In Nome del Popolo Italiano

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1 N. R.G. 1019/2016 R E P U B B L I C A I T A L I A N A In Nome del Popolo Italiano Il Tribunale di Genova, sezione lavoro, Giudice monocratico dott. Marcello Basilico ha pronunciato la seguente Sentenza nella causa promossa da Agostino Campanella e Mariliana Muratore, avv. M. Iacoviello e S. Santilli contro Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale INPS, avv. C. Lo Scalzo ricorrenti convenuto Conclusioni per i ricorrenti: come da ricorso, in particolare perché venga sollevata questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia dell Unione Europea. Conclusioni per l INPS: come da memoria di costituzione. Motivi della decisione Con ricorso depositato il Agostino Campanella e Marilina Muratore hanno agito nei confronti dell INPS per fare accertare il loro diritto alla perequazione automatica del rispettivo trattamento pensionistico per gli anni dal 2012 in poi, per effetto della sentenza della Corte costituzionale 70/2015 e comunque in applicazione della norma di cui all art. 69, primo comma, legge 388/2000, con conseguente condanna pagina 1 di 7

2 dell Istituto alla corresponsione degli importi così maturati anche sui ratei arretrati oltre accessori. In via preliminare, ai fini dell accoglimento delle domande, hanno chiesto che sia dichiarata non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 24, co. 25, l. 214/2011 nonché dell art. 34, primo comma, l. 448/98 (modificato dall art. 1 l. 109/2015). L INPS si è costituito nel giudizio contestando il fondamento dell azione avversaria e l esistenza di violazioni di norme costituzionale. Ha chiesto di conseguenza la reiezione del ricorso. 1. Le questioni di costituzionalità. Con ordinanza del il Tribunale ha ritenuto non manifestamente infondata la questione sollevata dai ricorrenti. In particolare, anche a seguito degli argomenti portati alla sua attenzione dalla discussione orale svolta dai difensori, ha ritenuto: A).. rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui all art. 24, co. 25 e 25-bis, d.l. 201/2011, convertito nella legge 214/2011, nel testo sostituito dall art. 1 d.l. 65/2015 (convertito in legge 109/2015), nella parte in cui prevedono che: «25. La rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, relativa agli anni 2012 e 2013, è riconosciuta: [.. ] b) nella misura del 40 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore a quattro volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base di quanto previsto dalla presente lettera, l'aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato; [..] 25 bis. La rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, relativa agli anni 2012 e 2013 come determinata dal comma 25, con riguardo ai trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS è riconosciuta: a) negli anni 2014 e 2015 nella misura del 20 per cento; b) a decorrere dall'anno 2016 nella misura del 50 per cento», per violazione degli articoli 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione; B).. rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui all art. 24, co. 25 e 25-bis, d.l. 201/2011, convertito nella legge 214/2011, nel testo sostituito dall 1 d.l. 65/2015 (convertito in legge 109/2015), nella parte indicate al capo a), per violazione dell art. 136 della Costituzione; pagina 2 di 7

