Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica *

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1 «Il diritto dell economia» issn , anno 68, n. 109 (3 2022), pp Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica * Sommario: 1. Considerazioni generali. 2. Scienza, diritto e tecnica: dal mondo «solido» a quello «liquido». 3. Spunti conclusivi: fra politica ed amministrazione. 1. Considerazioni generali Il rapporto tra scienza e diritto, e dunque fra il mondo della Politica nel quale sono assunte (o dovrebbero essere prese!) le decisioni di indirizzo, con la conseguente messa in campo delle misure concrete volte a dare attuazione a questo stesso, e il mondo parallelo della scienza e della tecnica è antico e risalente quanto tuttavia controverso, e talora problematico e conflittuale. Mi sembra anzi possibile affermare che tale relazione, non sempre pacifica e virtuosa, rappresenti una sorta di costante sistemica della storia dell umanità, nel senso che il tradizionale e vetusto adagio ubi societas ibi jus potrebbe essere efficacemente trasformato in un brocardo di nuovo conio che del primo sarebbe comunque non antitesi e negazione ma piuttosto sviluppo ed evoluzione: ubi scientia ibi jus. Mi limito, in questo modo, a semplicemente constatare che la progressione continua e inarrestabile della scienza e delle tecnologie, che della prima costi- * Il lavoro rappresenta ripresa, evoluzione e anche aggiornamento di altri contributi, ai quali mi permetto di rinviare, anche per non appesantire il saggio che ora propongo. Soprattutto, il rinvio che mi permetto di operare è in primo luogo alla dottrina in quelle sedi già considerata, e in special modo ai contributi di U. Beck, di Z. Bauman e di A. Giddens. Cfr., pertanto, se si vuole: R. Ferrara, M.A. Sandulli (curr.), Trattato di diritto dell ambiente, Milano, 2014, spec. al primo volume; R. Ferrara, Introduzione al diritto amministrativo, Roma- Bari, 2014; Id., L ordinamento della sanità, Torino,2020; Id., Il principio di precauzione e il «diritto della scienza incerta»: tra flessibilità e sicurezza, in Riv. giur. urb., 2020, 14 ss. Importante la consultazione di S. Rodotà, P. Zatti (curr.), Trattato di biodiritto, Milano, 2010, spec. al primo volume per i contributi di M.C. Tallacchini. Per il diritto dell ambiente, cfr. Aa.Vv., Introduzione al diritto dell ambiente, Roma-Bari, 2018 e P. Dell anno, Diritto dell ambiente, Padova, 2021 nonché per i profili sistematici, per tutti, M. Cafagno, Principi e strumenti di tutela dell ambiente, Torino, Di M. Cafagno, cfr. altresì, in merito al concetto di incertezza, Analisi economica del diritto e ambiente. Tra metanarrazioni e pragmatismo, in Dir. dell economia, 2019, 155 ss. In merito poi ai problemi giuridici posti dalla pandemia da coronavirus, cfr., esaustivamente, il fasc. 2020, 2, della rivista P.A. Persona e amministrazione, spec. la sezione monografica e, ivi, i contributi di G. Corso, L.R. Perfetti, G. Tropea, M. Trimarchi, e Altri, e comunque, in particolare, i saggi, ivi egualmente riportati, di F. Follieri e C. Acocella.

