GIONATA SCAPIN LHOTAR E IL RISVEGLIO DEL MARSKULL
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- Giulio Bernardini
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1 GIONATA SCAPIN LHOTAR E IL RISVEGLIO DEL MARSKULL
2 Dedicato a Silvia, Sale della mia vita.
3 INDICE 7 Capitolo I 15 Capitolo II 23 Capitolo III 35 Capitolo IV 49 Capitolo V 63 Capitolo VI 69 Capitolo VII 77 Capitolo VIII 115 Capitolo IX 157 Capitolo X 169 Capitolo XI 177 Capitolo XII 189 Capitolo XIII 237 Capitolo XIV 259 Capitolo XV 285 Capitolo XVI 295 Capitolo XVII 313 Capitolo XVIII 335 Capitolo XIX 355 Capitolo XX 375 Epilogo
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5 I Può un piccolo indizio dar vita a una grande impresa? In uno stanzino, sufficientemente grande per contenere una scrivania ed una branda, la polvere volava alla luce di tre candele e solo il rumore dello scribacchiare di una penna rompeva il silenzio all interno. Una persona seduta allo scrittoio annotava su di un taccuino, con scrittura sinuosa, alcune frasi tratte dall enciclopedia geografica poggiata sul tavolo. Le sue orecchie a punta uscivano come lame dai lunghi e fluenti capelli neri che ricadevano sciolti sulle spalle. Il color glicine dei suoi occhi a mandorla, distanti fra loro, contrastava in modo conturbante con la pelle scura, resa ancor più nera dalla fievole luce. Le labbra sottili, sotto un naso affusolato, scandivano in un sussurro le parole che stava leggendo. Un fastidioso bruciore alla gola lo distolse dal suo lavoro. Cominciando a tossire forte uscì dalla stanza sbattendo violentemente la porta contro il muro, facendo saltar via la targhetta di bronzo con su scritto ripostiglio. Nello stretto corridoio, deserto e completamente buio, aprì la porta del bagno. Il lavandino si sporcò di sangue non appena vi si chinò sopra e continuò a tossire e a sputare. Preso da violenti conati di vomito, si piegò sul gabinetto rigurgitando la cena mista al sangue mentre gli occhi gli lacrimavano per il bruciore. Poi non vide più nulla. Quando riprese i sensi era accasciato sul pavimento. Aveva così freddo da sentirsi paralizzato e il sapore del sangue rappreso ai margini della bocca lo invitava a vomitare di nuovo. Vide un bagliore, 7
6 LHOTAR E IL RISVEGLIO DEL MARSKULL della grandezza di un pugno, lampeggiare all interno del bagno e fermarsi di fronte al suo viso. La luce tornò velocemente verso l ingresso della stanza, premette un pulsante sulla parete e subito un neon cominciò ad illuminare l ambiente. Una creatura piccolissima che poteva stare sul palmo di una mano, si librava in volo con lunghe ali da libellula color azzurro cielo. Lasciava dietro di sé una lieve scia, simile ad una stella cadente in una notte d estate. I lunghissimi capelli argentei erano acconciati in minuziose treccioline. Il naso sottile, le orecchie appuntite e la pelle color madreperla, irradiante una luce bianco-azzurrognola, le attribuivano una bellezza ultraterrena. «Ehi, Lhotar! Stai bene? Lho non mi lasciare! Rialzati dai!» la spiritella strattonò la camicia dell amico madida di sudore, senza ottenere alcun risultato. Facendo leva con entrambe le mani sul pavimento, Lhotar si mise seduto a fatica, tenendo la schiena appoggiata al muro. La saliva cominciò a colargli dal labbro, seguita da un colpo di tosse che gli fece perdere il respiro. La fata volò fuori dal bagno e tornò poco dopo portando con sé una coperta che sistemò attorno al corpo dell amico. Era incredibile come quella piccola spiritella potesse sollevare oggetti così grandi. «Lho mi fai preoccupare quando hai questi attacchi!» la fata singhiozzava e gemme di lacrime facevano risaltare ancor più l intenso blu dei suoi occhi. Si strinse come meglio poteva alla spalla di Lhotar. «Ti prego non mi lasciare! Sono persa senza di te!» disse in tono supplichevole. «Ellywick, ho trovato una strada per tornare a casa». «Non pensarci adesso! Anche se l avessi trovata se non guarirai sarà tutto inutile!» ribatté lei. Lhotar si fece forza e appoggiandosi al sanitario si sollevò in piedi. Barcollando arrivò con le braccia al lavandino e mentre Ellywick apriva il rubinetto dell acqua calda lui si guardò allo specchio. Sotto la sua pelle scura vedeva le borse formatesi intorno agli 8