3 C).. rilevante e non manifestamente infondata nel caso siano ritenute conformi a Costituzione le disposizioni vigenti di cui all art. 24, co. 25 e 25-bis, d.l. 201/2011 la questione di legittimità costituzionale delle stesse disposizioni in collegamento con la norma dell art. 1, comma 483, legge 147/2013, così come infine modificata dall art. 1, comma 286, lett. b), legge 208/2015, nella parte in cui prevede che «per il periodo la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta: [..] d) nella misura del 50 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore a sei volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite, incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base di quanto previsto dalla presente lettera, l'aumento di rivalutazione è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato; e) nella misura del 40 per cento, per l'anno 2014, e nella misura del 45 per cento, per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi e, per il solo anno 2014, non é riconosciuta con riferimento alle fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS», per violazione degli articoli 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione. Il presente giudizio è stato di conseguenza sospeso il Con sentenza n. 250, depositata l , la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate tutte le questioni di legittimità anzidette, ritenendo altresì inammissibili le questioni di legittimità dei commi 25 e 25-bis dell art. 24 d.l. 201/2011, come successivamente sostituiti e modificati, in collegamento con l art. 1, co. 483, lettere d) ed e) l. 147/2013. Il l INPS ha depositato ricorso per riassumere il presente giudizio, chiedendo che, per effetto della pronuncia 250/2017, le domande avversarie vengano respinte. I ricorrenti hanno depositato nuova memoria per fare dichiarare il proprio diritto alla perequazione automatica della pensione, chiedendo che preliminarmente la questione posta dalla permanenza nel nostro ordinamento delle norme introdotte nel 2015 venga sottoposta in via pregiudiziale alla Corte di giustizia dell Unione europea. La sentenza 250/2017 della Consulta, respingendo le eccezioni d incostituzionalità sollevate anche nella presente causa, ha tenuto fermi i presupposti normativi che, per ammissione della parte attrice stessa, ostano al riconoscimento del suo diritto. Si fa riferimento, in particolare, alla disposizione dell art. 1, primo comma, n. 1, d.l. 65/2015 che ha introdotto una nuova disciplina della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici per gli anni 2012 e 2013, diversa da quella dichiarata incostituzionale con la sentenza 70/2015. pagina 3 di 7

4 Le disposizioni dell art. 24, nei commi 25 e 25-bis, d.l. 201/2011, convertito nella legge 214/2011, nel testo oggi vigente, negano infatti il diritto fatto valere dai ricorrenti, escludendo la perequazione richiesta. 2. La questione di pregiudizialità comunitaria. Occorre di conseguenza valutare se la disciplina sovranazionale della materia, invocata con la nuova memoria depositata dopo la riassunzione del giudizio ed illustrata nella discussione orale successiva, sia di ostacolo all efficacia della normativa interna nei confronti dei ricorrenti e giustifichi il rinvio della causa alla Corte di giustizia dell Unione Europea. La questione pregiudiziale, illustrata dalla difesa attrice anche nella discussione seguita alla riassunzione del giudizio, può essere sollevata d ufficio dal tribunale [per tutte, Cass., sez. V, 24 maggio 2005, n ]. Il rinvio presuppone: che la questione interpretativa riguardi norme comunitarie, che la stessa sia rilevante ai fini della decisione e che sussistano effettivi dubbi sulla interpretazione; il rinvio pertanto inutile (o non obbligato) quando l'interpretazione della norma sia evidente o il senso della stessa sia già stato chiarito da precedenti pronunce della C.G.C.E. [per tutte Cass., sez. un., 24 maggio 2007, n ]. Va ricordato in merito che l art. 24, co. 25, d.l. 201/2011 (conv. con modifiche nella legge 214/2011) aveva stabilito, in considerazione della contingente situazione finanziaria, che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall articolo 34, co. 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, fosse riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici d importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. Le pensioni di valore superiore a tre volte il trattamento minimo INPS non godevano pertanto di alcuna rivalutazione. Il blocco operava quindi per le pensioni d importo superiore ad 1.217,00 netti. Con sentenza n. 70/2015 la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima la norma dell art. 24, co. 25, d.l. 201/2011, per contrasto con gli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., nella parte in cui preveda, per le ragioni anzidette, che la rivalutazione automatica fosse riconosciuta esclusivamente ai trattamenti pensionistici d importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. La pronuncia aveva dunque ripristinato l integrale applicazione del meccanismo perequativo previsto dall art. 34, primo comma, l. 448/98, non essendovi altra disposizione che così com era invece avvenuto tra il 2001 ed il 2010 con l art. 69, primo comma, l. 388/2000 e norme successive ne limitasse l operatività per il biennio L adeguamento valeva per ogni singolo beneficiario in funzione dell importo complessivo di pensione in godimento ed è attuato con una copertura decrescente in rapporto all incremento del valore della prestazione; l aumento per la rivalutazione automatica veniva attribuito, su ciascun trattamento, in misura pagina 4 di 7

