13a Commissione Senato. (Territorio, ambiente, beni ambientali) Audizione di FISE Assoambiente su
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- Ilaria Fiorini
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1 13a Commissione Senato (Territorio, ambiente, beni ambientali) Audizione di FISE Assoambiente su Affare sui profili ambientali della Strategia energetica nazionale (S.E.N.) (n. 932) Roma, 21 marzo 2017 FISE Assoambiente ROMA: Via del Poggio Laurentino, Roma- Tel Fax MILANO: Via di S. Marta, Milano - Tel Fax assoambiente@assoambiente.org
2 PREMESSA FISE Assoambiente è l Associazione che rappresenta a livello nazionale ed europeo le imprese che operano in Italia nel settore dell igiene ambientale, delle bonifiche e dello smaltimento e recupero dei rifiuti incluso il recupero energetico dai rifiuti, urbani ed industriali, per la produzione di energia da fonte rinnovabile. In merito ai profili ambientali connessi alla Strategia energetica nazionale FISE Assoambiente evidenzia quanto di seguito riportato. IL CONTRIBUTO DEI RIFIUTI PER LA SOSTENIBILITA AMBIENTALE DELLA S.E.N. Il tema dell energia è un argomento di grande rilievo per lo sviluppo di un Paese la cui riflessione coinvolge l analisi del mercato, la pianificazione di infrastrutture, la mobilizzazione di ingenti risorse finanziarie ma, come ribadito anche nella S.E.N., rilanciare la competitività non implica tuttavia un compromesso con le scelte di sostenibilità ambientale che sono state fatte con l adesione agli obiettivi europei per il 2020 e con la definizione del percorso di decarbonizzazione verso il Al contrario, è necessario che competitività e sostenibilità ambientale vadano a braccetto. In merito all oggetto dell Affare n. 932 sui profili ambientali della Strategia energetica nazionale (S.E.N.), si ritiene che la Strategia abbia a suo tempo considerato anche questo profilo di sostenibilità. Infatti, citando solo alcuni passaggi, per quanto di competenza, si legge che: - tra le priorità nel medio-lungo periodo, ovvero per il 2020, per il raggiungimento degli obiettivi occorrerà inoltre orientare la spesa verso le tecnologie e i settori più virtuosi, ossia con maggiori ritorni in termini di benefici ambientali e sulla filiera economica nazionale (in tal senso, particolare attenzione verrà rivolta al riciclo e alla valorizzazione dei rifiuti). Le rinnovabili rappresentano infatti un segmento centrale di quella green economy che è sempre più considerata a livello internazionale un opportunità per la ripresa economica - il riciclo e la valorizzazione dei rifiuti, in logica circolare, rappresentano un occasione significativa per lo sviluppo sostenibile e va considerata sistematicamente in tutte le iniziative in corso di definizione nei diversi ambiti di intervento (ad esempio nel settore delle rinnovabili)[ ]: rispetto allo smaltimento dei residui in discarica oggi ancora largamente diffuso, il riciclo e, Strategia Energetica - per quanto riguarda i trasporti, nel breve termine, richiama l azione del Governo verso la produzione più sostenibile, con premialità in particolare per i biocarburanti prodotti da rifiuti e sottoprodotti L efficacia però del previsto percorso di decarbonizzazione, da realizzarsi attraverso innovazione tecnologica e soprattutto discontinuità per quanto riguarda le soluzioni da adottare, dovrebbe forse essere aggiornata in ragione di alcuni insuccessi e difficoltà nell attuare tale transizione.