7 CAPITOLO I occhi causate da stanchezza e malattia, e proprio quei suoi occhi un tempo di un viola pallido, ora avevano sfumature rossastre, mentre la tinta nera, data ai candidi capelli, andava via via scemando. Il vapore nascose un po alla volta l immagine riflessa e solo quando non vide che un ombra si sciaquò il viso. Rimanendo sdraiato sul letto avvolto da una coperta, Lhotar fissava un ritaglio di giornale tenendolo stretto fra pollice e indice. Una didascalia affiancava l immagine illustrante un barattolo di vetro con al suo interno quello che sembrava un rettile alato. Lo aveva trovato per puro caso il giorno precedente nell archivio dei quotidiani della biblioteca dove lavorava. Nonostante l articolo riportasse la data di circa nove mesi prima, rilesse quelle poche righe per l ennesima volta: Presso un magazzino del Museo di Storia Naturale di Londra, è stato trovato un barattolo di vetro contenente un feto di drago lungo 89 cm in formaldeide. Lo scopritore è George Harvey, un facchino che ha lavorato per il museo per ben quarantadue anni e che tra pochi giorni andrà in pensione. Harvey dichiara che il museo aveva ricevuto quel feto nel 1865 da uno studioso gallese e che suo bisnonno Malvin Harvey, un ex dipendente del museo, fu il primo a riporlo nel magazzino. Lhotar si sedette sulla branda e aprì una cartina dettagliata della città di Londra sulla quale aveva già evidenziato il Museo Naturale e la biblioteca principale. Da sotto la scrivania prese una seconda mappa raffigurante l Europa. Con l indice indicò Londra, poi senza staccarlo dalla carta mosse il dito lentamente verso sud-ovest, passando per Bilbao e soffermandosi per qualche istante su Madrid. Un rumore sordo e secco ma quasi impercettibile proveniente dall esterno della piccola stanza lo distolse dai suoi pensieri. Scostò la coperta e aprì la porta trovandosi nel corridoio completamente 9
8 LHOTAR E IL RISVEGLIO DEL MARSKULL buio, ma questo per lui non era un problema, si trovava a proprio agio nell oscurità. Sentì nuovamente lo stesso rumore provenire dalla sua destra e cominciò a camminare lentamente in quella direzione. Dopo pochi passi salì una ripida rampa di scale, aprì la porta del pianerottolo in cima e si ritrovò in una sala. Tre pareti della stanza erano costituite da scaffali ricolmi di libri riposti ordinatamente, la quarta invece aveva un apertura che conduceva al salone principale dell edificio. Al centro della camera vi erano diversi tavoli da lettura che di giorno pullulavano di studenti per la maggior parte universitari, ma durante la notte l unico inquilino era un silenzio assordante debolmente illuminato dagli indicatori delle uscite di sicurezza. Lhotar raccolse un libro che si trovava sul pavimento e lo ripose nell apposito spazio. Udì nuovamente lo stesso rumore, ma questa volta più forte e chiaro: doveva trattarsi di un grosso libro che cadeva. Cominciò a dirigersi verso la sala principale, quando vide un bagliore sfrecciare davanti all apertura della stanza e scomparire nella direzione opposta. Lhotar sospirò scuotendo la testa e così facendo sentì i suoi capelli muoversi sulle spalle, non si era ancor abituato, nonostante i diversi mesi, a tenerli così lunghi. Un tempo li portava corti, ma ora, per nascondere le sue lunghe orecchie da elfo, doveva tenerli il più lunghi possibile. Li doveva anche tingere di nero, perché il bianco scintillante caratteristico della sua natura avrebbe attirato l attenzione di molti. La luce fluttuante apparve di nuovo e sfrecciò alla stessa altezza ma nel verso contrario a prima. Il suono di un frenetico zampettare si fece sempre più forte e nella sala entrò un topolino grigio che si diresse rapidamente verso la porta che dava sulle scale. La luce lo seguiva ma si fermò di colpo vedendo l elfo lì in piedi. Lhotar con un movimento veloce prese il topolino in mano e lo tenne stretto. «Guarda guarda, abbiamo un ospite inatteso stasera!» disse fissando l animaletto che squittiva, «Da dove sei entrato?» 10
9 CAPITOLO I Ellywick gli si avvicinò rapidamente e si fermò dritta davanti ai suoi occhi. «Lho! Che ci fai in piedi?! Dovresti riposare ancora un po! Sei rimasto coricato solo un giorno e la febbre non è ancora scesa! Ci penso io a mettere a posto i libri sugli scaffali e a fare tutto il lavoro arretrato». «Sono rimasto sdraiato per un giorno intero?! Allora credo di essermi riposato abbastanza Elly e a giudicare dai rumori che ho sentito, invece di sistemare i libri li fai cadere!» rispose. Si voltò, ridiscese le scale seguito dalla spiritella che borbottava, e si diresse nel bagno davanti al ripostiglio. Una volta entrato aprì la finestrella che dava su uno stretto vicolo e lasciò scivolare fuori il roditore che appena si sentì libero scappò sotto ad un cassonetto sovraccarico d immondizia. «Ellywick, ti va di fare un viaggio?» chiese l elfo alla fata. «Che domande! Non vedo l ora di levare le tende da questo posto noioso. Se almeno mi lasciassi uscire anche di giorno per la