2 360 tuiscono utile applicazione, incontra (quasi) sempre, e del tutto naturalmente, il diritto, in quanto che è con il diritto che finisce col confrontarsi, soprattutto nel contesto dello Stato di diritto, prima, e oggi dello Stato sociale. Se questo è vero, mi sembra tuttavia possibile quanto necessario un ulteriore passaggio, onde meglio ambientare e collocare nella contemporaneità il nodo problematico delle relazioni fra scienza e diritto: se questo rapporto è sempre stato, almeno potenzialmente, critico e controverso, è forse soprattutto oggi, nel quadro delle contemporanee società del rischio, e quindi nel mondo liquido e friabile nel quale ci muoviamo ed operiamo, a presentare caratteri e risvolti tanto nuovi ed originali quanto complessi, contradditori, e forse persino irrisolti. E vediamo sinteticamente perché. È fuor di dubbio che il progresso scientifico si palesi, con le sue grandi scoperte ed invenzioni, come un valore costante della storia umana, e così la realizzazione di nuove e più avanzate tecnologie, avendo in questo modo contribuito a liberare l uomo da antiche e nuove schiavitù, negli ambienti di lavoro come in quelli domestici, o perlomeno ad alleggerirne il peso, soprattutto a far tempo dalla prima «rivoluzione industriale» 1. Ed è già in questo specifico contesto che la scienza, e soprattutto la Tèchne, si manifestano da subito come forze autonome, capaci di conformare ogni fondamentale aspetto della società, e segnatamente delle società più affluenti. È anche in questa fase della storia umana che prende le mosse, a mio avviso, quel processo che un sommo scrittore ha definito come «scientificazione dell industria» ovvero, del tutto simmetricamente, come «l industrializzazione della scienza» 2. Già, la scienza viene collocata, in modo pieno e formale, fin dagli albori della prima industrializzazione, in posizione servente, al servizio dell economia, e cioè dei vorticosi processi di industrializzazione del mondo più «evoluto», finendo così coll appannarsi la tradizionale «missione del dotto», la cui mission era infatti il perseguimento del sapere in quanto tale, a prescindere dal suo valore pratico e dalle utilitas suscettibili d essere diffuse e dispensate 3. La scienza sembra diventare, sotto questo riguardo, un mero accumulatore e propulsore della tecnologia, e cioè scienza applicata in funzione degli impieghi pratici che dalle sue scoperte possono essere fatti discendere, in un crogiolo di saperi esperti che enfatizzano il ruolo giocato, nella società civile, dagli scienziati e forse ancor più dai tecnici che operano nella concretezza dei processi produttivi. 1 Cfr., recentemente, per tutti, C. Feliziani, Industria e ambiente: dalla prima rivoluzione industriale all economia circolare e al Green Deal attraverso il principio di integrazione, in Dir. amm., 2020, 843 ss. 2 T. Mann, Considerazioni di un impolitico, Milano, 1997, Valgono, in questa direzione, proprio le riflessioni di T. Mann, op. cit., soprattutto alla luce del pensiero filosofico di A. Schopenhauer, Lezioni sulla missione del dotto, Roma-Bari, 1960, passim.

3 Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica 361 E mi sembra quasi superfluo constatare che questo processo, davvero epocale, non può non fare i conti, da subito, con il mondo del diritto, in un quadro nel quale è agevole intravedere momenti di tensione fra scienza e diritto, momenti di tensione tanto più visibili e importanti quanto più lo Stato di diritto (e soprattutto poi lo Stato sociale) cerchi di «marcare» il territorio onde affermare e consolidare il proprio ruolo. Sotto un certo angolo visuale, si può quasi parlare di tensioni e di momenti e fasi di incontro, e talora di conflitto, fra le ragioni del Mercato e quelle dello Stato, ossia delle istituzioni pubbliche e pertanto della funzione stessa di indirizzo politico. Mi sembra anzi possibile sostenere, pur con i necessari quanto scontati margini di approssimazione, che le tensioni alle quali ho appena accennato, le quali appaiono evidenti già a far tempo dalla prima rivoluzione industriale, si manifestano ormai come una costante sistemica dei processi evolutivi che hanno condotto agli attuali modelli di società postindustriale. Con una serie di conseguenze e problemi, forse in parte irrisolti. E, infatti: fino a che punto la scienza e la tecnologia, che della prima è figlia (non sempre tuttavia