Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 12 novembre Europièces SA contro Wilfried Sanders e Automotive Industries Holding Company SA

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1 Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 12 novembre 1998 Europièces SA contro Wilfried Sanders e Automotive Industries Holding Company SA Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour du travail de Bruxelles Belgio Politica sociale - Ravvicinamento delle legislazioni - Trasferimento di imprese - Conservazione dei diritti dei lavoratori - Direttiva 77/187/CEE - Ambito d'applicazione - Trasferimento di un'impresa in liquidazione volontaria Causa C-399/96 raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I Nel procedimento C-399/96, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dalla Cour du travail di Bruxelles, nella causa dinanzi ad essa pendente tra Europièces SA, in liquidazione, e Wilfried Sanders, Automotive Industries Holding Company SA, in fallimento, " domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26), LA CORTE (Seconda Sezione), composta dai signori G. Hirsch, presidente di sezione, G.F. Mancini (relatore) e R. Schintgen, giudici, avvocato generale: G. Cosmas cancelliere: R. Grass viste le osservazioni scritte presentate: - per il governo del Regno Unito, dalla signora L. Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dalla signora Eleanor Sharpston, barrister; - per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Maria Patakia, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, vista la relazione del giudice relatore, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 7 maggio 1998, ha pronunciato la seguente Sentenza Motivazione della sentenza 1 Con sentenza 11 dicembre 1996, pervenuta alla Corte il 17 dicembre successivo, la Cour du travail di Bruxelles ha posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale relativa all'interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26; in prosieguo: la «direttiva») 2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia tra il signor Sanders, rappresentante di commercio, e la Europièces SA (in prosieguo: la «Europièces»), in liquidazione, riguardo al versamento di una indennità compensativa di preavviso e altre indennità. Il diritto comunitario 3 Ai sensi dell'art. 1, n. 1, la direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in forza di cessione contrattuale o fusione. 4 Ai sensi dell'art. 3, n. 1, primo comma, i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

2 5 L'art. 4, n. 1, della direttiva dispone che il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale disposizione non pregiudica tuttavia i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione. 6 L'art. 4, n. 2, della direttiva stabilisce inoltre che, se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è rescisso in quanto il trasferimento ai sensi dell'art. 1, n. 1, comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la rescissione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro. 7 Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, la direttiva è stata sostituita dalla direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE (GU L 201, pag. 88). Il diritto nazionale 8 Le disposizioni della direttiva sono state attuate nell'ordinamento belga mediante il capo II del contratto collettivo 7 giugno 1985, n. 32 bis, relativo alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento del datore di lavoro dovuto all'alienazione dell'azienda e che disciplina i diritti dei lavoratori riassunti in caso di rilevamento dell'attivo dopo fallimento o concordato giudiziale per abbandono di attivo, reso obbligatorio con regio decreto 25 luglio 1985 (Moniteur belge del 9 agosto 1985, pag ), modificato in particolare dal contratto collettivo 19 dicembre 1989, n. 32 quater, reso obbligatorio con regio decreto 6 marzo 1990 (Moniteur belge del 21 marzo 1990, pag. 5114). 