3 Come già riportato nella Strategia, non può essere trascurato l apporto energetico da parte dei rifiuti, sulla cui disponibilità il nostro Paese certamente non difetta. Ma risulta ancora difficile a livello nazionale accantonare i falsi preconcetti sul recupero di energia dai rifiuti, a valle del riciclo, e valutare concretamente gli impatti ambientali e i contributi, anche minimi, considerato inoltre che trattasi di fonte energetica programmabile, che possono derivare dall utilizzo di tale fonte considerata la necessità di ridurre per quanto possibile la dipendenza energetica dalle fonti primarie, non solo in ambito nazionale ma anche europeo. Anche nel Piano di Azione Nazionale sulle fonti rinnovabili (PAN), oltre a ribadire la necessità di sfruttare il potenziale energetico dei rifiuti per la produzione di elettricità, calore e biogas, coerentemente con quanto disciplinato dalla direttiva 2009/98/CE sui rifiuti (recepita in ambito nazionale con D.Lgs 205/2010), è stata sottolineata la ricaduta positiva in termini di riduzione dei gas climalteranti derivanti dal recupero di energia da rifiuti, sia in virtù del mancato conferimento in discarica, sia in virtù della sostituzione di una quota di energia altrimenti prodotta con combustibili fossili (sulla base di quanto riportato nello studio dell Osservatorio Nazionale dei Rifiuti Riduzione dei gas climalteranti: Potenzialità derivante dal settore di trattamento dei rifiuti ). Un ulteriore riscontro positivo è arrivato anche dallo Studio curato dall Agenzia europea per l Ambiente (EEA) - 'Waste opportunities Past and future climate benefits from better municipal waste management in Europe - pubblicato nell agosto del 2011, che ha evidenziato che una più attenta gestione dei rifiuti che porti alla valorizzazione degli stessi attraverso sia il riciclo che l impiego per produrre energia, può portare anche ad una sensibile riduzione delle emissioni climalteranti. Ecco perché la nuova direttiva 2008/98/CE sui rifiuti insiste sulle potenzialità del riciclo e del recupero di energia che, solo se verranno intensificate, potranno ridurre nel 2020 le emissioni di gas serra derivanti dalla gestione dei rifiuti urbani da 55 a 10 milioni di tonnellate di CO 2 equivalenti l anno, ben oltre gli obiettivi del protocollo di Kyoto. Il 75 % delle emissioni evitate totali sarà dovuto al riciclaggio e quasi il 25% al recupero energetico dai rifiuti. Il bilancio energetico complessivo delle operazioni di trattamento e smaltimento (includendo i consumi per i trattamenti meccanico-biologici, la produzione di CDR, la discarica, ecc.) comporterebbe un risparmio per circa 3,25 milioni di tep. Inoltre, in base allo studio presentato sempre dalla Commissione europea nel novembre del 2011 ( Implementing UE waste legislation for green growth ), una piena attuazione della legislazione comunitaria sui rifiuti consentirebbe di risparmiare 72 miliardi di euro l'anno, con possibilità di creare oltre posti di lavoro entro il Più recentemente, il 26 gennaio 2017, la Commissione europea ha trasmesso al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, la Comunicazione su Il ruolo della termovalorizzazione nell'economia circolare [COM(2017) 34 final] evidenziando che nel caso di alcuni flussi di rifiuti specifici, per ottenere il miglior risultato ambientale può essere necessario discostarsi dall ordine di priorità della gerarchia, tra l altro per motivi di fattibilità tecnica, redditività economica e protezione dell ambiente.[ ] Ad esempio, in taluni casi [ ] lo smaltimento o il recupero di energia possono essere preferibili al riciclaggio. Inoltre il sostegno finanziario dell UE disponibile per la ricerca e l innovazione nelle tecnologie di termovalorizzazione [ ] contribuisce a garantire la continuità della leadership dell UE e la commercializzazione delle tecnologie avanzate per l efficienza energetica.