legittima!), conservano un adeguato margine di libertà e di indipendenza? Questo l interrogativo, con molti angoli e risvolti problematici, che da sempre si pone, e con importanza ed urgenza vieppiù crescenti, in evidente connessione di senso con l evoluzione del progresso scientifico e tecnologico, e senza nulla togliere ovviamente! al fatto che la ricerca e il progresso sopportano costi importanti che debbono essere non solo coperti ma anche adeguatamente «retribuiti». Occorre, in altre parole, che il tema, davvero epocale e strategico, della libertà della scienza e delle sue applicazioni (la tecnologia) sia correttamente ambientato nel quadro delle società complesse del capitalismo maturo (o dell era postindustriale, del c.d. capitalismo di sorveglianza), ed è proprio su questo terreno, e sotto questo fondamentale profilo, che esso si misura da sempre con il mondo del diritto. E per ovvi motivi: perché il diritto, e segnatamente il diritto pubblico, non può operare che in funzione della cura prioritaria e irrinunciabile degli interessi pubblici (generali, collettivi) dei quali deve essere assicurato il riconoscimento e la tutela, pur con l adeguata considerazione degli interessi privati coinvolti (o degli altri soggetti pubblici, diversi dall amministrazione procedente); perché, nel contesto dei contemporanei modelli di Stato sociale la libertà economica è in ogni caso «funzionalizzata», non essendo pertanto assoluta e incondizionata, secondo quanto ci ricorda lo stesso art. 41 della nostra Costituzione. Il che spiega, a mio modo di vedere, le ricorrenti tensioni fra la libertà della scienza e del progresso tecnologico (e perciò del mercato) e lo Stato, fra le ragioni

4 362 della libertà d impresa e il controllo pubblicistico che viene esercitato sulle attività economiche in funzione della protezione degli interessi generali. E mi sembra del pari evidente che le tensioni e i conflitti appena ricordati siano stati (e siano anche oggi) differenti, per qualità e quantità, a seconda della fase storico-politica durante la quale vengano ad emergere e, anzitutto, in stretta relazione e connessione con i valori e le «ideologie» di fondo che ispirano ed animano le attività del decisore collettivo pubblico. Come esempio davvero significativo, mi sembra possibile ricordare il settore dei farmaci, ove la necessità delle più adeguate sperimentazioni cliniche prima che una specialità medicinale sia immessa in commercio innerva un procedimento di controllo di elevata complessità che può positivamente concludersi con un autorizzazione amministrativa in forza della quale il preparato è reso disponibile. E lo stesso può dirsi, evidentemente, dei vaccini, di ogni tipo di vaccino, e segnatamente di quei vaccini che sono volti a contrastare la pandemia da covid-19, come è ben noto, anche solo facendosi riferimento all intenso dibattito svoltosi, e tuttora in corso, secondo quanto si ritrae dalla pur sommaria ricognizione delle principali fonti di informazione. Mi sembra anzi possibile, a questo punto, una semplice constatazione che può forse sospingere ad una prima riflessione di massima: la materia della sanità pubblica, non meno delle problematiche relative alla protezione dell ambiente, disvela il rapporto stretto, a 360 gradi, che corre fra le discipline nel campo del governo del territorio (dall ambiente al paesaggio fino al governo del territorio in ogni suo aspetto) e quelle che afferiscono alla sanità pubblica. Il che è pacificamente confermato dalla stessa pandemia da coronavirus, a quanto risulta. Soprattutto, sebbene altri campi disciplinari possano essere presi in esame (da quello degli alimenti ai procedimenti ambientali, ecc.), il settore dei farmaci sembra essere addirittura paradigmatico, in quanto non solo mette a nudo il viluppo inestricabile che connette un variegato catalogo di sistemi e sottosistemi rilevanti per il diritto, ma evidenzia altresì la complessa, e complicata, rete di rapporti e relazioni «pericolose» fra il mondo del diritto (ossia dei regolatori e degli interpreti) e quello della scienza e della tecnica (e cioè degli scienziati e dei tecnici, ossia dei primi e più immediati utilizzatori delle «scoperte»). Il che è apparso, e appare tuttora, a mio avviso, davvero emblematico e quasi di valore paradigmatico, proprio in occasione del manifestarsi e del perdurare della pandemia da coronavirus.