9 Il capo III del contratto collettivo n. 32 bis stabilisce i diritti dei lavoratori in caso di cambiamento del datore di lavoro in seguito al rilevamento dell'attivo dopo fallimento o concordato per abbandono di attivo. In particolare, è stato previsto che l'applicazione del contratto collettivo è subordinata alla condizione che il rilevamento intervenga entro sei mesi a partire dalla data del fallimento o del concordato; altrimenti il contratto non si applica al personale. La causa principale 10 Dal 15 febbraio 1974 il signor Sanders era occupato presso la Europièces come rappresentante di commercio presso lo stabilimento di Erpent. Nel luglio 1993, la Europièces è stata posta in liquidazione volontaria ed è stato nominato un liquidatore. Il 27 luglio seguente, quest'ultimo ha licenziato il signor Sanders, con un preavviso di 22 mesi. 11 Il 13 agosto 1993, il liquidatore della Europièces ha annunciato per lettera al signor Sanders che la Europièces aveva ceduto una parte delle scorte e del materiale all'automotive Industries Holding Company SA (in prosieguo: l'«automotive Industries»), che non tutte le attività dell'europièces erano state rilevate dall'automotive Industries e che il signor Sanders, a partire dal 24 agosto, doveva esercitare le sue attività per conto della liquidazione, nella sede di Bruxelles, seguendo direttamente le disposizioni dirette del rappresentante della liquidazione. Il liquidatore ha altresì indicato che gli risultava che alcune proposte di contratto di lavoro da parte dell'automotive Industries erano state sottoposte a taluni membri del personale, fra cui il signor Sanders, che avrebbe rifiutato tale offerta. 12 In risposta ad una lettera del signor Sanders del 18 agosto seguente, nella quale quest'ultimo chiedeva il motivo per il quale avrebbe dovuto, come rappresentante per lo stabilimento di Erpent, e per il settore comprendente Namur, Lussemburgo e Hainaut, esercitare le sue attività per conto della liquidazione a Bruxelles, il liquidatore, con lettera 25 agosto, ha semplicemente precisato il ruolo e i compiti del signor Sanders. Quest'ultimo avrebbe avuto l'incarico di collaborare alla realizzazione ottimale delle scorte dei pezzi di liquidazione e di collaborare alla diminuzione del passivo della Europièces. Secondo il liquidatore, tale elencazione non era esauriente e avrebbe potuto essere completata successivamente. Inoltre, ha indicato che l'attività della Europièces, che esisteva solo per le esigenze di «vendita», aveva come limite la liquidazione delle scorte esistenti. 13 Con lettera 8 settembre 1993, il signor Sanders ha chiesto al liquidatore di precisare se restasse principalmente rappresentante di commercio o se dovesse svolgere altri compiti, indicando che non acconsentiva ad una modifica delle sue funzioni. 14 Il 20 settembre 1993, il liquidatore ha risposto che non aveva alcuna volontà di modificare unilateralmente talune funzioni del signor Sanders, ma che le circostanze e le norme pertinenti prescrivevano che gli fossero attribuiti altri compiti. 15 In seguito ad un altro scambio di corrispondenza, il signor Sanders, in data 18 ottobre 1993, inviava un'ultima lettera al liquidatore, nella quale constatava la rottura unilaterale del suo contratto di rappresentante di commercio o, almeno, la sua risoluzione. 16 Di conseguenza, il signor Sanders ha proposto ricorso dinanzi al Tribunal du travail di Bruxelles contemporaneamente contro la Europièces e contro l'automotive Industries. 17 Il Tribunal du travail di Bruxelles ha considerato che vi era stata nella realtà dei fatti la cessione delle scorte, della clientela e del contratto di locazione o della proprietà dell'immobile di Erpent e che, quantomeno, l'entità economica di Erpent, alla quale apparteneva il signor Sanders, era stata trasferita mantenendo la sua identità, mentre l'automotive Industries aveva proseguito l'esercizio di attività identiche. 18 Con sentenza 5 settembre 1995, il Tribunal du travail di Bruxelles ha quindi condannato la Europièces a pagare al signor Sanders indennità e interessi legali. Ha inoltre dichiarato ricevibile la domanda contro l'automotive Industries e ha invitato il signor Sanders a concludere sull'applicabilità della direttiva ai trasferimenti