4 In base a quanto riportato negli ultimi rapporti sui rifiuti di ISPRA, in Italia sono prodotti circa 29,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (dato 2015) e circa 130,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (dato 2014), derivanti dal settore produttivo, di cui 122 milioni di speciali non pericolosi. Tralasciando il dato sul recupero di materia, per quanto riguarda i rifiuti urbani, nel 2015, il 26% è smaltito in discarica e quasi il 19% termovalorizzato. Gestione RU 2015 (Rapporto ISPRA 2016) Mentre per i rifiuti speciali, nel 2014, si arriva a circa l 8% smaltito in discarica e solo il 1,6% termovalorizzato. Gestione RS 2014 (Rapporto ISPRA 2016)
5 Il documento della S.E.N. riprende lo spirito delle indicazioni fornite dalla Commissione europea nella Tabella di marcia per l energia 2050 (COM(2011)885) dove, pur nella consapevolezza che le rinnovabili comporteranno oneri maggiori rispetto ai combustibili fossili, viene ribadita l importanza per i Paesi membri di trovare soluzioni energetiche pluriennali e valide, anche ai fini della riduzione delle emissioni climalteranti, garantendo la necessaria continuità e la stabilità affinché la produzione europea di energie rinnovabili si sviluppi fino al 2030 e oltre. Sicuramente una corretta gestione dei rifiuti riveste un ruolo particolarmente rilevante rispetto ai quattro obiettivi principale del S.E.N.: Competitività Ambiente e qualità Sicurezza Crescita In particolare, in considerazione della specificità del nostro Paese in questo settore, che vede la necessità e l urgenza di rapidi interventi diretti ad evitare il moltiplicarsi di situazioni di emergenza, la messa in campo di politiche nazionali di riduzione dei rifiuti, la massimizzazione del recupero di materia e della valorizzazione energetica della frazione biodegradabile dei rifiuti non ulteriormente riciclabili: - contribuirebbe ad una gestione più virtuosa degli stessi (riduzione del conferimento in discarica); - fornirebbe un prezioso contributo alle politiche di efficienza delle risorse e di risparmio energetico; - fornirebbe un contributo alla riduzione dei gas climalteranti; - risolverebbe anche problemi a valenza sociale, considerato che la gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse (art. 1 del D.Lgs 152/06 e smi). Di fronte al contributo, sia in termini di riduzione CO 2 che di produzione di energia, che potrebbe giungere dalla componente rifiuti (riciclaggio e valorizzazione energetica) e al contempo la valenza sociale di una più virtuosa gestione degli stessi che eviterebbe il ricorrente presentarsi di emergenze, tuttavia sembra che anche l approccio seguito alla definizione della S.E.N. evidenzi un disallineamento rispetto alle stesse indicazioni richiamate nella stessa, sia per quanto riguarda lo sviluppo e sia in merito alla revisione degli incentivi per il settore rappresentato. In tale ottica sarebbe necessario, a nostro avviso, riuscire a sviluppare, all interno della S.E.N., in termini meno sintetici e più mirati, un contesto prospettico relativo proprio al contributo che potrebbe giungere dalla componente rifiuti (recupero di materiali e valorizzazione energetica), considerato anche l attuale quadro normativo in materia. L ottenimento di un ciclo di gestione integrato ed efficiente, anche ai fini degli obiettivi definiti nella S.E.N., è oggi fortemente ostacolato dalle condizioni che si sono venute a creare: tra questi il possibile accesso al mercato di iniziative e risorse private (nel rapporto I costi del non fare questo ritardo di interventi in materia è stato quantificato in 24 mld euro tra ) in questi anni è stato di fatto bloccato o rallentato, in particolare per gli impianti di recupero di energia dai rifiuti, dall assenza di stabilità del valore nel tempo dei certificati verdi (in continua diminuzione dal 2007) che ha impedito agli Istituti Finanziari di valutare la redditività dei progetti e quindi di concedere il necessario