5 Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica Scienza, diritto e tecnica: dal mondo «solido» a quello «liquido» La problematicità dei rapporti che corrono, sempre e comunque (di fatto e oggettivamente, verrebbe da dire), fra il mondo del diritto e dunque della politica e quello della scienza e della tecnica, e perciò dell inventiva e della scoperta, da un lato, e dei saperi esperti, dall altro, non mi sembra essere in alcun modo un fatto secondario, o peggio neutrale. È tale e tanto infatti il peso assunto dalla scienza e dalla tecnologia, è tale e tanto il ruolo sempre più rilevante giocato dal progresso scientifico e tecnologico nelle società affluenti che è verosimilmente la struttura materiale del diritto (e quindi il mondo della regolazione e della gestione degli interessi) ad essere toccato e conformato nella sua essenza più profonda e significativa. E molto spesso del tutto obiettivamente, quasi per la forza delle cose e degli eventi che debbono essere affrontati e gestiti. Mi sembra necessaria, a questo riguardo, una più attenta contestualizzazione del tema: il rapporto fra scienza, tecnica e diritto è verosimilmente antico quanto la storia della presenza dell uomo sul nostro pianeta, nel senso che è piuttosto la conformazione degli ordinamenti giuridici ad opera della scienza e della Tèchne che muta nel corso del tempo, per qualità e quantità. Per fare un solo esempio, non sarebbe dubitabile, almeno secondo una certa lettura 4, che, nell esperienza molto risalente ma paradigmatica delle «società idrauliche», l esigenza di porre norme «tecniche» in merito alla regimazione delle acque e al loro sfruttamento ragionato abbia addirittura contribuito, nella «terra dei due fiumi», alla nascita della scrittura (il codice Hammurabi). E forse non è neppure dubitabile, a mio modo di vedere, che siano state le acquisizioni scientifiche e le abilità tecnologiche di quell epoca ad orientare e anzi a conformare il diritto, ossia a costituire la grammatica e la sintassi della regolazione giuridica. Se questo è vero e vale già a dimostrare quanto possa essere importante e dunque condizionante il ruolo giocato dalla scienza e dalla tecnica nell incontro con il mondo del diritto mi pare egualmente non dubitabile, in conseguenza delle tante «rivoluzioni industriali» che hanno contrassegnato la storia umana, fino al momento attuale segnato dalla robotistica e dalla transizione verso la digitalizzazione dei processi cognitivi e deliberativi, che il peso e il ruolo, maieutico e conformativo, della scienza e della tecnica sia cresciuto a dismisura, forse oltre ogni aspettativa. Parrebbe quasi di trovarsi al cospetto della (tardiva e forse definitiva) vittoria del Secolo dei Lumi, e pertanto al primato, conquistato sul campo, della «ragion pratica» rispetto alla «ragion pura»; ma tant è, il fenomeno sembrerebbe inarresta- 4 Cfr., per tutti, K.A. Wittfogel, in molti contributi, ma spec. Il dispotismo orientale, Milano, 1980, passim.

6 364 bile e irreversibile e non manca comunque di porre delicatissimi problemi (rispetto della privacy e, in generale, dell Humanitas, ossia delle fondamentali attribuzioni e diritti della persona) 5. Solo che e il punto deve essere, a mio avviso, oggetto di una particolare riflessione quasi per una sorta di cortocircuito dell intelligenza, la scienza e la tecnologia, che della prima è la figlia (talora illegittima), sono andate per così dire in blocco, quasi per una perversa, e pervertitrice, eterogenesi dei fini. La Scienza (quella con l iniziale maiuscola), nella quale tutti confidiamo così come del pari confidiamo nelle sue applicazioni pratiche (la Tecnologia), la quale dovrebbe diffondere e dispensare certezze e valori se non assoluti quantomeno affidabili, ed affidabili perché stabili nel tempo e nello spazio e comunque controllabili, è andata in qualche misura in blocco, come prima già constatavo, quasi si trattasse di una mutazione genetica del suo DNA. Qualcuno ha scritto: «Se la scienza potesse fallire un topolino muoverebbe una montagna» 6. Ebbene, il topolino ha mosso un intera catena montuosa, sicché il peso della scienza e della tecnologia è sì cresciuto a dismisura ma il valore cognitivo delle proposizioni scientifiche appare fortemente relativizzato, in quanto si tratterebbe di mere congetture, e come tali sottoposte alle opportune procedure di verificazione/falsificazione 7. E, cioè, la scienza ci trasmette un sapere intrinsecamente relativo, e dunque debole, in quanto è la stessa evoluzione, continua e inarrestabile, del progresso scientifico che, paradossalmente, finisce quasi col relativizzarlo, confinando quindi nel limbo del provvisorio ciò che si vorrebbe invece come affidabile e stabile, ossia duraturo nel tempo e nello spazio. Il che non è probabilmente evitabile in quanto la ricerca scientifica e le applicazioni tecnologiche che ne vengono fatte non possono essere limitate, o peggio impedite, se non al cospetto di particolari eventi e condizioni. Ad ogni buon conto, essendo fuor di dubbio che ogni discorso relativo alla libertà, e soprattutto all indipendenza della scienza, si colloca su un piano inclinato, e anzi su un terreno davvero scivoloso, mi sembra necessaria un ulteriore constatazione, per elaborare la quale mi collocherò «sulle spalle dei giganti». Il mondo che ci siamo lasciati alle spalle, con i suoi pregi e le sue manchevolezze, si caratterizzava comunque per una certa solidità dei concetti e dei valori che proponeva, o almeno tali essi sembravano, benché anche ciò che era parso 5 E si veda, in questa direzione, per un profilo critico, S. Zuboff, The Age of Surveillance Capitalism, New York, 2019 e già Z. Bauman, Sesto potere: la sorveglianza nella modernità liquida, Roma-Bari, È un verso di E.E. Cummings, riportato da V. Mazzarelli in epigrafe al suo volume Le convenzioni urbanistiche, Bologna, Secondo quanto teorizzato spec. da K., Popper, in più contributi, e segnatamente in La società aperta e i suoi nemici, Roma, 1996.