3 realizzati da una società in liquidazione volontaria e, eventualmente, a fare in seguito fissare di nuovo la causa per le difese orali. La questione pregiudiziale 19 Il 16 novembre 1995, la Europièces ha proposto appello contro la sentenza 5 settembre 1995 dinanzi alla Cour du travail di Bruxelles. Per quanto riguarda la chiamata in causa dell'automotive Industries, successivamente dichiarata fallita, il signor Sanders ha sostenuto dinanzi a tale giudice che c'era stato trasferimento d'impresa ai sensi della direttiva in ragione del fatto che la cessione dell'entità di Erpent avrebbe avuto luogo all'inizio del procedimento di liquidazione. La normativa belga non avrebbe equiparato il trasferimento in caso di liquidazione ad un trasferimento in caso di fallimento. 20 Nella sua sentenza 11 novembre 1996, la Cour du travail di Bruxelles ha osservato che il contratto relativo alla cessione di attivi tra la Europièces e l'automotive Industries non era stato esibito, cosicché era impossibile conoscere con precisione il suo contenuto. Anche se sembrava che l'entità economica di Erpent fosse stata trasferita, il signor Sanders non avrebbe concluso in modo convincente a proposito dell'applicabilità della direttiva ad una società che sia oggetto di una liquidazione volontaria. 21 Di conseguenza, la Cour du travail di Bruxelles ha deciso di confermare la sentenza impugnata nella parte che riguardava la Europièces e, per quanto riguarda la domanda riguardante l'automotive Industries, di sospendere il giudizio per sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale: «Se la direttiva 77/187 si applichi all'ipotesi in cui una società in liquidazione trasferisca tutto o parte del proprio attivo ad un'altra società che successivamente impartisca ai lavoratori disposizioni di cui la società in liquidazione indichi che devono essere eseguite» 22 Si deve anzitutto valutare se occorra risolvere la questione pregiudiziale o se, come sostiene il governo del Regno Unito, essa debba esser dichiarata irricevibile poiché il giudice a quo non ha fornito alla Corte indicazioni sull'ambito normativo e di fatto di tale questione. 23 In realtà la Corte ha stabilito che l'esigenza di giungere ad un'interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest'ultimo definisca l'ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I-393, punto 6; ordinanze 26 aprile 1993, causa C-386/92, Monin Automobiles, Racc. pag. I-2049, punto 6 e 8 luglio 1998, causa C-9/98, Agostini, Racc. pag. I-4261, punto 4). 24 Tuttavia, nel caso di specie, occorre rilevare che il fascicolo trasmesso dal giudice nazionale ha fornito alla Corte informazioni sufficienti che le consentono di interpretare le norme di diritto comunitario alla luce della situazione che forma oggetto della controversia principale. Inoltre, esso si inserisce in un contesto normativo già ampiamente conosciuto visto un precedente rinvio pregiudiziale (sentenza 12 marzo 1998, causa C-319/94, Dethier Équipement, Racc. pag. I-1061) riguardante il procedimento belga di liquidazione. 25 Di conseguenza, occorre risolvere la questione sollevata. 26 Tale questione viene posta per sapere, in primo luogo, se l'art. 1, n. 1, della direttiva vada interpretato nel senso che quest'ultima si applica nel caso in cui una società in liquidazione volontaria trasferisca in tutto o in parte i suoi attivi ad un'altra società che in seguito impartisca al lavoratore disposizioni di cui la società in liquidazione indichi che devono essere eseguite. In secondo luogo, tenuto conto delle circostanze della causa principale e per fornire una soluzione utile al giudice a quo, si deve stabilire se l'art. 3, n. 1, della direttiva osti a che un lavoratore occupato presso il cedente al momento del trasferimento d'impresa non accetti il trasferimento al cessionario del suo contratto o del suo rapporto di lavoro. Sull'esistenza di un trasferimento ai sensi della direttiva 27 A questo proposito va anzitutto rilevato che la direttiva non si applica al trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di stabilimento nell'ambito di una procedura concorsuale (sentenza 7 febbraio 1985, causa 135/83, Abels, Racc. pag. 469). 28 Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte discende che, per valutare se la direttiva si applichi al trasferimento di un'impresa oggetto di un procedimento amministrativo o giudiziale, il criterio determinante da seguire è quello dell'obiettivo perseguito dal procedimento stesso (sentenze 25 luglio 1991, causa C-362/89, D'Urso e a., Racc. pag. I-4105, punto 26, e 7 dicembre 1995, causa C-472/93, Spano e a., Racc. pag. I-4321, punto 24). Inoltre, occorre tenere conto delle modalità della procedura di cui trattasi, accertando segnatamente se esse implichino o meno la prosecuzione dell'impresa, nonché delle finalità della direttiva (sentenza Dethier Équipement, citata, punto 25). 