6 finanziamento pluriennale (project financing) per la realizzazione dei nuovi impianti. Le soluzioni impiantistiche variano per tipo di biomasse, tecnologia utilizzata e prodotto finale (solo energia elettrica, combinata con produzione di calore, solo energia termica). A questo si aggiunge la tempistica, mediamente riscontrata dagli operatori (da Gli impianti di trattamento dei rifiuti in Italia di FISE Assoambiente 2010), per l autorizzazione a questi impianti (peraltro caratterizzata da forte disomogeneità a livello nazionale) che prevede da un minimo di quattro anni dall approvazione del progetto ad un massimo di quasi sei anni, considerando il fatto che su queste procedure incidono generalmente ed in maniera significativa non solo la complessità tecnologica dell impianto, ma spesso anche la capacità e la volontà in ambito locale di accettazione degli stessi. Un ulteriore elemento di instabilità è rappresentato, inoltre, dalla recente adozione da parte delle Autorità preposte alla riscossione o al riconoscimento degli incentivi, di una diversa restrittiva valutazione delle condizioni, stipulate e verificate a suo tempo, che comporta una restituzione retroattiva di incentivi, a suo tempo erogati, da parte degli operatori. Tutti questi elementi non solo compromettono il supporto che il settore può fornire al fine del raggiungimento degli obiettivi energetici del Paese ma, a livello di servizi di igiene urbana, rendono impossibile, in sede di gara, stabilire una tariffa certa e stabile nel tempo a fronte di un servizio pubblico essenziale, per altro non interrompibile, che non permette l applicazione di una fluttuazione del valore della tariffa di trattamento nel breve periodo. Il recupero di materiali ed energia dai rifiuti contribuiscono agli obiettivi di efficienza energetica e costituiscono anche un importante fattore di protezione ambientale perché consentono il risparmio di risorse, anche energetiche, non rinnovabili, permettono di evitare emissioni dagli impianti alimentati a combustibili fossili, in particolare, come già ricordato, contribuiscono alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Da 1 tonnellata di rifiuto urbano, residuo dalla raccolta differenziata, si possono produrre 750 kwh di energia elettrica equivalenti a: 5 m 2 di pannelli fotovoltaici 500 m 2 di superficie coltivata per produrre biomassa (produzione 20 t/a per ettaro) e, inoltre, fino kwh di energia termica impiegabile ad esempio per riscaldamento di edifici, equivalenti a: 150 m 3 di metano Ipotizzando al 2020 un raddoppio delle quantità di rifiuti avviate a recupero in impianti di termovalorizzazione di rifiuti urbani (da 5 milioni a 10 milioni di tonnellate) otterremmo una produzione di 7,5 TWhe/anno equivalenti a: 2 % del fabbisogno nazionale di elettricità km 2 di superficie coltivata a biomassa per energia 50 km 2 di pannelli fotovoltaici risparmio di oltre 1,5 miliardi di metri cubi all anno di metano Dal punto di vista della riduzione delle emissioni climalteranti, considerando che la forestazione di superficie consente di assorbire circa 5 t/a x ha di carbonio, ovvero 1,8 kg/a x m 2 di CO2 (IPCC report 2000), si evidenzia che il recupero energetico di 1 ton. di rifiuti urbani, in alternativa allo smaltimento
7 in discarica controllata, consente di evitare l emissione di (almeno) 500 kg di CO 2 equivalente, corrispondenti a oltre 250 m 2 di superficie riforestata. Gli impianti che trattano i rifiuti possono produrre, a seconda della tipologia e della tecnologia adottata, sia energia elettrica che termica nonché biogas che a sua volta può essere trasformato in energia elettrica o termica oppure biometano che può essere immesso nella rete di distribuzione del gas oppure utilizzato come carburante per autotrazione in sostituzione dei combustibili fossili. L utilizzo del biometano in Italia è considerato da molti una possibilità di elevato valore strategico per la politica energetica nazionale. Il documento di S.E.N riporta che occorrerà supportare opportunamente lo sviluppo del biometano per l uso nei trasporti. Secondo alcuni studi, il potenziale di crescita è importante in termini di volumi fino a un miliardo di metri cubi l anno, soprattutto per il biometano ottenibile da allevamenti, imprese di trasformazione alimentari e discariche e in termini di ricadute per la filiera industriale, tenuto conto della leadership dell industria italiana nel settore delle auto a metano e della possibilità di puntare ad un posto di primo piano anche su altri mercati. Occorrerà quindi creare le condizioni per garantire la piena competitività del biometano, commercializzabile anche attraverso la rete di distribuzione del gas naturale, con altri biocarburanti di importazione. Gli scenari sulle potenzialità del biometano da rifiuti sono molto interessanti visti gli obiettivi nazionali di impiego di biocarburanti avanzati, i bassi impatti ambientali rispetto ai carburanti tradizionali e le potenzialità di impiego