7 Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica 365 per secoli fisso e immutabile sia stato spesso superato e archiviato, magari a conclusione di procedimenti di una sconcertante, inattesa gravità. E ciò conferma, al di là di ogni possibile dubbio, che anche nel mondo solido del nostro passato la scienza non ha mai fatto sconti, in quanto è tipica e propria del suo DNA la tensione innata a superare sé stessa. Ciò nondimeno il passaggio, ben visibile, anche ad un occhio distratto e disattento, dal mondo solido nel quale le nozioni, le definizioni e le categorie (poche ma buone, eventualmente!) ci confortavano e ci rassicuravano alla «modernità liquida», nella quale, al contrario, i concetti e le categorie della conoscenza sono molto spesso indefiniti, e anzitutto instabili e relativi, ha segnato in profondità il dialogo, spesso conflittuale, fra scienza e diritto. E con alcuni focus point che paiono essere punti di non ritorno, a quanto si può arguire, perché «conseguenze della modernità» con le quali ci si deve necessariamente misurare. Di fondamentale rilievo, a mio avviso, è la compenetrazione sempre più stretta tra diritto, scienza e Tèchne, sicuramente originata non solo dallo straordinario progresso scientifico e tecnologico del «secolo breve» e degli ultimi due decenni ma egualmente dall emersione di nuovi interessi, di nuove sensibilità nel quadro davvero «liquido» delle società affluenti del capitalismo maturo. E, infatti, dal diritto dell ambiente a quello sanitario, da quello degli alimenti a quello dei beni culturali fino alle discipline relative al digitale ed alle «nuove» tecnologie, tutto spinge verso una sempre più forte attenzione del diritto, in quanto regolatore e gestore di interessi pubblici e privati, per settori e campi disciplinari (ascrivibili, in larga parte, al diritto pubblico) prima ignorati oppure sottovalutati. Lo stesso diritto urbanistico, di antica collocazione negli ordinamenti positivi, si presenta ormai soprattutto nella veste, contemporanea e seducente, di governo del territorio. Su questa linea di ragionamento si incrociano in realtà molti passaggi, spesso contraddittori o comunque perplessi, essendo pertanto tutt altro che semplice enucleare dei punti fermi e di non ritorno, sicché mi limiterò alla declinazione in termini meramente descrittivi di alcune proposizioni soltanto ipotetiche. Mi sembra fuor di discussione, ad esempio, che, al cospetto delle davvero non gratificanti «conseguenze della modernità» indotte da un certo tipo di sviluppo economico supportato da una certa ricerca scientifica e tecnologica (cambiamenti climatici, riscaldamento dei mari, estinzione di specie animali e vegetali, ecc.) sia radicalmente mutata la sensibilità ambientale di vasti strati di popolazione, almeno nelle società del capitalismo maturo. Ed è altrettanto fuor di discussione che tale accresciuta sensibilità impatta fortemente sul mondo del diritto, sotto forma di pressione politica e di controllo sociale e anche in quanto presenza attiva innanzi alle giurisdizioni; ed è del pari evidente che il diritto dell ambiente, non

8 366 meno di quello sanitario, è fortemente implicato con la scienza e la tecnica, dovendone anzi seguire gli sviluppi evolutivi, secondo quanto disvela, senza che siano necessari particolari commenti, l istituto della BAT (Best Technology Available). In questo senso, anche la tragica pandemia da coronavirus mette a fuoco in modo esemplare le ragioni, ora profonde ora occasionali e relative, di un conflitto sempre latente fra la scienza e la tecnica, da un lato, e l indirizzo politico, dall altro, quando non evidenzi addirittura il contrasto, malsano e deleterio, fra i diversi poteri dello Stato (fra lo Stato, le regioni e i comuni), contrasto del quale non v è certo bisogno e che comunque è ancora una volta il diritto a dover sedare e comporre. Ora, anche il diritto sanitario è, vorrei dire per definizione e dunque per una sorta di oggettività