29 Nella citata sentenza Dethier Équipement, al punto 27, la Corte ha constatato che, sebbene gli scopi della liquidazione giudiziale possano talvolta coincidere con quelli del fallimento, ciò non si verifica necessariamente in tutti i casi, dato che questa procedura può essere utilizzata ogni qualvolta si desideri por fine all'attività di una società, a prescindere dalle ragioni di tale scelta. 30 Poiché il criterio relativo allo scopo perseguito dalla procedura di liquidazione giudiziale non risulta concludente, la Corte ha esaminato le modalità della suddetta procedura. 31 In particolare, per quanto riguarda la nomina e le funzioni del liquidatore, la Corte ha constatato, al punto 30 della citata sentenza Dethier Équipement, che la situazione di un'impresa in liquidazione giudiziale presenta differenze notevoli rispetto a quella di un'impresa fallita e che le ragioni che hanno indotto la Corte a escludere

4 l'applicazione della direttiva in quest'ultima ipotesi possono venir meno nel caso di un'impresa in liquidazione giudiziale. 32 Pertanto la Corte ha rilevato nella citata sentenza Dethier Équipement che la direttiva si applica nell'ipotesi di trasferimento di un'impresa in stato di liquidazione giudiziale in caso di prosecuzione dell'attività dell'azienda. Essa ha osservato, in particolare, al punto 31, che, nel caso in cui l'attività aziendale prosegua durante la liquidazione giudiziale, la continuità della gestione è garantita nelle more del trasferimento dell'azienda. Di conseguenza, nulla giustifica che i lavoratori siano privati dei diritti loro attribuiti dalla direttiva alle condizioni in essa precisate. 33 Quanto alla fattispecie della controversia principale, occorre rammentare che la liquidazione volontaria è sostanzialmente analoga alla liquidazione giudiziaria, eccettuato il fatto che la decisione di procedere alla liquidazione, alla nomina dei liquidatori e alla determinazione dei loro poteri è di competenza dell'assemblea generale della società e non del giudice. Solo nel caso in cui non si possa raggiungere la maggioranza dei soci la società deve rivolgersi al giudice affinché venga dichiarata la liquidazione, con la designazione da parte del giudice stesso dei liquidatori secondo lo statuto della società o secondo la deliberazione dell'assemblea generale, salvo non sia certo che il disaccordo tra i soci impedirà all'assemblea generale di pronunciarsi, nel qual caso il giudice designa un liquidatore giudiziario. 34 Pertanto risulta che, salvo che per talune modalità, la liquidazione volontaria si differenzia dal fallimento ancor più della liquidazione giudiziaria. 35 Alla luce di quanto sopra, occorre rilevare che le ragioni che, nella sentenza Dethier Équipement, hanno indotto la Corte a ritenere che la direttiva potesse applicarsi ai trasferimenti intervenuti nel corso del procedimento di liquidazione giudiziaria, si applicano a fortiori nel caso in cui l'impresa trasferita sia oggetto di una liquidazione volontaria. 36 Occorre pertanto risolvere la prima parte della questione, come sopra riformulata, dichiarando che l'art. 1, n. 1, della direttiva va interpretato nel senso che quest'ultima si applica nel caso in cui una società in liquidazione volontaria trasferisca in tutto o in parte i suoi attivi a un'altra società che in seguito impartisca al lavoratore disposizioni di cui la società in liquidazione indichi che devono essere eseguite. Sulla facoltà del lavoratore di opporsi al trasferimento del contratto o del rapporto di lavoro 37 Per quanto riguarda la seconda parte della questione come sopra riformulata la Corte considera, con giurisprudenza costante, che la direttiva mira a garantire la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento dell'imprenditore consentendo loro di rimanere alle dipendenze del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente (v. sentenze D'Urso e a., citata, punto 9, e 16 dicembre 1992, cause riunite C-132/91, C-138/91 e C-139/91, Katsikas e a., Racc. pag. I-6577, punto 21). 