nazionali nonché gli obiettivi nazionali in materia di tutela ambientale, risparmio di risorse, energetiche e materiali, gestione sostenibile dei servizi pubblici locali senza dimenticare le ricadute positive sulle tariffe all utenza. Negli ultimi decenni si è sviluppato e consolidato un sistema industriale dedicato al trattamento dei rifiuti organici che, nel 2014, conta circa 300 impianti di compostaggio (dati ISPRA). Tra questi è in aumento il numero di impianti di digestione anaerobica con un totale di 46 impianti operativi (dati CIC 2014). La raccolta della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU), sulla spinta dei target europei (con un obiettivo del 50% di riciclaggio al 2020, che probabilmente verrà rivisto in senso più ambizioso nell ambito della revisione della Direttiva Quadro sui Rifiuti) e nazionali (obiettivo del 65% di raccolta differenziata), è costantemente in crescita nell ultimo decennio e nel 2014 rappresenta oltre il 45% del totale della raccolta differenziata urbana. Sostenere la filiera della frazione organica vuol dire pertanto anche promuovere la gestione ecosostenibile dei rifiuti urbani. La digestione anaerobica della FORSU consente di integrare la produzione di compost (recupero di materia) con la generazione di un vettore energetico (il biogas), consentendo tra l altro di contenere gli spazi necessari al processo e gli impatti ambientali derivanti dal suo svolgimento. Il digestato, di fatto materiale semi-lavorato, può essere finalizzato in ammendante compostato attraverso una fase aerobica sostanzialmente più breve del tradizionale processo di compostaggio. Le tecnologie di trattamento in questo settore sono ormai consolidate ed adeguate ai migliori standard di efficienza e di sostenibilità. Il biometano permette di contribuire alla decarbonizzazione del settore dei trasporti con la produzione di un biocarburante avanzato realizzato con tecnologie e biomasse nazionali. Inoltre il suo essere prodotto quasi esclusivamente entro i confini dell Unione Europea rende molto più agevole ed affidabile la verifica della sua effettiva sostenibilità come biocarburante in ragione della presenza di meccanismi di auditing rigorosi ed indipendenti approvati e monitorati dalla Commissione Europea, riducendo la dipendenza da biocarburanti prodotti in aree del mondo dove la produzione di biomasse presenta aspetti
8 critici, sia sul piano della preservazione della biodiversità e dei sink naturali di carbonio, che su quello degli impatti sulla disponibilità di cibo. L impiego del biometano in particolare nei servizi pubblici locali (ad esempio flotte per la raccolta dei rifiuti urbani o per il trasporto pubblico locale) permette la concreta implementazione di politiche di economia circolare, di risparmio di risorse e di tutela ambientale in virtù di molteplici punti di forza: è un prodotto ecosostenibile e una fonte energetica rinnovabile; la sua produzione sostiene l'applicazione di un corretto ciclo dei rifiuti; è un prodotto locale; e' un prodotto nazionale; è un biocarburante avanzato, a basso impatto ambientale, già impiegabile nell'autotrazione a metano - settore in cui l'italia rappresenta una best practice mondiale quindi potenzialmente molto competitivo rispetto ai carburanti tradizionali anche alla luce dei target europei e nazionali in materia. Il nostro Paese ha una lunga tradizione nella produzione di veicoli a metano e ancora oggi detiene la leadership tecnologica nel mondo ed il primato in Europa quanto a veicoli che utilizzano questo carburante (circa mezzi a metano alla fine del 2015), inoltre in Italia è operativa una rete che alla fine del 2015 ha superato i distributori stradali. Vengono consumati in autotrazione oltre 1 miliardo di metri cubi di gas naturale all anno Iniziando ad impiegare biometano nel settore trasporti, si avrebbero importanti impatti positivi sull ambiente in termini di riduzione della CO 2. Secondo DENA un veicolo alimentato a gas naturale e biometano miscelati (60 e 40%) produce nel ciclo well to wheel le stesse emissioni di CO 2 di un analogo veicolo elettrico a batterie, ricaricate con energia elettrica e prodotta secondo il cosiddetto mix europeo (che comprende produzione termoelettrica, nucleare e rinnovabile). Nel caso in cui il veicolo sia alimentato totalmente a biometano, le emissioni sarebbero le stesse di un veicolo elettrico alimentato interamente con energia eolica A livello comunitario, la Commissione Europea (CE), con la direttiva 2014/94/EU, del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sullo sviluppo dell infrastruttura per i combustibili alternativi (DAFI), ha previsto che gli Stati Membri adottino, entro il 2016, dei piani di sviluppo delle diverse fonti alternative per il settore dei trasporti, dove per Carburanti alternativi" si intendono quelli utilizzati almeno parzialmente per la sostituzione dei carburanti fossili nel settore dei trasporti e che hanno una potenzialità di contribuire alla decarbonizzazione ed al miglioramento delle prestazioni ambientali di questo settore, ed includono, tra l altro, i biocarburanti (come definiti nella Direttiva 2009/28/EC) e il gas naturale, incluso il biometano, nella forma gassosa e liquida. Anche lo sviluppo potenziale del biometano, pur previsto nella S.E.N., risulta però frenato per il mancato completamento del quadro normativo e tecnico. Per quanto riguarda il trasporto, l evoluzione tecnologica e la ricerca offrono oggi anche ulteriori soluzioni che la S.E.N. dovrebbe considerare, sempre nell ottica della sostenibilità ambientale. Considerando che oggi i carburanti sono frutto di miscele di combustibili da diverse fonti (essenzialmente distillati di petrolio provenienti da diverse aree geografiche), la direttiva europea
9 2015/1513 del 9 settembre 2015 prevede che in queste miscele la quota di biocarburanti dovrà arrivare al 10% nel Il consumo annuo della sola benzina in Italia nel 2015 è stato di circa 7,5 mln di ton e quindi secondo la norma europea il mercato italiano richiederà ton/anno di biocarburanti da miscelare alla benzina. Tra i biocarburanti particolare rilievo hanno quelli cosiddetti avanzati, ad es. quelli derivati da rifiuti e che oggi consentono la produzione anche di metanolo. Il metanolo è un prodotto molto versatile (produzione mondiale annua circa 80 milioni di tonnellate) e viene utilizzato principalmente come base per altri prodotti chimici ma anche come carburante additivo nella benzina. Il metanolo prodotto dai rifiuti può essere utilizzato come biocarburante avanzato ai sensi della norma europea. Con una tonnellata di CSS si producono circa 400 kg biometanolo. Se tutto il CSS che attualmente non trova collocazione, venisse convertito in biometanolo se ne potrebbero produrre ton/anno, praticamente raggiungendo la quota fissata dalla legge, evitando peraltro emissioni in atmosfera. CONCLUSIONI Nonostante la necessità, ribadita non solo a livello europeo (anche con il recente progetto Energy Union) ma anche dalla S.E.N., di sfruttare il potenziale energetico dei rifiuti nella la produzione di elettricità, calore e biogas, ad oggi sono diversi i profili di criticità che ostacolano tale comparto, impedendo di fatto la realizzazione della Strategia, nella sua componente eco-sostenibile: - un contesto normativo ancora non completo e la mancanza di stabilità della regolazione normativa ha impedito agli Istituti Finanziari di valutare la redditività dei progetti e quindi di concedere il necessario finanziamento pluriennale (project financing) per la realizzazione dei nuovi impianti; - l adozione da parte delle Autorità preposte alla riscossione o al riconoscimento degli incentivi, di una diversa restrittiva valutazione delle condizioni, stipulate e verificate a suo tempo nell ambito di un piano finanziario, che comporta non solo una riduzione dell erogazione prevista, ma anche una restituzione retroattiva di incentivi, a suo tempo erogati, da parte degli operatori; - un clima di ostilità e pregiudizi verso tecnologie connesse all uso di rifiuti, che peraltro si sono profondamente evolute in questi anni, assicurando prestazioni elevate, come riportato anche sul sito del GSE, e impatti ambientali e sanitari del tutto accettabili; - difficoltà burocratico-amministrative che di fatto impediscono, allo stato attuale, l avvio dei progetti e l operatività del settore; la lunga tempistica, mediamente riscontrata dagli operatori, per l autorizzazione (peraltro caratterizzata da forte disomogeneità a livello nazionale) a questi impianti, che prevede da un minimo di quattro anni dall approvazione del progetto ad un massimo di quasi sei anni, considerando il fatto che su queste procedure incidono generalmente ed in maniera significativa non solo la complessità tecnologica dell impianto, ma spesso anche la capacità e la volontà in ambito locale di accettazione degli stessi p.76539pe
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