naturale, strettamente implicato e intrecciato con la scienza e la Tèchne al punto da non esserne semplicemente condizionato ma anzi addirittura conformato. E, anche in questo caso, il conflitto che con una certa frequenza può emergere fra il mondo della politica (e cioè dei regolatori, dei decisori pubblici cui compete l elaborazione dell indirizzo politico e la messa in campo delle misure a carattere attuativo/esecutivo) e quello della scienza origina, in qualche modo, dalla «liquidità» del pensiero scientifico, il quale in ragione del metodo sperimentale che deve essere seguito non può manifestarsi che in questa forma: ossia come relativo e provvisorio. Va da sé che l incertezza, la relatività e la provvisorietà delle acquisizioni scientifiche, specialmente nei domini delle scienze c.d. dure, contribuiscono ad implementare il carattere incerto e perplesso della regolazione, a monte, e della gestione degli interessi, a valle, con esiti complessivi troppo spesso tanto incoerenti quanto inconcludenti. E resta, ovviamente, il problema del conflitto tra scienza e politica, fra le (ottime) ragioni di una scienza libera e indipendente e le (buone) ragioni di una politica consapevole del proprio ruolo, e come tale del tutto intenzionata a dire l ultima parola (quella finale e conclusiva) allorché il contrasto superi una certa soglia e venga elevato a conflitto positivo fra un potere giuridicamente fondato e legittimato e il potere reale che origina dalla ricerca e dalle evidenze scientifiche che il metodo sperimentale (e l analisi quantitativa) hanno consentito di raccogliere. Mi sia consentita una «provocazione», alla luce delle mille problematiche che la gestione della pandemia da coronavirus ha certamente portato alla luce. Ma chi decide (rectius, chi ha l autorità morale e/o giuridica) per assumere, in concreto, le decisioni nel merito che debbono essere mobilitate per gestire le situazioni di massima criticità? Quali attività si chiudono, e con quali vincoli e modalità? Ci sarà, e quando, la ripresa delle lezioni in presenza, e di quali classi, ecc.? E tutto ciò, in qualche modo, al di fuori e soprattutto oltre i pur sapien-

9 Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica 367 ti meccanismi di raccordo procedimentale che sostanziano i rapporti fra organi politici (i ministri, ad esempio) e le commissioni, permanenti o provvisorie, poste al servizio dei suddetti organi politici. Non mi pronuncerò, ovviamente, su quest ordine di problemi, che ho qui evocato a titolo soltanto esemplificativo, ma è certo comunque che il ruolo giocato dai saperi esperti (dagli scienziati e dai tecnici) è assolutamente fondamentale in occasione di tutti quegli eventi, tragici e forieri talora di danni incalcolabili ma spesso non agevolmente prevedibili, i quali si verificano nella «società del rischio», con una frequenza ormai drammaticamente crescente. Ed è peraltro del pari evidente che i saperi esperti si troveranno, in molti casi, in rotta di collisione con le ragioni, i valori, gli obiettivi (e gli interessi) della politica cui spetta, in via definitiva, l ultima parola, nella cornice dei modelli di Stato di diritto. Il principio di precauzione sarà certamente di aiuto, in molte ipotesi, come ognuno di noi ha già potuto verificare (da mucca pazza alla pandemia da coronavirus, con in mezzo molti altri luttuosi eventi) ma non rappresenta forse la panacea capace di risolvere, sempre e comunque, tutti i problemi della «società del rischio». 