Addolorata. 15 settembre

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1 15 settembre Addolorata Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: Salve, re dei Giudei!. E gli davano schiaffi. Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: Ecco l'uomo!. Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: Crocifiggilo! Crocifiggilo!. Disse loro Pilato: Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa. Gli risposero i Giudei: Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio. Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: Ecco il vostro re!. Ma quelli gridarono: Via! Via! Crocifiggilo!. Disse loro Pilato: Metterò in croce il vostro re?. Risposero i 83

2 capi dei sacerdoti: Non abbiamo altro re che Cesare. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei. Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: Non scrivere: Il re dei Giudei, ma: Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei Rispose Pilato: Quel che ho scritto, ho scritto. I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato -, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati fecero così. Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio!. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre!. E da quell ora il discepolo l accolse con sé. Gv 19,

3 U na lauda medievale di Japocone da Todi con la capacità della lingua latina di dire molto con poche parole recita: Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa dum pendebat Filius. (La Madre addolorata / stava presso la croce in pianto / mentre il Figlio pendeva). È un icona di dolore, ma anche di forza; è un icona di ovvia fedeltà, di ovvia vicinanza dico ovvia perché è secondo natura che una madre ami fino all ultimo il figlio. Mi colpì anni fa una famiglia di amici che perse un figlio in circostanze particolari, un figlio ancora giovane, che improvvisamente, durante la notte, se ne andò. I genitori lo rividero al mattino seguente, ormai morto. E la madre, pur essendo il figlio adulto e anche lei essendo piuttosto avanti negli anni, non si dava pace! E mi venne alla mente questa considerazione: la nostra lingua (forse la maggior parte delle lingue) prevede e codifica alcuni stati derivanti da situazioni varie : un coniuge può essere vedovo o vedova, un figlio può essere orfano ma non esiste, a quanto mi risulta, un aggettivo che qualifichi chi ha perso un figlio: bisogna ricorrere ad una circonlocuzione, come se la lingua non prevedesse la condizione che un figlio muoia prima di un genitore. 85

4 Maria, già vedova, vive anche questa esperienza di grande dolore; e non soltanto per le regole della natura evidentemente, ma per tutte le circostanze, le condizioni così avverse e così ingiuste, così violente, che hanno portato alla morte di Gesù. Se è vero che nella carne di Gesù si addensa, si concentra, potremmo dire: quasi viene attirato tutto il male dell umanità, tutta l ingiustizia, tutta la violenza, Gesù è come un parafulmine che attira su di Sé tutta questa carica negativa così anche in Maria, si riassume, si concentra tutto il versante del dolore, delle madri, dei genitori, per questa morte di Gesù, che misteriosamente era stata prefigurata dal vecchio Simeone, che profetizzò a Maria quello che sarebbe accaduto più di trent anni dopo: Anche a te una spada trafiggerà l anima, affinché siano svelati i pensieri di molti uomini. Tornando alla Lauda di Jacopone, che rimane nell immaginario dall incipit (Stabat mater): lo stare dà l idea di staticità, di fermezza, ma anche l idea di forza: Maria rimane in piedi, pur affranta sta possiamo anche arricchire questa condizione e anche il verbo, con la realtà di fedeltà, di prossimità, premura: l essere e il restare al proprio posto per quanto così arduo. Maria non può fare niente, se non stare lì; ma quello che può fare e che in un certo senso deve fare, lo fa fino in fondo, pienamente : piange, attende giu- 86

5 stizia dal cielo, da Dio, dà gli ultimi conforti impossibili al Figlio straziato dal dolore della Croce e lo strazio del Figlio diventa il Suo stesso strazio; se possiamo dire, anche aumentato, nel senso che una madre assume e fa suo quel dolore che si amplifica nel suo intimo. Agli occhi del mondo certamente un dolore impotente, che però trova un senso nell economia di Dio anche se poi tutto ciò deve fare i conti con le vie e i tempi di Dio che, come sappiamo bene, sono così diversi dai nostri. Maria è Madre nostra, come Gesù ha detto dalla Croce: ci ha affidati a Lei, nella persona del discepolo fedele, Giovanni. E dunque anche noi siamo sotto la Sua ala. Il dolore lo vedevamo anche ieri, nella festa dell esaltazione della Croce, non si può spiegare, soprattutto quando è anche espressione di violenza, ingiustizia, di atrocità ingiustificate e soltanto in Dio questo dolore può trovare una via di risposta; ed è un dolore che chiede silenzio, oltre che lacrime. Nella liturgia, che trova nel triduo pasquale il cuore della nostra fede, è molto bello che al venerdì santo appunto il giorno del Dolore, della Morte, delle lacrime, dello strazio segue il silenzio composto del sabato santo, definito il giorno del grande silenzio: è come se tutto fosse sospeso (non certamente il dolore, che rimane), in attesa della Risurrezione, della vittoria sulla morte, sul dolore, sull ingiustizia, sulla violenza. 87

6 Da Maria possiamo e dobbiamo imparare tutto questo: saper unire il dolore alla speranza, le lacrime al silenzio, le grida di strazio alla preghiera, avendo come dice Paolo (e chi più di Lei?) gli stessi sentimenti di Gesù, del Figlio, il Quale fino all ultimo è stato sovrano anche del dolore, anche della morte, fino a pregare con quelle stupende parole: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. Le nostre cronache sono piene di madri addolorate, di genitori addolorati e il dolore va sempre rispettato ma sul piano umano, e soprattutto sul piano cristiano, quanto è bello quando si assiste ad un dolore composto, dignitoso, aperto alla speranza, aperto alla preghiera, aperto alla vita risorta, forte piuttosto che un dolore che maledice, che in qualche modo impazzisce e fa impazzire. Ogni dolore evidentemente rimanda ad ogni cuore, ad ogni storia, ad ogni persona. Il dolore di Maria diventa per noi un esempio, una consolazione, una vicinanza che ci sostiene, perché anche noi possiamo stare presso, ovvero sotto, le nostre croci. 88