escludere che il consulente possa detenere danaro di pertinenza dei clienti (art. 18-bis, comma 1, TUF). L art. 12, comma 2, reg. concerne qualcosa di diverso: non tanto i flussi di danaro fra il consulente e il cliente, bensì i passaggi di danaro che intercorrono fra il consulente e i terzi. Dal punto di vista della direzione di tali flussi, la norma prevede possibili passaggi in entrambe le direzioni: dal terzo al consulente e dal consulente al terzo. Nella prassi è più probabile che i flussi finanziari provengano da terzi e siano indirizzati al consulente finanziario: ci si può difatti immaginare che taluno sia interessato a far sì che il consulente proponga determinati strumenti finanziari e, al fine di fare pressione in tale senso, gli offra degli incentivi. Incentivi potrebbero essere pagati dalla società nei cui strumenti finanziari si vuole che il cliente investa. Oppure incentivi potrebbero essere pagati dagli intermediari finanziari che vogliono che il cliente si avvalga dei loro servizi al fine di effettuare gli investimenti. Tali incentivi sono vietati in quanto possono alterare l autonomia di giudizio del consulente. Questi può essere spinto a suggerire al cliente un investimento non particolarmente positivo per lo stesso in considerazione degli incentivi che riceve da terzi. Ne consegue (dal punto di vista privatistico) un inadempimento del rapporto 15 La definizione di intermediari ai fini della disposizione sugli incentivi è contenuta nell art. 26, lett. b, reg. n del

15 contrattuale e, più in generale (dal punto di vista pubblicistico), un alterazione delle condizioni di concorrenza sulla base delle quali dovrebbero operare i mercati finanziari. Dovrebbe invece essere più raro nella prassi il verificarsi del caso opposto, ossia quello di un consulente che versa danaro a terzi in connessione con lo svolgimento dell attività di consulenza. Ad avviso di chi scrive la disposizione in esame va difatti interpretata nel senso che sono vietati solo i comportamenti che sono idonei a far vacillare la neutralità del consulente. La norma non può invece essere interpretata in modo tanto estensivo da arrivare ad affermare che il consulente non può dotarsi di un organizzazione e di una struttura per l esercizio della sua attività. L attuale formulazione della disposizione non è pertanto sufficientemente precisa. Andrebbe in qualche modo specificato che i compensi versati dal consulente finanziario e le prestazioni ottenute in cambio sono legittimi quando sono finalizzati ad aumentare (e non a diminuire) la qualità del servizio reso dal consulente al cliente. Altrimenti si dovrebbe giungere alla conclusione paradossale che anche il semplice fatto di avvalersi di collaboratori (interni alla struttura del consulente oppure esterni alla stessa, ma comunque - remunerati) violi la disposizione in esame 16. Una soluzione del genere non è evidentemente accettabile e dunque il consulente finanziario può, a sua volta, certamente avvalersi di consulenti di vario genere, ad esempio per attività di natura legale e - più in generale amministrativa, senza violare la disposizione in esame. Del resto è per un consulente difficile non avvalersi di servizi prestati da terzi, per esempio in materia di ricerca specialistica. In un certo senso dovrebbe essere lo stesso cliente che, pretendendo dal consulente un servizio di alta qualità, impone al consulente di avvalersi di servizi prestati da terzi. In definitiva non dovrebbe essere tanto il pagamento di determinati servizi in sé a rilevare ai fini della disposizione in esame, ma sono gli effetti che tale pagamento può produrre a dover rilevare. Tornando alla distinzione operata sopra, occorre porre attenzione se determinati pagamenti effettuati dal consulente (o ricevuti dallo stesso) aumentano o diminuiscono l efficienza e la qualità del servizio reso: nel primo caso devono ritenersi legittimi, nel secondo devono ritenersi vietati. Dal punto di vista oggettivo, i rapporti economici fra consulente e terzi possono essere, e normalmente saranno, di natura monetaria, ma potrebbero consistere anche in prestazioni