3. Spunti conclusivi: fra politica, scienza e tecnica La «società del rischio», e cioè un mondo nel quale l uomo, l homo faber, ossia lo scienziato scopre la tragica fallibilità del suo sapere ridotto a mere «congetture», e pertanto il carattere perplesso e labirintico della verità (di ogni verità), è forse il contesto materiale dal quale origina la «modernità liquida» alla quale fa riferimento la più raffinata cultura sociologica degli ultimi decenni. E infatti il rischio è foriero (e anzi quasi sinonimo) di incertezza, forse di un incertezza in qualche modo calcolabile, e quindi non sempre irriducibile, ma è comunque pur sempre espressivo di un pensiero «debole», tale da rappresentarci una condizione materiale (e quasi esistenziale) nella quale non possono esserci che verità e principi «liquidi», ossia relativi e magari addirittura transitori. Il diritto, dal suo lato, è sempre più permeato e conformato dalla scienza e dalla Tèchne e, per altro verso, la scienza e la tecnica non ci forniscono (se mai l hanno fatto!) valori, regole e principi, teorici ed operativi, in qualche modo assolutamente sicuri e anzitutto stabili e duraturi nel tempo. Tutto ciò pone, a mio modo di vedere, una serie di interrogativi in merito sia al problema, antico e ricorrente, del rapporto fra la politica, la scienza e la tecnica, sia riguardo al diritto in quanto tale: c è qualcosa di nuovo circa il modo d essere del diritto in quanto attività di regolazione e di gestione degli interessi nel contesto della «società del rischio»?

10 368 Si tratta di temi strettamente connessi, ma partirò comunque dal secondo, ossia dalla domanda appena formulata. Mi sia consentita una descrizione di sintesi: il diritto, il quale è molto spesso una mera tecnologia applicata (forse anche troppo spesso!), sebbene sia da sempre in qualche misura implicato con la scienza e la tecnica, si è ora quasi trasformato in un diritto fortemente tecnicizzato, tanto esso è pervaso, compenetrato e conformato dalla scienza stessa e soprattutto dal suo formante pratico-applicativo, ossia dalla tecnica. Non mi paiono necessari particolari esempi, a questo proposito: intere branche disciplinari come il diritto dell ambiente, quello sanitario, quello urbanistico, ecc. sono così intrecciate e implicate con la scienza e la tecnica, e da questa stessa così interamente plasmate, da sembrare davvero superfluo ogni ulteriore commento. E così, analoghe considerazioni possono essere fatte se pensiamo alla struttura materiale degli allegati, delle linee guida, e di ogni altra fonte atipica, quando pure di soft Law, e a prescindere dalla loro (non sempre certa) collocazione nel sistema delle fonti del diritto. Quest ultimo accenno è già emblematico e rappresentativo, a ben vedere, di una certa mutazione in atto, rilevante per qualità e quantità. Non mi è ovviamente possibile anche soltanto tentare di cogliere tutto il peso straordinario ormai rivestito dall ingresso, massiccio e conformativo, delle «regole della tecnica nel diritto» 8, sicché segnalerò soltanto alcuni elementi di un possibile ragionamento, elementi, a mio avviso, di particolare interesse. È in qualche modo possibile supporre che la forte e massiccia penetrazione della scienza e della tecnica nel mondo del diritto, nel momento in cui quasi muta la «qualità» della regolazione, possa anche contribuire a determinare conseguenze di un certo rilievo sul piano sistemico? Ad esempio: l ingresso «delle regole della tecnica nel diritto» non impatta, in qualche misura, sulla struttura stessa del potere discrezionale, mettendone pertanto in crisi la natura una e tripartita (discrezionalità pura tout court, discrezionalità tecnica e mista) e forse la stessa nozione del potere vincolato? Non mi è ovviamente possibile, visti i limiti del lavoro, anche solo sfiorare i problemi appena sollevati, ma mi sembra tuttavia evidente che la mutata qualità delle norme, sempre più plasmate e conformate dalla scienza e dalla Tèchne, non possa non comportare ricadute di una certa importanza sulla costruzione e definizione del concetto stesso di potere e, segnatamente, del potere degli apparati amministrativi. E ciò, naturalmente, sia considerandosi i rapporti, talora non semplici, tra la funzione legislativa, o comunque di regolazione, e quella ammini- 8 Cfr., per tutti, il lavoro, quasi antesignano e premonitore, di P. Marburger, Die Regeln der Technik im Recht, Colonia-Berlino, 1979, spec. 7 ss. e passim.