38 Tuttavia, la tutela che la direttiva mira a garantire è svuotata di contenuto quando lo stesso interessato decide spontaneamente di non continuare il rapporto di lavoro con il nuovo datore di lavoro, dopo il trasferimento. In siffatta situazione la Corte ha già statuito che l'art. 3, n. 1, della direttiva, non si applica (sentenze 11 luglio 1985, causa 105/84, Danmols Inventar, Racc. pag. 2639, e Katsikas e a., citata, punto 30). 39 Nell'ipotesi in cui il lavoratore decida liberamente di non proseguire il contratto o il rapporto di lavoro con il cessionario, spetta agli Stati membri stabilire la sorte riservata al contratto o al rapporto di lavoro. Gli Stati membri possono, in particolare, disporre che in tal caso il contratto o il rapporto di lavoro vada considerato rescisso, su domanda del dipendente o su domanda del datore di lavoro. Essi possono anche disporre che il contratto o il rapporto di lavoro continui col cedente (sentenza 7 marzo 1996, cause riunite C-171/94 e C- 172/94, Merckx e Neuhuys, Racc. pag. I-1253, punto 35). 40 Peraltro, occorre rammentare che, ai sensi dell'art. 4, n. 2, della direttiva, se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è rescisso in quanto il trasferimento ai sensi dell'art. 1, n. 1, comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la rescissione è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro. 41 Ebbene, emerge dalla sentenza di rinvio che alcune proposte di contratto di lavoro sono state sottoposte a taluni membri del personale, tra cui l'interessato, che le ha rifiutate. 42 Inoltre, risulta che il liquidatore ha informato l'interessato che non esisteva alcuna volontà di modificare unilateralmente le sue funzioni, ma che le circostanze e le norme pertinenti prescrivevano che gli venissero attribuiti altri compiti. 43 Di conseguenza, spetta al giudice a quo verificare i motivi per i quali il dipendente ha rifiutato il contratto di lavoro che gli era stato offerto e stabilire se la detta proposta di contratto di lavoro comportasse una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito del lavoratore. 44 Alla luce di quanto sopra, occorre risolvere la seconda parte della questione, così come riformulata, nel senso che l'art. 3, n. 1, della direttiva non osta a che un lavoratore occupato dal cedente alla data del trasferimento di impresa non accetti il trasferimento al cessionario del suo contratto o del suo rapporto di lavoro, a condizione che tale decisione sia presa dal lavoratore stesso liberamente. Spetta al giudice a quo determinare se il contratto di lavoro proposto dal cessionario comporti una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito del lavoratore. In un'ipotesi del genere l'art. 4, n. 2, della direttiva impone agli Stati membri di prevedere che la rescissione è dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.

5 Decisione relativa alle spese Sulle spese 45 Le spese sostenute dal governo del Regno Unito e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Dispositivo Per questi motivi, LA CORTE (Seconda Sezione), pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla Cour du travail di Bruxelles, con sentenza 11 dicembre 1996, dichiara: 1) L'art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, va interpretato nel senso che quest'ultima si applica nel caso in cui una società in liquidazione volontaria trasferisca in tutto o in parte i suoi attivi a un'altra società che in seguito impartisca al lavoratore disposizioni di cui la società in liquidazione indichi che devono essere eseguite. 2) L'art. 3, n. 1, della direttiva non osta a che un lavoratore occupato dal cedente alla data del trasferimento di impresa non accetti il trasferimento al cessionario del suo contratto o del suo rapporto di lavoro, a condizione che tale decisione sia presa dal lavoratore stesso liberamente. Spetta al giudice a quo determinare se il contratto di lavoro proposto dal cessionario comporti una modifica sostanziale delle condizioni di lavoro a scapito del lavoratore. In un'ipotesi del genere l'art. 4, n. 2, della direttiva impone agli Stati membri di prevedere che la rescissione è dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.

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