biblioteca mi divertirei sicuramente a tormentare questi umani!» «Ne abbiamo già parlato Elly. Non voglio che ci scoprano. Ricorda cosa abbiamo passato appena siamo giunti in questo mondo! La curiosità dell uomo si sarebbe spinta sino a ucciderci». A queste parole Lhotar ricordò quei giorni, i più brutti della sua vita. In silenzio si diresse al ripostiglio mente un nome continuava a tormentarlo: Kilimut Brezim. «Ho sentito dire che Barcellona è una bella città, ma anche Lisbona non è male. Che ne dici di Parigi?! Troppo costosa? Magari possiamo andare a sud. Cosa te ne pare di Alessandria o del Cairo oppure di Città del Capo?» «Ellywick non correre. Un giorno visiteremo tutti i posti che vorrai di questo mondo, ma prima troviamo il modo di tornare a casa». La spiritella si sedette sul bordo della scrivania e scrutò attentamente gli occhi dell elfo. «Lho, io non voglio illudermi! Quante probabilità abbiamo di fare ritorno? Quante probabilità ci sono che quel drago sia vero? In questo mondo non c è un briciolo di Nebbia Magica! È un mondo completamente popolato da umani che si 11
10 LHOTAR E IL RISVEGLIO DEL MARSKULL combattono tra loro per una striscia di terra. Sono tutti senza speranza, proprio come noi!» la luce emanata da Ellywick si affievolì. «Non tormentarti con oscuri pensieri piccolina,» disse Lhotar prendendola sul palmo della propria mano, «sono o non sono forse uno stregone pieno di risorse? Mal che vada possiamo passare il resto della nostra vita in giro per il mondo, no? Il problema delle ore, dei giorni, degli anni per noi non conta nulla. Abbiamo ancora davanti un futuro ricco di speranze e avventure.» Si sedette sulla branda coprendosi le spalle con la coperta. «Lhotar, rispondimi sinceramente: preferiresti morire subito o passare il resto dei tuoi giorni senza il potere arcano nelle tue mani?» Lo stregone posò Ellywick sulla sua gamba e sospirò, «È dura anche per me non poter lanciare incantesimi, non sentir scorrere il caldo potere nelle mie vene, ma non per questo preferirei essere morto. Ti ricordi quante delle persone che conoscevamo non erano in grado di usare la magia?! Eppure se la cavavano in ogni situazione! Posso sempre diventare un eroe in qualsiasi altro modo e questo mondo mi offre infinite opportunità». «Vorrei tanto essere ottimista come te. Forse un giorno ti ringrazierò per avermi salvata dal mago Kilimut». «Mi ringrazierai quando ti riporterò a casa! Ma fino ad allora maledicimi pure!» I due si scambiarono un sorriso affettuoso e la spiritella si appoggiò alla spalla di Lhotar e la strinse forte, con affetto. Quattro uomini col volto coperto da un passamontagna impugnavano pistole puntate verso la porta di un misero appartamento nei quartieri poveri di Madrid. Un quinto uomo, grazie ad un pass par tout apriva la porta silenziosamente. Appena la serratura cedette i cinque entrarono velocemente con le armi in pugno. Controllarono ogni stanza dell appartamento, dalla camera da letto al bagno, dall angolo cucina allo stretto terrazzino. Frugarono nei cassetti e negli armadi. Spostarono i mobili per cercare un qualche 12
11 CAPITOLO I nascondiglio segreto tra le pareti. Il pavimento fu disseminato di riviste, libri, tazze e piatti di ceramica rotti, ante di armadi, cuscini del letto e del divano lacerati. Uno degli uomini prese il cellulare e, digitato un numero, riferì il risultato dell operazione: «Nessuna traccia né di Matthias né di materiali riguardanti i due alieni, signore». «Thomas, ordina di controllare di nuovo da cima a fondo. Poi date fuoco all appartamento per cancellare ogni traccia!» rispose la voce all altro capo del telefono. «Signorsì!» Dopo qualche minuto, denso fumo nero uscì dalle finestre dell appartamento dell ultimo piano e la sgommata di un furgone echeggiò nel silenzio della notte. Un uomo sdraiato sul tetto del palazzo guardava le stelle, coperte a tratti dal vortice di fumo che usciva dalle sue stanze. Aspirò l ultimo tiro prima di spegnere la sigaretta su una tegola, si sedette, tolse la batteria dal cellulare, estrasse la sim e la lasciò cadere sulla grondaia. «Questa sarà sicuramente tenuta sotto controllo. Ora come ora è totalmente inutile» pensò cupamente. «Sono riusciti a trovarmi più in fretta di quel che avevo previsto. Per fortuna ho salvato tutto ciò che riguarda l elfo». L uomo raccolse lo zaino al suo fianco, oltrepassò il culmine del tetto e reggendosi alla grondaia balzò sulla scala d emergenza, quindi discese il palazzo. In lontananza le sirene della polizia e dei pompieri urlavano su strade sempre più vicine. 13
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