5 proporzionale all ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all ammontare complessivo. Il d.l. 65/2015 ha modificato l assetto giuridico dei rapporti costituzionali formatosi dopo la sentenza 70/2015 della Corte costituzionale. Secondo l enunciato di apertura dell art. 1, primo comma, l intervento legislativo è avvenuto al fine di dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015, nel rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione della salvaguardia della solidarietà intergenerazionale, all'articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n I ricorrenti hanno affermato che tale intervento si pone in contrasto con gli artt. 6 della Convenzione europea per i diritti dell uomo e con l art. 47 della Carta di Nizza. La sentenza 70/2015, di accoglimento integralmente l eccezione d incostituzionalità sollevata davanti alla Corte costituzionale, ha determinato una regolamentazione dei rapporti tra le parti dei contenziosi per l accertamento del diritto alla perequazione automatica che il legislatore avrebbe poi intaccato con effetto retroattivo e per considerazioni meramente finanziarie; quest ultimo si sarebbe perciò sostituito al giudice nella definizione delle controversie in difetto di ragioni cogenti d interesse generale, facendo venire meno le garanzie delle persone assicurate nel processo dalle norme sovranazionali invocate. La questione così sintetizzata non è meritevole di essere portata all attenzione della Corte di giustizia. Va ricordato che, secondo il proprio Trattato istitutivo l Unione europea rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali (art. 6.2 Tratt. U. E.). Il Trattato di Lisbona a sua volta esordisce nell art.6 stabilendo che l Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati (par. primo). Inoltre l Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali (art. 6, par. secondo); i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione [ ] e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell Unione in quanto principi generali (art. 6.3). La Carta di Nizza, alla quale il Trattato di Lisbona del ha conferito lo stesso valore dei Trattati, già riaffermava nel Preambolo, tra gli altri, i diritti derivanti dalla CEDU, nel rispetto delle competenze e dei compiti dell Unione e del principio di sussidiarietà. Qualora la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione (art. 52, paragrafo terzo). pagina 5 di 7

6 Il combinato disposto di queste due ultime norme determina un identificazione della tutela dei diritti riconosciuti dalla CEDU con quelli della Carta di Nizza, a condizione che essi rientrino nello spazio di competenza dell Unione Europea. Di conseguenza, perché la Carta dei diritti UE sia invocabile, occorre che la fattispecie disciplinata dalla legislazione interna rientri nel diritto europeo, in quanto inerente ad atti dell Unione, ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto dell Unione [cfr. Corte cost., 24 marzo 2016, n. 63, in aderenza al consolidato orientamento della Corte di giustizia]. Nel caso di specie i ricorrenti hanno ravvisato un ingerenza del potere legislativo non per via della negazione o della limitazione di diritti processuali, ma mediante una modifica della disciplina sostanziale fatta valere. L inerenza della fattispecie giuridica al diritto dell Unione va di conseguenza verificata con riferimento al settore di quella disciplina. E dubbio che la previdenza sociale diversamente dall assistenza sociale, secondo la distinzione riportata anche nella Carta di Nizza (art. 34) rientri nella sfera di validità del diritto positivo dell Unione europea. E stato in effetti correttamente affermato che, nel contesto dell ordinamento comunitario, la disciplina della sicurezza sociale è strettamente funzionale alla piena attuazione della libera circolazione dei lavoratori; perciò l art. 42 TUE prevede non l armonizzazione, bensì il coordinamento delle legislazioni degli Stati membri, salvaguardando le differenze tra i loro regimi previdenziali. L ottica del coordinamento per i lavoratori che si spostano all interno dell Unione è stata confermata anche dal regolamento CEE n. 1408/71. Esso persegue la parità di trattamento nella protezione sociale tra persone che hanno cittadinanza o risiedono nello stesso stato membro (art. 3), l unicità e l uniformità del regime previdenziale per ciascuna persona in base a criteri di collegamento predeterminati con uno Stato membro (art. 13 segg. e 27 segg.). Se così è, l ingerenza del legislatore interno censurato dai ricorrenti si sarebbe verificata in un settore, quello pensionistico, estraneo al diritto dell Unione. 3. La sentenza del 19 luglio 2018 della Corte EDU. Anche ad ipotizzare il contrario o a ritenere che la tutela rivendicata concerna il solo diritto a ricorrere davanti ad un giudice imparziale, la questione non risulterebbe fondata. Chiamata già a pronunciarsi sulla possibile violazione dell art. 6 CEDU da parte del d.l. 65/2015, la Corte europea per i diritti dell uomo ha infatti ricordato come la norma, nel suo primo paragrafo, contenga una garanzia per il diritto d accesso a un tribunale, senza tuttavia assicurare ai diritti di carattere civile che vi sono azionati un contenuto materiale predeterminato nell ordinamento giuridico degli Stati contraenti. In linea di principio, in ogni caso, non è negato al potere legislativo d intervenire con nuove disposizioni ad efficacia retroattiva su diritti in materia civile che trovino riconoscimento in leggi vigenti. Soltanto un ingerenza del potere legislativo su quello giudiziario in una procedura pendente, diretta ad influenzare la decisione della lite, può pagina 6 di 7

