Alzare lo Sguardo. Dalle Pari Opportunità alla Valorizzazione delle Differenze LORELLA MASTROIANNI *
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- Olivia Petrucci
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1 Alzare lo Sguardo. Dalle Pari Opportunità alla Valorizzazione delle Differenze LORELLA MASTROIANNI * Cercherò di contenere l intervento in pochi minuti e di lanciare una serie di stimoli per il dibattito successivo. Potremmo affermare, parafrasando il brocardo di comune conoscenza tra chi si occupa di pubblica amministrazione I governi passano l amministrazione resta, I governi passano, ma i problemi delle donne che lavorano restano. Se analizziamo l evoluzione normativa, in tema di pari opportunità, da un punto di vista diacronico, non potremmo non dirci soddisfatte. La tutela delle donne si è svolta con riferimento alla fase genetica della costituzione del rapporto di lavoro ( accesso agli uffici pubblici e progressione in carriera), nell ottica dell implementazione degli strumenti che impediscono disuguaglianze sostanziali. Questo sistema di tutele, fissato in modo alquanto generico nell art.3 della Costituzione, ha poi trovato concretizzazione normativa nella legge 10 aprile 1991, n.125, recante Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro ed è diventato principio costituzionale, formalmente espresso, solo a seguito della modifica apportata dalla legge costituzionale n.1/2003 all articolo 51 della Costituzione. Successivamente ci si è resi conti che questo tipo di tutela non bastava, poichè le condizioni in cui lavora espongono la donna a pericoli che vanno ben al di là della mera discriminazione ovvero della disuguaglianza nelle condizioni di accesso all impiego o di progressione nella carriera. L analisi di questi pericoli ha condotto alla predisposizione di strumenti di tutela contro le molestie sessuali, perlopiù nell ambito dei contratti collettivi, * Lorella Mastroianni è funzionario presso l Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica, ove si occupa dell ordinamento giuridico della dirigenza pubblica. 1
2 e poi, in virtù dell obbligo per l Italia di dare attuazione alle raccomandazioni comunitarie, anche alla emanazione di normative di rango primario. Nell evoluzione delle relazioni industriali ci si è resi conto che anche questa tutela, che identifica comportamenti dolosi, e molto dolorosi per la donna, ma nel complesso abbastanza chiaramente identificabili, non era in grado di impedire comportamenti più sofisticati e meno facilmente identificabili, in quanto derivano da una vera e propria strategia intimidatoria e preposta ad un intenzione vessatoria che ha potenzialità di emarginazione della vittima dal contesto lavorativo di riferimento. Sulla scorta delle esperienze di altri Paesi, perlopiù dell area scandinava, si sono esportate prima le nozioni per la meritoria opera della giurisprudenza - e poi, finalmente, anche le tutele, connesse al mobbing, di origine contrattuale per il pubblico impiego. Si tenga conto che in questa materia le dipendenti delle pubbliche amministrazioni hanno una tutela più garantista rispetto alle lavoratrici private. Nell impiego privato, infatti, non esiste in Italia una tutela specifica dal mobbing, ma solo la tutela generica che deriva dagli strumenti civilistici, come il divieto di demansionamento, le sanzioni disciplinari per abuso di potere fino alla responsabilità aquiliana. Naturalmente questi strumenti di tutela sono andati ad integrarsi fra loro ed ad implementarsi per acquisizioni successive. Con riferimento alla normativa sulle azioni positive, ad esempio, una disposizione del decreto legislativo 23 maggio 2000, n prevede che le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le Regioni, i Comuni, le Province e gli enti pubblici non economici predispongano piani 1 Il d.lgs. n.196 reca Disciplina dell'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'articolo 47 della L. 17 maggio 1999, n
3 di azione positive di durata triennale che assicurino la rimozione degli ostacoli che di fatto impediscano la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne 2. Questa norma è corredata da una sanzione fortissima perché, in caso di mancato adempimento, scatta il divieto di assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette. Sempre sul piano dell implementazione delle norme sulle pari opportunità, va segnalato l articolo 57 del decreto legislativo n. 165/2001, in base al quale le pubbliche amministrazioni, tra l altro, devono riservare alle donne almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso e devono garantire la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione ed aggiornamento professionale, adottando modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione. Va menzionata anche la disposizione che prevede che i criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale tengano conto delle condizioni di pari opportunità ( articolo 19, comma 4 bis, dell art.19 del decreto legislativo n.165 del 2001, aggiunto dalla legge n.145 del 2002). Questo sul piano normativo. Sorgono, tuttavia, a questo punto tre interrogativi: 2 L art.7, comma 5, recita: Ai sensi degli articoli 1, comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 61, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi di rappresentanza previsti dall'articolo 47 del citato decreto legislativo n. 29 del 1993 ovvero, in mancanza, le organizzazioni rappresentative nell'àmbito del comparto e dell'area di interesse, sentito inoltre, in relazione alla sfera operativa della rispettiva attività, il Comitato di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991, n. 125, e la consigliera o il consigliere nazionale di parità, ovvero il Comitato per le pari opportunità eventualmente previsto dal contratto collettivo e la consigliera o il consigliere di parità territorialmente competente, predispongono piani di azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro àmbito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne. Detti piani, fra l'altro, al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sottorappresentate, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera d), della citata legge n. 125 del 1991, favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi. A tale scopo, in occasione tanto di assunzioni quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e preparazione professionale tra candidati di sesso diverso, l'eventuale scelta del candidato di sesso maschile è accompagnata da un'esplicita ed adeguata motivazione. I piani di cui al presente articolo hanno durata triennale. In sede di prima applicazione essi sono predisposti entro il 30 giugno In caso di mancato adempimento si applica l'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n