non monetarie. Si pensi ad esempio alla possibilità che un terzo prometta al consulente determinati benefici quali vacanze pagate o altre regalie a fronte della disponibilità a consigliare i suoi strumenti finanziari o a consigliare di avvalersi della sua opera come intermediario. Il rischio principale cui la disposizione in commento allude, e che vuole prevenire, è la possibilità che i consulenti finanziari siano indotti - con la concessione di benefici monetari o non monetari - a preferire gli strumenti finanziari di un certo soggetto rispetto a quelli di un altro. Una situazione del genere può indurre il consulente a raccomandare non il prodotto migliore per il cliente, bensì il prodotto che consente al consulente stesso di trarre il maggior beneficio. 16 Sul punto cfr. IW Bank S.p.A., Osservazioni al documento di consultazione, 30 giugno 2008, in NAFOP, Osservazioni al documento di consultazione, 30 giugno 2008, in Studio Legale Associato Esini, Esini & Da Villa, Osservazioni al documento di consultazione, 29 giugno 2008, in

16 Le conseguenze sanzionatorie della violazione dell art. 12, comma 2, reg. sono fissate nell art. 28, comma 2, reg.: l organismo dispone nei confronti del consulente finanziario la radiazione dall albo in una serie di casi, fra cui nell ipotesi di percezione di compensi o commissioni in violazione dell articolo 12, comma 2, del presente regolamento. La sanzione è talmente grave che produrrà, nella stragrande maggioranza delle ipotesi, l effetto di dissuadere i consulenti da comportamenti scorretti. 9. L art. 12 del regolamento CONSOB sulle regole generali di comportamento dei consulenti finanziari si chiude statuendo un dovere di riservatezza. Si prevede difatti che i consulenti finanziari sono tenuti a mantenere la riservatezza sulle informazioni acquisite dai clienti o dai potenziali clienti o di cui comunque dispongano in ragione della loro attività, salvo che nei casi previsti dall articolo 3 ed in ogni caso in cui l ordinamento ne consenta o ne imponga la rivelazione. È comunque vietato l uso delle suddette informazioni per interessi diversi da quelli strettamente professionali (art. 12, comma 3, reg.). Anzitutto giova rilevare che il dovere di riservatezza del consulente finanziario opera non solo nei confronti dei clienti attuali (rispetto ai quali è già venuto a esistenza un rapporto contrattuale), ma anche nei confronti dei clienti potenziali. Può cioè capitare che un consulente intrattenga trattative con un determinato soggetto, ricevendo dallo stesso informazioni, e che poi il rapporto contrattuale non si perfezioni, in quanto ad esempio - il cliente alla fine preferisca non avvalersi di tale consulente. Il consulente non può comunque fare uso delle informazioni ricevute. Il regolamento fa un eccezione in riferimento all art. 3. Si tratta della disposizione che regola la vigilanza dell organismo nei confronti dei consulenti finanziari. La norma prevede che l organismo può chiedere ai consulenti finanziari la comunicazione anche periodica di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei termini dallo stesso stabiliti e può disporre l audizione personale dei consulenti finanziari ; inoltre può effettuare controlli nel luogo di conservazione della documentazione comunicato dal consulente finanziario e può chiedere l esibizione dei documenti ritenuti necessari. Il divieto di dare informazioni relative ai clienti non opera dunque nei confronti dell organismo. Un ulteriore eccezione viene fatta per i casi in cui l ordinamento consente oppure impone la rivelazione di certi dati. La disposizione è estremamente vaga, facendo riferimento all ordinamento. L ordinamento opera attraverso delle regole, che possono avere fonte diversa. Se si tratta della legge, è evidente che il regolamento non può a essa derogare (e la disposizione è dunque sostanzialmente inutile). La norma in commento può invece risultare di utilità pratica nei casi in cui siano altre disposizioni regolamentari a disporre la rivelazione di certi dati: la regola chiarisce, a scanso di equivoci, che la rivelazione d informazioni è consentita