7 porsi in conflitto col precetto dell art Nel caso esaminato dalla Corte EDU ha rilievo dunque decisivo il fatto che i ricorrenti abbiano adito il giudice dell ordinamento interno dopo (e non prima del) l entrata in vigore del d.l. 65/2015, sicché non si versa in un caso di possibile contrasto con la norma anzidetta [così Corte EDU, sez. prima, 19 luglio 2018, Aielli e altri, p ]. Anche i pensionati che hanno introdotto il presente giudizio hanno agito nei confronti dell INPS dopo il d.l. 65/2015 e per censurarne la legittimità. Sono dunque nella stessa posizione esaminata dalla Corte EDU. Conviene aggiungere che la stessa pronuncia testé menzionata ha escluso che nella fattispecie vi sia stata violazione dell art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione, dedicato al diritto per ogni persona al rispetto dei propri beni, sulla base d una duplice valutazione: l esistenza di un utilità pubblica alla limitazione di quel diritto, riconosciuta dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza 250/2017; il rispetto del principio di proporzionalità, poiché il d.l. 65/2015 non incide sul montante nominale della pensione, ma ne riduce, con effetti generalizzati e progressivi, il meccanismo di adeguamento successivo, così garantendo un giusto equilibrio tra esigenze di contenimento della spesa pubblica, valutate in un contesto economico difficile e tutela del valore delle pensioni [Corte EDU 19 luglio 2018, Aielli e altri, p. 26, 28, 31, 33, 34, 36-39]. La sentenza del è andata quindi oltre gli argomenti specifici sviluppati dalla difesa attrice a sostegno del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Le ragioni che vi sono espresse valgono anche per l ipotizzata violazione dell art. 47 della Carta di Nizza, il quale riconosce alle parti nel processo tutela sostanzialmente analoga a quella della Convenzione. Per tutte le ragioni esposte mancano i presupposti per sottoporre alla Corte di giustizia la questione già risolta dalla Corte EDU. Il ricorso di Agostino Campanella e Marilina Muratore va in definitiva respinto. Le pronunce della Corte costituzionale e della Corte EDU sulla cui base la causa è stata decisa sono successive all azione e giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite. P.Q.M. visto l art, 429, primo comma, c.p.c., definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio. Genova, 27 luglio 2018 IL GIUDICE Marcello Basilico pagina 7 di 7

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