11 Scienza e diritto nella società del rischio: il ruolo della scienza e della tecnica 369 strativa, sia ponendo mente al sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti e sui comportamenti dell amministrazione. Temi davvero terribili, in quanto il potere discrezionale è il sistema nervoso dei modelli c.d. a diritto amministrativo (e forse degli stessi ordinamenti di Common Law) e, del tutto simmetricamente, il controllo dei vizi della discrezionalità libera (i freien Ermessen Fehler) 9 costituisce il limite, e quasi l antidoto, che lo Stato di diritto oppone allo strapotere degli apparati amministrativi. Se questo è vero, parrebbe evidente che, almeno dall angolo visuale nel quale mi sono posto, ciò che soprattutto rileva, con un capacità attrattiva e diffusiva che ne scolpisce il valore assolutamente generale, è l impatto conformativo della scienza e della tecnica sulla natura e sulla struttura del potere discrezionale: il che non è poco, e anzi è tantissimo in quanto, come prima accennavo, è il sistema nervoso dei modelli di Stato di diritto ad essere toccato. E, sia per quel che concerne la funzione legislativa e di regolazione che per quella amministrativa, sui «rami bassi» dell ordinamento. Ciò mi consente di spendere qualche parola in ordine al rapporto fra la politica, la scienza e la tecnica. Infatti, è proprio il potere discrezionale anche sotto quel profilo di straordinario valore sistemico ad essere obiettivamente al centro di ogni riflessione, sebbene ovviamente perplessa e davvero soltanto interlocutoria. Sotto questo riguardo, mi sembra ancora una volta che la difficile esperienza pandemica che tutti stiamo vivendo metta a nudo tutti gli angoli del problema: chi fa e cosa fa, in buona sostanza? E cioè chi decide, quando vi siano dubbi, incertezze oppure vada consolidandosi una nuova situazione di fatto? E chi controlla chi decide? Domande davvero terribili perché ad essere in gioco sono interessi collettivi ed individuali di primaria importanza: la salute e alcune fondamentali libertà (di riunione, di movimento addirittura, di fare impresa, ecc.). Quale sarà il potere non solo legittimo, ma soprattutto legittimato, che potrà (dovrà?) assumere le scelte, coerenti seppure severe, necessarie per efficacemente contrastare la pandemia in atto? Abbiamo assistito un po dappertutto, anche in paesi in genere molto efficienti (la Germania, per tutti), al profilarsi di percorsi accidentati e contraddittori, trovandoci tuttavia sempre dinnanzi allo stesso dilemma di fondo: ma a chi spetta l ultima parola, alla Politica, oppure alla Scienza e alla Tecnica? Mi sembra opportuno precisare che l interrogativo appena posto non è teorico, in quanto è fuor di dubbio che in ogni modello di Stato legale la funzione 9 Per tutti, anche per ogni più completo riferimento alla dottrina di lingua tedesca, S. Cognetti, Profili sostanziali della legalità amministrativa, Milano, 1993, passim.

12 370 di indirizzo spetti alla politica, con il supporto ovvio dei saperi esperti, come già visto, entro i limiti e con i caratteri con i quali tale relazione di supporto sia prevista e disciplinata. Sicché, il vero problema è forse il seguente: ma entro quali limiti, e con quali caratteri, le convinzioni e le proposte che provengono dal mondo dei saperi esperti, e che sono in quanto tali espressioni di una discrezionalità tecnico-scientifica che interfaccia con la politica, sono in grado di condizionarla in modo importante e magari persino conformativo e risolutivo? Non mi è certo possibile fornire una qualche risposta, anche meramente interlocutoria, al groviglio di domande e questioni aperte che ho cercato di porre. Ciò che mi sembra soltanto possibile supporre è che, nel quadro delle contemporanee società affluenti, la cui vita è sempre più spesso turbata e sconvolta da eventi tragici e drammatici (dalle pandemie alle gravi situazioni di collasso ambientale per le molteplici ragioni a tutti note), il tema del rapporto, critico e difficile, tra il mondo della politica e quello della scienza e della tecnica si riproporrà con una certa frequenza ciclica. E di questo tema, sarà proprio il diritto a doversi far carico, sempre che non voglia rinunciare alla funzione assertiva e definitoria che da sempre gli è propria e coessenziale.