4 1. se e quali siano i problemi specifici che non sono ricompresi nella tutela apprestata dalle norme; 2. se in ogni caso sia sufficiente un approccio normativo alle problematiche oppure occorra una svolta organizzativa; 3. cosa si potrebbe fare, in concreto, per valorizzare la donna che lavora, in quanto donna, col suo corredo di ricchezze e specificità, per superare la cultura per cosi dire tradizionale delle singole azioni positive, o la tutela da comportamenti sanzionabili ( tutela comunque indispensabile e da adeguare continuamente) e fare quel salto di qualità perché si innesti effettivamente nella cultura organizzativa delle amministrazioni la valorizzazione delle differenze e contribuire a dare vita ad una gestione delle risorse umane maggiormente attenta alle esigenze delle persone. Ovviamente le tre domande, o meglio, le tre risposte sono collegate fra loro. Rispondendo alla prima domanda, occorre inserire la tematica nel contesto, che ho definito tradizionale, delle azioni positive. Per esempio, in tema di mobilità occorre nuovamente lavorare sugli strumenti di promozione, prevedendo condizioni di favore per la donna lavoratrice, al di là delle ipotesi già disciplinate dalla legge come quella del ricongiungimento familiare. Voglio segnalare al riguardo una recentissima iniziativa dell Ufficio Personale Pubbliche Amministrazioni del Dipartimento che, considerata la crescente importanza dell istituto della mobilità, sta realizzando con il Formez e con l ISTAT un indagine conoscitiva delle caratteristiche e delle dimensioni del fenomeno, al fine di utilizzare la mobilità come elemento di efficienza sia gestionale che finanziaria. Mi pare importante, poi, prevedere appositi moduli formativi destinati a sostenere la dirigenza nello sviluppo di capacità gestionali, che tengano conto delle differenze e valorizzino le peculiari capacità, responsabilità e i diversi contributi che possono dare le donne. 4
5 La seconda domanda era chiaramente una domanda retorica: è chiaro che un approccio esclusivamente normativo risulta essere insufficiente. Per esempio, in tema di telelavoro, istituto pensato anche per fornire nuove soluzioni ai problemi di gestione delle responsabilità familiari è intervenuto un apposito contratto quadro ed una legge specifica 3. Ma quanti casi di telelavoro conosciamo nel concreto? Forse, in qualche ente locale si sono attuati dei progetti di telelavoro, meno nelle amministrazioni centrali e la situazione complessiva è di stallo. Sul piano organizzativo, la separazione fra il Dipartimento per l Innovazione Tecnologica e il Dipartimento della Funzione Pubblica non ha certamente favorito la ricaduta degli investimenti per le nuove tecnologie sull organizzazione del lavoro. Più in generale tutta la materia dell organizzazione del lavoro ha subito gli effetti di una legislazione di emergenza sul piano finanziario, che ha per altri versi, imposto drastiche politiche di riduzione degli organici e di blocco del turn-over, fino alla finanziaria attuale che ha determinato il congelamento dei fondi per la contrattazione integrativa. Naturalmente questa situazione di emergenza non ha nemmeno favorito un approccio adeguato alle problematiche della donna lavoratrice. Passo alla terza domanda e mi pare di aver già risposto. Un approccio completo alle problematiche della donna che lavora non può fermarsi alle singole azioni positive, né solo alla norme di tutela contro molestie o mobbing; non può prescindere da un corretto approccio organizzativo e, soprattutto, deve fruire di un sufficiente orizzonte finanziario. Deve prevedere una strategia integrata sul piano organizzativo, della tutela e dell adozione di misure positive, ma deve anche fare uno sforzo ulteriore per passare dalla cultura delle pari opportunità a quella delle differenze. 3 L'art.4, della legge 16 giugno 1998, n.191, la cosiddetta "Bassanini ter" ha previsto per la prima volta nel nostro paese la possibilità per le pubbliche amministrazioni di far ricorso al telelavoro. 5
6 In questa prospettiva il Dipartimento della Funzione Pubblica si è già fatto promotore di incontri con il Ministero del Welfare e quello delle Pari opportunità, ed ha costituito un tavolo di lavoro che entro l estate predisporrà una direttiva in funzione di promozione di tutte le politiche attive che contemplino e integrino tutti gli approcci evidenziati. Voglio concludere con una considerazione. Le misure di tutela della donna lavoratrice, così come altri istituti di costituzione più o meno recente, a partire dalla tutela dal mobbing, appaiono e sono il frutto dell evoluzione di una società industriale ben salda nella cultura del lavoro e dei diritti, capace di accogliere le sollecitazioni per l aggiornamento delle tutele e per la concretizzazione del principio di uguaglianza sostanziale. Adesso si tratta di spingere fino in fondo questo processo, considerato che i tempi appaiono maturi, e di respingere ogni tentativo di marcia indietro, a causa delle esigenze contingenti come possono essere quelle di natura finanziaria. Occorre, invece, approntare una cultura della consapevolezza e della piena tutela della diversità delle donne, per dotare del carattere dell effettività la normativa, che altrimenti rischia di essere densa di belle e astratte enunciazioni di principio incapaci, tuttavia, di cambiare le culture organizzative ed i processi concreti. 6
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